Kaire 47 Anno II

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Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 2 | numero 47 | 21 novembre 2015 | E 1,00

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GIUBILEO DELLA MISERICORDIA: - 21 Inizia il countdown per l'apertura della porta giubilare ad Ischia. Intanto il vescovo Lagnese ha chiesto alla parrocchia S.Maria Assunta nel Santuario Diocesano di San Giovan Giuseppe della Croce che a partire dal 30 novembre p.v. e per tutto l'Anno della Misericordia si trasferisca nella Chiesa Cattedrale per accogliere e servire i pellegrini in arrivo da tutta l’isola.

EDITORIALE DEL DIRETTORE VERSO IL GIUBILEO

EAV: prossima fermata

Un compleanno misericordioso Dalla regione uno spiraglio per risanare la società di trasporti e Di Lorenzo Russo

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ualche giorno fa una mia carissima amica ha festeggiato il suo compleanno: 50 anni! Penso sia un momento particolare per chi lo ha vissuto, un po’ come quando si raggiungono i 18 anni. Ebbene, la cosa che mi ha colpito è stata la richiesta di Antonia di non ricevere regali ma coperte. Le più belle, simpatiche, ricamate, calde… Ma perché proprio coperte? Ha forse messo su un piccolo alberghetto e ne ha bisogno per i clienti? O cosa? Niente di tutto questo. Semplicemente lei ha voluto trasformare questa festa, questo suo traguardo genetliaco in un atto d’amore verso chi è in difficoltà. Un modo, suo ma anche nostro che abbiamo partecipato con una coperta, per iniziare a vivere il Giubileo della Misericordia. Conoscendo Antonia e il suo amore verso gli ultimi, non mi stupisce affatto questa proposta, anzi è contagiosa: farò la stessa cosa al mio compleanno. Queste coperte verranno portate fra qualche giorno ai senzatetto che vivono intorno alla stazione Ostiense di Roma, dove c’è un altro caro amico, Dino, che ogni giorno si mette a disposizione per i poveri della Città Eterna, con un pasto caldo o altro. Questi sono piccoli gesti che possiamo vivere da subito, con chi ci sta accanto, per costruire insieme già da adesso il prossimo Giubileo.

dare respiro non solo d’estate al comparto. Il governatore De Luca deciso a risolvere definitivamente il problema.

KAIRE TERRITORIO Nella ricorrenza di S. Martino che annuncia il vino nuovo, un excursus a doppia chiave sulla nostra viticoltura.

METTIAMOCI IN GIOCO Primo appuntamento della Pastorale giovanile e sport sul tema “crescere scoprendo lo sport” con Peppe Iorio.

FORMAZIONE CARITAS Inizia il percorso formativo: tutte le info per chi volesse partecipare e dare il proprio contributo alla carità parrocchiale.

LA STORIA SIAMO NOI Quando gli ischitani emigravano in Africa per cercare lavoro. La storia dallo Schiappone verso l’Algeria


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Primo Piano 21 novembre 2015

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GIUBILEO DIOCESANO DELLA MISERICORDIA

Lettera del vescovo Lagnese al parroco don Carlo Candido

Carissimo don Carlo, il Signore ti dia pace! Il Giubileo della Misericordia, voluto dal Santo Padre Francesco nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, è ormai alle porte! Nella nostra diocesi avrà inizio, con l’apertura della Porta santa della Chiesa Cattedrale, sabato 12 dicembre. Sarà una grande occasione per tutti noi per sperimentare l’amore misericordioso del Padre che, in Cristo, Misericordiae Vultus, ci viene incontro per farci dono del Suo sguardo di salvezza e ci chiama a diventare misericordes sicut Pater, misericordiosi come il Padre. Per questa occasione, la nostra Chiesa Cattedrale, unica Chiesa Giubilare della diocesi, dovrà diventare - dicevo nel Discorso di Apertura dell’Anno Pastorale del 21 settembre scorso - «un vero santuario diocesano, un santuario della misericordia, dove sperimentare il dono

