Kaire 16 anno III

Page 1

www.chiesaischia.it

Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 3 | numero 16 | 16 aprile 2016 | E 1,00

“Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% Aut: 1025/ATSUD/NA”

AMORIS LAETITIA Il vescovo di Ischia mons. Pietro Lagnese intervistato dal Kaire sull’Esortazione Apostolica post-sinodale del Santo Padre Francesco Amoris laetitia, scritta al termine dei due Sinodi dei Vescovi che si sono svolti su tale argomento nell’ottobre 2014 e nell’ottobre 2015 A pag. 2

Gli ischitani sono felici?

IL MIGLIO VERDE Domenica 17 aprile si vota attraverso il referendum sul futuro delle piattaforme petrolifere

Di don Carlo Candido

entro le 12 miglia dalla costa. Gli italiani sono divisi tra il business economico e la voglia

schia è sempre stata definita un’isola felice e sotto tanti aspetti lo è: nell’effervescenza, varietà e rigogliosità della natura, per le bellezze naturali, per la dimensione ancora umana che c’è nei rapporti e nelle relazioni interpersonali… e mentre sottolineiamo questa dimensione di isola felice, il mio pensiero va a quando ero giovane, dove davvero era così. Come sacerdote e come persona che ascolta tanti pesi che sono nel cuore degli altri, posso dire che oggi quest’isola è felice solo di facciata: c’è un vuoto nel cuore delle persone che fa spavento! Non solo nei ragazzi ma anche negli adulti. Davvero c’è una fatica di vivere, del campare come si dice a Napoli, dove anche l’espressione napoletana tiramm a campà non esorcizza questo malessere profondo, dove un virus inarrestabile si va diffondendo sempre di più. Sempre più mi capita di asciugare lacrime di ragazzi, giovani, adulti, anziani. Un giorno durante la mia visita nelle case nel territorio parrocchiale ho trovato un anziano che piangeva. Questa persona soffriva del ‘male del secolo’. Pensavo avesse un cancro. Invece era depressione… Ad Ischia ci sono persone simili ai cosiddetti corpi morti in mare.

di riscatto. Ma c’è bisogno di una presa di coscienza e un’assunzione di responsabilità

I

Continua a pag. 8

per salvaguardare il nostro mare ed avere una politica energetica più green.

FAMIGLIE E ANNO SANTO Più di 200 ischitani in pellegrinaggio ad Angri per dire grazie ai santi coniugi Martin per la loro permanenza di quaranta giorni sull’isola.

MISSIONE DIOCESANA Fra Stefano Nava e fra Michele Berardi ci raccontano cosa succederà a novembre alla missione diocesana in occasione del Giubileo.

SEGUIAMO FRANCESCO Papa Francesco incoraggia i settimanali cattolici in udienza a piazza San Pietro: "andate avanti cosi”.

GIUBILEO DEI RAGAZZI Dal 23 al 25 aprile in 70 mila dal Papa. L’intervista a don Gianfranco Del Neso sul viaggio dei nostri giovani verso Roma.


2

La Voce di Pietro 16 aprile 2016

www.chiesaischia.it

L’INTERVISTA Di Lorenzo Russo

C

arissimo Padre Pietro, quali sono gli elementi nuovi dell’Esortazione Amoris laetitia? L’Esortazione Amoris laetitia si fonda sulla lunga storia dell’insegnamento della Chiesa e sull’esperienza molto intensa del Sinodo. Da ambedue trae “cose antiche e cose nuove”. L’elemento nuovo è soprattutto un atteggiamento di accompagnamento. Papa Francesco, come i suoi predecessori, riconosce la complessità della moderna vita familiare, ma pone l’accento sulla necessità che la Chiesa e i suoi ministri siano vicini alle persone a prescindere dalla loro situazione o da quanto esse si sentano lontane dalla Chiesa: per comprendere, accompagnare, integrare, ed aprire le braccia in particolare verso tutti coloro che “vivono nelle più disparate periferie esistenziali” (AL 312). L’Esortazione Amoris laetitia non è un testo meramente teorico senza nessuna connessione con i problemi reali delle persone. Il titolo stesso suggerisce lo spirito positivo del documento, che offre continui e concreti rimandi alla bellezza della vita familiare, nonostante tutte le sfide che essa comporta. Papa Francesco ha parole eloquenti su come formare una famiglia significhi essere parte del sogno di Dio, unendosi a Lui nel costruire un mondo “dove nessuno si senta solo” (AL 321). Perché è un documento così lungo? La maggioranza dei cattolici può leggerlo con frutto? O è rivolto solo agli esperti? Papa Francesco nota nell’introduzione che non si deve fare una lettura frettolosa dell’Esortazione, ma che bisogna dedicare attenzione a quelle parti che più rispondono alle proprie esigenze specifiche. La lettura di Amoris laetitia è fondamentale per i vescovi, i sacerdoti, e per tutti gli operatori dell’apostolato familiare, ma è importante che tutti i cattolici vedano l’impegno della Chiesa per essere vicina a loro. Ad esempio, le coppie di coniugi saranno particolarmente interessate al Capitolo quarto: “Amore nel matrimonio”, al Capitolo quinto: “L’amore che diventa fecondo” e al Capitolo settimo: “Raf-

Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia Proprietario ed editore COOPERATIVA SOCIALE KAIROS ONLUS

L’amore nella Abbiamo intervistato il vescovo di Ischia mons. Pietro Lagnese sull’Esortazione Apostolica post-sinodale del Santo Padre Francesco Amoris laetitia, scritta al termine dei due Sinodi dei Vescovi che si sono svolti su tale argomento nell’ottobre 2014 e nell’ottobre 2015

forzare l’educazione dei figli”. Papa Francesco desidera aiutare i coniugi cristiani a perseverare nella fedeltà e nella pazienza e incoraggia ognuno ad essere un segno di misericordia tutte le volte che la vita familiare non si svolge con pace e gioia (AL 5). I lettori saranno piacevolmente sorpresi nello scoprire quanto concreta sia l’Esortazione Amoris laetitia. Papa Francesco, con cuore di pastore, entra nelle realtà quotidiane della vita familiare semplicemente, ma in profondità. Un argomento controverso nel Sinodo riguardava la comunione ai cattolici divorziati e risposati civilmente. Ma l’Esortazione non

si pronuncia in modo definitivo sulla questione. Perché? Il Sinodo si è reso conto di come le discussioni con “vincitori e sconfitti” non siano produttive. Ciò che era costruttivo era invece guardare in profondità la vita familiare, il matrimonio e il popolo di Dio, mentre si impegnano a vivere la propria vocazione in tempi difficili e complessi. Il Capitolo ottavo: “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità” offre uno sguardo molto profondo su come regole generali non si applichino automaticamente ad ogni situazione particolare. E perciò è necessario tener conto della complessità di ogni singola situazione. Il Papa

COLLETTA STRAORDINARIA in tutte le chiese di Ischia

PRO UCRAINA

Come a tutti è noto, durante la preghiera del Regina Coeli di domenica 3 aprile, Papa Francesco ha indetto per domenica 24 aprile una colletta straordinaria in tutte le chiese cattoliche di Europa per venire incontro alle necessità del popolo ucraino che soffre per la violenza che da alcuni anni sta provocando morte e distruzione in quella nazione.

Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia Codice fiscale e P.Iva: 04243591213 Rea CCIAA 680555 - Prefettura di Napoli nr.11219 del 05/03/2003 Albo Nazionale Società Cooperative Nr.A715936 del 24/03/05 Sezione Cooperative a Mutualità Prevalente Categoria Cooperative Sociali Tel. 0813334228 Fax 081981342 info@kairosonline.it pec: posta.kairos@pec.it Registrazione al Tribunale di Napoli con il n. 8 del 07/02/ 2014

Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

riconosce che tutti dobbiamo sentirci messi alla prova da quanto esposto nel Capitolo ottavo. Esso certamente chiede ai pastori e a quanti operano nell’apostolato familiare di ascoltare con empatia quanti si sentono feriti e ad aiutarli a sperimentare l’amore incondizionato di Dio. Una parola importante in questo documento è “discernimento”. Che significa discernimento per Papa Francesco? Significa semplicemente che una persona cerchi un sacerdote compassionevole che le dica che tutto è a posto? Il discernimento è lo sforzo costante di essere aperti alla Parola di Dio per illuminare la concreta realtà della vita quotidiana. Il discernimento ci conduce ad essere docili allo Spirito; incoraggia ognuno di noi ad agire nelle situazioni concrete con tutto l’amore possibile. Papa Francesco chiede ai pastori di aiutare a discernere le varie situazioni concrete vissute dai fedeli. Il sacerdote o l’operatore pastorale attivamente coinvolti nell’aiutare le persone nella crescita spirituale sono consapevoli che non esistono ricette facili, soluzioni semplici e facili eccezioni. Allo stesso tempo, il discernimento non può mai essere separato dalle esigenze di verità e carità del Vangelo e dall’insegnamento e dalla

Redazione: Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia kaire@chiesaischia.it | @chiesaischia facebook.com/chiesaischia @lagnesepietro Tipografia: Centro Offset Meridionale srl Via Nuova Poggioreale nr.7 - 80100 Napoli (NA) Per inserzioni promozionali e contributi: Tel. 0813334228 Fax 081981342 oppure per e-mail: info@kairosonline.it

Il settimanale è stampato su carta riciclata utilizzando inchiostri vegetali non inquinanti presso uno stabilimento le cui attività prelevano una quantità di energia minore di quella prodotta dal proprio impianto fotovoltaico (a ridotta emissione CO2).


La Voce di Pietro

16 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

famiglia

CHIROGRAFO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Il documento inviato ai Vescovi per accompagnare l’Esortazione Apostolica post-sinodale “Amoris laetitia”, sull’amore nella famiglia. Vaticano 8 aprile 2016 Caro fratello: invocando la protezione della Santa Famiglia di Nazareth, sono lieto di inviarti la mia Esortazione “Amoris laetitia” per il bene di tutte le famiglie e di tutte le persone, giovani e anziane, affidate al tuo ministero pastorale. Uniti nel Signore Gesù, con Maria e Giuseppe, ti chiedo di non dimenticarti di pregare per me. Franciscus

tradizione della Chiesa. Il discernimento richiede umiltà e una sincera ricerca della volontà di Dio. Ci sono molti cattolici divorziati e risposati civilmente che si sforzano di fare bene e di educare i propri figli nella Chiesa. Che cosa ha da offrire loro l’Esortazione Amoris laetitia ? L’Amoris laetitia offre loro la garanzia che la Chiesa e i suoi ministri

3

hanno a cuore loro stessi e la loro situazione concreta. L’Esortazione vuole che essi sentano e sappiano di essere parte della Chiesa. Non sono scomunicati. (AL 243). Anche se non possono partecipare pienamente alla vita sacramentale della Chiesa, sono incoraggiati a prendere parte attiva alla vita della comunità. Un concetto chiave dell’Esortazione è integrazione. I pastori devono fare

tutto il possibile per aiutare le persone che si trovino in tali situazioni ad essere “incluse” nella vita della comunità. Tutte le persone in situazioni cosiddette “irregolari” devono ricevere particolare attenzione. “Aiutare a guarire le ferite dei genitori e accoglierli spiritualmente, è un bene anche per i figli, i quali hanno bisogno del volto familiare della Chiesa che li accolga in questa esperienza traumatica” (AL 246). Per un Sinodo che a un certo momento era sembrato offrire una nuova accettazione degli omosessuali nella Chiesa, l’Esortazione non sembra offrire molto a questo riguardo. Che cosa è successo? L’insegnamento della Chiesa rimane chiaro: il matrimonio è fra un uomo e una donna, e le unioni omosessuali non possono essere messe allo stesso livello del matrimonio cristiano (AL 251). Detto questo, è importante che tutti noi impariamo ad imitare l’amore incondizionato di Dio per tutti. “La Chiesa conforma il suo atteggiamento al Signore Gesù che in un amore senza confini si è offerto per ogni persona senza eccezioni” (AL 250). Mentre l’Esortazione è centrata sul matrimonio e la famiglia, essa si rivolge anche a innumerevoli persone che non sono sposate: i genitori single, i vedovi e le vedove, i celibi e le nubili, che sono tutte persone che hanno legami familiari. Tutti sono figli o figlie; tutti hanno una storia familiare; ognuno ha legami di affetto con membri della famiglia; e ognuno ha amici che vivono situazioni familiari difficili e dolorose. L’Amoris laetitia si esprime in modo critico su pratiche del passato (nn. 36, 37, 38) fra cui l’enfasi su questioni morali e dottrinali, o la denuncia di un mondo in decadenza senza offrire molto di positivo. E’ una critica dei pontificati precedenti? Un rapido sguardo alle note a piè di pagina mostra quanto estensivamente sia citato Giovanni Paolo II, specialmente con la sua Esortazione apostolica Familiaris consortio. Papa Francesco cita anche varie volte la Deus Caritas est di Papa Benedetto. L’Amoris laetitia offre speranza, e speranza in abbondanza. Non è un elenco di prescrizioni o di condanne, ma una chiamata all’accoglienza e all’accompagnamento, al coinvolgi-

mento e all’integrazione. Anche quando le persone - per le ragioni più svariate – non sono state in grado di vivere all’altezza dei precetti dell’insegnamento cristiano, la Chiesa e i suoi ministri desiderano essere al loro fianco per aiutarle nel loro cammino. “La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero” (AL 296). Una delle maggiori preoccupazioni di molti coniugi è quella di regolare i tempi della nascita dei figli, tuttavia questo non è uno degli argomenti principali dell’Esortazione? Perché? L’Amoris laetitia tratta di questo argomento in diverse parti, nei nn. 42, 68, 82 e 222. Mentre insiste con decisione sul fatto che i figli sono un dono di Dio ed una gioia per i genitori, l’Esortazione cita anche l’Humanae Vitae, sottolineando che i coniugi devono essere consapevoli dei loro doveri di genitorialità responsabile (AL 68). In ultima analisi, una decisione sulla regolazione delle nascite deve risultare da “un dialogo consensuale tra gli sposi” (AL 222). A questo proposito l’Esortazione cita il Concilio Vaticano II, ribadendo l’importanza della formazione della coscienza, dove ogni persona è sola con Dio. L’Esortazione incoraggia anche i metodi naturali di regolazione delle nascite, perché rispettano il corpo dei coniugi, anzi la loro persona “nella sua globalità”. Qual è la sfida maggiore dell’ Amoris laetitia? La sfida più grande per ognuno è quella di leggere l’Esortazione in un modo non affrettato e di impegnarsi per metterla in pratica. Amoris laetitia esprime proposte per la Chiesa e i suoi pastori per cambiare l’orientamento centrale verso la famiglia: accompagnare, integrare, rimanere vicino a tutti coloro che soffrono gli effetti di un amore ferito. Soprattutto l’Amoris laetitia ci sprona ad essere comprensivi di fronte a situazioni complesse e dolorose. Papa Francesco desidera che trattiamo il debole con comprensione e non giudicando, perché “accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza” (AL 308).


