TAR dicembre 2017: i ricorrenti adivano questo Tribunale per ottenere il pagamento somma dovuta dall

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TAR dicembre 2017: i ricorrenti adivano questo Tribunale per ottenere il pagamento somma dovuta dall’Amministrazione a titolo di equa riparazione da parte del Ministero della Giustizia Pubblicato il 28/12/2017 N. 12735/2017 REG.PROV.COLL. N. 03317/2017 REG.RIC. logo REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso R.G. n. 3317 del 2017, proposto da xxx xxx', xxx xxx, in proprio, quale procuratore distrattario delle spese del procedimento, rappresentati e difesi dall'avv. xxx xxx (cod. fisc.: PLLNNN49R20I536C), con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, piazzale delle Belle Arti, n. 8; contro Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 7171/15 del 9/04/2015 resa inter partes dalla Corte Suprema di Cassazione, Sezione VI – 2 Civile, a definizione del giudizio iscritto al n. 19167/2013 R.G., notificata in forma esecutiva in data 4.05.2015, con cui il Ministero della Giustizia è stato definitivamente condannato al pagamento della “... somma dovuta dall’Amministrazione a titolo di equa riparazione in €. 3.500,00, oltre ad interessi nella misura legale dalla domanda fino al saldo”, ed, inoltre, ha condannato il Ministero della


Giustizia “alla rifusione delle spese dell’intero giudizio di merito che liquida in €. 564,00 per compensi, oltre ad €. 50,00 per esborsi, e agli accessori di legge, e al 50% di quelle per il giudizio di cassazione, liquidate per l’intero in €. 600,00, di cui €. 100,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge e alle spese forfettarie, con compensazione della restante quota del 50%. Dispone la distrazione delle spese dell’intero giudizio in favore dell’Avvocato xxx Pellicanò, dichiaratosi antistatario”, ritualmente notificata in forma esecutiva al Ministero della Giustizia, presso la sede reale, in data 4.5.2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore, alla camera di consiglio del giorno 29 novembre 2017, il cons. Concetta Anastasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO Con atto notificato in data 29.3.2017 e depositato in data 11.4.2017, i ricorrenti adivano questo Tribunale per ottenere il pagamento delle somme riconosciute con l’epigrafata sentenza. Lamentavano che decorreva inutilmente il previsto termine di centoventi giorni dalla notifica, senza che il Ministero provvedesse ad effettuare il versamento delle somme dovute, per cui, permanendo l’ulteriore inerzia dell’intimata Amministrazione, si vedevano costretti a proporre l’odierno ricorso, in sede di ottemperanza, ai sensi dell’art. 112 del D. Lg.vo 2.7.2010 n.104, al fine di ottenere l’integrale soddisfazione della loro pretesa creditoria. Concludevano per la declaratoria dell’obbligo della P.A. di adempiere integralmente al giudicato formatosi sull’epigrafata sentenza, per quanto concerne la sorte capitale, le spese di giudizio, la condanna al pagamento di una somma di denaro, per effetto di espressa richiesta ex art. 114, comma 4 lett. e), del c.p.a., la condanna al pagamento delle spese ai sensi dell’art. 96 cpc e la contestuale nomina di un commissario ad acta, per il caso di ulteriore inerzia da parte dell’Amministrazione.


