Consiglio di Stato 2022- patologie tumorali che hanno colpito numerosissimi militari impiegati nell

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Consiglio di Stato 2022- patologie tumorali che hanno colpito numerosissimi militari impiegati nelle medesime condizioni di impiego dell'odierno appellante Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 08/02/2022) 09-03-2022, n. 1695 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6810 del 2019, proposto dal signor -XXX-, rappresentato e difeso dall'avvocato XXX XXX XXX, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle XXX, n. 266. contro - il Ministero della difesa ed il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; - il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; per la riforma della sentenza del T.a.r. -XXX- - Sezione I, n. -XXX- del 4 febbraio 2019, resa inter partes, concernente un diniego di riconoscimento di dipendenza di un'infermità da causa di servizio a fini di equo indennizzo. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Ministero dell'economia e delle finanze; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2022 il consigliere Giovanni Sabbato e udito, per l'appellante, l'avvocato XXX XXX in sostituzione dell'avvocato XXX XXX XXX; Svolgimento del processo - Motivi della decisione


1. Con ricorso n. -XXX- - proposto innanzi al T.a.r. -XXX- - il signor XXX-, sottufficiale dell'Esercito Italiano, aveva chiesto quanto segue: - l'annullamento a) del parere del 25 febbraio 2007 dal Comitato di verifica per le cause di servizio nell'adunanza nr. -XXX-, con il quale si è ritenuto che le infermità "insufficienza renale cronica II - III da malattia di B.", "Tiroide autoimmune con ipotiroidismo in trattamento sostitutivo" e "neoplasia microscopica renale di tipo papillare" non possono riconoscersi dipendenti da fatti di servizio; b) del decreto del 25 giugno 2007 del Ministero della difesa con il quale è stata negata la dipendenza da causa di servizio della predetta patologia; - l'accertamento del diritto a percepire l'equo indennizzo. 2. A sostegno dell'impugnativa aveva dedotto, attraverso la formulazione di due motivi di ricorso, il difetto di partecipazione procedimentale, per la mancata comunicazione del parere sfavorevole del Comitato di verifica, e la mancata considerazione dei fattori morbigeni connessi all'esposizione all'uranio impoverito nel corso delle missioni internazionali di pace alle quali aveva partecipato nel corso del servizio, con conseguente difetto motivazionale. 3. Costituitesi le Amministrazioni in resistenza (Ministero della difesa, Ministero dell'economia e delle finanze e Comitato di verifica per le cause di servizio), il Tribunale amministrativo adìto (Sezione I), dopo aver disposto una verificazione (ord. n. -XXX-/2018 del 23 aprile 2018 e n. -XXX- del 20 luglio 2018) ha così deciso il gravame al suo esame: - ha respinto il ricorso; - ha compensato le spese di lite ad esclusione di quelle per la verificazione ponendole a carico di parte ricorrente (€ 1.500,00). 4. In particolare, il T.a.r. ha rilevato, alla luce delle risultanze della disposta verificazione, la brevità delle missioni alle quali il ricorrente ha partecipato e la "scarsità di prove medico-scientifiche che attribuiscono con sufficiente probabilità un ruolo eziopatogenetico nella genesi delle neoplasie renali (come di qualsiasi altra neoplasia o malattia tumorale) alle esposizioni all'uranio impoverito, che è l'unico inquinante precipuo della regione balcanica, teatro delle operazioni belliche a cui il ricorrente può essere stato esposto".