4

Seguiamo Francesco 16 aprile 2016

www.chiesaischia.it

amoris laetitia

La famiglia secondo Papa Francesco Di Maria Michela Nicolais

P

ubblicata l’esortazione del Papa che raccoglie il lavoro dei due anni di cammino del Sinodo sulla famiglia. “Integrare tutti”, la frase guida. Parlare alle famiglie “così come sono”, la consegna. Niente più distinzioni tra situazioni “regolari” o “irregolari”: “accompagnare, discernere e integrare” l’invito ai vescovi e ai pastori, chiamati a valutare caso per caso. “Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivono in stato di peccato mortale”. Nell’Anno del Giubileo, bisogna “tenere i piedi per terra” e adottare uno “sguardo positivo” sulla famiglia. I divorziati risposati “devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo”. Il Papa non nomina mai esplicitamente il tema dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati ma - in una nota dell’ottavo capitolo -, a proposito dell’“aiuto della Chiesa”, fa presente che “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti”. Tre verbi – “accompagnare, discernere e integrare” – e un imperativo: “Integrare tutti”, cioè “aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita”. È Amoris laetitia, l’esortazione apostolica di Papa Francesco firmata il 19 marzo, ma pubblicata l’8 aprile e indirizzata “ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, agli sposi cristiani e a tutti i fedeli laici sull’amore nella famiglia”. “Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”, esordisce Francesco nel documento – 260 pagine, 325 paragrafi articolati in nove capitoli – in cui definisce “un prezioso poliedro” il contributo offerto dai padri sinodali nei due anni di cammino del Sinodo sulla famiglia, il primo del suo pontificato. E proprio le due “Relatio Synodi” del 2014 e del 2015, insieme alle 28 catechesi del mercoledì nel periodo intersinodale (menzionate 50 volte), sono i testi maggiormente citati da Francesco, insieme agli interventi dei suoi predecessori – san Giovanni Paolo VI, Paolo VI e Benedetto XVI – in testi basilari per la pastorale familiare come la Familiaris consortio e l’Humanae vitae. Parlare delle famiglie “così come sono”, la consegna del

Papa improntata a un sano realismo cristiano e alla tradizione gesuitica dell’educazione alla responsabilità personale: di qui la necessità di “una salutare autocritica” sul modo in cui abbiamo parlato del matrimonio, facendone a volte “un ideale troppo astratto”. No, allora, alla distinzione tra famiglie “regolari” e “irregolari”: “Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivono in stato di peccato mortale”. Sì, invece, nell’Anno del Giubileo, allo “sguardo positivo” sulla famiglia, improntando a quella stessa misericordia che Gesù ha usato con la samaritana. “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete – l’affermazione di sintesi del Papa sull’impostazione di fondo del documento – è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico applicabile a tutti i casi”. Per le situazioni difficili, complesse e “irregolari” delle famiglie la legge da seguire è quella della “gradualità”, già sancita da san Giovanni Paolo II 35 anni fa, nella Familiaris consortio. “I divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi in situazioni molto diverse”, scrive il Papa esortando i vescovi e i pastori a coniugare “discernimento personale” e “discernimento pastorale”. I divorziati risposati, in particolare, “devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo”. È la “logica dell’integrazione”: “Sono battezzati, sono fratelli e sorelle”, “non devono sentirsi scomunicati”, e la loro partecipazione “può esprimersi in diversi servizi ecclesiali”, attraverso la capacità di “discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate”. “Credendo che tutto sia bianco e nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio”. Nell’Amoris laetitia, non si nomina mai esplicitamente il tema dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati ma – in una

Umanità da integrare nella vita della Chiesa con discernimento pastorale

nota dell’ottavo capitolo -, a proposito dell’“aiuto della Chiesa”, si fa presente che “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti”. L’invito ai pastori è al “discernimento pratico” caso per caso: “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà”. “Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture”. Ne è convinto il Papa, che nell’ultima sezione dell’ottavo capitolo del testo spiega in questi termini la “logica della misericordia pastorale”. Tiene i “piedi per terra” il Papa, nel secondo capitolo, dedicato all’analisi della situazione delle famiglie. L’abuso sessuale sui bambini è “ancora più scandaloso nelle istituzioni cristiane”, tuona Francesco, che stigmatizza l’ideologia del “gender”, la pratica dell’“utero in affitto”, la violenza sulle donne e in fatto di migrazioni esorta a distinguere tra “mobilità umana” e “migrazioni forzate”. Nel sesto capitolo, ampio spazio alla preparazione remota e prossima al matrimonio. Tra le proposte, istituire nelle parrocchie “un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare”. Una trattazione a parte meriterebbero il quarto e il quinto capitolo, definiti “centrali”

dallo stesso Francesco: un tributo all’“amore” umano in tutti i suoi aspetti, comprese la fecondità e la generatività. “Il divorzio è un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi”. A ribadirlo è il Papa, che nel capitolo sesto dell’Amoris laetitia, tra le “situazioni complesse”, cita i matrimoni tra cattolici e altri battezzati, i matrimoni misti e quelli con disparità di culto. Imparare a educare i figli senza l’“ossessione del controllo”. È uno dei consigli del Papa ai genitori, contenuto nel capitolo settimo, dedicato a questo tema. “Sì all’educazione sessuale”, il titolo di un paragrafo, in cui il Papa propone un esame di coscienza: “Dovremmo domandarci se le nostre istituzioni educative hanno assunto questa sfida”.


5

Seguiamo Francesco

16 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

Papa Francesco incoraggia i settimanali cattolici Di M. Michela Nicolais

“andate avanti così”

"A

ndate avanti così!”. È da poco finita l’udienza giubilare di aprile in piazza San Pietro, e Papa Francesco consegna al “popolo” della Fisc un incoraggiamento che suona come viatico in vista dei prossimi traguardi. Il Giubileo dei settimanali cattolici segna l’inizio ufficiale delle celebrazioni per il 5o° della Federazione. Un cammino iniziato 50 anni fa con un altro Papa, Paolo VI, a cui la Fisc aveva chiesto subito un’udienza. Oggi, nella stessa piazza, tra i 40mila fedeli c’erano circa 6mila persone in rappresentanza di 80 delle 192 testate aderenti alla Fisc: per il “popolo dei lettori”, che hanno accompagnato i vertici della Federazione, è stata la prima volta in piazza San Pietro con Papa Francesco. L’elemosina è una parola che deriva dal greco e significa “misericordia”. A ricordarlo ai 40mila fedeli presenti per l’udienza giubilare di questo mese è stato il Papa che ha ribadito “come la misericordia ha mille strade, mille modalità, così l’elemosina si esprime in tanto modi, per alleviare il disagio di quanti sono nel bisogno”. Francesco ha proseguito spiegando che “il dovere dell’elemosina è antico quanto la Bibbia”, ed esige la capacità di rispondere alle esigenze dei destinatari di quello che nelle Scritture è “un ritornello continuo”, ha detto il Papa esprimendosi a braccio, come ha fatto in gran parte della catechesi. “Offrire misericordia non può essere un peso o una noia da cui liberarsi in fretta, come da un ubriaco a cui non si dà l’obolo perché “forse andrà a comprare vino per ubriacarsi”. “Ci chiede di non fare l’elemosina per essere lodati e ammirati dagli uomini per la nostra generosità”: “non è l’apparenza che conta, ma la capacità di fermarsi per guardare in faccia la persona che chiede aiuto”. Di qui l’interrogativo rivolto ai 40mila in piazza: “Sono capace di fermarmi e guardare in faccia, guardare negli occhi, la persona che mi sta chiedendo aiuto?”. Misericordia è “coinvolgersi con il povero”, ha sintetizzato il Papa, concludendo l’udienza giubilare con un aneddoto a braccio, che racconta di come una mamma argentina abbia insegnato ai suoi tre figli a condividere ciò che si ha con i poveri: chiedendo loro di

Festa di popolo sabato 9 aprile in piazza San Pietro per il Giubileo della Fisc, la Federazione italiana settimanali cattolici. Dopo la catechesi dell’udienza giubilare, il Papa ha salutato una rappresentanza della Fisc e ha consegnato al presidente, Francesco Zanotti, l’incoraggiamento.

dare metà della cotoletta impanata al povero che ha appena bussato alla porta. “Ho chiesto un’intervista al Papa”. A rivelarlo è don Giorgio Zucchelli, già presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) e direttore del settimanale diocesano di Crema, “Il Nuovo Torrazzo”, che salutando Francesco al termine dell’udienza giubilare di oggi ha confidato di avergli chiesto un’intervista “perché rilanci i nostri giornali”. “Siamo una Chiesa in uscita, entriamo nelle case della gente”: “Viviamo tutti un momento difficile”, la lucida analisi, “e con l’aiuto e l’incoraggiamento del Papa vogliamo trovare insieme nuove strade per farci compagni di strada agli uomini di oggi”. Un’occasione per “condividere la gioia” con un Papa che “ti guarda negli occhi”. Così don Vincenzo Rini, past presidente della Fisc, direttore del settimanale “La vita cattolica” di Cremona e presidente del Sir, racconta la giornata caratterizzata dalla “grande disponibilità dimostrata dal Papa dopo la catechesi. E’ passato a salutarci, ha ascoltato tutti, ha dato la mano a tutti. E lo ha fatto guardandoci negli occhi uno per uno, con un grande atto di carità nell’ascoltarci”. “Per il Sir – è il bilancio di Livio Gualerzi, amministratore delegato del Sir – è stata una bella occasione per sentirsi al centro di un contesto ecclesiale di servizio”, a favore di un’”economia del dono”. Il tema scelto dal Papa per la catechesi – l’elemosina – “è stata una testimonianza di quanto sia essenziale e cosa significhi veramente per il cristiano la capacità di donarsi, di rendersi un elemento di crescita per gli altri”. E’ quello che fa quotidianamente il Sir, ricorda Gualerzi, che è uno “strumento di servizio al centro di un sistema – quello dei settimanali cattolici – che, pur in difficoltà, trova nel Sir una forte motivazione a proseguire nel proprio impegno sul versante comunicativo ecclesiale”. Al termine dell’udienza il presidente della Fisc, Francesco Zanotti, ha consegnato al Papa una raccolta dei settimanali cattolici, rappresentativa della loro storia di “avamposti” della Chiesa locale sul territorio, accompagnata da una lettera con le linee di impegno per il futuro.


6

In Diocesi 16 aprile 2016

www.chiesaischia.it

MISSIONE DIOCESANA

Le terme spirituali a Ischia Martedì 12 aprile abbiamo incontrato fra Stefano Nava e fra Michele Berardi, i due francescani che dal 4 al 13 novembre prossimi, insieme a un centinaio di collaboratori - frati, suore e laici -verranno sulla nostra isola per animare la missione diocesana fortemente voluta dal nostro Vescovo Di Gina Menegazzi e Mena Sogliuzzo

C

on questa missione il Vescovo ha inteso offrire alla Chiesa d’Ischia un’opportunità di crescita spirituale, perché potessimo riscoprire la bellezza della fede nella quale siamo stati battezzati, e da qui annunciare il Vangelo in tutto il suo fascino. Dopo un’intensa mattinata trascorsa con il clero di Ischia, fra Stefano e fra Michele hanno incontrato alcuni rappresentati degli uffici diocesani, cammini, gruppi, associazioni e movimenti cattolici presenti in diocesi. L’incontro ha avuto inizio con una breve introduzione di don Pasquale Trani, seguita dalla richiesta di fra Stefano ai presenti d’indicare i due obiettivi che ritenessero più importanti per progettare la missione. La scelta, unanime, è caduta sui giovani e sulle famiglie, due temi caldi, come hanno rivelato i numerosi interventi dei partecipanti, ma anche due temi comuni a tutta l’Italia, come ha ricordato fra Stefano, che ha poi sottolineato come la loro missione non avrà come risultato nessuna conversione miracolosa, né niente di eclatante, ma avrà come scopo “piantare un semino”, fecondare il cuore di quante più persone è possibile. Molto bella l’osservazione di fra Stefano subito dopo le innumerevoli difficoltà che sono emerse dai vari interventi dei partecipanti: non scoraggiamoci, noi cristiani abbiamo una caratteristica che non ha nessuno, possiamo pensare insieme, possiamo confrontarci, analizzare insieme, questo si chiama cattolicesimo. Al termine abbiamo posto alcune domande a fra Stefano. Ci troviamo in un momento storico particolarmente difficile, buio: non crede che questo possa essere un invito che Dio stesso ci fa per chiamarci a tornare all’essenzialità del Vangelo? Ogni epoca, leggendo la storia dei santi francescani, ha avuto enormi problemi, e questa non è peggiore delle altre. Il tempo che stiamo vivendo ha una sua particolarità, che è quella di stare rinunciando a Dio. Ma certamente questo tempo che la Provvidenza ci mette davanti ha una

sua ricchezza e potenzialità, un’opportunità e un’occasione di purificazione, di spoliazione e di rilancio di una nuova evangelizzazione. Naturalmente dobbiamo mettere in atto delle nuove strategie, niente di eclatante, ma semplicemente riscoprire la forza della Parola, andando incontro alle persone sapendo annunciare la Verità. Senza una nuova evangelizzazione, la Chiesa rischia di diventare una madre sterile. Nell’Evangelii Gaudium sembra che il Papa voglia dirci “meno chiacchiere e più fatti”, che il convertito è colui che ama, colui che si sporca le mani a vantaggio del fratello più debole. Dunque, che senso ha una missione che, limitata a dieci giorni, rimane comunque solo annuncio e non si sporca concretamente le mani nel sociale? La nostra sarà un po’ la “medicina del disastro”: ha senso solo nella prospettiva della semina e nella misura in cui diventa motivo per tante persone di mettersi in cammino. Le persone che riusciremo a incontrare dovranno essere poi accompagnate nel cammino di fede, fino a diventare a loro volta risorse per la Chiesa. Le parole di chiusura di Monsignor Lagnese sono state parole di speranza: “per tanti questa missione sarà un’ancora di salvezza, un inizio di generazione alla fede. Sento che la mia missione sull’isola d’Ischia, assieme ai sacerdoti e a voi fedeli laici, sia esattamente questa: dare al mondo l’annuncio della salvezza”.


