Inspiration Seeker

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“Il Castiglioni l’ho conosciuto con te nel 1997 quando abbiamo organizzato insieme una mostra sul design italiano negli anni ’50. E poi, a bruciapelo: “Conoscete l’Iliade? Ebbene: c’erano Ettore e Achille. Li ho conosciuti tutti e due ed erano molto diversi. Ettore ha sempre disegnato con la matita, teneva tante matite in mano (usa anche la sinistra!) e invece Achille non la usava mai; teneva un mozzicone di matita in tasca. Anche quando abbiamo disegnato il San Girolamo per Olivetti non disegnava. Si parlava su cosa fare o non dover fare nel suo bellissimo studio di piazza Castello. Aveva queste collezioni di oggetti che presi singolarmente apparivano insignificanti, ma tutti insieme apparivano significanti… Chiaramente mi piaceva e anche io avrei voluto fare collezioni, ma siccome non sono un bravo collezionista non tengo insieme gli oggetti. Stamattina li ho cercati e ne ho messi insieme… e sono arrivato tardi in ufficio”. Michele De Lucchi



Prefazione Introduzione Ispirazione e creatività 9 La creatività e gli strumenti per farla emergere 12 Collezionare e ordinare gli oggetti nei luoghi di lavoro 18 Il valore degli oggetti e la serendipità 21 I moodboards: strumenti d’ispirazione Ricerca

26 Visita a 3 studi di design 38 Una ricerca tra gli studenti di design 42 Progetti esistenti

Inspiration Seeker 47 Cos’è Inspiration Seeker 50 Due scenari: ispirazione e localizzazione 56 Image Pool: ispirazione attraverso gli oggetti 59 Object library: la gestione degli oggetti 61 Moodboard: creazione di collages connessi ai progetti Interfaccia e logo 64 Interfaccia 71 Studio dell’ interfaccia 74 Logo e segnalibri 81 Le schede degli oggetti e le categorie Tecnologia: RFID tag e database 84 tag RFID e database Conclusioni Bibliografia



prefazione Gli oggetti che ci circondano, che spesso collezioniamo, hanno una forma, un colore, un odore e una consistenza, caratteristiche fisiche evidenti che gran parte delle persone riesce a cogliere. Se però li osserviamo ad un livello più profondo, ci accorgeremo che ci parlano, di sé e di noi: la loro provenienza, chi ce li ha donati, una storia ad essi collegata, caratteristiche emozionali ed esperienze diverse che gli associamo. L’obiettivo che si pone Inspiration Seeker è quello di sfruttare le associazioni mentali che ognuno di noi fa nei confronti degli oggetti, mantenendo i livelli fisico ed emozionale strettamente correlati: la ricerca di un oggetto, attraverso delle parole chiave, prima virtualmente, per poi arrivare a localizzare l’oggetto reale, per creare una situazione

favorevole all’ispirazione di nuove idee. In particolare ci si rivolge alla categoria dei designers, i quali spesso collezionano oggetti e materiali come stimolo creativo: aiutarli quindi ad utilizzare i propri oggetti, e quelli degli altri, come fonte d’ispirazione. Questa tesi inizia con una parte riguardante teorie sull’ispirazione e la creatività nel campo del design, si passa poi alla descrizione della fase di ricerca effettuata all’interno di alcuni studi di design ed esempi di progetti esistenti, per poi arrivare alla spiegazione dell’applicazione nelle sue diverse modalità. In conclusione alcune riflessioni sul sistema, implementazioni e scenari possibili non solo in campo lavorativo ma anche universitario.



introduzione L’idea di creare Inspiration Seeker nasce da una duplice esigenza che spesso si può riscontrare nel campo del design in fase progettuale. La prima questione riguarda l’ispirazione, ovvero la spinta emotiva e creativa che in fase embrionale di progettazione un designer ricerca, esplorando la vita di tutti i giorni e le problematiche che la caratterizzano. Che si tratti di un oggetto di design, di un libro, di un manifesto, di un vestito o un videogioco, il designer, per ispirarsi, attinge alla propria esperienza passata e a ciò che gli si presenta giornalmente sotto gli occhi. Si è così cercato di concentrare l’attenzione di questo progetto sugli oggetti materiali che gran parte dei designers colleziona, a volte come dei “cimeli” fini a se stessi, e altre volte con la prospettiva che in futuro potrebbero diventare utili

stimoli non solo visivi: è infatti fondamentale il ruolo che giocano gli oggetti in questo sistema, proprio perchè non ci si ferma ad un’immagine virtuale per cercare l’ispirazione, ma si cerca un oggetto reale perchè lo si possa guardare, toccare o annusare, in quanto l’ispirazione è strettamente legata a sentimenti e sensazioni fisiche. Il secondo obiettivo che Inspiration Seeker si pone di raggiungere, è quello di localizzare gli oggetti all’interno dello studio di design, dove spesso vengono raccolti posters, cartoline, errori di stampa, disegni, giocattoli, libri, cataloghi, fotografie, pezzi di stoffa, ecc... Il fatto di possedere un’ampia collezione di oggetti è strettamente correlato al bisogno di organizzarli e di ritrovarli all’interno dell’ambiente di lavoro. Attraverso un sistema di tag RFID e delle antenne che ne leggono i dati contenuti, si possono


localizzare gli oggetti e seguirne i movimenti, grazie ad una mappa virtuale dell’ufficio che è sempre attiva nell’interfaccia del sistema. Attraverso Inspiration Seeker si può così creare una vera e propria biblioteca di oggetti, collegando ad ognuno una scheda alla quale vengono correlate delle parole chiave che verranno utilizzate in fase di ricerca, links a siti web, delle immagini o dei video, che si riferiscono all’ oggetto stesso. Le immagini degli oggetti e quindi le schede ad essi correlate, si possono spedire ai propri colleghi o agli utenti che fanno parte del sistema: questo momento di scambio è un aspetto sociale molto importante in questo settore, uno scambio di idee non solo a verbale, ma anche la possibilità di mettere a disposizione la propria esperienza o conoscenza anche attraverso i propri oggetti.


ispirazione e creatività 9

ispirazione e creatività la creatività e gli strumenti per farla emergere La creatività, in qualsiasi disciplina, arriva prima che entrino in gioco la logica o il settore linguistico, manifestandosi attraverso emozioni, intuizioni, immagini e sensazioni fisiche. Le idee che ne scaturiscono possono essere tradotte nei più svariati sistemi di comunicazione, come parole, equazioni, immagini, musica o danza.

eare il ruolo delle emozioni e della fisicità nel processo creativo:

Questa è la definizione di creatività che lo psicologo Robert Root-Bernstein riporta nel 1999 nel libro Sparks of Genius: the thirteen thinking tools of the world’s most creative people. In questo libro l’autore si prefigge di spiegare il processo creativo attraverso l’esempio di alcune delle menti più geniali al mondo: da Albert Einstein a Mauritius Cornelius Escher. Root-Bernstein con questo saggio vuole sottolin-

Le idee quindi emergono attraverso sentimenti, sensazioni, immagini, forme e il pensiero non può essere separato da questo livello emozionale. Nell’articolo “Collective Creativity”, Liz Sanders riporta una definizione di creatività del 1964 di Arthur Koestler, una delle maggiori autorità su questo argomento.

Il processo creativo è sempre emozionale e le idee che ne scaturiscono vengono tradotte in parole o numeri solamente per renderle comunicabili agli altri.


10 ispirazione e creatività Ogni atto creativo è caratterizzato da un processo che combina idee che non sono in relazione tra loro. [1] Questo processo però, che Koestler chiama bisociation, non ha nulla a che fare con l’associazione di idee: l’associazione infatti è un processo che stabilisce una connessione tra pensieri e idee precedentemente stabilite, mentre la bisociation riguarda la creazione di connessioni nuove tra le idee. Viene quindi suddivisa questa teoria in “ideazione” ed “espressione”: per “ideazione” si intende la parte più primitiva del processo creativo, quando ancora si parla di intuizioni ed emozioni, l’“espressione” è invece riferita alla traduzione delle idee in formali processi comunicativi. Vedremo che l’”entrata in gioco” di Inspiration Seeker dovrebbe quindi avvenire proprio nel momento centrale tra queste 2 fasi: quando il designer incomincia ad elaborare idee e pensieri riguardo un determinato progetto, si può aiutare utilizzando l’applicazione per la ricerca di temi collegati al progetto che sta sviluppando, andando di seguito alla ricerca di oggetti che potrebbero sviluppare ulteriormente questa prima fase del processo creativo. L’importanza degli oggetti in questa applicazione è primaria, perchè la creatività, secondo Root-Bernstein, è appunto non solo legata ad intuizioni o stimoli visivi, ma anche a sensazioni fisiche: l’oggetto può quindi essere fonte di ispirazione non solo visiva quindi, ma anche tattile oppure olfattiva.

Elizabeth Sanders, nel saggio “Collective Creativity” parla del rapporto tra creatività, designers e utenti, affermando che il processo creativo è insito in ognuno di noi e che è compito del designer coinvolgere il target per cui sta creando il prodotto. Le persone quindi che vengono coinvolte nella relazione con il prodotto stesso, che sia un’interfaccia o un’installazione, giocano un ruolo importante all’interno della “creatività collettiva”: questi attori sono gli “users” e i “makers”. I “makers” sono designers, addetti al marketing e alla comunicazione o ingegneri; gli “users” coloro che comprano il prodotto o lo utilizzano in un qualche modo. In questo articolo si sottolinea quindi il ruolo degli “users”, e dell’importanza per gli studenti di design di capire e scovare la creatività che ogni potenziale utente ha dentro di sè. Secondo questi studi Sanders e William, definiscono il momento di “cattura” della creatività in 4 passaggi fondamentali: 1. Immersione nell’esperienza 2. Attivazione di sentimenti e ricordi 3. Sogno riguardo il futuro 4. Espressione di nuove idee Secondo Sanders e William, ci sono degli strumenti che “immergono“ l’utente all’interno del processo creativo, ovvero: Strumenti per ricordare Libri di lavoro contenenti domande di diversi tipi, come, per esempio, informazioni demografiche,

[1] Arthur Koestler, The act of Creation (London: Hutchinson & Co, 1964) citato in Liz Sanders, “Collective Creativity”, in LOOP: AIGA Journal of Interaction Design Education, August 2001, Number 3


ispirazione e creatività 11 persone usano o posseggono. Lasciare una macchina fotografica usa e getta per documentare le proprie esperienze, aggiungendo alla documentazione scritta dei diari, quella visiva, più diretta. Strumenti per stimolare i sentimenti Creare collages di immagini, dando la possibilità alle persone di articolare esperienze diverse attraverso foto e parole: viene consegnato un kit formato da immagini, testi, colla e forbici e viene richiesto di lavorare su un tema, dando una linea guida per creare la composizione. Solitamente il tema è più libero e ambiguo possibile, in modo che le persone possano dare la loro personale interpretazione per facilitare l’ispirazione e la creatività. I collages sono l’ideale per stimolare ricordi e sensazioni, proprio come accade con i sogni. Questo esercizio può essere utile per identificare opportunità per nuove idee, nel momento in cui le persone descrivono le emozioni legate a quei determinati momenti. Strumenti per sognare Secondo Koestler il sogno è un elemento fondamentale per la creatività, e in questo caso attraverso delle mappe mentali, si incoraggia la gente a comunicare dei bisogni. Permettono infatti di riorganizzare ciò che è stato elaborato: viene consegnato un kit contenente un poster vuoto, e una serie di forme che simbolizzano delle cose, come per esempio la casa, le strade, il posto di lavoro che vengono utilizzate per creare la mappa, nella quale verranno collegati i pensieri raccolti durante

il brainstorming. Velcro e interaction modeling Tramite la costruzione di modelli tridimensionali o bidimensionali pre-impostati dagli autori si incoraggia a nuove idee e a creare la parte attiva e concreta dell’esperienza. Un kit, quindi, utilizzato per far esprimere le idee attraverso la creazione di modellini tridimensionali: bottoni, forme e diversi oggetti, che hanno una valenza di utilizzo ambigua, danno la possibilità di creare concretamente quella che è l’espressione delle loro idee. Secondo Sander e William per ottenere buoni risultati, questi strumenti devono però essere utilizzati secondo un certo ordine: 1. Iniziale coinvolgimento delle persone nelle esperienze di tutti i giorni attraverso i diari e l’utilizzo della macchina fotografica. 2. Brainstorming e discussioni di gruppo riguardo le cose che emergono dalla lettura dei diari e dalla visione delle immagini. 3. Creazione dei collages in maniera da attivare sensazioni e ricordi. 4. Viene stilata la mappa cognitiva delle esperienze fatte. Proprio come questi strumenti supportano la creatività collettiva, ovvero delle persone che non svolgono un’attività “creativa”, così gli artefatti


12 ispirazione e creatività realizzati dalle persone attraverso questi strumenti, ispirano la creatività dei designers. Si trovano inoltre spesso designers inseriti in team di lavoro che utilizzano collages, mappe mentali e i Velcro-modeling per ispirarsi e aiutarsi nella fase ideativa. Strumenti così pratici e manuali sono quindi, secondo Sanders e William, il mezzo più efficace per stimolare il processo creativo.