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dell’abbraccio del Padre e la grazia dell’indulgenza plenaria». «Per essere capaci di misericordia, - ci ricorda il papa - dobbiamo in primo luogo porci in ascolto della Parola di Dio. Ciò significa recuperare il valore del silenzio per meditare la Parola che ci viene rivolta. (Solo) In questo modo è possibile contemplare la misericordia di Dio e assumerlo come proprio stile di vita» (MV, 13). In particolare il papa c’invita a riscoprire il valore della preghiera, dell’Eucaristia e dell’Adorazione e a ridare la giusta importanza al Sacramento della Riconciliazione, per permettere a tanti di toccare con mano la grandezza della Misericordia di Dio. Alla Chiesa Cattedrale volgeranno le 25 parrocchie della diocesi! Ogni parrocchia vivrà il proprio pellegrinaggio verso la Cattedrale, dove, accolta dal vescovo, nell’Eucarestia da lui presieduta, celebrerà la Misericordia di Dio!

Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia Codice fiscale e P.Iva: 04243591213 Rea CCIAA 680555 - Prefettura di Napoli nr.11219 del 05/03/2003 Albo Nazionale Società Cooperative Nr.A715936 del 24/03/05 Sezione Cooperative a Mutualità Prevalente Categoria Cooperative Sociali Tel. 0813334228 Fax 081981342 info@kairosonline.it pec: posta.kairos@pec.it Registrazione al Tribunale di Napoli con il n. 8 del 07/02/ 2014

In Cattedrale, sollecitati dal papa, mediteremo, inoltre, attraverso la presenza di 14 catechisti-testimoni, sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Perché la nostra Chiesa Cattedrale possa svolgere al meglio questo servizio, ritengo opportuno che essa sia abitata concretamente da una comunità parrocchiale che con la sua vita contribuisca a rendere vivo quel luogo; una comunità che sia capace di dare testimonianza di una Chiesa che, quale madre accogliente, vuole aiutare i suoi figli a fare una vera esperienza di incontro con Dio che, nel Suo Figlio, viene a parlarci, a perdonarci, a rialzarci, in una parola, a salvarci! Per tale motivo, sentito il Collegio dei Consultori, il Capitolo dei Canonici e il Consiglio Presbiterale Diocesano, stabilisco che a partire dal 30 novembre p.v. e per tutto l’Anno della Misericordia la Parrocchia di S. Maria Assunta nel Santuario Diocesano di San Giovan Giuseppe della Croce, di cui tu sei parroco, si trasferisca nella Chiesa Cattedrale. Durante l’Anno della Misericordia, la parrocchia avrà cura di accogliere e servire i pellegrini che verranno singolarmente o in gruppo, animare la preghiera, in particolare l’Adorazione Eucaristica permanente, curare le celebrazioni (la Liturgia delle Ore, l’Eucarestia, le liturgie della Parola e penitenziali), offrendo loro la testimonianza di

Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

una carità concreta che permetta a tutti di gustare la tenerezza dell’abbraccio di Dio e la bellezza di stare nella Chiesa, madre accogliente, e la gioia di andare, a loro volta, per annunciare il Vangelo della Misericordia. In particolare a te, in quanto parroco, affido la responsabilità della custodia e cura della Chiesa Cattedrale. Sarà tuo impegno provvedere alla manutenzione ordinaria dell’edificio sacro. Grato per il servizio che con zelo e passione svolgi per l’intera nostra Chiesa isclana, invoco su di te e su tutta la parrocchia S. Maria Assunta la benedizione del Signore! L’intercessione della B. V. Maria e dei Santi nostri patroni ci accompagnino nel nostro cammino. Confido nella preghiera tua e della comunità parrocchiale! + Pietro Lagnese Vescovo di Ischia

Redazione: Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia kaire@chiesaischia.it | @chiesaischia facebook.com/chiesaischia @lagnesepietro Tipografia: Centro Offset Meridionale srl Via Nuova Poggioreale nr.7 - 80100 Napoli (NA) Per inserzioni promozionali e contributi: Tel. 0813334228 Fax 081981342 oppure per e-mail: info@kairosonline.it

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In Diocesi

3 21 novembre 2015

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Consiglio pastorale diocesano Lunedì 16 novembre si è riunita per la terza volta l’assemblea del consiglio pastorale diocesano. Di Lorenzo Russo