Formazione Diocesana

7 16 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

Condotta sessuale e orientamento di genere Di Giuseppe Galano

I

l ciclo di incontri promosso dagli uffici di pastorale familiare e vita, per la catechesi e il servizio diocesano di pastorale giovanile è stato molto bello ed appassionante ed ha offerto a tanti la possibilità di affrontare ed approfondire tematiche a dir poco importanti e di grande attualità. Il tema trattato nel corso dell’evento è stato “Educazione socio-affettiva, condotta sessuale ed orientamento di genere”. All’evento erano presenti genitori, insegnanti, giovani, alunni delle classi quinte del Liceo Statale Ischia e degli altri Istituti scolastici isolani, catechisti, educatori, insegnanti di religione e quanti erano mossi dal desiderio di ascoltare le parole del relatore per approfondire al meglio la tematica trattata. Prima di entrare nel vivo dell’argomento il prof. Bellantoni ha richiamato rapidamente i temi trattai nelle lezioni precedenti. E’ bene considerare come oggi viviamo in un periodo ed in un contesto culturale particolare, caratterizzato da grandi cambiamenti e rivendicazioni circa diritti veri o presunti di questa o quella posizione. L’educazione sessuale non va scissa dall’educazione globale dell’individuo e dall’educazione affettiva ed emotiva dello stesso. “La vita affettiva e sessuale richiede una forte preparazione ed un impegno che parta necessariamente da lontano e che si dispieghi lungo tutto l’arco della vita dell’individuo e della sua educazione affettiva ed emotiva”. Il relatore afferma a più riprese che occorre sempre evidenziare il valore assoluto della persona e la sua dignità. Quando si parla di distinzione sessuale occorre considerare che uomini e donne hanno sempre pari dignità. Altro aspetto molto importante è la differenza tra comportamento e persona da tenere sempre in considerazione quando si parla di affettività e sessualità. Bellantoni evidenzia un aspetto cruciale per coloro i quali fanno riferimento alla fede religiosa, ossia il saper stare accanto alle diversità ed il non dover omologare le persone per poterle accogliere. L’attenzione del relatore si sposta su un fenomeno molto diffuso oggigiorno, soprattutto nelle scuole e negli ambienti ricreativi frequentati da giovani e ragazzi, il bullismo. Egli afferma che l’educazione al saper accogliere le diversità di ciascuno potrebbe essere un passo fondamentale per

Giovedì 7 aprile nell’Auditorium del Centro Polifunzionale ad Ischia, si è svolto l’ultimo incontro con il prof. Domenico Bellantoni nell’ambito del percorso formativo sull’affettività e sessualità per una educazione libera e responsabile

contrastare questa situazione. In ogni circostanza è necessario mettere al centro di tutto il valore della persona. Occorre innanzitutto accogliere e rispettarsi a vicenda. Qualsiasi condotta umana dipende essenzialmente da ben quattro aspetti: patrimonio genetico, storia di vita, evento scatenante e libertà/ responsabilità. Il sesso dell’individuo resta femmina, XX, o maschio, XY, con eccezioni dovute ai casi Tur-

ner o Klinefelter dove vi è alterazione dei cromosomi sessuali che nulla hanno a che vedere con la condotta di genere. Se consideriamo il solo fattore genetico, questo non è sufficiente a determinare una condotta umana, compreso l’orientamento di genere. Per comprendere in pieno un determinato comportamento umano occorre considerare alcuni aspetti tra cui l’evento scatenante che assume notevole importanza. La

predisposizione genetica, associata ad un evento scatenante, provoca nella persona l’affermazione di una certa azione. All’individuo viene riconosciuta sempre la libertà/ responsabilità nell’assumere un dato comportamento. Quando l’uomo perde il riferimento ai valori, alla morale, tenderà ad assumere comportamenti sub umani, si comporterà come gli animali e farà prevalere la legge del più forte. Se perdiamo il riferimento ad una gerarchia di valori che ci caratterizza in quanto specie umana si correrà il rischio concreto di mettere in atto comportamenti tipici della giungla, dove l’animale più grande mangia quello più piccolo, questo vale indipendentemente dal sesso della persona. Il modo con cui ci relazioniamo agli altri dipende dalla nostra storia di vita per cui è fondamentale accompagnare la storie di vita delle nuove generazioni. La teoria del gender afferma che non ha importanza il come si nasce geneticamente, XX o XY, ma che nato femmina o maschio, l’individuo non necessariamente deve vivere un ruolo di genere che si identifichi con il sesso biologico. Attualmente vi sono oltre 70 generi. Qualsiasi condotta sessuale o affettiva può essere considerata un genere. Nel passaggio da identità sessuale ad identità/ruolo di genere entrano in gioco alcuni fattori tra cui il modello presentato dai genitori ai figli risulta particolarmente significativo. Altri modelli possono essere rappresentati da insegnati, educatori, sacerdoti, fratelli maggiori, a cui i più piccoli guardano con particolare attenzione per capire come muoversi nel mondo. Influenza significativa vi può essere da parte di modelli socio-culturali. Esperienze traumatiche possono influenzare l’orientamento di genere. Se in una famiglia il padre è violento ed aggressivo questo creerà problemi nell’identificazione del figlio maschio. Se l’identità sessuale, maschile o femminile, rimanda alla componente biologica dell’essere umano, l’identità di genere rimanderebbe a circostanze sociali e culturali. In tal senso chiunque potrebbe determinare un proprio genere e modificarlo a proprio piacimento. Prima che terminasse l’incontro vi è stato spazio per un intenso momento di dialogo tra il relatore ed i presenti per approfondire ulteriormente i temi trattati.


Cronaca 16 aprile 2016

Gli ischitani sono felici? Qual è il male del secolo? Il cancro? La droga? L’Aids? Niente di tutto questo. Il male del secolo è la depressione. Abbiamo dati altissimi di manifestazioni depressive sulla nostra isola, almeno il 60% della popolazione ne soffre Continua da pag. 1 C’è oggi un avvelenamento costante e progressivo delle relazioni. Io ricordo di essere cresciuto in un tempo in cui la chiave era lasciata fuori la porta. Oggi le nostre case sono diventate un bunker, c’è paura dell’altro, del diverso, del vicino, anche per tutte le ferite ricevute. Come dico sempre, c’è tanta gente che pensa in modo sciocco che il male non abbia delle conseguenze, che un male fatto 20 anni fa non abbia ripercussioni nel tempo. Noi trasmettiamo ai nostri figli non solo le tare psicologiche ma anche quelle spirituali e fisiche, il male non è come lo yogurt, non ha una data di scadenza purtroppo. Il male avvelena rapporti, crea solitudini. Peculiarità come l’accoglienza e l’amicizia che erano tipiche di noi ischitani vanno scomparendo, gli anziani li mettiamo da parte, corriamo sempre di più, va avanti solo chi regge certi ritmi competitivi, e allora i più anziani e fragili non ce la fanno. Un uomo di 55 anni che perde attualmente il lavoro sulla nostra isola difficilmente avrà la chance di ricominciare e di fare esperienza di un nuovo lavoro perché si cerca di assumere ragazzi sottopagati e sfruttati al doppio delle ore lavoratore: quello che non si può chiedere ad un

“Hanno fallito i nostri padri, la politica, la scuola, la società civile, la famiglia, la Chiesa” 55enne ovviamente. E’ una società anche quella ischitana che sta inventando la rottamazione delle persone. E’ una società dove si bruciano le relazioni, cresce la diffidenza, dove trovare un lavoro diventa un’impresa specie ad una certa età, dove se non produci e non hai certi ritmi sei da rottamare, e tutto questo crea grossi drammi interiori. Abbiamo dati altissimi di manifestazioni depressive sulla nostra isola, almeno il 60% della popolazione ne soffre, in forme diverse, alcune manifeste e visibili, altre latenti ma ugualmente presenti nell’insoddisfazione della propria vita. Questo nasce sempre ovviamente credo

“perdere tempo” per gli altri. Questo dà qualità alla vita. San Pietro scriveva alla sua comunità dicendo: “siate pronti a rendere ragione della speranza che è in voi, e questo è il nostro compito, portare gli altri a chiedere perché noi siamo uomini di speranza”. Molti nostri giovani stanno andando via da Ischia. Ed è triste questo! Un paese che non da futuro ai propri figli è un paese che ha fallito e che è destinato a finire. Hanno fallito i nostri padri, la politica, la scuola, la società civile, la famiglia, la Chiesa. Un paese che vede tanti giovani e tante eccellenze andare via perché non c’è futuro è tristissimo. Un paese che vede tutto questo e non fa nulla è sconfitto. Questa terra così bella che è Ischia da madre diventa matrigna perché ha ucciso la speranza nel fu-

“Tanti giovani vanno via da Ischia ma quelli che restano devono accettare forme di schiavitù nei luoghi di lavoro” proprio dalle relazioni familiari e tra le famiglie, dove anche il livello di faziosità, divisioni, rancori, sono in aumento. Siamo tra i comuni con la percentuale più alta d’Italia di cause civili, e tutto questo non fa altro che portare ad un peggioramento della qualità della vita. Oggi questa qualità sta venendo sempre più meno, stiamo perdendo l’eccellenza di Ischia, quella che altri ci invidiavano e questo ci impoverirà enormemente. Credo che dobbiamo recuperare questi rapporti: genuinità, spontaneità, franchezza dei rapporti che era tipicamente nostra,

“Ischia da madre diventa matrigna perché ha ucciso la speranza” dobbiamo arrivare ad una pacificazione dei rapporti che è poi pacificazione dei cuori, alla base di una vita finalmente bella. Stiamo anche noi come dice Papa Francesco, cadendo nella trappola di una società

dove cresce la cultura dello scarto. Dietro tante porte delle nostre case c’è tanta sofferenza, debolezza, tristezza, abbandono, solitudine. E la cosa peggiore è che sembra che nessuno se ne accorga. Sembra che queste persone siano trasparenti. Invece queste persone stanno accanto a noi, ma per il nostro rumore, per il nostro correre, per il nostro essere schiavi del profitto produciamo solo il consumo dei rapporti, del nostro cuore e della nostra anima. Basti pensare il grosso aumento in modo esponenziale di persone con disturbi psichici. E’ ovvio che non ci sia più speranza e fiducia nella vita, perché questa è una società che toglie la speranza. Molti mi hanno chiesto: aiutami a ritrovare la speranza! Questo chiedono le persone, un po’ di ascolto e di condivisione. Una volta un giovane non credente, mi disse che “dopo aver vissuto l’esperienza umiliante di pagare qualcuno perché mi ascoltasse, tu sei l’ultima speranza”. Cosa invece rallegra la vita? il

turo di tanti giovani, perché ha tolto la speranza di un futuro bello nel loro cuore, perché ha lasciato inevasi tanti sogni e desideri; questo è dolorosissimo: vedere tanta solitudine e abbandono dietro le nostre porte, tanti giovani che vanno via e quelli che restano devono accettare forme di schiavitù nei luoghi di lavoro. Credo che il ruolo della Chiesa, della comunità parrocchiale, movimenti, sacerdoti, sia quello di diventare compagni di viaggio come Gesù ad Emmaus, di quei due tristi e delusi: Lui diede motivazioni per ricominciare e riprendersi. Anche noi se non ci facciamo compagni di viaggio avremo deluso, tradito e fallito, deluso le loro aspettative e attese. Invece come amava dire Giovanni Paolo II noi vogliamo essere i collaboratori della vostra gioia e i sostenitori della vostra speranza. La depressione oggi batte il tumore in termini di numeri. Il male del secolo è proprio la depressione. Don Carlo Candido, direttore ufficio diocesano per le comunicazioni sociali


9

Vocazioni

16 aprile 2016

53ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI (17 APRILE) Di Riccardo Benotti

Q

uale modello di prete sogna la Chiesa italiana? Monsignor Domenico Dal Molin, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale delle vocazioni, ha le idee chiare: “Un presbitero vicino alla gente che sia uomo della Parola, della grazia e della misericordia”. In occasione della 53ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni (17 aprile), mons. Dal Molin certifica lo stato di salute del clero italiano in vista della prossima Assemblea generale della Cei di maggio che sarà dedicata al rinnovamento del clero a partire dalla formazione permanente. A quale figura di sacerdote tende la Chiesa italiana? Sulla spinta della Pastores Dabo Vobis di Giovanni Paolo II, la Chiesa italiana ha puntato sulla formazione permanente e sul presbitero come uomo della carità pastorale. L’entusiasmo del post-Concilio, però, si è affievolito nel tempo, anche per l’emergere di una serie di compiti accessori che vanno dall’amministrazione della parrocchia alle mansioni burocratiche. Vogliamo rilanciare il modello di un prete che sia uomo di Dio e prossimo alle persone. “Esperti in umanità”, come diceva Paolo VI, ma anche nella Parola. Cambierà il rapporto dei vescovi con il clero diocesano? I vescovi sono i pastori della comunità e le guide dei loro preti. È importante che vivano una paternità episcopale, dando priorità all’incontro con il presbiterio, mentre è necessario che i preti sperimentino un maggiore senso di appartenenza. Risuonano le parole di Papa Francesco all’episcopato brasiliano: “Cari Fratelli, se non formeremo ministri capaci di riscaldare il cuore alla gente, di camminare nella notte con loro, di dialogare con le loro illusioni e delusioni, di ricomporre le loro disintegrazioni, che cosa potremo

Quale prete per la chiesa italiana? Per monsignor Domenico Dal Molin, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni, “la qualità di vita dei presbiteri sta attraversando un periodo di sofferenza” e dunque “dobbiamo ripensare insieme il nostro modo di essere preti”. L’importanza del discernimento per l’accesso al sacerdozio, il rapporto con i laici e i religiosi

sperare per il cammino presente e futuro?”. La Chiesa non è un “transatlantico alla deriva”, aggiunse in quell’occasione, ma segue sempre una “bussola”. Ebbene, il prete deve essere attento alle attese e alle disillusioni delle persone, ma durante la notte non può smarrire la strada perché guidato dalla bussola della fede. Anche la formazione permanente torna al centro dell’attenzione. La qualità di vita dei presbiteri sta attraversando un periodo di sofferenza. Anche se i numeri non sono catastrofici, e in Italia continuano a esserci circa 33mila preti compresi quelli non nativi, si avverte la fatica e l’affanno legato a tante attività che distolgono l’attenzione. Il prete italiano ha sempre avuto la caratteristica di essere un uomo tra la gente, presente nei momenti significativi

della vita delle persone. È un tratto unico nel panorama europeo. E poi si percepisce lo sforzo di mantenere un certo livello di formazione culturale e di vita spirituale. Se vengono meno queste dimensioni, la vita del prete va in difficoltà. Per tali ragioni è decisivo tornare a mettere al centro la formazione permanente. La tendenza ad isolarsi è pericolosa per il sacerdote? Dopo il Concilio, è iniziato un lungo percorso che ha portato dalla declinazione al plurale della vita del prete a una forma quasi individualistica, oggi diffusa tra le giovani generazioni. Nonostante la vita di seminario formi alla vita comunitaria, l’ordinazione sacerdotale talvolta viene vissuta come una liberazione che permette di tornare ai propri spazi e a una certa autoreferenzialità. E questo non è un bene.

