Kaire 28 anno III

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Primo Piano 9 luglio 2016

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Continua da pag. 1 ne dei 200 atleti che anno partecipato: n. 2 campi da gioco di calcio a 5 che col passare del tempo hanno coinvolto anche diversi istruttori che non hanno saputo resistere al richiamo del pallone! E nonostante si dica che il calcio è uno sport solo da uomini, si riconferma per il secondo anno di seguito grande attrattiva per le ragazze, che non si sono risparmiate per nulla.
Abbiamo riconfermato gli sport di squadra dell’anno passato, allestendo campi da volley, sport che resta sempre una garanzia; per il basket, che ha permesso a tutti di misurarsi un po’ con uno sport avvincente e affascinante che da tanti decenni ormai è molto apprezzato dai giovani sportivi isolani, oggi desiderosi di percorrere le orme di Belinelli, Datome, Bargnani e Gallinari; e il rugby che nonostante non sia più una realtà sportiva praticata sulla nostra isola, pur essendo poco conosciuto, ha attratto e affascinato i partecipanti, che con fatica e caparbietà provavano in tutti i modi a portare la palla ovale oltre la linea di meta. Al centro del campo vi era riservata una piccola area rivolta ai nostri mini atleti dai 4 ai 6 anni, che non si sono fatti attendere, dove grazie ai nostri istruttori/animatori, come dei piccoli Marines si sono misurati in tante piccole prove, percorsi a ostacoli, sempre con il sorriso sulle labbra!
I nostri atleti hanno avuto la possibilità di mettersi in gioco con tutti gli sport a disposizione, con il “cambio” gridato dai presentatori all’incirca ogni 25 minuti, dove, divisi sempre per età si spostavano tutti nella zona successiva, dove un altro sport li attendeva.
Tanto sole, temperature altine, non hanno demotivato i nostri atleti, sempre prontamente rinfrescati dal nostro servizio “beveraggio”, dove alcuni ragazzi smistavano acqua fresca in abbondanza. Nel frattempo tra le varie società sportive intervenute alcune hanno partecipato all’area giochi per i ragazzi, anche mettendo a disposizione le attrezzature per allestire i vari campi, come la A.S. Tennis Club Pineta, la Cestitica Ischia, l’ASD Pallavolo; altre invece si sono esibite mostrando le bellezze e le particolarità di alcune discipline, tra cui: la scuola Moo Duk Kwan Ischia di Tae Kwon Do del maestro Giorgio Lauro, che ha mostrato la bellezza, la sincronia e la disciplina propria delle Arti Marziali: oltre 30 atleti giovani e giovanissimi si sono cimentati nell’esecuzione di combattimenti immaginari sincronizzati, le cosiddette Forme o Pumse, con l’utilizzo di bastone, nunchaku, e Sai, e per chiudere un affascinante combattimento (senza contatto) tra il maestro Lauro e la figlia Rossana, (anche lei cintura nera e istruttrice presso la Moo Duk Kwan) che hanno messo in mostra la spettacolarità e l’essenza del Tae Kwon Do; E ancora, la Ischia Gym di Pina Mennella e

Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia Proprietario ed editore COOPERATIVA SOCIALE KAIROS ONLUS

Grande successo

la Body Ballet Dance di Paolo Massa che coi loro giovani hanno mostrato la bellezza dei diversi stili di danza di tipo Urban Dances, quali breaking e hip-hop e altro. Infine Paolo e Pina ci hanno raccontato quanto sia bello e importante per bambini e ragazzi praticare lo sport o un tipo di danza per crescere con gli altri, costruire rapporti sani tra loro ed essere squadra, “come in una famiglia”; posti poi di fronte a competizioni o esibizioni queste li aiutano a crescere nella con-

Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia Codice fiscale e P.Iva: 04243591213 Rea CCIAA 680555 - Prefettura di Napoli nr.11219 del 05/03/2003 Albo Nazionale Società Cooperative Nr.A715936 del 24/03/05 Sezione Cooperative a Mutualità Prevalente Categoria Cooperative Sociali Tel. 0813334228 Fax 081981342 info@kairosonline.it pec: posta.kairos@pec.it Registrazione al Tribunale di Napoli con il n. 8 del 07/02/ 2014

Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

sapevolezza e nella stima di sé, nella tenacia. Infine il “Terzo tempo”. Anche quest’anno abbiamo preso in prestito dal Rugby il momento conviviale per eccellenza, grazie ai tanti tra alberghi, ristoranti e pizzerie (circa 15) che hanno messo a disposizione pizze a tranci e rustici, acqua e bibite per rifocillare gli oltre 500 convenuti al Mazzella per la FestadelloSport2016. Ringraziamo infine: il Comune di Ischia per il patrocinio morale e la concessione dello Stadio

Redazione: Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia kaire@chiesaischia.it | @chiesaischia facebook.com/chiesaischia @lagnesepietro Tipografia: Centro Offset Meridionale srl Via Nuova Poggioreale nr.7 - 80100 Napoli (NA) Per inserzioni promozionali e contributi: Tel. 0813334228 Fax 081981342 oppure per e-mail: info@kairosonline.it

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Primo Piano

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la Festa

Mazzella, soprattutto nella persona di Ottorino Mattera, delegato allo Sport, per la disponibilità mostrata e l’amore per lo sport che lo contraddistingue; tutte le società sportive, i collaboratori e anche coloro che non sono riusciti per vari motivi a partecipare a questa giornata ma da parte dei quali si è sentita la vicinanza, il sostegno e l’affetto e tutti coloro che a vario titolo hanno permesso la riuscita di questa giornata. Ma un grazie specialissimo va certamente all’Eterno Padre che anima i nostri cuori e ci chiede di condividere con gli altri la Gioia di averLo incontrato. Anche quest’anno si è notato come lo sport vissuto come festa elimina qualsiasi tipo di barriera, di differenza, e sottolinea la bellezza e l’importanza dell’agonismo vissuto in modo sano. In questa giornata non vi sono state ne coppe ne medaglie, solo tanti ragazzi, bambini, atleti con la voglia di giocare e divertirsi per il semplice gusto di uscire dal campo stanchi, con le t-shirt bagnate, ma con il sorriso sulle labbra e la gioia nel cuore.

dello Sport

TV2000 E ISCHIA

Il vescovo di Ischia Mons. Pietro Lagnese e la famiglia siriana – scappata dal proprio paese perché vittima di persecuzioni cristiane - che è stata accolta dalla diocesi di Ischia, saranno ospiti su Tv2000 in diretta al programma “Il diario di Papa Francesco” martedì 12 luglio alle ore 17:30. Tv2000 si vede sul canale 28 del digitale terrestre, 18 di TvSat, 140 di Sky, in streaming su www.tv2000.it


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Diocesi 9 luglio 2016

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L’INTERVISTA

GRAZIE DI CUORE SUOR ROSI E’ ritornata in Guatemala, il suo paese natale, suor Rosi Elvia, dopo aver trascorso un lungo periodo a Forio, al Centro Caritas Giovanni Paolo II. Una missione al fianco di chi vive ogni giorno il centro portando dentro una grande sofferenza. L’abbiamo intervista qualche giorno prima di lasciare l’isola

Di Luisa Pilato

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uor Rosi, ritorni a casa, in Guatemala: cosa ti mancherà di Ischia? “Di Ischia mi mancherà tutto, specialmente la natura, il mare….! Io amo tanto la natura. L’isola di Ischia è il luogo che più mi è piaciuto in Italia. Mi sono innamorata di questo splendido posto fin da subito, ma soprattutto sono felice di aver potuto fare un’esperienza forte qui ad Ischia”. Prima di venire sull’isola avevi approfondito esperienze di apostolato con i bambini. Qui ad Ischia invece hai vissuto l’esperienza del centro di prima accoglienza Giovanni Paolo II a Forio. In che modo hai contribuito nel centro Caritas? “Quando mi hanno comunicato di venire a Forio al Centro Caritas dove ci sarebbero potute essere persone con alcuni problemi, non ho avuto paura. Mai avuto paura. Io non l’ho cercata questa missione a Forio: è stato Dio, e mi sono fidata buttandomi ad amare. Mi sono trovata benissimo, perché sapevo fin dall’inizio che c’era il Signore al mio fianco”. Raccontaci un’esperienza particolare che ti porterai sempre con te! “Forse i momenti più belli che ricordo riguardano dopo la cena, prima di andare a dormire. C’è sempre stato un clima di famiglia con le persone che frequentavano il centro Caritas, un clima disteso e felice. I ragazzi erano contenti di mangiare nonostante io non fossi esperta in cucina,

ma ero contenta di vedere la loro gioia nel ricevere un piatto caldo, un pasto. Poi loro non si sentivano soli: vedevano in me una mamma, una sorella….questa esperienza non la dimenticherò mai”! Cosa ci dici a noi ischitani che rimaniamo su questa isola? “Andate sempre avanti, con l’aiuto del Signore. Non tiratevi mai indietro, nonostante le varie difficoltà della vita, ma vogliamoci sempre bene e guardiamo avanti. Come dice Tommaso: non dobbiamo mollare mai. Vi auguro questo a voi e sono sempre con voi anche se sarò dall’altra parte del mondo”. Vuoi mandare un messaggio al nostro Vescovo Lagnese? “Devo solo dire GRAZIE! Il primo ringraziamento va a Dio, poi alla madre generale nostra. E inoltre un ringraziamento personale e particolare va al vescovo Pietro. Grazie a loro ho potuto fare questa splendida esperienza. A padre Pietro ne sarò grata per l’eternità”. Come ti ha arricchita questa esperienza? “Sento di ripartire dall’isola più ricca di quando sono arrivata. Sento di essere cresciuta spiritualmente. Non è stato facile poter capire fino in fondo le persone che hanno frequentato (e frequentano tutt’ora) il centro Caritas perché hanno una grande sofferenza dentro. Per comprendere questo dolore, c’è davvero bisogno della mano di Dio. Vorrei poter aver fatto di più ma conosco i miei limiti, non è facile. Basta però amare. Continuate anche voi, così!”


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Apostolato del Mare

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Le difficoltà della vita di coloro che lavorano in mare, l’essenzialità dell’industria marittima per la vita quotidiana di tutti e un appello ai vescovi, in particolare delle diocesi marittime, perché istituiscano e sostengano l’apostolato marittimo sono i punti centrali del Messaggio pubblicato il 4 luglio dal Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti per la Domenica del mare 2016, che viene celebrata domenica 10 luglio

Messaggio per la domenica del mare:

le difficoltà dei marittimi L

a gente del mare contribuisce a rendere la nostra vita più confortevole Attraverso l’appuntamento annuale della Domenica del Mare il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti auspica che le comunità cristiane e la società in generale riconoscano anzitutto la gente del mare come esseri umani che contribuiscono a rendere la nostra vita più confortevole, e li ringrazino per il lavoro e i sacrifici. Per riconoscere il contributo dei marittimi all’economia mondiale La Domenica del Mare è una celebrazione speciale che la Chiesa organizza per ricordare i marittimi e pregare per loro, per le loro famiglie e per quanti si dedicano al loro servizio. Essa è iniziata nel 1975 quando l’Apostolato del Mare, la Mission to Seafarers e la Sailors’ Society decisero di stabilire un giorno in cui riconoscere il contributo dei marittimi all’economia mondiale. Importanza ecumenica Questa ricorrenza ha anche un’importanza ecumenica perché in molti porti le celebrazioni e le diverse attività di sensibilizzazione riguardo la situazione umano-lavorativa dei marittimi vengono fatte congiuntamente con altre denominazioni cristiane, dando testimonianza di unità di intenti e cooperazione nel tutelare i diritti di queste persone. Testo integrale del Messaggio Seduti comodamente sul divano delle nostre case, abbiamo difficoltà a comprendere fino a che punto la nostra vita quotidiana dipenda dall’industria marittima e dal mare. Se guardiamo attorno a noi là dove viviamo e lavoriamo, possiamo renderci conto che la maggior parte dei mobili e del materiale informatico che utilizziamo sono stati trasportati per nave, che i nostri vestiti sono stati spediti in container dall’altro capo del mondo e che la frutta che mangiamo è stata consegnata da navi frigo provenienti da un altro Paese, mentre delle petroliere trasportano

il petrolio e la benzina per le nostre macchine. Senza il commercio marittimo, l’importazione e l’esportazione di beni e prodotti finiti non sarebbe possibile. Anche quando decidiamo di divertirci e distenderci facendo una crociera, non ci rendiamo conto delle migliaia di marittimi che lavorano duramente per assicurare che tutto vada bene e garantirci tutto il comfort possibile durante la nostra vacanza. Inoltre, nel corso della recente situazione d’urgenza umanitaria nel Mar Mediterraneo, alcuni equipaggi di navi mercantili sono stati in prima linea per intervenire e soccorrere migliaia di persone che cercavano di arrivare in Europa a bordo di imbarcazioni o gommoni stipati all’inverosimile e non in condizioni di navigare. Quasi 1.200.000 marittimi di tutte le nazionalità (in gran parte provenienti dai Paesi in via di sviluppo) trasportano, a bordo di 50.000 navi mercantili, circa il 90% di ogni tipo di merci. Le implacabili forze dei mari e degli oceani espongono le

navi a rischi considerevoli, ma sono i marittimi a “rischiare” sotto molteplice aspetti. La loro integrità fisica è minacciata perché, oltre ai pericoli delle forze della natura, alla pirateria e alle rapine a mano armata, il fatto di passare da una regione all’altra, di cambiare e doversi adattare costantemente a nuove situazioni, continua a rappresentare una rischio considerevole per la sicurezza degli equipaggi. Il loro benessere psicologico è minacciato quando, dopo essere stati in mare per giorni e settimane, viene negato loro il diritto di scendere a terra e impedito di lasciare la nave. La vita familiare dei marittimi è in pericolo perché i loro contratti li costringono ad essere lontani dalla famiglia e dagli amici per diversi mesi e, spesso, per anni di fila. I figli crescono senza una figura paterna mentre tutte le responsabilità familiari ricadono sulle spalle della madre. La dignità umana e professionale dei marittimi è minacciata quando sono sfruttati a motivo delle lunghe ore di lavoro e del fatto che la correspon-