5. Avverso tale pronuncia il signor -XXX- ha interposto appello, notificato il 24 luglio 2019 e depositato il 2 agosto 2019, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame (pagine 5-36), quanto di seguito sintetizzato: - erroneità della sentenza per non avere il T.a.r. considerato le conclusioni alle quali è pervenuta la Commissione parlamentare d'indagine sull'uranio impoverito del 7 febbraio 2018 circa l'incidenza causale dell'esposizione a tali sostanze sulle formazioni tumorali del sistema emolinfopoietico ed in particolare, in caso di esposizione a nanoparticelle; - il T.a.r. non avrebbe considerato che in numerosi precedenti giurisprudenziali, tra le quali una pronuncia del T.a.r. -XXX- emessa nei riguardi del medesimo ricorrente, si afferma la correlazione causale tra esposizione all'uranio impoverito e insorgenza di formazioni tumorali; - il T.a.r. non avrebbe preso in adeguata considerazione le specifiche mansioni alle quali l'appellante è stato adibito ed in particolare quelle consistenti nella sanificazione delle armi in dotazione nonché alla ingestione di cibi contaminati dalle polveri d'uranio. 6. L'appellante ha concluso chiedendo, in accoglimento del ricorso, la riforma e/o l'annullamento dell'impugnata sentenza, con vittoria di spese. 7. Nel corso del giudizio parte appellante ha depositato cospicua documentazione a sostegno del gravame. 8. In data 25 gennaio 2022 il Ministero della difesa ed il Ministero dell'economia e delle finanze si sono costituiti in giudizio. 9. In vista della trattazione nel merito del ricorso parte appellata ha depositato la relazione difensiva prodotta in primo grado. 10. La causa, chiamata per la discussione alla udienza pubblica dell'8 febbraio 2022, è stata ivi trattenuta in decisione. 11. L'appello è infondato. 11.1 Va premesso che la presente controversia attiene ad una richiesta di equo indennizzo, fattispecie che merita di essere preliminarmente inquadrata. Infatti, a fronte della sottoposizione del militare a sostanze potenzialmente dannose, possono configurarsi diverse iniziative, tra le quali non solo la domanda di equo indennizzo, ma anche quella intesa al conseguimento della "speciale elargizione" prevista per le vittime del dovere nonché la


domanda di risarcimento del danno, tutte sottoposte ad una specifica ed autonoma disciplina. 11.2 Invero, come sottolineato di recente da questo Consiglio per quanto riguarda il rapporto tra richiesta indennitaria per le cd. vittime del dovere e la domanda risarcitoria, "il militare interessato a percepire la speciale elargizione di cui al richiamato art. 1079 D.P.R. n. 90 del 2010 non è tenuto a dimostrare l'esistenza di un nesso eziologico fra esposizione all'uranio impoverito (o ad altri metalli pesanti) e neoplasia. Siffatto accertamento è necessario ove l'interessato svolga una domanda risarcitoria, ossia assuma la commissione, da parte dell'Amministrazione, di un illecito civile consistente nella colpevole esposizione del dipendente ad una comprovata fonte di rischio in assenza di adeguate forme di protezione, con conseguente contrazione di infermità: in tale ipotesi, invero, grava sull'assunto danneggiato dimostrare, inter alia, l'effettiva ricorrenza del nesso eziologico (ossia la valenza patogenetica di siffatta esposizione), sia pure in base al criterio del più probabile che non. Laddove, invece, l'istanza tenda alla percezione della speciale elargizione, si verte in un ben diverso ambito indennitario. I presupposti del risarcimento del danno e della speciale elargizione sono del tutto diversi: nel primo caso l'integrazione di tutti gli elementi propri di un'ipotesi di responsabilità civile, tra cui pure la prova del nesso eziologico e dell'elemento soggettivo in capo al danneggiante; nel secondo caso la mera dimostrazione di aver affrontato - senza che ciò integri "colpa" dell'Amministrazione - "particolari condizioni ambientali od operative", connotate da un carattere "straordinario" rispetto alle forme di ordinaria prestazione del servizio, che siano la verosimile causa di un'infermità. Inoltre, il risarcimento del danno compete a chiunque e dipende nel quantum dall'effettivo danno riportato, mentre la speciale elargizione spetta solo ai soggetti individuati dalla legge ed è quantificata a monte in misura predeterminata. Il fatto che, allo stato delle conoscenze scientifiche, non sia acclarata l'effettiva valenza patogenetica dell'esposizione all'uranio impoverito non osta, dunque, al diritto alla percezione dell'indennità, che comunque spetta allorché l'istante abbia contratto un'infermità verosimilmente a causa di "particolari condizioni ambientali ed operative", di cui "l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di


nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico" costituiscono solo un possibile aspetto. La disposizione, in sostanza, non si incentra esclusivamente (né, a ben vedere, primariamente) sul profilo dell'esposizione ad uranio impoverito o ad altre nano particelle di metalli pesanti, ma intende concedere ad una platea ben delimitata di soggetti un beneficio monetario predeterminato in ragione della sottoposizione a gravose "condizioni ambientali ed operative' e della conseguente contrazione di infermità. Più in particolare, l'indennità spetta, scilicet in presenza della contrazione di una patologia: a) al personale militare e civile italiano impiegato in "missioni di qualunque natura", sia in P. sia all'estero; b) al personale militare e civile italiano impiegato presso "i poligoni di tiro ed i siti in cui vengono stoccati munizionamenti"; c) al personale militare e civile italiano impiegato "nei teatri operativi all'estero" (evidentemente anche al di fuori di una specifica "missione" condotta dalla Forza Armata o dall'Amministrazione di appartenenza) ed al personale militare e civile italiano impiegato nelle aree di cui alle lettere a) e b): la disposizione, di non agevole inquadramento sistematico in tale ultimo passaggio, mira ragionevolmente ad estendere il beneficio a quanti, militari o civili, abbiano prestato attività presso i "poligoni di tiro ed i siti in cui vengono stoccati munizionamenti", ovvero nelle aree ove vengono svolte "missioni di qualunque natura", a prescindere dall'effettuazione ivi di più ampie e coordinate attività istituzionali da parte della Forza Armata o dell'Amministrazione di appartenenza (cfr., in proposito, Cons. Stato, Sez. II, parere 12 giugno 2014, n. 1944); d) ai "cittadini italiani" (qui la perimetrazione è effettuata, in distonia rispetto ai precedenti alinea, non in base alla connotazione giuridica del rapporto di impiego - rectius, genericamente di servizio - con lo Stato o, comunque, con Enti pubblici, bensì in base al possesso della cittadinanza) "operanti nei settori della cooperazione ovvero impiegati da organizzazioni non governative nell'ambito di programmi aventi luogo nei teatri operativi all'estero e nelle aree di cui alle lettere a) e b)"; e) ai "cittadini italiani residenti" (il riferimento è verosimilmente alla residenza anagrafica, richiedendosi con ogni ragionevolezza l'effettività della stessa) "nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale presso le quali è conservato munizionamento pesante o esplosivo e alle aree di cui alla lettera b)". In caso di


decesso dell'interessato, del beneficio fruiscono "il coniuge, il convivente e i figli superstiti dei soggetti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e), i genitori ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti". Per "particolari condizioni ambientali od operative", l'art. 1078 del d.p.r. in commento intende le "condizioni comunque implicanti l'esistenza o il sopravvenire di circostanze straordinarie o fatti di servizio che, anche per effetto di successivi riscontri, hanno esposto il personale militare e civile a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto". Dal punto di vista oggettivo, dunque, la disposizione richiede - per quanto di interesse nella presente fattispecie - un quid pluris di disagio sofferto dal militare nel corso dell'espletamento del servizio: tale disagio consegue al carattere "straordinario" (concetto meno rigoroso di quello di "eccezionale") della prestazione del servizio, da cui sia conseguita la sottoposizione dell'istante "a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto". Orbene, l'appartenenza alle Forze Armate, oltre a comportare di per sé condizioni di vita strutturalmente più gravose rispetto all'impiego civile (a mero titolo di esempio, sottoposizione a rigido vincolo gerarchico, continuo addestramento fisico, pronta reperibilità, frequenti trasferimenti, et similia), impone al militare di esporsi al pericolo: la "straordinarietà" richiesta dall'art. 1079 D.P.R. n. 90 del 2010 va, pertanto, parametrata su questa base per così dire "ordinaria" più elevata" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3418). 11.3 Da tale inquadramento delle fattispecie dell'indennità per le cd. vittime del dovere e del risarcimento del danno, così come messe a confronto, è dato inferire la loro ontologica differenza, ma diverse sembianze assume ancora la domanda interessata dal provvedimento impugnato in prime cure oggetto del presente giudizio d'appello, essendo intesa al conseguimento dell'indennità prevista dalla disciplina sull'equo indennizzo e che per sua natura richiede la dimostrazione del nesso di causalità con i compiti di servizio. La Sezione ha infatti, di recente, ribadito che "alla Commissione medica ospedaliera spetta il giudizio diagnostico sulle infermità e lesioni denunciate dal pubblico dipendente e, per il caso che da esse siano residuati postumi invalidanti a carattere permanente, l'indicazione della categoria di menomazioni alle quali