Dunque, si chiede un cambiamento impegnativo? Sì, perché andiamo a toccare lo stile di vita del prete. Non si tratta più di formazione permanente come corso di aggiornamento o settimana di ritiro. Certo, sono tutte cose necessarie, ma l’essenziale è altrove. Dobbiamo ripensare insieme il nostro modo di essere preti. Cosa fa la Chiesa italiana per stimolare nuove vocazioni? Un grande lavoro nascosto, perché la pastorale vocazionale non è fatta di grandi eventi. La sfida è lavorare sulla formazione e sulla motivazione degli animatori. È un servizio apparentemente in perdita, si semina oggi perché qualcun altro possa raccogliere domani. Per questo è fondamentale vivere il senso di gratuità e di rispetto delle persone, nonostante ci siano ancora situazioni di reclutamento legate al passato e all’ansia dei numeri. Ma Francesco non lascia spazio a dubbi nella Evangelii Gaudium: “Non si possono riempire i seminari sulla base di qualunque tipo di motivazione, tanto meno se queste sono legate ad insicurezza affettiva, a ricerca di forme di potere, gloria umana o benessere economico”. C’è il rischio di un discernimento poco attento nell’accesso al sacerdozio? Il discernimento è una cosa seria, deve verificare l’idoneità delle persone e non interessarsi dei numeri. Anche per questa ragione riteniamo importante la formazione all’accompagnamento spirituale, al fine di aiutare le persone a compiere scelte. È un passaggio decisivo in un’epoca della non-scelta, in una cultura che invita a non impegnarsi. Vogliamo essere presenti sul territorio, a contatto con i centri vocazionali diocesani, i presbiteri, i laici e le famiglie, per mostrare che l’annuncio vocazionale non va per delega. È rivolto a ciascuno di noi. Tutti siamo responsabili delle vocazioni all’interno della Chiesa.


10 16 aprile 2016

Giubileo Ragazzi

www.chiesaischia.it

dei

Giubileo dei ragazzi: settantamila seminatori di speranza I ragazzi si preparano a invadere Roma per incontrare Papa Francesco e celebrare il loro Giubileo. Dal 23 al 25 aprile varcheranno ordinatamente la Porta Santa, ascolteranno testimonianze sulle opere di misericordia in sette tende poste in altrettante piazze storiche di Roma e faranno festa allo Stadio Olimpico con alcuni dei loro artisti preferiti. “Nel clima in cui ci troviamo a vivere celebrare questo Giubileo dei Ragazzi significa spargere semi di speranza in mezzo a tanti segni di preoccupazione e gesti di morte” dice don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg)

Di Daniele Rocchi

S

aranno oltre 70mila gli adolescenti che arriveranno a Roma da tutte le diocesi italiane per partecipare al Giubileo dei Ragazzi che si svolgerà a Roma dal 23 al 25 aprile, sul tema “Crescere misericordiosi come il Padre”. Nella marea italiana spiccheranno anche 600 ragazzi provenienti da Spagna, Francia, Corea del Sud, Albania, Belgio, Argentina, Cile, Germania, Portogallo e Usa. Per nulla intimoriti dal clima di tensione che si respira in tutta Europa, dopo gli attentati a Parigi e più recentemente a Bruxelles, gli adolescenti si riverseranno nella capitale per tre giorni di preghiera, di testimonianza, di festa e per incontrare Papa Francesco che, nel suo Messaggio per il “Giubileo dei ragazzi”, li ha invitati personalmente: “Vi vorrei chiamare uno a uno, vi vorrei chiamare per nome, come fa Gesù ogni giorno, perché lo sapete bene che i vostri nomi sono scritti in cielo, sono scolpiti nel cuore del Padre che è il Cuore Misericordioso da cui nasce ogni riconciliazione e ogni dolcezza”. Un segno di speranza. “Sarà un’esperienza forte e un segnale di speranza” dice don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg), l’ufficio della Cei che coordina l’organizzazione dell’evento giubilare. “È la prima volta che il Papa incontra gli adolescenti. Così facendo invita la Chiesa a credere negli adolescenti che vivono una fase particolarmente importante e delicata della loro esistenza. Nel clima in cui ci troviamo a vivere – aggiunge don Falabretti – celebrare questo Giubileo dei Ragazzi significa spargere semi di speranza in mezzo a tanti segni di preoccupazione e gesti di morte. Sono certo che l’eco di questo evento arriverà sino a Cracovia, dove a fine luglio Papa Francesco incontrerà i giovani per la Giornata mondiale della Gioventù”. Inserito a pieno titolo nel calendario dei grandi eventi, il Giubileo dei Ragazzi si articola in tre giorni da vivere attra-

verso un percorso così pensato: il 23 aprile l’arrivo e la preparazione per la confessione in piazza san Pietro, il passaggio della Porta Santa con la professione di fede sulla Tomba di Pietro; in serata la festa allo Stadio Olimpico. Il 24 mattina, l’appuntamento clou del programma, la messa in piazza san Pietro, con Papa Francesco. Il 25 aprile sarà dedicato alla visita delle sette piazze nel centro storico di Roma che ospiteranno altrettante

tende contenenti testimonianze sulle opere di misericordia spirituale e corporale. Sette tende in sette piazze. Le parrocchie romane, intanto, si stanno preparando ad accogliere i giovanissimi pellegrini in arrivo. Per loro saranno allestite, in sette piazze storiche della Capitale, altrettante “Tende della Misericordia”. Il numero sette ricorre spesso in questo Anno Santo dedicato alla Misericordia perché sette sono le opere di misericordia corporali, a

cui si aggiungono le altre sette spirituali. “Attraverso un itinerario che partirà da Castel Sant’Angelo – dove verrà collocata la prima tenda – spiega don Calogero Manganello, vice responsabile del Snpg, i ragazzi potranno vivere, l’esperienza concreta della misericordia. Ogni tenda punterà l’attenzione su una delle opere corporali: dar da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. Più che un racconto teologico – sottolinea il sacerdote – sarà un tempo di testimonianza concreta grazie all’ausilio di video e di attività che i ragazzi porteranno avanti grazie all’aiuto di molti volontari. In ogni tenda ci sarà anche un testimone che parlerà di come vive l’opera di carità”. Per regolare al meglio l’afflusso alle tende i pellegrini saranno equipaggiati con un braccialetto con QRcode col quale potranno scaricare tutte le informazioni a disposizione su programma e orari, testimonianze presso le tende, video delle tende e collegamenti social. “Non sono previste particolari misure di sicurezza aggiuntive oltre quelle già messe in campo per gli eventi giubilari – dichiara don Manganello – i controlli saranno ferrei”. La festa allo Stadio Olimpico. Tanti gli artisti che calcheranno, il 23 aprile, il palco dell’Olimpico: da Lorenzo Fragola a Francesca Michielin, fresca vincitrice di Sanremo, Rocco Hunt, Giovanni Caccamo, Moreno, Deborah Iurato, Shari, Benji e Fede, Dear Jack. Organizzato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, l’evento vuole “offrire una serata di musica e spettacolo nella quale i ragazzi si sentano coinvolti in prima persona. Attraverso la danza, la musica, la comicità si tenterà di accendere lo Stadio Olimpico, puntando il dito contro il bullismo, la discriminazione, l’odio, il rifiuto, la violenza e, soprattutto, promuovendo la cultura della vita e del rispetto. I loro sogni e le loro speranze saranno il filo conduttore della festa”.


kaire@chiesaischia.it

11

Giubileo Ragazzi

16 aprile 2016

dei

L'intervista

Don Gianfranco: i nostri giovani hanno sete di verità Fervono i preparativi della pastorale giovanile diocesana per andare a Roma dal Papa. Abbiamo intervistato don Gianfranco Del Neso, co-direttore dell’ufficio diocesano della pastorale giovanile Di Lorenzo Russo

C.

i siamo quasi per il giubileo dei ragazzi. Da Ischia quanti sarete e come vi siete organizzati? Ebbene si ci siamo. Sta per aver inizio questo evento bello e coinvolgente che vedrà la partecipazione di oltre 70.000 ragazzi provenienti da diversi paesi. Il Giubileo dei Ragazzi è un evento fortemente voluto da Papa Francesco, che ama particolarmente i giovani e che evidentemente attraverso questo evento intende far sì che tutti possano vivere, in maniera forte e appropriata, il Giubileo della Misericordia. E anche noi da Ischia vi prenderemo parte: il 23 aprile, di buon mattino con circa 60 ragazzi partiremo alla volta di Roma. I ragazzi si preparano a invadere Roma: è un segnale di speranza per i nostri adolescenti? Sicuramente il Giubileo della Misericordia rappresenta per la vita di ogni cristiano, e non solo, un momento importante. Si è alla ricerca di Verità, della Verità, in una cultura ormai dove il relativismo è imperante non è un caso che in un momento così complesso per la vita dell’uomo, dove si è chiamati a fare delle scelte fondamentali, il Papa proponga la Misericordia. Proprio nel primi vespri della domenica della Divina Misericordia dello scorso anno, in occasione della consegna della bolla di indizione “Misericordiae Vultus”, Francesco affermava che “in questo momento di grandi cambiamenti epocali la Chiesa è chiamata ad offrire più fortemente i segni della presenza e della vicinanza di Dio”. Un segnale di speranza per gli adolescenti, proprio così. Parlando con loro riscontro che dietro a quella parvenza di indifferenza che spesso li accomuna ci sono anime infuocate dal desiderio di verità, di gesti concreti, di fede concreta e incarnata. Il 23 aprile la festa allo stadio Olimpico. Ma il momento clou sarà il 24 mattina, la messa in piazza san Pietro, con Papa Francesco. Si, il 23 aprile saremo allo stadio Olimpico, uno dei vari eventi pro-

DIRETTA TV

TV2000 SPECIALE GIUBILEO DEI RAGAZZI

posti al giubileo dei ragazzi. Un evento che sicuramente attira molti ragazzi in quanto vedrà la partecipazione di vari cantanti e attori che sono molto in voga nel mondo dei teenager. La festa all’Olimpico sarà solo un momento di festa perché la gioia più grande ci sarà domenica 24 mattina durante la celebrazione con Papa Francesco in piazza san Pietro. Questo Papa è molto amato dai giovani, proprio per il suo linguaggio semplice, diretto, sincero, efficace. Ci saranno altre tappe? Andremo anche in varie piazze e chiese romane dove saranno allestiti alcuni stand per le opere di Misericordia dove, attraverso varie testimonianze, si proporrà ai giovani delle esperienze, dei gesti concreti di misericordia. Che idea ti sei fatto dei giovani ischitani? Insegnando al liceo scientifico riscontro ogni giorno la sete di scoprire le cose vere della vita. Loro ad esempio per relazionarsi con l’altro vivono la sessualità in modo molto spicciolo, in questo mondo così relativizzato. Però attraverso lo spiegar loro l’importanza dei valori veri come la castità, noto la capacità nel capire le cose vere, i valori fondamentali nella vita dell’uomo. Hai mai raccontato loro la tua esperienza di vita e la scelta totalitaria di seguire Dio dopo anni

di fidanzamento? Si, spesso mi capita di raccontare loro la mia esperienza di castità ma anche la mia esperienza di peccato e loro hanno potuto comprendere quanto sia importante e sacro il dono dell’atto unitivo fra l’uomo e la donna. Tanti di loro mi ringraziano perché dicono che quello che studiano dal catechismo lo ritrovano concretamente nella vita vissuta, attraverso la mia esperienza. Mi sono reso conto di quanto sia importante dare loro la vita concreta, vera, e non rimanere solo sul dato dottrinale. Raccontaci un episodio in particolare… Un giorno parlavo loro della scelta dell’essere dono totale a Dio, e di come si è fatta presente nella mia vita la scelta di essere prete. E un ragazzo che si definiva ateo, con un espressione molto seria e interessata mi disse: “don Gianfrà, tu mi vuoi dire che anche io un giorno potrò sentire la vocazione al sacerdozio?” Sentivo in quel momento che lui si stava mettendo in discussione con i suoi ideali, che forse prendeva sul serio la vita in maniera attiva e responsabile verso di sé e verso gli altri. Credo che questo giubileo ci potrà aiutare a delineare e trarre quelle linee per vivere una vita che sia un po’ più incarnata in Dio, come dice Papa Francesco.

In occasione del Giubileo dei Ragazzi indetto da Papa Francesco per il 23-25 aprile, il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e il Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della Cei organizzano, con la collaborazione di Tv2000, un evento di musica e spettacolo che vedrà alternarsi sul palco dello stadio Olimpico gli artisti più famosi del momento, tra cui Arisa, Lorenzo Fragola, Francesca Michelin, Giovanni Caccamo, Moreno, Deborah Iurato, Shari, Fuoricontrollo, Dear Jack. La diretta dell’evento sarà trasmessa da Tv2000 sul canale 28 digitale terreste (18 TivuSat, 140 Sky, in streaming su www.tv2000.it) a partire dalle ore 20.30. In attesa della serata, Tv2000 propone, a partire dalle 15.20, lo speciale “Tutti al concerto... Nessuno escluso!”, una vera e propria maratona televisiva, condotta da Arianna Ciampoli, con protagonisti le ragazze e i ragazzi che partecipano al Giubileo. Ospiti in studio i giovani con le loro esperienze, scelte, percorsi, viaggi; in scaletta, performance, interviste, contributi inediti e collegamenti da Piazza San Pietro e dallo stadio Olimpico. Ad animare il pomeriggio anche la musica di un’orchestra dal vivo. Lo speciale è pensato per raccontare una generazione eterogena e in cammino, chiamata a farsi testimone di coraggio, di bellezza e, soprattutto, di misericordia, perché, come ha scritto Papa Francesco proprio ai ragazzi, “Nessuno può sentirsi escluso dalla misericordia di Dio”.


