Corte dei Conti 2021-attribuzione della quota retributiva nella misura del 29,16 %, come previsto ar

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Corte dei Conti 2021-attribuzione della quota retributiva nella misura del 29,16 %, come previsto art. 44 del T.U. n. 1092/1973, e non del 44,00 % previsto dall'art. 54, comma 1, del T.U. n. 1092/1973. Corte dei Conti Lombardia Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 23/04/2021) 27-042021, n. 141 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA In composizione monocratica, in persona del Consigliere Dr. Claudio Chiarenza Ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel giudizio iscritto al n. 29831/M del registro di segreteria proposto ad istanza del Sig. A. R., nato a ...Omissis..., residente a ...Omissis..., c.f. ...Omissis... rappresentato e difeso dall'Avv…………….. nei confronti di: 1) INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, - sedi di Brescia e di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giulio PECO e Mirella MOGAVERO dell'Avvocatura INPS, presso la quale è domiciliato in Milano, Via M. e G. Savarè n. 1, come da procura generale alle liti rep. (...) del (...) a rogito del Dr. P.C. notaio in R.; Visto il ricorso; Visti gli altri atti e documenti di causa; La presente sentenza è emessa secondo il rito previsto dall'art. 85, comma 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella L. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato, da ultimo, dall'art. 26-ter del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, introdotto dalla legge di conversione 13 ottobre 2020, n. 126, in quanto la trattazione del giudizio è stata fissata per l'udienza del 23 aprile 2021.


Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. Con ricorso depositato in data 18 settembre 2020 il Sig. A. R., già appartenente al Corpo della Polizia Penitenziaria, cessato dal servizio il ...Omissis..., espone che l'INPS di Brescia, con determinazione in atti, gli ha conferito il trattamento pensionistico elaborato con il sistema c.d. "misto" a decorrere dal 21 marzo 2019. Il ricorrente lamenta, in particolare, l'erronea liquidazione del trattamento spettantegli in quanto l'INPS gli ha attribuito la quota di pensione retributiva nella misura del 29,16 %, come previsto dall'art. 44 del T.U. n. 1092/1973, e non del 44,00 % previsto dall'art. 54, comma 1, del T.U. n. 1092/1973. Tale aliquota, rapportata ad anno, avrebbe comportato l'applicazione dell'aliquota del 2,93% per ogni anno di servizio computato nella quota retributiva, spettante anche ai militari che, alla data del 31 dicembre 1995, non avevano maturato 15 anni di servizio (44,00 % / 15 = 2,93 %). Il ricorrente, con diffida in data 23 giugno 2020, sollecitava l'INPS alla corretta applicazione dell'aliquota pensionabile, con conseguente riliquidazione della pensione in godimento. La diffida è rimasta senza risposta. Il ricorrente, in estrema sintesi, osserva che l'INPS gli avrebbe applicato l'aliquota di rendimento prevista per il personale civile ai sensi dell'art. 44 del D.P.R. n. 1092 del 1973, senza tenere conto delle diverse aliquote previste dall'art. 54 del TU, che devono essere applicate al personale militare. In particolare, il ricorrente, in quanto già appartenente al Corpo della Polizia Penitenziaria, avrebbe diritto all'aliquota del 44 % prevista dall'art. 54, comma 1, a favore del militare che abbia maturato almeno 15 anni e non più di 20 anni di servizio utile. Il ricorrente ritiene di avere diritto a tale aliquota in quanto l'aliquota annua da attribuire ai militari con anzianità inferiori a 15 anni sarebbe del 2,93 %, come sopra indicato. L'INPS, calcolando una aliquota di rendimento del 29,16 %, avrebbe, invece, applicato l'art. 44 del TU che, per il personale civile, prevede un rendimento pari al 35 % per 15 anni di servizio utile e al 1,8 % per ogni anno ulteriore, con conseguente aliquota annua, per chi ha un'anzianità inferiore a 15 anni, del 2,33 %. Il ricorrente cita giurisprudenza favorevole alle argomentazioni proposte. 2. Con atto in data 8 aprile 2021, il ricorrente dichiara di voler rinunciare al ricorso, con compensazione delle spese di giudizio.


