Consiglio di Stato 2021- Deferito al giudizio di una Commissione di Disciplina, il sig. -OMISSIS-ven

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Consiglio di Stato 2021- Deferito

al giudizio di una Commissione di Disciplina, il sig. -OMISSIS-veniva ritenuto “non meritevole di conservare il grado”. Pubblicato il 12/05/2021 N. 03731/2021REG.PROV.COLL. N. 00050/2021 REG.RIC.

R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 50 del 2021, proposto da Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempre, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, alla Via Portoghesi, n. 12 contro -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati ….. per la riforma della sentenza del T.A.R. per la -OMISSIS-, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa;


Relatore nella pubblica udienza del giorno 20 aprile 2021 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4 del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito con legge 25 giugno 2020, n. 70) il Cons. Roberto Politi; Udito, per la parte appellata, l’avv. ... Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Espone l’appellante Amministrazione che, a seguito di accertamento eseguito presso il Laboratorio di Tossicologia Forense dell’Università degli Studi di OMISSIS-, veniva rilevata, a carico dell’odierno appellato sig. -OMISSIS(carabiniere scelto in servizio presso la Compagnia .... del -OMISSIS-), “la presenza di -OMISSIS- (principale metabolita della -OMISSIS-)”. Deferito al giudizio di una Commissione di Disciplina, il sig. -OMISSIS-veniva ritenuto “non meritevole di conservare il grado”. 2. Con ricorso N.R.G. -OMISSIS-, proposto innanzi al T.A.R. della -OMISSIS-, quest’ultimo ha chiesto l’annullamento del provvedimento, notificato il 16 dicembre -OMISSIS-, con il quale veniva disposta la “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari”. Costituitasi l’Amministrazione intimata, il Tribunale ha accolto il ricorso, con compensazione inter partes delle spese di lite. 3. Avverso tale pronuncia, il Ministero della Difesa ha interposto appello, con il quale viene argomentato che avrebbe errato il Tribunale di primo grado, nel ritenere che gli accertamenti effettuati dall’Amministrazione fossero inidonei ad attestare la positività dell’appellato all’assunzione di sostanze stupefacenti. In particolare, il certificato sul quale si fonda il provvedimento in prime cure gravato, si riferisce al prelievo pilifero inguinale effettuato in data -OMISSIS-, il cui esame clinico (condotto, quanto ai valori di cut off, secondo il protocollo


di cui alle “Linee guida per strutture dotate di laboratori per gli accertamenti di

sostanze

d’abuso

con

finalità

tossicologico-forensi

e

medico-

legali”) evidenziava la presenza di -OMISSIS- (principale metabolita della OMISSIS-). La suindicata certificazione, viene soggiunto, è stata rilasciata dalla -OMISSIS-OMISSIS-, titolare di specifico incarico presso il Laboratorio di Tossicologia Forense del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di OMISSIS-. Per l’effetto, diversamente rispetto a quanto argomentato dal giudice di prime cure, il certificato sulla base del quale è stato adottato il provvedimento de quo era idoneo ad attestare la positività del ricorrente a sostanze stupefacenti, in quanto: - rilasciato dal predetto sanitario nell’ambito dell’attività di collaborazione con una struttura pubblica, ossia l’Università di -OMISSIS-, presso la quale era anche titolare dell’insegnamento sopra specificato; - redatto – con riguardo ai valori di cut off – sulla base delle “Linee guida per strutture dotate di laboratori per gli accertamenti di sostanze d’abuso con finalità tossicologico-forensi e medico-legali” (Revisione n. 5 del 29 maggio 2017), per cui il cut off utilizzato era quello indicato nella Tabella n. 2, alla pag. 17 delle suddette linee guida (nello specifico, pari a 0,5 ng/mg per la OMISSIS- e a 0,05 ng/mg per la -OMISSIS-). Avrebbe quindi errato, secondo la prospettazione di parte, il giudice di prime cure nel ritenere che il test sia stato non correttamente eseguito, ovvero inattendibile, atteso che le operazioni di prelevamento del campione e di analisi dello stesso non sono riservate dal Regolamento suindicato alla struttura pubblica,

ovvero

privata

accreditata;

