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Felicia Buonomo, il Fuoco Armato di versi

FELICIA BUONOMO

Il Fuoco Armato di versi

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Per cominciare, presentati descrivendoti con una poesia!

SCAPOLE

Ti ho trovato

nelle pieghe delle mie scapole,

parte visibile di un corpo

smunto dalla tristezza.

Ero stesa sulle mie paure,

con gli occhi aperti al dolore

e le braccia molli della resa.

Amarti è il ristoro

dall'oppressione

del mostro che mi abita.

“Scapole” è una delle ultime poesie che ho composto. Credo aderisca perfettamente a quella che è la mia cifra stilistica. Io canto, sia su carta che sui muri e le serrante, l’amore e i suoi tormenti, ma anche l’inquietudine tutta personale di chi non riesce a rifuggire il sentimento amoroso, pur avendone paura, e per questo tenta di sublimarlo.

Come ti sei avvicinata alla Street Poetry?

Scrivere poesia, necessità e in qualche modo anche terapia, mi sembrava manchevole, rispetto all’ansia espressiva che sentivo dentro. E così ho deciso di mettere i colori al servizio delle mie parole, per aumentarne la potenza pervasiva e, soprattutto, per raggiungere un pubblico differente. Sono sempre stata vicina alla cultura underground e grazie a un incontro fortunato - con un artista e grande amico, Valerio Di Benedetto, in arte “Umanamente in Bilico” - ho cominciato a percorrere il cammino della street poetry. La mia prima opera si intitola “Fast Food” è recita così:

Di te \ mi divora \ la fame non appagata

Qual è secondo te la funzione sociale della Street Art in generale?

Per il modo in cui la pratico io, in forma assolutamente autorizzata, con opere che si estendono su muri e serrande, guardo alla street art come un mezzo per riqualificare i territori, oltre che donare loro la bellezza dei colori, che rendono i luoghi visivamente piacevoli. Mi è capitato più volte di partecipare a progetti condivisi di riqualificazione attraverso l’arte e ho trovato lusinghiero essere parte di un tutto che dona bellezza ai quartieri e ai suoi abitanti.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

La mia ricerca è per lo più legata alla parola. Le mie fonti di ispirazione, pertanto, sono da ricercare nei poeti che amo. Mi vengono in mente alcuni versi di Borges:

“Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto, io sono orgoglioso di quelle che ho letto”.

L’approdo di questa ricerca è la strada, il legame che, attraverso questo progetto di street poetry, tento di creare tra la parola e i luoghi.

Stai lavorando a qualche progetto al momento?

L’attività da street poet è dinamica e anche improvvisa. Mi piacerebbe arrivare in nuove città, che non ho ancora attraversato attraverso le mie opere. E vorrei approdare nel mondo dell’editoria.

A quale tua opera sei più affezionata? Perché?

Una delle ultime. Ho dipinto una poesia su una serranda di una bottega creativa, in via Fondazza, a Bologna. Guardo a questa opera come maggiore tenerezza rispetto ad altre per due motivi. In primo luogo perché si tratta della mia prima opera realizzata con dedica, una poesia che canta l’amore felice, quello a cui si tenta con tutte le forze di non sfuggire, nonostante le ansie, i dubbi, i timori. Il secondo motivo è da ricercare nel contesto in cui è stata realizzata, ovvero all’interno del festival “Muri Di Versi”, ideato da ragazzi di grande entusiasmo e professionalità. Ricordo la gioia provata quando mi contattarono per chiedermi di partecipare alla quarta edizione della due giorni di socialità poetica; ero colma di gratitudine e bellezza. Bisognerebbe respirare sempre questa atmosfera quando si fa arte, l’aria del divertimento, anche quando si lavora con la massima serietà. La poesia dipinta si intitola “After Love” e recita così:

Prendi le giuste misure. Intaglia con cura il mio amore. Poi arrenditi al movimento. Dammi le carezze che le tue mani meritano.

Con dedica:

A Ivan, Petali di ortensia e incanto sullo sperdimento del mio cuore

Raccontaci un aneddoto sul tuo lavoro

Ce ne sarebbero diversi. Divertenti e meno divertenti. In linea generale, la bellezza di fare arte in strada è il contatto con il pubblico, con le persone. La bellezza è sempre stata la mia ossessione. L’ho cercata nell’arte, spesso nei luoghi, mai ho rinunciato a cercarla nelle persone. E tra queste la cosa più dolce è notare come anche persone in là con gli anni si fermino per chiedere spiegazioni sul tuo lavoro o semplicemente farti i complimenti. Generazioni così distanti, unite dalla bellezza dell’arte che porti nel loro quartiere.

Vuoi dire qualcosa alla Redazione di Komorebi?

Voglio dirvi grazie. Per l’impegno e il coraggio che mettete nella diffusione della bellezza. Non rinunciate mai alla bellezza; cercatela, coltivatela, createla e soprattutto non sporcatela. Ed è quello che vorrei dire anche ai vostri lettori. Perché come scriveva John Keats:

“Bellezza è verità, verità è bellezza, - questo solo sulla Terra sapete, ed è quanto basta”.

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