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collezionare e ordinare gli oggetti nei luoghi di lavoro La raccolta o collezione di oggetti per molti studi di design è un elemento fondamentale per la realizzazione di progetti, una risorsa di ispirazioni e riferimenti da utilizzare durante il processo creativo. Una collezione si può definire tale nel momento in cui ci sia una categorizzazione degli oggetti inseriti all’interno di questa: ecco quindi che, per esempio, chi raccoglie svariati oggetti accomunati dal fatto che siano di colore giallo, può affermare di possedere una collezione. Nella ricerca fatta all’interno degli studi di design, di cui parlerò nel prossimo capitolo, ho notato che si tratta principalmente di collezioni di oggetti legati ai propri interessi, oppure all’utilità del momento, o con il pensiero rivolto ad un possibile utilizzo futuro. Per esempio un’interessante raccolta che è diventata un libro è Open Here di [2] http://www.flickr.com/photos/timo/sets/72057594109532582/

Paul Mijksenaar, dove il graphic designer olandese racchiude una serie di immagini di istruzioni per l’uso, mappe, pittogrammi catalogandoli per la funzione che svolgono: si tratta di una collezione di immagini portata avanti nel tempo, non appositamente ricercata per la pubblicazione del libro. Sempre rimanendo in tema di information design, il designer Timo Arnall nel suo account di Flickr, raccoglie immagini di vario genere e una delle sezioni, Here [2], colleziona fotografie di mappe con la tipica freccia di localizzazione per i turisti, provenienti da tutto il mondo: questo per un designer è di sicuro un ottimo spunto da cui attingere per il proprio lavoro. Si tende quindi a raccogliere qualsiasi cosa abbia un impatto visivo interessante, a seconda ovviamente del gusto personale, oppure oggetti che


14 ispirazione e creatività possano stimolare la creatività: posters, cartoline, giocattoli, riviste, libri, cataloghi. Ciò che viene raccolto non viene però catalogato in modo preciso, se non per quanto riguarda la parte di libri e riviste che si suddividono per argomento, come una vera biblioteca. Gli oggetti vengono infatti lasciati sulle scrivanie, oppure, se si tratta di posters o fliers, vengono appesi ai muri, o si fanno delle cartelline suddivise per argomento, ma senza una precisa organizzazione del tutto. Inspiration Seeker ha infatti due principali obiettivi: quello di portare all’ispirazione attraverso la fruizione di immagini legate agli oggetti raccolti e la semplificazione di localiz zazione e catalogazione degli oggetti stessi. Secondo uno studio riportato da Ianus Keller riguardo l’ispirazione e gli oggetti si possono riportare varie caratteristiche riguardo le collezioni dei designers. Per quanto riguarda la tipologia di oggetti e supporti collezionati il campo è molto vasto: immagini, disegni, oggetti o pezzi di oggetti, raccolti sia digitalmente che fisicamente all’interno di cassetti, appesi ai muri, dentro a scatole o sparsi per l’ufficio. La caratteristica principale di questo tipo di collezionismo è di sicuro la non-organizzazione degli oggetti, solitamente lasciati in giro in modo caotico. La fruizione, per un designer, della propria collezione, viene descritta da Keller come un processo dinamico, di riorganizzazione continua, ma non pianificato; la collezione di oggetti raccolta dal designer offre a questi la possibilità di selezionare le cose, incrociarne le caratteristiche, fare associazioni mentali combinando gli oggetti,

guardarli semplicemente, formare e cambiare categorie. Tutto questo lo si può fare nel tempo libero, o nei momenti di “calo della spinta creativa” o per ricercare qualcosa di specifico. In conclusione Ianus Keller delinea per quale scopo venga creata una collezione, ovvero per documentare, archiviare, ricordare e immaginare, oltre che per relazionarsi con il mondo esterno e mettere a disposizione degli altri la propria conoscenza. Quest’ultima caratteristica ritengo sia estremamente importante, perchè lo scambio di conoscenza all’interno di un’agenzia è fondamentale, ed è interessante poter pensare che questo avvenga non solo attraverso brainstorming o lo scambio quotidiano di idee, ma attraverso oggetti che noi aggiungiamo al sistema e che mettiamo a disposizione dei colleghi, perchè gli oggetti che noi scegliamo (o che a volte ci scelgono) parlano di noi, di quello che ci piace, di ciò a cui siamo appassionati. In sintesi dopo le ricerche di Keller [3] svolte tra i designers, si può affermare che questi collezionino oggetti e materiale visivo principalmente per 4 ragioni: 1. Come riferimento nel caso di materiali, cataloghi ed esempi di lavori. 2. Per catalogare ed archiaviare il proprio lavoro, come nel caso di fotografie o schizzi dei progetti 3. Come materiale per poter creare dei collages 4. Per farsi ispirare in nuove idee

[3] Ianus Keller, Forinspirationonly: Designer Interaction with Informal Collections of Visual Material, Delft Univeristy of Technology, 2005, p.28


ispirazione e creatività 15 In uno studio del 1983 svolto osservando 10 lavoratori in ufficio e il loro modo di utilizzare gli spazi, Thomas Malone afferma di poter dividere i lavoratori in “filers” e “pilers”, in pratica persone che tengono in ordine e quelle che accatastano in ufficio oggetti di ogni tipo. Dal suo studio, svolto per estrapolarne elementi utili per creare software da utilizzare all’interno degli uffici, Malone riporta che i “pilers” si descrivono disorganizzati e faticano a trovare documenti, mentre ovviamente i “filers” non hanno difficoltà a trovare documenti in modo rapido. Un altro studio sull’organizzazione delle zone di lavoro è quello di David Allen, raccolto nel libro Getting things done [4], dove si parla delle ripercussioni che possono avvenire in ambito lavorativo a causa degli oggetti e del disordine che può essere creato da questi nel posto di lavoro: in questo caso l’autore vede gli oggetti che popolano l’ambiente di lavoro come la causa maggiore di distrazione, stress e ansia ed elenca una specie di “decalogo” per organizzare gli oggetti e mantenere l’ordine sul posto di lavoro, ovvero: 1. Identifica tutti gli oggetti che nella tua vita non sono nel posto giusto. 2. Sbarazzati di tutti gli oggetti che non sono tuoi o dei quali non hai bisogno in questo momento. 3. Creati uno spazio personale che possa ospitarti nel tuo lavoro.

4. Cerca di mantenere costantemente le tue cose nel posto giusto 5. Organizza le tue cose in modo da non perdere tempo ed energia per cercarle. Ho personalmente qualche perplessità riguardo questo “decalogo dell’ordine in ufficio“, e si capirà il motivo nel capitolo 2 in cui descrivo la ricerca all’interno di 3 studi di design. Ci sono infatti opposte teorie sulla personalizzazione dei lughi di lavoro, e sulla creazione di un proprio “habitat“ all’interno degli uffici tramite l’uso degli oggetti. Secondo alcuni il luogo di lavoro non va toccato, in quanto oggetti, come foto o posters o giochi sopra la scrivania, potrebbero distrarre e portare ad una minore produttività. Al contrario molti altri credono che la possibilità di personalizzare il posto nel quale passiamo la maggior parte della nostra vita, porti ad uno stimolo maggiore, legato al sentimento dell’appartenenza a quel luogo. In un articolo di due psicologi del lavoro Alex Haslam e Craig Knight, Your place or mine?, viene marcato molto il concetto di responsabilità negli ambienti lavorativi. Infatti molti lavoratori modificano e personalizzano solo in parte i loro spazi perchè non è una faccenda che li riguarda, e secondo degli studi fatti all’interno di alcuni uffici inglesi, si è riscontrato che nei luoghi di lavoro più curati e personalizzati la produttività e la soddisfazione sono maggiori e il livello di stress è molto basso. Questo perchè nel momento in cui si lascia ad una persona la libertà di rendere più

[4] http://www.43folders.com/2004/09/08/getting-started-with-getting-things-done/


16 ispirazione e creatività confortevole il proprio spazio di lavoro, allo stesso tempo si fa una concessione, si afferma il senso di appartenenza al luogo stesso e il lavoratore si appropria del suo spazio personale che in modo implicito lo porta ad avere un maggiore senso di responsabilità nei confronti del lavoro che svolge; in pratica più noi ci sentiamo parte di una situazione, più veniamo coinvolti e cerchiamo di mantenere un ruolo primario in questa relazione, e così è anche per il rapporto lavoratore-spazio di lavoro-oggetti. In seguito a questo articolo pubblicato in internet i commenti dei lavoratori sono stati tra i più disparati. Lauren da Londra non considera importante personalizzare il proprio luogo di lavoro in quanto oggetti e fotografie potrebbero distrarla; Andy invece, tornato da un viaggio a Bangkok, afferma che l’atmosfera degli ambienti lavorativi thailandesi è molto rilassata grazie alla libertà concessa ai lavoratori di portare giocattoli, fotografie e qualsiasi oggetto nel proprio spazio lavorativo e sottolinea la positività di poter ricreare un’atmosfera “casalinga” in ufficio; Zoe, alla quale non viene concessa la minima libertà di creare un’atmosfera familiare nel proprio ufficio, è andata contro la regola “anti-decorazione” imposta dal suo capo mettendo una foto del fratello e del nipote, giusto per ricordarle che non è solamente un numero all’interno della compagnia per cui lavora. Ho citato questi studi perchè mi hanno fatto molto pensare, nel momento in cui dovevo decidere come potesse funzionare il sistema di

organizzazione degli oggetti all’interno di Inspiration Seeker: l’importanza di lasciare libertà di organizzazione dei propri oggetti all’interno del luogo di lavoro, o più in particolare degli studi di design che io ho preso in considerazione, era in contrasto con la mia idea iniziale di creare delle scatole di plastica trasparenti in cui i designers potessero catalogare e dividere i propri oggetti. Questa idea potrebbe essere positiva per chi come me ha bisogno di porre ordine tra le proprie cose, ma mi sono domandata in seguito se davvero per tutti gli utenti del mio sistema, sarebbe stato utile arrivare a questa standardizzazione nell’organizzare i propri oggetti. Come ci si renderà conto leggendo nel capitolo 2 riguardo la ricerca all’interno degli studi di design, è pressochè inutile cercare di obbligare all’ordine le persone, perchè ognuno ha un ordine mentale diverso e lavora in determinate situazioni, che si potranno valutare di ordine o disordine, a seconda se ci si senta a proprio agio o meno; l’importante quindi è stato rendersi conto che la cosa fondamentale non era ordinare gli oggetti all’interno degli studi, ma aiutare a rintracciarli nel momento in cui dovessere servire. Per questi motivi, come si vedrà nel capitolo 3, nasce l’idea di lasciare gli oggetti dove si trovano e tramite la tecnologia RFID e dei lettori di tag dotati di un’antenna, localizzarli rapidamente grazie ad una mappa virtuale dell’ufficio.