Domenica 10 luglio per l’occasione sarà celebrata una Santa messa alle ore 20,00 nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria di Portosalvo ad Ischia Porto. **** Grazie alla tenacia del capitano Francesco Morgera, presto si costituirà anche sull’isola di Ischia un’associazione di fedeli “Stella Maris”

sione dei loro salari viene ritardata di mesi o, nel caso di abbandono, quando non sono pagati affatto. La criminalizzazione dei marittimi rappresenta una grave preoccupazione, dato che in particolare negli ultimi anni un certo numero di attività marittime, una volta considerate legali, sono state criminalizzate, specialmente per quel che riguarda incidenti quali i naufragi, l’inquinamento, e così via. Incoraggiati da Papa Francesco che ha esortato i cappellani e i volontari dell’Apostolato del Mare “ad essere voce dei lavoratori che vivono lontani dai loro cari ed affrontano situazioni di pericolo e difficoltà” , come Apostolato del Mare noi siamo a fianco dei marittimi per ripetere che i loro diritti umani e professionali devono essere rispettati e protetti. Facciamo appello ai Governi e alle autorità marittime competenti affinché rafforzino l’applicazione della Convenzione sul Lavoro Marittimo dell’OIL (MLC) 2006, in particolare la Regola 4.4 il cui obiettivo è “garantire che i marittimi in servizio a bordo di una nave abbiano accesso a strutture e servizi a terra per salvaguardare il loro stato di salute e benessere”. Infine, in occasione della celebrazione annuale della Domenica del Mare, vogliamo ricordare a tutte le comunità cristiane e ad ogni individuo quanto la professione del marittimo e l’industria marittima siano essenziali per la nostra vita quotidiana. Facciamo appello ai vescovi, in particolare delle diocesi marittime, affinché istituiscano e sostengano l’apostolato marittimo in quanto “segno visibile della sollecitudine verso quanti non possono ricevere una cura pastorale ordinaria ”. Esprimiamo infine la nostra gratitudine ai marittimi per il loro lavoro, e li affidiamo, assieme alle loro famiglie, alla materna protezione di Maria, Stella Maris. Antonio Maria Cardinal Vegliò, Presidente Mons. Joseph Kalathiparambil, Segretario


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LA PROCREAZIONE

Io, figlia di madre difficile non vorrei Di Susanna Tamaro

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ppena ho terminato la lettura del coraggioso e attualissimo pamphlet di Marina Terragni, Temporary mother (VandA ePublishing), mi è sorta spontanea una riflessione: come mai è stato accolto da un siderale silenzio? E subito è seguita una domanda: quanti sono i fondamentalismi del nostro tempo? Ce ne è uno macroscopico - quello religioso - che per le sue tragiche conseguenze è purtroppo noto a tutti. Ma non se ne annidano forse altri intorno a noi, più miti, più benefici, apparentemente più innocui? In fondo la scomparsa delle ideologie del ‘900 e l’innegabile eclissi del cristianesimo hanno lasciato un grande vuoto di etica e di orizzonti, e il vuoto non è facile da reggere. O si accetta di attraversarlo - consapevoli che l’incertezza fa parte del destino dell’uomo - oppure ci si attacca a qualcosa, a un particolare, e si trasforma quel particolare nel metro della totalità; da quel momento in poi, tutto quello che non si conforma alla totalità che ci rappresenta va combattuto. E in che modo? Con l’invettiva, la ridicolizzazione, la derisione: tutte armi che il mondo della rete offre con democratica generosità. Per linciare una persona basta un click, in meno di un secondo si guadagna la certezza di essere dalla parte giusta del mondo, senza mai essere sfiorati dal dubbio che la parte in cui ci riconosciamo sia soltanto un microscopico spicchio della realtà totale. Questi fondamentalismi domestici - che potremmo chiamare identitari, perché ci si identifica completamente con un’identità parziale - sono particolarmente vivi e attivi nel campo della bioetica, campo a cui la Gpa appartiene di diritto. Gpa, gestazione per altri. Non occorre essere dei filosofi del linguaggio per capire che la prima e più grande manipolazione del pensiero avviene attraverso le parole. Parlare di «pulizia etnica», ad esempio, è molto diverso che dire «sterminio di massa» perché se c’è del pulito, il nostro inconscio automaticamente pensa che qualcosa in fondo di buono c’è. E così dire «gestazione per altri» e tutt’altra cosa che dire «utero in affitto». Il concetto di affitto porta con sé l’idea, infatti, dell’oggetto e del commercio - grazie al denaro, posso affittare una macchina, un appartamento - mentre la definizione «per altri» ci indirizza

La scrittrice Susanna Tamaro sul Corriere della Sera di martedì 5 luglio scrive: “sull’utero in affitto non giocate con le parole…” a proposito di maternità surrogata o, meglio ancora, di utero in affitto. Come spiega la Tamaro, anche le parole hanno la loro importanza: gestazione per altri ha in se un significato altruistico e positivo, mentre il concetto di affitto svela quello di oggetto e di commercio. Un bel saggio che merita di essere letto. verso una positività buonista che rende questa condizione, non solo accettabile, ma anche desiderabile. Ne consegue che tutti coloro che si oppongono a questo progetto sono persone retrive, egoiste, prigioniere di un oscurantismo che non ha più senso di esistere, e - soprattutto - nemiche della Felici-

tà e dell’Amore, i due grandi Totem all’ombra dei quali vive prostrato il nostro tempo. Come puoi pensare, infatti, di negare a qualcuno il diritto di essere felice, il diritto di amare? Non è forse con la stessa suadente strategia che i predatori di ovuli quest’abominevole categoria di «be-

nefattori» - si aggira tra le giovani ragazze? «Non vuoi rendere felice una coppia a cui il destino ha negato questo diritto? C’è gente che dona un rene e tu sei così egoista da non voler donare un misero ovetto? Ci guadagni anche due soldini di rimborso, che fanno sempre comodo...». Per delle bambine cresciute con gli ovetti Kinder, questo discorso sembra innocuo, convincente. In fondo che c’è di male? Tranne poi dire, come ho letto in un’intervista fatta a una ragazza donatrice: «Oddio, non è che poi da qualche parte ci saranno dei bambini che mi assomigliano?». Sempre per l’esercizio di chiamare le cose con il loro nome, gli ovetti diciamolo allora, per chi zoppica in biologia - sono i nostri figli. Figli che prima iberniamo e poi lanciamo nel mondo come fossimo piante che si affidano alla fecondazione anemofila. Spargiamo semi senza sapere dove andranno a finire. Noi, le madri, non verremo mai a conoscere il loro destino. Può esistere qualcosa di più atroce di questo? La maternità - la condizione fondante del vivente - ridotta a livello delle piante, senza identità individuale. La genealogia ridotta a quella uniformante della specie. Ma forse è proprio qui, contemplando il punto più basso dell’abisso, che il bio business getta la maschera e fa vedere il suo vero volto, che non è quello di un salvatore bensì quello di un famelico generatore del nulla. Attaccare la maternità, distruggere le sue viscere misericordiose vuol dire attaccare e distruggere i fondamenti del mondo. Per capire questo non occorre essersi rimpinzati di opuscoli Pro Life, basta aver visto almeno una volta una gatta a cui siano stati sottratti i gattini, la trepida cova di una rondine, le povere donne che scendono dai barconi stringendo al petto i loro figli sopravvissuti all’orrore. Basta ricordare l’ultima telefonata di quel povero ragazzo morto nella strage di Orlando: «Mamma, sto per morire, ti voglio bene». O basta anche, semplicemente, ricordare la morte della propria madre. Con la Gpa tutto questo non potrà avvenire, perché la super donna, super generosa - la complementare della donatrice - la donna che tutte noi dovremmo ammirare, cede immediatamente ad altri il frutto del suo ventre. La verità scientifica - elevata nel nostro tempo a unica verità - a questo


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essere nata dalla gestazione per altri punto diventa afasica, muta, inessenziale. Tutti i meravigliosi e straordinari studi sugli intensissimi rapporti che intercorrono in quei nove mesi tra la madre e il suo bambino diventano carta straccia. Nel tempo della fattibilità, il piccolo è ridotto a cosa, viene assemblato in un luogo indifferente ma il suo esistere ridiviene reale soltanto nel momento in cui viene onorato il contratto e consegnato nelle mani dei felicissimi committenti. D’altronde, come dar loro torto? Ogni bambino è un miracolo davanti a cui rimaniamo tutti a bocca aperta! Però, questo miracolo ha un piccolo difetto. È un essere umano e, in quanto tale, probabilmente prima o poi comincerà a farsi domande. Già perché, assieme agli studi scientifici, sono finiti nel cassonetto decine di capolavori della letteratura con protagonisti giovani orfani o figli illegittimi alla ricerca perenne del volto della madre, un paio di secoli di studi psicologici, l’intera psicanalisi. Il bambino Gpa è un bambino tabula rasa, nasce senza alcun passato e vive - e sappiamo già che sarà felice perché è stato desideratissimo - in un mondo che gli promette un amore incondizionato. Ma quando, un giorno, si guarderà allo specchio e capirà che non potrà mai risalire all’ origine di una parte del suo volto, l’ amore basterà? E basterà quando si renderà conto che sua madre, per un compenso, ha venduto l’ovulo che l’ha generato, cioè la sua vita? Se penso alla mia famiglia, la parola «amore» è forse la trentesima che mi viene in mente e la maggior parte delle parole che la precedono non hanno certo una connotazione di positività, eppure io sono quella che sono perché ho avuto quei genitori. Genitori a loro volta generati da altri genitori. Il fondamento della vita umana dunque è la genealogia, non l’amore. Si può nascere anche da uno stupro, si può crescere in un lager. Ciò che fa di un essere umano una persona è prima di ogni altra cosa la storia di chi ci ha preceduto. In nome di che cosa mi chiedo allora, una persona, per esercitare il suo diritto alla felicità, può coscientemente privare un altro essere della sua genealogia? In nome dell’amore? Ma un amore che priva programmaticamente, per principio, qualcun altro di un ben più fondante diritto, che amore è? E qui va smascherato il secondo

passo del bio business. Dato che non esiste la maternità, non esiste neppure il destino. Nessuna unicità appartiene all’uomo. Non è importante sognare, pensare, combattere, danzare. Il corpo a corpo karmico non ci riguarda più. L’esteso campo del mistero - quel campo che ci rende davvero umani - è stato conquistato dalla tecnica ed è lei a preparare per noi delle vite indolori, immerse dall’inizio alla fine nella rilassata piacevolezza del suo Amore. Le energia messe in moto per propagandare questa nuova visione dell’umano sono potenti, sempre pronte a esaltare con tutti i mezzi un singolo caso, capace di mettere in ombra, con la sua forza emotiva, i principi etici che da migliaia di anni governano la vita degli uomini. Non fare agli altri quello che non vuoi venga fatto a te stesso è il cardine principale su cui si fonda ogni civiltà degna di questo nome. Faccio outing: non vorrei mai essere nata da una Gpa. Nonostante mia madre non sia stata un esempio di amore materno, dalla sua morte in poi c’ è un grande vuoto nella mia vita. Per difendersi da questa aberrante visione del mondo, si dovrebbe prima di tutto cominciare a smantellare il grande ombrello dell’ Amore Incondizionato, riportando questo importantissimo sentimento a due categorie fondamentali - l’ amore generativo e l’amore oblativo - per ricordarsi che non poter generare non vuol dire non potere amare, anzi l’amore oblativo è spesso più grande e più libero di quello generativo. E allora perché non lavorare strenuamente nel campo degli affidi e delle adozioni? I tre, quattro anni abituali di attesa, ad esempio, ridotti a nove mesi, il tempo di una gravidanza? Perché non pensare a Incentivi economici, apertura ai single e alle coppie omosessuali quando sia manifesta una stabilità affettiva? Togliere la maggior parte dei bambini dalle situazioni di anaffettività dell’abbandono dovrebbe essere il primo pensiero di una società umanamente degna. Perché, come dice il Talmud, «chi salva una vita salva il mondo intero», e questa salvezza - che nasce dall’ amore oblativo - è l’unico vero e umile antidoto che possiamo opporre alla Gpa e allo strapotere del bio business sulla vita. Dipinto: Maternità di Trento Longaretti. I suoi lavori si trovano in Vaticano, nel Duomo di Milano e in quello di Novara


