Corte dei Conti 2021-”Tale danno patrimoniale ammonterebbe a Euro 22.296,00, corrispondenti alle ore

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Corte dei Conti 2021-”Tale danno patrimoniale ammonterebbe a Euro 22.296,00, corrispondenti alle ore di lavoro straordinario e alle indennità accessorie dovute ai dipendenti della Sezione di P.G.” Corte dei Conti Piemonte Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 14-05-2021) 16-062021, n. 203 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE composta dai seguenti magistrati Cinthia PINOTTI - Presidente Giuseppe Maria MEZZAPESA - Consigliere Relatore Walter BERRUTI - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di responsabilità amministrativa iscritto al n. 22149 del Registro di Segreteria, ad istanza della Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Piemonte, nei confronti di: ..................., …. Uditi, nella pubblica udienza del 16 aprile 2021, tenutasi modalità da remoto, con l'assistenza del Segretario, il Magistrato relatore, il Pubblico Ministero e la difesa del convenuto, come da verbale. Esaminati gli atti e i documenti di causa. Rilevato in Svolgimento del processo Con atto di citazione del 26 ottobre 2020, notificato presso il domicilio eletto a mezzo pec, la Procura contabile ha chiesto di dichiarare la responsabilità amministrativa del convenuto ................... e per l'effetto di condannarlo al pagamento dell'importo di Euro 32.296,00 in favore del Ministero dell'Interno, o del diverso importo determinato nel corso del giudizio. La contestazione attiene a fatti accertati in sede penale e di seguito riportati. Il ..................., rinviato a giudizio in data 6 marzo 2014, veniva condannato dal Tribunale di Torino con sentenza n. 5044 del 27 ottobre 2015 per il reato di corruzione impropria previsto dall'art. 318, comma 1


c.p., per il reato previsto dall'art. 326 c.p. e per il reato di cui agli artt. 110, 81 c.p. e 228 della legge fallimentare. Riporta l'atto di citazione come, in primo grado, fosse risultata accertata la funzione di fatto svolta dal ..................., quale soggetto che raccoglieva le dichiarazioni di disponibilità di curatori, periti e consulenti per indicare al Presidente di Sezione, ai Giudici ed ai Curatori fallimentari i nominativi di professionisti idonei a svolgere, di volta in volta, gli incarichi di cui sorgeva la necessità. Lo stesso Tribunale, in primo grado, avrebbe accertato, dunque, la corruzione impropria antecedente ex art. 318 c. 1 c.p. nella forma vigente all'epoca dei fatti, sostenendo come ..................., di fatto, avesse messo illecitamente a disposizione la propria funzione pubblica, prescindendosi dall'attribuzione formale di alcuna qualifica, trovandosi nella posizione di poter influire sul processo decisionale dei pubblici ufficiali. Riguardo l'imputazione di cui all'art. 326 c.p. il medesimo Tribunale riteneva pienamente configurato il delitto di rivelazione di segreto d'ufficio, sul presupposto che i fascicoli relativi alle procedure fallimentari di cui si occupava il ................... fossero coperti da segreto. La sentenza del Tribunale di Torino n. 5044/2015 è stata appellata da ................... e parzialmente rettificata dalla Corte d'Appello di Torino, che con sentenza n. 7336 del 27/11/2018 , relativamente alle condanne per i reati di cui agli artt. 318, 1 comma c.p. e 110, 81 c.p. e 228 legge fallimentare ha disposto la nullità dei relativi capi, disponendo, di conseguenza, la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino. La medesima sentenza n. 7336 della Corte d'Appello di Torino ha, invece, rideterminato la pena nei confronti di ................... in ordine al reato di cui all'art. 326 c.p. in mesi sei di reclusione. Con atto di diffida e costituzione in mora (n. 13714/8 prot. (...) del 6/07/2018) notificato al ..................., la Questura di Torino avrebbe inteso interrompere la decorrenza dei termini prescrizionali previsti per l'esercizio dell'azione civile a salvaguardia del diritto erariale e della pretesa risarcitoria dello Stato previsto dall'art. 66 del C.G.C.. Successivamente il ................... ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione che, con ordinanza del 10/10/2019 è stato dichiarato inammissibile, facendo passare in giudicato la decisione. Tanto premesso, rispetto ai fatti oggetto del giudizio penale come sopra riportati, la Procura contabile ha ritenuto il comportamento tenuto da ................... gravemente illecito, per quanto attiene in particolare la violazione dell'art. 326 c.p. (rivelazione di segreto d'ufficio), fattispecie rispetto alla quale sarebbe venuto in essere il giudicato penale. Con la sentenza d'appello sopra richiamata si sarebbe accertato, infatti, in via


