Chiedimi di restare

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Flora A. Gallert


Chiedimi di restare UUID: 8895e334-180c-11e5-a4ac-4fc950d1ab4a Questo libro è stato realizzato con BackTypo (http://backtypo.com) un prodotto di Simplicissimus Book Farm

Indice dei contenuti                

PROLOGO CAPITOLO 1 CAPITOLO 2 CAPITOLO 3 CAPITOLO 4 CAPITOLO 5 CAPITOLO 6 CAPITOLO 7 CAPITOLO 8 CAPITOLO 9 CAPITOLO 10 CAPITOLO 11 CAPITOLO 12 CAPITOLO 13 ALTRE OPERE DIRITTI D'AUTORE


PROLOGO SETTEMBRE L'aria primaverile entra da una finestra socchiusa e mi sfiora delicatamente il viso. A quel tocco fresco mi sveglio totalmente. Mi stiracchio un po' e sento le lenzuola frusciare al contatto con la mia pelle. Abbraccio il cuscino per altri cinque minuti e intanto ascolto i rumori provenienti dalla cucina. È Maria che mi sta preparando la colazione, come quasi tutte le mattine. Con uno sbadiglio prendo l'I-Phone e controllo lo schermo. Trovo un messaggio di Melinda che mi dà il buongiorno accompagnato da mille smiles felici e mi ricorda che alle undici abbiamo un appuntamento per fare shopping a Viale Ceccarini. Sorrido a quella prospettiva, sono le nove e mezza ed ho, quindi, ancora molto tempo per prepararmi. Melinda è la mia migliore amica da sempre, siamo sempre state nella stessa classe e le nostre mamme hanno frequentato lo stesso corso di pre-parto. Lì si sono conosciute e da allora non si sono mai lasciate. Insomma, le nostre famiglie sono legate da un'amicizia che dura da anni e, appena possono, colgono l'occasione per andare ogni anno in vacanza insieme. Quindi noi eravamo destinate ad essere amiche, prima ancora di nascere. Finalmente riesco ad alzarmi e vado in cucina. È inondata dal sole e tutta questa luce mi mette il buonumore. Sul tavolo è già pronta la mia tazza di caffè fumante, la mia spremuta d'arancia e la mia barretta dietetica ai frutti di bosco. “Grazie Maria” urlo per farmi sentire e lei mi risponde mugugnando dalla sala da pranzo. Sorrido, lei non è una gran chiacchierona, ma so che mi vuole bene e si prende cura di me. Chiamo a casa ma non mi risponde nessuno. I miei genitori sono entrami medici (sembra che questi debbano accoppiarsi per forza tra di loro) e dedicano la loro vita ai pazienti, fanno molti straordinari e si vedono poco. Però sono felici. Quando si è molto ricchi è difficile riuscire ad esserlo, a trovare un equilibrio. Li invidio perché loro ci sono riusciti. La nostra ricchezza è dovuta al mio nonno materno, un grande albergatore che da solo è riuscito a creare il suo impero: possiede una rinomata catena d'alberghi internazionale. Ha iniziato con una piccola pensioncina a Rimini, investimenti andati a buon fine, conoscenze giuste ed eccomi: vivo in una villa nell'entroterra romagnolo, da sola, la mia camera affaccia sul mare e nel giardino c'è una piscina a tutti gli effetti. Ed ho solo ventun anni. Mi sono trasferita qui da pochi mesi, ma non ho sentito nessun grande cambiamento. Siccome i miei genitori sono molto impegnati con il lavoro, sola ero prima e sola sono rimasta. Dopo aver letto il giornale, vado a farmi una doccia. Mi rilasso sotto il getto d'acqua calda e faccio fatica ad uscire da lì. In camera il letto è già stato rifatto e quindi devo solo vestirmi. Passo circa dieci minuti immobile davanti all'armadio spalancato e stracolmo di vestiti, sono tutti incastrati tra loro nonostante ci sia molto spazio ma non c'è nulla che mi convince a primo impatto. Devo stare comoda perché mi aspetta una lunga mattinata, ma allo stesso tempo non posso peccare nello stile. Faccio un po' di prove e quando ho deciso cosa indossare getto un'ultima occhiata allo specchio. Una ragazza con occhi castani ricambia il mio sguardo. È alta, un po' troppo magra, i capelli lunghi e scuri sono lisci, il naso è piccolo e le labbra carnose. In molti mi dicono che sono bellissima e io sorrido al mio riflesso. Mi rendo conto della fortuna che ho. L'iPhone emette un bip e io leggo il messaggio che mi è appena arrivato. È Christian che mi dà il buongiorno con un cuoricino.