Nella pagina seguente alcuni “suggerimenti“ lasciati all’interno dell’ufficio creativo Invicta


ispirazione e creativitĂ 17


18 ispirazione e creatività

il valore degli oggetti e la serendipità La scelta di focalizzarsi sugli oggetti per la creazione di Inspiration Seeker, nasce dalla necessità di mantenere viva l’importanza della fisicità delle cose, che rischiamo di perdere con l’aumento della digitalizzazione. Questo non significa voler prediligere un campo rispetto all’altro, mettendoli in contrasto, non si tratta di porre la condizione mondo fisico e reale, contro quello virtuale, ma di integrarli grazie alle nuove tecnolgie, per non dimenticare che per l’ispirazione, e nel lavoro del designer più in particolare, non è importante solo la visualizzazione delle cose ma anche la parte più fisica legata al tatto. Di oggetti e della loro forza evocativa si occupa Durrell Bishop, che con queste parole, ci ricorda che una moneta porta con sè molti valori e propone, nel suo lavoro, di renderli visibili tramite la

fisicità delle tag. Ecco una moneta. Si, meccanicamente possiede alcune proprietà. È difficile da riprodurre; sta giusta in tasca. Ma ha altre 3 caratteristiche interessanti apparteneneti più che altro alla sfera sociale. Ha un valore; si, è scritto su di essa quanto vale e la sua taglia è data dalla forma, ma la vera idea del valore non è solo una questione fisica. Appartiene inoltre ad una determinata nazione. Ma soprattutto ha un proprietario; la sua proprietà è una cosa che diamo per scontata ma è definita sostanzialmente dalla distanza che c’è tra noi e la moneta stessa. La posseggo, è mia, se ce l’ho in tasca è mia. Se la sposto distante da me, ci si inizia a domandare chi sia il proprietario, solitamente riguardo ad una


ispirazione e creatività 19 moneta non pensiamo a tutte queste cose, ma al fatto che sia semplicemente una moneta. [5] Il lavoro di Durrell Bishop si focalizza principalmente sul rapporto tra gli oggetti e la loro “anima” virtuale, usando quindi sia gli oggetti fisici tridimensionali che le loro caratteristiche virtuali per definirne l’interfaccia. Una domanda che si pone Bishop è infatti: se le cartelle virtuali all’interno del computer ci rimandano ad un certo luogo in cui raccogliamo i dati, perchè non costruire un oggetto fisico che possa arrivare allo stesso risultato? La fisicità degli oggetti quindi offre al designer molte possibilità di rappresentazione, in quanto gli oggetti che usiamo tutti i giorni ci sono molto più familiari. Ho avuto la possibilità e la fortuna di parlare con Durrell Bishop di Inspiration Seeker, e il concetto che lui sottolineava non era solo l’importanza del rapporto che noi abbiamo con gli oggetti, ma anche la possibilità di poter condividere gli oggetti con le altre persone e di poterli “mandare“ agli altri nel momento in cui decidiamo che essi possano essere utili. Gli oggetti, avendo dei valori che spesso tendiamo a non tenere in considerazione perchè non andiamo a fondo nell’osservarli, possono, nel caso dell’ispirazione dei designers, poter tornare utili nel momento in cui si stia lavorando ad un determinato progetto; sappiamo che sono li e che possiamo utilizzarli nel momento opportuno.

[5] Durrel Bishop in Bill Moggridge, Designing Interaction, p. 543

[6] forinspirationonly, p. 141 [7] http://it.wikipedia.org/wiki/Serendipità

Sono circondata dalla mia collezione personale di immagini e oggetti, da cose che voglio siano a portata di mano nel caso mi servano, o che voglio guardare quando ne ho tempo; so che ci sono, sono nella mia testa e non ho davvero bisogno di averle tutte davanti a me. [6] In queste parole di Renate, raccolte da Ianus Keller durante le sue interviste a designers per lo sviluppo del progetto Forinspirationonly, possiamo riscontrare una sorta di casualità da parte dei designers nel guardare e utilizzare gli oggetti della propria collezione. Più che casualità possiamo parlare più specificamente di “serendipità”: Serendipità è - filosoficamente - lo scoprire una cosa non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un’altra. Ma il termine non indica solo fortuna: per cogliere l’indizio che porterà alla scoperta occorre essere aperti alla ricerca e attenti a riconoscere il valore di esperienze che non corrispondono alle originarie aspettative. [7] La serendipità è un punto fondamentale riguardo la ricerca dell’ispirazione e, come si vedrà nel paragrafo 1.3, è un concetto che sta alla base della fruizione delle immagini in Inspiration Seeker. Un flusso di immagini collegate agli oggetti, che crei un’atmosfera aperta verso l’ispirazione, deve sicuramente essere fruito in modo libero e casuale per portare il designer a fare delle associazioni mentali inaspettate. Predendo come riferimento lo studio di Kolli, Pasman e Hennessey del 1993, riguardo strumenti e


20 ispirazione e creatività tecniche che i designers utilizzavano per stimolare la loro ispirazione, e incrociandolo con i propri studi e l’osservazione di 6 studi di design, Ianus Keller giunge a delineare 6 punti importanti per la creazione di un possibile strumento per aiutare i designers nell’ispirazione: 1. Azione di collezionare Per molti designers la raccolta degli oggetti è fatta senza una specifica ragione, quindi l’aspetto importante non sta nella collezione stessa ma nell’atto del collezionare, nella raccolta graduale delle cose, un’attività per collezionare, nella un’attività sempre aperta, che non giunge mai ad una conclusione, vista la continua aggiunta di materiale. 2. Collezioni virtuali e fisiche di oggetti Si è notato che tra la collezione di immagini o video all’interno dei computers e le collezioni di oggetti fisici, c’è difficilmente una connessione tra questi due ambiti. 3. Serendipità Come accennato in precedenza la possibilità di fare “incontri“ inaspettati è un punto davvero importante per l’ispirazione, anche se secondo Keller è molto più facile che avvenga con gli oggetti fisici piuttosto che con le immagini virtuali, per questo motivo sarebbe utile uno strumento che permetta di ricreare situazioni di serendipità. 4. Interazione visuale Possibilità che uno strumento possa far navigare

il designer tra le collezioni visive. 5. Spezzare i ritmi lavorativi Come citato precedentemente nel paragrafo 1.2 riguardo gli studi di Malone, è importante lavorare in ambienti distesi, familiari e poter staccare quando se ne senta la necessità, spezzando i ritmi lavorativi a volte troppo stressanti 6. Valore sociale del materiale visuale La possibilità di scambiare la propria conoscenza riguardo il materiale visivo tra colleghi è un fattore importante per la creazione di un’atmosfera più attiva e aperta all’ispirazione.


ispirazione e creatività 21

i moodboards: strumenti d’ispirazione Pieter Jan Stappers, Ianus Keller e altri colleghi della Technische Universiteit Delft hanno studiato diverse varietà di strumenti e di interfacce riguardanti l’ispirazione. Un esempio su tutti è la creazione di un video collages che consiste nella combinazione di sequenze di immagini, video, suoni, e musica proiettati in una determinata area; il principale obiettivo di questo strumento è l’evocazione nel designer della presenza di un ambiente che lo possa ispirare. Quello che Strapper e Keller vogliono marcare è l’atmosfera che si crea attraverso questi strumenti. Molto spesso i designers tendono infatti a ricrearsi un ambiente visivo appendendo immagini, disegni e collage ai muri degli studi: quando, in seguito, l’interazione diventa più complessa, questi cominciano ad ordinare le idee tramite strumenti

più narrativi, che possano collegare attraverso un filo logico idee e pensieri, strumenti come gli scenari e gli storyboards. Nuovi strumenti e tecniche forniti dal computer per la visualizzazione delle immagini possono aggiungere flessibilità al processo iniziale di ispirazione, il processo di ideazione, la fase iniziale dove vengono visualizzate, discusse ed esplorate le idee. Il problema di questi strumenti però, secondo Strapper e Keller, è che possano fornire informazioni utili riguardanti, per esempio, colori o dimensioni di una determinata immagine, ma non creano un’atmosfera che possa stimolare la fase di ispirazione. Il fatto che Inspiration Seeker sia un sistema che si basa principalmente su un flusso di immagini che si possono controllare in modo parziale, e che


22 ispirazione e creatività il suo utilizzo possa essere pensato non solo per il computer ma anche per un touch screen installato all’interno di un’apposita stanza, è proprio legato all’idea di ricreare un’atmosfera che avvolga il designer nel momento dell’ispirazione. Riguardo la creazione di un’atmosfera, o un experience design come si usa nel campo del design dell’interazione, Tuuli Mattelmaki e Katja Battarbee esplorano nei loro studi l’uso di empaty probes [8] sostituendo le più comuni cultural probes. Le cultural probes, introdotte nel 1999 come nuovo strumento da utilizzare nel campo del design durante la fase progettuale, sono strumenti semplici che servono a raccogliere le informazioni dell’esperienza giornaliera del designer, come per esempio cartoline, adesivi, mappe, macchine fotografiche, diari, album fotografici, post it. Solitamente in caso di studi ed esperimenti, questi strumenti vengono raccolti in un kit e consegnati al soggetto, affiancandosi così all’usuale attività di riflessione e documentazione in fase di progettazione. L’idea più importante su cui si fondano gli studi di Mattelmaki e Battarbee sta nel vedere la figura del designer non come un soggetto anonimo ma come una persona con dei sentimenti: questo significa prendere in considerazione il contesto in cui il designer lavora, le sue azioni, i sentimenti, le attitudini e le aspettative. Le cultural probes sono però viste come metodi troppo teorici, mentre i designer sono solitamente influenzati da cose e oggetti concreti, che possono vedere e “sentire”. In fase sperimentale quindi, Mattelmaki e Battarbee,

hanno attuato le loro empaty probes, non fermandosi alla sola raccolta di esperienze tramite i risultati delle cultural probes, ma integrando queste ultime con interviste e sperimentando degli strumenti creativi, come la composizione di foto album e di collages, affiancati però da un’intervista per capire in modo più chiaro il significato di tali composizioni. I collages in particolare furono uno strumento di espressività molto dinamico a livello emozionale: attraverso il collage le persone ricreano sentimenti e situazioni personali, come le relazioni sociali, la loro visione della natura, ciò che gli piace, ecc... e l’interpretazione quindi di immagini singole risultava sbagliata, perchè dovevano essere lette nel contesto più ampio del collage. In un’articolo intitolato “Creativity (unrelated edges)”, vengono elencati una serie di suggerimenti per stimolare la creatività anche nelle fasi di lavoro più stressanti: distrarsi raccogliendo oggetti che potrebbero tornare utili, giocare, prendere nota di tutti i concetti che emergono dai brainstorming e creare dei collages. Si suggerisce di creare un file di Phtotoshop e inserire in modo abbastanza casuale colori, immagini che ci vengono in mente, forme, caratteri, ecc... in modo abbastanza illogico senza cercare una soluzione del problema, ma giocando con questa raccolta di immagini combinandone gli elementi. Visto che in questo articolo si suggeriva l’utilizzo di Photoshop, in quanto strumento tra i più utilizzati nel campo del design, mi sono chiesta se ci fossero softwares o sistemi specifici per la creazione di collages, strumenti che dessero la possiblità

[8] Tuuli Mattelmaki e Katja Battarbee, “Empathy Probes”, Department of Product and Strategic Design, University of Art and Design, Helsinki


ispirazione e creatività 23 di fare un upload di immagini o anche video e permettessero di modificarle. Ecco i più interessanti emersi dalla mia ricerca:

FLIP [www.flip.com] Sito web che permettere di realizzare strisce di collages inserendo immagini, video e musica sia dal proprio computer, sia da una libreria interna al sito. Una volta inserite le immagini tramite drag and drop si possono modificare tramite una palette di strumenti, disegnando, inserendo stickers e note, links di siti alle parole inserite e gestire una serie di effetti come il blur o l’opacità degli elementi inseriti. Per accedere al servizio bisogna crearsi uno user name e una password e il sistema offre la possibilità di salvare i propri lavori, vedere i lavori degli altri e accedere ad una community.

PHOTOBOT [www.nodebox.com] Costruito tramite la librearia PIL, Phyton Imaging Library, che utilizza il linguaggio di programmazione Phyton, Photobot implementa programmi di gestione di immagini come Photoshop, dando la possibilità di creare uno spazio trasparente e aggiungervi immagini in livelli diversi: le immagini si possono ruotare, scalare, distorcere e rovesciare, applicare dei filtri e usare gradienti diversi. Utilizza la libreria di immagini Photobjects, un enorme database di immagini PNG che si possono ricercare attraverso l’utilizzo di parole chiave. Questo è di sicuro uno strumento per creare collages di immagini più avanzato rispetto a Flip. com, con un target diverso, rivolto a chi conosce la programmazione, e anche i risultati, come si può


24 ispirazione e creatività vedere nelle immagini qui sotto, sono nettamente diversi, di sicuro più “artistici“.

