Consiglio di Stato dicembre 2017: Quesito concernente la competenza per la firma dei provvedimenti d

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Consiglio di Stato dicembre 2017: Quesito concernente la competenza per la firma dei provvedimenti disciplinari nei confronti del personale della carriera diplomatica. REPUBBLICA ITALIANA Consiglio di Stato Sezione Prima Adunanza di Sezione del 25 ottobre 2017

NUMERO AFFARE 01583/2017 OGGETTO: Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Quesito concernente la competenza per la firma dei provvedimenti disciplinari nei confronti del personale della carriera diplomatica. LA SEZIONE Vista la nota 5 settembre 2017 n. 157290 con la quale il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo sopra indicato; esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Neri.

1. Il quesito posto dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha ad oggetto l’individuazione dell’organo competente per l’adozione del provvedimento conclusivo (di archiviazione o di irrogazione della sanzione) dei procedimenti disciplinari nei confronti dei funzionari della carriera diplomatica. Riferisce il Ministero che di recente il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio si è pronunciato su due ricorsi aventi ad oggetto provvedimenti disciplinari irrogati nei confronti di funzionari della carriera diplomatica che, come viene evidenziato, sono di estrema rilevanza per l’Amministrazione. Riferisce altresì il Ministero che sono attualmente pendenti gli appelli dinanzi alle sezioni giurisdizionali di questo Consiglio nei procedimenti recanti numero R.G. 6562/2016 e 1368/2017.


Nel quesito l’Amministrazione espone in modo analitico e esauriente l’orientamento del Tribunale amministrativo per il Lazio, riportando le parole del giudice di primo grado che ha concluso per la competenza dei dirigenti e non del Ministro; successivamente prospetta - con argomenti di ordine letterale, logico e sistematico - la propria contrapposta tesi a favore della competenza di firma del Ministro. 2. Il T.A.R. per il Lazio, sezione terza-ter, con sentenze nn. 8220/2015 e 11926/2016 ha annullato per incompetenza relativa i decreti sanzionatòri a firma del Ministro, invocando il principio di separazione tra funzioni d’indirizzo politico-amministrativo, spettanti agli organi di governo, e funzioni di gestione amministrativa, proprie dei dirigenti. In particolare, con la prima sentenza n. 8220/2015, il T.A.R. ha richiamato ampiamente la giurisprudenza di questo Consiglio su un ricorso proposto avverso un decreto dirigenziale di destituzione dal servizio di un appartenente ad una delle “forze di polizia statali” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 20 gennaio 2014 n. 266) in cui è stato affermato che anche al c.d. pubblico impiego non privatizzato, il cui ordinamento è stato innovato dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si applicano i princìpi ribaditi successivamente dal decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, nel senso della netta separazione dei poteri di indirizzo politico e di controllo spettanti agli organi elettivi di governo da quelli gestionali attribuiti alla dirigenza; in particolare, l’art. 16 del d.lgs. n. 29/1993, il quale dispone che i dirigenti di uffici dirigenziali generali svolgano le attività di organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro, è applicabile anche al personale delle forze di polizia non contrattualizzato, per il quale, in assenza di specifiche norme, si faceva in precedenza riferimento all’articolo 114 dello statuto degl’impiegati civili dello Stato approvato con decreto del Presidente della repubblica 10 gennaio 1957 n. 3. Questo Consiglio nell’occasione ha anche chiarito che provvedimenti sanzionatòri e, tra essi, quelli di destituzione, trattandosi di atti di gestione e non d’indirizzo politico, sono di competenza del dirigente capo del personale dopo che, con gli artt. 3 e 16 del d.lgs. n. 29 del 1993 (poi articoli 4 e 16 del d.lgs. n. 165 del 2001), è stato implicitamente abrogato l’art. 10 del d.P.R. 30 giugno 1972 n. 748, il quale, pur prevedendo la spettanza al dirigente con funzioni di capo del personale dei provvedimenti sullo stato giuridico ed economico del personale, manteneva in capo al Ministro quella sui provvedimenti disciplinari – a suo tempo prevista dall’art. 114, co. 5, del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 –, benché solo se più gravi della riduzione dello stipendio e in fase di sospensione cautelare. Il T.A.R. ha ritenuto, dunque, che l’orientamento di questo Consiglio si potesse estendere, in assenza di apprezzabili elementi di differenziazione, ai procedimenti disciplinari nei confronti dei funzionari diplomatici, constatato, in particolare, che nell’ordinamento del Ministero degli esteri non c’è una specifica disposizione che


attribuisca al Ministro la competenza ad assumere provvedimenti disciplinari, laddove l’art. 5, comma 9, lett. e), del d.P.R. 19 maggio 2010 n. 95 (recante il regolamento di organizzazione del ministero) assegna alla direzione generale per le risorse e l’innovazione il compito di curare “il reclutamento, la gestione ed i movimenti del personale”. Con la successiva sentenza n. 11926/2016 il T.A.R. del Lazio ha ribadito, in un analogo ricorso, quanto già affermato in precedenza. 3. Il Ministero con dovizia di argomenti dissente dalla conclusione alla quale è giunto il T.A.R. del Lazio, non condividendo l’assunto secondo il quale gli artt. 3 e 16 del d.lgs. n. 29 del 1993 (poi artt. 4 e 16 del d.lgs. n. 165 del 2001) avrebbero implicitamente abrogato l’art. 10 del d.P.R. 30 giugno 1972 n. 748. Invero, si sostiene nella relazione, il d.lgs. 165/2001, con l’art 72, abroga esplicitamente determinate norme del d.P.R. 30 giugno 1972 n. 748, ma ad eccezione di alcuni articoli tra cui proprio l’art 10, che continua ad applicarsi al personale dirigenziale di alcune carriere, compresa quella diplomatica. In secondo luogo, con argomentazione di ordine logico, il Ministero rileva che la deroga contemplata dall’art. 3 del d.lgs. n. 165/2001, secondo cui il “personale in regime di diritto pubblico”, tra cui il “personale della carriera diplomatica”, continua ad essere disciplinato dai vari ordinamenti, mira a tenere fuori la carriera diplomatica del pubblico impiego privatizzato, anche con riferimento alle competenze in materia di personale, compresa quella disciplinare. Prosegue ancora il Ministero osservando che la disciplina speciale della carriera diplomatica, sempre con il rinvio al d.P.R. 3/57, ha mantenuto la garanzia della reformatio in melius di cui all’art 114, comma 5, d.P.R. 3/57 che, nel prevedere la competenza del Ministro in ordine alla decisione finale del procedimento disciplinare, gli attribuisce esplicitamente anche tale potere. La discrezionalità del Ministro, in un ambito particolarmente “sensibile”, si osserva ancora, va considerata alla luce delle funzioni specifiche svolte dai diplomatici nell’ambito della politica estera. Si domanda quindi il Ministero se, alla luce delle citate pronunce del Tar Lazio, anche tale potere di reformatio in melius sia venuto meno. 4. Come correttamente riferito dal Ministero, sulla specifica questione sono attualmente pendenti due giudizi di appello dinanzi alle sezioni giurisdizionali di questo Consiglio, iscritti ai numeri di r.g. 6562/2016 e 1368/2017. Pertanto, per evitare che la funzione consultiva esercitata da questo Consiglio possa interferire con quella giurisdizionale, sulla richiesta di parere del Ministero va dichiarato il non luogo a provvedere.


P.Q.M. dichiara non luogo a provvedere sul quesito proposto.

L'ESTENSORE Vincenzo Neri

IL SEGRETARIO Calderone Luisa

IL PRESIDENTE Raffaele Carboni


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