12

Famiglie & Anno Santo 16 aprile 2016

www.chiesaischia.it

pastorale famil

In pellegrinaggio

Domenica 10 aprile oltre 200 ischitani hanno fatto visita alla cittadella della carità ad An

coniugi Martin. Un ‘percorso di santità’ iniziato a gennaio ad Ischia con l’arrivo delle re

permanenza sull’isola sono bastati per trasformare tanti piccoli dolori fisici e dell’anima d

Di Claudia e Andrea Zunta

N

on avrebbe senso fare una semplice cronaca della giornata trascorsa, molto simile a tante gite fuori porta, con colazione al sacco se non fosse che a questa gita, hanno partecipato oltre 200 persone, molte delle quali hanno ospitato con gioia le reliquie dei santi Martin ad Ischia. Il clima che si respirava sin dall’inizio era quello di una grande famiglia di famiglie. All’arrivo ad Angri, siamo stati accolti dalle famiglie che vivono nella Cittadella della carità e che sono custodi della chiesa che custodisce le reliquie dei Santi Martin. Dopo la presentazione della comunità e la spiegazione dei simboli presenti nella cappella, abbiamo celebrato la Santa Messa. Una celebrazione che ha coinvolto tutti, tanto da farci perdere la cognizione del tempo. Dopo la Messa animata dai canti del coro della


Famiglie & Anno Santo kaire@chiesaischia.it

13 16 aprile 2016

liare diocesana

ad Angri

ngri dove sono custodite le reliquie dei santi

eliquie dei santi coniugi. Quaranta giorni di

di tante nostre famiglie, in amore

Domenica, recandoci ad Angri eravamo già preparati a vivere una domenica un pò diversa, avendo un pò vissuto la peregrinatio delle reliquie dei coniugi Martin ad Ischia, ma quando siamo stati accolti nella cappella si è subito capito che si sarebbe andato sicuramente al di là delle nostre aspettative. L’aria che si respirava era molto “familiare” .E’ bello ascoltare il significato di tutti i simboli che erano stati usati per rendere unico quel luogo sacro; vedere dietro la statua di Maria quel piccolo embrione dal quale partiva una spirale di pezzi di ceramica che avvolgevano tutta la chiesa rappresentando lo Spirito Santo era davvero emozionante e veramente si sentiva la sua presenza intorno ad ognuno di noi, e man mano che si susseguivano le esperienze e testimonianze ci rendevano conto di quanto è semplice arrivare alla Santità vivendo la il quotidiano mettendo il Signore al primo posto nelle proprie scelte. Vedere e ascoltare le famiglie che hanno scelto di vivere nelle Oasi della Solidarietà per donare tutto se stessi per altri ci hanno fatto molto riflettere di quanto ancora abbiamo da lavorare nella nostra famiglia e in parrocchia per fare veramente la volontà di Dio. L’esempio dei coniugi Martin traccia la strada verso questa meta, ma solo l’esempio di famiglie che vivono la parola del vangelo possono dare un pò di chiarore in questo tempo di attacchi indiscriminati verso l’istituzione della Famiglia. Torniamo da Angri con la consapevolezza che ognuno di noi nel proprio piccolo deve fare un grandissimo sforzo per far si che le nuove generazioni continuano a vedere una vera famiglia dove regna l’amore reciproco. Ornella e Francesco

A conclusione della giornata trascorsa in compagnia dei coniugi Martin all’interno della “ Cittadella della Carità” di Angri ci portiamo nel cuore la consapevolezza che la famiglia è un soggetto attivo di evangelizzazione che trasforma la Chiesa, intesa come comunità di credenti, in una famiglia di famiglie. Tutto porta il timbro della famiglia: dalla chiesa che è stata ideata e progettata da una coppia all’animazione della S. Messa: quale emozione vedere al centro del vortice di fiamme( lo Spirito Santo) alle spalle di Maria che canta il magnificat, un embrione, che ci ricorda che Gesù prima di essere un bimbo è stato un embrione; e subito il pensiero è andato a tutti quegli embrioni che vengono strumentalizzati o fatti oggetti di sperimentazioni scientifiche! E poi il rapporto con Gesù Eucarestia anima tutte le famiglie della fraternità facendole sentire una sola famiglia anche verso chi una famiglia non ha. Anna e Salvatore

comunità abbiamo consumato il pranzo al sacco in una sala del centro. I bambini hanno giocato spensierati in cortile fino a quando non ci siamo di nuovo riuniti per ascoltare le testimonianze delle famiglie della Fraternità di Emmaus Foto di rito e rientro ad Ischia. Tutto qui? No.Questa giornata è stata speciale perché non è successo niente di eclatante, ma ognuno di noi ha sperimentato la grandezza di Dio nelle piccole cose. Abbiamo continuato a conoscere la semplicità dei Martin, e questa giornata ne è stata la conferma. Qualcuno ha capito che si può essere santi nel quotidiano, qualcun’altro che essere cristiani non vuol dire essere immuni dalle sofferenze ma avere una marcia in più per affrontarle. I Martin hanno segnato un momento importante nella vita di tante famiglie isolane, uno spartiacque tra il prima e il dopo. Ora le famiglie ischitane sanno che la santità è a portata di mano, anzi di mani, quelle unite di due coniugi che si Amano con la a maiuscola!


14

La Storia siamo Noi 16 aprile 2016

Di Antonio Lubrano

L

a storia della sartoria ischitana nasce ai primi del ‘500, oltre cinque secoli fa nell’antico Borgo di Celsa della vecchia Ischia Ponte con Maddalena Cigliano, vedova di Giacomo Cigliano pescatore morto in mare in una notte di tempesta al largo di Cartaromana insieme al suo figlio primogenito Bonaventura di 15 anni. Maddalena Cigliano, da ragazza sedicenne aveva imparato a cucire e ricamare da sua nonna in quel di Campagnano. Era portata per quel lavoro che lo continuò fino a diventare brava ed esperta. Maddalena, giovane e senza più marito e con due figli rimasti da sfamare, pensò di fare la sarta sul serio, non più rammendando abiti sgualciti in famiglia e per i popolani, ma creando modelli nuovi di abiti per benestanti del Borgo e per i signori e le dame del Castello. Determinante fu il rapporto di amicizia che aveva con Donna Laura Sanseverino moglie di Innico D’Avalos governatore dell’isola, che alloggiava nella vicina Torre di Michelangelo. In pratica Donna Laura era, come si dice oggi, la sua sponsor, che l’aiutò ad aprire nel Borgo che cresceva e si sviluppava, la prima sartoria della storia antica del luogo e dell’isola intera. Quindi si parte da questa doverosa, lontana e storica annotazione con un personaggio vero al femminile, antesignano della sartoria ischitana, per percorre l’intero passo del cucito e dei suoi maestri artigiani sull’isola fino ai giorni nostri. Cucire per sentirsi occupata, era l’atteggiamento della donna in famiglia dei secoli passati, ma anche un modo a quei tempi, per guadagnare qualche soldo e confezionare abiti per la propria persona e per i membri delle propria famiglia. Ci volle poco per passare dagli abiti lunghi, facili da cucirsi a stili nuovi e mode nuove per un tipo di sartoria apertamente più professionale. Nell’800 l’isola d’Ischia contava poco più di una decina di sarti, quasi tutti maschi, visto che la figura del sarto in quanto tale, aveva conquistato spazio e credibilità nel mondo di questa attività artigianale e creativa molti anni prima nel continente da dove l’isola, nel settore traeva l’influenza necessaria. Insomma i nostri sarti e le nostre sarte seguivano stili e mode in espansione nelle città italiana attraverso antiche stampe che ritraevano immagini e segreti di una sartoria tutta da scoprire e dalla quale apprendere professionalità e impegno. Nel settore, l’isola d’Ischia ha saputo mettersi in

www.chiesaischia.it

L’antica sartoria ischitana con i suoi “maestri” del cucito Dagli storici abiti lunghi al “vestito nuovo” della domenica.

Estsate 1957 il sarto Filippo Ferrandino con l'attrice Nadia Gray mentre prova i pantaloni nello storico negozio di piazza Croce a Porto d'Ischia

Il sarto Carlo Costagliola anni '70 nella sua sartoria di via Seminario a Ischia Ponte

La sarta degli anni '60 Franceschina Mascolo-D'Amico

luce con adeguatezza e soddisfacenti risultati, tanto da poter vantare una storia della sua sartoria maschile e femminile tutta sua, da raccontare, sia pur riassumendo fatti, epoche e personaggi che hanno validamente contribuito a renderla importante. Nel primo ‘900, in uno degli appartamenti del lungo caseggiato che si affaccia sul porto borbonico sulla riva destra, la conosciuta strada, prima dei bottai e poi dei locali notturni

alla moda, svolgeva attività di sartoria con scuola di taglio, cucito e ricamo di donna Francesca Carcamati da Ischia Ponte Largo Convento. Lo storico atelier era frequentato da una decina di ragazze isolane, allieve diligenti che grazie agli insegnamenti della loro maestra, divennero sarte apprezzate nel paese, ciascuna con una propria sartoria professionale, chi direttamente in casa e chi con un magazzino in piazza. Ischia inco-

minciava a vestire di gusto grazie al talento di quelle giovani sarte che sapevano mettere a frutto tutto quanto avevano imparato ai corsi della loro maestra donna Carcamati. La moda a quel tempo cambiava di decenni in decenni con nuove proposta di abbigliamento. Si diffusero così nell’ambiente femminile dell’isola in primi tailleur, poi le gonne, che fascianti sui fianchi si allargavano sul fondo, talvolta culminando in un corto strascico. I corpini, aderenti sulla schiena, si gonfiavano sul petto. Per aumentare ulteriormente quest’effetto a curve, le cinture assecondavano la forma dei corpini abbassandosi sul davanti. Di giorno gli abiti delle nostre donne che meglio volevano apparire, avevano alti colletti di merletto irrigiditi da stecche, che salivano quasi fino al mento. Di sera, al contrario, si sperimentava l’audacia con evidenti scollature. La moda maschile si costruiva il suo spazio, e a lanciarla sull’isola dai primi anni ’40, furono giovani sarti ischitani coraggiosi e desiderosi di stupire. Si era ormai fuori da un tragico conflitto mondiale che da poco era finito, e ad Ischia come altrove, c’era tanta voglia di riscatto. Farsi il classico “vestito nuovo” era un obiettivo da raggiungere e toccare con mano sia per gli uomini che per le donne. Ischia vantava un discreto numero di bravi sarti e sarte che avevano imparato il mestiere da maestri della sartoria in attività prima di loro. Questi “bravi sarti”, finche sono rimasti con l’ago ed il cotone fra le mani hanno fatto la storia della sartoria maschile e femminile sull’isola. Ricordiamo a Ischia Isidoro l’Ancillotto, Filippo Ferrandino, Giovan Giuseppe Cortese, Raffaele Barile, Antonio Del Franco, Carmine Barile, Severino Farese, Emiddio Sogliuzzo, Vincenzo Chiariello, Antuono Sorrentino, Pasquale Mascolo, Michele Scotto d’Abusco, Vincenzo Trani, Franco Trani, Salvatore Di Leva, Biagio Mancusi. E fra le sarte Fraceschina Mascolo-D’Amico, Sisina Castaldi, sorelle Scaglione, Milana Mascolo. Eletto e Monaco. A Casamicciola Ciro Salvati, Mario Castagna e Francesco Monti. A Forio Salvatore d’Abundo, Mario D’Ascia, Giuseppe Capuano e Salvatore Di Maio. Resistono nella scia dei vecchi sarti Carlo Costagliola, Fernando Volino ed altri.


La Storia siamo Noi

15 16 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

IL PUNTO

Creatività sartoriale e moda mare in uno storico convegno al palazzo reale di Ischia Una rivista di moda francese “Journal des Vacances” definì il sarto ischitano Filippo Ferrandino “miglior pantalonaio del mondo” Di Michele Lubrano

N

el settembre del 2010, circa sei anni fa, le sale del Palazzo Reale di Ischia furono sede di un convegno con relativa mostra dal titolo: “La creatività sartoriale campana. Abbigliamento maschile e femminile e moda mare”. Alla sartoria ischitana fu dato uno spazio di riconoscenza per essere sede ospitante della manifestazione. Quindi fu l’occasione irripetibile per esaltare l’importanza anche della nostra sartoria e dei suoi maestri che la valorizzarono e la posero all’attenzione del turismo di qualità che negli anni ’60 si viveva ad Ischia. L’evento fu organizzato dalla Soprintendenza Archivistica per la Campania, da un’idea di Maria Antonietta Taglialatela, ed ebbe lo scopo di porre l’attenzione su due eccellenze campane con chiaro riferimento all’isola, la sartoria maschile e femminile e la moda mare, imposte poi nel mondo, come riferimenti dello stile italiano. L’importante convegno si poté realizzare grazie alla generosità dell’Associazione albergatori Federalberghi Ischia, nonché all’attiva e impegnata collaborazione di Flora D’Andrea Presidente dell’ Associazione Culturale IXION e dei Comuni di Casamicciola, Forio, Ischia e Serrara Fontana. L’isola d’Ischia amata da personaggi del mondo della cultura, del cinema e del jet set, ha vissuto nella seconda metà del novecento un periodo di grande splendore con ripercussioni positive anche nel settore della moda, tanto che uno dei motivi di richiamo dell’isola, forse il meno conosciuto, ma non per questo meno importante, era proprio la sartoria. Famoso in quegli anni era il sarto Filippo Ferrandino definito sulla rivista francese Journal des Vacances “miglior pantalonaio del mondo” dall’attrice francese Françoise Arnoul, detta la venere tascabile per le sue aggraziate misure. L’attrice, in vacanza sull’isola per

Antica macchina per cucire Singer usata a Ischia

tre settimane, si fece cucire da Filippo Ferrandino ben 22 pantaloni. Nell’archivio della famiglia Ferrandino si conserva una lettera che Selma Bollag, titolare della ditta Modabella di Lugano, inviò al sarto. La signora gli scrisse parole di stima e ammirazione per la perfezione con la quale il popolare sarto artigiano ischitano eseguiva il suo lavoro, tanto da non aver mai avuto fino ad allora “pantaloni che, in ogni particolare, siano stati così perfettamente lavorati”. Tra i clienti di Filippo e del suo atelier di giovani allievi, ci furono molti personaggi illustri. Infatti, nelle fotografie, diverse con dediche, conservate dal figlio Pietro ci sono immagini del re Hussein di Giordania e della principessa Maria Gabriella di Savoia, di vari attori e attrici quali Nadia Gray, Charles Boyer, Monica Vitti e Catherine Spack e ancora di direttori di orchestra fra cui Herbert von Karajan e Andrè Kostelanetz. La creatività sartoriale del “famoso pantalonaio” si concluse nel 1995, con la sua morte, dopo sessant’anni di attività. Nelle sale del Palazzo Reale ove si svolse il convegno sull’antica sartoria napoletano con riflessi sul lavoro creativo artigianale dei nostri storici sarti del passato, furono esposti per essere ammirati alcuni capi storici della sartoria campana.