L'

incontro è cominciato con il bellissimo discorso del Santo Padre Francesco del 17 ottobre scorso per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi. Il vescovo Lagnese, dopo aver ricordato l’articolo 7 dello Statuto - la partecipazione al CPD sia vissuta “con autentico spirito di servizio reso in modo gratuito, generoso e appassionato a tutta la Comunità Diocesana, ponendo sopra ogni cosa la carità” - ha poi chiesto un confronto per capire le difficoltà nella vita delle singole parrocchie: “il consiglio pastorale ha il compito di sostenere il vescovo e i sacerdoti nel compito di costruzione della Chiesa locale. Avete quindi questa responsabilità di aiutare, contagiare e coinvolgere i fratelli nel fare esperienza di Chiesa. (…) Dobbiamo evitare la rassegnazione e l’atteggiamento di chi ha perso l’entusiasmo e pensa che in fondo mai nulla cambierà. Questa non è la strada giusta”. Nel ribadire l’importanza del consiglio pastorale, il Vescovo sente come sia importante comprendere la volontà di Dio attraverso le parrocchie per la Chiesa di Ischia, per poi attualizzarla. Ne è uscito quindi un acceso e intenso dibattito sulle problematiche quotidiane, dalle piccole alle grandi, per capire insieme come affrontarle e superarle. La serata è poi continuata con

l’aggiornamento sul convegno ecclesiale di Firenze da parte della famiglia Pantalone e da Teresa Di Costanzo, presenti all’evento come

delegazione diocesana. Sono state accennate alcune iniziative per il prossimo Giubileo della Misericordia in diocesi e in ultimo è stato

e approvato il verbale dell’ultimo CPD, in data 11 ottobre 2015. Prossimo appuntamento il 31 gennaio 2016.


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Pastorale Sociale & Lavoro 21 novembre 2015

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Intervista di Lorenzo Russo

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erché una scuola di formazione politica ad Ischia? D. Gaetano: “Sul depliant diffuso vi sono precisati i motivi di questa iniziativa, che ora si apre ad un secondo ciclo. Con il vissuto, quindi, di un ciclo che ha portato i suoi frutti e che ci stimola a continuare. In particolare vorrei sottolineare l’apprezzamento e l’incoraggiamento di tanti che hanno riconosciuto lo spazio di dialogo che Kosmopolis ha reso possibile a livello isolano sui temi sociali e del bene comune, oltre le antiche separazioni di pensiero o di appartenenze”. Quali sono i suoi obiettivi? D. Gaetano: “E’ un servizio che la chiesa di Ischia rende all’isola per formare le coscienze dei giovani all’impegno disinteressato per il bene di tutti, nel clima angosciante che persone corrotte impongono nelle amministrazioni pubbliche, bloccando le esigenze belle e ideali dei giovani. Quello del futuro, il destino dei nostri ragazzi senza prospettive, è tema al centro dell’attenzione della chiesa, come insiste papa Francesco e come sottolinea la sua LAUDATO SI’”. Come la scuola si inserisce e si integra nel territorio isolano? A. Mazzella: “Gli studenti di Kosmopolis provengono da tutta l’isola, sono studenti degli ultimi anni delle scuole superiori, molti sono universitari o appena laureati. Nel ciclo appena concluso, su sessanta giovani iscritti ci hanno seguito costantemente in quaranta, divisi nei tre laboratori sul tema del mare quale bene politico. Le loro ricerche, condotte attraverso interviste ad amministratori, esperti, professionisti isolani, attività di convegno (con la società ARCADIS della regione Campania ed il Parco Marino delle 5 Terre) hanno consentito di stilare una fitta agenda politica, che è stata sottoposta ai politici in un convegno pubblico. In tutto questo i ragazzi si sono sentiti protagonisti delle loro scelte e dei loro programmi, il ruolo