3. Con memoria di costituzione depositata in data 13 aprile 2021, l'INPS chiede l'integrale rigetto del ricorso. In estrema sintesi, l'INPS rileva che il ricorrente, alla data di cessazione dal servizio, non era militare. Infatti, la L. n. 395 del 1990 dispone espressamente che il Corpo della Polizia Penitenziaria è posto alle dipendenze del Ministero della Giustizia ed è un Corpo civile al quale si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato. Inoltre, il ricorrente, alla data del 31 dicembre 1995, aveva meno di 15 anni di anzianità utile a pensione. Le Sezioni riunite della Corte dei conti, con sentenza n. 1/2021, hanno statuito, sulla questione di massima deferita in ordine all'applicabilità, al personale militare che non possedeva 15 anni di anzianità al 31 dicembre 1995, dell'aliquota del 44 % prevista dal citato art. 54, che il quesito "è da ritenersi assorbito in esso con valutazione coerentemente negativa". In subordine, l'INPS ritiene che, avendo il ricorrente richiesto l'applicazione dell'aliquota del 44%, l'eventuale richiesta di applicare i principi dettati della Sezioni Riunite costituisca domanda nuova, da dichiararsi inammissibile, anche per difetto della previa domanda amministrativa. Inoltre, l'INPS rileva che l'art. 54, comma 1, del D.P.R. n. 1092 del 1973 trova applicazione esclusivamente a favore del militare che sia cessato dal servizio con diritto a pensione con una anzianità utile tra i 15 ed i 20 anni. Il ricorrente, alla data del 31 dicembre 1995, aveva un'anzianità inferiore a 15 anni di servizio, circostanza che preclude l'applicabilità dell'aliquota richiesta. L'INPS evidenzia che il ricorrente non avrebbe comunque diritto al beneficio richiesto in quanto, in generale, l'art. 54, comma 1, del D.P.R. n. 1092 del 1973 trova applicazione esclusivamente a favore del militare che sia cessato dal servizio con diritto a pensione con una anzianità utile tra i 15 ed i 20 anni, non del militare che sia cessato dal servizio con un'anzianità superiore. Non ha quindi rilievo l'anzianità di servizio al 31 dicembre 1995, che costituisce una mera distinzione dei diversi periodi di servizio soggetti a differenti metodi di computo. Inoltre, l'INPS rileva che trattasi di norma di favore di cui sono destinatari i militari che cessano dal servizio con più di 15 anni e meno di 20 di servizio utile. Era


quindi una norma di salvaguardia per i militari dispensati dal servizio con un'anzianità inferiore a 20 anni di servizio. Al tempo dell'entrata in vigore della L. n. 335 del 1995, era già in vigore l'art. 13 della L. n. 503 del 1992, con la conseguenza che il sistema retributivo non era più integrale. L'INPS osserva, infine, che la previsione dell'art. 54, comma 2, del D.P.R. n. 1092 del 1973 avrebbe l'esclusiva portata di ridurre l'aliquota di rendimento, per gli anni successivi al ventesimo, dal 2,33 %, prevista per i primi 15 anni, all'1,80 %, al fine di pervenire al risultato dell'aliquota di rendimento complessiva dell'80% con 40 anni di servizio. L'INPS propone un'approfondita disamina della materia, alla quale per brevità si rinvia. L'Istituto resistente cita giurisprudenza favorevole alle argomentazioni proposte. 4. In via pregiudiziale, prima di valutare le domande e le eccezioni di merito proposte dalle parti, la Sezione deve esaminare l'efficacia dell'avvenuta dichiarazione di rinuncia agli atti del giudizio, proposta dal ricorrente. L'art. 110, commi 3 e 5, del citato D.Lgs. n. 174 del 2016 dispongono che la rinunzia agli atti del processo produce i suoi effetti solo dopo l'accettazione fatta dalla controparte verbalmente all'udienza o con atti sottoscritti e notificati alle altre parti. Poiché risulta agli atti che l'INPS non ha accettato la rinuncia proposta, il processo deve proseguire. 5. Il ricorso non merita accoglimento, in quanto infondato. Per quanto concerne l'applicazione dell'aliquota del 44,00 % per il calcolo della quota A) della pensione, la Sezione osserva che la parte prima, titolo III, capo II, del D.P.R. n. 1092 del 1973, rubricato "personale militare", disciplina il trattamento di quiescenza normale dei militari, mentre quello del personale civile è disciplinato dal capo I. L'art. 54 del D.P.R. n. 1092 del 1973, contenuto nel capo II, disciplina esclusivamente la misura del trattamento normale spettante al personale militare: "La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile e pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo" (comma 1).


