Kaire 17 anno III

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Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 3 | numero 17 | 23 aprile 2016 | E 1,00

“Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% Aut: 1025/ATSUD/NA”

VIII CATECHESI GIUBILARE Mercoledì 27 aprile in Cattedrale la catechesi con Ernesto Olivero del Servizio Missionario Giovani di Torino. L’esperienza del Sermig per sconfiggere la fame con opere di giustizia, promuovendo sviluppo e solidarietà verso i più poveri A pag. 9

IL CONTO SALATO Trivelle

EDITORIALE DEL DIRETTORE

cosa succede ora? Di Lorenzo Russo

I

l referendum sulle trivelle si è chiuso con il mancato raggiungimento del quorum utile a bloccare alla data di scadenza delle concessioni le estrazioni di gas naturale e petrolio nelle acque territoriali italiane. Le concessioni quindi, in base alla legge attuale, saranno prorogate fino all’esaurimento dei giacimenti, fatto considerato illegale dai promotori del referendum perché secondo le regole europee non possono stipularsi concessioni senza data di scadenza. I lavoratori (pochi o molti) che operano nel settore delle trivellazioni hanno tirato un respiro di sollievo Rimane un dato significativo: il 32% dei cittadini aventi diritto di voto è andato a votare e si è espresso in grande maggioranza per il blocco delle concessioni. Non avendo raggiunto il quorum non si avranno effetti pratici, ma non potranno non esserci di politici: agli italiani i problemi ambientali interessano eccome. E non solo a quella fetta che ha votato si, ma anche quella del no o che si è astenuta perché ha considerato il referendum uno strumento non incisivo, promosso contro il governo con finalità diverse da quelle ambientali. Il Premier Renzi non può non tenerne conto! Dovrebbe anzi affrettarsi a varare

Continua a pag. 2

Dopo il referendum sulle trivelle lo Stato presenta il conto alle Regioni

sull’inquinamento dei mari per l’assenza dei depuratori. Ogni giorno il ministero dell’Ambiente paga all’Europa sanzioni per 130 mila euro. Ma con la legge di stabilità potrà chiederne conto agli enti locali

LA SCUOLA AL GIARDINO DELL’AMICIZIA I ragazzi delle medie di Barano in visita didattica all’orto dell’Acca Parlante con la supervisione di Francesco Mattera

SEGUIAMO FRANCESCO Domenica 24 nelle nostre chiese la colletta straordinaria pro-Ucraina. Perché questa iniziativa? Cosa succede nel cuore dell’Europa?

AMORIS LAETITIA Anche per i divorziati ci sono spiragli di luce. Tanta la gratitudine ma ci si interroga sulle modalità del percorso.

SLOTMOB, CONTRO LE MULTINAZIONALI DELL’AZZARDO Parte la campagna di sensibilizzazione per lanciare la giornata di mobilitazione nazionale del 7 maggio.


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Primo Piano 23 aprile 2016

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Continua da pag. 1 un piano energetico nazionale che ci porti nel più breve tempo possibile ad un maggiore utilizzo delle energie rinnovabili, anche superando gli impegni di Parigi, visto che siamo il Belpaese, dove sole e bellezza sono la predominanza nel nostro patrimonio, e siamo avvantaggiati dalla notevole disponibilità di energia rinnovabile idroelettrica. Ricordiamo che oggi siamo i primi al mondo nell’utilizzo del fotovoltaico perché in passato abbiamo concesso gli incentivi più alti pagati dalle aziende e dai cittadini italiani con salate addizionali sulle bollette elettriche. Poi, mano a mano le agevolazioni sono state ridotte. Adesso le addizionali potrebbero essere nuovamente aumentate, distribuendone però l’onere su tutto il consumo di combustibili fossili: carbone, petrolio e gas naturale, in proporzione all’effetto serra provocato da ciascuno. Sarebbe cioè utile introdurre la “carbon tax”, quella che negli USA Obama vorrebbe porre sul prezzo della benzina e che per ora non ci riesce, forse a causa delle lobby petrolifere. DEPURATORI E DISCARICHE Incassata la vittoria dal referendum, ora Renzi bacchetta le Regioni sui depuratori inesistenti. Tutte le regioni italiane non rispettano in pieno gli obblighi Ue in materia depurazione - e quindi anche le nove ‘referendarie’ - e il governo ha deciso di intervenire solo in quelle dove, malgrado importanti finanziamenti, le opere erano bloccate (noi ad Ischia ne sappiamo qualcosa!!!). Intanto, l’Italia dal 2016 grazie a queste inadempienze dovrà pagare 480 milioni l’anno di sanzioni, ben 130 mila euro di multa al giorno. Se poi vogliamo considerare anche il problema rifiuti e le discariche, allora stiamo già pagando multe di decine di milioni. Qui le regioni ‘fuori legge’ sono addirittura 14. Le discariche non in regola, sia a nord che a sud sono 155. Dall’inizio dell’anno il ministero dell’Ambiente ha già pagato 82 milioni di euro di sanzioni. La Campania grava sulle casse del Ministero per 120mila euro al giorno per l’eterna emergenza.

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Depuratori il conto salato delle regioni

Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, è intenzionato ad avvalersi del potere di rivalsa, facilitato dalle norme inserite nell’ articolo 1 comma 813 della Legge di stabilita 2016. In pratica per pagare la sanzione si useranno, bloccandoli, fondi destinati a comuni e regioni. Insomma: la guerra fra Stato e Regioni non destinerà ad esaurirsi… Ritornando alla depurazione, nessuna regione si salva malgrado i non pochi finanziamenti ricevuti. Tra il 2011 e il 2012 tre delibere del Cipe avevano stanziato 3,2 miliardi di euro per depuratori, sistemi fognari e acquedotti. Ben 2,8 miliardi erano riservati alle regioni del Sud, per circa 900 opere. Tra le 86 città con più di 150mila abitanti, il 31,8% non è connesso con la fogna e il 41,9% non è in regola per il trattamento se-

Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia Codice fiscale e P.Iva: 04243591213 Rea CCIAA 680555 - Prefettura di Napoli nr.11219 del 05/03/2003 Albo Nazionale Società Cooperative Nr.A715936 del 24/03/05 Sezione Cooperative a Mutualità Prevalente Categoria Cooperative Sociali Tel. 0813334228 Fax 081981342 info@kairosonline.it pec: posta.kairos@pec.it Registrazione al Tribunale di Napoli con il n. 8 del 07/02/ 2014

condario delle acque reflue. Se scendiamo al di sotto dei 150mila abitanti (il caso dell’isola d’Ischia) scopriamo che i comuni fuori legge sono più di 2.500. Tutto questo ci pone all’ultimo posto tra i Paesi europei per numero di abitanti raggiunti da fognature e allacciati a collettori e depuratori. Non una questione di fondi che, come sappiamo, c’erano, ma di capacità di spesa, di progettualità, di efficienza. Così il governo è intervenuto commissariando le opere da realizzare, e non realizzate, in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Veneto, Lazio, Sicilia, Abruzzo, Marche e Liguria Ma qual è la situazione in queste regioni? Secondo i dati forniti da Italiasicura, la struttura di missione della Presidenza del Consiglio che si occupa

Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

anche dei servizi idrici, come copertura del servizio depurazione, la Basilicata è al 62,6%, la Campania al 58,6%, la Calabria al 51,6%, la Puglia al 66,3%, il Veneto al 48,8%, le Marche al 49%, la Liguria al 60,9%. Drammatica la situazione siciliana dove, come ci spiega il direttore di Italiasicura, Mauro Grassi, «ci sono 431 depuratori per 390 comuni, ma ne funzionano solo 12. In pratica più di due milioni di siciliani è come se scaricassero direttamente in mare». Ma anche qui scatterà la rivalsa dello Stato alle Regioni: 185 milioni la Sicilia, 74 la Lombardia, 66 il Friuli, 38 la Calabria, 21 la Campania, 19 la Puglia e la Sardegna, 18 la Liguria, 11 le Marche, 8 l’ Abruzzo, 7 il Lazio, 5 Valle d’ Aosta e Veneto. Ne vedremo delle belle…

Redazione: Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia kaire@chiesaischia.it | @chiesaischia facebook.com/chiesaischia @lagnesepietro Tipografia: Centro Offset Meridionale srl Via Nuova Poggioreale nr.7 - 80100 Napoli (NA) Per inserzioni promozionali e contributi: Tel. 0813334228 Fax 081981342 oppure per e-mail: info@kairosonline.it

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La Voce di Pietro

23 aprile 2016

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Di Giuseppe Galano

I

l momento di incontro è stato molto bello ed intenso. Durante la veglia di preghiera si è ascoltato la Parola di Dio e pregato per ottenere il dono di nuove vocazioni nella Chiesa. Nel corso della serata è stato possibile ascoltare alcune testimonianze molto forti su come Gesù operi grazie su grazie in coloro che ascoltano la Sua chiamata. Lo slogan della 53a Giornata Mondiale delle Vocazioni richiama la Misericordia di Dio che infonde la Sua grazia sugli uomini e sulle donne. Ad introdurre il momento di preghiera e riflessione don Beato Scotti, direttore dell’Ufficio di Pastorale vocazionale, che ha letto il messaggio di Papa Francesco per questa giornata. Al canto Come tu mi vuoi, intonato dalle voci della corale della Pastorale Giovanile, ha fatto seguito un emozionante momento di testimonianze. I diaconi Carlo Pietro Mazzella ed Antonio Pisani hanno donato ai presenti un pezzetto della loro vita mettendo in risalto come quando ci si fida di Dio e lo si ascolta possono avvenire meraviglie e grazie insperate ed inimmaginabili. Gesù chiama per nome quando meno ce lo si aspetta, spesso non si riconosce immediatamente la chiamata del Signore. Basta fidarsi, aprire il proprio cuore a Gesù e permettergli di entrare. Nel chiamare le persone alla vocazione Dio è sempre molto originale, la sua chiamata è unica per ciascuno. In ogni caso, passo dopo passo, si impara a seguire Gesù, a conoscerlo, ad ascoltarlo e dirgli sì. Sia Carlo che Antonio hanno riconosciuto la chiamata di Gesù,si sono fidati e lasciati guidare dallo Spirito Santo che rende possibili anche le cose che ai più potrebbero apparire impossibili da realizzare. Al canto Creati per te ha fatto seguito il secondo momento della veglia vocazionale: l’accoglienza e l’ascolto della Parola di Dio. Il passo del Vangelo proposto per l’occasione, la parabola del figliol prodigo o del padre misericordioso rappresenta la fotografia migliore di Dio Misericordioso. Molto intensa e carica di riflessioni l’omelia del Vescovo Pietro. “Questa è una Liturgia di rendimento di grazie al Signore per il dono della Chiesa. Diciamo grazie al Signore che ci dona vocazioni”. L’attenzione di Mons. Lagnese si sposta sul passo del Vangelo di Luca, meditandolo in chiave vocazionale. Egli si sofferma su alcuni aspetti della parabola ai quali spes-

Per le vocazioni Sabato 16 aprile si è celebrata nella Chiesa Cattedrale la Veglia Vocazionale diocesana presieduta dal nostro Vescovo Pietro

so si presta poca attenzione. Tante volte ascoltando questa pagina molto bella non si presta attenzione a quei personaggi di cui il padre si serve quando il figlio rientra a casa. “Il figlio è intenzionato a rientrare da servo ma il padre lo accoglie da figlio. Egli chiama questi personaggi, i servi, ai quali dice di prendere il vestito più bello, l’anello ed i sandali per farli indossare al figlio. Questa sera sento che in fondo nella Chiesa i consacrati e tutti i battezzati sono coloro i quali il Signore si serve affinché tutti possano sentirsi figli amati e perdonati da Dio”. Il Vescovo afferma che questi servi rappresentano la comunità cristiana che accoglie ed abbraccia . Una comunità che, nonostante i suoi limiti, si sente accolta da Dio. “Il Signore sceglie con modalità sorprendenti coloro i quali sono chiamati a svolgere un servizio nella Chiesa. L’alveo più grande per favorire le vocazioni è la comunità cristiana. Il chiamato è colui il quale sente dal profonde del cuore di dire grazie al Signore perché, nonostante tutto, nonostante i suoi peccati, la sua storia di vita, è amato dal Padre”. Padre Pietro afferma che le vocazioni sono modalità di rendimento di grazie al Signore.”Chiediamo al Signore che ciascuno di noi possa vivere il dono ricevuto rendendo grazie a Dio che ci guida e ci ama. Che possiamo impegnarci affinchè le nostre siano comunità di donne ed uomini amati e perdonati dal Padre. Che possano nascere in queste comunità vocazioni per la nostra Chiesa con persone che dicano con la loro vita che Dio ci ama tanto, con l’aiuto di Maria, la povera per eccellenza, della cui povertà Dio si è innamorato”. Prima della conclusione della veglia si è vissuto un intenso momento di esposizione ed adorazione a cui ha fatto seguito la benedizione Eucaristica. Andrea Di Massa


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L'appello

Colletta straordinaria pro-Ucraina Di Lorenzo Russo

C

ome a tutti è noto, durante la preghiera del Regina Coeli di domenica 3 aprile, Papa Francesco ha indetto per domenica 24 aprile una colletta straordinaria in tutte le chiese cattoliche d’Europa per venire incontro alle necessità del popolo ucraino che soffre per la violenza che da alcuni anni sta provocando morte e distruzione in quella nazione. Anche nell’udienza generale di mercoledì 20 aprile, Francesco ha rilanciato l’appello: «La popolazione dell’Ucraina soffre da tempo per le conseguenze di un conflitto armato, dimenticato da tanti. Come sapete, ho invitato la Chiesa in Europa a sostenere l’iniziativa da me indetta per venire incontro a tale emergenza umanitaria. Ringrazio in anticipo quanti contribuiranno ge-

nerosamente all’iniziativa, che avrà luogo domenica prossima, 24 aprile». Il pensiero va “al dramma di chi patisce le conseguenze della violenza in Ucraina: di quanti rimangono nelle terre sconvolte dalle ostilità che hanno causato già varie migliaia di morti, e di quanti, più di un milione, sono stati spinti a lasciarle dalla grave situazione che perdura”. “Ad essere coinvolti sono soprattutto anziani e bambini”. “Oltre ad accompagnarli con il mio costante pensiero e con la mia preghiera” ha detto il Papa, “ho sentito di decidere di promuovere un sostegno umanitario in loro favore”. “Invito i fedeli ad unirsi a questa iniziativa con un generoso contributo” ha detto Francesco. “Questo gesto di carità, oltre ad alleviare le sofferenze materiali, vuole esprimere la vicinanza e la solidarietà mia personale e dell’intera Chiesa.