alla

quale

spetta

unicamente

l’effettuazione del test (nella circostanza, pacificamente effettuato dalla


Università di -OMISSIS- -OMISSIS-; così come non contestati sono non gli esiti del test). Contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, non sarebbero emersi errori nella metodologia seguita, né tanto meno profili di inattendibilità del test effettuato (nella nota prodotta dal ricorrente di primo grado, -OMISSIS-ha precisato di aver usato la cromatografia liquida accoppiata con spettrometria di massa; mentre la -OMISSIS- -OMISSIS-, nella nota di chiarimenti prodotta dall’Amministrazione, ha espressamente indicato i valori di cut-off applicati). Quanto, poi, alla catena di conservazione del campione esaminato, la stessa OMISSIS- -OMISSIS- (nota dell’-OMISSIS-) ha attestato che la raccolta e la conservazione del campione poi consegnato al laboratorio è avvenuta secondo quanto indicato dalle Linee guida GTFI. In particolare, i due campioni (quello da analizzare e quello per il test di revisione, non richiesto dal sig. -OMISSIS-) sono stati raccolti con materiale monouso, inseriti in due buste trasparenti poi sigillate con nastro inamovibile (recipiente idoneo, come previsto dalle stesse linee guida al punto 6.2.2.2), su cui sono state apposte le firme della -OMISSIS- -OMISSIS- e dell’odierno appellato. Nell’assumere il carattere inconferente rivelato dagli ulteriori accertamenti tossicologici effettuati dal sig. -OMISSIS-a tre mesi di distanza da quelli sopra indicati (i cui esiti hanno evidenziato la negatività all’assunzione di sostanze stupefacenti), sostiene ulteriormente parte appellante l’irrilevanza assunta, ai fini della legittimità del provvedimento, come sopra adottato, delle precedenti valutazioni di servizio positive riportate dallo stesso sig. -OMISSIS-. Quanto, poi, alla proporzionalità della sanzione irrogata, gli orientamenti giurisprudenziali maturati in siffatta materia confermano che l’accertata assunzione di sostanze stupefacenti, ancorché occasionale ed episodica, determina una violazione dei doveri di correttezza e di lealtà assunti dal militare


con il giuramento, vieppiù inaccettabile e intollerabile allorché posta in essere da un appartenente all'Arma dei Carabinieri, forza di polizia impegnata istituzionalmente in compiti di prevenzione e repressione dei fenomeni criminosi connessi proprio con lo spaccio di tali sostanze. Conclude la parte per l’accoglimento dell’appello; e, in riforma della sentenza impugnata, per la reiezione del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio. 4. In data 13 gennaio 2021, si è costituito in giudizio il sig. -OMISSIS- OMISSIS-; il quale, con memoria depositata in atti il successivo 25 gennaio, ha analiticamente confutato le argomentazioni esposte nell’atto introduttivo del presente giudizio, conclusivamente insistendo per la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado. 5. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza telematica del 20 aprile 2021. DIRITTO 1. Giova, in primo luogo, individuare gli essenziali tratti motivazionali che hanno condotto il T.A.R. -OMISSIS- all’accoglimento del ricorso innanzi ad esso promosso dal sig. -OMISSIS-, odierno appellato. Rilevato come nel referto della dottoressa -OMISSIS- “manca qualsiasi riferimento ai valori di cut-off, indispensabili al fine dell’accertamento della positività all’uso della sostanza stupefacente, né vi è traccia alcuna della data in cui l’accertamento sarebbe stato effettuato”, il giudice di prime cure ha osservato che “solo a seguito del giudizio cautelare di secondo grado la sopra citata dottoressa ha dichiarato di aver applicato le linee guida del GTFI e l’accordo in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza, perfezionata nella seduta della Conferenza Unificata del 30 ottobre 2007 quest’ultimo vincolante per l’Amministrazione di riferimento”.


