Tar 2020- escluso dal concorso per il reclutamento perché, in sede di accertamento sanitario, è stat

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Tar 2020- escluso

dal concorso per il reclutamento perchÊ, in sede di accertamento sanitario, è stato trovato positivo agli oppiacei. Pubblicato il 27/11/2020 N. 12686/2020 REG.PROV.COLL. N. 07836/2015 REG.RIC.

R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7836 del 2015, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato OMISSIS OMISSIS, domiciliato presso la Tar Lazio Segreteria TAR Lazio in Roma, via OMISSIS, 189; contro Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; per l'accertamento, del diritto al risarcimento del danno conseguente alla sentenza n. 3747/2012 del Tar Lazio sez. I bis, come riformata dalla sentenza n. 556/2015 del Consiglio di Stato (annullamento del provvedimento di esclusione dal concorso per il


reclutamento

di

volontari

in

ferma

prefissata

quadriennale

(VFP4)

nell'aeronautica militare). Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2020 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Il ricorrente è stato escluso dal concorso per il reclutamento di "Volontari in ferma prefissata quadriennale" (VFP4) per l'aeronautica militare perché, in sede di accertamento sanitario, è stato trovato positivo agli oppiacei. Avverso tale determinazione il ricorrente ha reagito con ricorso giurisdizionale. Il Tar adito ha respinto il ricorso, mentre il Consiglio di Stato ha accolto l’appello ed il ricorrente è stato riammesso nei ranghi dell’Aeronautica militare, conseguendo la prevista progressione di carriera. Con il ricorso, oggetto del presente giudizio, il ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno così quantificato : 1) omesso pagamento dello stipendio, dell'importo di € 1.080,00 mensili, per 14 mensilità, per un totale di € 15.120,00; 2) danno all'onore, alla reputazione, all'immagine per essere stato incolpato, di far uso di sostanze € 20.000,00; 3) danno relativo alla carriera militare € 20.000,00; 4) danno relativo alla vita familiare e sociale € 10.000,00; 5) danno relativo alle sofferenze fisiche e psichiche € 10.000,00;


6) danno per cambio di sede di servizio, ripetizione dell'addestramento e cambio € 30.000,00. Osserva il Collegio. Il ricorrente ha quantificato le diverse poste del danno reclamato secondo una elencazione soggettiva ed eterogenea, come tale estranea al sistema giuridico. E’ pacifico, specialmente dopo le famose sentenze gemelle del giudice di legittimità (Cass, n. 8827/2003 e n. 8828/2003), che il danno risarcibile riguarda esclusivamente due sole categorie di pregiudizi : patrimoniali e non patrimoniali. Quindi, nel caso di specie, è necessario ricondurre la pretesa negli esatti termini giuridici previsti dall’ordinamento. Il risarcimento del danno patrimoniale richiesto dal ricorrente riguarda la illegittima esclusione del candidato dalla procedura concorsuale. L’indicato pregiudizio si collega nell’ambito della responsabilità c.d. da contatto sociale qualificato, proprio perché la vicenda presupposta non era ancora intervenuta una formale relazione sinallagmatica tra le parti, nondimeno, il comportamento tenuto dalla parte pubblica, risulta contrario ai previsti obblighi di protezione, di informazione e di affidamento. Il nocumento patrimoniale, di cui la parte ha chiesto il risarcimento, in realtà, non può riguardare il provvedimento di esclusione del ricorrente dalla procedura concorsuale perché trovato positivo agli oppiacei, provvedimento poi annullato dal Consiglio di Stato, proprio perché l’esito oggettivo delle analisi eseguite escluderebbe ogni ipotesi di colpa della p.a.. In altre parole, la questione non riguarda l’illegittimità del provvedimento in sè, bensì il prodromico comportamento assunto dalla p.a. senza una adeguata e ponderata verifica del dato fattuale presupposto, atteso che :”…da chi esercita una funzione amministrativa, costituzionalmente sottoposta ai principi di imparzialità e di buon andamento (art. 97 Cost.), il cittadino si aspetta uno