definitiva il pregiudizio derivante dalla condotta di ..................., in quanto il medesimo: "...ha leso l'interesse della Pubblica Amministrazione a che le istruttorie pre fallimentari si svolgano in segreto, ed i dati raccolti in tale fase non vengano divulgati, così da evitare che un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio procuri un indebito trattamento di favore ad una persona, fornndole notizie che alla stessa, come alla generalità dei cittadini, sono precluse o, eventualmente potrebbero essere fornite solo nel rispetto di formali procedure ed all'esito di una valutazione dell'Autorità competente." Secondo la Procura contabile, dunque, ................... con la sua condotta avrebbe causato al Ministero dell'Interno un rilevante danno di immagine, come si desumerebbe dai numerosi articoli di stampa relativi a quanto sopra descritto. Inoltre, in conseguenza dei fatti in oggetto, l'Amministrazione avrebbe subito danni patrimoniali da individuarsi nelle spese riguardanti le verifiche che, tramite i propri dipendenti, la Polizia di Stato quale Amministrazione di appartenenza del ................... si sarebbe trovata doverosamente a dover disporre, avendo constatato o avuto notizia di comportamenti sospetti del nominato, penalmente rilevanti e suscettibili di arrecare danno o discredito all'Amministrazione stessa. Relativamente ai capi di accusa rispetto ai quali la sentenza di appello sopra richiamata ha disposto la nullità e la conseguente trasmissione degli atti al Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, la Procura contabile ha, invece, fatto riserva di verificare, all'esito del procedimento penale conseguente a tale rimessione, la sussistenza di poste di danno ulteriori a quelle contestate nel presente giudizio. All'esito dell'attività istruttoria espletata, con riguardo alle deduzioni prodotte dalla difesa del ................... in fase preprocessuale, la Procura ha ritenuto infondata tanto l'eccezione di intervenuta prescrizione della responsabilità amministrativa in capo al convenuto, quanto le argomentazioni di merito. Ha pertanto confermato la contestazione di responsabilità per danno erariale come già formulata nell'invito a dedurre ritenendo sussistere, a carico del convenuto tutti gli elementi integrativi della responsabilità amministrativa: il rapporto di servizio, in quanto il convenuto al momento dei fatti era dipendente del Ministero dell'Interno; la condotta illecita causativa del danno; l'elemento soggettivo che, nel caso di specie, considerata la natura delle condotte per cui vi é stata sentenza, sarebbe qualificabile come dolo; il danno pari a complessivi Euro 32.296.00 di cui, Euro 10.000, per danno all'immagine quantificato in via equitativa e Euro 22.296.00, quale danno patrimoniale.