Ambiente 9 luglio 2016

DOSSIER

Campania, cariche batteriche elevate Nel mirino ancora scarichi, foci di fiumi e torrenti. Il deficit depurativo non risparmia nessuna provincia. Le isole di Ischia e Procida hanno parametri entro i limiti di legge

Di Lorenzo Russo

L

a Campania continua a subire la minaccia della mancata depurazione: su trentuno punti monitorati da Goletta Verde ben venti presentavano cariche batteriche elevate, anche più del doppio dei limiti imposti dalla normativa. Nel mirino ci sono sempre scarichi – anche illegali – in mare non adeguatamente depurati. Alcuni dei punti monitorati da Legambiente risultano ormai inquinati per il settimo anno consecutivo: lo sbocco del canale di Licola, la foce Lagno vesuviano, la foce del torrente Savone a Mondragone; la foce del Regi Lagni, la foce del fiume Irno e del fiume Sarno. Legambiente quindi si fa portavoce in Regione chiedendo che la carenza depurativa e la gestione del servizio idrico in generale diventino delle priorità nell’agenda politica della Giunta Regionale e del nascente Ente Idrico Campano. Questi dati sono stati realizzati dall’equipe tecnica di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane – giunta sulla nostra isola la settimana scorsa – che ha ripreso il suo tour per la Penisola. Attenzione: i risultati di Legambiente devono alzare il campanello d’allarme per risolvere il problema, ma non è detto che tutto il mare intorno le nostre coste sia inquinato! Il monitoraggio di Goletta Verde infatti prende in considerazione il campionamento di punti critici che vengono principalmente scelti in base a un “maggior rischio” presunto di inquinamento. Per questo vengono prese in esame le foci dei fiumi, torrenti, gli scarichi e i piccoli canali che spesso troviamo sulle nostre spiagge:

queste situazioni sono i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta all’insufficiente depurazione dei reflui urbani che attraverso i corsi d’acqua arrivano in mare. “Nel corso del nostro viaggio monitoriamo i punti critici individuati lungo le coste, dove spesso è alta la presenza di bagnanti. Di conseguenza, la carica batterica che arriva in mare rappresenta non solo un

problema ambientale ma anche un rischio per la salute umana – spiega Serena Carpentieri, responsabile di Goletta Verde -. Infatti, dei 20 punti risultati inquinati e fortemente inquinati, ben 15 sono luoghi dove è stata rilevata la presenza di bagnanti o la stessa è potenzialmente media o alta. Infine, è stato allarmante constatare che lungo i tratti di campionamento sono quasi inesistenti i cartelli di

divieto di balneazione, nonostante alcuni luoghi siano oggetto di ordinanze di divieto e scarseggiano anche i pannelli informativi sulla qualità delle acque, previsti dalla legge e a carico dei Comuni da due anni”. I dati Arpac relativi ai controlli analitici svolti nel 2015 sulle acque in uscita dagli impianti di depurazione, sebbene non realizzati su tutti gli impianti e in numero adeguato, evidenziano appieno quanto sia critica la situazione. Su base regionale ben il 34% dei controlli è risultato “non conforme”, con punte di non conformità del 59% per gli impianti della provincia di Benevento e a seguire 50% provincia di Avellino, 38% provincia di Caserta, 34% provincia di Salerno e, situazione relativamente meno critica, 20% provincia di Napoli. Inoltre bisogna ricordare che nei confronti dell’Italia, grava una procedura di infrazione proprio riguardo alla depurazione e alla Campania, purtroppo, spetta un posto di primo ordine in termini di numero di agglomerati depurativi posti sotto la lente d’ingrandimento. Rispetto alla scorsa edizione di Goletta Verde la novità più rilevante in Campania in tema di depurazione sta nella Legge Regionale 2 dicembre 2015, n. 15 “Riordino del servizio idrico integrato ed istituzione dell’Ente Idrico Campano”, atto fondamentale che avrebbe dovuto segnare una svolta nella riorganizzazione e anche nella risoluzione delle criticità dei servizi idrici. Nella tabella potete leggere i risultati della analisi del mare in Campania e notare come nella nostra isola e a Procida, i parametri sono entro i limiti di legge


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Ambiente

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LEGAMBIENTE

per venti campioni su trentuno I RISULTATI DELLE ANALISI DI GOLETTA VERDE DEL MARE IN CAMPANIA* *prelievi effettuati il 26 e il 29 giugno 2016

PV

Comune

LOCALITÀ

PUNTO

GIUDIZIO fortemente inquinato fortemente inquinato

PV

Comune

LOCALITÀ

PUNTO

GIUDIZIO

CE Mondragone

Fiumarella

Lungomare Vespucci 48, foce della Fiumarella

CE Mondragone

foce torrente Savone

CE Castelvolturno

foce del Regi Lagni

inquinato

Lido di Licola

sbocco canale di Licola

fortemente inquinato

NA Bacoli

Lago Fusaro

canale di sbocco a mare del lago Fusaro

NA Napoli

Lungomare Caracciolo

foce canale presso Mappatella fortemente beach inquinato

SA Battipaglia

Spiaggia nei pressi della foce Tusciano (riva sx)

fortemente inquinato

NA Napoli

Lungomare Caracciolo

spiaggia presso Mappatella beach

entro i limiti

SA Eboli

Marina di Eboli

Canale di scarico presso fine via Mimbelli

fortemente inquinato

NA Napoli

San Giovanni a Teduccio

spiaggia a 50m a sx della foce dell’Alveo Volla

fortemente inquinato

SA Capaccio

Torre di Paestum Licinella

Foce capo di fiume

inquinato

NA Portici

spiaggia Mortelle

spiaggia Mortelle (Montecatini)

entro i limiti

SA Capaccio/Agropoli

Foce del fiume Solofrone

Foce del fiume Solofrone

inquinato

NA Ercolano

Ercolano

foce del Lagno Vesuviano

fortemente inquinato

SA

Ogliastro/Baia Arena

Foce del rio Arena

fortemente inquinato

NA Torre del Greco

Ponte della Gatta

spiaggia sulla litoranea

inquinato

Torre Annunziata/ NA Castellammare di Stabia

SA Capaccio

Laura

fortemente inquinato

foce fiume Sarno

foce fiume Sarno

fortemente inquinato

Foce rio presso ponticello via Poseidonia 441

NA Barano d’Ischia

Maronti

Spiaggia fronte canale Olmitello

entro i limiti

Cava dell’isola

spiaggia libera cava dell’isola

entro i limiti

foce Rivo San Marco

fortemente inquinato

NA Forio

Corso Garibaldi

NA Forio

La Chiaia

entro i limiti

Castellamare di Stabia

spiaggia antistante Lungomare fortemente Garibaldi angolo via Ettore inquinato Vito

spiaggia pompa di sollevamento-rione san severino vico III

NA Lacco Ameno

A dx del porto

spiaggia libera a sx del pennello

entro i limiti

Alimuri, punta Gradelle

NA Procida

Porto di Procida

Spiaggia a sx del porto

entro i limiti

spiaggia ex ecomostro Alimuri

Punta Lingua

Spiaggia Lingua fronte tubo scarico

entro i limiti

NA Pozzuoli

NA

NA

Castellamare di Stabia Castellamare di Stabia

NA Meta di Sorrento

entro i limiti

entro i limiti

SA Salerno

Spiaggia antistante via Lungomare G.Marconi Mantegna

entro i limiti

SA Salerno

Lungomare Clemente Tafuri

Foce fiume Irno

fortemente inquinato

SA Atrani

Foce torrente Dragone

Foce torrente Dragone

fortemente inquinato

Via mare Jonio/ Lungomare Magazzeno

Foce Torrente Asa

fortemente inquinato

SA

Pontecagnano Faiano

Castellabate/ Montecorice

NA Procida

Alex Zanotelli riceve il Premio Trentino dell’anno

P

adre Alex Zanotelli, missionario comboniano italiano, ha ricevuto il premio “Trentino dell’Anno 2016” il 18 giugno al Castello del Buonconsiglio di Trento. Si tratta di un riconoscimento attribuito dal gruppo culturale e dalla storica rivista “Uomo Città Territorio” a Zanotelli, 78 anni, per la sua vita passata a lottare al fianco degli ultimi, in difesa dei più deboli, dell’acqua come bene comune e per la giustizia e la salvaguardia del Creato e l’accoglienza ai migranti. Durante la cerimonia il missionario ha dedicato questo prestigioso premio ai comitati per l’acqua e a quelli che si oppongono al Tav, treno ad alta velocità del Brennero. La giornalista Francesca Caprini ha incontrato Zanotelli durante la manifestazione contro il Trattato Transatlantico di Libero Commercio fra Eu e Usa (Ttip), lo scorso maggio a Roma, e gli ha chiesto “se esiste una connessione fra la sua missione nel quartiere più violento d’Europa e la sua

militanza per l’acqua bene comune”. Zanotelli ha risposto che “questi sono conflitti sociali che richiamano tutti alle proprie responsabilità in una società divisa, dove lo stato è assente, dove i beni comuni vengono svenduti, in preda al Dio Denaro. Il filo che collega la lotta per l’acqua, contro la malavita organizzata, contro trattati come il Ttip e la devastazione dei territori, è molto chiaro. È necessario cambiare rotta, immaginare un modello diverso di società, più giusta e più responsabile” Questa è una riflessione che si allarga anche all’emergenza profughi, per cui, aggiunge il missionario, “la proposta fatta dal governo Renzi alla Commissione Europea per risolvere il problema dei migranti in arrivo dall’Africa, la cosiddetta Migration Compact, è un brutto passo da parte dell’Italia. Lo spirito è lo stesso dell’accordo fatto dall’Unione Europea con la Turchia. È un mercanteggiamento sulla pelle dei rifugiati”.