Rilevato come, alla data del -OMISSIS- (nella quale è stato effettuato il prelievo delle formazioni pilifere inguinali sulla persona dell’appellato), non sussisteva alcun rapporto di convenzione tra la sopra citata dottoressa, l’Università di -OMISSIS- e/o il Servizio sanitario nazionale, ha poi evidenziato il T.A.R. come: - non siano state “documentate le modalità di conservazione del campione pilifero, mancando qualsivoglia riferimento alla catena di conservazione dello stesso, così come previsto dalle apposite linee guida”; - l’affermazione secondo cui “sulle formazioni pilifere inguinali … è stata rilevata

la

presenza

di

-OMISSIS-

(principale

metabolita

della

-

OMISSIS-)”, non sarebbe stata assistita dalla individuazione dei parametri di riferimento in relazione ai quali era stata effettuata detta valutazione. Nel dare atto del contrasto delle modalità di accertamento anzidette con la disciplina predisposta dalla stessa Amministrazione (art. 14 del “Regolamento per l’applicazione delle procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in militari addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi presso il Ministero della Difesa”), il giudice di prime cure ha, ulteriormente, osservato che, a fronte di un prelievo effettuato il -OMISSIS-, il referto è datato -OMISSIS-: e, “con riferimento a tale lasso temporale, manca qualsiasi informazione sugli spostamenti del campione e, soprattutto, su quando e dove sia stato effettuato l’esame”. Né lo stesso referto indicherebbe “le procedure tenute nella raccolta del campione come invece impongono le Linee guida per i laboratori di analisi delle droghe d’abuso con finalità medico legali” (punto 1.9); escludendosi, da parte del T.A.R., la rilevanza della postuma dichiarazione dal predetto sanitario resa

in

data

-OMISSIS-,

circa

l’utilizzazione,

dell’accertamento, dei valori di cut-off previsti dalle linee guida.

nell’esecuzione


2. Il convincimento, come sopra espresso dal giudice di prime cure nella sentenza definitoria del giudizio innanzi ad esso promosso, ha valorizzato – come si è visto – taluni profili formali relativi all’effettuazione del test sulla persona dell’odierno appellante; ed ha, ulteriormente, rilevato la mancata osservanza delle prescrizioni (di prelevamento e conservazione del campione) all’uopo dettate dalla stessa Amministrazione procedente. Tale assunto non ha tenuto conto – è opportuno precisare – del convincimento diversamente maturato dalla Sezione IV di questo Consiglio (-OMISSIS-) in sede di delibazione dell’appello proposto dall’Amministrazione della Difesa avverso l’ordinanza cautelare dello stesso giudice di prime cure. La Sezione IV, in particolare: - preliminarmente osservato che “l’amministrazione ha dato risposta in modo non manifestamente illogico ai dubbi avanzati dal ricorrente appellante sul modo in cui l’accertamento è stato condotto, spiegando che il medico il quale vi ha proceduto operava in regime di convenzione ed applicò, se pure non dichiarandolo espressamente, linee guida accettate e condivise come valide per esami di questo tipo”; - e preso atto che “allo stato … la positività allo stupefacente sia stata accertata”; ha, poi, ritenuto di valorizzare la condotta tenuta dall’odierno appellato: il quale, “in due occasioni, nell’aprile e nell’ottobre del -OMISSIS- si presentò all’esame medico rasato e depilato, in modo che il prelievo dei peli non fu possibile, e si poté effettuare solo nel febbraio -OMISSIS-” (atteggiamento, questo, ritenuto “interpretabile, secondo logica, come volontà di sottrarsi ad un’indagine che si temeva potesse avere esiti sfavorevoli)”. 3. Quanto sopra permesso, la fondatezza delle doglianze con il presente appello mosse avverso la gravata sentenza tiene, in primo luogo, conto del corretto


svolgimento degli accertamenti che hanno condotto a rilevare la positività dell’appellato a sostanze stupefacenti. A tale riguardo, giova osservare che: - la certificazione a fondamento del provvedimento in prime cure gravato è stata rilasciata dalla -OMISSIS- -OMISSIS- in data -OMISSIS- (con riferimento a prelievo pilifero inguinale effettuato il precedente -OMISSIS-) nella qualità di titolare di incarico di collaborazione presso il Laboratorio di Tossicologia Forense del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di OMISSIS-, presso la quale il sanitario era titolare dell’insegnamento di Tossicologia Forense; - l’esame clinico del reperto – evidenziante la presenza di -OMISSIS(principale metabolita della -OMISSIS-) – è stato condotto, quanto ai valori di cut off, secondo il protocollo di cui alle “Linee guida per strutture dotate di laboratori per gli accertamenti di sostanze d’abuso con finalità tossicologicoforensi e medico-legali” (Revisione n. 5 del 29 maggio 2017), con un valore di cut off (stimato in conformità alle indicazioni di cui alla Tabella n. 2, a pag. 17, delle suddette Linee guida) pari a 0,5 ng/mg per la -OMISSIS- e a 0,05 ng/ mg per la -OMISSIS-; - le modalità di corretta preservazione del campione esaminato (catena di conservazione) si rivelano indenni dai rilievi sul punto svolti dal giudice di prime cure, atteso che, se la -OMISSIS- -OMISSIS- (nota dell’-OMISSIS-, confermata dall’Università di -OMISSIS-) ha attestato che la raccolta e la conservazione del campione poi consegnato al laboratorio è avvenuta secondo quanto indicato dalle Linee guida GTFI, i due campioni (quello da analizzare e quello per il test di revisione, poi non richiesto dal sig. -OMISSIS-) sono stati raccolti con materiale monouso, inseriti in due buste trasparenti poi sigillate con nastro inamovibile, sulle quali sono state apposte le firme del predetto sanitario e dell’appellato.