Auspico vivamente che esso possa aiutare a promuovere senza ulteriori indugi la pace e il rispetto del diritto in quella terra tanto provata”. I proventi della colletta si aggiungeranno a una consistente somma di denaro messa a disposizione dallo stesso Francesco e andranno a beneficio dei residenti nelle zone colpite e degli sfollati interni. Il Pontificio Consiglio “Cor Unum” è incaricato di valutare ed approva-

re la gestione tecnica dei fondi, secondo progetti vagliati localmente da un’apposita Commissione. Per la fine del mese di aprile è prevista una missione in Ucraina da parte di monsignor Giampietro Dal Toso, Segretario di “Cor Unum”. Anche ad Ischia, in tutte le chiese della diocesi, domenica 24 aprile ci sarà la raccolta che poi verrà consegnata e gestita direttamente dalla caritas diocesana.

L'osservatore romano

Una drammatica crisi umanitaria N el cuore dell’Europa c’è una guerra quasi dimenticata dai media che da circa due anni sta flagellando l’est dell’Ucraina. L’alto commissariato dell’Onu per i diritti umani ha recentemente reso noto che sono 9080 i morti nei combattimenti tra l’esercito regolare di Kiev e i ribelli separatisti, mentre 20.732 i feriti, a cui si aggiungono dispersi e prigionieri, spesso illegalmente detenuti. I presidenti ucraino, Petro Poroshenko, russo, Vladimir Putin, francese, François Hollande, e il cancelliere tedesco, Angela Merkel, hanno concordato con l’accordo raggiunto a Minsk, in Bielorussia, nel febbraio del 2015, un cessate il fuoco. La fragile intesa è stata rinnovata nel settembre dell’anno scorso, ma il percorso verso la pace è ancora lungo. Il conflitto non si è mai estinto e perdura, con vittime causate soprattutto dall’ enorme quantità di mine antiuomo mai rimosse e dagli spari incessanti dell’artiglieria. La guerra ha provocato una situazione umanitaria disastrosa.

Sono oltre tre milioni le persone che soffrono: 800.000 lungo la linea che separa i territori sotto controllo del Governo ucraino e 2.700.000 nelle zone al di fuori del controllo di Kiev. E questo anche perché la rigidità della contrapposizione tra le parti costituisce la principale difficoltà a trovare una soluzione alla crisi. In particolare vigono limitazioni all’importazione di beni commerciali, compresi i medicinali, nei territori esclusi dal controllo governativo e forti resistenze a consentire l’arrivo di aiuti internazionali nei territori fuori dal controllo ucraino. A farne le spese sono soprattutto anziani, donne e bambini. L’intero quadro è peggiorato dalla situazione economica globale dell’Ucraina, in preda a una pesante inflazione che riduce drasticamente il potere d’acquisto. Oltre la metà delle famiglie non è in grado di sostenere i prezzi di mercato. E le famiglie con minore accesso al cibo sono quelle in cui le donne sono le sole a capo del nucleo familiare. Si calcola che almeno mezzo milione di persone hanno urgente necessità di cibo. Ma i maggiori bisogni concernono

il settore sanitario e riguardano l’intera popolazione colpita dal conflitto. Per 1.300.000 persone l’accesso all’acqua potabile è a rischio, mentre gas ed energia elettrica sono erogati senza continuità. Infine, c’è il dramma dei profu-

ghi. Anche se anziani e malati non sono in grado di lasciare la zona dei combattimenti, sono oltre 200.000 i bambini che hanno trovato rifugio nelle regioni dell’Ucraina al di fuori delle aree colpite. Un bambino su quattro è dunque un rifugiato.


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PERCHE’ L’INIZIATIVA?

L’ucraina fa i conti con un conflitto infinito Di Mauro Mondello

Trecentoventi chilometri. Una linea di fuoco che da Sud a Nord

L

a guerra in Ucraina non è finita. Nella capitale, nelle città occidentali di Odessa, Leopoli, Cernivci, la vita scorre tranquilla. I locali restano aperti sino a tardi, i giovani sciamano in giro per le vie del centro, auto di lusso sfrecciano verso i quartieri alla moda. Intanto, un centinaio di chilometri più a est si continua però a combattere una lotta durissima e silenziosa, combattuta centimetro dopo centimetro, in un territorio cuscinetto fatto di check-point, conflitti a fuoco, barricate e colpi di mortaio. «A me non sembra proprio che questa si possa chiamare pace – racconta Taras Putivcev, 40 anni, volontario nelle formazioni filorusse che difendono la città di Donetsk, roccaforte ribelle e capitale dell’omonima autoproclamata Repubblica popolare, confluita nella Federazione russa –. Si sente sparare tutto il giorno, da una parte e dall’altra. Spesso è persino difficile capire da dove stiano arrivando gli scoppi di artiglieria, qui è il caos, non ci sono regole, ogni gruppo cerca di difendere il pezzo di terreno che si è conquistato, non importa come e a che prezzo». Chi combatte vive da mesi in scantinati abbandonati intorno all’aeroporto di Donetsk, dove si registrano gli scontri più duri. Le immagini di distruzione del villaggio di Pisky, a pochi chilometri dallo scalo, sono la rappresentazione perfetta di un conflitto che non intende fermarsi. Non un solo palazzo è stato risparmiato dai colpi d’artiglieria mentre gli uomini, da una parte e dall’altra, continuano ad assembrarsi, in attesa che il livello del conflitto torni ad alzarsi. Secondo gli accordi di Minsk, stipulati in febbraio 2015 da Russia, Ucraina, Francia e Germania, nel corso di questi mesi le forze in campo avrebbero dovuto ritirare le armi pesanti dal fronte militare, permettere agli osserva-

800.000 persone lungo la linea che separa i territori sotto controllo del governo ucraino

2.700.000 persone nelle zone al di fuori del controllo governativo ucraino

taglia la regione ucraina del Donbass e comprende le città di Mariupol, Donetsk, Debaltseve e Lugansk, sino al confine russo. È questo lo spazio di terra nel quale si continua a combattere la guerra ucraina, un conflitto a bassa intensità che, incurante del cessate il fuoco firmato a febbraio 2015 da separatisti filorussi ed esercito di Kiev, continua a mietere vittime tori internazionali un monitoraggio completo ed effettivo della zona di guerra e del confine russo-ucraino e organizzare una tornata elettorale in tutta la regione che tenesse conto delle richieste ribelli di indipendenza, ma sotto l’egida politica ucraina. Nessuno di questi punti è stato concretamente implementato e la sensazione è che le schermaglie militari che si sono registrate nel corso delle ultime settimane potrebbero presto riesplodere in un nuovo conflitto su larga scala. «Stiamo combattendo contro Vladimir Putin, una persona che non è mentalmente stabile – ha dichiarato alla stampa Andryi Gegert, comandante dell’ottavo battaglione della formazione Settore Destro, la forza politica ultranazionalista che ha organizzato un nutrito gruppo di volontari in appoggio all’esercito regolare di Kiev e che si batte alla porte della città di Mariupol –. Nel resto dell’Ucraina, forse nel resto d’Europa, ci si è dimenticati della nostra guerra. Eppure qui la situazione continua a peggiorare. La soluzione non c’è, purtroppo. Tutto quello che possiamo fare è uccidere i nostri nemici e difendere la patria ucraina!». Ufficialmente il governo degli Stati Uniti ha deciso di ritirarsi dalla partita diplomatica, ma appare chiaro il coinvolgimento Usa nella strategia utilizzata dal presidente ucraino Poroshenko nel corso degli ultimi

500.000 persone hanno urgente necessità di cibo

mesi. La decisione dell’esecutivo di Kiev di nominare Mikheil Saakashvili, ex presidente della Georgia e personaggio particolarmente inviso alla Russia, come nuovo governatore della regione di Odessa, e il rigido blocco economico e commerciale imposto a tutta la regione del Donbass dal governo ucraino, sono infatti sembrate scelte di campo coordinate e sostenute dall’amministrazione americana. Il governo americano ha deciso di impegnarsi in prima linea nel timore di lasciare campo libero a Mosca. «Con l’accordo di Minsk la Russia si è ritagliata un ruolo fondamentale nella discussione politica in corso – ha spiegato Alexander Khodakovsky, un ex ufficiale delle forze speciali ucraine, oggi fra i leader militari delle formazioni ribelli a Donetsk –. Durante le trattative è stata chiarita l’influenza russa sull’area del Donbass e adesso è necessario fare i conti con noi». Alla luce dei fatti, lo scenario più credibile appare al momento quello di un conflitto da congelare, con la regione di Donetsk considerata de facto come entità autonoma e sostenuta finanziariamente dal governo russo. Date le disastrose condizioni economiche del governo centrale ucraino, una soluzione di questo genere potrebbe forse trovare diverse sponde favorevoli. Di fatto, garantirebbe all’Ucraina lo status quo diploma-

I NUMERI

1.300.000 persone a cui l’accesso all’acqua potabile è a rischio

2.300.000 persone hanno urgente bisogno di medicine e cure

200.000 i bambini che hanno trovato rifugio nelle regioni dell’Ucraina al di fuori delle aree colpite

tico sulla regione, e ai ribelli l’effettivo controllo dell’area. Sono in molti, d’altronde, a sostenere il disimpegno di Kiev nella battaglia a Est. «Non capisco per quale motivo i nostri uomini debbano andare a morire per riunificare un territorio che non ha intenzione di stare con noi e che non condivide i nostri ideali europeisti – spiega Alissa Novitchkova, legale dell’organizzazione non governativa Euromaidan Sos –. Smettiamola di combattere: se vogliono stare con la Russia, che ci stiano, l’importante è che ci lascino in pace». Intanto nella capitale c’è chi ha ingaggiato una vera battaglia contro le formazioni politiche più a sinistra: ieri il ministro della Giustizia Pavlo Petrenko ha deliberato che i tre partiti comunisti ucraini ancora attivi vengano messi fuori legge. A scontrarsi però con un’ipotesi di disimpegno è il timore che Mosca, una volta ottenuto il via libera nella regione del Donbass, possa insistere cercando di penetrare in altre aree del Paese. In tanti, all’inizio degli scontri fra Russia e Ucraina, partiti nella primavera del 2014, pensavano che Vladimir Putin si sarebbe accontentato della Crimea, ma non è andata così. Dopo Sebastopoli è stato il turno di Donetsk, e in molti credono che l’obiettivo seguente potrebbe collocarsi più a Nord, verso la città di Kharkiv. La guerra in Ucraina, purtroppo, non è ancora finita.