11 9 luglio 2016

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AGRICULTURANDO: SPEZZONI DI CULTURA AGRICOLA PER AMATORI E NON SOLO

Pomodori che passione, ma quanti problemi! Di Francesco Mattera

N

on è che noi ischitani siamo specialisti nella coltivazione del pomodoro. Tutt’altro. Altrove ne sanno più di noi e li coltivano meglio. E non stanno lontano da noi. La Campania, l’agro napoletano e salernitano in particolare, vantano terre a grande vocazione pomodoricola. Oggi, tuttavia, tale vocazionalità ha ceduto il passo ad una migliore strutturazione aziendale ed imprenditoriale di altre regioni d’Italia: la Puglia più a sud, L’Emilia ed altre regioni al centro-Nord. Una cosa che però nessuno può togliere alla Campania è la qualità dei suoi pomodori. La differenza la fa il clima e soprattutto i terreni vulcanici, veri potenziatori del sapore. Ed in questo contesto ci sono anche i terreni di Ischia. Una nostra eccellenza sono senz’altro i pomodori col pizzo con cui si fanno i famosi piennoli: le terre migliori sono quelle di Lacco di sopra, in parte Forio, e Serrara Fontana, alle pendici dell’Epomeo. Poi qua e la altre piccole enclave, ad esempio Piano Liguori e Buonopane. La componente argillosa di quei terreni esalta la qualità e la serbevolezza dei pomodori. Ma quanti problemi per coltivare bene le rosse bacche. Malattie e parassiti a non finire! Non deve tanto spaventare la peronospora che bene o male si controlla agevolmente anche con semplici prodotti a base di rame. Quanto piuttosto le virosi, tra cui la cosiddetta “bronzatura”, tristemente conosciuta da tutti i coltivatori ischitani negli effetti, ma di cui non conoscono la causa (a Procida la chiamano NEGRONE!) inducendo un senso di vera impotenza: le piante infette si riconoscono per un’anomalia degli apici vegetativi teneri che si ripiegano su se stessi evidenziando lesioni di colore bronzato e poi necrotiche, con una diffusione di strie nerastre sui fusti. Le bacche (i pomodori) ancora verdi diventano cuoiose, attraversate da ispessimenti dei tessuti che presto diventano prima bronzati, poi nerastri. La pianta colpita non sempre muore, anzi spesso sembra

riprendersi. Ma è solo un’illusione in quanto non darà mai frutti sani. Spesso ad una virosi se ne sommano altre, complicando ancora di più la situazione, come quelle dei giallumi virotici, o quelle dei mosaici (del tabacco, del cetriolo, ecc.). La maggior parte di queste virosi sono trasmesse da insetti, soprattutto afidi e tripidi. Un ruolo importante hanno le piante infestanti che ospitano allo stato latente gli agenti virali infettanti. Afidi e tripidi (tra cui la onnipresente Frankiniella occidentalis) nel passaggio da piante spontanee a pomodori, infettano questi ultimi. Anche i semi ottenuti da pomodori di piante infette in maniera blanda od occulta, possono produrre infezione. Come pure i residui di coltivazioni delle annate precedenti interrate. E allora cosa possiamo fare per contrastare questo flagello? Dalla mia esperienza consiglio di non anticipare troppo semine e trapianti: le coltivazioni più tardive si infettano molto meno perché meno sottoposte alle infestazioni di afidi e tripidi. Una lotta serrata a questi

insetti, usando insetticidi specifici in combinazione con gli anticrittogamici rameici, già appena superata la crisi di trapianto ed a turno stretto (8 giorni), riduce di molto il numero di piante con sintomi. Altro accorgimento è di non fare operazioni sul verde in presenza di piante infette che non siano state precedentemente estirpate e allontanate dal campo (bene l’esposizione al sole cocente per devitalizzare il virus, o la bruciatura). I virus si trasmettono per succo, quindi non passare con le mani da piante infette a piante sane, è fondamentale. Sarà anche bene lavarsi le mani, anche se calzate con guanti in lattice o gomma, con acqua saponata. Alcuni ibridi F1 (di prima generazione) possiedono resistenza genetica a parecchie virosi tra cui al temibile CMV, ed altri parassiti. Il rischio - o più spesso la fregatura - per chi acquista piantine in contenitore, da vivaio, è che le piantine spacciate per originali (da seme veramente di ibrido F1), in realtà siano ottenute da banalissimo seme rifatto. In quelle piantine la resistenza genetica è in

gran parte non più esistente o molto ridotta per effetto della scissione dei caratteri che nelle generazioni successive si produce negli ibridi. Mettiamo quindi che su 100 piantine rifatte - da seme non originale F1 - solo una piccolissima percentuale possederà una forma di resistenza, le altre no e la probabilità che possano infettarsi sarà molto alta. Quindi occhio : quando il prezzo delle piantine, tipo ad esempio di Piccadilly, è molto basso, è molto probabile che non siano originali. ACARI o RAGNETTI ROSSI Sono animaletti molto insidiosi che colpiscono tutta la pianta, quando le temperature incominciano a diventare molto alte. L’effetto più eclatante è il disseccamento delle foglie e l’ingiallimento di fusti e pomodori, che divengono rugginosi, piccoli, duri. Non serve a molto dare molta acqua. Occorre prevenire e controllare il parassita con acaricidi a bassa tossicità. Adatti allo scopo ed a tossicità zero, i prodotti biologici a base del fungo Beauveria bassiana. Lo zolfo in polvere, aiuta ma non risolve il problema. Ma meglio quello che niente. MARCIUME APICALE DEI POMODORI Conosciuto volgarmente come “culo di scimmia”, perché i pomodori diventano neri in punta, rimangono piccoli e divengono immangiabili. Non è una malattia nel senso vero della parola. Quanto una fisiopatia, un’alterazione dovuta a squilibri idrici e mancato o insufficiente assorbimento di calcio. Elemento fondamentale per la normale strutturazione della lamella mediana dei tessuti vegetali, quando è insufficiente provoca la rottura della stessa cui segue la necrosi e la morte della cellula. Da qui gli apici neri e poi successivamente marcescenti. Ne soffrono particolarmente i pomodori a frutto allungato (tipo lampadina, S. Marzano, ecc) ma anche i pomodori tipo Vesuvio, Principe Borghese, ecc). Si previene con irrorazioni fogliari con prodotti a base di ossido o cloruro di calcio, meglio se associato anche a Magnesio. Gli eccessi di azoto accentuano il problema. Per questo primo appuntamento, penso che basti. Alla prossima…


12 9 luglio 2016

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LE PIANTE RACCONTANO: STORIE INTORNO AD ALCUNE PIA

Lo smirnio, il sedano degli antichi (Smyrnium olusatrum, fam Apiaceae) Di Francesco Mattera

“V

oialtri vivete in un paradiso, dove crescono tante piante, buone anche da mangiare, e non lo sapete!” Così un giorno un turista romano, habitué di Ischia, si rivolse quasi indignato a Filippo, il suo amico cuoco con cui sempre si incontrava quando veniva ad Ischia. “E tu sei anche del mestiere, diamine, dovresti conoscerle tutte, queste erbe qui!” E così dicendo gli mostrò un canestrello, suo abituale compagno nelle scorribande che era solito fare soprattutto sui due versanti dell’Epomeo, quello foriano e quello di Serrara Fontana. Dentro, sistemati accuratamente, c’erano diversi mazzettini di erbette tenere pronte ad essere impiegate per insalatine o per altri usi di cucina. Filippo era ormai fatto a quelle sanguigne rimostranze di Nazareno, e la metteva al sorriso bonario: “Cosa hai trovato questa volta? Fammi vedere ché voglio imparare!” – Gli dava in tal modo quel tanto di soddisfazione che bastava a rabbonirlo all’istante. Si avvicinò quindi al cesto dell’amico ed incominciò ad ispezionare, rimuovendoli con delicatezza, i vari mazzettini e dicendo via via: “Questa la conosco è la ruchetta selvatica, questa pure, quello è il finocchietto, questa qui è l’erba lepre…. e questa cos’è? Mi sembra di riconoscerla ma non ho idea di cosa sia!” – aggiunse poi stupefatto mentre rigirava tra le due dita di una mano un mazzetto più voluminoso degli altri e composto da teneri germogli con foglie ternato - composte, di un bel verde lucido brillante. “Noi a Roma la conosciamo come il sedano degli antichi, ma si conosce pure come corinoli, smirnio, macerone e altri nomi popolari. Gli antichi romani la usavano molto sia come condimento che come verdura da mangiare cruda nelle insalatine o cotta in varie pietanze. Poi, con il passare dei secoli, è stata sostituita dal sedano, e oggi è una pianta selvatica che in pochi conoscono e apprezzano. Io con le

foglie tenere come queste, ma anche con le coste e gli steli, ci tiro fuori delle frittatine che poi vedrai…!” Filippo non era convinto, e prese ad annusare guardingo una foglia della pianta. Poi, esultante, rivolto all’amico disse di averla riconosciuta, la pianta , che cresceva abbondante a poca distanza da casa sua, in un folto, ombroso e umido boschetto di querce, ad Ischia. “E se chiama mace-

rone proprio perché cresce nei posti come quelli che dici tu , umidi e ombrosi , dall’autunno alla primavera” disse quasi annoiato il romano. “Poi via via cresce con alti fusti vuoti e fiorisce abbondante con ombrelle composte che portano fiori bianco – verdastri. Con il caldo secca. Prima però produce dei frutti (acheni schizoidi) prima verdi e poi neri che a maturità avanzata si separano in due parti ognuna delle quali reca un seme

nerastro”. “Si… è vero - aggiunse entusiasta Filippo – la pianta si secca, e se la sfiori i semi neri vibrano come una sonagliera. Ma qualcuno dice che è una pianta velenosa, che nemmeno gli animali selvatici toccano per questo motivo…” “E sono degli ignorantoni! - proruppe incavolato il romano – Ecco ora ti mostro quanto è velenosa!” Detto fatto, prelevò un germoglio dal mazzetto e diede a mangiarselo di gusto, poi afferrò una borraccetta di vino che portava sempre con sé nelle sue escursioni erboristiche e tracannò un buon sorso, accompagnandolo con un ahhh… di massima soddisfazione. Filippo era ormai convinto. Ma a sera mi chiamò chiedendomi informazioni su quella “nuova pianta” che Nazareno gli aveva fatto conoscere. Gli confermai tutto quanto e aggiunsi: “Si chiama Smirnium olusatrum che letteralmente significa “pianta nera (olusatrum), che odora di mirra (Smirnium )”. Infatti il nero è quello dei frutti a maturità, quando la pianta è ormai secca; l’odore di mirra è quello che emanano i semi in via di maturazione se annusati o impiegati come condimento. Appartiene alla famiglia Apiaceae, la stessa di prezzemolo, sedano, finocchio, ecc.. Gli antichi romani la chiamavano anche Prezzemolo alessandrino per il suo sapore fortemente aromatico. In alcune regioni italiane è ancora abbastanza usata, ma raramente coltivata, perché gli amatori la raccolgono direttamente in natura. Quella sera fui invitato a cena da Filippo: insieme a Nazareno aveva preparato le frittelline di corinoli. Portai un boccione di bianco da undici gradi dello Schiappone che tanto sapevo piacere ad entrambi. Mentre mangiavamo, osservavo Filippo: ostentava sicurezza, ma non riusciva a nascondere al mio sguardo attento alcuni segni impercettibili di inquietudine disegnati sul suo viso.L’indomani mattina lo chiamai presto: “Tutto bene, dormito stanotte, sei ancora vivo?” Mi rispose in maniera implicita: “Ho pensato di inserire nelle mie specialità alcune ricette a base di corinoli che mi ha suggerito Nazareno”. “Amen…!” - scandii con voce rauca, e riattaccai senza salutarlo.


13 9 luglio 2016

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ANTE SINGOLARI CHE SI RINVENGONO SULL’ISOLA D’ISCHIA

Vado per fragoline di bosco e trovo una pianta strana, mai vista prima! (Sanicula europaea L. – fam. Apiaceae, 51,54,4) Di Francesco Mattera

A

ntonio è un bravo geometra, figlio di agricoltori, di quelli che un tempo con la terra ci campavano e portavano avanti la famiglia, facendo studiare i figli per fargli fare nella vita cose diverse e più redditizie. Ma il nostro ha la terra nel sangue, e trova il tempo di coltivarsi l’orticello con tanto di alberi da frutto, di farsi il vino, di andare per funghi, raccogliere erba per i conigli, e così via. Spesso ci intratteniamo a discutere di queste cose, in qualche occasione per ore intere. Una volta abbiamo parlato di fragoline di bosco (Fragaria vesca, fam. Rosacee), e lui a dirmi che il padre, fino a quasi gli anni Settanta le coltivava nel terreno che possedeva a Fondo Bosso, ad Ischia. Io, di rimando, di aver conosciuto ad Afragola (Napoli) nel 1994, un certo Antonio Cristiano, anziano fragolicoltore del posto che mi raccontava della consuetudine sua e di altri agricoltori di recarsi a Casamicciola all’inizio di settembre per comprare (a sacchi!) le piantine di fragola che la gente del posto raccoglieva nei boschi freschi dell’Epomeo. Mercato finito poi miseramente con l’avvento delle moderne varietà ibride di fragola. “Sì, conosco questa storia!” – mi dice entusiasta Antonio - “Mio padre mi diceva che ogni anno estirpava le piante che si erano moltiplicate, e ne ripiantava il necessario per l’anno successivo. Il resto lo vendeva anche lui al mercato di Casamicciola”. Un giorno Antonio mi chiama per dirmi che vuole mostrarmi una pianta strana, mai vista prima, che a detta sua si è mangiato tutte le fragoline: “Sono andato come tutti gli anni in un posto dove fin da piccolo raccoglievo almeno due chili di fragoline, ma questa volta non ho trovato quasi niente. Tutta colpa di questa pianta strana che non ho mai visto prima e che ha soffocato tutte le piantine! Sai dirmi di cosa si tratta?” – e mi mostra una rosetta di foglie strappata in malo modo dal terreno e già semi avvizzita. Decidiamo di andare insieme sul posto. Niente da fare: non la conosco nemmeno io. Al momento non ha fiori. Ma effettivamente ha tappezzato tutta la radura, unendo come un pratello le ceppaie

di castagno al piede di un costone tufaceo. Faccio delle foto. Poi ritorno settimanalmente sul posto per cogliere il momento della fioritura, che si presenta intorno alla metà di maggio. Raccolgo e torno a casa. Osservo e uso le chiavi dicotomiche della mia fida guida botanica. Riesco ad individuare la famiglia, le Apiacee, ovvero quella che include tra gli altri il finocchietto e le carote selvatiche, la ferula, e tantissime altre specie. Ma mi blocco, incerto tra due specie: una abbastanza comune, anche se non frequentissima sulla nostra isola crescendo solo in ambienti dalle caratteristiche ben precise, quali luoghi ombrosi ed umidi, bordi di castagneti, radure umide, ecc. ; e l’altra piut-

tosto rara, sconosciuta per la nostra isola. Avevo forse fatto una scoperta importante? Calma, niente affatto, le due specie per quanto molto simili hanno dei caratteri distintivi molto precisi che riguardano proprio e soprattutto la distribuzione dei fiori sugli scapi. Avevo intercettato la Sanicula europaea, niente affatto rara, al contrario della Petagnia sanicuefolia che, come dice il nome stesso, ha le foglie molto simili alla Sanicula, ma solo quelle. A dirimere il dubbio, manco a dirlo, il mio amico botanico (il compianto Gioacchino Vallariello). Comunque Antonio aveva scoperto una stazione di Sanicula fino a quel momento non conosciuta. E le fragoline? Gli faccio notare che la