sforzo maggiore, in termini di correttezza, lealtà, protezione e tutela dell’affidamento, rispetto a quello che si attenderebbe dal quisque de populo” ( Cons.st. A.P., n.5/2018). Ciò trova conferma proprio nella motivazione della sentenza n. 556/2015 del Consiglio di Stato che ha cassato la decisione del Tar con riferimento esclusivo alla

mancata

verifica

della

sostanza

attiva

presente

nel

farmaco

antinfiammatorio assunto dal ricorrente, i cui principi attivi metabolizzati dal fegato producono la sostanza stupefacente rinvenuta nelle analisi svolte il 10 e il 20 ottobre 2011, mentre non compare in analisi compiute immediatamente prima (13 e 25 settembre 2011) e dopo (2 novembre 2011). Tale rilevata evenienza costituisce, pertanto, la violazione di uno specifico obbligo che insiste e sorge in capo alla p.a. già con la presentazione della domanda di partecipazione al concorso (Cons. Stato, sez. VI, 25 luglio 2012, n. 4236; Cons. Stato, sez. VI, 7 novembre 2012, n. 5638; Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831 e Cass. civ., sez. I, 3 luglio 2014, n. 15260), imponendo alla p.a. un onere comportamentale connotato da peculiare attenzione e scrupolosità nelle determinazioni da assumere. Sul punto, invero, una parte della giurisprudenziale ha ritenuto che tale peculiare responsabilità precontrattuale dovesse sorgere solo nel momento successivo, ossia quando il contatto tra le parti fosse in fase avanzata (Cons. Stato, sez. V, 21 agosto 2014 n. 4272; Cons. Stato, sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748; Cons. Stato Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1599; Cons. Stato, sez. V, 8 novembre 2017, n. 5146). In disparte che nella presente vicenda processuale tale aspetto assume valenza residuale e non essenziale per la definizione della questione, è appena il caso di accennare che il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, sia pure con riferimento ai contratti ad evidenza pubblica, con la decisione n. 5/2018, ha aderito alla prima tesi, proprio perché il dovere di comportarsi, anche da parte


della p.a., secondo correttezza e buona fede si colloca nel più ampio contesto del più generale dovere di solidarietà sociale, nei termini espressi dall’articolo 2 della Costituzione e sorge appena si concretizza un qualificato contatto tra le parti (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188). Si tratta, in buona sostanza, di un reciproco dovere di lealtà comportamentale tra le parti, la cui finalità è quella di impedire un comportamento sleale (Cass. Sez. un. sent. 19 dicembre 2017, n. 26725). In una tale ottica devono essere letti gli arresti con il quale le Sezioni Unite della

Corte

di

cassazione

hanno

ammesso

la

responsabilità

dell’amministrazione da provvedimento favorevole poi annullato in via giurisdizionale o per autotutela (cfr. Cass. civ., sez. un., ordinanze “gemelle” 23 maggio 2011, nn. 6594, 6595, 6596; Cass. civ., sez. un., 22 gennaio 2015, n. 1162 e Cass. civ., sez. un., 4 settembre 2015, n. 17586). In effetti il dato fattuale, incontrovertibile ed oggettivo della partecipazione del ricorrente alla procedura concorsuale, colloca la relazione intercorrente tra il predetto e la p.a. secondo peculiari termini giuridici, idonei, di per sé, ad ingenerare un legittimo e qualificato affidamento del soggetto coinvolto, con conseguenti reciproci obblighi e doveri volti alla protezione ed alla salvaguardia di determinati beni giuridici, segnatamente : l’affidamento del ricorrente, la buona fede delle parti, il dovere di correttezza. Nel caso di specie, in buona sostanza, si riscontra, come detto, una ipotesi di responsabilità precontrattuale, in quanto il rapporto sinallagmatico non si era ancora costituito, atteso che la procedura concorsuale era proprio finalizzata a stabilire se il ricorrente avesse titolo all’assunzione. La conseguente responsabilità per gli eventuali danni reclamati è, pertanto, soggetta alle previsioni di cui all’art. 1218 cc.