1 bambino su 4 è dunque un rifugiato

10% i cattolici in Ucraina


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AMORIS LAETITIA

«Ora per noi divorziati la porta è davvero aperta» Soddisfazione e gratitudine per l’Esortazione ma ci si interroga sulle modalità del percorso Di Luciano Moia

C'

è gratitudine, c’è stupore, c’è soddisfazione. Ma c’è anche, inutile negarlo, una buona dose di disorientamento e di incertezza per la nuova pagina aperta dall’Esortazione postsinodale Amoris laetitia. E, soprattutto, per quello che questa pagina significherà per milioni di divorziati risposati. «Fine della lontananza Chiesa-separati e inizio di una nuova storia di vicinanza. Se dicessi di essere commosso sarebbe una banalità. Ma è proprio così», sintetizza Ernesto Emanuele, presidente dell’Associazione famiglie separate cristiane, che però subito dopo aggiunge: «Ma ora chi si occuperà di noi, concretamente? Da 25 anni sto accanto a chi vive i problemi della separazione, in riferimento al rapporto tra sacerdoti e separati, ho visto situazioni anche molto spiacevoli. Come si farà a creare una nuova sensibilità in tempi brevi? E quanti anni ci vorranno per quella formazione di cui parla anche il Papa nell’Esortazione? Anche la Familiaris consortis, 35 anni fa, auspicava “urgente sollecitudine” nei nostri confronti, ma poi le cose sono andare un po’ diversamente...». Domande cariche di angoscia che invece Lauro Bruscagin e Rita Paron di Rovigo non intendono affrontare in questo momento. Entrambi un divorzio alla spalle, in attesa di risposarsi, un bambino in affido da tre anni, hanno ben chiara un’idea. «Adesso in fondo al nostro tunnel - spiegano sorridendo - possiamo finalmente vedere una luce». Da otto anni, dopo la separazione, frequentano il Gruppo diocesano Emmaus che accoglie separati e divorziati in nuova unione, di cui è assistente spirituale don Carlo Santato. «Questa è davvero una svolta decisiva che - riprendono - ci aiuta a

vedere la nostra situazione in una prospettiva diversa. Dieci anni fa, quando ci siamo separati, inutile negarlo, la nostra condizione di divorziati creava non pochi imbarazzi». La prima svolta, circa cinque anni fa, quando i due si sono conosciuti ad un incontro per separati organizzato dal movimento dei Focolari. Abbiamo capito che anche per noi c’era la possibilità di un percorso di spiritualità e che la parola accoglienza cominciava ad assumere qualche concretezza». Ora, l’Esortazione, assume il significato di un nuovo inizio. «Sappiamo - osservano ancora Lauro e Rita - che il cammino di discernimento è tutto da inventare. Il divieto di accostarci ai sacramenti, inutile dirlo, rappresenta un peso. È molto facile dire che comunque si può ascoltare la Parola, ci si può impegnare nel volontariato e nella carità, e altro ancora. Ma il significato non è lo stesso». Proprio perché profondamente coinvolti, i due partner sono i primi a rendersi conto

che sarebbe sbagliato pensare ora a una Chiesa “di manica larga”. «Sappiamo che sarà necessario irrobustire il nostro percorso di autocritica, comunque indispensabile dopo la separazione, ma l’intenzione di andare avanti c’è». Altro approccio quello di Adalberto Gaiani, milanese, tecnico Eni, divorziato da 15 anni e convivente. «La scelta di Francesco era inevitabile. Non ha fatto altro che ufficializzare ciò che era già nella prassi di non poche comunità». Gaiani, come la maggior parte dei separati, ha vissuto sulla propria pelle la sofferenza dell’ esclusione e dello sradicamento. «Ho fatto di tutto per ricucire con mia moglie, ma non ci sono riuscito. Per sette anni ho potuto vedere i miei figli sono alla presenza di un’assistente sociale. Umiliazione che non auguro a nessuno. Se non avessi trovato sacerdoti accoglienti non avrei saputo davvero dove andare a sbattere la testa». Preti che, in alcuni casi, hanno ritenuto

opportuno concedere a Gaiani la possibilità di accostarsi alla comunione. «Se penso a Dio - riprende posso immaginarlo come un padre che la sera, a mensa, allontana i suoi figli più fragili? Quando mi metto in fila dico: “Non sono degno”. E penso che lui mi capisca. Per me la misericordia ha anche questo significato. E non pochi sacerdoti mi hanno compreso e incoraggiato». «Però attenzione - avverte don Cristiano Marcucci, responsabile della pastorale familiare della diocesi di Pescara - non trasformiamo la comunione nel “bollino blu” della revisione spirituale. Il discernimento non dev’essere finalizzato solo allo sbocco sacramentale. È necessario impostare questo discorso in un cammino spirituale più ampio, dove l’ integrazione sia anche comunitaria. Solo in questo caso - conclude don Marcucci - la novità pastorale di questa Esortazione, davvero molto efficace, sarà realizzata secondo la volontà autentica di papa Francesco».


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Di Adriana Masotti

L'

Esortazione post sinodale di Papa Francesco “Amoris Laetitia” mette in luce la bellezza della famiglia e le fa riscoprire il suo grande valore. Ne è convinta Anna Friso appartenente al Movimento Famiglie Nuove, insieme al marito Alberto, membro del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Le abbiamo chiesto come hanno accolto il documento del Papa: “Anche in noi c’era molta attesa, perché ci aspettavamo veramente un pronunciamento sulla famiglia e sulle sue ferite. Allora, la nostra sorpresa è stata quando abbiamo sentito che c’era tutto un approfondimento sull’amore: sull’amore coniugale, sull’amore familiare. Perché per promuovere la famiglia, per dare alla famiglia la sua dignità, c’è bisogno di raccontarla e di spiegare anche a lei stessa – alla famiglia – quanto sia importante vivere l’amore, quell’amore che ne è il fondamento costitutivo. Noi, fra l’altro, abbiamo un’esperienza lunghissima di famiglia – festeggiamo quest’anno i nostri “primi” 50 anni di matrimonio – e sappiamo quanto valore abbia l’amore nella famiglia, che non è guidato da nessun altro interesse che non il bene dell’altro, che non la felicità dell’altro. E allora, in questa dimensione trovano spazio tutte le componenti dell’amore: a livello psicologico, a livello sentimentale, ma anche erotico. Questa è una specificità dell’amore coniugale che va ricordata e che non dovrà essere considerata più quel male accettato, ma un bene: quel regalo meraviglioso – come ha detto il Papa – che è dato agli sposi in corredo al loro “sì” per sempre”. Ci sono poi nel documento i capitoli in cui si affrontano le situazioni di difficoltà, le ferite della famiglia. Emergono parole come “misericordia”, “discernimento”, “integrazione”. Vi aspettavate qualcosa di diverso? “Mi sembra che sia stata fatta veramente la scelta giusta: dare spazio a tutti.

Amoris laetitia la bellezza della famiglia Intervista rilasciata a Radio Vaticana da Anna Friso, membro del Pontificio Consiglio per la Famiglia

La misericordia è il lasciapassare, cioè, è la porta spalancata per tutti, proprio nella soggettività di ciascuno. Non dimentichiamoci che in ogni storia di separazione, in ogni storia di un amore che finisce, di un sogno che si infrange, c’è sempre tanto dolore. Quindi, intanto, il dolore ha un’azione purificatrice molto grande e poi, in ogni scelta successiva, c’è pure la difficoltà di mettersi ancora in gioco. Io credo che con questa apertura possiamo veramente accogliere e

sentirci accolti dalla Chiesa madre, ma soprattutto da Dio, che non smette di amare ciascuno di noi nel suo modo, che è quello infinito, quello che apre a tutti”. Diciamo quindi che la Dottrina della Chiesa in questi casi, nel caso dei divorziati, non cambia. Eppure cambia molto lo sguardo, l’atteggiamento; la pastorale cambierà… “La Dottrina, infatti, l’abbiamo ritrovata intatta e questo è molto importante per noi, perché abbiamo un fondamento che conferma una

vita e che ci aiuta a porgere a tutti una verità che non può tramontare: la bellezza della famiglia stabile, che si riedifica ogni giorno con l’amore, in vista di una indissolubilità che gli è congeniale, proprio perché l’amore – l’amore coniugale, l’amore umano – ha questo DNA. Però, appunto, nel gestire – diciamo così – le varie situazioni, ci sembra che sia stata usata veramente la chiave giusta, per trovare per ciascuno la strada di una riconciliazione con la grazia di Dio, che si manifesta in tanti modi”.

AMORIS LAETITIA Sabato 30 aprile in allegato al kaire potrete acquistare l'esortazione apostolica del Papa sull'amore nella famiglia.


Politica 23 aprile 2016

Oltre il referendum sulle trivelle. Per la “casa comune” Ha vinto l’astensione con il mancato raggiungimento del quorum previsto dalla legge sul referendum abrogativo. Il dibattito avviato può essere tuttavia, oltre le polemiche, l’occasione per discutere sulle politiche energetiche future senza mettere in conflitto tra loro occupazione e ambiente Di Carlo Cefaloni

A

ffluenza bloccata al 32%. Il referendum di domenica 17 aprile non ha raggiunto il quorum, come era prevedibile per ogni osservatore anche superficiale. Nonostante ogni polemica ricorrente, ha vinto la scelta dell’astensione che è una strategia efficace, come si è visto in altre occasioni precedenti, ad esempio nel voto referendario sulla fecondazione assistita o per quello sull’estensione della tutela dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori alle aziende con meno di 15 dipendenti. Nel primo caso l’invito ad astenersi dalla cabina elettorale è arrivato dal presidente della Conferenza episcopale italiana, nel secondo dai vertici dell’allora Pds. Questa volta il messaggio esplicito è arrivato dal presidente del Consiglio e dalla maggioranza del suo partito. La questione dibattuta del regime concessorio delle trivellazioni in mare è sembrata troppo complessa a gran parte degli italiani che probabilmente, prima dell’indizione del referendum, ignoravano addirittura che in Italia esistessero giacimenti per l’estrazione di fonti di energia come il petrolio o il gas. L’aver fissato la data del voto al 17 aprile, senza abbinare la scadenza con quella delle amministrative che riguarderanno oltre

1300 comuni il prossimo 5 giugno, ha abbassato la percentuale di possibili votanti ma ha anche accentuato questa carenza di informazione difficile da recuperare in tempi brevi. Il rischio, come sempre, è quello di decidere puntando più alla logica degli schieramenti e alle simpatie e antipatie viscerali che alle questioni in gioco. Sull’impossibilità dell’abbinamento si era espresso così il ministro degli interni Angelino Alfano: «Difficoltà tecniche non superabili in via amministrativa: ci vuole una legge apposita». Stavolta, inoltre, non c’è stata, come nel 2011 quando il quorum è stato raggiunto, la stessa mobilitazione sull’acqua pubblica e il contemporaneo disastro nucleare in Giappone che hanno fatto da leva sull’immaginario dell’elettore per muoverlo verso le urne. Così nel

I DATI

Il quorum non c’è. Stravincono i sì Nulla la consultazione: alle urne meno di un italiano su tre. Lo spoglio: i Sì pari all’85,84%, ma è una vittoria che non avrà effetti

I

l quorum al referendum sulle trivelle non è stato raggiunto: ha votato solo il 31,19% degli elettori (pari a 15.806.788 cittadini su un totale di 50.675.406 aventi diritto) e quindi la consultazione non è valida. Inutile quindi la netta vittoria del Sì tra chi è andato a esprimere il proprio voto (13.334.764, pari all’85,84 per cento). L’affluenza nelle regioni. La Basilicata è stata la regione italiana che ha registrato la più alta affluenza, con il 50,5%, unica Regione a superare il quorum.

1991 l’invito dell’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi ad andare al mare per far fallire il referendum sulla legge elettorale, si rivelò perdente perché si scontrò con l’insofferenza crescente verso la corruzione, che esplose con gli scandali del 1992. Nella conferenza pubblica notturna convocata dal premier Matteo Renzi poco dopo la notizia del mancato raggiungimento del quorum, il presidente del Consiglio ha dedicato questo risultato agli 11 mila lavoratori del settore estrattivo che avrebbero visto compromessa la propria occupazione, mentre i comitati del sì continuano a sostenere che a essere tutelati da questo risultato sono solo le lobby delle società petrolifere. A Roma nei giorni antecedenti il referendum il gruppo editoriale Cittanuova ha dato spazio a un dibattito

aperto ed esigente sul quotidiano web e ha promosso un forum mettendo a confronto l’ex presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, sostenitore del sì, con la controparte rappresentata da Antonello Assogna, segretario generale della Femca Cisl (energia e chimica). Un dibattito che si è avvalso della grande competenza di Alessio Valente, professore di Geologia all’Università del Sannio e ha visto come moderatore il direttore del settimanale Kaire, Lorenzo Russo. Nel dialogo approfondito che ha toccato argomenti sensibili come le strategie reali dell’Eni con le ricadute geopolitiche (si pensi al rapporto con l’Egitto), sono emerse tutte le contraddizioni di orientare il discorso ponendo in conflitto lavoro, cioè occupazione, e tutela dell’ambiente. Una prospettiva perdente che richiede, invece, un cambio di passo. Il referendum, al di là del risultato scontato, potrebbe rilanciare ora il discorso con una maggiore consapevolezza sulla politica energetica italiana, sugli investimenti dedicati alle fonti rinnovabili e le necessarie scelte di investire su ricerca e innovazione. Per chi ha a cuore l’ecologia integrale proposta dalla Laudato si’ il cantiere per una democrazia reale che va oltre il voto è destinato a restare aperto.

