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La gente li chiamò “I nuovi barbari”
Nel tondo: la piccola Elena. AL momento della liberazione la madre si disse convinta che la bambina aveva sofferto. Risultava in effetti più magra e impaurita.
poi perse un occhio. Si pensò ad un collegamento con il rapimento della bambina. Invece l’autore, rintracciato e arrestato poi, era un delinquente esaltato, feritore anche di alcune commesse.
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ntanto furono stabiliti dei contatti con i rapitori tramite la chiesa di Lucca. L’arcivescovo Giuliano Agresti, anche se ha sempre smentito, probabilmente si è adoperato personalmente per il buon esito della triste vicenda. A casa Citti arrivano tre polaroid con le foto della bambina. Il 24 novembre a Ferrara viene arrestato un uomo: aveva in tasca una foto della piccola. E infine la liberazione nella notte fra il venerdì 25 e sabato 26 novembre. I banditi sentendosi accerchiati abbandonarono la bambina riparata solo da un cartone, sul ciglio di una strada a cinquanta chilometri da Messina. Ai genitori in ansia a Lugliano arriva la notizia della liberazione. A bordo di un Hercules vanno
in Sicilia a riprendersi la piccola che finalmente con lo stesso aereo da Catania vola fino a Pisa e raggiunge la sua casa a Lugliano. È finito un incubo. Ci saranno poi grandi festeggiamenti. Il sindaco di Bagni di Lucca Enzo Tintori dirà che tutta la Valle si ricorderà per sempre di quei giorni terribili finiti nella gioia. Franco Chillè, l’ideatore del sequestro e il capo della banda, amico della famiglia Citti, viene arrestato e con lui Egidio Piccolo, Salvatore Alacqua, Gaetano Fugazzotto, Carmela Italiano, la baby sitter, Luigina Mazzeo la vivandiera. Rimangono latitanti, ma per poco, Mazzeo e Iarrera. Poco dopo si apre il processo per direttissima nella corte d’Assise di Lucca. Vengono inflitte dure condanne esemplari. Ora Elena, una bella ragazza di ventisei anni, sa solo vagamente di quello che le è capitato in quel lontano autunno del 1983. La mamma Isabella e il padre Rino in questi anni si sono impegnati per fare dimenticare alla figlia quel rapimento e forse ci sono riusciti.
Allora si parlò di nuovi barbari, gente che di fronte alla ricerca del denaro facile non esitava a servirsi come arma di ricatto di una bambina di diciassette mesi. Il rapimento di Elena Luisi divenne un caso a livello nazionale e mondiale anche se purtroppo il periodo era quello triste dei rapimenti, basti ricordare il caso Bulgari. E l’industria del sequestro approdò anche nelle oasi tranquille, nel paesino di Lugliano, vicino a Bagni di Lucca, come rilevò sulla nostra cronaca lo scomparso collega Paolo Galli, e approdò con il sequestro di una bambina nel nostro territorio, un fatto clamoroso che non era mai successo. Si aprirono dibattiti sul ricatto più infame degli affetti sotto sequestro. Ci furono immediate e nobili reazioni. L’allora vescovo di Acerra monsignor Riboldi affermò che c’è una dimensione della vita delle coscienze che non può essere dominata dal ricatto dei malviventi. L’allora caposervizio della redazione di Lucca de «La Nazione», attuale direttore Giuseppe Mascambruno, rilevò lo choc nella comunità lucchese: «È la prima volta, la prima volta per tutti noi e l’emozione, l’angoscia, la rabbia non sono sentimenti che si nascondono. Il rapimento della bambina ha segnato una novità per Lucca e la sua provincia: è il primo sequestro di persona a scopo di estorsione, perché i precedenti episodi avvenuti in Versilia non avevano niente a che vedere con riscatti in danaro. Questo drammatico esordio della criminalità organizzata e operante al massimo livello del crimine ha colpito una creatura di neanche un anno e mezzo». Molti si preoccuparono alla fine del rapimento anche dei danni morali soprattutto per la piccola che al ritorno a casa ebbe dei problemi. Del resto la mamma Isabella disse subito che non era stata trattata bene in quei quaranta giorni di prigionia. Tutto finì bene, ma non era scontato che finisse così. Ricordiamo la fine tragica del piccolo Tommaso, anche lui vittima innocente del ricatto degli affetti e della mercificazione dei sentimenti più profondi, in un’epoca che ha il danaro come valore supremo.
Per la liberazione di Elena si mobilitarono anche i servizi segreti e il Papa, durante l’Angelus in piazza San Pietro, rivolse un appello ai rapitori.