Con particolare riferimento alla prima voce di danno, la Procura contabile ritiene presenti nel caso di specie le condizioni, cumulative e non alternative, per affermare la sussistenza del danno all'immagine rappresentate dalla sussistenza di un reato contro la pubblica amministrazione e dalla circostanza che tale reato sia stato accertato con sentenza del giudice penale passata in giudicato. Quanto alla concreta determinazione del quantum del risarcimento, in assenza di prova circa il percepimento di illecite utilità, ritiene potersi fare ricorso alla valutazione equitativa del giudice. Con riferimento ai danni patrimoniali contestati, correlati alle spese riguardanti le verifiche che, tramite i propri dipendenti, la Polizia di Stato quale Amministrazione di appartenenza del ................... si sarebbe trovata doverosamente a dover disporre, la Procura contabile ha sostenuto che, se le indagini avessero avuto ad oggetto la condotta di un soggetto non appartenente alla Polizia di Stato, il costo delle medesime sarebbe rientrato nell'ambito dei costi generali che la società sostiene per l'accertamento dei reati e dei danni erariali (di regola non ripetute a carico dei soggetti condannati in sede penale o di responsabilità amministrativa, fatto salvo quanto previsto in materia di spese di giustizia); ma, nel caso di specie, il fatto che il ................... appartenesse alla Polizia di Stato, avrebbe imposto alla medesima l'espletamento di più rigorose indagini, prima ancora che come organo di polizia giudiziaria, come Amministrazione pubblica doverosamente interessata alla correttezza ed al buon andamento della propria azione amministrativa. Tale danno patrimoniale ammonterebbe a Euro 22.296,00, corrispondenti alle ore di lavoro straordinario e alle indennità accessorie dovute ai dipendenti della Sezione di P.G. presso la locale Procura che hanno svolto l'indagine di cui al procedimento penale, come quantificati dalla stessa Questura di Torino nella relazione depositata agli atti. Si è costituito il convenuto depositando memoria in cui chiede: in via principale e preliminare di dichiarare estinto il procedimento per la maturata ed eccepita prescrizione ai sensi ed agli effetti di cui all'art. 66 c.g.c. Sul punto, ritiene che la decorrenza del termine prescrizionale sarebbe da ancorare a quando i fatti risalgono ovvero al settembre ottobre del 2012 e che pertanto sarebbe intercorsa la prescrizione quinquennale non essendo intervenuto alcun atto interruttivo. Tale secondo la difesa non sarebbe qualificabile la costituzione in mora del 6 luglio 2018, n. 13714/8 Disc. prot. (...), della Questura di Torino in quanto emessa quando il termine prescrizionale di cinque anni risultava già ampiamente maturato.


Nel merito, chiede di rigettare ogni richiesta avanzata nei confronti del convenuto dalla Procura contabile in quanto infondata in fatto ed in diritto e, conseguentemente, di mandare lo stesso assolto da ogni richiesta. Al riguardo richiama gli sviluppi del giudizio penale che hanno originato i fatti di causa reputando, da un lato, che la sentenza di appello che ha dichiarato nulli i capi di imputazione sopra precisati, avrebbe sostanzialmente stabilito "l'inesistenza dei fatti medesimi", dall'altro che il reato rispetto al quale è stata emessa condanna passata in giudicato sarebbe un "mero reato bagatellare". In stretto subordine, chiede di emettere sentenza secondo quanto rigorosamente provato in questo giudizio. In punto quantum, infatti, ritiene essere una "forzatura giuridica" porre a carico del solo convenuto l'intero costo d'indagine sostenuta dall'amministrazione di pubblica sicurezza che, invece, sarebbe stata impiegata anche nei confronti di altre persone coinvolte nell'indagine medesima. Nella pubblica udienza il Pubblico Ministero ha ribadito le argomentazioni fin qui esposte e confermato le conclusioni già rassegnate. La difesa del convenuto ha richiamato il contenuto della comparsa di costituzione e insistito per il rigetto della domanda. Tutto ciò premesso, la causa è stata assunta in decisione. Ritenuto in Motivi della decisione 1. La Sezione è chiamata a giudicare sulla sussistenza della responsabilità del convenuto con riferimento ad un danno erariale pari a complessivi Euro 32.296.00 di cui, Euro 10.000, per danno all'immagine a seguito della condanna passata in giudicato comminata con la sentenza n. 7336 della Corte d'Appello di Torino in ordine al reato di cui all'art. 326 c.p., e Euro 22.296.00, quale danno patrimoniale corrispondente alle ore di lavoro straordinario e alle indennità accessorie dovute ai dipendenti della Sezione di P.G. presso la locale Procura che hanno svolto l'indagine di cui al medesimo processo penale. 2. Il Collegio deve, in primo luogo, affrontare l'eccezione preliminare di prescrizione formulata dal convenuto. Sul punto, in linea generale, giova ricordare che il momento di decorrenza del termine di prescrizione quinquennale per esercitare il diritto risarcitorio è da collocarsi alla data della sua scoperta, ovvero quando viene in essere la conoscibilità obiettiva dello stesso, nei suoi lineamenti essenziali, da parte dell'amministrazione danneggiata ovvero della Procura contabile. In tal guisa, infatti, deve interpretarsi l'art. 1, comma 2, della L. n. 20 del 1994, che disciplina la prescrizione del diritto al risarcimento del danno