Anche in Puglia - regione molto interessata al tema trivellazioni - l’affluenza è sopra la media italiana, anche se si ferma poco oltre il 40%. In Veneto l’affluenza è stata del 37,9%. Maglia nera dell’affluenza in Trentino Alto Adige, Regione poco interessata dal tema trivellazioni in mare: qui l’affluenza si è fermata al 23,8%. Ma anche la Campania e la Calabria, che pure il mare ce l’hanno, hanno votato poco (rispettivamente 25,9% e 26,4%). Tutto si è giocato su un numero: 25.393.171. Erano gli elettori che dovevano andare a votare perché il referendum fosse valido. Tra gli elettori all’estero, l’affluenza è stata ancora minore. Hanno votato per posta 782.709 elettori, pari al 19,81%. Lo rende noto la Farnesina, sottolineando che in Europa la percentuale delle buste restituite alle Sedi sul totale di plichi inviati è del 19,4%, in America Meridionale del 21,5%, per l’America Settentrionale e Centrale il dato è al 17,91% mentre nella ripartizione Africa-Asia-Oceania la percentuale è al 16,56%. Ecco i dati definitivi relativi all’affluenza che si è registrata nei si Comuni dell’isola di Ischia. CASAMICCIOLA TERME 25.85% FORIO 24.00% ISCHIA 27.61% LACCO AMENO 27.82% BARANO 24.56% SERRARA FONTANA 26.69%


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Giubileo Misericordia

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23 aprile 2016

della

VIII CATECHESI GIUBILARE

SEPPELLIRE I MORTI Mercoledì 27 aprile in Cattedrale, ore 20.30 Testimone-catechista: Ernesto Olivero, Fondatore del “Sermig – Arsenale della Pace”, Torino.

Ernesto Olivero

è

nato nel 1940 a Mercato San Severino (Salerno), è sposato, con tre figli e sette nipoti. Ha lavorato in varie industrie del torinese e poi in banca fino alle dimissioni (1991). Nel 1964 ha fondato a Torino il Sermig, Servizio Missionario Giovani, insieme alla moglie Maria e ad un gruppo di giovani decisi a sconfiggere la fame con opere di giustizia, a promuovere sviluppo, a vivere la solidarietà verso i più poveri. Da allora, sono stati inviati aiuti umanitari equivalenti a 800 aerei da carico e realizzati circa 3.050 interventi di sviluppo in 92 nazioni per dare “vita ai bambini” rendendo la comunità locale protagonista del proprio sviluppo. Per il reperimento dei mezzi il Sermig scommette sulla gente comune (che provvede al 93% del suo sostentamento), coinvolgendola in un nuovo stile di vita: la “restituzione”, cioè il meglio di me (capacità, risorse materiali, tempo, idee…) 24 ore su 24 a servizio del bene comune e dei più poveri. Negli anni ’80 all’interno del Sermig nasce la Fraternità della Speranza, che conta attualmente un centinaio di aderenti: giovani, coppie di sposi e famiglie, monaci e monache che si dedicano a tempo pieno al servizio dei poveri, alla formazione dei giovani, con il desiderio di vivere il Vangelo e di essere segno di speranza. Attorno alla Fraternità della Speranza, centinaia di volontari e il movimento internazionale dei Giovani della Pace si ispirano alla spiritualità e al metodo del Sermig. L’Arsenale della Pace a Torino Nel 1983 viene assegnato al Sermig

in comodato dal Comune di Torino l’ex Arsenale Militare di Piazza Borgo Dora. Olivero, incoraggiato da Giorgio La Pira, sente che questo sarà il primo grande passo di una profezia di pace. Ne inizia la trasformazione con l’aiuto gratuito di migliaia di giovani, di volontari, di uomini e donne di buona volontà da ogni parte d’Italia. L’11 aprile 1984 è il Presidente della Repubblica Sandro Pertini ad inaugurare l’Arsenale della Pace. Le sue capacità organizzative ed imprenditoriali permettono negli anni la ristrutturazione complessiva di un’area di 45.000 mq. Per il grande lavoro svolto nella trasformazione dell’Arsenale e per l’attività incessante del Sermig a favore degli ultimi, Ernesto Olivero è stato definito “imprenditore del bene”. Là dove sono state forgiate buona parte delle armi utilizzate nelle due guerre mondiali, è sorto un “laboratorio” di convivenza, di dialogo, di formazione dei giovani, di accoglienza dei più disagiati, un monastero metropolitano, aperto 24 ore su 24. Vi trovano rifugio uomini e donne che cercano un aiuto per

cambiare vita (in questi trentun anni sono stati realizzati progetti a favore di uomini e donne di 140 nazionalità). E’ luogo d’incontro per migliaia di giovani che da tutta Italia e dall’estero si danno appuntamento per confrontarsi, dialogare e crescere. E’ base di partenza per la solidarietà che raggiunge i cinque continenti. E’ luogo di preghiera e di silenzio, di cultura e di formazione. Nel 2008 le Istituzioni locali riconoscono l’opera come patrimonio del territorio e diventano Città, Provincia e Regione dell’Arsenale della Pace. Il Sermig vive grazie al contributo gratuito di migliaia di amici e volontari che condividono tempo, professionalità, denaro, beni materiali e spirituali. La “restituzione” di queste risorse a favore dei più sfortunati permette al Sermig di essere sostenuto al 93% dalla gente comune. Impegno con i giovani I giovani sono in cima ai pensieri del Sermig per le difficoltà che si trovano ad affrontare in questo tempo, ma sono anche la speranza per il futuro se si mettono in gioco preparandosi con lo studio, l’impegno, il servizio. Er-

nesto Olivero da sempre si spende senza sosta per offrire loro una testimonianza di vita e valori di riferimento. Dall’Arsenale della Pace, punto di riferimento per migliaia di loro, ha chiesto alle autorità mondiali che i giovani siano dichiarati “patrimonio dell’umanità” e come tali rispettati, accuditi, aiutati a crescere. I giovani del Sermig hanno siglato il loro impegno nella “Carta dei Giovani”. Per loro Olivero ha dato vita al movimento internazionale dei “Giovani della Pace” che si incontra in periodici appuntamenti mondiali radunando decine di migliaia di giovani per ridisegnare il mondo partendo dalle nuove generazioni e dalla pace (il primo si è tenuto il 5 ottobre 2002 a Torino con 100.000 giovani). A servizio degli ultimi Ernesto Olivero ha voluto che sin dall’inizio l’Arsenale della Pace fosse una porta aperta 24 ore su 24 sulla sofferenza, sulla miseria, sulla fame, sulla disperazione, sull’ingiustizia. Lo stile è quello di una famiglia che accoglie, con l’intento di aiutare chi con sincerità vuole uscire da qualsiasi situazione di degrado. Il Sermig esce continuamente dal suo Arsenale per andare incontro ai più poveri, in Rwanda come nel Darfur, in Romania e in Georgia, ma anche in Italia. Per l’impegno senza sosta che dall’Arsenale della Pace si estende al mondo dei sofferenti, nel 1992 Ernesto Olivero riceve il titolo di “Grand’Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana” conferito dal Presidente della Repubblica. Nel 1996 il Presidente della Repubblica lo nomina anche “Cavaliere di Gran Croce”. Nel 1999 ha ricevuto dall’Università di Torino la laurea honoris causa in Sociologia.


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Storie 23 aprile 2016

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Una chiamata, un cambiamento radicale e poi… la morte in un terremoto La storia della giovane religiosa Clare Crockett acquista una nuova dimensione dopo il ritrovamento del suo cadavere tra le macerie in Ecuador.

Di Pablo Cesio

S

uor Clare Crockett è stata ritrovata senza vita insieme ad altre cinque postulanti delle Serve della Casa della Madre in Ecuador dopo il terremoto di 7,8 gradi della scala Richter che ha colpito il Paese sabato scorso 16 aprile. Si era donata a Dio 15 anni fa. Era entrata nella congregazione appena diciottenne e aveva scelto come nome da religiosa Clare Maria della Trinità e del Cuore di Maria. La sua comunità la ricorda come una “sorella generosissima con uno spirito di simpatia molto speciale e un carisma unico per trattare con i bambini e i giovani”. Lei stessa era stata incaricata di scrivere questo riassunto della sua vocazione: “Sono nata in una famiglia cattolica. Provengo da una piccola porzione del mondo che si chiama Derry, nel nord dell’Irlanda. Quando ero piccola, era un posto in cui i termini “cattolico” e “protestante” erano solo politici. Nascere in una famiglia cattolica non significava necessariamente andare a Messa o ricevere una formazione nella fede cattolica. I cattolici, che volevano un’Irlanda unita, uccidevano i protestanti, e i protestanti, che non volevano un’Irlanda unita, uccidevano i cattolici. Per me essere cattolica significava questo. Dio non aveva alcun ruolo nella mia vita. In una società in cui prevaleva

l’odio, non c’era posto per Dio. Fin da piccola volevo diventare un’attrice. Verso i 15 anni sono entrata in una compagnia teatrale e avevo un “manager”. Presentavo alcuni programmi televisivi, scrivevo pièces teatrali, recitavo molto, vincevo dei premi e a 18 anni ho ottenuto un piccolo ruolo in un film. Mi piacevano le feste. Dai 16 o 17 anni i miei fine settimana consistevano nell’ubriacarmi con gli amici. Spendevo tutti i soldi in alcool e sigarette. Un giorno una delle mie amiche mi chiamò: ‘Clare – mi disse –, vuoi andare in Spagna gratis?’ ‘Un viaggio gratis in Spagna!’, pensai, ‘dieci giorni di festa spagnola al sole’. Certo che volevo andare! Mi disse che tutti i partecipanti si sarebbero riuniti in una casa la settimana successiva. Arrivò il giorno stabilito e andai nella casa in cui si sarebbero ritrovati anche i miei amici. Entrai in una stanza con persone di 40 e 50 anni, tutte con un rosario in mano. ‘Andate in Spagna?’, domandai, quasi temendo di sentire la risposta che tutti avrebbero dato con entusiasmo tre secondi dopo: ‘Sì, andiamo al pellegrinaggio!’ Sì, cari amici, andavamo in pellegrinaggio per dieci giorni. Cercai di defilarmi, ma il mio nome era già sul biglietto e non c’era niente da fare, dovetti andare. Ora capisco che è stato il modo che la Madonna ha usato per riportarmi a casa, a casa

sua, a quella di suo Figlio. Il pellegrinaggio si è svolto durante la Settimana Santa in un monastero del XVI secolo. Non era sicuramente quello che avevo immaginato quando pensavo di andare in Spagna. Avremmo incontrato un gruppo che si chiamava Casa della Madre, e io non volevo stare lì. È stato tuttavia durante quel pellegrinaggio che il Signore mi ha concesso la grazia di vedere come era morto per me sulla croce. Dopo aver ricevuto quella grazia, sapevo di dover cambiare: ‘Se ha fatto questo per me, cosa posso fare io per Lui?’ È molto facile durante un ritiro o quando si ‘sente’ l’amore di Dio dirgli ‘Farò tutto ciò che mi chiederai’, ma quando ‘scendi dalla montagna’ non è più così semplice. Le suore mi invitarono ad andare con loro e con altre ragazze in pellegrinaggio in Italia qualche mese dopo. Andai, e nonostante l’atteggiamento superficiale durante il pellegrinaggio il Signore mi parlò molto chiaramente. Voleva che vivessi in povertà, castità e obbedienza come le suore. Gli dissi automaticamente che era impossibile. ‘Non posso diventare suora!’, dissi. ‘Non posso smettere di bere, di fumare, di andare alle feste, non posso abbandonare la mia carriera, la mia famiglia’. Se Gesù ci chiede di fare qualcosa, ci dà sempre la forza e la grazia per farlo. Senza il suo aiuto non avrei

mai potuto compiere quello che ho dovuto fare per rispondere alla sua chiamata e seguirlo. Dopo aver capito che mi chiamava, ho ricevuto un’altra grazia dal Signore quando stavo girando un film in Inghilterra. Vedevo che anche se apparentemente avevo tutto in realtà non avevo niente. Mi sedevo sul letto della stanza d’albergo e sentivo un grande vuoto. Stavo ottenendo tutto quello che avevo sempre desiderato ma non ero felice. Sapevo che solo facendo ciò che Dio voleva per me sarei stata davvero felice. Il Signore mi ha mostrato quanto il mio stile di vita folle ferisse il suo Sacro Cuore. Sapevo che dovevo lasciare tutto e seguirlo. Sapevo molto chiaramente che mi chiedeva di confidare in Lui, di mettere la mia vita nelle sue mani e di avere fede. Ora sono felicemente consacrata nelle Serve della Casa della Madre. Non smette mai colpirmi come il Signore lavori nelle anime, come possa trasformare totalmente la vita di una persona e conquistare il suo cuore. Ringrazio il Signore per la pazienza che ha avuto e che continua ad avere con me. Non gli chiedo perché mi ha scelta, accetto semplicemente che lo abbia fatto. Dipendo completamente da Lui e dalla Vergine Maria, e chiedo loro di concedermi la grazia di essere quello che vogliono che io sia”.