L'antico ferro da stiro usato nelle vecchie sartorie ischitane


16

La Storia siamo Noi 16 aprile 2016

www.chiesaischia.it

La collina di S. Alessandro e la nobile famiglia di Manso Di Nunzio Albanelli

L

a chiesetta, che sorgeva sulla collina di fronte a quella di S. Pietro, fu eretta proprio dai Di Manso intorno al 1300. Questi in realtà erano nobili con decreto confermato dall’Imperatore Carlo V e possessori della collina indicata, cosicché coloro che intendevano attraversarla, sia pure per raggiungere Casamicciola, erano tenuti a pagare un pedaggio. Non essendo stata ancora aperta la Borbonica infatti, l’unica via per accedere alla località vicina era quella citata. La Chiesetta, dedicata al martire S. Alessandro che ha dato il nome alla collina, era stata costruita dalla famiglia Di Manso – secondo altri denominata Mansi o Manso – accanto alle case di proprietà ed era adorna anche dei resti di un pavimento di origine romana. Inoltre anche la collina di S. Alessandro subì le conseguenze dell’eruzione del 200 d. C. : fu infatti coperta a sua volta dai lapilli, cosicché la ceramica d’epoca fu completamente sepolta. Tuttavia ancor oggi la chiesetta citata, grazie all’impegno dei discendenti Di Manso e alla preziosa opera di restauro realizzata dall’attiva Pro Loco presieduta dal Dott.

Franco Napoleone, è aperta al culto, con grande compiacimento dei residenti, fervidi cultori di una tradizione plurisecolare. Debbo appunto a quest’ultimo l’interesse suscitato in me dalla famiglia Di Manso insieme con la sollecitazione a condurre un’attenta ricerca su di un’antenata, serva di Dio, Suor Mariangela Della Croce, che in quelle case ha vissuto la sua santa vita, dedita alla preghiera e alla penitenza, a seguito del felice incontro con il beato Bo-

naventura da Potenza, che proprio a Ischia ha trascorso il più lungo periodo del suo apostolato. Orfana di entrambi i genitori e accolta in casa sua da una zia Di Manso, dopo che ebbe incontrato il Beato, non solo decise di rinunciare alle nozze già programmate, ma anche di indossare il saio e di diventare stretta collaboratrice di lui, anche nel lavoro di “cerca” per i poveri e per il Convento di S. Antonio. Non posso fare a meno di rammentare la sorpresa di Mons. Camillo D’Ambra, addolorato per la dimenticanza che circondava il Beato nel terzo centenario della sua dipartita, quando poté leggere il mio lavoro “Due ospiti ad Ischia” con palese riferimento sia al Beato sia alla sua fedele collaboratrice. Si tratta di un saggio, pubblicato a cura della Fondazione Opera Pia Iacono Avellino Conte, veramente benemerita nella circostanza, in quanto ha voluto contribuire a ravvivare la memoria di un Santo, indimenticabile benefattore degli Ischitani, inclini purtroppo a dimenticare un passato, che non merita di essere trascurato. Ho infatti trovato scandaloso il fatto che, se si eccettuano due cerimonie commemorative e qualche pellegrinaggio per l’occasione del terzo centenario, pochi si siano resi conto della possibilità offerta loro di fruire di un potentissimo intercessore presso Dio, per impetrare le grazie di cui abbisognano. Emblematici infatti appaiono gli episodi verificatisi in casa del Marchese Lanfreschi che aveva ottenuto dal Beato la possibilità di giovarsi di Suor Mariangela come istitutrice dei figli. Venivano moltiplicati il pane, l’olio e al marchese, che con orgoglio presentava

il figlio come sicura promessa negli studi, il Beato aveva preannunciato che sarebbe divenuto principe della chiesa e così fu. Che dire poi delle numerose testimonianze da me raccolte circa le grazie strepitose ottenute dai moltissimi fedeli Ischitani, napoletani, capresi, che si erano rivolti a lui con fiducia? O delle prove di obbedienza, di penitenza, per lo più eroica, di abbandono fiducioso all’intervento di Dio, che lo spingeva a rimanere in confessionile giornate intere o a trascorrere persino settimane nelle cave in cui venivano ristretti presso il Castello Aragonese i condannati a morte, dei quali parecchi era riuscito a sottrarre addirittura al supplizio? Osservare al mattino i vari lavoratori impegnati a recitare il rosario sulla spiaggia antistante al Convento costituisce uno dei risultati più eclatanti del suo apostolato. Perciò non desta sorpresa il fatto che, ogni volta che il Santo Patrono di Ischia si portava nell’isola, non dimenticava mai di incontrare il Beato Bonaventura! Ecco perché volentieri esprimo l’auspicio che gli ischitani vogliano considerare il Beato Bonaventura, sebbene sia sepolto presso la Chiesa francescana di Ravello, un protagonista della storia isolana per le sue benemerenze, ne ravvivino il culto e additino ai fedeli del nostro tempo anche la sua preziosa discepola, Suor Mariangela, che significativamente volle aggiungere “Della Croce” al suo nome, dichiarata a ragione serva di Dio. Sappiano gli Ischitani riscoprire sia presso la collina di Sant’Alessandro sia ancor meglio presso il Convento di S. Antonio in Ischia le tracce del loro passaggio senza dubbio memorabile.


Attualità

17 16 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Villa Joseph parte la raccolta firme ALLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA, DIREZIONE GENERALE - Via Etruria n. 6 – 00183 ROMA AI SINDACI DEI COMUNI DELL’ISOLA D’ISCHIA MANTENIAMO LA CASA DI RIPOSO “VILLA JOSEPH”!

La Casa di Riposo per Anziani “Villa Joseph” sorta a Casamicciola Terme rappresenta per l’intera comunità isolana un patrimonio di valore inestimabile per quanto testimonia la sua storia come istituzione solidale e caritativa. Pervenuta all’ordine Orionino a seguito di una donazione avvenuta il 10 febbraio 1957 da parte della cittadina casamicciolese Giuseppina Morgera, essa ha da sempre rappresentato un punto di riferimento e una speranza per le fasce sociali più deboli della nostra comunità isolana e non solo. La storia della nostra comunità testimonia che presso “Villa Joseph”, ancor prima dell’atto di donazione, si è svolta attività a favore delle fasce sociali più deboli con particolare attenzione agli anziani attraverso l’Ospizio dei Poveri eretto dalla famiglia Morgera. Il lungo e travagliato percorso che ha portato alla costruzione dell’attuale struttura, inaugurata il 21 mar-

Il comitato cittadinanza attiva isola d’Ischia, nato per assistere i fratelli del Sir di Villa Orizzonte si fa promotore di una raccolta firme in favore di Villa Joseph per chiedere di mantenere le finalità caritative e di misericordia a favore delle fasce sociali più deboli con particolare attenzione agli anziani. Di seguito il testo della petizione popolare zo del 1982, è frutto dell’entusiasta e generoso contributo donato negli anni da parte di tantissimi singoli cittadini, delle istituzioni pubbliche locali e nazionali, delle istituzioni ecclesiastiche e dell’intera comunità isolana con il susseguirsi di azioni

di solidarietà di ogni tipo. La vasta e capillare azione di solidarietà che ha condotto alla costruzione dell’attuale struttura testimonia una visione ampia ed integrale della persona e della comunità a favore dei poveri e dei deboli.

Senza sottacere che, nell’atto di donazione, si specificava che la stessa era fatta “… per costruire un’opera di bene religioso e sociale”, potendosi perciò configurare una c.d. “donazione modale”, regolata da disposto dell’art. 793 c.c. . Di fronte al rischio che tale struttura possa essere oggetto di attività diverse dall’opera sociale e religiosa per cui è stata donata e costruita, che tradiscano di fatto la sua storia e le finalità sociali a favore dell’intera comunità isolana, come testimoniato dai sacrifici degli innumerevoli benefattori che nel tempo hanno reso possibile la nascita e lo sviluppo di “Villa Joseph”, risulta doveroso in rispetto delle precedenti e future generazioni CHIEDERE all’Ente in indirizzo, destinatario della donazione di che trattasi e, quindi, attuale proprietario della struttura, di adempiere pienamente all’onere indicato nell’atto di donazione, mantenendo e non mutando la finalità “religiosa e sociale” del bene donato, nonché, a tutti gli Enti in indirizzo, che si attui ogni azione necessaria e consentita affinché tale patrimonio conservi la sua esclusiva funzione attuale a favore delle fasce sociali più deboli con prevalenti fini di solidarietà e fratellanza universali. Per informazioni: Antonio 3287517142


18

Attualità 16 aprile 2016

www.chiesaischia.it

Punti di vista

Di Franco Iacono

1.

“Guardandomi vi guarderete”. Secondo il critico cinematografico Gianni Canova – Corriere della Sera di lunedì 11 aprile – è questa la chiave del successo dell’ultimo film di Checco Zalone, Quo vado, il più alto incasso di sempre di un titolo italiano. Zalone ci fa ridere “senza senso di colpa, perché, in effetti “Checco non ci chiede di guardarlo, ma lasciarci guardare”. E non importa se, guardandolo pensiamo: “Ma come si fa ad essere così

stupidi?” Se così è, e non ci sarebbe altra ragione per “giustificare” un successo tanto strepitoso, siamo di fronte alla plastica rappresentazione del livello culturale di questo nostro Paese. So bene come, molti, me compreso, diranno di essere andati a vedere quel film solo… per curiosità, ma la verità, che si rivela da molti altri indicatori, è che diventa sempre più difficile per la Cultura, e per la Bellezza, accreditarsi come ragione fondamentale di vita ed illuminare di sé il cammino degli Italiani, senza ridursi a valore di mera testimonianza. 2. Che senso ha l’Europa dei muri, dei fili spinati, delle barriere?!

Che tipo di Europa è mai questa?! E perché non se ne discute in Europa, nelle Università, nei consessi pubblici?! Perché il Parlamento Europeo, pur presieduto da un Socialista, Martin Schulz, non affronta la questione, che è fondamentale, in un dibattito approfondito in cui le identità delle grandi forze politiche, che pure esistono almeno nelle sigle, si evidenzino alla luce del sole. La tragedia dei migranti non è questione di quote da distribuire fra i vari Paesi, ma attiene alla essenza stessa della Unione Europea, ed alle sue ragioni fondanti, di cui la integrazione fra etnie diverse, la tolleranza, anche religiosa, la

solidarietà sono momento addirittura discriminante. I recenti fatti, che riguardano David Cameron, mettono in dubbio la permanenza dell’Inghilterra nell’Unione Europea, in caso di sconfitta nell’imminente referendum che un Premier, molto indebolito, sostiene. Si aprirebbe una falla di grande portata: tutto potrebbe succedere, fino alla disgregazione dell’intero… castello europeo. Perciò è fondamentale schierarsi, pagando anche dei prezzi, ma la storia dell’Europa Unita, e del Socialismo Europeo, non può infrangersi sugli scogli di Nizza o su quelli Calais. Né sul muro del Brennero. Finora abbiamo sentito prese di posizioni puntuali da parte di esponenti della Commissione Europea, di alcuni, pochi, Capi di Stato o di Governo, a cominciare da Mattarella e Renzi, anche preoccupati per la particolare posizione geografica dell’Italia, ma è nella maggiore assise democratica, il Parlamento Europeo, che deve essere discussa la questione. Mi auguro che Gianni Pittella, nella sua qualità di Presidente del Gruppo Parlamentare del Partito del Socialismo Europeo, riesca nell’impresa. Come mi auguro che la visita di Papa Francesco a Lesbo, ed ai migranti che in quell’Isola, novella Lampedusa, si sono “accampati”, svegli qualche coscienza intorpidita.