A fronte di tali elementi, non assurge a concludente rilievo la successiva negatività dimostrata dall’appellato all’assunzione di sostanze stupefacenti, in quanto riscontrata (in data 13 maggio -OMISSIS-) a distanza di significativo arco temporale (oltre tre mesi) rispetto alla data in cui si è svolto l’accertamento che ha dato luogo all’adozione del provvedimento in prime cure gravato. 4. Né, escluso che le modalità di svolgimento degli accertamenti anzidetti si prestino a mende, nel merito la sanzione irrogata evidenzia profili di illegittimità. 4.1 Consolidata giurisprudenza ritiene ontologicamente incompatibile, per un appartenente alle Forze di polizia (ad ordinamento sia civile sia militare), il consumo di sostanza stupefacente, pur se occasionale, isolato e non inquadrato in una complessiva situazione di dipendenza (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 21 aprile 2009, n. 2415; 12 maggio 2009, n. 2904; 13 maggio 2010, n. 2927; 30 giugno 2010, n. 4163; Sez. III, 6 giugno 2011, n. 3371; Sez. IV, 24 marzo 2016 n. 1120; 31 agosto 2016 n. 3736; 2 novembre 2016, n. 4581; 1° febbraio 2017, n. 413; 8 marzo 2017, n. 1086; 27 ottobre 2017, n. 4957; 30 agosto -OMISSIS-, n. 5107; 15 gennaio 2020, n. 381; 21 gennaio 2020, n. 484). Invero, l’assunzione di sostanza stupefacente da parte di un appartenente ad un Corpo di polizia (ad ordinamento sia civile sia militare) dello Stato, come tale preposto, tra l’altro, proprio alla repressione della diffusione e dello spaccio di sostanza stupefacente, costituisce in sé, a prescindere da ogni altra considerazione, una condotta frontalmente confliggente con i doveri del ruolo ed oggettivamente incompatibile con la prospettica prosecuzione nel servizio (Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 2020, n. 1823). Tali considerazioni valgono anche in presenza di un episodio isolato di assunzione di sostanza stupefacente, posto che ciò che rileva è proprio il consumo di tale sostanza.


Va poi dato atto della ampia discrezionalità dell’Amministrazione militare in punto di individuazione e, eventualmente, commisurazione della sanzione, sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo nei casi di manifesta irrazionalità, insostenibile illogicità, palese arbitrarietà, evidente travisamento del fatto; nell’ambito del presente giudizio di mera legittimità, dimostrandosi preclusa, in capo all’organo giudicante, la sostituzione di proprie valutazioni di opportunità a quelle operate dall’Amministrazione, impingendo altrimenti indebitamente in un’area funditus sottratta alla giurisdizione. In particolare, spetta unicamente all’Amministrazione stabilire se soltanto la dedizione all’uso di sostanze stupefacenti giustifichi la massima sanzione di stato, ovvero se sia, in proposito, sufficiente anche un mero consumo isolato ed episodico e, comunque, non inserito in un abituale costume di vita. 4.2 Nella specie, l’Amministrazione ha giustificato l’irrogazione della massima sanzione disciplinare, con argomentazioni, da un punto di vista logico, intrinsecamente coerenti. In particolare, le considerazioni svolte dall’Amministrazione, pur se ispirate ad un deciso rigore, non presentano profili di illogicità, di contraddittorietà o di arbitrarietà, specie ove si ponga mente: - al noto effetto della sostanza stupefacente, che impatta significativamente, almeno nel periodo immediatamente successivo all’assunzione, sull’integrità psico-fisica dell’assuntore, laddove l’appartenente all’Arma dei Carabinieri è sempre tenuto a mantenere, anche fuori dal servizio, non solo un contegno dignitoso (che certo la sostanza stupefacente offusca, degrada e deturpa), ma anche la capacità psico-fisica di far fronte ad impreviste esigenze; - al fatto che il consumo di sostanza stupefacente ne implica il procacciamento da un soggetto che, nel cedere la sostanza, commette un delitto che il carabiniere ha il dovere di perseguire (si ponga mente, in proposito, all’istituto