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Storie

23 aprile 2016

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Ecuador, nuova scossa di 6,3 gradi Richter Il sisma, devastante, si è verificato l’altra notte nella stessa zona già colpita sabato scorso. Pare che non abbia prodotto nuove vittime. Intanto il conteggio ufficiale indica più di 500 morti e circa 4.000 feriti. Un duro colpo all’economia del Paese Di Alberto Barlocci

P

iove sul bagnato in Ecuador. Una nuova e intensa replica si è verificata l’altra notte ed ha registrato i 6,3 gradi della scala Richter. La gente, dato il numero di intense repliche che si verificano a partire dalla scossa del sabato, dormiva all’aperto e questo può aver evitato un incremento del numero. Il Governo ha elevato a 525 il numero dei morti e a circa 4.000 quello dei feriti. Ma ci sono ancora 1.700 persone che non rispondono all’appello. Le loro ricerche continuano, con la speranza di liberare dalle macerie i sopravvissuti. Il presidente Rafael Correa, economista formatosi negli USA, ha indicato che i danni provocati dal terremoto sono intorno ai 3 miliardi di dollari. Una mazzata tremende che si abbatte sull’economia del Paese che stava cercando di riequilibrare i conti dopo la caduta del prezzo del

petrolio, di cui l’Ecuador è produttore ed esportatore. La zona colpita dalla catastrofe era una delle attrattive turistiche nazionali, zona di spiagge avvolte da una natura esuberante. Dal Governo si sostiene che occorreranno anni per

ricostruire quanto distrutto. Ci sono a disposizione più di 40 milioni di dollari del bilancio da distribuire tra i municipi dell’area del terremoto. Altri 160 milioni di dollari di un fondo di emergenza sono stati messi a disposizione dagli organismi mul-

tilaterali di credito. Ma siamo ben al di sotto delle necessità del Paese in questi frangenti. È possibile che i progetti di sviluppo, come la centrale idroelettrica Coca Codo Sinclair, che utilizza la portata del fiume Coca senza modificarne il corso e senza ricorrere a un lago artificiale, non avanzeranno al ritmo previsto per far fronte all’emergenza. Dopo anni di crescita e di politiche di inclusione sociale che hanno migliorato lo standard di vita di settori da sempre esclusi, questo piccolo Paese sembra nuovamente condannato ad allontanarsi dalla soglia dello sviluppo proprio quando sembrava che fosse a portata di mano. La tenacia, la laboriosità e la solidarietà di questo popolo sarà certo messa alla prova. Sono questi i momenti in cui si avverte quanto sia importante una economia globale centrata sullo sviluppo e non sulla sfida a chi è più forte.


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territorio

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Giardino dell’amicizia: un conn

I ragazzi delle medie di Barano in visita didattica all’orto dell’Acca Parlante

Di Francesco Mattera

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osa immaginereste mai, care amiche ed amici di Kaire, se un giorno qualcuno provasse a mischiare le carte e proporre un incontro tra persone con difficoltà mentali e psicologiche e un manipolo di studenti delle scuole medie! Qualcuno potrebbe storcere il naso, e dire: ma la cosa che utilità può avere, specialmente per alunni appena adolescenti? Vista dal mondo degli adulti, quello medio e comune, dell’universo adulto piallato e appiattito su posizioni egoistiche poco più che istintive e qualunquistiche, ma certamente odiose più che rumorose, la risposta non potrebbe che essere negativa. Un esempio ci è balzato in questi giorni dalle cronache nazionali che ci hanno riferito di gite scolastiche negate a ragazzi autistici, non già dai loro compagni di scuola, ma dal mondo serioso, buronniscente* degli adulti. I ragazzi no! I giovani no e poi no! tranne quelli plagiati dai sapientoni adulti bravissimi ad erigere steccati, tranne a volerli poi rimuovere frettolosamente

quando la diversità tocca loro in prima persona. Ecco, ho fatto il mio bravo preambolo a cui non riesco proprio fare a meno. Ma voi, cari amici di Kaire, siete abituati a questo mio fare e sono certo che a questo punto mi avete già perdonato. Ma cosa vuol dire quel titolo che oggi vi propongo? Ve lo voglio svelare a modo mio, partendo dall’inizio di questa storia. Voi sapete che ho un rapporto di simpatia e vicinanza con la Cooperativa “L’Acca parlante”, diretta dalla bravissima dottoressa Erminia della Corte. Lei, insieme alle sue collaboratrici (Concetta Ulliano, Lucia Impagliazzo come educatrice dell’Asl Na 2, e tante altre ancora che ora non ricordo il nome) fanno un lavoro eccezionale con un gruppo di persone con difficoltà di natura mentale e psicologica. Da più di un anno hanno ottenuto in comodato d’uso gratuito dal Comune di Ischia, quello che fu il VIVAIO COMUNALE e lì sperimentano concretamente quanto sia proficuo per quei nostri fratelli e sorelle più sfortunate la vita all’aria aperta, l’impegno quotidiano con la vita nascente, il sapore salato del sudore del lavoro di campagna, lo stu-

pore puerile ed innocente alla vista dei semi che nascono, dei germogli che crescono e fioriscono, e portano frutti. Erminia, è una donna e una professionista formidabile. Ha nel contempo il vigore e la dolcezza necessari per affrontare le situazioni difficili con energia e sorrisi ben spesi. Parallelamente, nella Scuola Media Statale A. De Curtis di Barano, un’altra donna non meno eccezionale, la preside Maria Rosaria Mazzella, ha da tempo sposato in pieno, insieme ad alcune sue docenti, l’idea ed il progetto di un Orto didattico in cui impegnare un gruppo di alunni dell’istituto. Le motivazioni dell’iniziativa sono semplici da decifrare: “impegnare i ragazzi in attività strettamente connaturate ai cicli naturali della vita”, con l’obiettivo di introdurli in un mondo scevro dalle alienazioni tipiche del nostro tempo, in modo da ottenere per loro una sorta di bagno rigeneratore delle facoltà intellettive ed emozionali, nella concretezza dei processi biologici della natura. In poche parole nel perimetro dell’istituto viene allestito un piccolo orto dove i ragazzi fanno concretamente AGRICOLTURA. Zappettano, concimano, seminano, trapiantano, curano ortaggi e fiori. Ecco che dall’incontro delle nostre due, nasce l’idea di condurre in visita al “GIARDINO DELL’AMICIZIA” il gruppo di ragazzi delle medie di Barano. Ricevo la chiamata di Erminia: “Ti farebbe piacere farci compa-

gnia e spiegare ai ragazzi di Barano le cose che facciamo nel Giardino?” Detto fatto! Giovedì mattina 15 aprile, puntuale, alle ore 9,30 sto sul posto. Ritrovo i ragazzi del Giardino, Erminia, Lucia e Concetta. E’ una vera festa, un’accoglienza calorosa che apre al cuore la gioia vera. Poi l’arrivo dei ragazzi di Barano, una quindicina in tutto accompagnati dalla preside Mazzella, dalle insegnanti signore Maddalena Castagliuolo, Anna Di Meglio, Marisa Meterangelis, Carolina Scibelli e Iolanda Delli Paoli. Ecco, voglio soffermarmi su quel momento: all’incontro tra i Ragazzi disagiati mentali del Giardino e i giovani studenti di Barano. Cosa mai ci si poteva aspettare da loro? Che tipo di reazione da quell’impatto? Non vi nascondo che ho vissuto quel momento con particolare curiosità ed anche con una certa apprensione, ed ecco la sorpresa: la naturalezza dei ragazzi di Barano è stata sorprendente. Con la loro innata spontaneità si sono mescolati ai disabili del Giardino e conversato con loro come se li conoscessero da sempre. Hanno portato un soffio di vitale, rumorosa e gaia gioventù che per osmosi ha contagiato un poco tutti. Ecco la sfumatura che ho colto. Come quell’incontro fosse la cartina di tornasole dell’umanità libera da ostacoli, da confini materiali ed immateriali. Di come l’umanità forte si possa costruire con due mezze umanità fragili che, come due semiarchi deboli


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territorio

23 aprile 2016

nubio di umanità senza confini

e mezzo sospesi nel vuoto, accostati strettamente acquistino una fortezza ed una solidità inimmaginabili. Ecco realizzato sotto il mio sguardo un connubio di umanità senza confini. Un approccio terapeutico, mi direte? Certo, anche quello! Ma in più etico, e con profonde radici nella cultura solidaristica propria del mondo contadino, ove le storture della psiche, da quelle più semplici a quelle più pesanti, trovavano un tempo un ammortizzatore formidabile ed efficace nel cerchio ampio della famiglia e del villaggio. Ma veniamo alla cronaca della giornata, che non è stata affatto povera: disciplinati i giovani baranesi, ho illustrato loro la storia del vivaio, di come nacque l’idea, della sua attività florida per tutti gli anni ottanta del secolo scorso, nel servire per il bellissimo progetto del Sindaco Enzo Mazzella di fare di ISCHIA IL GIARDINO D’EUROPA. E nel contempo di essere di impulso anche all’agricoltura locale. Fino alla storia del Pino di Natale, intessuta insieme all’associazione Difesa pini di Ischia sotto la presidenza del compianto Nello Mazzella. Poi la triste evocazione del declino principiato a circa metà degli anni novanta, con il quasi totale abbandono del Vivaio Comunale. Poi l’avvento, nel 2015 della cooperativa ACCA PARLANTE e la rinascita del posto non più e solo come Vivaio Comunale, ma come GIARDINO DELL’AMICIZIA. L’intervento successivo di Er-

minia ha reso ancora meglio l’idea di cosa accade quotidianamente in quel luogo: di chi sono gli amici degli ospiti del Giardino. Amici ischitani e forestieri, anche loro parte bella e generosa di quell’universo di umanità viva che rende forte il mezzo arco debole dei portatori di disagio psicologico e mentale. Poi i ragazzi di Barano hanno aiutato i padroni di casa in alcuni lavoretti nell’orto: hanno zappettato, rastrellato il terreno e trapiantato piantine di pomodoro e zucca allevati nella serra del Giardino. Tra tutti un vivacissimo, simpaticissimo ragazzino di origini carioche - MIKAEL – tanto vivace quanto curioso per tutto e gioioso nelle sue espansioni di affetto nei nostri confronti di tutti noi. Ma tutti, tutti dico, bellissimi… E non dico altro. Poi il momento finale di festa con i pasticcini prepararti dalle signore dell’ACCA PARLANTE e con i cioccolatini offerti dal pittore Malaspina, che a pochi passi gestisce atelier d’arte e ristorante. Ma sempre con un occhio rivolto verso il Giardino dell’Amicizia. E dove sennò…? Francesco Mattera *Buronniscente: Questo termine non lo troverete in nessun vocabolario della lingua italiana. L’ho coniato per l’occasione - senza pretese di poter essere accolto da altri - per indicare la figura del burocrate che pensa di conoscere tutto e poter decidere per tutti.


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Società 23 aprile 2016

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EDUCAZIONE Di Tonino Cantelmi

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ualche tempo fa è circolata una notizia di un padre, esasperato dal figlio 23enne sempre immerso in videogiochi online (anzi un vero genio: il suo avatar è praticamente imbattibile) che decide di uccidere digitalmente il figlio e assolda dei tecnokiller che avrebbero dovuto assassinare l’avatar del figlio. Ma il ragazzo, purtroppo per il padre, batte i killer e li costringe a confessare. La notizia compare sui giornali di tutto il mondo e ci strappa un qualche sorriso amaro: quanti genitori vivono uno stato di confusione e di disorientamento e non sanno proprio come regolarsi di fronte ai figli “nativi digitali”? Che fare se nostro figlio studia mentre manda sms, scarica post e controlla facebook? Possiamo essere orgogliosi se il nostro bimbo di 1 anno sa già utilizzare il tablet oppure dobbiamo dare retta a quel vago senso di inquietudine che ci pervade mentre ingrandisce con le dita le foto del tablet? Come parlare al figlio adolescente che sta immerso in chat e social fino alle due di notte? E che dire di fenomeni agghiaccianti come il sexting che sembra tanto piacere ai nostri figli? Insomma educare ai tempi di internet e indagare

Figli incollati allo smartphone? Ecco come cambia il cervello Che fare se nostro figlio studia mentre manda sms, scarica post e controlla facebook? Possiamo essere orgogliosi se il nostro bimbo di 1 anno sa già utilizzare il tablet?

il nuovo gap generazionale che si staglia all’alba del terzo millennio, quello fra immigrati digitali (noi genitori) e nativi digitali (i nostri figli) non è facile. Diciamoci la verità: la rivoluzione digitale sembra essere alla base di una sorta di mutazione antropologica e noi genitori non ce ne siamo accorti: per questo ho definito gli adulti di oggi “generazione-di-mezzo” (affascinati

dalla tecnologia) e i bambini di oggi “nativi-digitali”. Ma chi sono dunque i “nativi digitali”? Intanto potremmo definire “nativi digitali” quanti sono nati nel III millennio e sono sottoposti a profonde, pervasive e precoci immersioni nella tecnologia digitale. I nativi digitali imparano subito a manipolare parti di sé nel virtuale attraverso gli avatar e i personaggi dei videogiochi, svi-

luppano ampie abilità visuospaziali grazie ad un apprendimento prevalentemente percettivo, viceversa non sviluppano adeguate capacità simboliche (insomma, sono molto abili e forse piuttosto superficiali), utilizzano il cervello in modalità multitasking (cioè sanno utilizzare più canali sensoriali e più modalità motorie contemporaneamente), sono abilissimi nel rappresentare le emozioni (attraverso la tecnomediazione della relazione), un po’ meno nel viverle (anzi apprendono a scomporre l’esperienza emotiva e a viverla su due binari spesso non paralleli, quello dell’esperienza propria e quello della sua rappresentazione), sono meno abili nella relazione face-to-face, ma molto capaci nella relazione tecnomediata, e, infine, sono in grado di vivere su due registri cognitivi e socioemotivi, quello reale e quello virtuale. Inoltre non hanno come riferimento la comunità degli adulti, poiché, grazie alla tecnologia, vivono in comunità tecnoreferenziate e prevalentemente virtuali, nelle quali costruiscono autonomamente i percorsi del sapere e della conoscenza. E noi adulti? Siamo in clamorosa ritirata. Per questo se siete genitori tecnoconfusi confessate pure i vostri dubbi, confrontatevi con altre famiglie, parlatene...