essi devono ritenersi ascrivibili mentre al Comitato di verifica sulle cause di servizio spetta il diverso compito di accertare l'esistenza di un nesso causale fra le patologie riscontrate dalla Commissione a carico del pubblico dipendente e l'attività lavorativa da lui svolta" (Cons. Stato, sez. II, 22 novembre 2021, n. 7772). Per quanto riguarda le valutazioni alle quali accede tale ultimo organo vale il costante orientamento di questo Consiglio, essendosi più volte evidenziato che il giudizio medico legale afferente alle domande di equo indennizzo si fonda su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale che, in quanto tali, "sono sottratti al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo salvi i casi in cui si ravvisi un'irragionevolezza manifesta o un palese travisamento dei fatti, ovvero quando non sia stata presa in considerazione la sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medica finale" (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 885). Se è vero che il Comitato di verifica, nell'esercizio della discrezionalità tecnica che gli compete, non opera alcuna comparazione tra interesse pubblico primario e secondario - attività, questa, che sarebbe senz'altro insindacabile in sede giudiziale - il sindacato del giudice amministrativo in tale ambito è, sì, di tipo intrinseco, ma limitato ad ipotesi di mancata valutazione di circostanze di fatto ovvero ad irragionevolezza manifesta o palese travisamento dei fatti. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, il giudice amministrativo può censurare la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, in quanto il suo apprezzamento, inevitabilmente opinabile, finirebbe per affiancarsi a quello altrettanto opinabile dell'Amministrazione, sostituendolo ed invadendo l'ambito delle attribuzioni riservate alla medesima. Alla stregua del costante orientamento giurisprudenziale in subiecta materia, va ribadito che le valutazioni del C. - in qualità di organo tecnico per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità o lesione che ha poi assunto la denominazione di Comitato di verifica con il succitato D.P.R. 29 ottobre 2001' n. 461 - sono insindacabili se adeguatamente motivate e, soprattutto, se coerenti con le circostanze di fatto emerse nel corso del procedimento. Tra l'altro, anche l'esame della documentazione eventualmente prodotta dall'interessato rientra nell'alveo dell'esercizio di un potere di discrezionalità tecnica attribuito alla pubblica Amministrazione,