La mia vita è perfetta: sono circondata da amici, ho un ragazzo bello e sexy che mi ama e sono ricca. E sto per trovare il mio equilibrio tra i negozi. Prendo la borsa di Gucci, gli occhiali da sole della stessa firma ed esco per affrontare questa nuova, splendida giornata.

CAPITOLO 1 Una cosa che mi dispiace della mia vita è che sono piena di impegni: tra aperitivi, feste e party privati ho poco tempo per me stessa. Stasera, come ogni sabato, si va a ballare insieme al mio gruppo di amici. Indosso il mio ultimo acquisto: un vestito corto e viola. Guardandomi allo specchio non mi convince più di tanto, così come quando l'avevo provato al negozio, ma Melinda me l'ha espressamente consigliato e siccome lei ha buon gusto, accetto volentieri le sue dritte. Con mio grande disappunto dovrò indossare i tacchi (io preferisco le scarpe basse, tipo le ballerine, ma questo è un segreto che dovrò portare nella tomba). Melinda passa a prendermi a mezzanotte e siccome sono le undici me la prendo con molta comodità: mi trucco guardando un tutorial di ClioMakeUp, ovviamente la mia riga dell'eyeliner non ha lo stesso spessore, né la stessa forma di quella fatta sul primo occhio, rifaccio la piastra ai capelli, e, proprio quando mi sto spruzzando il mio profumo preferito (Poison di Dior), ecco che sento il clacson a trombetta dell'auto di Melinda. Con quaranta minuti di ritardo. Ma non mi affretto per scendere. Preparo con molta calma la mia borsetta nera e scendo le scale con ancora più calma. Finalmente raggiungo la sua auto nuova di zecca e decappottabile, non m'intendo molto ma immagino che questa sia una delle più costose presenti sul mercato. Appena apro la portiera mi accoglie un urlo stridulo: “Yvii”. Che odio essere chiamata così, ma squittisco anche io, fingendomi deliziata. Lei non si accorge di nulla e continua. “Stai benissimo” mi dice. Io ringrazio e ricambio anche se non riesco a vedere bene come è vestita. Ma non ce n'è bisogno. Lei è sempre bellissima e impeccabile: bionda, due occhioni azzurri, pelle chiara e liscia come la seta, magra, gambe chilometriche. Fotomodella, ovviamente. Dopo i tre bacetti sulle guance finalmente partiamo. Melinda alza il volume della radio e sulle note di Rihanna ci avviamo stonando. L'aria è fresca e frizza sulla mia pelle quando scendo di fronte al locale. Entriamo e ci accoglie il proprietario che ci accompagna in uno stanzino solo per noi, con divanetti, tavolini e musica di sottofondo. Durante il tragitto non fa che lusingarmi e capisco che mio nonno gli avrà evitato qualche brutta bega, io sono infastidita da lui perché è un uomo di sgradevole compagnia ma Melinda non fa che buttarci strane occhiate. Noto forse una nota d'invidia nei suoi occhi per via del trattamento preferenziale che mi sta riservando il proprietario del locale? Spero di no e molto probabilmente mi sbaglio. Quindi allontano questi pensieri. Io e Melinda prendiamo posto e intanto che aspettiamo il resto della compagnia, ordiniamo da bere (tutto offerto dalla casa). Inizia la serata. Siamo già al secondo drink (il mio preferito è quello vodka alla pesca e redbull) quando arrivano anche gli altri: Ivan, vestito elegante con smoking nero e camicia bianca, Karina, la mia migliore amica dopo Melinda, appena