erariale, in aderenza alla regola generale dettata dall'articolo 2935 c.c. secondo cui "la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere" (cfr. ex plurimis, cfr. Corte conti, Sez. I n. 365 del 2018 e 8 del 2019; Sez. II n. 891 del 2016, 129 del 2017 e 182 del 2019; Sez. III sentenza n. 542 del 2015, n. 303 del 2017 e 170 del 2019). Tanto premesso, appare evidente a questo Collegio, come l'eccezione di prescrizione sia da ritenersi infondata, avendo riguardo a entrambe le voci di danno contestate. Con riguardo al danno all'immagine, basta osservare come, uno dei presupposti per la contestazione del medesimo, ovvero la formazione di un giudicato penale, si sia concretizzato nel caso di specie, con riferimento al reato di cui all'art. 326 c.p., solo a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso alla Corte di Cassazione, con ordinanza del 10/10/2019, data rispetto al quale tanto l'invito a dedurre quanto la successiva citazione risultano tempestivi. In ordine al danno patrimoniale, il Collegio ritiene di poter aderire al consolidato indirizzo giurisprudenziale che àncora il decorso della prescrizione rispetto ai fatti accertati in sede penale - in specie ove non agevolmente ed immediatamente percepibili, quanto alla loro conoscibilità oggettiva da parte dell'Amministrazione danneggiata deputata all'obbligo di denuncia - al momento del rinvio a giudizio, avvenuto, nel caso in esame, in data 6 marzo 2014 (ex multis, Sezione Centrale I di appello, sentenze nnrr. 45 e 57 del 2007; Sezione Centrale, III di appello, sentenze nnrr. 199 del 2009 e 305 del 2010; Sezione Piemonte, sentenza n. 65 del 2020). Il termine quinquennale risulta poi essere stato ritualmente interrotto con l'atto di diffida e costituzione in mora (n. 13714/8 prot. (...) del 6/07/2018) notificato al ................... dalla Questura di Torino. Pertanto, anche rispetto a questa voce di danno, tanto l'invito a dedurre quanto la successiva citazione risultano essere stati tempestivi. 3. Nel merito l'azione promossa dalla Procura risulta fondata nei termini che seguono. E' pacifica l'esistenza di un rapporto di servizio con la PA del convenuto. Il coinvolgimento dell'odierno convenuto nell'episodio delittuoso ai sensi dell'art. 326 c.p. oggetto di giudizio penale, ha trovato pieno riscontro processuale nella sentenza n. 7336 della Corte d'Appello di passata in giudicato. Una volta, dunque, appurata la sussistenza del reato presupposto, nonché, ex art. 651 c.p.p., l'efficacia vincolante del giudicato quanto al fatto inteso quale condotta, evento, nesso di causalità ed elemento psicologico nella specie del dolo, resta al Collegio da valutare, sulla


base delle contestazioni e delle difese, la sussistenza del nesso di causalità di tali fatti rispetto al danno erariale contestato, sotto forma di danno patrimoniale e sotto forma di danno all'immagine, nonché la quantificazione del medesimo. 3.1. Con riguardo alla prima voce di danno, la Procura sostiene che i danni patrimoniali subiti dall'Amministrazione in conseguenza dei fatti accertati in sede penale, siano da individuarsi nelle spese riguardanti le verifiche che, tramite i propri dipendenti, la Polizia di Stato, quale Amministrazione di appartenenza del ..................., si è trovata doverosamente a dover disporre. Al riguardo, la Procura contabile pone una distinzione che questo Collegio condivide, fra le indagini i cui costi rientrerebbero, in via ordinaria, nell'ambito di quelli generali che la società sostiene per l'accertamento dei reati e dei danni erariali (di regola non ripetuti a carico dei soggetti condannati in sede penale o di responsabilità amministrativa, fatto salvo quanto previsto in materia di spese di giustizia) e quelle il cui oggetto sono le condotte di soggetti appartenenti alla stessa Polizia di Stato. In casi come quello all'esame, infatti, la Polizia di Stato avrebbe operato, prima ancora che come organo di polizia giudiziaria, quale Amministrazione pubblica doverosamente interessata alla correttezza ed al buon andamento della propria azione e che, in ragione della primaria valenza pubblicistica delle finalità accertative interne, sarebbe stata chiamata a porre in essere indagini particolarmente ampie ed accurate, avuto riguardo all'illecita interferenza delle condotte indagate con il servizio prestato. Il Collegio, a queste condivisibili valutazioni, ritiene di poter aggiungere l dirimente considerazione che, in ipotesi siffatte, il danno erariale che viene a determinarsi risulta essere strettamente legato anche alla circostanza che, ogni indagine avente ad oggetto comportamenti di soggetti interni alla Polizia di Stato, finisce per distogliere energie investigative rispetto ad altre fattispecie penalmente rilevanti ovvero suscettibili di arrecare danno all'erario, per concentrarle nell'ambito dello stesso organismo che detto delicato servizio è chiamato a svolgere. La Procura contabile ha ritenuto che, nel caso di specie, tale danno patrimoniale ammonterebbe a Euro 22.296, corrispondenti alle ore di lavoro straordinario e alle indennità accessorie dovute ai dipendenti della Sezione di P.G. presso la locale Procura che hanno svolto l'indagine di cui al procedimento penale che ha originato il presente giudizio, come computate dalla Questura di Torino nella nota prot. (...) del 27.02.2014, depositata agli atti. In punto quantum, questo Collegio ritiene corretto il riferimento prospettato dalla Procura alle sole ore di lavoro straordinario e alle