RIFLETTIAMO

La solitudine del mondo globalizzato Di Francesco Mattera

V

iviamo i tempi della globalizzazione, delle informazioni veloci e totali, quelle vere e buone e quelle false e cattive, fa un tutt’uno e nessuno ne prova meraviglia o sconcerto. E’ un jungla in cui occorre sapersi districare, qualcuno dice, ma non tutti ci riescono. Si dice la RETE, per alludere al mondo virtuale del web, alla infinita possibilità di collegamenti e di contatti tra persone, imprese, gruppi organizzati, insomma l’umanità con i suoi vari addentellati. Ma il vocabolario della lingua italiana ci dice anche che la rete è pur sempre una trappola per pesci o altri animali, uccelli ad esempio. Quindi esseri viventi ignari ed inermi catturati con l’inganno. Ma allora questo web a tutti noi così familiare, potrebbe nascondere anche una trappola? Certo che si!, anzi anche più di una, forse anche a decine se non a centinaia di trappole. E sarebbe lungo dirvele tutte. Ma tant’è , voi ne

sapete e ne conoscete come me, e siete al corrente anche di tante vittime lasciate sul campo da internet. Specialmente tra i giovani. Però io voglio portarvi su un altro sentiero più sottile nel quale si configura il subdolo e l’alienante del mondo virtuale: La SOLITUDINE. A mio modesto parere internet è un potente acceleratore di solitudine. Il lavoro interinale, quello fatto da casa sul computer, ne è un esempio pertinente. Non si hanno più colleghi di lavoro gomito a gomito, non si percepiscono gli odori buoni o cattivi degli altri, si perde la per-

cezione della dinamicità e mutevolezza degli orizzonti visuali. Si lavora in una sorta di capsula comoda, ovattata, neutra e spersonalizzata, si impoverisce il lessico, il parlato, il sensuale. E che dire delle tempeste di mail e messaggini, a volte con linguaggi insulsi, steno –criptici, dove trovano incubazione sentimenti privi di inibizioni e sfumature di violenze grottesche e degradanti per il genere umano? Anche nei casi più lineari e onesti, vi è traccia di un percorso alienante e colmo di solitudine. Un esempio è quello dei ragazzi che stando sulla stessa piazza, nello

stesso momento, a pochi metri di distanza, dialogano chattando con whatsapp. Un grande scienziato, Conrad Lorenz, ne “E l’uomo incontrò il cane”, ci racconta di come due cani divisi da un cancello, abbaiano furiosamente tra di loro. Ma nel momento che il cancello viene aperto, non sanno più cosa fare, rimangono sconcertati, e quello prima rinchiuso nel recinto cerca di recuperarlo velocemente per poi riprendere ad abbaiare furiosamente all’indirizzo dell’altro cane. Ecco, spesso i nostri ragazzi fanno proprio questo: si scambiano furiosamente messaggi anche quando potrebbero parlarsi direttamente, poi rimangono disorientati ed a stento si salutano, nel momento in cui si incrociano. Il loro recinto, che si voglia a no, è la rete di internet. Ed è una rete a maglie molto strette, che può acchiappare chiunque. Anche me, ovviamente, anche se mi sforzo di starci attento.


Parrocchie

15 23 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

PARROCCHIA S. SEBASTIANO MARTIRE – FORIO

Grazie, perché ricchi di grazie!

La nostra entusiasmante Giornata per le Vocazioni Di Federica Amalfitano

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abato 16 aprile 2016 alle ore 11.00, in occasione della 53a Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, noi ragazzi della parrocchia ci siamo riuniti con Don Pasquale per capire con maggiore profondità la Giornata che ci apprestavamo a vivere. È stata l’occasione per guardare un video della Diocesi di Viterbo, in cui dei bambini ringraziavano Dio di tutto ciò che ci ha donato, e un altro della Diocesi di Teano-Calvi, dove il suo vescovo, Mons. Arturo Aiello insieme alle testimonianze vocazionali dei suoi seminaristi, ci ha fatto capire l’importanza della vocazione, la necessità di tanti Samuele che possano rispondere gioiosamente alla chiamata, ma anche di tanti Eli che formano e accompagnano giovani al dono totale di sé. Ispirati da queste testimonianze, siamo andati per i vicoli del nostro paese e poi siamo scesi in piazza, per raccogliere i pareri della gente di Forio e abbiamo

scattato fotografie che ci ritraevano mentre chiedevamo alle persone di ringraziare Dio per quanto sentivano nel cuore. Abbiamo fotografato una mamma con la figlia, un ragazzo con il suo cane, uno di noi sugli scogli della Chiaia, un fruttivendolo nel suo negozio, uno di noi che salta un ostacolo, un gabbiano che scruta l’orizzonte, un barbiere durante la sua attività lavorativa, delle bambine mano nella mano che si divertivano, noi al Soccorso che ci abbracciamo felici, noi con i palloncini colorati e non è mancato neanche il postino più amato di Forio! Questi momenti di comunione con gli altri, ci hanno regalato diverse emozioni: allegria, gioia, pace, amore. Dopo aver fatto le fotografie, abbiamo realizzato un cartellone in cui abbiamo raccolto tutti i “Grazie” che sono stati espressi sia da noi che dalle persone incontrate per strada. Abbiamo ringraziato Dio per l’amore che ci da ogni giorno, perché ci

ha creato, per la natura, perché non si stanca mai di noi, perché la vita ci fa sempre ricominciare, per quello che ci ha donato, perché Egli non abbandona nessuno. Nel pomeriggio, durante l’ora di catechismo, Don Pasquale ci ha parlato di Samuele e della sua chiamata con canti e giochi a lui ispirati: come nel video, ci siamo messi in fila e il primo domandava: “Conosci Samuele?”, e il secondo rispondeva: “Chi Samuele?”… “Quello che fa così” e il primo della fila metteva la sua mano sul naso e si piegava. Tutto questo per l’intera fila di ragazzi. Il gioco continuava finché, alla fine, il primo della fila ha spinto il secondo e così via in una reazione a catena che ci ha fatto cadere tutti a terra tra grida per la sorpresa e risate. Il giorno successivo, durante la S. Messa domenicale del Buon Pastore, abbiamo esposto il cartellone da noi realizzato in parrocchia e con

tutta la comunità parrocchiale abbiamo ringraziato Dio cantando: “Infinitamente grazie!”, e poi Don Pasquale ha chiesto all’assemblea il motivo della propria gratitudine per il Signore. Questa esperienza ci ha fatto capire che dobbiamo ringraziare Dio ogni giorno per tutto quello che fa per noi. Non sempre ascoltiamo Dio che ci chiama e da questa giornata abbiamo capito che la risposta alla sua chiamata, così come fece Samuele, è: “Eccomi!”.


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Parrocchie 23 aprile 2016

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PARROCCHIA NATIVITÀ DI MARIA SS - BARANO

Entrare nella porta della misericordia

Di Rosa Vuoso

“I

l Giubileo è un dono di grazia. Entrare per quella Porta significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente. È Lui che ci cerca! È Lui che ci viene incontro!” Queste le parole del nostro amato Papa Francesco. Questa l’esperienza della nostra comunità parrocchiale della Natività di Maria SS, nel varcare personalmente ed insieme la Por-

ta Santa della Misericordia, giovedì 14 Aprile. E’ stato bello ed edificante vederci lì numerosi, sereni e realmente presi dalle emozioni di quel momento: il culmine di un percorso parrocchiale che nell’ultimo anno è stato davvero all’insegna della Misericordia! Una Misericordia che quella sera è stato l’abbraccio Paterno tanto atteso! Ci siamo sentiti famiglia e ciascuno ha fatto la propria parte con gioia ed impegno: dai bambini

che hanno portato la loro esperienza della carriola della solidarietà, agli adulti, famiglie ed anziani che hanno collaborato alla celebrazione, ai giovani che hanno donato col canto la loro preghiera: per poi ricevere in dono le parole di conforto, particolari e uniche, del nostro Vescovo Pietro, che sempre ci fa sentire amati e mai dimenticati: “Attraverso il Vescovo arrivi a voi l’amore di Dio!” ci augura “e che la vostra vita profumi

di Vangelo, affinché anche attraverso esperienze dolorose scorgiate il passaggio di Dio nella vostra vita, personale e parrocchiale!” Ci sentiamo di rispondere al nostro vescovo con un grazie: la parrocchia c’è, c’era e vuole esserci nel vivere l’esperienza della presenza di Dio tra noi, di Dio che è misericordia, che ci fa sentire nonostante tutto amati, coccolati, e mai persi di vista nel suo disegno per noi.


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Parrocchie

23 aprile 2016

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PARROCCHIA DI SANTA MARIA DEL CARMINE – SERRARA FONTANA

PELLEGRINI DI MISERICORDIA Un gran numero di fedeli della Parrocchia con la partecipazione dei confratelli della Congrega dell’Immacolata ed il gruppo di preghiera “San Pio da Pietralcina”, ha accolto l’invito del Vescovo, Sua E. Pietro Lagnese, a partecipare al pellegrinaggio parrocchiale per il Giubileo della Misericordia.

Dalla Parrocchia di Serrara

M

ercoledì 13 aprile circa cento parrocchiani si sono ritrovati presso il Convento dei Frati Minori, dove dopo un momento di raccoglimento e meditazione hanno animato con canti e preghiere la processione penitenziaria fino alla Chiesa Cattedrale, dove li ha accolti il Vescovo. Il passaggio della Porta Santa resta per tutti quanti, sia grandi che piccoli, un momento indelebile, è stato vissuto come un vero e proprio

rinnovamento interiore. Molte persone si sono riavvicinate al Sacramento della Confessione e c’è stata una partecipazione particolare da parte di coloro che si erano allontanati da Dio. Nella sua omelia il Vescovo ha risaltato la figura del Buon Pastore, un simbolo che Gesù stesso ha scelto per esprimere l’amore di Dio manifestato agli uomini, sottolineando l’umanità alla quale egli si vuole ispirare. La vera missione di misericor-

dia è nelle mani di ogni singolo fedele, sono loro i veri portatori della parola di Dio. Bisogna far conoscere Dio a chi non lo conosce ancora e far riscoprire la sua bellezza e la sua grandezza a chi si è allontanato. Nella preghiera dei fedeli si è pregato in modo particolare per gli anziani che avrebbero voluto partecipare a questo pellegrinaggio, ma sono stati impediti dalla malattia; per la missione che compie la Confraternita e per la vocazioni all’interno

della Parrocchia. Il Vescovo ha poi aggiunto una preghiera personale affinché Dio preservi Don Angelo e gli dia salute per continuare a guidare ancora per molto tempo il gregge a lui affidato. Nella processione offertoriale due coppie di sposi hanno portato all’altare i prodotti che contraddistinguono il territorio di Serrara. Sulla via del ritorno è continuata la preghiera e tutti i pellegrini sono rimasti entusiasti dei momenti vissuti.


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Attualità 23 aprile 2016

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Punti di vista

Di Franco Iacono

1.