Con atto depositato in data 24.5.2017, si costituiva formalmente l’intimata Amministrazione per resistere al presente ricorso. Alla camera di consiglio del giorno 29 novembre 2017, il ricorso passava in decisione. DIRITTO 1. Sussiste la competenza di questo Tribunale, ai sensi dell'art. 113 comma 2, c.p.a., in base al quale la competenza del G.A. si radica rispetto alle decisioni del G.O., avuto riguardo alla circoscrizione nella quale ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l'ottemperanza. 1.1. L'art. 1, comma 1225, periodo 2, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (cosiddetta “legge Pinto”) prevede che “al fine di razionalizzare le procedure di spesa ed evitare maggiori oneri finanziari conseguenti alla violazione di obblighi internazionali”, al pagamento degli indennizzi “procede, comunque, il Ministero dell'economia e delle finanze”. Invero, si tratta di una norma cosiddetta “organizzativa”, indirizzata alla sola pubblica amministrazione, che concentra il pagamento degli indennizzi in capo al Ministero delle Finanze, senza incidere in tema di legitimatio ad causam, come regolata dall'art. 3, comma 3, della legge 24 marzo 2001 n. 89. Conseguentemente, quando si tratti di procedimenti del giudice ordinario, il ricorso può essere proposto nei confronti del Ministro della Giustizia, sebbene il Ministero dell'Economia e delle Finanza sia l'unico organo cui la legge attribuisce il potere dovere di effettuare i pagamenti degli indennizzi ex. L. n. 89/2001, a prescindere da quale sia l'organo di volta in volta convenuto in giudizio e condannato ai sensi della legge stessa: infatti, il debitore è lo Stato, quale persona giuridica unitaria, indipendentemente dall'identità dell'organo che ha resistito nel giudizio conclusosi con il Decreto del quale si chiede l'ottemperanza. A tale stregua, ritiene il Collegio che il presente giudizio possa ritenersi ritualmente proposto nei confronti del Ministero della Giustizia, avente legittimazione processuale. Diversamente opinando, si imporrebbe al ricorrente un'inesigibile indagine in ordine alle ripartizioni funzionali all'interno dello Stato che invece, come già rilevato, è il soggetto debitore unitario. Ciò, anche in coerenza con i consolidati principi in tema di semplificazione dei rapporti, anche contenziosi, fra il cittadino e lo Stato (già presenti in art. 2, ultimo comma,


D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199), considerato altresì che l'art. 114 cpa non indica la notifica della Decisione da ottemperare, quale requisito dell'azione d'ottemperanza e, per di più, espressamente esclude la necessità della previa diffida (comma 1). 1.2. L’art. 112 del D. L.gvo 2.7.2010, n. 104 (come già l'art. 37 della legge 6.12.1971 n. 1034) prevede la possibilità di ricorrere al meccanismo dell'ottemperanza, in presenza di una sentenza passata in giudicato, resa dall'Autorità Giudiziaria Ordinaria ed Amministrativa (per un certo periodo estesa anche alle sentenze rese da altri giudici speciali, quali, ad esempio la Corte dei Conti, fino all'entrata in vigore dell'art. 10, comma II° della legge 21/07/2000 n. 205, nonché le Commissioni Tributarie, fino all'entrata in vigore dell'art. 70 del D. Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546), in considerazione della natura immanente del “principio di effettività” della tutela giurisdizionale. 1.3. La proposizione del giudizio di ottemperanza non è preclusa dall'istanza di ulteriori e diversi strumenti di tutela, anche davanti ad altri giudici (conf.: Cons. Stato, Sez. IV 16 aprile 1994 n. 527). Ed invero, come precisato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 9 marzo 1973 n. 1, il giudizio di ottemperanza è esperibile anche per l'esecuzione di sentenze di condanna al pagamento di somma di denaro, alternativamente (conf.: Cons. Stato, Sez. VI 16 aprile 1994 n. 527) rispetto al rimedio dell'esperimento del processo di esecuzione, ma anche congiuntamente (conf.: Cass. SS. UU. 13 maggio 1994 n. 4661 e Cons. St. Sez. IV 25 luglio 2000 n. 4125), rispetto all'ordinaria procedura esecutiva. Esso tende a far conseguire al ricorrente vittorioso tutta l'utilità scaturente dalla pronuncia giurisdizionale ed illegittimamente negata dall'Amministrazione con un comportamento, apertamente o implicitamente, omissivo. Conseguentemente, una volta intervenuta una pronuncia giurisdizionale, che riconosca come ingiustamente lesivo dell'interesse del cittadino un determinato comportamento dell'Amministrazione o che detti le misure cautelari ritenute opportune e strumentali all'effettività della tutela giurisdizionale, incombe l'obbligo dell'Amministrazione di conformarsi ad essa ed il contenuto di tale obbligo consiste, appunto, nell'attuazione di quel risultato pratico, tangibile, riconosciuto come giusto e necessario dal giudice (conf.: Corte Cost. 8 settembre 1995 n. 419). L'amministrazione, in via generale, è sempre tenuta ad eseguire il giudicato e, per nessuna ragione, di ordine pubblico, di opportunità amministrativa o di difficoltà pratica, può sottrarsi a tale obbligo, non avendo, in proposito, alcuna discrezionalità per quanto concerne l'an ed il quando, ma, al più, e non necessariamente, una limitata discrezionalità per il quomodo, per cui non può invocare asserite difficoltà finanziarie per sottrarsi alla necessità del puntuale adempimento delle obbligazioni pecuniarie