FLICKR TOYS (bighugelabs.com/flickr) Una serie di rapide applicazione che flickr.com offre per la creazione di composizioni di immagini che si possono inserire direttamente dal proprio account Flickr o dal proprio computer. Alcuni esempi sono: Hockneyizer Ispirato ai collages dell’artista David Hockney, permette di spezzare un’unica immagine creando frame diversi, sia simulando l’effetto polaroid, sia un effetto mosaico con immagini al vivo. Warholizer Ispirato invece ai famosi quadri pop di Andy Wharol, permette di creare da una singola immagine un quadro con immagini dai cromatismi

diversi e con appunto l’effetto delle stampe serigrafiche di Warhol. Mosaic Maker Permette di creare un mosaico di immagini scegliendo righe e colonne: è molto interessante per quanto riguarda la creazione di moodboard, in quanto ci si può creare una tavola tematica diversa raccogliendo immagini sia dal proprio computer che dal proprio account di Flickr.


ispirazione e creativitĂ 25

Mosaic Maker

Warholkizer

Hockneyzer joiner

Hockneyzer polaroid

Hockneyzer joiner

Hockneyzer polaroid


26 ricerca

ricerca visita a tre studi di design La decisione di visitare 3 agenzie di design e grafica è stata molto positiva per la definizione del progetto stesso, in quanto mi sono resa conto visivamente e anche fisicamente di come si lavora in uno studio di design, di come ci si rapporta con spazi ed oggetti all’interno dello studio e ovviamente di come ci si suddivide il lavoro e ci si relaziona con i propri colleghi. Per le visite agli studi la preparazione consisteva in una serie di domande suddivise principalmente in 3 aree: 1. Rapporto con tecnologia e software anche in ambito di organizzazione del lavoro, non solo per la parte progettuale 2. Organizzazione del lavoro, dalla richiesta del cliente fino alla consegna del progetto finale

3. In che modo ci si rapporta con il proprio lavoro, come nascono le idee e come si gestisce il rapporto creatività-tempo La visita si focalizzava poi nell’osservazione dell’ambiente, dell’organizzazione degli spazi e degli oggetti: in questa relazione-diario di osservazione dei 3 studi di design riporto inoltre una serie di fotografie che documentano l’ambientazione degli studi visitati.

STUDIO CAMUFFO

[www.studiocamuffo.com] Il primo studio visitato è stato lo Studio Camuffo, studio di grafica con sede a Venezia diretto da


ricerca 27 Giorgio Camuffo.

Ambiente Lo studio, formato da 7 persone, è situato al secondo piano di un palazzo veneziano, ed è un open space illuminato da ampie finestre suddiviso in 3 zone da librerie metalliche colme di libri, cataloghi, dvd, videocassette, colori, ecc... Alle pareti ci sono manifesti, foto, un calendario, stampe, alcuni quadri appoggiati in terra e il tavolo in cui è in svolgimento una riunione riguardante un progetto è colmo di disegni, prove di stampa, libri inerenti al progetto stesso.

Organizzazione del lavoro È difficile fare un’intervista vera e propria mentre è in corso una riunione, però Giorgio Camuffo mi invita ad assistervi e mi siedo con il mio libro degli appunti per osservare e cercare di estrapolare le cose che avrei voluto domandare riguardo l’ organizzazione del lavoro. Al tavolo ci sono Giorgio Camuffo e Michela Miracapillo, assistente che si occupa della parte organizzativa, dei contatti, delle riviste e di scrivere testi; la riunione si svolge per la coordinazione formale di diversi progetti e il brainstorming per una mostra che si dovrà tenere a Venezia prossimamente. Camuffo infatti ad un certo punto telefona per un’illustrazione del manifesto della mostra e inizia a disegnare quello che vuole esprimere attraverso il manifesto. In generale comunque si fa il punto della situazione sui progetti in corso, si prendono appunti, si disegna, si telefona e si chiedono informazioni anche ai 3 grafici che stanno lavorando al computer; chiedo

se le riunioni vengono programmate o se si fanno quando ce ne sia bisogno, mi rispondono che quando se ne sente la necessità ci si aggiorna, ma non è una cosa formale o giornaliera, si parla con chi in quel momento segue un determinato progetto. Dopo la riunione mi avvicino all’assistente e domando se usano applicazioni particolari per organizzarsi nel lavoro: le due cose che vengono utilizzate anche se saltuariamente sono delle schede riguardanti il progetto e il cliente, e Ical, l’applicazione di calendario-agenda di default nel sistema Mac OS del Macintosh.

Oggetti Lo studio è ricco di input visivi, grazie a libri, riviste, cataloghi, manifesti, scatoloni, targhe e oggetti di ogni sorta: passeggio, osservo, scovo cataloghi interessanti, mi rendo conto alzandomi dalla sedia che il tavolo delle riunioni è in realtà un tavolo da ping pong, guardo le scrivanie, l’ordine non regna con l’eccezione per una scrivania i cui oggetti sembrano essere stati posti e assemblati con squadra e righello. Mi soffermo ad osservare gli oggetti, soprattutto quelli di fianco alla postazione di lavoro dei grafici: noto un catalogo aperto, una mazzetta di pantoni, una rivista, un pacco di biscotti e gli onnipresenti post-it, solitamente attaccati agli schermi dei computers. Domando poi direttamente a Camuffo se nello studio raccolgono appunti e schizzi o errori, e mi risponde che tempo fa tenevano molti errori di stampa, perchè dagli errori nasce sempre qualcosa di inaspettato, ma ora ne collezionano meno, “dovrebbero essere in una scatola da qualche parte


28 ricerca ma in questo momento non saprei bene dove”.

Impressioni generali L’ ambiente è sicuramente stimolante dal punto di vista visivo, il caos di oggetti e libri sparsi per lo studio è coperto in parte dalla grandezza degli spazi: penso che se fossimo in un luogo più piccolo e raccolto la miriade di oggetti qui presenti ci sommergerebbe, ma forse ci sarebbe più ordine proprio per questa sensazione.

Dall’alto: il tavolo da ping-pong dove si svolgono le riunioni, gli scaffali metallici che dividono a zone l’open-space, una statuina sopra ad una scrivania tra colori e cavi.


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DESIGNWORK

[www.designwork.it] Designwork è uno studio di grafica che nasce a Udine nel 2002 dalla collaborazione tra Artemio Croatto e Roberto Barazzuol con altri 7 collaboratori; tra i clienti di cui cura immagine e cataloghi ci sono Foscarini, Fantoni, Moroso, Tacchini, Tisettanta.

Ambiente Lo studio è ampio e luminoso, una stanza unica con all’interno una sala riunioni con pareti vetro dalle quali si intravede la zona in cui lavorano Artemio Croatto e Roberto Barazzuol fianco a fianco; una libreria alle loro spalle divide la zona in cui lavorano altri 4 collaboratori uno di fronte all’altro. Michele, assitente e amministratore, in seguito al mio entusiasmo riguardo l’open space, afferma che effettivamente “lo studio così aperto è positivo, perchè sento ciò che devo fare prima che me lo vengano a chiedere, ma purtroppo a volte ci si disturba, soprattutto per le telefonate“.

Organizzazione del lavoro Mi accoglie Artemio Croatto con un caffè e inizia l’intervista, in cui mi racconta in modo dettagliato come funziona lo studio e come nasce un progetto, dalla richiesta del cliente fino alla presentazione del lavoro finito. Il lavoro non è metodico ma ben organizzato, si cerca di fare una riunione ad ogni inizio settimana, per discutere dei progetti e del loro sviluppo: le persone che lavorano e collaborano sono 8-10, solitamente viene seguito un

progetto a testa, a meno che non si tratti di lavori complessi o del Salone del Mobile di Milano, per il quale lavorano ogni anno, in questo caso ci si impegna tutti sullo stesso progetto. Di solito è il cliente che contatta lo studio, la clientela in questo caso è infatti fissa e il rapporto è molto familiare; dopo un brief con il cliente si inizia a pensare il progetto, e in questo momento Croatto parla della ricerca dell’ispirazione. Parla di una ricerca, dentro a se stessi ovviamente, che rispecchia gli anni di esperienza nel campo, ma anche una ricerca esterna tra i libri sia reali che virtuali. Mi porta al suo computer e mi mostra dei siti e molti blog al quale è affezionato, che “sfoglia“ ogni giorno e afferma che “è come viaggiare ogni giorno in luoghi diversi“: www. showstudio.com, un blog che è un mix tra fashion, interior design e fotografia, www.atypyk.com un sito che vende prodotti di design per la casa molto particolari e strani, www.gagosian.com il sito web della famosa galleria di arte contemporanea. Domando quindi se oltre alla ricerca web dell’ispirazione, o dell’input creativo come lo si voglia chiamare, nello studio tengano oggetti, errori di stampa, disegni, schizzi, cose quindi concrete da prendere in mano e alle quali “appellarsi” nei momenti in cui l’ispirazione sembra venire meno. Croatto risponde che tempo fa, agli inizi del suo lavoro, si tendeva a tenere tutto, dai pezzi di carta agli errori di stampa, alle fotografie, perchè c’era più “manualità“ nel fare le cose, il computer non c’era e quando arrivò non veniva usato in modo così “massiccio“, quasi ossessivo come si fa oggi perchè la priorità era la carta: uno dei primi


30 ricerca portfoli di Artemio Croatto, visto ad una sua lezione, era una raccolta di polaroid dei suoi lavori su cartoncini neri. Una volta avviato il progetto si fanno delle riunioni per discuterne, si contattano traduttori per i testi, il fotografo per le immagini poichè gran parte del lavoro svolto da Designwork riguarda cataloghi di prodotto. Fatte delle prove di stampa si va dal cliente per un incontro finale, in seguito del quale si apporteranno le ultime modifiche. Artemio Croatto mi parla del rapporto che ha con le nuove tecnologie e mi fa capire che è anche per questo che ormai si tende a non tenere tutti gli oggetti che capitano sottomano, c’è il web ed è una biblioteca enorme, anche se nel lavoro, soprattutto in questo studio, la carta ha sempre la priorità; sottolinea quindi il grosso interesse che ha verso i weblogs [9], per l’aspetto sociale e per l’immediatezza di questi mezzi, nonostante non si sia mai occupato e non sia molto interessato al web design.

infatti i grafici lavorano con libri aperti con pagine segnalate da pezzi di carta, post it e appunti, prove di stampa, confezioni e scatole come esempi di packaging; c’è inoltre un tavolo-esposizione con sopra i cataloghi creati dallo studio e i lavori fatti dagli studenti del corso di design allo IUAV di Treviso, al laboratorio in cui Artemio Croatto insegna Comunicazioni Visive.

Impressioni generali Non riesco ad immaginare lo studio senza essere popolato da questi oggetti e noto soprattutto che molti di essi rispecchiano la grafica pulita e minimal che caratterizza i lavori di Designwork: l’album Persuasive Percussion con la copertina disegnata da Josef Albers, una televisione Nordmende arancione anni 60, un libro di fotografie di Robert Capa e moltissimi libri di arte, scultura e fotografia.