indennità accessorie dovute ai dipendenti della Sezione di P.G., in quanto coerente con la ricostruzione teorica, sopra enunciata, che pone a fondamento della contestazione del danno patrimoniale la distinzione tra i costi generali non ripetibili posti a carico della società per le attività investigative e quelli aggiuntivi determinati dalle ultrattività rese necessarie, in indagini, quali quella all'esame, aventi ad oggetto condotte di soggetti interno alla stessa Polizia di Stato. Tuttavia, appare doveroso rilevare come il complesso di dette indagini non solo abbia fatto riferimento a fattispecie poste in essere, non in via esclusiva, dall'odierno convenuto, ma abbia riguardato anche profili ancora sub iudice in sede penale. In particolare, le indagini, cui detti costi si riferiscono, attengono anche ai capi di accusa rispetto ai quali la sentenza di appello sopra richiamata ha disposto la nullità e la conseguente trasmissione degli atti al Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino. Si tratta peraltro di aspetti su cui la Procura contabile ha fatto espressa riserva di verificare, all'esito del procedimento penale conseguente a detta rimessione, la sussistenza di poste di danno ulteriori rispetto a quelle contestate nel presente giudizio. Si ritiene pertanto equo, attese le considerazioni sopra riportate unitamente alla valutazione del ruolo avuto dal convenuto nei fatti oggetto di giudicato penale, ritenere riconducibile a quest'ultimo la quota di un terzo del danno patrimoniale contestato dalla procura contabile, pari a 7.432 Euro. 3.2. Con riguardo al danno all'immagine contestato, in primo luogo va precisato che può prescindersi dalla quaestio iuris sull'applicabilità ratione temporis del nuovo quadro legale di cui al codice di giustizia contabile, D.Lgs. n. 174 del 2016, (C.G.C.), in quanto l'odierno convenuto è stata condannato per un reato "proprio" contro la pubblica amministrazione (art. 326 c.p.) con sentenza del giudice penale passata in giudicato, ragion per cui sussistono senz'altro le condizioni di proponibilità dell'azione di risarcimento del danno all'immagine. In ogni caso, ricorda il Collegio che la questione della proponibilità dell'azione per danno all'immagine, ove venga accertato qualsivoglia reato commesso a danno delle amministrazioni (cfr., a seguito dell'abrogazione dell'art.7 della L. n. 97 del 2001, il rinvio operato dall'art.17, comma 30-ter, del D.L. n. 78 del 2009, convertito con modificazioni 26 in L. n. 102 del 2009, da ritenersi effettuato alla disposizione dell'art.51, comma 7 del codice, secondo quanto previsto dall'art.4, comma 2 dell'allegato 3 al codice medesimo), appare comunque risolta da consolidata giurisprudenza, sia di prime cure (C. conti, Sez. Lombardia n. 201/2016; n. 33/2017; n. 113/2017; id, Sez.