nascenti a suo carico dal giudicato (conf: Cons. Stato, Sez. IV 7.05.2002 n. 2439). Risulta, quindi, che parte ricorrente ha regolarmente notificato all’Amministrazione intimata il titolo esecutivo per il pagamento della somma indicata, in coerenza con le previsioni di cui all’art. 14 del D. L. 31 dicembre 1996, n. 669 e s.m.i., secondo cui l’esecuzione forzata e la notifica dell’atto di precetto devono essere precedute dalla “notificazione del titolo esecutivo”, che, ad avviso del Collegio, trova applicazione anche con riferimento al giudizio di ottemperanza davanti al Giudice Amministrativo, sulla base di una sostanziale identità di ratio con l’esecuzione forzata regolamentata dal c.p.c., trattandosi di due istituti che, se pure per vie differenti e con risultati diversificati, s'incentrano entrambi sull'adempimento dell'obbligazione pecuniaria scaturente dal comando del giudice (ex plurimis: Cons. Stato Sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2160; T.AR. Sicilia-Palermo, Sez. III: 13 luglio 2011, n. 1361 e 8 giugno 2011, n. 1068; T.AR. Campania, Napoli, Sez. IV: 17 gennaio 2011, n. 234 e 29 giugno 2010, n. 16434; T.A.R. Lazio- Roma, Sez.: III, 24 gennaio 2008, n. 531; T.A.R. Lazio- Latina, Sez. I, 10 gennaio 2008, n. 25). Sussiste anche l’inerzia dell’Amministrazione e non risultano in atti neanche documenti intesi a comprovare l’effettiva estinzione, tramite pagamento materiale, del debito esistente. Risulta essere stato altresì assolto l’obbligo di comunicazione di cui all’ art. 5 sexies della Legge n.89 del 2001, come introdotto dal comma 777 della legge 28.12.2015, in vigore dal 1.1.2016, costituente inderogabile presupposto ai fini del conseguimento del pagamento. Conseguentemente, in base all'art. 4, comma II°, della legge 20.3.1865 n. 2248 allegato E, nella specie, sussiste, in capo all'intimata Amministrazione, un vero e proprio obbligo giuridico di conformarsi al giudicato formatosi sul provvedimento giurisdizionale di cui si chiede l'esecuzione. La sussistenza dell'obbligo di eseguire il giudicato va affermata dal Collegio, nei termini e nei modi indicati in sentenza, con la doverosa precisazione secondo cui, in sede di giudizio di ottemperanza, può essere riconosciuto l'obbligo di corrispondere alla parte ricorrente gli interessi anche sulle somme liquidate a titolo di spese accessorie (conf.: Cons. Stato, Sez. IV° 26.9.1980 n. 958), quali quelle relative alla pubblicazione della sentenza, all'esame ed alla notifica della medesima (conf.: Cass. Civ. 24.2.1984 n. 958). Ha titolo nella sentenza passata in giudicato l'obbligo di rimborso degli oneri di registrazione della stessa, versati dalla parte ricorrente, ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. 26.4.1986 n.131 - come già dal previgente art. 35 del D.P.R. 26.10.1972 n.634-, nell'importo che risulta dall'annotazione apposta sull'originale della sentenza del