Oggetti Faccio quindi un giro per lo studio, mi inoltro nella sezione biblioteca, zeppa di libri e cataloghi che spaziano dalla fotografia all’arte al design al packaging, noto pile di libri anche per terra, lungo il corridoio: l’ordine dello studio era solo apparente grazie agli interni minimal e molto chiari, osservando bene la disposizione degli oggetti ci si rende conto che anche in questo studio, come nel precedente, si lavora nel “disordine”, anche se solo apparente, perchè ogni catalogo od oggetto occupa uno spazio preciso per un motivo. Anche qui

[9] Questo per esempio ha portato Artmio Croatto a creare un blog, il “blackblog”, per tenere aggiornati i suoi studenti del corso di Comunicazioni Visive alla laurea triennale di Design del Prodotto allo IUAV di Treviso (http://cladis-croatto-2007.blogspot.com/)


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Dall’alto: al lavoro nel retro dello studio, cataloghi in esposizione, libri sul pavimento Alcuni scatti di libri, cataloghi e nella prima foto al lavoro tra libri e packaging


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INVICTA

[www.invicta.it] L’ultimo studio visitato è stato Invicta a Montebelluna nella sede Diadora-Invicta di Caerano San Marco: qui ci si occupa della grafica, dei cataloghi e dell’immagine Invicta, ma anche della grafica per zaini e sportsware; si tratta di una sede nuova, da poco dislocata in uno stabile diviso dal resto dei fabbricati. Sono molto interessata a questo studio perchè ci si occupa nello stesso luogo di settori molto vari, non solo di grafica per gli zaini, ma anche dei materiali, dei cataloghi per presentare le linee e quando mi accoglie Elisabetta Marcolongo, R&D Manager per Invicta, è una delle prime cose che precisa: si collabora con l’ufficio al piano superiore che si occupa di comunicazione e amministrazione, ma tutta la parte progettuale viene fatta nell’ufficio in cui mi trovo.

Ambiente Elisabetta Marcolongo mi fa entrare nell’ufficio e mi spiega che la sede è stata da poco inaugurata e di aver insistito molto perchè venisse creato un open space, fondamentale secondo lei per comunicare al meglio e tenersi sempre aggiornati riguardo le cose anche senza dirsele direttamente. C’è quindi lo studio, che è formato da un’unica stanza con 3 spazi di lavoro, e una stanza sulla destra nella quale si lavora sulle collezioni, si fanno brainstorming e riunioni. In questo momento la stanza è invasa dai guanti della nuova collezione per la stagione invernale, due ragazze li stanno

dividendo attaccandoci sopra dei post it, in vista del nuovo catalogo. Noto delle tavole nere alle quali sono appese immagini di zaini con i prezzi ad essi collegati, e collages con immagini di tutti i prodotti creati da Invicta, ne sono incuriosita ma aspetto a domandare di cosa si tratta.

Organizzazione del lavoro Elisabetta Marcolongo è molto energica e prima che le ponga delle domande vuole precisare come si svolge il lavoro all’interno di Invicta, e mi spiega i passaggi che avvengono dalla nascita dell’idea di un prodotto, fino al lancio della collezione, passando per fornitori, commerciali e consulenti; si aiuta disegnando una mappa con i passaggi. Faccio alcune domande sulla parte creativa, per esempio come ricerchino le idee per la grafica degli zaini o per le linee in generale e mi spiega che Invicta è abbonata ad un sito web che rivela dettagli e tendenze delle future stagioni della moda, una specie di “cool hunter” virtuale. Vado quindi a parlare con che si occupa della parte creativa e domando come si svolge la ricerca di ispirazione e lo studio del progetto; affermano che, dovendosi occupare di moda a tendenze, osservano molto le persone per strada, sfogliano giornali specializzati e osservano parti di materiali che hanno in ufficio dentro a delle scatole, vanno a delle fiere del settore e inoltre fanno riferimento al sito di cui mi parlava precedentemente, Elisabetta Marcolongo, nel quale vengono raccolte le ultime tendenze nel campo della moda. Domando anche che cosa siano le tavole con i collages che riempiono la stanza delle riunioni,


34 ricerca Eleonora Bado, creativa che si occupa sia di grafica che di prodotto, mi accompagna a vederle e mi spiega che lei e i suoi colleghi utilizzano molto questo metodo quando devono occuparsi di una collezione intera, altrimenti perderebbero di vista il lavoro complessivo. Penso sia davvero interessante, un modo di fare brainstorming molto “tattile”, con pezzi di carta che ognuno può tagliare, spostare, attaccare e sui quali discutere: spostare fisicamente le cose, invece che parlarne solo a voce, rafforza di sicuro sia l’attenzione che la memoria sul progetto a cui si sta lavorando. Mi spiega inoltre che il collage che stiamo osservando riguarda la nuova collezione che si estende a tutti i prodotti Invicta, dal settore montagna, alla scuola, fino all’ufficio; la tavola si sviluppa in 2 direzioni, verticale e orizzontale. In verticale ci sono quindi i settori: viaggi, montagna, 1 giorno di trekking, scuola, lavoro e accessori. In orizzontale si sviluppa il target di persone a cui si rivolge il prodotto, dallo sportivo di montagna alla persona che vive in città. Eleonora conclude quindi che il lavoro sulla collezione si svolge attraverso l’incrocio di queste caratteristiche, e il loro obiettivo è quello di trovare lo zaino o borsa giusta per la tipologia di persona di riferimento.

Oggetti L’ufficio è ricco di oggetti, molto “vissuto” e parecchio in disordine (tanto che il manager spesso lascia sulle scrivanie post its in cui chiede di tenere in ordine, ma Eleonora mi confessa che nessuno di loro ha tempo e voglia di farlo e anche se capita dopo poco è già tutto come prima: c’è davvero di

tutto, una lavagna in cui vengono appese delle cartoline, fotomontaggi dei colleghi attaccati ai muri, cataloghi, gli immancabili post it e le mazzette Pantone, un cactus di plastica gigante, prove di stampa, pezzi di materiali sopra alle scrivanie che i ragazzi osservano e toccano mentre lavorano, dei box con la grata di ferro con degli zaini dentro. E’ interessante vedere come anche nelle piccole cose, per esempio un adesivo attaccato ad una maniglia, l’ufficio sia stato personalizzato da tutti, ognuno ha apportato la propria modifica, ha


ricerca 35 contribuito con una cartolina o un gioco: Eleonora mi mostra che ha appena comprato dal sito web www.pups.it una bambolina sulla quale si può disegnare l’umore del giorno.

Impressioni generali In questo ufficio ho notato un’atmosfera distesa, molto aperta alla comunicazione, sia grazie agli spazi condivisi tra colleghi, sia all’apertura delle persone che vi lavorano; l’ambiente informale e la possibilità di renderlo familiare credo sia fondamentale per lavorare in modo disteso e questo studio ne è l’esempio; nonostante l’elevato numero di oggetti presenti sulle scrivanie non ho notato persone distratte o poco attente, anzi ognuno era completamente immerso nel proprio lavoro, con a fianco i pezzi di materiale, lo zaino o il catalogo a cui fare riferimento.

Al lavoro tra guanti, scatoloni e materiali e alcune immagini della tavola di collages usata per lo studio della nuova collezione. Nella pagina precedente: mappa dell’organizzazione del lavoro disegnata da Elisabetta Marcolongo, R&D Manager.


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In questa pagina: oggetti e fotomontaggi dei colleghi. Nella pagina precedente: cartoline e posters appesi alle pareti e una veduta dell’ open space Invicta.


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una ricerca tra gli studenti di design In una seconda fase di ricerca ho mandato un’ email agli studenti del corso della laurea specialistica in Comunicazioni Visive e Multimediali dello IUAV di Venezia, spiegando in modo generico il progetto, per non influenzarne le risposte, e chiedendo principalmente se per i loro progetti si ispirassero ad oggetti reali o se più in generale raccogliessero oggetti, chiedendo di spiegare la tipologia di oggetti raccolti e le motivazioni. Molte risposte erano accompagnate da esempi di oggetti, solitamente quelli a cui le persone erano più legate o che ritenevano particolarmente “ispiratori“, legati a delle parole chiave che richiamaessero l’oggetto stesso. Un esempio su tutti, la risposta di Marco riguardo un fermacarte magnetico a forma di cane al quale allega 5 parole chiave.

PIDU CANE GRASSO FELICE GIALLO La cosa interessante che ho riscontrato nelle risposte in cui venivano inserite delle parole chiave riguardanti gli oggetti, è stato il modo personale con cui le persone li descrivono tramite una parola, molto spesso si tratta di sentimenti, come per esempio FELICE nel caso del fermacarte di Marco. Questo sottolinea il potere evocativo degli oggetti, e quanto le persone siano legate ad essi: gli oggetti ci parlano, ci raccontano la loro storia, da dove vengono e per quale motivo li possediamo, e questo è un fattore fortemente emozionale.


ricerca 39 Le risposte a questa ricerca sono state molto diverse, ma ho riscontrato che la maggior parte degli studenti raccoglie oggetti come fliers, cartoline, ritagli di giornale, cartelline con schizzi e disegni, foglie e pezzi di stoffa e tela dai quali ricavare textures, diverse tipologie di carta, ma anche libri e riviste ai quali si è particolarmente legati e che ogni tanto si aprono e si sfogliano. Un altro punto interessante che ho riscontrato è la fruizione periodica degli oggetti, spesso messi da parte, ma che la nostra memoria non ha cancellato: sappiamo che ci sono, che possiamo andare a prenderli in qualsiasi momento, come affermava Renate, il designer intervistato da Ianus Keller nella fase di ricerca del proprio progetto. Per quanto riguarda l’utilizzo delle parole chiave, ho notato un’atteggiamento positivo, perchè viste come input per arrivare a qualcosa: Anna, per esempio, afferma di utilizzare questo metodo nel sito www.gettyimages.com, dove inserisce parole chiave per avere un riscontro visivo, per vedere cosa ne esce, come inizio per una possibile ispirazione. Questo fatto è molto legato alla casualità e alla serendipità, come già accennato precedentemente, e sta a noi saper cogliere gli elementi giusti, saper vedere le cose. Un elemento, inoltre, che accomuna queste risposte è la quasi completa disorganizzazione nel raccogliere gli oggetti: solitamente si tende a raccogliere materiale cartaceo in cartelline e gli oggetti veri e propri, se non sono sparsi per delle stanze, vengono raccolti in scatole o scaffali; c’è chi dopo aver raccolto cose le scansiona, se è materiale cartaceo, e le assembla rapidamente in

un foglio vuoto di Illustrator o Photoshop. Una richiesta che spesso mi è stata fatta a riguardo è stata proprio sulla possibilità di dividere gli oggetti per categorie personalizzabili per poterli ritrovare facilmente. La soggettività del tema è un altro elemento da tenere in considerazione, sia per quanto riguarda l’utilizzo o non utilizzo degli oggetti, sia per quanto riguarda l’uso delle parole chiave: definire un mio oggetto con, per esempio, 5 parole chiave è molto soggettivo. Ho una ranocchia di metallo verde che fa un rumore assordante e le mie parole chiave sono: VERDE ASSORDANTE NATURA METALLO GIOCO Una cosa che mi è stata fatta notare riguarda la parola ASSORDANTE: per me questa ranocchia è davvero chiassosa, ma a qualcun altro il suo suono potrebbe piacere e non metterebbe mai la parola chiave ASSORDANTE tra le 5. Ecco quindi che risulta interessante vedere anche il modo in cui le altre persone “taggano“ gli oggetti, perchè usano determinate parole chiave e se esse siano legate all’ oggetto stesso, o al luogo da cui proviene, o chi lo ha loro donato. Raccogliendo le risposte, per aiutarmi a focalizzare gli elementi importanti, ho realizzato una mappa, in cui ho scritto frasi che mi hanno colpita rispetto alle domande fatte oppure i “profili“ delle


40 ricerca persone a seconda delle risposte: ci sono infatti coloro che portano a casa tutto con il pensiero che in un futuro possa tornare utile (li ho chiamati “trash collector” e io sono tra questi!), oppure persone che non raccolgono nulla, che sono infastidite dall’ essere attorniate di cose e che per pensare hanno bisogno di una stanza vuota. Nella mappa riportata nella pagina seguente, simile ad una “tag cloud” [10], le frasi visualizzate grandi non sono le risposte più frequenti, ma quelle da me ritenute più interessanti in vista dello sviluppo del progetto; le parole cerchiate in azzurro sono quelle che più si identificano con l’idea di Inspiration Seeker.