dell’arresto in flagranza e, più in generale, al dovere di denuncia gravante sui pubblici ufficiali); - al fatto che il consumo di sostanza stupefacente, a prescindere dalla quantità, oggettivamente ne facilita, ne agevola e ne incrementa il traffico, alla cui repressione l’Arma dei Carabinieri è istituzionalmente preposta; - al fatto che un militare che cede all’impulso di consumare sostanza stupefacente disvela un’oggettiva fragilità etico-morale, che ne compromette l’affidabilità, laddove l’Arma deve poter contare sulla piena, convinta e pronta dedizione del proprio personale allo svolgimento dei compiti d’istituto che, implicando strutturalmente il contatto con ambienti e soggetti malavitosi, richiedono nel militare una decisa forza caratteriale, al fine di essere del tutto impermeabile a condizionamenti, profferte e lusinghe varie. La condotta tenuta dal militare, infatti, è stata valutata dall’Amministrazione come ontologicamente incompatibile, nella sua stessa materialità, con il mantenimento dello status di appartenente all’Arma, in quanto idonea a minarne l’integrità psico-fisica, a disvelarne una fragilità etico-morale e ad infrangere irrimediabilmente il rapporto di fiducia che l’Amministrazione deve continuamente poter riporre nel singolo militare. 4.3 Non si pone, dunque, alcun problema di sproporzione, posto che è il fatto stesso

del

consumo

di

sostanza

stupefacente

ad

essere,

secondo

l’Amministrazione, in sé incompatibile con il mantenimento dello status di militare. Di converso, in considerazione da un lato della coerenza interna e della conseguenzialità logica delle argomentazioni spese dall’Amministrazione al fine di motivare la scelta della massima sanzione disciplinare di stato, dall’altro della strutturale impossibilità per il Giudice di attingere il merito della valutazione sanzionatoria (potendo esercitare un mero sindacato estrinseco di legittimità), non hanno – né possono avere – rilievo:


- l’episodicità del comportamento, che è stato reputato dall’Amministrazione come in sé ostativo alla prosecuzione del servizio; - l’accertata esclusione di uno stato di tossicodipendenza, perché è la condotta in sé del consumo (anche episodico) di sostanza stupefacente (che, peraltro, nel nostro ordinamento costituisce un illecito amministrativo, non già una manifestazione

di

libertà

personale)

ad

essere

stata

stigmatizzata

dall’Amministrazione; - le buone valutazioni sino ad allora conseguite, posto che il consumo di sostanza stupefacente è stato stimato dall’Amministrazione in sé e per sé incompatibile con il mantenimento dello status di militare, a prescindere da ogni altra considerazione. 5. Conclusivamente dato atto della fondatezza delle doglianze articolate con il presente appello, all’accoglimento del mezzo di tutela accede, in riforma della sentenza di primo grado, la reiezione del ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della -OMISSIS- dal sig. -OMISSIS-. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie; e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado. Condanna l’appellato sig. -OMISSIS- al pagamento, in favore del Ministero della Difesa, delle spese del doppio grado di giudizio, complessivamente liquidate nella misura di € 6.000,00 (euro seimila/00), oltre spese generali ed accessori come per legge, con refusione del contributo unificato, ove versato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la persona della parte appellata. Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato, con Sede in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 20 aprile 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati: Ermanno de Francisco, Presidente Giancarlo Luttazi, Consigliere Giovanni Sabbato, Consigliere Cecilia Altavista, Consigliere Roberto Politi, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE Roberto Politi

IL PRESIDENTE Ermanno de Francisco

IL SEGRETARIO In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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