In tal caso il danneggiato avrà solo l’onere di provare il titolo della pretesa e ad allegare l’inadempimento del debitore, oltre alla dimostrazione quantitativa del danno ( Cass. Sezioni Unite n. 13533/2001). Ora, se da un lato la parte ha obiettivamente dimostrato, nella vicenda presupposta, sia la illegittimità del comportamento della p.a., che la conseguente relazione causale con il pregiudizio economico, atteso che il provvedimento di esclusione alla procedura concorsuale è stato cassato dal giudice amministrativo di appello, nondimeno era onere imprescindibile della parte provare l’esatto ammontare del nocumento patrimoniale reclamato. Il ricorrente, in questo caso si è limitato a quantificare il danno in relazione ai ratei stipendiali non corrisposti per 14 mensilità. In disparte al fatto che lo stipendio costituisce la retribuzione per la prestazione lavorativa, o meglio del servizio, effettivamente svolto, nel caso di specie il rapporto di servizio non si era ancora costituito, così che il ricorrente non può limitarsi a reclamare gli emolumenti non versati, ma deve esattamente quantificare e provare il danno economico subito che, solo, in via residuale, potrà essere equivalente agli stipendi non percepiti. In altre parole. Non è sufficiente che la parte affermi di non aver percepito il reddito, al quale avrebbe avuto diritto, perché illegittimamente escluso dal concorso, ma è necessario, sotto il profilo probatorio, che la parte dimostri, in modo obiettivo ed univoco che, nell’indicato periodo, la stessa non ha svolto altre attività lavorative, atteso che, in tal caso, quanto percepito deve essere sottratto all’importo complessivo reclamato. In mancanza di una tale prova, costituita dalle dichiarazioni annuali dei redditi o, quanto meno, della formale attestazione di non aver svolto, nell’indicato periodo, altre attività lavorative ( impregiudicata ogni conseguente attività istruttoria in merito), manca la dimostrazione del danno effettivamente patito


dal ricorrente, per cui il risarcimento del reclamato danno patrimoniale non può essere accolto mancando la prova della sua reale quantificazione. Diversamente opinando la parte verrebbe ad ottenere un duplice risarcimento afferente al medesimo periodo temporale. Quanto alle distinte poste di danno indicato nel gravame è necessario precisare quanto segue. La disamina delle stesse colloca la richiesta nel contesto del danno non patrimoniale, inteso come lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Ora, sul punto è orientamento pacifico e non revocabile in dubbio che il danno non patrimoniale è risarcibile, non solo nei casi espressamente previsti dalla legge, secondo la lettera dell'art. 2059 c.c., ma anche in tutti i casi in cui il fatto illecito abbia leso un interesse o un valore della persona di rilievo costituzionale ( Cass. n. 8827 e n. 8828 del 2003). Inoltre lo stesso presenta una connotazione unitaria anche se può essere distinto in pregiudizi di tipo diverso: biologico, morale ed esistenziale ( Cass. Sez. un. civ. n. 26972/2008 cit.). Si tratta, cioè, di un fenomeno unitario che non si articola in sottocategorie, per cui è possibile individuare, nell’ambito della figura generale, solo specifici casi che si distinguono ai soli fini descrittivi. Ne consegue che tale pregiudizio, secondo il costante insegnamento giurisprudenziale, si colloca nel generale contesto della responsabilità extracontrattuale. Ciò comporta, in questo caso, che il nocumento patito e reclamato a titolo di risarcimento : “ postula la verifica della sussistenza degli elementi nei quali si articola l'illecito civile extracontrattuale definito dall'art. 2043 c.c.. L'art. 2059 c.c., non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei


casi determinati dalla legge, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell'illecito civile, che si ricavano dall'art. 2043 c.c. (e da altre norme, quali quelle che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest'ultimo dall'ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue (danno-conseguenza, secondo opinione ormai consolidata: Corte cost. n. 372/1994; S.U. n. 576, 581, 582, 584/2008).” (Cass. sez. un. civ.n. 26972/2008 cit.). E’ cioè necessario, per il risarcimento di un tale pregiudizio, la prova della condotta e del nesso causale tra condotta ed evento, consistente nel danno ingiusto di interessi meritevoli di tutela. Nelle ipotesi in cui il pregiudizio non patrimoniale non è conseguenza di un reato, il risarcimento è collegato alla lesione di diritti inviolabili della persona: libertà personale, riservatezza, a non subire discriminazioni ecc., con esclusione dei diritti indicati dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo - L. n. 88 del 1955- (Corte Cost. n. 348/2007), con esclusione di tutte quelle evenienze c.d. “bagatellari” a prescindere dal pregiudizio sofferto ( Cass. n. 29211/2008). “…La

lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il

pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza …” (Cass. sez. un. civ.n. 26972/2008, cit.). Ora, ribaditi i principi generali dell’istituto in cui, come detto, il danno non patrimoniale è espressione della responsabilità extracontrattuale, è necessario, invero, osservare che nella questione in esame il pregiudizio reclamato non ha autonoma origine fattuale, ma si collega direttamente ed immediatamente al comportamento illegittimo conseguente al contatto sociale qualificato


intervenuto con il ricorrente in qualità di candidato al concorso per cui è stato escluso che, come detto, ha natura precontrattuale. La giurisprudenza del giudice di legittimità ha da tempo chiarito che gli interessi di natura non patrimoniale possano assumere rilevanza anche nell'ambito delle obbligazioni contrattuali ( Cass. n. 10490/2006) e, ritiene il Collegio, anche in quelle precontrattuali. Ne consegue che la vicenda in esame, anche sotto tale profilo di danno, è disciplinata dall’art. 1218 cc, in uno con l’art. 1223 cc e nei limiti di cui all’art. 1225 cc. È, pertanto, compito esclusivo del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dalla indicazione fornita dalla parte :”… individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla

loro integrale

riparazione…”(Cass.

sez.

un.

civ.n.

26972/2008, cit.). Si tratta, cioè, del superamento irreversibile dell’insegnamento espresso dalla nota sentenza del giudice di legittimità a sezioni unite n. 500/1999, atteso che il risarcimento del danno non patrimoniale è ammesso a prescindere dalla spettanza del bene della vita. In ogni caso, anche nelle ipotesi di derivazione del danno non patrimoniale da evenienze, come quella in esame, di natura precontrattuale, costituendo una lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza (Cass. n. 8827 e n. 8828/2003; n. 16004/2003), che deve essere, sì, allegato e provato dalla parte istante, ma che il giudice può ricavare, in relazione alla sua natura, anche in via presuntiva in relazione al dato fattuale non contestato. Nel caso di specie, la parte non ha provato la quantificazione del nocumento non patrimoniale patito, nondimeno può trarsi argomento probatorio della esistenza del danno non patrimoniale reclamato attraverso il ricorso ad una prova presuntiva circa l’esistenza del pregiudizio, ricavabile proprio dalla


esistenza di un provvedimento illegittimo che ha inciso sui diritti fondamentali della persona. La enumerazione prospetta dal ricorrente deve, pertanto ed alla luce degli insegnamenti del giudice di legittimità, essere ricondotta, in modo unitario ed onnicomprensivo, al solo danno non patrimoniale. In tale contesto il giudice deve valutare compiutamente il nocumento non patrimoniale subito dal ricorrente scrutinando tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale, quanto quelle incidenti sul piano dinamicorelazionale ( Cass. n.2788/2019). Ora, nel caso di specie, la parte ricorrente non ha reclamato un danno biologico, ma solo pregiudizi catalogabili come esistenziali, la cui quantificazione risarcitoria è stata solo allegata senza, però, fornire elementi obiettivi circa la somma reclamata. Ne consegue che il danno non patrimoniale, accertata presuntivamente la sua obiettiva consistenza, dovrà essere liquidato in via equitativa a mente dell’art. 1226 cc. Il Collegio, pertanto, ritiene equo risarcire il danno non patrimoniale conseguente all’illegittimo comportamento della p.a. complessivamente con la somma di euro 5.000,00 ( cinquemila). P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie in parte il ricorso proposto. In particolare respinge la richiesta di danno patrimoniale perché non provato dal ricorrente, accoglie, nei termini in motivazione la richiesta di risarcimento di danno non patrimoniale, quantificato in euro 5.000,00 ( cinquemila) . La parziale soccombenza convince il Collegio a compensare le spese di lite.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati: Concetta Anastasi, Presidente Antonella Mangia, Consigliere Roberto Vitanza, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE Roberto Vitanza

IL PRESIDENTE Concetta Anastasi

IL SEGRETARIO In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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