ci vede emette dei gridolini assurdi e io sono contenta che siamo soli, e infine Marta, una ragazza timida che ci saluta con un sorriso dolce e che non so cosa ci faccia nella nostra compagnia. È così fuori posto. Poi entra Christian. Con la sua bellezza distratta, il ciuffo riccio e ribelle e vestito in modo semplice: con jeans e camicia bianca. È bellissimo. Mi sorride e nonostante tutto il battito del mio cuore non accelera. Batte giusto il necessario per permettermi di sopravvivere. Ma non me ne curo. Mi lascio dare un bacio a stampo sulle labbra. Gli stringo la mano e lui ricambia. È mio. Ormai ho bevuto abbastanza e lo so perché inizio a ridere a crepapelle senza motivo. So anche che non posso assolutamente continuare altrimenti sopraggiungerà la tristezza e inizierò a piangere a dirotto. Come è già successo una volta. Una sera decisi di provare a “sballarmi”, bevvi tre drink e quattro shortini e non so come mi sono ritrovata a piangere sul water mentre vomitato. Urlavo che mi sentivo sola. Marta è stata l'unica ad avere lo stomaco di starmi accanto e di reggermi i capelli. Quindi troppo alcol mi fa vedere cose che non esistono. Non possono esistere perché basta guardarmi intorno e vedo che sono circondata dai volti sorridenti dei miei amici. E non sono solo loro. C'è anche Louis, che al momento è in vacanza alle Bahamas. Lui è il mio migliore amico in assoluto. Sa tutto di me (anche che odio i tacchi) e mi accetta così come sono e anche io so tutto di lui. Lui è gay e questo è un segreto. Abbiamo tutti bevuto abbastanza. Siamo pronti per andare nella sala a ballare, mentre ci avviciniamo sentiamo il rumore aumentare. “Che palle stasera ci sarà un casino” mi dice Melinda seccata. Io sbuffo, scuotendo la testa. In realtà la cosa non mi disturba affatto. Balliamo per circa un paio d'ore, io tra le braccia del mio ragazzo mentre gli altri hanno formato un cerchio per avere un po' di spazio vitale. Ogni tanto qualcuno ci prova con Melinda, ma lei scaccia via tutti con aria infastidita. L'allegria ha lasciato spazio alla stanchezza quindi ci avviamo verso l'uscita. Nel parcheggio, anche se c'è molta gente, non c'è tanto baccano ma i toni di voce rimangono comunque altissimi. “Oh! Che schifo quella macchina, ma non si vergogna ad andare in giro ancora con quel catorcio?” dice Melinda puntando l'indice contro la testa di un ragazzo a pochi metri da noi. Sotto la luce dei lampioni, lo riconosco. È Alex. Alex è uno di quei ragazzi di cui so tutto perché abbiamo la stessa età e frequentiamo più o meno gli stessi posti, ma che non saluto. Lui è girato di spalle, ma noto i suoi muscoli tesi. L'ha sentita ed è immobile, sicuramente con le orecchie tese. Io gli fisso le spalle arrossendo. Ivan sbuffa, con un mezzo sorriso stampato sulle labbra e scuote la testa. Si rivolge a me quando dice: “Poi anche i vestiti sembrano di seconda mano. È così da cafoni quella canottiera bianca, non è vero Yvi?”. Io penso al clacson a trombetta di Melinda, al suo indice che punta una persona, ai commenti espressi ad alta voce e dico: “Sì, infatti”. Parlo proprio mentre lo stiamo sorpassando, la mia voce è poco più di un sussurro, ma credo proprio che lo abbia sentito chiaro e tondo e dentro di me sento un tuffo al cuore. Melinda accompagna me e Christian a casa mia, appena arriviamo di fronte al cancello la ringraziamo per il passaggio e lei ci risponde con battutine a doppio senso. Io chiudo la portiera della macchina scuotendo la testa e sorridendo.


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