[10] Il tag cloud è una rappresentazione visuale di una lista di tag, ad esempio di un blog o di un sito. La particolarità del tag cloud è che ogni tag appare una volta sola e con una grandezza proporzionale al numero di volte in cui compare nel contesto. Esempi nel web : www.flickr.com, http://del.icio.us/


ricerca 41

fotografie

cartelline

ritagli di giornale

ordinare

in modo rapido

interesse verso altri modi di “taggare“

disegni

appunti

testi

collages

bisogno di

posters

incrociare

cartoline

materiali fisici e digitali

libri

azioni rituali di momenti precisi

butto tutto

musica

troppe cose mi confondono

catalogare gli oggetti

categorizzazione soggettiva

per ordinare le idee

“spesso mi ispirano cose che sempre avuto sotto il naso“

“trash collector“

materiali foglie per textures

stoffe e tele carte diverse


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progetti esistenti Forinspirationonly In questo progetto di tesi di dottorato alla Delft University of Technology, portato a termine nell’ottobre del 2005, Ianus Keller presenta un sistema di raccolta di immagini digitali a partire da oggetti, e in particolare immagini, che i designers raccolgono come fonte di ispirazione. Le due principali domande che si è posto Ianus Keller nella fase di ricerca del progetto sono: come i designers utilizzano le loro collezioni di materiale visivo? E come le nuove tecnologie possono aiutare i designers ad interagire con il materiale visivo da loro raccolto? Dopo una serie di ricerche, di “cultural probes” realizzati su 4 designers, di studi sui video-collages e di prototipi, Ianus Keller ha definito il progetto con la realizzazione di un Cabinet, ovvero un

tavolo interattivo dotato di un sistema di registrazione che permette di impressionare qualsiasi immagine o oggetto vengano posti su di esso; una volta registrate le immagini si posso raccogliere e suddividere per categorie con una penna attraverso un movimento di trascinamento. L’efficacia di questo progetto sta sicuramente nell’immediatezza con cui si possono registrare immagini e oggetti che vengono posti sul Cabinet, la digitalizzazione immediata di qualsiasi oggetto che venga posto sotto il raggio della camera di registrazione. La cosa molto interessante è inoltre la possibilità di creare un rapido archivio digitale degli oggetti fisici, per poterli registrare velocemente ed inserire in un database, proprio come stessimo parlando di una biblioteca, e poter recuperare gli


ricerca 43 oggetti che ci interessano dopo averli cercati nel sistema di ricerca. Questo sistema di digitalizzazione porta però, secondo il mio parere, a perdere di vista il lato fisico degli oggetti e quindi ad una perdita di potenzialità di questi; è infatti questo un punto fondamentale che anima l’idea di Inspiration Seeker, ovvero la possibilità di utilizzare gli strumenti digitali per arrivare comunque ad avere l’oggetto fisico sopra al proprio tavolo (ovviamente per quanto riguarda gli oggetti presenti all’interno del proprio studio). Se nella fase di ricerca dell’ispirazione, con Inspiration Seeker, abbiamo un flusso di immagini digitali che in un certo senso crea l’atmosfera, la predisposizione alla fase creativa, una volta che riteniamo che quell’ oggetto faccia al caso nostro e ci potrebbe essere utile per il progetto sul quale stiamo lavorando, non ci resta che cercarlo nella mappa virtuale della nostra agenzia ed andare fisicamente a prenderlo, portarlo sopra la nostra scrivania e osservarlo. La parte fisica è fondamentale, il poter toccare, osservare le sfumature e i materiali con cui gli oggetti sono fatti, in particolar modo se stiamo parlando di design del prodotto nel quale i materiali sono una parte fondamentale del processo creativo.

Tech box all’ IDEO All’interno delle sedi di IDEO, il noto studio di design, è stato realizzato un sistema di archiviazione che è una combinazione tra una biblioteca, un

Si tratta di una raccolta di oggetti, nuove tecnologie e materiali che vengono inseriti di volta che ci lavora ad un progetto, permettendo all’IDEO di creare un vasto archivio che raccolga tutta l’esperienza accumulata attraverso i contatti con


44 ricerca grandi aziende e poter così condividerla con le altre sedi di IDEO dislocate nel mondo. Funziona esattamente come una vera e propria biblioteca, con un responsabile dell’inserimento degli oggetti: consiste in una serie di ampi cassetti che contengono meccanismi, oggetti tecnologici, materiali di vario tipo. Ad ogni pezzo viene attaccata un’etichetta con un codice per poter essere poi ritrovato grazie ad un sistema intranet all’interno di IDEO: ogni oggetto avrà nome, specifiche prezzo e in alcuni casi note riguardanti l’utilizzo nel caso fosse stato impiegato per altri progetti.

La memoria degli oggetti Il progetto [11], realizzato dagli studenti dell’ Interaction Design Institute Ivrea, con l’aiuto di Irma Castiglioni, Antonella Gornati e Dianella Gobbiato, in occasione del Salone del Mobile di Milano del 2005, si propone di raccontare storie ed esperienze tramite gli oggetti dello studio di Achille Castiglioni e dei fratelli Livio e Pier Giacomo, facendo scegliere al visitatore un oggetto come interlocutore, per scoprire i passaggi e i processi che ne hanno definito la creazione. Il progetto si sviluppa all’interno dello studio attraverso tre installazioni a tema e tramite un sito web sull’attività di Castiglioni, un vero e proprio archivio digitale delle opere. Le installazioni riguardano tre oggetti per tre spazi: in ciascuna delle scene, i luoghi più

significativi dello studio come il tavolo di Castiglioni, l’atelier dei disegnatori, l’archivio dei prototipi, e tre oggetti esemplari, il sedile Sella, le cuffie per traduzione simultanea, la lampada da tavolo Gibigiana diventano le “ guide “ del visitatore in questo percorso all’ interno dello studio, raccontando di una fase del proprio processo creativo e produttivo con differenti modalità. I luoghi fondamentali dell’installazione riguardano il tavolo di lavoro di Castiglioni, il laboratorio e l’archivio dei prototipi, le tecnologie utilizzate sono la video proiezione, il videotracking e le RFID tags. Sul tavolo in cui Castiglioni lavorava e si riuniva sono raccolte le informazioni complessive sul progetto dell’allestimento e sul sito web realizzato, oltre all’interruttore rompitratta disegnato

[11] http://projects.interaction-ivrea.it/e1/castiglioni/siteprototype_ver02/ITA/index.htm


ricerca 45 nel 1968 che viene utilizzato come dispositivo per attivare un video introduttivo che viene proiettato direttamente sul tavolo. Nel laboratorio sono conservati all’interno dei faldoni tutti i disegni relativi alla progettazione degli oggetti: l’obiettivo è quello di dare al visitatore uno strumento per scoprire cosa contengono le scatole relative ai tre oggetti riguardanti l’installazione; toccando uno dei tre contenitori si attiva una videoproiezione che coincide con il piano del tavolo. I tre oggetti campione sono dotati di tag RFID, possono essere posati in corrispondenza di un sensore collocato sul tavolo di lavoro della sala dove sono conservati i prototipi: si attiva così una narrazione in videoproiezione che racconta le fasi di sperimentazione sui materiali e le forme.

esposizione leggendo le tag attaccate agli oggetti tramite un’apposita antenna e vedendo quindi video ad essi collegati. Questo progetto è diventato poi Ciccio (Curiously Inflated Computer Controlled Interactive Object), un’ installazione interattiva e itinerante.

The Portable Museum Kit Realizzato da Daniele Mancini del Design Institute Ivrea, si tratta di un museo portatile [12], inserito in uno zaino, piegevole, modulare e flessibile. Il kit è costituito da: una superficie gonfiabile che si può usare come campo base e superficie espositiva; un sistema tecnologico basato su tags RFID; un computer portatile; una macchina fotografica e una telecamera; il sistema operativo Portable Museum. Il museo portatile si basa sulle esperienze quotidiane: video o tracce audio vengono raccolti nei luoghi visitati e vengono messi in relazione con gli oggetti dotati di tag RFID tramite un database. Durante l’ esposizione finale viene montata un’installazione dove si mostra una selezione degli oggetti raccolti; i visitatori possono fruire dell’

[12] http://www.interaction-ivrea.it/theses/2003-04/theportablemuseumkit/


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Durrel Bishop: sperimentazioni sugli oggetti Durrell Bishop, del quale ho già parlato precedentemente a proposito del valore degli oggetti, ha fatto molti esperimenti usando un sistema di tag RFID implementato sugli oggetti: un esempio è quello di dare ad un oggetto dotato di una tag RFID una determinata funzione, facendo in modo che avvicinandolo ad un’antenna, provocasse un output. Utilizzando, per esempio, una rana di plastica come rappresentazione di un amico e avvicinandola allo schermo del computer, questa apriva direttamente la finestra per spedire un’ e-mail all’amico che rappresentava.


inspiration seeker 47

inspiration seeker cos’è inspiration seeker Inspiration Seeker è un sistema pensato per studi di design di piccola-media dimensione, con un numero di persone che varia dalle 5 alle 12. Si tratta di un’applicazione collegata ad un sistema di riconoscimento tramite tag RFID implementate direttamente sugli oggetti grazie a degli adesivi pre-stampati dotati di una tag RFID: ogni adesivo è vuoto e il sistema permette all’utente di poter compilare una scheda con delle parole chiave riferite a quell’oggetto che aiuteranno nella ricerca all’interno dell’applicazione, i dati dell’oggetto da inserire nel sistema, link, immagini e video che secondo l’utente si possono ricollegare a caratteristiche di quell’ oggetto. Oltre agli adesivi Inspiration Seeker offre la possibilità di utilizzare dei segnalibri, sempre dotati del sistema di tag RFID, per inserire nella raccolta di oggetti

anche singole immagini da libri, cataloghi, riviste: questo perchè nella fase di ricerca ho notato, oltre all’ovvio massiccio utilizzo di libri e riviste, la tendenza a segnalare immagini o testi tramite post it o pezzi di carta. Una volta inseriti gli oggetti all’interno della “libreria“ di Inspiration Seeker, inserendo nell’applicazione delle parole chiave di ricerca, avremmo la possibilità di risalire ad essi; il sistema permette infatti all’utente di ricercare immagini di oggetti reali situati nella libreria ricreata nel proprio studio, o in studi di design esterni, attraverso l’utilizzo di parole chiave inserite in un campo di ricerca, che permette di filtrare per categorie di oggetti definiti precedentemente dall’utente, di incrociare le parole chiave inserite


48 inspiration seeker e decidere di poter fare una ricerca degli oggetti all’interno del proprio studio o anche all’interno di altri studi di design che sono inclusi nel sistema di Inspiration Seeker. Gli utenti del sistema, inoltre, possono scambiarsi virtualmente gli oggetti o dei messaggi a riguardo, sia all’interno dello studio che con altri studi, attraverso delle schede presenti nella sezione del catalogo, dove si può attuare una ricerca anche tra gli utenti del sistema. Inspiration Seeker offre inoltre la possibilità di salvare immagini che ci interessano o che riteniamo possano essere “ispiratrici“ per il nostro progetto, e creare un “moodboard“, una striscia di immagini alla quale si possono aggiungere note e commenti e che si può salvare e stampare. Spiegando più in generale il funzionamento del sistema, si può affermare che Inspiration Seeker ha due livelli di fruizione, uno che riguarda più l’ emozionalità ed è strettamente legato al concetto di ispirazione attraverso le immagini; il secondo livello di fruizione riguarda principalmente la parte organizzativa, di catalogazione e localizzazione degli oggetti stessi all’interno del proprio studio. Si è così pensato di dividere il sistema in 3 parti, che corrispondono alle 3 azioni fondamentali: 1. Image pool: è la parte legata all’ispirazione, in cui, in seguito all’inserimento di parole chiave, si trovano gli oggetti, rappresentati dalle immagini. 2. Object library: in questa sezione si gestiscono le schede degli oggetti, il proprio profilo e si

ricercano altri utenti 3. Moodboard: qui si gestiscono le immagini salvate, le si possono modificare e aggiungervi delle note, per poi salvare e stampare la striscia di immagini.

Nella pagina seguente è riportata una mappa con alcune caratteristiche che dovrebbe possedere il target di utenti che utilizzano Inspiration Seeker.