Sanicula è anche detta erba fragolina, proprio per il fatto che spesso vive consociata alle fragoline di bosco, ma anche perché i glomeruli verdastri dei suoi frutticini somigliano vagamente a delle fragole acerbe. In realtà Antonio negli anni passati già si era imbattuto nella strana pianta, solo che non l’aveva notata perché poco abbondante. Ma quando l’ombra dei castagni si era fatta più cospicua, quella era prevalsa sulla deliziosa piantina dalle profumatissime infruttescenze. Tranquillo Antonio! Le fragoline non scompariranno e vedrai che quando verrà tagliato il castagneto, l’anno successivo, si riprenderanno alla grande il loro spazio.


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Sacerdoti 9 luglio 2016

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DON PASQUALE Sacerdote, uomo di cultura

Di don Vincenzo Avallone

P

er riempire gli ozi della mia vecchiaia finora mi sono dedicato a “recensire” per KAIRE qualche libro di attualità. Ne cito alcuni: La vita liquida - Dai figli non si divorzia - Generare è narrare – Genitori efficaci – etc., fermo restando che il mio hobby è la terra con la coltivazione dei suoi prodotti stagionali, fave, piselli, pomodori, patate, etc. Ma da ora in poi vorrei ripensare a qualche figura di sacerdote che ha incrociato e influenzato la mia vita. Ho incominciato con il ricordare don Salvatore Castiglione. Con il presente articolo vorrei non dimenticare il canonico don Pasquale Polito. NOTIZIE BIOGRAFICHE Pasquale Polito (1907-1994) nasce a Sant’Angelo di Ischia da Giovanni Polito, panzese, e da Filomena Mattera, fontanese. Frequenta le prime tre classi elementari a Sant’Angelo, la quarta e la quinta le fa da privatista sotto la guida di don Luigi Trofa, parroco del luogo. Frequenta il ginnasio e il liceo al seminario di Ischia, passa quindi alla facoltà teologica di Posillipo, retta dai padri Gesuiti e si laurea in teologia. Da giovane prete insegna per qualche anno nel seminario di Nicastro (Catanzaro); ritorna quindi ad Ischia, come cappellano di “Villa Joseph” dove passa i primi venti anni del suo sacerdozio. Nominato parroco della chiesa di San Giuseppe in Sant’Antonio a Casamicciola, viene presto promosso a parroco della chiesa collegiale dello Spirito Santo in Ischia Ponte. Gli ultimi anni della sua vita li passa nel suo paese nativo di Sant’Angelo, presso il nipote Mario Maltese, figlio di sua sorella. IL SACERDOTE La vocazione al sacerdozio è qualcosa che spetta unicamente a Dio. Ma Dio si serve delle “cause seconde” che sono anzitutto la famiglia e l’esempio di altri preti. Il primo prete ad influire sulla vocazione di don Pasquale fu certamente il

suo parroco don Luigi Trofa, perchè “la pianta del prete è il prete” diceva sempre papa Luciani. Ma io credo che anche la sua mamma, fontanese, che aveva conosciuto i due grandi sacerdoti don Alfonso e don Giovannino Mattera, dovette influire sulla vocazione del figlio. E anche il padre, panzese, aveva conosciuto preti culturalmente e socialmente esemplari, basti pensare a don Andrea Schiano, che divenne preside del Liceo-Ginnasio di Corigliano Calabro, a Monsignor Domenico Caruso, divenuto canonico teologo della cattedrale di Ischia e al parroco Leonardo D’Abundo che in quei tempi di miseria aveva creato Panza una Cooperativa che consentiva di pagare i prodotti a basso prezzo. Ma chi orientò decisamente il sacerdote don Pasquale fu senz’altro il parroco santo di Casamicciola Giuseppe Morgera, le cui reliquie erano allora custodite nella chiesa di San Giuseppe a Villa Joseph. L’UOMO DI CULTURA La cultura, ogni cultura, è stata sempre il pallino del Polito. Ma la cultura si attinge soprattutto dalle Biblioteche. E, come il Morgera era un assiduo frequentatore della Biblioteca Nazionale di Napoli, così il Polito passava tanto tempo presso la biblioteca del Dottor Giuseppe Mennella di Casamicciola, che possedeva una biblioteca ricca di tanti libri, soprattutto degli scrittori francesi che avevano frequentato l’isola di Ischia a cominciare da Alphonse de Lamartine (1790-1869), autore del celebre racconto “Graziella” (1849), che era stato tante volte a Casamicciola ospite della Villa Tagliaferro alla Sentinella. E poi Ernesto Renan (18231892), autore di una celebre “Vita di Cristo” (1863), che fu in villeggiatura a Casamicciola almeno tre volte presso la Villa Zavota, oggi proprietà dei Parodi-Delfino. E don Pasquale Polito – che conosceva bene il francese – passava ore ed ore nella biblioteca del Mennella a copiare intere opere di Lamartine, di Renan e di altri illustri autori francesi, frequentatori di Ischia. E così divenne...


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Sacerdoti

9 luglio 2016

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POLITO e di… penna

Eccone un saggio:

L’UOMO DI PENNA Oltre ai tanti articoli scritti su giornali e riviste isolane, vorrei citare soltanto tre libri molto noti del Polito: La vita del parroco Morgera, Tipomeccanica, Napoli 1942, con la prefazione del Cardinale Lavitrano. Lacco Ameno, il paese, la protettrice, il folklore, Arti Grafiche Amodio, Napoli 1963, pp.267 Leggende ischitane. La più famosa è quella che narra come le campane di Santa Restituta rubate dai Turchi divennero così pesanti sulle loro barche tanto che i predatori furono costretti a buttarle in mare. E i pescatori di Lacco Ameno dicono di sentirle ancora suonare quando il mare è tempestoso. L’INSEGNANTE DI LETTERATURA ITALIANA “Era preparatissimo – dice Aniello D’Abundo – suo alunno, attuale priore della congrega dell’Annunziata a Panza. Ma vedendo che noi seminaristi non riuscivamo a seguirlo, aveva tanta pazienza e cercava di farci capire le cose più difficili”. Non amava i poeti roboanti tipo Leopardi e Carducci, amava invece Giovanni Pascoli, poeta delle piccole cose. E, anche lui, si piccava di poesia. Il Polito mi piaceva assai perché era un uomo libero, non attaccato ad alcun carro; i suoi giudizi, su uomini e cose, erano sempre veri. Con gli amici poi le sue parole erano piene di graziosa ironia: per esempio a don Camillo, suo gemello in cultura, diceva spesso: “A te ti seppelliremo in uno degli scaffali della Curia” e a don Luigi Trofa, impegnato in tanti settori della vita diocesana, diceva: “È gliuut a furnì u viulin man a scignia” (è andato a finire il violino nelle mani della scimmia). Caro Monsignor Polito, quante volte per telefono o in vivavoce, mi hai detto e ripetuto: “Non me lo fare addormentare il parroco Morgera! Raccogli le grazie che lui ottiene da Dio a quelli che vengono a pregarlo sulla sua tomba!” E perciò, non sono legittimato di vederti accanto al Morgera in paradiso?

L’ULTIMO CANTO Madonna di Succhivo dai neri occhioni belli, seduta in trono col Bambino in braccio in una corona di Angeli, innanzi al tuo altare mi sento intenerire! Mi rivedo piccino accanto a mamma reclina a sussurrare: “Vedi quant’è bella la Madonna! salutala, dille: Ave Maria!” Alla voce di mamma le mie labbra innocenti si aprivano all’angelico saluto, e tu, Madonna di Succhivo, mi guardavi con occhi di bontà. Presso il tuo altare, le labbra di questo figlio peccatore, oggi più di ieri, ripetono di cuore: “Ave Maria!” Madonna di Succhivo, Tu ascolti... e mi guardi con occhi di pietà.


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Sacerdoti 9 luglio 2016

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LA STORIA

Il segno indelebile di don Salvatore Mellone Di Nicola Lavacca

H

a lasciato una traccia spirituale indelebile don Salvatore Mellone. Il suo breve ma intenso sacerdozio, durato 74 giorni, è diventato una forte testimonianza di fede lungo un percorso fatto di sofferenze indicibili. Il seminarista di Barletta venne ordinato presbitero, prima del compimento dell’iter di formazione, il 16 aprile 2015. Si spense, in seguito alla grave malattia, il 29 giugno dello scorso anno. In quelle giornate dolenti vissuti nel letto della sua casa, assistito dalle amorevoli cure di mamma Filomena, di papà Giuseppe e della sorella Adele, don Salvatore oltre a celebrare la santa Messa trovò la forza di pregare, di esternare con voce fioca le sue profonde riflessioni. Omelie che sono state raccolte in una pubblicazione che dà il senso del ministero presbiterale durante quell’esperienza tormentata ma allo stesso tempo illuminata della Grazia. Lasciamo spazio a Dio. Omelie tratte dalla liturgia di una vita eucaristica è il titolo del volume che mette in risalto la profonda vocazione e l’ispirazione evangelica del sacerdote barlettano scomparso a soli 38 anni. Nel lasso di tempo che va dal 29 giugno dello scorso anno ad oggi, il Comitato redazionale Scritti e Testimonianze “don Salvatore Mel-

TANTI AUGURI A… Don Vincenzo Fiorentino ordinato il 10 luglio 1955 Don Angelo Iacono ordinato il 12 luglio 1964 Don Agostino Iovene ordinato il 12 luglio 1969 Don Giuseppe Regine ordinato il 17 luglio 1951 Don Pasquale Sferratore ordinato il 14 luglio 1957

Pubblicate in un volume le quarantuno omelie pronunciate dal giovane prete pugliese ordinato il 16 aprile 2015 e morto il 29 giugno successivo. Quand’era ancora seminarista, lo chiamò anche il Papa: «La prima benedizione che darai da sacerdote la impartirai a me», gli disse Bergoglio. La sua storia commosse l’Italia intera

lone”, istituto dall’arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, ha lavorato per raggiungere l’obiettivo di offrire una testimonianza scritta della fede di don Salvatore , il quale a causa degli effetti devastanti della terribile malattia non riusciva neanche più a tenere una penna in mano. Così durante i 74 giorni di sacerdozio alcuni amici preti registrarono le sue omelie, ben 41, poi trascritte e riportate nel libro che ora rappresentano una eredità spirituale di gran valore. “Sono una grande occasione per meditare il tesoro della parola di Dio che Salvatore custodiva nel cuore come Maria, la madre del Signore Gesù e nostra - dice l’arcivescovo, monsignor Giovanni Battista Pichierri -. Questa pubblicazione vuole proporre una figura luminosa come cifra di una radicale libertà interiore foriera, nonostante le condizioni esterne coartanti, di grandi scelte apportatrici di frutti per una civiltà dell’amore”. Una storia che ha commosso l’Italia e non solo. Affetto da un tumore all’esofago, don Salvatore Mellone aveva chiesto e ottenuto di concludere il suo cammino vocazionale con l’ordinazione sacerdotale. Alla vigilia di quel momento così atteso e carico di emozione, ricevette anche l’inaspettata telefonata di papa Francesco che lo chiamò per rincuorarlo e chiedergli la sua prima benedizione da presbitero. E il giorno in cui divenne ministro di Dio benedisse il Santo Padre: “L’ho fatto con il cuore pieno di gioia – furono le sue parole – perché per noi tutti è un maestro. Non possiamo fare altro che seguirlo e continuare a pregare per lui”. L’ultima celebrazione eucaristica che don Salvatore officiò attivamente avvenne il 26 giugno del 2015. Il 29 giugno tornò alla Casa del Padre tra la commozione di centinaia e centinaia di persone vicine e lontane che nella sua vicenda hanno intravisto la presenza di qualcosa di speciale, quasi un richiamo al Divino, in lui che aveva detto: “oggi, da presbitero, prendo la consapevolezza che l’aderire ai dolori immensi del Cristo, così come fanno tanti altri miei fratelli, spalanca varchi di luce sul mistero del soffrire”.