con la conseguenza che il giudice potrà esercitare il proprio sindacato solo in caso di macroscopiche illegittimità, "ferma restando l'impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell'Amministrazione procedente" (cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 aprile 2019, n. 2593). Le competenze del Comitato di verifica non possono in alcun modo essere surrogate, soprattutto alla luce del disposto dell'art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, che fa menzione dei soli pareri di tale organo collegiale per l'accertamento della riconducibilità delle cause di infermità o lesione ad attività lavorativa, non prendendo in considerazione eventuali valutazioni svolte da altri organi, quali la CMO, essendo il solo Comitato di verifica preso in considerazione dall'articolato del su menzionato decreto. 11.4 Venendo al merito del gravame in esame, si rileva che l'appellante insiste in questo giudizio nel reputare sussistente il nesso di causalità tra la patologia accusata ed i compiti di servizio ai quali è stato sottoposto al fine di conseguire il sospirato equo indennizzo. Nei limiti di cui, come detto, soffre il sindacato di questo giudice non emerge, con immediata evidenza, la relazione anche solo concausale affermata risultando il quadro motivazionale che connota l'atto impugnato sufficientemente dettagliato in ordine alla peculiarità della vicenda ed adeguatamente esplicativa delle ragioni che inducono al diniego della domanda. 11.5 Giova ripercorrere, sia pur brevemente, i passaggi essenziali del libello di parte appellante, secondo cui vi sarebbero elementi sufficienti per configurare il nesso di causalità tra le patologie obiettivamente riscontrate ed i servizi espletati nelle missioni internazionali nelle quali è stato impegnato ed in particolare "dal 18.01 al 22.05.1996, nonché dal 25.07 al 06.11.2000 ed infine dal 24.11.2001 al 27.03.2002 nei territori della ex J. (missioni O.N.U.); dal 09.02 al 14.06.2005 in Afghanistan (missione ISAF)" (cfr. pagina 2 dell'appello). Ha innanzitutto osservato l'appellante che sarebbe sufficiente, ai fini della configurazione dell'elemento causale, la elevata probabilità invece che l'oggettiva certezza, ritenuta invece necessaria dal T.a.r., "rispetto all'etiopatogenesi della neoplasia e all'individuazione delle sostanze imputate nel determinare le alterazioni genetiche considerate alla base dell'insorgenza delle neoplasie renali". L'appellante ripropone pertanto in questa sede le considerazioni rese nel corso del giudizio di primo grado per


inficiare l'esito negativo della disposta verificazione e non esaminate dal T.a.r. nel respingere il ricorso di primo grado. In particolare, si ribadisce che i verificatori non avrebbero tenuto conto: di recenti affermazioni giurisprudenziali e lavori scientifici, come quello della Commissione Parlamentare d'inchiesta del 7 febbraio 2018; di ulteriori fattori di rischio tipizzato dal legislatore con i D.P.R. n. 37 del 2009, D.P.R. n. 90 del 2010 e D.P.R. n. 40 del 2012 circa l'esposizione a micro e nanoparticelle derivanti da esplosioni belliche; degli intervenuti decreti di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio pronunciati proprio dal Ministero della difesa; della sentenza n. -XXX- con cui il T.a.r. -XXX- ha accolto il ricorso del medesimo appellante; della giurisprudenza in materia di nesso di causalità, secondo il criterio del più probabile che non, in ordine ad analoghe patologie tumorali che hanno colpito numerosissimi militari impiegati nelle medesime condizioni di impiego dell'odierno appellante nonché la stessa documentazione depositata nel ricorso di prime cure. 11.6 Ebbene, tali considerazioni non sono in grado scalfire le risultanze istruttorie acquisite nel corso del giudizio di prime cure e poste a sostegno della reiezione del ricorso. Occorre principiare dal parere n. 25736 del 15 febbraio 2007, poi recepito nel provvedimento finale, con il quale il Comitato di verifica ha ritenuto che "le infermità: 1) "Insufficienza renale cronica II - III da malattia di B.", 2) "Tiroidite autoimmune con ipotiroidismo in trattamento sostitutivo" NON POSSONO RICONOSCERSI DIPENDENTI DA FATTI DI SERVIZIO, in quanto trattasi di un quadro di tipo autoimmune e anche costituzionale; che l'infermità "Neoplasia microscopica renale di tipo papillare" NON PUO' RICONOSCERSI DIPENDENTE DA FATTI DI SERVIZIO, in quanto nei precedenti di servizio dell'interessato, non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo ad una genesi neoplastica. Pertanto è da escludere ogni nesso di causalità o di con causalità non sussistendo, altresì nel caso di specie, precedenti infermità o lesioni imputabili al servizio che col tempo possano essere evolute in senso neoplastico". 11.7 Tale contributo consultivo non è adeguatamente contraddetto dagli atti di causa dovendosi in primo luogo rilevare che le prime anzidette due patologie (tiroidite di Hashimoto e malattia di B.) sono notoriamente considerate malattie autoimmuni (come evidenziato


