Design n 14

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(anche senza una precisa percezione). L’affinità dei colori sta accanto alla sua complementarietà per cui non posso dire né immaginare un verde che va verso il rosso, né un arancione che va verso il blu. Esistono nei colori affinità e contrapposizione allo stesso tempo, come appunto luce e ombra, caldo e freddo, chiaro e scuro che diventano valori assoluti in quanto percepiti e recepiti dal soggetto.

Assodato che il colore dialoga con la psiche, anche se secondo Matisse questa influenza dipende non solo dal soggetto ma anche dal colore, allora la luce, di cui tanto si parla in architettura, che valenza ha?

Come dicevo il problema della luce in architettura va considerato accanto all’ombra, e anche in rapporto alle stagioni e al clima. Si parla della luce - luce in modo astratto e fideistico. I grandi pittori per esempio suggerivano di dipingere alla luce mattutina, e in questa luce i loro quadri si “leggevano” proprio nelle loro luci e ombre. Anche oggi un vero quadro va visto con una luce diurna o per quanto possibile simile (anche con Led tricromatici) ma non certo come si continua a propinare ora un dipinto ritagliato come una diapositiva in un ambiente totalmente buio. La sequenza visiva-percettiva che già i pittori suggerivano non era: forma vs colore, ma colore/movimento/forma. La forma quindi non ha una definizione statica ma dinamica in rapporto a un colore ambientale diffuso che si sente solo quando manca.

Lei ha più volte affrontato il tema del colore in ambito sanitario. Esiste uno studio sugli effetti che il colore può avere sui malati e di cui un progettista possa avvalersi?

Le esperienze che ho cercato di svolgere in ambito sanitario derivano dal fatto di aver ascoltato sia medici che assistiti, i quali dicevano: “Per favore toglieteci questo color bianco-ospedale” (che si associa per contrasto drammatico al rosso del sangue). Come si sa, ora, l’ospedale è sempre meno il luogo permanete della malattia, ma di una vasta popolazione che fa prevenzione, assistenza e cura. Ci sono stati in passato dei colori palliativi negli ospedali in cui si curavano le malattie polmonari oggi in gran parte debellate, con un verdino altrettanto ospedaliero, meglio comunque del bianco assoluto che è solo una parvenza di sterilità e pulizia. Dal camice del personale ospedaliero si è passati infatti al verde e al blu, ma come si tratta l’interno di una stanza dove si sta prevalentemente orizzontali, pur non sempre? Si deve studiare molto il soffitto che si guarda (mai sufficientemente considerato) e il pavimento, sopra il quale ci si muove, togliendo per quanto possibile l’effettoscatola. Per quanto riguarda le pareti (come ho sperimentato in vari esempi): grandi fasce orizzontali (di 1 metro ca.) di un verde vegetale salvia o olivo si staccano dalla parte più usurata e più scura dal basso, e più chiara verso l’alto. Mai passare direttamente, dalla mazzetta cromatica offerta dalla ditta, all’applicazione, ma considerare operativamente un “rilievo cromatico” (in RGB e CMYK) dei colori esterni e circostanti per poi rintracciarli nei cataloghi del produttori. La sanità in primis si è espressa a favore di un ambiente studiato cromaticamente da estendere assolutamente all’edilizia scolastica e appunto alle carceri, di vecchia o nuova progettazione. Perché il colore non è affatto un’opinione ma una precisa e confortevole sensazione, per tutti, ed è ancora “l’ultimo che si dà ma il primo che si vede”.

Se come lei stesso ha scritto: ”il colore non è (solo) una qualità della luce ma una sensazione percepita dai nostri occhi e recepita dal nostro cervello” l’adozione di un particolare colore può aiutare a rendere più accogliente un ambiente sentito dai fruitori come angosciante o alienante?

Ci sono spazi e costruzioni che deprimono e mortificano ogni aspetto sia psicologico che fisico (ricordiamo i colori fisici o psicologici di Goethe) e non solo carceri, scuole e ospedali. Anche aeroporti e stazioni ferroviarie nel restyling sono diventati sempre più luoghi del “viaggiatore ignoto” il quale dovrebbe comprare cose assolutamente inutili in un mercato labirintico e deprimente. Un esempio fra tutti: alla stazione ferroviaria di Venezia si sta perpetrando del puro cannibalismo architettonico. Chi arrivando qui non avrebbe piacere di vedere subito il colore dell’acqua del Canal Grande? Come era prima infatti. In questi grandi interni della mobilità moderna la presunta funzionalità, ma soprattutto un’idea assurda di sfruttamento dello spazio, ha azzerato ogni qualità ambientale. Qualità che con il colore è una verità per l’architettura, il design, la vita stessa, al principio o alla fine di un viaggio.

OGGI L’ARCHITETTURA DEGLI INTERNI SI STA LENTAMENTE LIBERANDO DAL DIKTAT DEL BIANCO (E DEL NERO) ASSOLUTO, CHE DI PER SÉ NON È MAI ESISTITO NÉ NEI MATERIALI NÉ TANTOMENO NELLA PERCEZIONE

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