Chiesa di S. Francesco d’Assisi - Forio d’Ischia

PELLEGRINAGGIO A POZZAGLIA SABINA (RIETI) Paese natale di S. Agostina Pietrantoni, patrona degli infermieri guidato da P. NUNZIO AMMIRATI

Sabato 30 aprile 2016 La vita di S. Agostina fù …“semplice, limpida, pura, amorosa…e alla fine… dolorosa e tragica …anzi… simbolica” (Paolo VI) Livia Pietrantoni, nacque il 27 marzo 1864 a Pozzaglia Sabina (Rieti). A ventidue anni corono’ il suo sogno segreto, entrando come postulante nella Casa Generalizia delle Suore della Carita’ di Santa Giovanna Antida Thouret. L’anno successivo divenne Suor Agostina: il giorno dopo inizio’ la sua opera presso l’Ospedale Santo Spirito di Roma, incaricata di assistere gli adulti nel reparto tubercolotici. Qui non mancavano soggetti violenti e blasfemi, il peggiore dei quali si chiamava Giuseppe Romanelli. Questi venne cacciato addirittura dall’ospedale, ma volle vendicarsi e scelse la sua vittima, Suor Agostina. Il 13 novembre 1894 il Romanelli la sorprese e la uccise a pugnalate. Le ultime parole della vittima furono di perdono per l’assassino. Giovanni Paolo II la proclamò santa il 18 aprile 1999. E’ Patrona degli infermieri. Dal 14 novembre 2004 le spoglie della Santa sono tornate a Pozzaglia Sabina. PROGRAMMA Ore 6,30 partenza da Ischia Porto con aliscafo Alilauro. Il pullman aspetta davanti alla biglietteria del molo Beverello a Napoli. Arrivo a Pozzaglia Sabina. Meditazione e visita ai luoghi dove è vissuta S. Agostina. Santa Messa nella Chiesa Parrocchiale dove fu battezzata S. Agostina nello stesso giorno della nascita, il 27 marzo 1864. Colazione a sacco presso la Casa delle Suore della Carità. Passeggiata e visita alla cappella della “Madonna della Refota” dove S. Agostina si ritirava per pregare. Il rientro a Napoli è previsto per le ore 20,00. Quota di partecipazione: 20 euro Iscrizioni: Padre Nunzio Ammirati cell. 3335854801


Attualità

16 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

Di don Vincenzo Avallone

I

l giorno di Pasqua 2016, è morta all’età di 92 anni madre Angelica, umile suora statunitense di sangue italiano, nota in tutto il mondo per aver creato, partendo da zero, il più grande network televisivo cattolico del mondo: EWTN (Eternal World Television Network
= Rete Televisiva della Parola Eterna) che raggiunge ben 144 Paesi, con tante lingue diverse e con una programmazione 24 ore su 24. La EWTN possiede anche una radio che trasmette in onde corte sull’intero territorio degli Stati Uniti, la Global Catholic Radio Network, e in tutto il mondo, che il sottoscritto ascolta abbastanza chiaramente sulla lunghezza d’onda di 15610 MHz.
Inoltre la EWTN édita anche un giornale bisettimanale, il National Catholic Register come pure il Catholic News Agency, l’agenzia di informazione cattolica in cinque lingue. Notizie biografiche di madre Angelica Rita Rizzo, il nome all’anagrafe di madre Angelica, nasce il 27 giugno 1923 in una famiglia di emigranti italiani a Canton, nell’Ohio. La madre, abbandonata dal marito, cade in depressione, ritrovandosi disoccupata nel mezzo della grande crisi del 1929.
Rita frequenta gli studi secondari a singhiozzo, divisa tra i libri e i lavoretti per mantenersi. A 18 anni accusa dei lancinanti e misteriosi dolori di stomaco, invalidanti.
Ed è solamente Rhoda Wise, una protestante fattasi cattolica, a cui sono attribuiti doni di guarigione e di esperienze mistiche, che riesce, laddove i medici risultano impotenti: consiglia alla ragazza di fare una novena a Santa Teresa di Lisieux, che la riporta alla normalità. Per Rita è un momento di conversione, a cui segue la chiamata alla vita religiosa nel convento delle Clarisse dell’Adorazione perpetua di Cleveland. Nel 1955 arriva un altro incidente: una brutta caduta, mentre fa le pulizie nel convento, che le danneggia la spina dorsale.
Di fronte ad una operazione delicatissima con il rischio di rimanere invalida, Suor Angelica chiede a Dio una grazia speciale: in cambio della possibilità di continuare a camminare, si impegna a fondare un convento nell’Alabama per l’evangelizzazione degli afroamericani.
 Suor Angelica si dirige allora a Birmingham, una delle città con la più alta tensione razziale... Da quel momento Madre Angelica, badessa del nuovo convento e predicatrice di talento, inizia un apolstolato silenzioso ma efficace... scrive dei

19

Madre Angelica e la fede vinse in TV Questo mio intervento è copiato quasi alla lettera da “Avvenire” del 29 marzo 2016 che comunica ai suoi lettori la morte di Madre Angelica

pamphlets di spiritualità. Nel 1969 incide delle meditazioni-audio; quindi nel 1971 partecipa al suo primo programma radiofonico. La sua fama pian piano si diffonde. Viene notata anche dal predicatore protestante Pat Robertson, che mette in onda alcuni suoi interventi nella sua Tv Cbn. Nel 1978 avviene un episodio che segna la svolta mediatica di Madre Angelica: avendo saputo che l’emittente che registrava i suoi

interventi aveva mandato in onda un film blasfemo, decide di farsi un’emittente sua: il canale satellitare EWTN debutta nel 1981, in un garage, tra lo scetticismo di tutti. Dopo gli inizi difficoltosi, l’avventura si fa strada nella giungla dell’etere. Madre Angelica rifiuta la pubblicità commerciale e dà alla sua Tv e alla sua Radio un taglio strettamente “confessionale”, cattolico:
trasmette Messe, Catechesi, lectio bibliche,

documentari religiosi come pure discorsi di teologi e di predicatori di grande spessore culturale, ma sempre di provata fedeltà al Magistero della chiesa. Papa Francesco e madre Angelica Lo scorso 12 febbraio, in volo per Cuba, prima tappa del suo viaggio apostolico che lo ha portato in Messico, Papa Francesco le ha mandato questi auguri, tramite un giornalista della EWTN: «A madre Angelica, con la mia benedizione. E ti chiedo di pregare per me. Ne ho bisogno».
Non è un messaggio di circostanza, perché Papa Bergoglio nel suo percorso pastorale ha incrociato più volte l’emittente televisiva cattolica di madre Angelica. Da cardinale, durante l’anno della Fede, rilasciò a EWTN una delle sue rare interviste, parlando della Chiesa in America Latina. E la EWTN da parte sua ha spesso rilanciato nel continente latino-americano gli interventi pubblici, le catechesi e le omelie del cardinale Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. Post scriptum Sentendola parlare Madre Angelica (dopo la morte la EWTN ha messo in onda alcuni suoi discorsi) il sottoscritto, con quel poco di inglese che riesce a capire (il 30%), è convinto che ancora oggi lo Spirito Santo
lavora nella Chiesa e nel mondo, e che vi sono ancora oggi anime mistiche come Santa Teresa d’Avila e Santa Teresa del Bambino Gesù. Per chi fosse interessato all’ascolto della EWTN, se ne allega un programma (schedule) relativo al mese di febbraio 2016. Per averne uno aggiornato telefonare il venerdì a questo numero di telefono: 001205-271-2900 (Alabama USA)


Liturgia

20 16 aprile 2016

www.chiesaischia.it

Commento al Vangelo

Domenica 17 aprile 2016 IV Domenica di Pasqua

Di Don Cristian Solmonese

O

gni anno la IV domenica di Pasqua ci presenta la figura del “buon Pastore” e ci invita a rileggere in questa figura la chiamata al sacerdozio ministeriale e alla vita consacrata. È una pagina molto bella. Quest’anno la lezione liturgica propostaci non mette in evidenza direttamente la figura del Buon Pastore, ma rileva la voce del pastore e il gesto di donare la vita per le pecore. «Le mie pecore ascoltano la mia voce». È bello il termine che Gesù sceglie: la voce. Questo termine è molto importante. Dio si manifesta attraverso la voce e il suono della voce rivela l’essere della persona. Quindi riconoscere una voce vuol dire intimità, frequentazione, racconta di una persona che già abita dentro di te, desiderata come l’amata del Cantico dei Cantici: «la tua voce fammi sentire». «Ascoltano la mia voce e mi seguono». Non dice: mi obbediscono. Seguire è molto di più: significa percorrere la stessa strada di Gesù, uscire dal labirinto del non senso, vivere non come esecutori di ordini, ma come scopritori di strade. Vuol dire: solitudine impossibile, fine dell’immobilismo, camminare per nuovi orizzonti, nuove terre, nuovi pensieri. Chiamati, noi e tutta la Chiesa, ad allenarci alla sorpresa e alla meraviglia per cogliere la voce di Dio, che è già più avanti, più in là. E perché ascoltare la sua voce? La risposta di Gesù: perché «io do loro la vita eterna». Ascolterò la sua voce perché, come una madre, Lui mi fa vivere, la voce di Dio è pane per me. Così come «la voce degli uomini è pane per Dio» (Elias Canetti). Per una vol-

La voce del pastore

ta almeno, fermiamo tutta la nostra attenzione su quanto Gesù fa per noi. Lo facciamo così poco. I maestri di quaggiù sono lì a ricordarci doveri, obblighi, comandamenti, a richiamarci all’impegno, allo sforzo, all’ubbidienza. Molti cristiani rischiano di scoraggiarsi perché non ce la fanno. Ed io con loro. Allora è bene, è salute dell’anima, respirare la forza che nasce da queste parole di Gesù: io do loro la vita eterna. Vita eterna vuol dire: vita autentica, vita per sempre, vita di Dio, vita a prescindere. Prima che io dica sì, Lui ha già seminato in me germi di pace, semi di luce che iniziano a germinare, a guidare i disorientati nella vita verso il paese della vita. «Nessuno le strapperà dalla mia mano». La vita eterna è un posto fra le mani di Dio. Siamo passeri che hanno il nido nelle sue mani. E nella sua voce. Siamo bambini che si aggrappano forte a quella mano che non ci lascerà cadere. Come innamorati cerchiamo quella mano che scalda la solitudine. Come crocefissi ripetiamo: nelle tue mani affido la mia vita. Questa è una bella certezza, quella che il mio nome è scritto sul palmo della sua mano. Se volessimo rendere questa immagine, potremmo farla con una dolce, quella di ragazzi che si scrivono sulla mano le cose importanti, da non dimenticare all’esame; da questa vigorosa certezza, da non svendere mai, che per Dio io sono indimenticabile, che niente e nessuno mai mi potrà separare e strappare via, prende avvio la mia strada nella vita: essere anch’io, per quanti sono affidati al mio amore e alla mia amicizia, cuore da cui non si strappa, mano da cui non si rapisce. Buona domenica e preghiamo per le pecore predilette del Buon pastore: i sacerdoti!

NE

0:30 in giovane

PREGHIERA GIOVANE

Venerdì 22 aprile alle ore 20:30 in Cattedrale ci sarà la preghiera giovane con il vescovo Pietro.


21

Ecclesia

16 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

La predicazione, strumento di salvezza Terminato il ciclo della Misericordia del Padre nel Vecchio Testamento, Papa Francesco dall’udienza generale del 6 aprile ha incominciato quello nel Nuovo Testamento. Di Ordine francescano secolare di Forio

G

esù ha iniziato la Sua missione annunciando a tutti la Parola del Padre che salva, donando speranza agli afflitti e guarigione agli ammalati. San Francesco d’Assisi, in risposta agli eretici del suo tempo, amava predicare la Verità del Vangelo. Ad un certo punto un dubbio lo affliggeva. Temeva che la predicazione potesse togliere tempo prezioso all’orazione. Per questo, da persona umile qual era, chiese consiglio a fra Silvestro e a sorella Chiara di pregare per lui affinché il Signore si degnasse di dargli la risposta giusta: “Si trovò una volta fortemente angosciato da un dubbio, che per molti giorni espose ai frati suoi familiari, quando tornava dall’orazione, perché l’aiutassero a scioglierlo. « Fratelli, che cosa vi sembra giusto? Che io mi dia tutto all’orazione o che vada attorno a predicare? Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare, ho ricevuto la grazia dell’orazione più che quella della predicazione. Nell’orazione, o si acquistano o si accumulano le grazie; nella predicazione, invece, si distribuiscono i doni ricevuti dal cielo. Nell’orazione purifichiamo i nostri sentimenti e ci uniamo con l’unico, vero e sommo

Bene e rinvigoriamo la virtù; nella predicazione, invece, lo spirito si impolvera e si distrae in tante direzioni e la disciplina si rallenta. Nell’ orazione parliamo a Dio, lo ascoltiamo e ci tratteniamo in mezzo agli angeli; nella predicazione, invece, dobbiamo scendere spesso verso gli uomini e, vivendo da uomini in mezzo agli uomini, pensare, vedere, dire e ascoltare al modo umano. Però, a favore della predicazione, c’è una cosa, e sembra che da sola abbia, davanti a Dio, un peso maggiore di tutte le altre, ed è che l’Unigenito di Dio, sapienza infinita, per la salvezza delle anime è disceso dal seno del Padre, ha rinnovato il mondo col suo esempio, parlando agli uomini la Parola di salvezza e ha dato il suo sangue come prezzo per riscattarli, lavacro per purificarli, bevanda per fortificarli, nulla assolutamente riservando per se stesso, ma tutto dispensando generosamente per la nostra salvezza. Ora noi dobbiamo fare tutto, secondo il modello che vediamo risplendere in Lui, come su un monte eccelso. Perciò sembra maggiormente gradito a Dio, che io lasci da parte il riposo e vada nel mondo a lavorare». Per molti giorni ruminò discorsi di questo genere con i frati; ma non riusciva ad intuire con sicurezza la strada da scegliere. … E furono meravigliosamente

d’accordo nella risposta, poiché l’aveva rivelata lo Spirito Santo, il venerabile sacerdote e la vergine consacrata a Dio: il volere divino era che Francesco si facesse araldo di Cristo ed uscisse a predicare. … Ed egli subito si alzò, si cinse le vesti, e, senza frapporre il minimo indugio, si mise in viaggio. Andava con tanto fervore ad eseguire il comando divino, correva tanto veloce, come se la mano del Signore, scendendo su di lui, lo avesse ricolmato di nuove energie” (FF 1204).