E’ l’ora delle emozioni forti: sono morti nel mar Mediterraneo oltre 200 persone. Tutte in una volta. Un’altra ecatombe dopo quella, terribile, degli 800 che giacciono in fondo al mare nel loro barcone di morte. Tra qualche mese tutto sarà dimenticato, come la tenerissima, e straziante, fotografia del bambino morto sulla spiaggia della Turchia. Intanto nessuno penserà di abbattere qualche muro o di togliere qualche barriera: quello che accade nel campo di Idomeni, o a Lesbo, ha del terrificante. Non c’è Papa che tenga, nessuno cambia posizione. Ora si aggiunge anche la nuova strategia dell’Egitto, che, a seguito del caso Regeni, che lo svergogna davanti al Mondo, ci… punisce, lasciando partire dalle proprie spiagge barconi diretti verso l’Italia. Intanto l’amica Francia chiude con l’Egitto fior di accordi commerciali. Con buona pace della solidarietà europea e del rispetto dei diritti umani, che in quel Paese vengono calpestati. Tutte le forze politiche, più o meno velatamente, inseguono i populismi, si sintonizzano sulla rabbia della gente contro i… migranti invasori. Le elezioni amministrative nelle più grandi città italiane alimenteranno ulteriormente questa deriva: nel segno della domanda di sicurezza dei cittadini. E già: la vulgata è che fra i migranti si nascondono ladri, anche di appartamenti, stupratori, sfruttatori, e via elencando. Al netto dei terroristi. Naturalmente, i “nostri” ce li teniamo in casa, “legittimamente”: camorristi, mafiosi, spacciatori, violentatori di donne (ne sono state uccise 36 da uomini italiani), truffatori, anche della società civile, evasori e così di seguito. Le parole gratuite

ed offensive dell’uomo politico del momento, al secolo Matteo Salvini, nei confronti di Papa Francesco, da sole dovrebbero giustificare, anche fra i suoi, l’abbandono di quel Movimento, che viene accreditato di percentuali altissime, soprattutto nelle regioni del Nord opulento. Il Papa aveva “osato” affermare, dopo la sua dolorosa visita a Lesbo, che “i migranti sono un dono per la nostra società”. E Salvini, di rincalzo, “Si sono un dono per le associazioni su di loro lucrano milioni di euro”. Tutto questo al netto del dovere cristiano

dell’accoglienza: “Ero forestiero e mi avete ospitato. Matteo 25/37”. Certo, tutti noi siamo egoisti, però, se dai migranti vengono le badanti, che ci liberano dall’assillo di genitori decrepiti o dementi, se provengono lavapiatti, che ci risparmiano lavori ingrati, se raccoglitori di patate o di pomodori, che fanno lavori, a prezzo di sfruttamento, per noi pesanti ed umilianti, allora il migrante è ben accetto. Ma perché tutta questa incultura dell’accoglienza? Tutti sappiamo che dopo la crisi della famiglia e la… latitanza della gloriosa Cultura Laica, restano soltanto

la Chiesa e la Scuola come soggetti di educazione. Mi domando: nelle scuole si dedica un ora a settimana, almeno, a parlare del dovere, civico e costituzionale, dell’accoglienza, e, magari, anche della utilità della integrazione fra razze ed etnie diverse? Personalmente, devo essere sfortunato, durante le omelie della Messa della Domenica, eppure cambio spesso Chiesa, mai, dico mai, ho sentito prediche, che richiamano a questo dovere cristiano. Mai ho ascoltato un riferimento a questa testimonianza infaticabile di Papa Francesco, che ha voluto portare con se da Lesbo, accogliendoli nella Comunità di Sant’Egidio, 12 migranti di religione Musulmana. Ed allora, come pensiamo che la gente venga educata, che venga convinta, che smetta egoismi e paure? Senza Educazione, senza Cultura, cresceranno muri e barriere. E crescerà anche il successo di personaggi politici come Trump, Le Pen, Salvini. Ma, quel che è peggio, il Mondo, e la Società, diventerà più brutto, più violento, più egoista. Perfino l’Amicizia rischierà di scomparire, se prevarranno interessi ed egoismi. E questo Papa, che, con la sua ferma testimonianza del Vangelo, non riesce a “schiodare” neppure alcuni suoi Cardinali, se ne tornerà, da “Emerito”, in Argentina. 2. Domenica 17 aprile abbiamo trascorso una bella giornata al Centro di Prima Accoglienza, a Forio, nato dall’impulso di quel grande Vescovo, che fu Filippo Strofaldi. Nel segno del grido che proprio ad Ischia, lanciò Papa Giovanni Paolo II, ora Santo,: Ascolta, Accogli, Ama. Grazie agli amici “Zufunielli”, ed alla generosità di tanti altri, il pranzo è stato squisito. Ma la gioia più grande è arrivata dal sorriso di quei migranti, ma anche di italiani indigenti, ospiti di quella struttura. E’ stato bello vedere la gioia grande delle preziose volontarie, delle Suore Betlemite con la loro Madre Superiore, delle Suore di Padre Arturo con la Madre Generale (un vero onore!). Non faccio i loro nomi perché so bene che non sono vanitose. Un “fratello” con la sua chitarra ha arricchito ancora di più la giornata. Per Anna e per me è stato bello poter dire ai nostri nipoti che la preghiera al Signore prima del pranzo, “perché ne dia a tutti coloro che hanno bisogno”, non è una vacua giaculatoria. “Quelli che ne hanno di bisogno” ci sono veramente, ed aumentano sempre di più: aspettano che noi diamo loro almeno… il “superfluo”, se proprio non sappiamo fare qualche piccola rinuncia.


Bibbia & Misericordia

19 23 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

Di Di Gérard Rossé - Prof. ordinario di Teologia biblica (Docente IUS)

I

n occasione dell’anno giubilare dedicato al tema della misericordia, il settimanale Kaire proporrà al lettore una serie di brevi commenti biblici sull’argomento, con un’attenzione speciale all’insegnamento di Gesù, in particolare alle sue parabole, così come viene trasmesso e attualizzato dalla tradizione apostolica fissata per iscritto nei vangeli. Ma prima di questo, uno sguardo all’Antico Testamento è necessario per chiarire una visione a volte distorta di Dio visto che, fin dal 2° secolo, un vescovo di nome Marcione oppose il Dio misericordioso rivelato da Gesù, al Dio dell’Antico Testamento, severo, irascibile, duro e vendicativo. L’idea di vedere nella Bibbia un Dio che comanda, giudica e punisce non è del tutto assente neanche oggi nella mente cristiana. Infatti, nel libro dell’Esodo, Dio non è descritto come un Dio che “non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione” (Es 34,7b)? Certamente, nella nostra mentalità, Dio appare severo e ingiusto in questa versetto. Ora occorre capire il testo alla luce della mentalità di allora, nel mondo antico dove dominava una concezione fortemente corporativa e collettiva: la colpa non è limitata al colpevole ma si estende alla famiglia e perfino ai discendenti. Due verità sono sempre attuali: Dio non può chiamare bene ciò che è male, e dichiarare innocente un colpevole: ne va della giustizia. L’altra verità sta nella convinzione che il peccato nei suoi effetti tende a diffondersi, ad inquinare i rapporti con i prossimi, se non si pone rimedio. Tuttavia è fondamentale non distaccare il versetto citato da quelli che precedono: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato” (Es 34,67a). Se Dio conserva il suo amore per mille generazioni, evidentemente non sono escluse la 3° e la 4° generazione! In realtà, in questo testo, Dio non si rivela come un Dio duro, ma come un Dio esigente, che prende l’uomo sul serio, lo vuole libero e responsabile della propria esistenza e storia, realizzato e felice. E quindi Dio lo deve “educare”, distoglierlo dal fascino degli idoli e cioè delle false sicurezze, dalle illusioni, vanità e dalle ingiustizie sociali.

Dio misericordioso nell’antico testamento Inoltre il testo, nel suo insieme fa capire che a Dio non piace punire, la sua ira non è l’ultima parola. Il suo agire, anche quando punisce, ha sempre una finalità positiva; dietro alla sua severità sta una volontà di salvezza. Israele lo imparerà lungo la sua storia costellata di infedeltà e di fallimenti; prenderà coscienza di

essere “un popolo di dura cervice” (Es 34,9 ecc.). Per contrasto, l’infedeltà del popolo eletto manifesterà la misericordia divina, la sua fedeltà e potenza capace di dare la speranza e la vita anche e soprattutto nelle situazioni più disperate. In tutti i libri della Bibbia, in particolare nei Salmi, Israele canta “Mi-

sericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore” (per esempio in Sal 86,15; 103,8; 111,4; 112,4; 116,5; 145,8). Il Deuteronomio lo sintetizza: “Il Signore, tuo Dio, è un Dio misericordioso, non ti abbandonerà e non ti distruggerà, non dimenticherà l’alleanza che ha giurato ai tuoi padri” (Dt 4,31). E’ appunto nel contesto dell’alleanza con Israele, mediata da Mosè, che Dio ha comunicato la Torah, la Legge, così fondamentale nel giudaismo all’epoca di Gesù. La Legge non era considerata come una imposizione di comandamenti, ma un dono del Dio misericordioso che trasmette la Sua volontà intesa come istruzione per la vita. Infatti con le sue istruzioni che regolano i vari campi della vita sociale e religiosa, essa ha costituito e mantiene come “popolo” le varie tribù, famiglie e genti che lo formano. Il Giudeo ne era fiero; essa dice la sua identità, ciò che lo distingue dagli altri popoli, e nello stesso tempo lo mantiene inserito nel popolo eletto e quindi nella storia della salvezza condotta da Dio. Israele alla scuola di Dio. In essa Dio si rivela come un Dio misericordioso, e spesso in modo inatteso, ci parla nella notte della crisi, nel buio della sofferenza, paradossalmente nell’apparente Sua assenza e silenzio. Se è vero che si rivela come il Dio trascendente, inafferrabile nella sua vicinanza, resta comunque e sempre presente con un amore fedele e paziente, che si avvicina all’uomo fino a raggiungerlo in modo definitivo nella persona, nella parola e nel destino di Gesù di Nazaret.


Liturgia

20 23 aprile 2016

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Commento al Vangelo

Domenica 24 aprile 2016 V Domenica di Pasqua

Un nuovo comandamento Di Don Cristian Solmonese

C

arissimi amici, davanti al Vangelo di questa domenica spesso rimaniamo attoniti e arrossiamo; spesso davanti queste parole di Gesù raccogliamo più sconfitte che passi avanti. Spesso ci rivolgiamo al Signore in questo caso dicendo: “Pietà di me!”. Il Signore, nel momento in cui annuncia la sua partenza da questo mondo, quasi come testamento ai suoi discepoli per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri». Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi, ad essere glorificato nel mondo. Gesù parla di un “comandamento nuovo”. Ma qual è la sua novità? Già nell’Antico Testamento Dio aveva dato il comando dell’amore; ora, però, questo comandamento è diventato nuovo in quanto Gesù vi apporta un’aggiunta molto importante: «Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri». Ciò che è nuovo è proprio questo “amare come Gesù ha amato”. Tutto il nostro amare è preceduto dal suo amore e si riferisce a questo amore, si inserisce in questo amore, si realizza proprio per questo amore. L’Antico Testamento non presentava alcun modello di amore, ma formulava soltanto il precetto di amare. Gesù invece ci ha dato se stesso come modello e come fonte di amore. Si tratta di un amore senza limiti, universale, in grado di trasformare anche tutte le circostanze

VANGELO VISSUTO

I nuovi mobili Di Oreste Paliotti

T

utti i proprietari degli appartamenti del palazzo nel quale abito si erano accordati per venderli ad una ditta commerciale. Non avendo nessun diritto di garanzia, sarei dovuto andarmene, ma la somma offertami in cauzione era troppo bassa per trovare un altro appartamento, nonostante le ricerche fatte. Mi sono affidato a Dio, lui sa che io offro ospitalità a molti. Dopo un po’ i miei figli hanno saputo di un alloggio nelle loro vicinanze. Pur piccolo, era

negative e tutti gli ostacoli in occasioni per progredire nell’amore. E vediamo nei santi la realizzazione di questo amore, attinto sempre dalla fonte dell’amore di Gesù. Dandoci il comandamento nuovo, Gesù ci chiede di vivere il suo stesso amore, dal suo stesso amore, che è il segno davvero credibile, eloquente ed efficace per annunciare al mondo la venuta del Regno di Dio. Abbiamo una grande responsabilità davanti a questa richiesta di Gesù: la veridicità della sua parola, del suo insegnamento, è posta nelle nostre mani. Se non ci amiamo come Gesù, nessuno crederà nelle parole di Gesù. Questo è il prezzo che Gesù paga per il suo amore. Se i cristiani non fanno vedere questo le persone non crederanno al suo insegnamento. Ovviamente con le nostre sole forze siamo deboli e limitati. C’è sempre in noi una resistenza all’amore e nella nostra esistenza ci sono tante difficoltà che provocano divisioni, risentimenti e rancori. Ma il Signore ci ha promesso di essere presente nella nostra vita, rendendoci capaci di questo amore generoso e totale, che sa vincere tutti gli ostacoli, anche quelli che sono nei nostri stessi cuori. Se siamo uniti a Cristo, possiamo amare veramente in questo modo. Amare gli altri come Gesù ci ha amati è possibile: con quella forza che ci viene comunicata nel rapporto con Lui, specialmente nell’Eucaristia, in cui si rende presente in modo reale il suo Sacrificio di amore che genera amore; con la luce e la forze del suo stesso Spirito che è “Amore” in Dio trinità, che è “amore” in noi e tra di noi. Buon cammino! E buona domenica!