nella stessa relazione medica del dott. -XXX- in data 30 settembre 2009 prodotta da parte appellante nel giudizio di prime cure) e pertanto trovano origine in fattori endogeni che nulla possono avere a che vedere con le condizioni di lavoro. Non vi sono quindi ragioni per discostarsi dalle conclusioni dei verificatori circa l'insussistenza in radicibus del nesso causale tra tali infermità e le mansioni espletate. 11.8 Più complessa è la disamina delle questioni sollevate con riferimento alla malattia neoplastica ulteriormente riscontrata e consistente in "Neoplasia microscopica renale di tipo papillare" quale possibile malattia causalmente connessa all'esposizione di uranio impoverito o comunque di sostanze oncogenetiche. 11.9 E' innanzitutto da sgombrare il campo d'indagine da quegli elementi di valutazione che traggono origine da contributi giurisprudenziali o scientifici che, esprimendosi con riguardo ad altre vicende personali ovvero in termini astratti e generalizzanti, non possono fornire un contributo chiarificatore rispetto alla specifica questione della effettiva incidenza causale delle mansioni espletate dall'appellante sulla malattia oncologica da cui risulta affetto. L'estraneità alla vicenda di causa si palesa anche con riguardo ai limiti rilevati dalla Commissione d'Inchiesta della Camera dei Deputati circa le indagini epidemiologiche condotte per conto del Ministero della difesa ed il tenore delle dichiarazioni rese dal verificatore dott. T. innanzi alla Commissione parlamentare d'indagine sull'uranio impoverito del 20 dicembre 2017. 11.10 Ebbene, non ignora il Collegio che l'eziologia della neoplasia renale di tipo papillare è connotato da un quadro variegato al quale appartengono molteplici fattori di rischio (tra i quali l'ipertensione della quale soffre l'appellante) e non solo quindi l'esposizione a sostanze inquinanti. Parte appellante ritiene che tale patologia sia da ricondurre sul piano causale, quantomeno secondo criteri di sufficiente verosimiglianza, all'esposizione del militare a micro o nanoparticelle, alle esalazioni dei gas di scarico ovvero del benzene contenuto nei solventi utilizzati per la pulizia e la manutenzione delle armi, all'indebolimento delle difese immunitarie derivante dalla somministrazione in tempi ridotti di numerosi vaccini. 11.11 Ordunque, il Collegio ritiene di confermare le considerazioni rese dal T.a.r. a sostegno della statuizione reiettiva del ricorso di primo grado, dopo aver peraltro dettagliatamente ripercorso tutte le


argomentazioni formulate nel corso del giudizio di prime cure da parte ricorrente come sopra sintetizzate, ed in particolare: - la brevità dei periodi di servizio prestato all'estero, ciascuno dei quali, come si evince dalla stessa descrizione fornita dall'appellante, è di circa quattro mesi; - la consistenza delle mansioni espletate in tali missioni che non hanno comportato la partecipazione ad operazioni militari o in poligoni di tiro; - la ricostruzione del quadro eziopatogenetico rinvenibile nella relazione di verificazione in ordine alla genesi delle neoplasie renali, la quale non contempla l'esposizione all'uranio impoverito "che è l'unico inquinante della regione balcanica", dove effettivamente l'appellante ha svolto ben tre delle quattro missioni nelle quali è stato impiegato. 11.12 L'appellante deduce, al riguardo che non conterebbe la durata ma l'intensità dell'esposizione alle sostanze oncogenetiche, evidenziando la documentazione sanitaria e di servizio prodotta nel giudizio di prime cure ("Relazione medico legale a firma del Dott. XXX- del 30.9.2009, Relazione a firma del Col. -XXX- del 19.10.2009, Relazione medico legale a firma del T. Col. -XXX- del 19.10.2009, Relazione a firma del Magg. -XXX-, Relazione medico legale a firma del Dott. -XXX- del 29.9.2009"). In realtà, tali contributi non consentono di inferire, in termini di elevata probabilità, la sussistenza del nesso causale, in quanto: - nella relazione del Dott. -XXX- si discorre, in termini generici, di "attività stressanti" e di "esposizione all'uranio impoverito" senza alcun riferimento alle specifiche mansioni cui l'appellante è stato adibito; - nella relazione del Dott. -XXX- ci si riferisce, ancora una volta in termini generici, alle conclusioni alle quali è pervenuta la Commissione Parlamentare d'inchiesta riportate nella seduta del 12 febbraio 2008 circa la ricorrenza del nesso causale per il personale impegnato nelle missioni all'estero, evidenziando peraltro che le patologie di cui l'appellante è affetto erano insorte ancor prima dei suoi impegni internazionali nel corso dei quali si sarebbero aggravate; - dalla relazione del Comandante Col -XXX- emerge che anche la missione in Afghanistan, che viene valorizzata dall'appellante in ordine all'uso, anche in tali teatri di guerra, di armamenti all'uranio