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due scenari: ispirazione e localizzazione Ispirazione attraverso gli oggetti: “pausa caffè” John decide di fare una pausa, sta lavorando molto ad un catalogo per una ditta che produce mobili per ufficio: gli è stato richiesto di usare come filo conduttore del catalogo la modularità, anche a livello grafico. Scrivanie e divisori sono infatti modulari e si possono combinare in diverse forme; John si prende la meritata pausa caffè ma non riesce a non pensare al fatto che il catalogo debba essere pronto in poco tempo. Decide così di provare a cercare all’interno del sistema Inspiration Seeker degli oggetti o delle immagini che possano aiutarlo nella sua ricerca: forse usando le parole “modulare“ o “tangram“ potrebbe trovare qualcosa di interessante!

John apre il programma e cerca prima con la parola chiave “tangram“: la ricerca è troppo specifica, trova alcune immagini interessanti e decide di salvarle, per poter così creare un collage da portare con se durante il lavoro al catalogo. Prova quindi ad inserire la parola “modulare“: il risultato della ricerca è sicuramente più soddisfacente, trova diverse immagini che salva per il suo collage. Viaggiando tra le immagini scopre che qualcuno ha portato una scatola di lego in ufficio, sono nella stanza relax, li ha trovati consultando nella mappa che offre il sistema, magari alla prossima pausa caffè li andrà a prendere, è davvero da molto tempo che non fa una costruzione con i lego! La pausa caffè è finita e John raccoglie le immagini salvate all’interno della sezione “moodboard“


inspiration seeker 51 che gli offre la possibilità di salvare e stampare il suo collage: lo salva con il nome “modulare catalogo“ e lo stampa. Ora è più rilassato e fiducioso per il suo progetto, magari utilizzerà ancora il sistema in seguito oppure andrà a giocare con i lego che hanno portato i suoi colleghi in ufficio, questo potrebbe aiutarlo a trovare la giusta strada per creare il catalogo sulla modularità.


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Localizzazione degli oggetti: “la cartolina”. Elonora lavora nell’ufficio creativo Invicta, dove si occupa della parte di grafica e prodotto; in questo momento sta lavorando alla nuova collezione di zaini per la scuola e precisamente ad uno zaino per bambine. Materiali e forma sono definiti, deve lavorare sulla grafica, pensa che lo zaino dovrebbe essere rosa, come la maggior parte degli zaini da bambina, e ricorda di aver portato in studio qualche giorno prima una cartolina rosa con dei disegni giapponesi. Non riesce però a trovarla, la confusione in studio è parecchia chiede così aiuto ai colleghi: Andrea si offre di cercarla all’interno della mappa dell’ufficio con il sistema Inspiration Seeker, sempre che la cartolina sia stata inserita nel catalogo degli oggetti. Decide così di aprire l’applicazione e inserire delle parole chiave che

potrebbero combaciare con la cartolina: “pink“, “postcard“; avvia la ricerca e nella mappa appare un solo pallino, questo significa che la cartolina è l’unica che combacia con quelle due parole chiave. Il pallino si trova, all’interno della mappa, nella zona denominata “wall 1“: Andrea controlla quindi che sia la cartolina Tokidoki di cui parla Eleonora, cliccandoci sopra si apre una scheda ad essa relativa: la sua immagine, le parole chiave per la ricerca e dei link che la riguardano. Andrea avverte Eleonora che la cartolina che cercava è nella zona “wall 1“ ed Eleonora corre a prenderla nella speranza di trovare la strada giusta per creare la grafica del suo zaino per la scuola.


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image pool: ispirazione attraverso gli oggetti A questo concetto è legata la parte emozionale del progetto, l’idea di partenza di questo lavoro: come si può creare una situazione che porti il designer ad essere visivamente ed emozionalmente stimolato? Si è quindi iniziato a pensare a come potrebbero le immagini ricreare questa atmosfera e in che modo queste immagini una volta guardate si potessero mettere da parte, salvare in modo sia virtuale che fisico, mantenendo però quell’esperienza legata ad un determinato momento o progetto. Ma come si comportano le immagini sullo schermo nel momento in cui ho fatto la mia ricerca? Una volta inserita le parola chiave e avviata la ricerca, le immagini iniziano a comparire lentamente e a muoversi da destra verso sinistra: si è deciso di creare un menù “speed“ per aumentare o

diminuire la velocità delle immagini. Sarà l’utente a decidere se “farsi travolgere” dalle immagini o se guardarle con calma: grazie ai tasti rapidi potrà ingrandire le immagini degli oggetti per vederle in modo più dettagliato, salvarle o cancellarle nel caso non sia interessato. Nello schema della pagina seguente riporto i tasti rapidi di interazione con l’applicazione, che l’utente, come si vedrà più avanti, può sempre andare a controllare nel menu superiore caratterizzato dalle icone fisse. Si è deciso di dividere tra “guardare“ e “fare un azione”, e questo comporta a 2 tipi di interazione diversa: il guardare vien compiuto attraverso il “roll over“ del mouse, l’”azione” è sempre caratterizzata dal click del mouse, in quanto più definitiva.


inspiration seeker 57 Nella griglia in basso è spiegato il funzionamento dei comandi della tastiera per le azioni zoom, salva immagine e salva moodboard; le azioni sono caratterizzate dalla pressione del mouse, per vedere le immagini si utilizza il semplice passaggio del mouse in combinazione con la pressione di un tasto.


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object library: la gestione degli oggetti In questa sezione, più tecnica e maggiormente legata all’ organizzazione del proprio catalogo di oggetti, si ha la possibilità di gestire la catalogazione degli oggetti e i contatti con le persone; queste le funzioni: 1. Creare una nuova scheda di un oggetto 2. Gestione del proprio profilo 3. Possibilità di vedere profili degli altri utenti contenenti oggetti: colleghi o utenti esterni ma che fanno parte del sistema. 4. Possibilità di spedire, virtualmente, oggetti o messaggi, collegandosi al profilo dell’utente. Per quanto riguarda gli avatar relativi alle persone, si è deciso di inserirli in ordine sparso come nel caso delle immagini, ma di grandezze diverse a

seconda dell’attività nell’inserimento di oggetti: in caso di attività recente, l’avatar sarà più grande, o viceversa, se da molto tempo non sono stati inseriti oggetti l’avatar sarà più piccolo. Qui sotto alcuni avatars e e nella pagina seguente è riportato lo schema dell’interazione, sia per quanto riguarda la creazione di una nuova scheda dell’ oggetto, che per la ricerca di una persona.


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moodboard: creazione di collages connessi ai progetti Nella sezione moodboard si possono gestire le immagini salvate: per immagini salvate si intende sia le immagini degli oggetti che quelle inserite all’interno delle schede degli oggetti, quindi strettamente correlate ad essi. Nel moodboard, caratterizzato da un “scroll” da destra verso sinistra, c’è una sezione strumenti che aiuta a gestire le immagini: si possono aggiungere note e commenti, cambiare la dimensione delle immagini e ruotarle. Una volta deciso che il proprio moodboard è completato lo si può salvare con il nome del relativo progetto, quindi, nel momento in cui in questa sezione del sistema ricercheremo, per esempio, “mio progetto”, ci si aprirà il moodboard correlato a “mio progetto”. Si può poi stampare il moodboard, che sarà una

striscia di carta che potremmo tenere a portata di mano, o appendere, che ci ricorda la nostra ricerca riguardo quel determinato progetto; a tal proposito si era cercato inizialmente un modo per creare degli oggetti che contenessero le immagini salvate, dei cubi o delle forme che potessero essere create fisicamente e “gettate” in un cestino, una specie di “limbo dei progetti”. Si è optato per la striscia per creare i collages per diversi motivi: la più facile gestione e libertà in uno spazio in teoria possibilmente “infinito“, rispetto ad un foglio con appositi spazi, in questo caso 12, per inserire le immagini. Un altro motivo, il più concreto, sta nella difficoltà di creazione di una forma di questo tipo, forse la scelta del dodecaedro è stata un po’ estrema, ma anche nel caso di un cubo sarebbe stata una scelta poco gestibile:


62 inspiration seeker difficilmente un designer mentre sta lavorando può dedicare del tempo alla creazione di forme così complesse. Il collages stampabile a strisce è molto più rapido e facile da mettere in archivio: un servizio ulteriore dato da Inspiration Seeker potrebbe essere la possiblità di implementare le tag RFID anche nella striscia di immagini stampata, in modo da potersi creare un archivio di collages collegati ai propri progetti, per andare a vedere a che immagini ci si era ispirati e che commenti si erano aggiunti, durante lo studio di quel determinato progetto. Si possono infine guardare i moodboards degli altri utenti, cliccando nel menu sottostante; nello schema dell’interazione della sezione moodboard della pagina seguente si parte dal presupposto di avere delle immagini precedentemente salvate dalla sezione “image pool”.

Sopra: prova di un dodecaedro contenente immagini trovate con le parole chiave MAGENTA e STRIPES. Sotto: tre esempi moodboards, alla fine della striscia è presente uno spazio per scrivere il nome del progetto.


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interfaccia e logo interfaccia Per quanto riguarda l’interfaccia si è deciso di dividere l’applicazione in 3 sezioni, diverse per funzioni, ma correlate tra loro: per questo si è deciso di utilizzare la metafora delle cartelle, per dare l’impressione di un cambiamento di sezione ma non di un passaggio troppo netto tra una sezione all’altra. Nel menu superiore ci sono delle icone adibite ad azioni fisse per tutte e 3 le sezioni: 1. Aiuto: l’interazione mouse-tastiera e per il funzionamento del sistema. 2. Tag cloud: ovvero le parole chiave più ricercate dagli utenti del sistema. Le parole più grandi e nitide sono le più ricercate, rispetto a quelle più piccole e sfocate; si è scelto l’uso di una maggiore o minore sfocatura per rafforzare la suggestione

del passaggio del tempo, di “dimenticanza” della ricerca delle parole nel caso in cui esse siano piccole e sfocate. 3. Mappa: legata alla mappa dell’ufficio, è sempre presente per potere in ogni momento controllare dove siano gli oggetti che cerchiamo. 4. Immagini salvate: tramite l’uso della tastiera possiamo rapidamente salvare le immagine (click + “s”), ne possiamo salvare 10 o 20 o 30 e sappiamo che grazie a questa icona possiamo andare a controllare le immagini che abbiamo salvato ogni volta che vogliamo. 5 Cestino: presente in tutti i sistemi, possiamo recuperare le immagini nel caso siano state gettate per sbaglio, per questo le immagini del cestino avranno una trasparenza del 50%, per dare l’idea che sono ancora presenti e recuperabili.


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Vediamo dall’ immagine che il menu sopra riguarda in qeusto caso la sezione “image pool“, perchè in primo piano e con il riempimento della barra. Nella pagina seguente ci sono le immagini delle 5 icone fisse del menu superiore e le sezioni a cui corrispondono.

tag cloud


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office map

saved images


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bin

help


68 interfaccia e logo Per quanto riguarda i menu sottostanti, cambiano a seconda della sezione in cui ci si trova, ad eccezione di quello di ricerca che è fisso in tutte e 3 le parti; si è cercato di mantenere una “pulizia visiva”, per evitare che menu troppo ingombranti togliessero spazio e attenzione alla fruizione delle immagini. Quindi menu con più contenuti rispetto ad altri, sono in parte nascosti e si alzano nel momento del passaggio del mouse. Per quanto riguarda l’apertura delle finestre una volta cliccati i menu, si è deciso di creare delle

sovrapposizioni di livelli, coprendo quelli sottostanti con uno strato di trasparenza: questo perchè nel momento di gestione di un elevato numero di immagini e nella gestione delle schede, sia comunque visibile il passaggio precedente, per non perdere di vista le azioni che si stanno facendo e le immagini sottostanti.

Nello screen sopra un esempio della sezione “image pool“ con la scheda di un oggetto aperta; sotto come appaiono i menu al passaggio del mouse.


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Sopra la sezione “moodboard” con immagini e appunti di fianco alle immagini. Sotto la sezione “object library” con la scheda di un utente contenente gli oggetti: nelle icone a sinistra, cliccando si accede all’invio messaggi e invio oggetti.


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Sempre nella sezione “object library“ posso consultare la mia scheda personale, ricevere messaggi, come sopra, oppure oggetti, come si vede nello screen sotto.