Seguiamo Francesco

17 9 luglio 2016

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La pace in Siria implorata da Francesco e dalla Caritas Di Maddalena Maltese

Y

usuf ha in mano le chiavi della sua casa n Siria. Quelle mura conoscono i suoi progetti, le fatiche, la gioia quando con la moglie hanno saputo di aspettare un figlio. Anche Ola fa dondolare tra le dita un mazzo di chiavi mentre racconta dei suoi tre anni vagabondi tra l’Iraq e la Turchia e ora in un campo profughi perché l’Isis gli ha preso tutto. Questi brevi video pubblicati sul sito di Caritas internazionale colpiscono allo stomaco per i volti comuni e vicini dei protagonisti, per i tanti dettagli di una guerra che sembra non conoscere la parola fine e che da cinque anni insanguina non solo le città siriane ma anche il Mediterraneo con gli innumerevoli naufragi e le spiagge d’Europa dove i cadaveri di piccoli e di grandi sembrano non toccare più le nostre coscienze, preoccupate più della difesa dei propri privilegi che del conto inevitabile che la storia ci presenterà sui confini che sono diventati muri. Il sito poi decide di dedicare una sezione alle foto di posa, quelle di famiglia che tutti noi conosciamo e conserviamo negli album o sullo smartphone con parenti, cugini, amici cari. In quelle delle famiglie siriane c’è sempre un’assenza, un vuoto: sedie senza nessun ospite, mentre alle spalle dei nonni si reggono in piedi a fatica e poi uno strano spazio incompiuto tra due bambini

Il papa appoggia la campagna ideata dalla rete che opera sul fronte dell’accoglienza e in un videomessaggio punta il dito contro i Paesi che apparentemente sostengono le trattative e poi continuano a vendere armi. Si chiede una mobilitazione mondiale per fermare una guerra assurda.

e la mamma. Chi doveva aver posto in quelle foto non c’è più perché morto o perché rapito o scomparso. La guerra che si combatte ad Homs, Aleppo, Damasco ha cambiato radicalmente il presente e il futuro di queste vite. La Caritas internazionale che riunisce 165 organizzazioni operative nel campo dell’accoglienza e della solidarietà ha lanciato con questi messaggi crudi la campagna “Siria:

la pace è possibile” e papa Francesco è sceso in campo per primo con un videomessaggio che richiama cristiani e non, alla soluzione della guerra. Lo fa con il cuore colmo di dolore e con parole indignate verso i mercanti di morte perché «mentre il popolo soffre, incredibili quantità di denaro vengono spese per fornire le armi ai combattenti. E alcuni dei Paesi fornitori di queste armi, sono anche fra quelli che parlano di

pace. Come si può credere a chi con la mano destra ti accarezza e con la sinistra ti colpisce?». Bergoglio non usa mezze misure nella denuncia e non le usa neppure nelle richieste ai governi: «Tutti devono riconoscere che non c’è una soluzione militare per la Siria ma solo una politica. La comunità internazionale deve pertanto sostenere i colloqui di pace verso la costruzione di un governo di unità nazionale. Coloro i quali sono coinvolti nei negoziati di pace affinché sul serio questi accordi e si impegnino ad agevolare l’accesso agli aiuti umanitari». La campagna oltre alla richiesta di sostegno per il milione e 300 mila profughi assistiti nei campi in Turchia, Libano, Giordania e nei vari Paesi europei chiede una sensibilizzazione a tappeto dell’opinione pubblica con l’organizzazione locale di forum e dibattiti, lettere da inviare ai capi di Stato e di Governo, preghiere pubbliche, poster da affiggere negli uffici, a casa e nelle scuole, condivisione di video e post sui social. Gli sfollati per la guerra in Siria sono oggi quattro milioni e ottocentomila e il presidente della Caritas Internationalis, il cardinale Luis Antonio Tagle che ne ha incontrati tanti in Libano e in Grecia ha commentato: «Non sono solo numeri, sono esseri umani. Dobbiamo dare loro speranza, dignità e pace. È necessario dare inizio ad un movimento mondiale per la pace».

Videomessaggio del Santo Padre Francesco in occasione della campagna di «Caritas internationalis» per la pace in Siria

C

ari fratelli e sorelle, oggi desidero parlarvi di qualcosa che rattrista molto il mio cuore: la guerra in Siria, oramai entrata nel suo quinto anno. E’ una situazione di indicibile sofferenza di cui è vittima il popolo siriano, costretto a sopravvivere sotto le bombe o a trovare vie di fuga verso altri paesi o zone della Siria meno dilaniate dalla guerra: lasciare le loro case, tutto... Penso anche alle comunità cristiane, a cui va tutto il mio sostegno a causa delle discriminazioni che devono sopportare. Ecco, desidero rivolgermi a tutti i fedeli e a coloro i quali sono impegnati, con Caritas, nella costruzione di una società più giusta. Mentre il popolo soffre, incredibili quantità di denaro vengono spese per fornire le armi ai combattenti. E alcuni dei paesi fornitori di queste armi, sono anche fra quelli che parlano di pace. Come si può credere a chi con la mano destra ti accarezza e con la sinistra ti colpisce? Incoraggio tutti, adulti e giovani, a vivere con entusiasmo quest’Anno della Misericordia per vincere l’indifferenza e proclamare con forza che la pace in Siria è possibile! La pace in Siria è possibile! Per questo, siamo chiamati a incarnare questa Parola di Dio: «Io, infatti,

conosco i progetti che ho fatto al vostro riguardo – dice il Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza» (Geremia 29,11).L’invito è di pregare per la pace in Siria e per il suo popolo in occasione di veglie di preghiera, di iniziative di sensibilizzazione nei gruppi, nelle parrocchie e nelle comunità, per diffondere un messaggio di pace, un messaggio di unità e di speranza. Alla preghiera, poi, seguano le opere di pace. Vi invito a rivolgervi a coloro i quali sono coinvolti nei negoziati di pace affinché prendano sul serio questi accordi e si impegnino ad agevolare l’accesso agli aiuti umanitari. Tutti devono riconoscere che non c’è una soluzione militare per la Siria, ma solo una politica. La comunità internazionale deve pertanto sostenere i colloqui di pace verso la costruzione dì un governo di unità nazionale. Uniamo le forze, a tutti i livelli, per far sì che la pace nell’amata Siria sia possibile. Questo sì che sarà un grandioso esempio di misericordia e di amore vissuto per il bene di tutta la comunità internazionale! Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. Grazie.


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Attualità 9 luglio 2016

Di Franco Iacono

1.

La direzione del Pd: la saga del già visto. Da un lato una minoranza che ha un solo obiettivo: distruggere Renzi ed il suo progetto, dall’altro Renzi che non vede l’ora di vincere e “rottamare” anche i residui oppositori. Su questi due obiettivi la partita si gioca di pura tattica! Purtroppo. Lo dico per la minoranza, la “chiave” la tengono gli elettori, meglio, quelli che andranno a votare, che hanno già fatto “sapere” che sarà il Movimento 5 Stelle a trionfare. Se i sondaggi, ora, hanno una qualche credibilità. D’altro canto, all’interno di quel Partito lo scontro non è fra due linee, perché non ce n’è neppure una, davvero credibile, ma solo fra fazioni. In alcune aree, a cominciare da Napoli, non c’è neppure il Partito, inteso come Comunità di persone, protese al Bene comune. Parlo di linea identitaria. Voteranno NO, pretendendo di avere libertà di …. coscienza quelli che hanno votato in Parlamento a favore delle riforme istituzionali, di cui al referendum. Tutto al di sotto del necessario, verrebbe da dire. Per l’Italia e per l’Europa, che si proclama di voler rilanciare secondo lo spirito dei Padri Fondatori. E non mi consola la constatazione che in Inghilterra, in Spagna, in Austria e, domani, temo, anche in Francia, stanno peggio. L’Italia, la sua storia, la sua ricchezza complessiva merita di più. Soprattutto un elettorato più consapevole dei suoi diritti, ma anche del suo dovere di partecipazione. Per selezionare, ed eleggere, una nuova classe dirigente all’altezza del nostro tempo e delle sue sfide. 2. Sabato 2 di luglio, in occasione della premiazione con la Penna d’Oro della Presidenza del Consiglio nell’ambito del Premio Ischia di Giornalismo, è stato qui da noi, a Lacco Ameno, il Cardinale Gianfranco Ravasi. Uomo dalla cultura finissima, parlatore affascinante, di cui ad argomenti di alto valore. Nella mia vita, a volte in controtendenza con colleghi della “malfamata”, allora come adesso, categoria dei “politici”, ho avuto sempre la tensione ad avere rapporti con coloro che ritenevo migliori di me. Solo per elencarne alcuni, che mi hanno onorato della loro amicizia e mi hanno arricchito: Biagio De Giovanni, Pierre Carniti, Maurizio Scaparro, Giorgio Albertazzi. Avevo gran curiosità e piacere di ascoltare dal vivo, e di conoscere, il Cardinale Ravasi. Sono rimasto colpito dalla

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PUNTI DI VISTA

profondità del suo Pensiero e dalla capacità di farlo comprendere appieno: tutto ispirato al culto dei Valori, come Faro in questo tempo di

violenza e di degrado. Auspice Don Gioacchino, bravo parroco di Santa Restituta, ho avuto la gioia di intrattenermi con lui anche un in mo-

mento successivo alla sua pubblica conversazione, ripresa dalle reti Sky: la visita straordinaria, fuori dall’ordinario, agli Scavi di Santa Restituta, purtroppo chiusi al pubblico, per ragioni di sicurezza e di prudenza, che, mi auguro, vengano rimosse a breve. Con la illustrazione di guide esperte, il Cardinale, ha potuto conoscere momenti fondamentali della storia nostra e della stessa Chiesa: dalle Fornaci dell’antica Pithaecusa alla Necropoli Paelocristiana. Nel segno di Don Pietro Monti, che ci ha fatto “compagnia” con il suo spirito lungimirante di strepitoso archeologo “per caso”. Una bella ed indimenticabile esperienza. Mi ha colpito una circostanza; alla conversazione Al Regina Isabella erano presenti pochissimi Isolani e, salvo l’ottimo Don Gioacchino, che poi ha celebrato con lui nella Parrocchia di Santa Maria delle Grazie, non c’era nessun altro sacerdote della nostra Diocesi: evidentemente non avevano nulla da apprendere da questo grande Cardinale. Sapevano già tutto. Un vero peccato per loro! 3. “Darei tutto per avere indietro mio figlio, ma non avrebbe mai perdonato se stesso se avesse lasciato le sue amiche la dentro”. Questo ha detto nel momento del più tragico dolore che possa capitare ad una madre, ed a un padre: la morte di un figlio. Faraaz Hussein poteva salvarsi, aveva risposto a tutte le domande, sul Corano, dei suoi aguzzini, che lo avevano lasciato andare. Ma quando si è accorto che le sue amiche, Abinta Kabir e Tarishi Jain, che pure avevano risposto a quelle domande, ma avevano il tragico “torto” di vestire in jeans, alla occidentale, erano state trattenute per essere uccise, è tornato indietro ed ha scelto di difenderle per morire, dopo aver lottato, insieme a loro. Autentico Fiore in quel mare di sangue, di orrida barbarie, ad opera di menti esaltate, probabilmente “bisognose” di emozioni forti. Figli di famiglie opulenti, frequentatori di scuole “alte”, con l’”alibi” di raggiungere il Paradiso di Allah, hanno determinato Martiri del Lavoro, della Cooperazione, della Integrazione tra i Popoli. Ed anche di un sentimento forte, purtroppo in via di estinzione: l’Amicizia. Per testimoniarla si può sacrificare la propria vita: un esempio alto, un monito per molti, che quel valore hanno smarrito. A volte solo per ragioni di “interesse”.