impoverito, ha visto l'-XXX- impegnato in attività non operative essendo stato chiamato a curare "la gestione della documentazione classificata presso il Comando ITALFOR nella Città di KABUL"; - le relazioni del Tenente Colonnello -XXX- e del Maggiore -XXXconfermano la consistenza delle mansioni cui l'-XXX- è stato impegnato nelle missioni in Kosovo anch'esse di carattere non operativo. 11.13 Per quanto riguarda le considerazioni rese dall'appellante in ordine alla esalazione di sostanze inquinanti od al consumo di alimenti contaminati, si basano su mere congetture sguarnite da ogni elemento probatorio così come la sentenza del T.a.r. -XXX- n. XXX-, riguardante il medesimo appellante, nell'accogliere il ricorso n.10/2011, non ha accertato il nesso causale tra infermità e mansioni ma ha soltanto rilevato il difetto di motivazione demandando a nuove determinazioni dell'Amministrazione. 11.14 Tali considerazioni consentono di ritenere non censurabile l'operato dei verificatori nominati nel corso del giudizio di prime cure (Professori -XXX-) i quali, dopo un'attenta e dettagliata ricostruzione della vicenda di causa, si sono espressi "in senso negativo riguardo alla sussistenza del nesso di causa tra le patologie manifestate dal sig. -XXX- ed il servizio da questi reso nell'area balcanica". 11.15 E' pur vero che appare eccessivamente generica l'affermazione dei verificatori circa l'esclusione di ogni possibile relazione causale tra esposizione ad uranio impoverito e neoplasie in generale, ivi compresa quella renale, ma questo non è sufficiente a configurare il nesso causale secondo il criterio "del più probabile che non" in assenza di elementi adeguatamente convergenti in grado di suffragare il nesso di causalità affermato dall'appellante. Ciò che difetta nel caso in esame, escluse comunque le patologie cd. autoimmuni, è il fatto storico della esposizione a micro o nanoparticelle da uranio impoverito o a sostanze comunque inquinanti nel corso delle missioni internazionali nelle quali l'-XXX- è stato impegnato. 11.16 Infondato è, infine, quanto dedotto richiamando numerosi precedenti giurisprudenziali (tra i quali le sentenze di questo Consiglio nn. 7564/20, 7578/20, 856/21 evocate nel corso della discussione orale della causa) che si sono espressi in termini positivi circa la configurabilità del nesso causale tra l'esposizione a nano particelle e malattie tumorali, atteso che, contrariamente a


quanto si deduce dall'appellante, non può configurarsi la denunciata disparità di trattamento stante la specialità di ogni fattispecie concreta esaminata in sede giurisdizionale alla luce delle precise modalità di svolgimento delle mansioni in teatri operativi esteri. 12. In conclusione, l'appello è infondato e deve essere respinto. 13. Sussistono nondimeno giusti motivi, stante l'assoluta particolarità della vicenda di causa, per compensare le spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 6810/2019), lo respinge. Spese del presente grado di giudizio compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2septies del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati: Giancarlo Luttazi, Presidente FF Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore Antonella Manzione, Consigliere Francesco Guarracino, Consigliere Fabrizio D'Alessandri, Consigliere



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