L’arredamento della vecchia casa non era adatto agli spazi dell’appartamento in cui mi sarei trasferito, piccolo, ma conforme alle mie esigenze. Così ho deciso di donare tutto, ricevendo in cambio, inaspettatamente, ciò di cui avevo bisogno.

conforme alle mie esigenze, inadatto però ai mobili che avevo. Così ho deciso di darli a chi ne aveva bisogno. Ed ecco che, inaspettatamente, ho ricevuto in regalo gran parte dei mobili necessari e adatti al nuovo appartamento. Ho sperimentato il “Date e vi sarà dato”. V. S. - Libano


Ecclesia

21 23 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

La misericordia è la carezza di Dio Di Ordine francescano secolare di Forio

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urante l’Udienza Generale di mercoledì 13 aprile 2016 Papa Francesco ci ha parlato dell’incontro di Gesù col pubblicano Matteo: «abbiamo ascoltato il Vangelo della chiamata di Matteo. Egli era un “pubblicano”, cioè un esattore delle imposte per conto dell’impero romano, e per questo considerato pubblico peccatore. Ma Gesù lo chiama a seguirlo e a diventare suo discepolo. Matteo accetta, e lo invita a cena a casa sua insieme con i discepoli. Allora sorge una discussione tra i farisei e i discepoli di Gesù per il fatto che questi condividono la mensa con i pubblicani e i peccatori. “Ma tu non puoi andare a casa di questa gente!”, dicevano loro. Gesù, infatti, non li allontana, anzi frequenta le loro case e siede accanto a loro; questo significa che anche loro possono diven-

tare suoi discepoli. Ed è altrettanto vero che essere cristiani non ci rende impeccabili. Come il pubblicano Matteo, ognuno di noi si affida alla grazia del Signore nonostante i propri peccati». La vera via della felicità, quindi, passa dall’incontro e dall’esperienza con il mistero della misericordia di Dio, solo una Chiesa che la vive e sperimenta potrà essere luogo di misericordia, accoglienza e prolungamento nel tempo della “carezza” del Padre. Noi dobbiamo anzitutto lasciarci possedere dall’amore e dalla compassione del Signore per «esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia». La Misericordia si presenta subito come un fatto concreto più che una parola pronunciata. Ha un volto,

giubileo delle corali Dal 21 al 23 ottobre. Il Giubileo dedicato a tutti gli animatori della Liturgia. Iscrizioni aperte fino al 31 maggio!

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ono aperte sul sito www. giubileocorali.com le iscrizioni all’evento giubilare dedicato a tutti coloro che operano nell’animazione delle Celebrazioni Liturgiche nelle Diocesi e nelle Parrocchie. È rivolto a tutti i Laici, Sacerdoti, Direttori degli Uffici Liturgici, Direttori di Coro, Musicisti, Coristi, Organisti, Scuole di Musica Sacra, Cappelle Musicali, Corali Diocesane e Parrocchiali, Bande musicali a servizio della Liturgia e della pietà popolare e a quanti, loro familiari e amici, vorranno partecipare. L’evento è organizzato dal Coro della Diocesi di Roma ed è inserito nel Calendario degli eventi giubilari del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. La “tre giorni” si aprirà venerdì 21 ottobre con il Convegno formativo sul tema: “Cantare la Misericordia”. Nella seconda giornata, quella di sabato 22 ottobre, si parteciperà all’Udienza Giubilare con il Santo Padre mentre, nel pomeriggio, tutte le Corali intervenute si uniranno per un grande Concerto in Aula Paolo VI dedicato a San Giovanni Paolo

II nel giorno della sua Memoria Liturgica. Domenica 23 ottobre, Pellegrinaggio alla Porta Santa e preghiera sulla tomba dell’Apostolo Pietro. A seguire, Santa Messa nella Basilica di San Pietro presieduta da S.E. Mons. Rino Fisichella e partecipazione all’Angelus del Papa in Piazza San Pietro. Sul sito dedicato all’evento, tutte le informazioni necessarie per i tre giorni e il programma dettagliato. Per maggiori informazioni scrivere a: info@giubileocorali.com

quello di Gesù che con la sua parola e soprattutto la sua vita rende evidente l’amore misericordioso del Padre. Egli richiama all’agire e al comportamento di Dio che a tutti va incontro con amore, senza escludere nessuno. Probabilmente è proprio questo “senza escludere nessuno” che merita di essere maggiormente sottolineato. La misericordia, infatti,è la capacità di accogliere e di amare quanti in modo particolare sono i più lontani perché segnati dalle diverse forme di emarginazione, non da ultimo quella del peccato. San Francesco vivendo l’amore di Dio vuole che anche i suoi frati siano misericordiosi come il Padre. Infatti un responsabile del suo Ordine, scoraggiato dalle innumerevoli difficoltà, voleva dimettersi dal suo incarico. San Francesco lo invita a ritornare alla fonte, cioè al rapporto personale con Dio: «quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il

Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri, anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devi ritenere come una grazia…E questo tieni in conto di vera obbedienza da parte del Signore Iddio e mia per te, perché io fermamente riconosco che questa è vera obbedienza. E ama coloro che agiscono con te in questo modo… e non pretendere che diventino cristiani migliori» ( FF 234). San Francesco ha vissuto e compreso che ciò che rigenera l’uomo è sentirsi destinatario degli occhi di Dio che rifulgono attraverso il cuore dell’uomo su cui il Signore ha già posato il suo sguardo d’amore e di cui hanno fatto esperienza. Il peccatore perdonato e risanato dall’amore del Padre diventa segno autentico e vivo della presenza della misericordia di Dio. E in questo sta la grandezza e il successo della creatura e del perdonato.


Teatro

22 23 aprile 2016

Di Anna Rosaria Marcellino & Gina Menegazzi

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l gruppo degli Ugualos, compagnia di recente formazione, ha portato in scena “Aspettando Godot”, una tragicommedia di Samuel Beckett, magistralmente adattata e diretta da Eduardo Cocciardo. L’adattamento e l’interpretazione del gruppo ischitano sono stati fedeli alla storia e nello stesso tempo originali, accompagnati e sostenuti da una splendida scenografia: una tela dipinta a mano dall’artista Tatiana Taddei, in cui un grande albero che sta perdendo le foglie – a suggerire il passare del tempo - e un insieme scomposto di valige e oggetti vari rendevano perfettamente la metafora dell’esistenza umana. Una sera, in una strada di campagna, Vladimiro - Davide D’Abundo, ed Estragone - Salvio Di Massa -, due barboni, attendono Godot vicino a un albero, luogo fissato per l’appuntamento, discutendo tra loro. I loro discorsi sconnessi, a metà tra la tragedia e la commedia, hanno affascinato e divertito il pubblico. Godot non arriva, ma giunge invece Pozzo - il bravissimo Alessandro Guerra -, personaggio canagliesco, che tiene legato a una fune il povero Lucky, interpretato da un intenso Lucio Scherillo molto espressivo sia nella

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Aspettando Godot Penultimo spettacolo della Rassegna del Teatro Isolano lo scorso fine settimana al Teatro Polifunzionale d’Ischia voce sia nella gestualità. Pozzo, che tratta Lucky come una bestia, gli ordina di intrattenere i due estranei, prima ballando e poi pensando, cosa che questi riesce a fare solo quando indossa il cappello. L’orazione di Lucky è un monologo sconnesso, circolare, intermittente, che si interrompe non appena gli viene tolto il copricapo. La divertente scena, ha suscitato il riso partecipe del pubblico in sala, ma ha anche permesso di cogliere con meraviglia l’improvvisa capacità di Lucky di risorgere dal suo stato di servilismo. Godot non arriva: un ragazzo viene a informare i due che “oggi non verrà, ma verrà domani”. Il mattino dopo i due amici si ritrovano nello stesso posto, abbracciandosi felici. Scena particolarmente bella, questa, viva, positiva pur nella sua drammaticità, perché i ragazzi che pensano

di separarsi in realtà sono dipendenti l‘uno dall’altro. La drammaticità torna prepotente nel secondo quadro, con l’apparizione di Pozzo, diventato cieco, e Lucky, ormai muto, preso a calci da Estragone. Alla notizia che Godot “oggi non verrà, ma verrà domani”, Vladimiro ed Estragone decidono di andarsene insieme, per tornare l’indomani e provare a impiccarsi all’albero, cercando così di vincere la monotona ripetitività dell’esistenza. Dramma dell’attesa, dunque, dello spaesamento dell’uomo, e dei legami d’interdipendenza che diventano indissolubili, aspettando che qualcosa dall’alto chiarisca la verità. Un lavoro importante, affrontato dagli attori e dal regista con grande

professionalità e che ha avuto il pieno consenso del poco (ahimè) pubblico presente. A titolo di informazione per i lettori di Kaire, ricordiamo che nel 1970 Gennaro Zivelli riuscì con questa commedia a portare sulla scena Eduard Bargheer e Filippi Dakin. La rappresentazione si svolse al teatrino dei Pilastri di Ischia; vi presero parte anche Taki Calise, lo stesso Gennaro Zivelli, e il piccolo Vincenzo Capuano. Lo spettacolo fu poi ripresentato a Forio nel Centro di Via del Torrione nel 1982, con la scenografia di Luigi Coppa; questa volta con Pio Scippa nei panni di Pozzo e di Massimo Zivelli in quelli di Lucky. Claudio Cervera


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Dulcis in Fundo

23 aprile 2016

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Slotmob, il movimento contro le multinazionali dell’azzardo

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Presentato lo scorso 12 aprile il “Manifesto di democrazia economica” dai rappresentanti di Slotmob nella sala stampa della Camera dei Deputati per lanciare la giornata di mobilitazione nazionale del 7 maggio Dalla Redazione

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icordate che cos’è Slotmob? Ad Ischia a Natale 2013 ci fu il primo slot mob al bar Cocò ad Ischia Ponte. Il 16° in tutta Italia. E’ un movimento di cittadini che nasce nel 2013 con l’obiettivo di fermare il dilagare del fenomeno dell’azzardo. Ad esso aderiscono associazioni, esponenti del Terzo Settore, accademici, enti locali, comunità religiose, esercizi commerciali e singoli cittadini. Ad oggi, si sono organizzati più di 120 Slotmob su tutto il territorio italiano. E’ un momento in cui la cittadinanza festeggia l’esercizio commerciale che ha deciso di eliminare le slot machines e altri giochi d’azzardo. La pratica è semplice e positiva: piuttosto che fare pressioni sui baristi affinché levino le slot, si mettono in risalto le storie di chi, estenuato dal vedere le persone rovinarsi la vita nel proprio locale, ha deciso di darci un taglio. Durante gli Slotmob si praticano giochi, da quelli da tavolo a quelli sportivi, creando una vera e propria opposizione: il gioco, attività che tradizionalmente crea legami sociali, contro l’azzardo, pratica alienante che riduce gli individui alla solitudine. Nell’ultimo decennio, specialmente durante il periodo di crisi economica, l’oligopolio delle società transnazionali che gestiscono il mondo dell’azzardo ha visto crescere il proprio giro di denaro in maniera esponenziale: dal 2000 al 2012 il gioco d’azzardo legale è passato da 14 a 88 miliardi di euro di raccolta all’anno. A differenza del tabacco, lo

Stato non vieta la pubblicità alle multinazionali dell’azzardo. Anzi, è lo Stato stesso ad imporre alle società di fare pubblicità, per aumentare i propri introiti. Ma quanto guadagna lo Stato? Molto poco: degli 88 miliardi spesi dagli italiani nel 2015, solo 9 sono entrati nelle casse dello Stato. Sul loro Manifesto gli attivisti di Slotmob sostengono: “L’erario non ci guadagna. Anzi, i proventi fiscali sull’azzardo scompaiono se mettiamo sul piatto della bilancia le tasse non percepite sui mancati consumi dei soldi persi nell’azzardo, i costi della spesa sanitaria per contrastare le dipendenze patologiche, i costi economici della caduta nel vortice dell’indebitamento”. Insomma, i soldi che lo Stato guadagna in azzardo verrebbero ampiamente spesi nel riparare ai danni che l’azzardo crea. Sulla base di tutte queste e altre motivazioni, nel Manifesto di Slotmob si richiede principalmente un semplice grande provvedimento: che lo Stato metta in discussione “l’affidamento del settore dell’azzardo a società commerciali, in gran parte transnazionali, che sono interessate a farne profitto”. Cioè sia lo Stato stesso a gestire l’azzardo, o lo affidi ad enti senza scopo di lucro che lo possano gestire in maniera trasparente e responsabile. Per sensibilizzare maggiormen-

te il mondo della politica su questo e altri temi (come il divieto di pubblicità e maggior potere agli enti locali), gli attivisti di Slotmob hanno inviato una lettera al Presidente della Repubblica. È lui che, a tutela della Costituzione, deve garantire che l’attività economica non si svolga “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, come recita l’articolo 41. Senza dimenticare, però, che alla base del movimento Slotmob vi è l’attivazione spontanea e dal basso, e che la più grande arma di cambiamento in questo senso è il cosiddetto “voto col portafoglio”, ovvero il consumo responsabile e consapevole. La giornata del 7 maggio, con decine di eventi Slotmob in tutta Italia, vuole proprio agire in questo senso.

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IL SABATO DI MARIA Ogni sabato del mese di maggio nella Chiesa del Convento S. A N TO N I O (lato parcheggio) ore 21.00 recita del S. Rosario, canto delle Litanie e Consacrazione a Maria

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