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Parrocchie

9 luglio 2016

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Anche quest’anno il popolo di Lacco Ameno ha onorato la Madonna delle Grazie Dal 29 giugno al 3 luglio la chiesa parrocchiale Madonna delle Grazie è stata sempre gremita di fedeli accorsi a pregare, venerare, implorare, ringraziare la Vergine Santissima davanti all’antica statua incoronata con corona d’oro da san Giovanni Paolo II, il grande Papa innamorato di Maria, il 19 ottobre 1988

Di P.Giuseppe Buono Pime

I

l triduo in preparazione alla festa è stato predicato dal P. Giuseppe Buono, missionario del PIME, vecchio amico del parroco don Gioacchino, che ha portato con sé in visita alle missioni di Africa, Asia, America Latina. Padre Buono ha illustrato le glorie di Maria che Dio ha voluto mediatrice di ogni grazia. Il 2 luglio, festività della Madonna delle Grazie, è venuto il cardinale Gianfranco Ravasi a celebrare la solennità con la santa Messa e l’omelia in cui il porporato ha intessuto un inno di gloria alla Madre di Dio, Madre della Misericordia, Madre delle Grazie. Anche domenica 3 luglio il cardinale Ravasi ha celebrato la santa Messa e tenuto l’omelia. Il coro della parrocchia ha eseguito, durante le celebrazioni, canti religiosi antichi e moderni con vero spirito di fede. La sera di domenica 3 luglio la statua della Madonna delle Grazie è stata portata in processione da tutto il popolo, visitando per primi gli ammalati degenti all’Ospedale Rizzoli ai quali Padre Buono ha rivolto un fervido augurio di fede perché era Maria santissima che veniva a visi-

tarli e assisterli, come aveva fatto con la cugina Elisabetta dopo l’incarnazione del Figlio suo Gesù. Il parroco don Gioacchino e il vice parroco don Gianfranco hanno guidato le preghiere durante l’intera processione mentre la banda Città di Forio, diretta dal maestro Claudio Matarese, ha accompagnato i passi delle Madonna delle Grazie concludendo con un concerto perfetto le festività. L’ultimo tocco di bellezza è stato lo spettacolo dei Giochi Pirotecnici della Pirotecnica Baranese. L’augurio è che la devozione alla Madonna e la preghiera del Rosario animino sempre la vita cristiana della Comunità parrocchiale Madonna delle Grazie. G.G.Lubrano e dei fedeli della parrocchia


Liturgia

20 9 luglio 2016

COMMENTO AL VANGELO

Domenica 10 LUGLIO 2016

Ripariamo la strada Di Don Cristian Solmonese

C

arissimi amici, in questa domenica il Vangelo ci sottopone una delle pagine più conosciute che in un certo senso sintetizzano anche l’Anno Santo della misericordia: la parabola del buon samaritano. Il racconto comincia con una domanda posta da un dottore della legge. Egli legge bene, sa qual è il contenuto della Legge, ma non si rende conto che tutta la sapienza del comandamento di Dio si riassume in quel verbo che è il vero inizio del passo che lui stesso cita: “Shema Israel”. Infatti, l’evangelista Luca, che cura molto i dettagli del suo racconto nel Vangelo, fa iniziare la citazione del dottore della legge senza il verbo “Shema”: Ascolta. Questo dottore della legge è interessato a carpire il segreto della vita eterna, della vita in pienezza e lo fa mettendo alla prova Gesù. Non si accorge che Gesù sta cercando di riportare il dottore della legge dentro se stesso, nel suo cuore dove Dio stesso abita. Gesù propone un avvenimento, una storia, in essa ci sono tanti particolari che ci fanno prendere atto dell’attualità di eventi come questo. Con l’uomo in viaggio, itinerante, irruente sorge la domanda: “Verso dove sto camminando?” L’uomo incappato nei briganti sta voltando le spalle a Gerusalemme e sta andando a Gerico. Sta volutamente andando verso la depressione, verso il basso, verso il nulla, si allontana dal mistero della Resurrezione di Gesù. Incappa nei briganti e non può essere diversamente. Il voler andare verso il nulla però, il voltare le spalle a Dio non è un limite per Dio stesso, Lui non si scoraggia nel venire a cercarci. Forse noi, come il sacerdote e il levita, troviamo il senso di non accogliere nel fatto che quell’uomo “se l’è andata a cercare”, e così si passa oltre, tanto più che come sempre la mia, la nostra agenda è piena di molti impegni! Spesso però il loro voltare le spalle è causato dal fatto che non sanno come essergli vicino e allora è meglio passare oltre. Anche il samaritano, come gli altri due viandanti, era in cammino, ma il suo era un cammino attento, con lo sguardo rivolto agli eventi. Dalle cure che offre al malcapitato, dai suoi gesti di tenerezza e com-passione si può dire che il buon samaritano si è sentito coinvolto, solidale e responsabile di quello che era accaduto al suo “compagno di viaggio”. La storia di com-passione del buon samaritano ci richiama a considerare il nostro stile di cammino e di presenza nella storia. La com-passione del buon samaritano ci insegna ad essere attenti e a lavorare affiche’ certi stereotipi del nostro modo di concepire la vita, vengano scardinati. Non c’è niente di nuovo nella crisi che stiamo vivendo, pur essendo una crisi economica, è ancor più una crisi antropologica. Curare le ferite con tenerezza è importante, ma altrettanto importante è “riparare la strada” educando al riconoscimento dell’altro che è parte della mia stessa umanità, sviluppando capacità di analisi e di azioni solidali che nel farsi carico delle emarginazioni valorizzino tutte le differenze: di razze, colore, religioni, nazionalità, d’opinioni. Il richiamo è dunque a “riparare la strada” perché altri non cadano nella stessa sofferenza. Buona domenica!

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PARROCCHIA SANTA MARIA DEL CARMINE SERRARA FONTANA

SOLENNI FESTEGGIAMENTI IN ONORE

DELLA MADONNA DEL CARMINE E DI SAN VINCENZO FERRERI

10-17 LUGLIO 2016 Domenica 10 Ore 11.00 S.Messa ed Intronizzazione delle Venerate Immagini della Madonna del Carmine e di San Vincenzo Ferreri Ore 19.30 recita del S. Rosario Ore 20.00 S. Messa. Da Lunedì 11 a venerdì 15 Ore 12.00 recita dell’ Angelus e S. Rosario Ore 19.30 S. Rosario Ore 19.30 S. Messa con il Canto del Vespro, Coroncina e Preghiera alla Madonna. Lunedi 11 GIORNATA DEI FIGLI IN PARADISO Ore 12.00 recita dell’ Angelus e S. Rosario Ore 19.30 S.Rosario Ore 20.00 S.Messa con il Canto del Vespro, Coroncina e Preghiera alla Madonna Martedi 12 Ore 12.00 recita dell’ Angelus e S.Rosario Ore 19.30 S.Rosario Ore 20.00 S.Messa con il Canto del Vespro con la partecipazione dei Confratelli della Congrega dell’ Immacolata e del “Gruppo di Preghiera San Pio” del Ciglio. Mercoledi 13 Ore 12.00 recita dell’ Angelus e S.Rosario Ore 19.30 S.Rosario Ore 20.00 S.Messa con unzione degli infermi, preghiera per tutti gli anziani e gli ammalati, Coroncina e Preghiera alla Madonna. Giovedi 14 Giornata di Preghiera per le Vocazioni Ore 19.00 Esposizione del Santissimo Sacramento, ora di adorazione per le vocazioni, Vespro solenne e Benedizione Eucaristica Ore 20.00 S.Messa solenne, Coroncina e Preghiera alla Madonna. Venerdi 15 Ore 12.00 preghiera dell’Angelus e Santo Rosario Ore 19.30 S.Rosario Ore 20.00 S. Messa,Coroncina e Preghiera alla Madonna a seguire, processione per via Andrea Mattera,via Rosario Iacono , Via Roma, Piazza Calimera , Via Lorenzo Fiore, giro della piazza e ritorno in Parrocchia . In Piazza Calimera benedizione delle campagne, al Cimitero affidamento dei Defunti alla Madonna. Al Rientro canto degli inni e bacio della Reliquia. Sabato 16 Solennità della Regina del Monte Carmelo Ore 8.00 fragorosa diana Ore 9.00 S. Messa con Lodi Ore 11.00 S. Messa solenne e Supplica alla Beata Vergine del Monte Carmelo Ore 21.00 S.Messa solenne in piazza concelebrata dai parroci del Comune al termine, spettacolare incendio della torre campanaria e accompagnato dal Canto dell’ inno “Salve del Ciel Regina” e spettacolo piromusicale a cura della ditta Ischia Pirica Domenica 17 Luglio Ore 11.00 S.Messa Ore 19.30 recita del S. Rosario Ore 20.00 S. Messa. Ore 21.15 In Piazza FESTA DEL CONTADINO: fagiolata, bruschettata, e degustazione dei prodotti dell’enogastronomia locale; si esibiranno Gaetano Maschio con la famosa CANZOLATA , LA TOMBOLA CANTATA ,con la partecipazione straordinaria del gruppo FANTASYNAPOLI; durante la serata vincita di ricchi premi Il Parroco Il Comitato Can. Angelo Iacono


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Ecclesia

9 luglio 2016

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Chi non vive per servire, non serve per vivere Di Ordine francescano secolare di Forio

N

ell’Udienza Giubilare del 30 giugno scorso papa Francesco ha sottolineato con più incisione cosa significa misericordia: «…non dimenticare mai che la misericordia non è una parola astratta, ma è uno stile di vita. … Una cosa è parlare di misericordia, un’altra è vivere la misericordia. Parafrasando le parole di san Giacomo apostolo (cfr 2,14-17) potremmo dire: la misericordia senza le opere è morta in sé stessa. … La gente che passa, che va avanti nella vita senza accorgersi delle necessità degli altri, senza vedere tanti bisogni spirituali e materiali, è gente che passa senza vivere, è gente che non serve agli altri. Ricordatevi bene: chi non vive per servire, non serve per vivere». Parole forti che toccano il cuore, parole di resurrezione come quelle che disse Gesù con forza a Lazzaro invitandolo a uscire dal sepolcro e a liberarsi dalle bende della cecità spirituale, bende che tenevano legato non tanto Lazzaro ma i presenti increduli della Potenza di Dio. Se è vero che “nessuno vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore” ( Rm 14,7), allora è anche vero che bisogna vivere sapendo di dover essere utile al fratello di turno che bussa alla porta del nostro cuore per qualsiasi necessità, sia materiale che spirituale. San Francesco d’Assisi potrebbe essere definito anche il santo del “perfetto servizio”. Donando tutto se stesso ai poveri, agli ultimi, ai lebbrosi e ad ogni genere di malati, ha reso gloria a Dio con opere sante di Misericordia. “Dal momento in cui Francesco rigettò le cose caduche e cominciò ad aderire strettamente al Signore, non volle perdere nemmeno una particella di tempo. Aveva già accumulato abbondanza di meriti nei tesori del Signore, eppure era sempre come all’inizio, sempre più pronto ad ogni esercizio spirituale. Riteneva gran peccato non fare qualcosa di bene e giudicava un retrocedere il non progredire sempre. Mentre dimorava in una cella a Siena, una notte chiamò a sé i compagni che dormivano: «Ho invocato il Signore perché si degnasse indicarmi quando sono suo servo e quando no. Perché non vorrei essere altro che suo servo. E il Signore, nella sua immensa benevolenza e degnazione, mi ha risposto ora:--Riconosciti mio servo veramente, quando pensi, dici, agisci santamente--. Per questo vi ho chiamati, fratelli, perché voglio arrossire davanti a voi, se a volte avrò mancato in queste tre cose »” (FF 743). Nelle ammonizioni che suggeriva ai suoi frati, riguardo al servizio precisava: “Beato quel servo il quale non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più che per il bene che dice e opera per mezzo di un altro. Pecca l’uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non vuole dare di sé al Signore Dio” (FF 166). A chi aveva degli incarichi di comando esortava: “…colui al quale è affidata l’obbedienza e che è ritenuto maggiore sia come il minore e servo degli altri fratelli, e usi e abbia nei confronti di ciascuno dei suoi fratelli quella misericordia che vorrebbe fosse usata verso di sé qualora si trovasse in un caso simile” (FF 197). Come nelle comunità dei primi cristiani san Francesco era stato capace di creare amore e armonia tra i suoi frati. La Leggenda Perugina racconta che: “Si volevano bene l’un l’altro con affetto profondo, si servivano e procuravano il nutrimento con l’amore d’una madre verso i propri figli. Tanto ardeva in essi il fuoco della carità, che avrebbero volentieri dato la vita l’un per l’altro, proprio come l’avrebbero data per il nome del Signore nostro Gesù Cristo” (FF 1516).