Veneto, n. 219/2016, id, Sez. Emilia Romagna n. 73/2017; id, Sez. Giur. Sicilia n. 187/2017 e n. 686/2017) sia d'appello (C. conti, App. Sicilia, n. 183/2016 e n. 200/2016). Tanto premesso, nel caso di specie, il Collegio ritiene che il Pubblico Ministero abbia assolto l'onere probatorio, su di lui gravante, circa la sussistenza del danno all'immagine e la immediata e diretta riconducibilità di detto pregiudizio al comportamento tenuto dal convenuto che costituito un grave reato contro la P.A., come accertato con sentenza passata in giudicato. Al riguardo, non può non tenersi conto dell'importanza dei doveri istituzionali dolosamente violati e della gravità delle condotte poste in essere, poiché è in funzione di tali aspetti che si sono determinate le ripercussioni negative sull'immagine della P.A. e, sotto quest'ultimo profilo, non di secondo piano è la valenza del convenuto nei confronti della collettività, atteso il ruolo dal medesimo svolto. Occorre, inoltre, considerare l'ampiezza della diffusione nell'ambiente sociale (anche per effetto del "clamor fori" e dell'azione dei mass media) dell'immagine negativa dell'Amministrazione interessata e l'entità del discredito, da questa subito, per effetto del comportamento illecito posto in essere dal convenuto. Sotto questo profilo la Procura ha dato piena prova della diffusione mediatica della notizia, depositando vari articoli di stampa relativi al comportamento illecito commesso. Ciò posto, per la concreta determinazione del quantum del risarcimento, in assenza di prova circa il percepimento di illecite utilità, si può far ricorso, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, alla valutazione equitativa del giudice, da esercitarsi secondo i parametri oggettivi, soggettivi e sociali, dettati dalle Sezioni Riunite nella sentenza n. 10/QM/2003. Occorre pertanto considerare il rilievo e la delicatezza dell'attività svolta dall'autore dell'illecito, la sua posizione funzionale, le negative ricadute socioeconomiche della condotta, la diffusione e gravità dei fenomeni di cattiva gestione e la risonanza suscitata nella pubblica opinione. È fuor di dubbio che il ..................., con la sua condotta antigiuridica abbia violato in modo diretto e immediato il bene-interesse salvaguardato dal principio costituzionale dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97, secondo comma, Cost.), declinato come prestigio, credibilità e corretto funzionamento degli uffici pubblici (cfr. Corte Cost. n. 355 del 2010; Corte conti, Sez. riun. n. 8/2015). Alla luce di tali criteri, attesa la collocazione del Sig. ................... all'interno dell'organizzazione giudiziaria, elemento questo in grado di causare detrimento alla reputazione e all'immagine pubblica e, tenuto


conto, complessivamente, del disvalore sociale connesso alla fattispecie criminosa e della diffusività della notitia criminis a mezzo stampa, appare equo quantificare il danno all'immagine da risarcire al Ministero dell'interno in misura pari al danno patrimoniale, ovvero Euro 7.432. Detta cifra appare congrua tenuto anche conto che la Procura contabile ha fatto espressa riserva di verificare, all'esito del procedimento penale conseguente alla rimessione della Corte di appello nella sentenza n. 7336 del 27/11/2018, più volte richiamata, la sussistenza di poste di danno ulteriori rispetto a quelle contestate nel presente giudizio. 4. Emergono, pertanto, convergenti elementi per affermare la responsabilità amministrativa dolosa del convenuto e per giungere alla condanna nei suoi confronti al risarcimento del danno per un importo complessivo pari a 14.864 Euro, da ritenersi già rivalutato in sede di esercizio del potere giudiziale di liquidazione complessiva del danno in via equitativa, a fronte delle illustrate circostanze di fatto. Sulle somme così determinate dovranno, poi, essere applicati gli interessi legali maturandi dal deposito della presente sentenza al soddisfo. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore dell'Erario dello Stato. P.Q.M. La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, in parziale accoglimento della domanda della Procura regionale CONDANNA ................... al pagamento, in favore del Ministero dell'interno, della somma di Euro 14.864 (quattordicimilaottocentosessantaquattro/00). Sulla predetta somma andranno altresì versati gli interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo. Le spese di giudizio liquidate in Euro 234,33 (DUECENTOTRENTAQUATTRO/33), seguono la soccombenza. Manda alla segreteria per le comunicazioni di rito. Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del 14 maggio 2021, tenutasi in modalità da remoto, con l'intervento dei magistrati. Depositata in Cancelleria il 16 giugno 2021.



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