Gli appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria, a seguito della riforma disposta dalla L. 15 dicembre 1990, n. 395, sono stati espressamente qualificati dipendenti pubblici ad ordinamento civile, come si evince dall'art. 1, commi 2 e 4, della legge ("2. Il Corpo di polizia penitenziaria è posto alle dipendenze del Ministero di grazia e giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, è un Corpo civile, ha ordinamento, organizzazione e disciplina rispondenti ai propri compiti istituzionali" e "4. Per tutto quanto non espressamente disciplinato nella presente legge, si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato"). Dall'insieme delle citate disposizioni si evince che al personale della Polizia Penitenziaria, in quanto qualificato personale civile dello Stato, si applica il trattamento previdenziale proprio del personale civile, ad eccezione degli istituti espressamente previsti dalla legge, quale, ad esempio, la disciplina delle pensioni previlegiate ordinare, di cui l'art. 6 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, prevede il mantenimento, mentre ne dispone l'abrogazione per il restante personale civile. La Sezione osserva, inoltre, che l'art. 14, comma 2, della citata L. n. 395 del 1990, dispone che "Al personale appartenente ai ruoli degli agenti e degli assistenti, dei sovrintendenti e degli ispettori, proveniente dal disciolto Corpo degli agenti di custodia, continua ad applicarsi l'articolo 6 della L. 3 novembre 1963, n. 1543". A sua volta, l'art. 6, comma 2, della L. n. 1543 del 1963 dispone che "La pensione è liquidata sulla base dell'importo complessivo dell'ultimo stipendio o paga e delle indennità pensionabili godute. Essa è ragguagliata, al compimento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile come sopra determinata". L'applicazione della norma è stata confermata dall'art. 73, comma 3, del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, recante Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14, comma 1, della L. 15 dicembre 1990, n. 395: "Al personale proveniente dai ruoli del disciolto Corpo degli agenti di custodia continua ad applicarsi l'articolo 6 della L. 3 novembre 1963, n. 1543". In applicazione delle ordinarie regole di successione delle leggi nel tempo, il trattamento pensionistico del personale di Polizia Penitenziaria


proveniente dal disciolto Corpo degli agenti di custodia che cessa dal servizio successivamente all'entrata in vigore della L. n. 395 del 1990 si applica il citato art. 6, comma 2, della L. n. 1543 del 1963, che prevede espressamente l'aliquota di rendimento del 44,00 % solo al compimento del ventesimo anno di servizio, come avviene per il restante personale civile. Tale norma conferma che al personale di Polizia Penitenziaria, al quale la riforma ha attribuito lo stato giuridico di personale civile, si applicano le aliquote proprie del personale civile dello Stato, e non quelle previste per il personale militare, salvo le eccezioni espressamente previste dallo stesso art. 6 (quali, il conseguimento del massimo della pensione con 30 anni di servizio utile, l'aliquota del 3,60 % per gli anni successivi al ventesimo e per non più di 10 anni, ecc....). Inoltre, la Sezione osserva che, ai fini dell'applicazione del regime pensionistico, rileva lo stato giuridico in possesso alla data del collocamento a riposo, come attribuito dalla legge al tempo vigente. Correttamente, pertanto, l'INPS, in sede di liquidazione della pensione spettante al ricorrente, ha applicato l'aliquota di rendimento prevista dall'art. 44 del D.P.R. n. 1092 del 1973, corrispondente a quella prevista dall'art. 6, comma 2, della L. n. 1543 del 1963, non rinvenendosi alcuna norma di legge che attribuisca al personale della Polizia Penitenziaria, in deroga allo stato giuridico di personale civile e alle specifiche norme pensionistiche vigenti, l'applicazione delle differenti aliquote previste dall'art. 54 per il solo personale militare (conforme, tra le tante: C.d.c., Sez. Sicilia, 21 settembre 2020, n. 485; id., Sez. Campania, 1 luglio 2020, n. 285; id., Sez. Sicilia, 11 giugno 2020, n. 271; id., Sez. Lombardia, 6 maggio 2020, n. 64; id., Sez. Toscana, 15 giugno 2020, n. 169; id., Sez. Lombardia, 30 dicembre 2019, n. 362). Tali principi sono stati confermati, da ultimo, dalla sentenza della Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale d'Appello in data 14 ottobre 2020, n. 231, con ampia ed approfondita motivazione, alla quale per brevità si rinvia. 6. Nella presente decisione sono assorbite le ulteriori domande ed eccezioni proposte dalle parti. 7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M.


La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, definitivamente pronunciando, RESPINGE Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, a favore dell'INPS, del compenso spettante alla difesa, che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre il rimborso per spese forfettarie nella misura del 15% del predetto compenso. Oneri secondo legge. Nulla per le spese di giustizia. Il giudice, considerata la normativa vigente in materia di protezione di dati personali e ravvisati gli estremi per l'applicazione dell'art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, avente ad oggetto "Codice in materia di protezione di dati personali", dispone che, a cura della segreteria, venga apposta l'annotazione di omissione delle generalità e degli altri elementi identificativi, anche indiretti, dei ricorrenti, dei terzi e, se esistenti, dei danti causa e degli aventi causa. Manda alla Segreteria per i conseguenti adempimenti. Così deciso nella camera di consiglio del 23 aprile 2021. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2021.



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