Lo Spirito Santo guarisce tutto l’uomo Di Antonio Magaldi

L’

uomo è un insieme di corpo, anima e spirito, in un rapporto non stabile e problematico a causa delle ferite del peccato. Per questo il Figlio di Dio nell’Incarnazione ha assunto la nostra “carne di peccato”. È un mistero di Grazia che si ripete e si realizza in ogni uomo quando riceve il Battesimo: la sua carne viene innestata nell’umanità di Cristo Gesù per essere santificata con la Potenza dello Spirito Santo e resa addirittura “Tempio dello Spirito Santo”. Così, tutto l’uomo viene rafforzato dalla presenza operante dello Spirito di Gesù. Ma se lo spirito è pronto la carne è debole (Mt 26,41). Allora è lo Spirito di Dio che “viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rm 8,26). Scrive S. Ireneo: “ È lo Spirito Santo a rendere il corpo dell’uomo maturo e pronto a collaborare con Dio, è lo Spirito che ci da la forza e guarisce”, ciò che nel corpo è infermo come proclamiamo nell’ “inno allo Spirito Santo”. Afferma P. R. Cantalamessa predicatore apostolico: « Ma lo Spirito Santo non si limita a puntellare la nostra debolezza, a sanare le ferite e a tamponare le perdite del nostro fisico; fa infinitamente di più per “fratello corpo”: lo riscatta dalla sua stessa precarietà e prepara la sua piena e definitiva redenzione (Rm 8,23; Cor 5,4-5; Fil 3,21) ». Gesù afferma che lo Spirito Santo è sopra di Lui e lo ha mandato non solo per annunziare “la lieta novella ai poveri”, ma anche a fasciare e guarire le piaghe dell’uomo, dell’anima come del corpo, per questo “… da Lui usciva una potenza che sanava tutti” (Lc 6,19) e compiva miracoli e guarigioni con la Potenza del Suo Spirito. Gesù ha poi lasciato agli Apostoli e alla Sua Chiesa il potere di sanare sia l’anima che il corpo istituendo anche uno speciale Sacramento per la guarigione degli infermi (unzione degli infermi). Nell’amministrare il rito del Sacramento il sacerdote recita la seguente formula: “Per questa santa Unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo. E liberandoti dai tuoi peccati, ti salvi e nella Sua bontà ti sollevi”. Tra i doni dello Spirito Santo elencati da san Paolo si parla anche del dono “delle guarigioni per mezzo dell’unico Spirito” (1Cor. 12,9), ed oggi possiamo vedere nuovamente, non solo in persone sante ma anche in gruppi di fedeli uniti nella carità e nella preghiera, rivivere insieme agli altri i carismi elencati da S. Paolo, anche quello delle guarigioni. Così Gesù opera anche guarigioni per mezzo della Sua Chiesa e dei Suoi fedeli come Egli stesso ha promesso: “… anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi perché io vado al Padre” (Gv 14-12). Per questo Gesù ha lasciato in eredità il Suo Spirito e la Chiesa ci fa chiedere nella “Sequenza dello Spirito Santo” la guarigione del corpo: “… consolatore perfetto, ospite dolce dell’Anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica riposo, nella calura riparo, nel pianto conforto, … bagna ciò che arido, sana ciò che sanguina …”. Possiamo affermare, senza alcun dubbio, che la presenza risanatrice dello Spirito Santo viene esercitata su tutto l’uomo: Egli viene a salvare, a guarire, ad ammonire, irrobustire, consolare, illuminare. S. Ireneo afferma che lo Spirito Santo è “quell’albergatore a cui il buon Samaritano, Cristo affida l’umanità ferita, perché si prenda cura di lei”.


Libri

22 9 luglio 2016

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Censimento degli invisibili Il risveglio della poesia che parla anche della realtà. È il viaggio proposto dal giornalista e poeta Cesare Davide Cavoni nel volume dal titolo Censimento degli invisibili. Un viaggio che prende spunto dalla tragedia dei migranti e dalle piccole e grandi storie di persone considerate invisibili, tra guerre, conflitti interiori e la nostra condizioni di Ulisse di periferia.

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hi può predisporsi, se non la poesia, ad un censimento di tutto ciò, cose e persone, che pur viaggiandoci accanto sembrano invisibili. E’ in questa nebbia che si muovono figure familiari e nello stesso tempo lontanissime. Così questi versi si nutrono di storie e scendono in strada, nella guerra e nel fango per andarsele a prendere. Figure e storie che entrano tutte in un gigantesco museo dell’inquietudine. Gli ultimi, coloro che vivono in eterne periferie, dell’anima e dello spazio, ai margini della storia; quelli di cui ci si ricorda solo attraverso statistiche e numeri. Sono loro i protagonisti di questo libro. Sono loro le persone che attraversano i giorni alla maniera di gironi infernali senza che nessuno se ne accorga. Sono gli invisibili. Lo sono oggi, in un presunto tempo di pace, così come altri lo sono stati in un lontano tempo di guerra, quando in molti si giravano dall’altra parte per non vedere i forti infierire sui deboli. È questo un duplice viaggio, reale e immaginario, che si snoda lungo due distinti versanti narrativi; da una parte gli invisibili che affiorano dalla realtà, fino a farsi cronaca: malati, migranti, vittime di guerre e regimi; dall’altra il simbolo di un altro viaggio, in apparenza più personale, ma che rispecchia la ricerca di senso di ogni persona e che attraversa il dolore come una smemorata radiografia di cartapesta. È qui che trova posto il cammino di un Ulisse di periferia, che sogna il mare aperto verso casa ma che in realtà è già così intrappolato in essa, da non riuscire a salpare se non in un ristretto specchio d’acqua all’idroscalo. In una civiltà dedicata al mito di Ulisse e al suo perduto desiderio di tornare, oggi i migranti rappresenta-

no forse il devastante contrappasso di quel viaggio centripeto. Da qui muove i suoi versi questa raccolta, da una delle tragedie più devastanti di questi anni: 3200 migranti morti nel 2015, tra cui oltre 700 bambini.

La speranza della fuga che finisce nella disfatta della morte. Elementi che fanno riaffiorare alla memoria come in Emigrazione 1884-2013, i primi del ‘900 allorché centinaia di migliaia di italiani tentarono la fortuna in terre straniere,

spesso accolti a cannonate e coperti da insulti d’ogni tipo. Ma i versi tornano indietro nel tempo a ricordare anche conflitti da poco passati le cui macerie ancora ci interrogano (Paesaggio senza vittoria a Mostar). Con agile passo narrativo, senza mancare però delle note più accorate e liriche, questa raccolta cerca di ridare dignità ad una realtà che di solito la poesia non si fa carico di raccontare così presa nelle sue modulazioni autoreferenziali. È un viaggio che si dipana attraverso un linguaggio che abbandona il barocchismo di tanta tradizione per attingere invece ad un ritmo più piano, disteso e comprensibile. Dunque, ad una prima sezione impigliata nel reale, addirittura nella cronaca dei giorni nostri, fa da contraltare una seconda sezione il cui titolo è già un programma poetico: Ulisse all’idroscalo si pone infatti come il diario personale di un viaggio che partendo dal cuore dell’Europa, arriva alle radici universali dell’umano. Il calvario di Ulisse è quello di ognuno di noi. Tutto sommato, siamo tanti Ulisse, anche se all’idroscalo. E meritiamo almeno ritorni più confortevoli visto che non riusciamo ad avere il coraggio di Abramo per partire con biglietto di sola andata. Insomma, accanto a questa sorta di richiamo civile, si affianca una parte più introspettiva di questa raccolta ma sempre e comunque inserita nei racconti e resoconti di vite, con una tensione a volte più surreale e fantastica, come il viaggio di Volo pindarico che capovolge i luoghi comuni che spesso avvolgono la disabilità. Ecco chi sono gli invisibili. Certo, non è possibile censirli, ma la poesia ne autentica il grido, ne ricompone l’assenza. Colma un teatro vuoto con il loro canto.


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Cinema

9 luglio 2016

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Di Gina Menegazzi

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iovedì 30 giugno – L’Ischia Film Festival alla sua XIV edizione, svoltosi nella settimana dal 25 giugno al 2 luglio, ha ancora una volta offerto delle opportunità uniche di capire quanto certi aspetti del paesaggio, dell’urbanistica, dell’architettura, entrino a far parte di quella che è la storia di un film. Ma tra i momenti più belli e interessanti delle sue serate, nell’affascinante cornice del Castello Aragonese, ci sono anche gli “Incontri di cinema”: aperti a tutti, sono una chiacchierata con autori e attori prima delle proiezioni. Sempre interessanti e mai banali - anche grazie alla simpatia degli intervistatori, primo fra tutti Boris Sollazzo - permettono, nella decina di minuti che precedono il film, di approfondirne alcune caratteristiche, scoprirne il dietro le quinte e conoscerne un po’ regista e attori. Sempre con garbo, sempre senza prosopopea. Tale è stato anche l’incontro con il giovane scozzese Ben Sharrock, regista del bellissimo Pikadero un film che mi ha conquistato, per la fotografia, per l’ironia che serpeggia in tutta l’opera e stempera l’amarezza dell’argomento di fondo - le scarse possibilità di un futuro per i giovani – e per l’essere a cavallo, spesso, di sentimenti contrastanti. Proprio bello, e meritato quindi il Premio Castello Aragonese come Miglior Regista al suo autore! Nella stessa serata ho poi seguito Ixcanul – Vulcano, film guatemalteco, che racconta la vita di alcuni discendenti Maya al lavoro in una piantagione di caffè, una vita in cui la fede cristiana si mescola in continuazione con le vecchie credenze, accolte e negate allo stesso tempo. Mi ha in particolare colpito il personaggio della madre, umanissimo, capace di non giudicare e d’impegnarsi con amore e senso pratico per aiutare la figlia. Venerdì 1 luglio c’è stata

Osservazioni ai margini di un festival

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la proiezione più attesa dal pubblico ischitano: “Festina lente”, dedicato alla vita di Vittoria Colonna. Per vederla, sono salite sul Castello persone che di solito non seguono l’Ischia Film Festival, e questa è già una bella cosa. Il titolo, come ha rivelato la regista Lucilla Colonna, è un duplice omaggio: da un lato ad Aldo Manuzio, stampatore veneziano della prima metà del ’500, che aveva queste parole – Affrettati lentamente – come suo motto; e dall’altro al procedere della vita di Vittoria Colonna, donna risoluta che sembra essersi proprio rifatta a queste parole nelle sue decisioni. Purtroppo il film ha deluso le aspettative, soprattutto per la mancanza totale di qualunque immagine del Castello, più volte citato insieme all’isola d’Ischia e sostituito da altri luoghi che non riuscivano tuttavia a ricordarlo. Se la vita di Vittoria Colonna risultava comunque interessante, non si restava però conquistati dal film per quel senso di straniamento che il Castello grande assente – e la proiezione si svolgeva pure in cattedrale, luogo delle nozze della poetessa con Ferrante d’Avalos – provocava. Peccato! Sabato 2 luglio – Serata finale,

dedicata alle premiazioni e alla proiezione di alcuni dei film vincitori. Non riporto tutti i premi e le menzioni: chi fosse interessato li può trovare, insieme a tante immagini e commenti, sul sito dell’Ischia Film Festival; voglio solo ricordare l’Ischia Film Award alla carriera, massimo riconoscimento del festival, alla regista Margarethe von Trotta, per il 2016, e la consegna dello stesso premio al Maestro Pasquale Squitieri, che lo scorso anno fu impossibilitato a ritirarlo per un incidente stradale. Ma il festival è stato soprattutto un turbinio d’immagini, che ci hanno fatto viaggiare per il mondo, permettendoci per un poco di allontanarci dal nostro scoglio per conoscere altri mondi, altre culture; e insieme un’opportunità per Ischia di essere conosciuta come sede prestigiosa di questo carosello di emozioni. Ancora una volta il coraggioso e caparbio lavoro di Michelangelo Messina ed Enny Mazzella ha dato frutti meravigliosi. Appuntamento allora all’ultima settimana di giugno 2017, per la XV edizione dell’IschiaFilmFestival, il festival cinematografico più bello del mondo.

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