competente Ufficio del Registro. Sono altresì dovute in questa sede le spese relative ad atti accessori, quali le spese di registrazione, di esame, di copia e di notificazione, nonché le spese ed i diritti di procuratore relativi all'atto di diffida, in quanto hanno titolo nello stesso provvedimento giudiziale. Non sono, invece, dovute le eventuali spese di precetto, che riguardano il procedimento di esecuzione forzata disciplinato dagli artt. 474 e ss. del c.p.c. (conf.: T.A.R. Lazio, Sez. I° 11.12.1987 n. 1917), poiché l'uso di strumenti di esecuzione diversi dall'ottemperanza al giudicato di cui al citato art. 112 cpa è imputabile soltanto alla libera scelta del creditore. Conclusivamente, il ricorso va accolto e, per l'effetto, va dichiarato l'obbligo, in capo al Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, di dare integrale esecuzione al giudicato formatosi sull’epigrafata sentenza nei sensi già precisati, entro il termine di giorni 60 (sessanta), decorrenti dalla data di comunicazione della presente sentenza. Sulle somme liquidate, detratto quanto già versato al medesimo titolo, sono dovuti gli interessi legali dal dì del dovuto fino a quello di effettivo soddisfo. 2. Quanto alla domanda, dalla parte ricorrente formulata ex art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., di condanna dell'Amministrazione al pagamento di una penalità di mora, ritiene il Collegio che le modifiche introdotte all'art. 114 cpa dall'art. 1, comma 781, lettera a), della Legge 28 dicembre 2015 n. 208 (“Legge finanziaria 2016”) impongano un riesame della questione. La nuova disposizione del comma 4 del predetto articolo 114 cpa, che precisa che la penalità di mora "non può considerarsi manifestamente iniqua quando e' stabilita in misura pari agli interessi legali", avendo “natura processuale”, deve ritenersi di immediata applicabilità ai giudizi in corso. Pertanto, devono essere riconosciuti, ove non già previsto nella sentenza in esecuzione, gli interessi legali sulla somma dovuta, mentre vanno rimesse al giudice le diverse quantificazioni relativamente all'ulteriore elemento di valutazione, inerente le peculiari condizioni del debitore pubblico, in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura, al momento dell'esercizio del potere discrezionale di graduazione dell'importo. La Sezione, quindi, ritiene che la quantificazione della suindicata “penalità” possa essere effettuata in misura pari agli interessi legali. Tale indennità dovrà applicarsi a far tempo solo dalla notificazione ovvero, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. IV, n. 03735/2015) e fino all’effettivo


soddisfacimento del credito o, in alternativa, fino alla data di insediamento del commissario ad acta, come di seguito individuato. Applicando tali coordinate al caso di specie, il Collegio ravvisa la sussistenza delle condizioni per condannare l’amministrazione intimata al pagamento, in favore della parte ricorrente, della predetta penalità di mora, che la stessa amministrazione dovrà calcolare secondo i parametri sopra indicati. 3.Per il caso di ulteriore inadempienza, viene nominato fin da ora, quale commissario ad acta, il Dirigente dell'Ufficio I della “Direzione contenzioso e diritti umani” del “Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia” (purché non sia titolare di incarichi di Governo, di incarichi dirigenziali generali e/o Capo Dipartimento, come stabilito dall’art. 5-sexies, comma 8, della legge 89/2001) con esclusione di compensi (comma 8 dell’art.5 sexies cit.), entro l'ulteriore termine di giorni 60 (sessanta). Il commissario ad acta dovrà provvedere sotto la sua personale responsabilità ad adottare ogni provvedimento utile (ivi compresi variazioni di bilancio, accensioni di mutui nei limiti della normativa vigente, revoca di impegni di spesa posti in essere successivamente alla comunicazione indicati in sentenza, etc..), per l’integrale soddisfazione del credito vantato, detratto quanto già eventualmente versato al medesimo titolo, secondo conteggi che saranno effettuati in contraddittorio fra le parti. Va, infine, precisato che, a seguito dell'insediamento del commissario ad acta, gli organi dell'ente versano in situazione di carenza sopravvenuta di potestà, vengono esautorati dalle loro normali attribuzioni e non possono, conseguentemente, disporre degli interessi considerati, ovviamente nei limiti strettamente necessari per l'adempimento del giudicato (conf.: C.G.A., n. 92/1982; Cons. Stato, Sez. VI, n. 41/1995). 4. Le spese seguono la soccombenza parziale e vengono liquidate tenendo conto dei parametri stabiliti con il D.M. 10 marzo 2014 n. 55 e dal D.M. 20 luglio 2012, n. 140, per le esecuzioni mobiliari a (conf.: Cons. Stato, Sez. III 30.1.2015 n. 453), tenendo altresì conto che trattasi di ricorsi che non presentano particolare complessità. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Bis, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara l'obbligo, in capo al Ministero della Giustizia, di dare integrale esecuzione al giudicato formatosi sull’epigrafata sentenza, nei sensi, nei modi e nei termini di cui in parte motiva.


Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese di giudizio, che vengono complessivamente e forfettariamente determinate nella somma di â‚Ź. 300 (euro trecento), oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autoritĂ amministrativa. CosĂŹ deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati: Concetta Anastasi, Presidente, Estensore Floriana Rizzetto, Consigliere Roberto Vitanza,

Primo Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE Concetta Anastasi

IL SEGRETARIO


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