Usciamo da noi stessi

per amare e incontrare il volto di Gesù Di Antonio Magaldi

E'

bello lasciarsi amare da Gesù, e conseguentemente uscire dal proprio egoismo. Papa Francesco ci spinge a “decentrare”, a fare il centro non in noi stessi: in cui ”l’io“ è il metro di misura e di giudizio, un cammino di auto distruzione di se stessi e conseguentemente del tessuto sociale. Chiudersi nel “per se stesso”, ci priva di tutto. Ciò che ci rende uomini, cioè soggetto e oggetto di amore oblativo è uscire da se. È un’esperienza dura e dolorosa; e molto difficile uscire dalle nostre sicurezze, dalle nostre abitudini, dai nostri pensieri. L’unico centro fuori di se è l’incontro con Gesù nell’ apertura al fratello che soffre, che invoca aiuto, che ha bisogno di soccorso. Ciò genera un cambiamento interiore di una relazione, è un dinamismo dell’amore, che avvolge e diventa dono per l’altro come Gesù che «…ci dona di vivere come Lui ha vissuto, ossia nel più grande Amore a Dio e ai fratelli» (Veritatis Splendor n°88). Una tale situazione chiede che il cuore possa

dilatarsi, sorridere allo Spirito Santo, a se stesso, agli altri ed aprirsi a quella libertà che rende possibile il dono di se nell’ Amore, in quanto non consideriamo gli altri come estranei ma come fratelli in Cristo, ed ecco che la vita diventa ricca di senso e di bellezza. “Noi non siamo mai soli”, dobbiamo scoprire nella nostra esperienza di fede questa consapevolezza, in armonia con ciò che ha detto Gesù nel Vangelo: «Io sono sempre con voi». Papa Francesco ci assicura che Gesù ci precede e ci prepara la strada. Spesso facciamo progetti, scelte, senza renderci conto che è sufficiente percorrere la strada tracciata da Gesù, Egli oltre a precederci sempre, ci indica dove andare, ci aspetta per darci una risposta, e ci aiuta a non illuderci con ripensamenti. Egli ci toglie la paura, ci spinge oltre gli steccati del nostro cuore, nelle periferie dell’essere, perché lì c’è l’uomo: la persona che soffre, che lotta, che spera…. Sta a noi far riemergere con l’aiuto di Maria e lo Spirito Santo l’immagine e somiglianza di Dio. Non dobbiamo mai perdere di vista la sacramentalità delle persone nascoste nella carne ferita di ogni uomo nostro fratello. “La prova della carità completa, è

il desiderio che sia comunicato ad altri l’amore da cui siamo avvolti” (Riccardo di San Vittore, De Trinitate) «Riscopriamo le opere di misericordia corporale… e non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale. Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse saremo giudicati…» (Misericordiae Vultus n°15)


Teatro

22 16 aprile 2016

www.chiesaischia.it

La bestia del castello maledetto Di Gina Menegazzi

D

i solito non amo i musical, che trovo noiosi e lenti, ma sabato scorso a teatro ho dovuto ricredermi: in scena La bestia del castello maledetto, favola musicale liberamente ispirata a “La Bella e la Bestia”, con la Compagnia della danza. Vivace e veloce, condensata in un’ora e mezza (questo è il tempo giusto per una rappresentazione teatrale!), non annoiava con balletti troppo lunghi ma faceva procedere a un buon ritmo la favola, mescolando il recitato con le danze, senza che nessuno dei due prevalesse sull’altro. Ad una brillantissima Francesca Iacono – Lumère, si sono affiancati gli altri ballerini adulti, che hanno offerto un ottimo spettacolo con balletti non ripetitivi e una buona recitazione nei dialoghi. A loro si mescolavano le allieve più giovani, che hanno supplito con le loro grazie, i visini puliti e grandi sorrisi agli errori e alle incertezze della loro età. La descrizione che fa Tockins del castello: “rococò minimalista” e “neoclassico barocco”, non era solo una divertente serie di parole abbi-

nate a caso, ma esprimeva con questi ossimori il mondo incomprensibile e chiarissimo delle favole. Bella anche la lotta tra la bestia e i lupi, nel mezzo della sala buia, che faceva sentire gli spettatori proprio nel mezzo della storia. Mi spiace non aver trovato un elenco almeno degli attori principali e di chi ha curato la regia, perché mi avrebbe fatto piacere citarli per nome. Una parola in più merita la scenografia, azzeccatissima, rappresentata da un grande fondale dipinto con fitto fogliame, che mi ricordava gli sfondi dei quadri di Henri Rousseau e Antonio Ligabue. Pochi altri oggetti di scena – una rosa in gabbia, un paio di tavoli – contribuivano al resto dell’atmosfera. Due cose mi hanno lasciato perplessa: una era il fumo, che ogni tanto veniva sparato sul palco, e che ho trovato non solo inutile, ma pure fastidioso; l’altra, la scelta del brano “Cabaret” cantato da Liza Minelli, il cui testo era quanto di più lontano dallo spirito fiabesco e divertente del musical. Un bello spettacolo, comunque, che metteva insieme sul palco grandi e piccoli e che è stato apprezzato da piccoli e grandi. Claudio Cervera


23

Referendum

16 aprile 2016

kaire@chiesaischia.it

Una ragione del “sì”

Il referendum può essere l’occasione per avviarsi in maniera consapevole e positiva verso un nuovo paradigma energetico libero dalle fonti fossili. Non è più tempo di difendere vecchi oligopoli per proteggere il valore del capitale investito in una tecnologia ormai datata Di Gennaro Iorio

P

er favore: nessuna battaglia ideologica. Non ne è più il tempo, né il momento. Tra l’altro, il quesito referendario è stato ridotto all’osso, grazie al governo che ha recepito molti dei quesiti posti dalle Regioni proponenti la consultazione referendaria. È bene riconoscere, però, che in ogni tornata referendaria si vota sul merito e sulle implicazioni del merito referendario, cioè sulle conseguenze o i significati reconditi. In questo caso parliamo di piattaforme che soddisfano il tre per cento del fabbisogno nazionale di gas e l’un per cento di quello petrolifero. Vale la pena fare un referendum per decidere di una quota così marginale di energie fossili prodotte o da produrre? I fautori del “no” agitano anche lo spettro della crisi occupazionale del settore, soprattutto in Emilia, dove sono concentrati più del 50 per cento dei pozzi e hanno 15 mila addetti che muovono tre miliardi di fatturato. Gli interessi sono fondamentali in democrazia, si sa. Ma se le proporzioni degli addetti sono legate alla produzione, parliamo realisticamente di 150-200 occupati. Non siamo capaci di affrontare il fenomeno con misure di so-

lidarietà e di conversione occupazionale? Queste sono le quantità della posta in gioco, che vinca il “sì” o il “no”. Ma se le cifre sono quantitativamente trascurabili, la qualità della scelta è, invece, fondamentale. In questo provo a illustrare qualche motivazione in favore di un voto per il “sì”. Cop 21 a Parigi (la conferenza sul clima) e l’enciclica del papa Laudato si’ hanno contribuito in modo fondamentale a costruire una coscienza biosferica, cioè a comprendere che il biologico e il geologico sono in stretta relazione. Una relazione che è stata compromessa in modo irreversibile dall’azione umana. L’imputato dei cambiamenti climatici sono i combustibili fossili che causano la concentrazione di carbonio nell’atmosfera, con conseguente aumento della temperatura. In questa prospettiva ogni atto, pur minimo, quotidiano e individuale, di riduzione della produzione e dell’uso di energie fossili, è utile alla sopravvivenza della vita sulla Terra. Ma l’argomento più importante è che siamo all’alba della terza rivoluzione industriale, quella che Ashtondel Mit nel 1993 ha chiamato la Internet delle cose, che riguarda anche l’energia. Questo dovrebbe essere l’argomento da usare in questa occasione referendaria.

Il referendum dovrebbe essere l’occasione per avviarsi in maniera convinta, consapevole e positiva verso il nuovo paradigma energetico. Due dati su cui riflettere. Il primo: 55/60 euro megawattora è il costo di produzione dell’energia elettrica con il gas, mentre il solare è sui 35 euro a megawattora e arriverà nel giro di pochi anni sotto i 20, 25 euro. Il secondo: per la prima volta nel 2015 gli occupati del settore fotovoltaico degli Stati Uniti – cresciuti per il terzo anno consecutivo del 20 per cento – hanno superato quelli impiegati nell’oil&gas. La crescita è dovuta, principalmente, dalla diminuzione dei costi della tecnologia o in quello che gli economisti chiamano costo marginale di produzione. Se a questo dato aggiungiamo che nel 2013 i combustibili fossili hanno goduto di un sostegno pubblico per 550 miliardi di dollari, contro i 128 stanziati per le rinnovabili, il dato ci conferma della capacità rivoluzionaria in atto delle nuove tecnologie energetiche (e dello spreco di risorse pubbliche). È evidente che c’è una realtà molto più forte di quanto è percepito e raccontato, cioè la crescita della capacità di produzione e la riduzione dei costi è esponenziale per le energie rinnovabili. Paradossalmente oggi ci troviamo nelle stesse condizioni dell’inizio del secolo scorso, quando dovevamo costruire l’infrastruttura della crescente energia prodotta dall’uso del petrolio, che soppiantava il carbone (strade, autostrade, plastica, auto ecc.). Se ci attardiamo a difendere i vecchi oligopoli per proteggere il valore del capitale investito in una tecnologia ormai datata, l’economia cade in una fase prolungata di stagnazione. E ciò è già vita quotidiana del capitalismo avanzato. Non sarà questa tornata referendaria, per noi italiani, la causa occasionale e marginale per avviarci verso il nuovo paradigma di uno sviluppo sostenibile?

COLLABORIAMO INSIEME Per inviare al nostro settimanale articoli o lettere (soltanto per quelle di cui si richiede la pubblicazione) si può utilizzare l’indirizzo di posta kaire@chiesaischia.it I file devono essere inviati in formato .doc e lo spazio a disposizione è di max 2500 battute spazi inclusi. Le fotografie (citare la fonte) in alta risoluzione devono pervenire sempre allegate via mail. La redazione si riserva la possibilità di pubblicare o meno tali articoli/lettere ovvero di pubblicarne degli estratti. Non sarà preso in considerazione il materiale cartaceo.

ABBONAMENTO POSTALE L’abbonamento annuale ordinario al nostro settimanale costa € 45,00 e consente di ricevere con spedizione postale a casa propria (sul territorio italiano) i 52 numeri del giornale stampati nel corso di un anno solare più eventuali “Kaire speciali”. Per chi vive all’estero, è possibile abbonarsi on line al settimanale in modo da poterlo leggere in formato Pdf a partire dalle ore 7,00 del mattino (ora italiana) nel giorno di uscita (verrà inviato via mail) e poterlo archiviare comodamente. Il settimanale online è esattamente uguale - per contenuto e impaginazione - a quello stampato su carta. L'abbonamento online costa € 45,00. LE ALTRE TARIFFE ANNUALI: Abbonamento amico €.100,00 Abbonamento sostenitore €.200,00 Benemerito a partire da €.300,00 COME PAGARE L’ABBONAMENTO Per il pagamento in contanti contattate la segreteria di “Kaire” ai seguenti numeri di telefono 081981342 – 0813334228 oppure il pagamento può essere effettuato mezzo bonifico bancario intestato COOP. SOCIALE KAIROS ONLUS indicando quale causale ABBONAMENTO KAIRE sul seguente codice IBAN IT 06 J 03359 01600 1000 0000 8660 Banca Prossima SpA. Dopo aver effettuato il pagamento inviate una mail a kaire@kairosonline.it oppure inviando un fax al 0813334228 con i seguenti dati per la spedizione: Cognome e nome: ... | indirizzo (via/cap/comune/ provincia): ... |codice fiscale: ... | telefono: ... | mail: ... nel caso l’abbonamento sia da attivare a favore di altra persona, indicare anche: Cognome e nome del beneficiario dell’abbonamento: ... Indirizzo (via/cap/comune/provincia): ...

EDICOLE DOVE POTER ACQUISTARE

Comune di Ischia Edicola di Piazza degli Eroi; Edicola di Ischia Ponte; Edicola al Bar La Violetta; Edicola di San Michele da Odilia; Edicola di Portosalvo Comune di Lacco Ameno Edicola al Bar Triangolo Edicola Minopoli sul corso Comune di Casamicicola T. Edicola di Piazza Bagni; Edicola di Piazza Marina; Comune di Forio Edicola del Porto; Edicola di Monterone


REFERENDUM Perché non andrò a votare

REFERENDUM Perché andrò a votare

Egr. direttore, sono un elettore attento. Ricordo innumerevoli referendum intorno ai quali politici e/o movimenti laici e non, hanno espresso inviti espliciti al non voto. Anche per il referendum sulle trivelle stiamo di fronte ad un gioco trasversale delle parti! Le figure istituzionali farebbero bene a starsene alla larga. Non ho apprezzato la sortita pro-voto al referendum del presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi: sul fatto che votare sia un dovere civico non ci piove. Tuttavia nel caso del referendum, come immaginato dai Padri Costituenti, i cittadini e cittadine dovrebbero essere chiamati a votare su grandi scelte. Referendum illegittimo!?! “Certo che no e/o certo che ni. La consultazione sulle trivelle però è il più classico degli esempi di come strumento di interesse dell’istituto referendario stesso”. Dunque io sono favorevole all’estensione, solo in questo democratico passaggio referendario. Non nego che le opposizioni stanno caricando il referendum di un valore politico anti-Partito Democratico-pse. “Anche se è legittimo che le opposizioni puntino a far cadere il governo e si può far politica anche salendo sul Carroccio referendario. Ma resta il fatto che questa consultazione non suscita interesse e leggerne i risultati in chiave Pd-pse “si” o Pd-pse “no” sarebbe un errore. Però rilancio il tema del plebiscito per l’altro referendum: quello sulla nuova Costituzione in autunno dove noi cittadini e cittadine siamo chiamati come legislatori a dare un nostro contributo della effettiva partecipazione dei cittadini e cittadine al governo. Quello di ottobre sarà un vero referendum. Domenica 17 aprile non andrò a votare al referendum bollato di intempestività-inopportuno dal fariseismo gattopardesco politico. Celeste

Egr. direttore, domenica 17 aprile, per la 64ª volta dal 1974, saremo chiamati a pronunciarci su un referendum abrogativo. L’abuso che negli anni è stato fatto di questo strumento di partecipazione democratica e la proposta di quesiti spesso incomprensibili a gran parte degli elettori credo che non depongano nemmeno questa volta a favore di una massiccia partecipazione al voto. Confesso che quella di disertare le urne è stata una tentazione che mi ha accarezzato sino a qualche giorno fa. Non andare a votare sarebbe stato un segnale preciso lanciato alla politica perché finalmente si faccia carico delle responsabilità che le sono assegnate e per le quali i nostri rappresentanti sono ancora lautamente ricompensati. Nelle ultime ore, però, sono intervenuti alcuni fattori che mi hanno indotto a cambiare opinione. Quello del 17 aprile sarà per mia figlia, da poco diciottenne, il primo voto. Sarà l’entusiasmo della “prima volta”, sarà una carica di interesse e di partecipazione che spesso non riconosciamo ai giovani: sta di fatto che da giorni chiede, si informa, mette in discussione... Manifesta, insomma quell’atteggiamento che dovrebbe caratterizzare chi si accinge ad esercitare il diritto di voto, forse uno dei più importanti in un Paese che si dice democratico. Dinanzi a tanto entusiasmo devo confessare che mi sono sentito un po’ in colpa. Si parla tanto di presenze educative importanti e significative e poi alla prima occasione vera, in cui fare capire alle giovani generazioni cosa sia la democrazia e il dovere della partecipazione, siamo presi dalla tentazione di voltare la testa da un’altra parte... È vero, anche questa volta il quesito non è dei più popolari e facili da comprendere. Nonostante tutto andrò a votare, anche solo per confermare a mia figlia che il diritto di voto, di far sentire la nostra voce, è tanto prezioso quanto irrinunciabile. Carlo


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.