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DINAMICITÀ E TECNOLOGIA

MOBILE ART PAVILION / Zaha Hadid Architectes PARIGI (FRANCIA). È la sintesi e il connubio di due filoni di ricerca. Quella sartoriale di Chanel e la trasgressione architettonica di Zaha Hadid. È il Mobile Art Pavilion. Due mondi cronologicamente distanti che si incontrano, si inviluppano e si avvolgono in una architettura effimera dei nostri tempi fatta di geometrie fluide e organiche. Linee che, interpretando l’idea di sensuale ed elegante femminilità della casa di moda parigina fondata da Coco agli inizi del secolo scorso, creano il Mobile Art Pavilion. L’architetto anglo-iracheno lo ha progettato nel 2008 quando Karl Lagerfeld, stilista della casa parigina, commissionò uno spazio temporaneo per l’esposizione curata da Fabrice Bousteau, il direttore della rivista Beaux Arts Magazine, per far conoscere le diverse opere che alcuni artisti internazionali avevano realizzato con l’intento di interpretare la filosofia del marchio Chanel e la linea della mitica borsa in matelassé. Di tutto il tour mondiale che era stato previsto solo Hong-Kong, Tokyo e New York sono le tappe attuate. Il momento economico mondiale ha portato la famosa casa di moda a concludere il programma e riporre il padiglione in un container a Le Havre, fino a quando non si è creata la circostanza di poterlo rimontare nella piazza antistante l’IMA, l’Institut du Monde Arabe un’importante architettura contemporanea per la città di Parigi, progettata da Jean Nouvel e inaugurata nel 1987. Dal 28 aprile 2011 l’avvolgente e candido Mobile Art Pavilion ha trovato questa nuova collocazione. Sembra essere stato progettato appositamente per questo spazio anche se per accogliere i suoi 770 mq e la sua struttura realizzata con 1752 collegamenti di acciaio, che pesano in totale 80 tonnellate, hanno dovuto rinforzare il solaio del piazzale. È una struttura suadente, organica, morbida ed elegante sostenuta da uno scheletro in acciaio e un telaio secondario realizzato con estrusi in alluminio. È completamente rifinita con una fibra rinforzata in plastica, ha un tetto in PVC e i lucernari realizzati con il nuovo e trasparente polimero clorurato, più leggero e più isolante del vetro, l’ETFE. Nasce da una rielaborazione parametrica di una modanatura classica convessa, il toro: una superficie geometrica generata dalla rotazione di una circonferenza lungo una retta ad essa esterna ma complanare. Una figura geometrica greco/latina che, debitamente rielaborata, ha creato un’architettura, come la stessa vin-

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Un volume fluido e organico. Uno spazio espositivo pensato per entusiasmare. È stato montato dall’aprile di quest’anno nel piazzale antistante l’IMA, l’Institut du Monde Arabe di Parigi


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