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studio dell’interfaccia Nelle pagine successive sono riportati degli screens di prove fatte durante lo sviluppo dell’interfaccia. Si era pensato inizialmente ad un incrocio tra ispirazione e localizzazione oggetti, creando un’interfaccia in cui fossero presenti sia le immagini legate agli oggetti, sia un suddivisione per le stanze corrispondenti alla mappa dell’ufficio. In questo modo si poteva avere una visione più diretta della locazione degli oggetti; si era inoltre pensato che la disposizione delle immagini dovesse corrispondere ad una variabile temporale, ovvero le immagini che si posizionavano nella parte inferiore dell’interfaccia, erano quelle di oggetti visti più di spesso, mentre quelli nella parte superiore erano i meno visti. Nel secondo screen invece mi sono concentrata

maggiormente sulla suddivisione degli oggetti per categorie e quindi per colori tramite etichette, ma questo ha portato ad una confusione visiva per l’utente: Inspiration Seeker si basa sulle immagini degli oggetti e un’interfaccia troppo colorata avrebbe distratto dalla sua funzione principale. Negli screens successivi ho così cominciato a pensare ad un’interfaccia più semplice, che potesse distogliere l’attenzione dalle immagini il meno possibile e allo stesso tempo non fosse troppo seria, lavorando maggiormente sui menu a scomparsa, in modo che occupassero meno spazio possibile. C’è inoltre un’iniziale idea di moodboard a scomparsa come per i menu, poi abbandonato a causa della confusione visiva che si veniva a creare con la sovrapposizione delle immagini.


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In alto una prova di interfaccia riguardante l’incrocio tra collocazione degli oggetti e le loro immagini; sotto una prova in cui l’attenzione era rivolta maggiormente verso le categorie degli oggetti


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In alto una prova di grafica disegnata, sotto l’interfaccia inizia a prendere forma e ad essere piÚ minimal. Per entrambe le interfacce si era pensato ad un moodboard sempre presente come i menu sottostanti, ma poi abbandonato per la confusione visiva che si veniva a creare.


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logo e segnalibri Il logo e l’interfaccia sono state realizzate sulla base di 2 metafore: per quanto riguarda il logo, una scatola con all’interno dei rettangoli che sembrano cadere da una linea tratteggiata, ho fatto riferimento ad uno studio di Timo Arnall, A graphic language for touch [13] In questo studio Arnall, interessato al collegamento visuale tra informazione e oggetti fisici, crea un linguaggio iconico per rappresentare gli oggetti che hanno funzione digitale, come quelli che comunicano con il sistema RFID oppure WiFi, o le onde dei cellulari. Afferma che la tecnologia RFID consiste nel dare un’identità digitale ad oggetti fisici e delinea diverse tipologie di icone legate a questo tipo di tecnologia. Ciò che mi ha colpita è stato il significato attribuito alla linea tratteggiata, ovvero la “dashed line”, riguardo la

quale afferma: Dashed container: content waiting to be discovered Ho pensato che fosse adatto al concetto del mio progetto, che si basa sulla scoperta con 2 valenze molto diverse: la scoperta dell’ispirazione, tramite la fruizioni di immagini digitali legate agli oggetti, e la scoperta vera e propria, fisica degli oggetti, attraverso il sistema di locazione. Ho quindi deciso che questa potesse essere una buona metafora per rappresentare quello che volevo esprimere con questo progetto, e ho così usato la linea tratteggiata non solo nel logo e nei segnalibri, ma anche nell’interfaccia, per la divisione di alcuni spazi.

[13] http://www.elasticspace.com/2005/11/graphic-language-for-touch


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Nella pagina seguente immagini del logo e dei segnalibri: la lunghezza dei segnalibri è predefinita ma si possono tagliare a seconda di dove sia posta l’immagine del libro. Il colore utilizzato per i segnalibri è quello della categoria di immagini singole e lo stesso dell’interfaccia per identificare meglio il servizio. Inoltre le targhette tagliate dal segnalibro possono essere utilizzate come promemoria. La tag RFID è posto sul retro e il segnalibro è adesivo; nelle pagine successive si riporta uno

scenario dell’utilizzo dei segnalibri, con l’effetto finale che potrebbe avvenire nella libreria dello studio, e delle immagini di oggetti con le tag adesive.


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In questa pagina: scritta, logo e segnalibri; er la scritta è stato utilizzato il font Lomo Wall Dot 5o,un font modulare che richiamasse ai rettangoli (gli oggetti) contenuti all’interno della scatola di Inspiration Seeker. Nella pagina successiva esempi di oggetti con RFID tag adesive.


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78 interfaccia e logo I vari passaggi per l’utilizzo del segnalibro: quando ho trovato l’immagine che mi interessa, misuro di quanto esce la targhetta del segnalibro, taglio le targhette che non mi servono, scrivo una nota o una parola che mi ricordi l’immagine, per trovarla più facilmente tra gli altri libri, e attacco il segnalibro. Nella pagina seguente il riusultato dell’utilizzo dei segnalibri in libreria: si trovano più facilmente le immagini che cerchiamo grazie alla targhette con le scritte


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le schede degli oggetti e le categorie L’altra metafora utilizzata è quella dei colori Pantone, per suddividere le categorie di oggetti (ne sono previste circa 8 di generiche, ma sono personalizzabili): questo perchè i colori Pantone sono gli strumenti più utilizzati dai designers, li ho trovati ovviamente in tutti gli studi in cui sono stata, e mi sembrava interessante richiamare tramite essi ad uno strumento utile per i designers, visto che Inpiration Seeker vorrebbe essere anch’ esso uno strumento utile per l’ispirazione di questi. Le etichette che caratterizzano il retro delle schede usano quindi una scala di colori a seconda della categoria di cui fa parte l’oggetto. Nelle pagine seguenti sono riportate la mappa delle categorie e un esempio di scheda di un oggetto, con i colori riferiti alla categoria “toys and stuff”.


82 interfaccia e logo Sopra la mappa delle categorie; sotto: la scheda vista frontalmente dove troviamo l’immagine e il nome dell’oggetto, il colore che ne identifica la categoria, un numero di riferimento e il nome di chi l’ha inserito.


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Il retro della scheda: girandola (nell’interfaccia la scheda, cliccato sulla freccia, girerà con un movimento “flip“) troviamo le parole chiave, siti web e immagini legate all’ oggetto: per inserire immagini o link i parole chiave bisognerà chiedere il permesso al proprietario dell’oggetto, in quanto la scheda non è editabile.


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tecnologia tag RFID e database La tecnologia utilizzata dal sistema è basata su delle tag RFID (Radio Frequency Identification) applicate su ogni oggetto tramite degli adesivi, o dei segnalibri se vogliamo inserire nel catalogo di oggetti delle immagini da libri o riviste. Ogni tag è caratterizzata da un numero unico, che quindi non può essere duplicato e di conseguenza può identificare l’oggetto preciso alla quale si riferisce. Il sistema RFID utilizza due elementi, il lettore di tag e le tag che contengono i dati; le tag possono essere di diverse misure, attive o passive, nel caso di Inspiration Seeker le tag utilizzate sono passive, le più frequenti e meno costose, in quanto hanno bisogno di un segnale elettrico per essere lette, e sono implementate nelle etichette con il logo del sistema.

Il raggio di azione delle tag passive, ovvero lo spazio entro il quale possono essere lette da un “reader”, varia dai pochi centimetri fino ai 6-8 metri: per poter leggere quindi gli oggetti all’interno dell’ufficio, è necessario porre un reader almeno in ogni stanza. Infatti per la localizzazione degli oggetti, tutte le tag implementate in essi devono essere nel raggio di azione del lettore: ponendo il reader ad ogni entrata di una stanza e collegando il sistema ad un database con l’ elenco degli oggetti e la loro locazione, possiamo controllare lo spostamento delle cose. Se, per esempio sposto dall’”ufficio 1” una cartolina e la appoggio sulla scrivania di Lucy nell’”open space”, il sistema rileverà che manca un elemento (che abbiamo detto essere unico grazie al numero unico della tag) e che nell’”open space”


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è stato introdotto un elemento fuori dalla lista di oggetti del database. Un’ altra precisazione importante da fare riguardo le tag è che siano riscrivibili, quindi una volta inseriti i dati riguardo un oggetto nella sua scheda, posso aggiungere o modificare elementi: ciò è importante per la dinamicità dei dati di questo sistema; i dati riguardo agli oggetti possono cambiare, posso voler inserire un nuovo link ad un sito web che prima non conoscevo o un’immagine che ho trovato. Nelle pagine seguenti sono riportati il funzionamento della lettura delle tag in riferimento alla mappa dell’ufficio e la topologia del sistema tecnologico di Inspiration Seeker


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Topologia del sistema: l’utente inserisce i dati nella scheda dotata di tag RFID, i dati vengono letti dal lettore di tag che li manda ad un database contenente i dati delle altre schede e i dati riguardanti la collocazione degli oggetti.


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conclusioni Ho cominciato a raccogliere oggetti e materiale vario in modo più consapevole, pensando che potessero essermi d’aiuto per i miei lavori, dopo una lezione di Francesco Messina, grafico e musicista, durante la quale mostrava una cartellina in cui raccoglieva schizzi, errori di stampa o fotografici, pezzi di carte o di poster. In particolare mi aveva colpito la vicenda di uno schizzo che Messina aveva fatto in un blocco di appunti durante una telefonata, sembrava una maschera tribale: dopo averlo messo da parte tra i disegni e le immagini della cartellina, Francesco Messina ci raccontò di averlo ripreso in mano dopo del tempo e da quel disegno, nato per caso, creò una copertina per un libro della casa editrice Bompiani. Questo è solo un esempio per far capire come a volte le cose che facciamo o raccogliamo, ritornino

nella nostra vita in un modo casuale: dobbiamo avere però la capacità di vederle e sfruttarle. É con questa idea in mente che ho deciso di interessarmi maggiormente al rapporto che si instaura tra gli oggetti e i designers, a come questi ultimi li utilizzino per ispirarsi nei loro progetti, e in che modo li avrei potuti aiutare per sfruttare a pieno le loro collezioni di oggetti. Lavorando a questo progetto mi sono fatta molte domande riguardo ai diversi approcci di utilizzo del sistema, creandomi dei possibili scenari a riguardo: può essere un designer interessato agli oggetti che raccolgono i suoi colleghi nel resto del mondo? come sfruttare questa possibilità? sarebbe utile creare una comunità di designers che dialogano tra loro partendo da uno scambio di oggetti e di opinioni su di essi? Inspiration Seeker è un progetto delimitato per


ora all’interno di agenzie di design medio-piccole, ma è un sistema implementabile, che potrebbe funzionare non solo come biblioteca interna di oggetti, ma anche come network per lo scambio di oggetti tra designers di altre agenzie, sia in senso virtuale, tramite lo scambio di schede, immagini e commenti riguardo gli oggetti, sai in senso fisico, spedendosi gli oggetti reali. Un’altra considerazione, visto il mio ruolo di studentessa, riguarda gli scambi tra università: sarebbe interessante se questo sistema di catalogazione di oggetti funzionasse anche all’interno delle facoltà di design nel resto del mondo, una vera e propria biblioteca di oggetti e materiali che gli studenti possono consultare, sia all’interno della loro facoltà, sia attraverso il prestito interbibliotecario con altre facoltà; una biblioteca in cui si possono consultare gli oggetti e una “stanza delle ispirazioni” dove dei touch screens mostrano il flusso di immagini legate agli oggetti. Gli oggetti possono essere catalogati in modo più specifico, e, per esempio, nelle facoltà di design del prodotto ci sarebbe una prevalenza di materiali tecnici divisi per funzioni, nel caso di corsi per fashion designers la raccolta sarebbe più concentrata sulle tipologie di stoffe: questo sarebbe utile per gli studenti ad aprire collegamenti e scambi tra facoltà con corsi differenti, sempre legati al mondo creativo ma a mio parere a volte troppo lontani tra loro. Dopo l’ispirazione, l’aspetto più interessante di questo progetto è sicuramente quello sociale, di scambio possibile tra designer e designer, studente e studente e studente e designer: in quest ultimo caso credo potrebbe essere molto utile per

la formazione di uno studente poter vedere a quali oggetti, libri o immagini si ispira il designer di cui apprezza il lavoro, vedere a cosa si sia ispirato per arrivare ad un determinato progetto.


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