KOSMOPOLIS per una politica al bene comune Ricomincia la scuola di formazione politica isolana, promossa dall’ufficio diocesano di pastorale sociale e lavoro. Un percorso che in passato ha visto la presenza ti tanti giovani (e non) isolani, con la voglia di fare politica pulita, trasparente, nell’interesse di tutti. Intervistiamo don Gaetano Pugliese, responsabile dell’ ufficio diocesano di pastorale sociale, e Agostino Mazzella, coordinatore della scuola di formazione politica Kosmopolis

di noi tutor e dei nostri docenti è stato sostanzialmente quello di accompagnarli in questa apertura sulla realtà ambientale, sociale e politica del territorio isolano”. C’è stato nell’esperienza fin qui condotta da Kosmopolis un confronto fra studenti ed amministratori locali? A. Mazzella: “Come si diceva, il confronto tra studenti ed amministratori e più in generale con la società civile isolana c’è stato non tanto sul piano astratto, ideologico, quanto sul piano concreto, a livello delle scelte politiche che vanno fatte nella prospettiva del bene comune. In questo senso la strada da percorrere è ancora lunga, proprio per la diffusa lontananza dell’ischitano medio da una coscienza civica e da un impegno di cittadinanza attiva”. Qual è stato il metodo di scelta dei docenti di Kosmopolis? A. Mazzella: “I docenti provengono da diverse università statali italiane, dalla LUMSA, coordinati dal prof. Alberto Lo Presti docente di Teoria Politica all’Istituto Univ. Sophia. Nel criterio di scelta si è tenuto conto, oltre alla competenza e professionalità, dell’estrazione culturale e della sensibilità di ciascuno verso i temi che stanno più a


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Pastorale Sociale & Lavoro

21 novembre 2015

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LAUDATO Sì’

TAVOLA ROTONDA INTERDISCIPLINARE I relatori di sabato 28 novembre 2015

cuore a Kosmopolis: il dialogo tra politica e società, i fondamenti della Dottrina Sociale Cristiana, i valori del bene comune e dell’unità. Condividiamo, inoltre, coi nostri docenti il metodo di lavoro basato sul principio del dialogo e della fraternità. Forse è questo il motivo per cui nelle tante occasioni di convegno e di apertura ai politici e alla cittadinanza la nostra scuola è stata percepita, a dir loro, come un luogo di dialogo tra cittadini, esperti ed amministratori. Questo è forse il frutto più bello dei primi tre anni di Kosmopolis”. Si parte da sabato 28 novembre con l’enciclica LAUDATO SI’: che messaggio volete dare in tal senso? D. Gaetano: “Sorprendente l’accoglienza della LAUDATO SI’. Tanta anche l’attesa. La si è acquistata anche nelle librerie più varie dalle persone di ogni estrazione culturale e sociale. Si fa leggere da tutti. Forte, anche dirompente, il contenuto. Per noi di Ischia, credenti di varie fedi e non, è uno stimolo a pensare, e a pensare insieme, il presente e il futuro della nostra sopravvivenza. Se la nostra vita e la nostra economia sono totalmente basate sul territorio della nostra isola, per le sue bellezze e proprietà naturali anche terapeutiche, abbiamo una sola possibilità di sopravvivenza: la cura e la custodia del nostro territorio! Chi ci amministra ha questa responsabilità, senza se o ma. L’evento del 28 novembre all’Excelsior, che cade proprio a poche ore dall’inizio del vertice mondale di Parigi sul clima, vuole anche essere un incoraggia-

mento a ripartire tutti insieme nella cura delle ferite - e dei ritardi della nostra isola: semplici cittadini e responsabili della cosa pubblica. Per continuare a vivere a Ischia. Per noi cristiani l’impegno per la cura del creato è impegno di fede (chi non lo vive rinnega Dio, vive nel male): noi crediamo in Dio, Pa-

dre e Creatore, e nel Suo Figlio, per mezzo del quale sono state create tutte le cose e rinnovate e redente per la sua morte e risurrezione. Il nostro impegno a vivere questa fede, rivelandoci Figli di Dio, contribuisce al rinnovamento della creazione tutta: così si esprime Paolo nella Lettera ai Romani, cap.8”.

Prof. Alberto LO PRESTI Politologo - Direttore della rivista di cultura Nuova Umanità - Professore di Teoria politica all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano - Direttore del Centro Igino Giordani - Autore di numerosi volumi e saggi sulla storia del pensiero politico e sull’etica delle relazioni pubbliche- Opinionista di TV2000 e di Radio Vaticana. (Moderatore della tavola rotonda.)

Dr. Maria Cristina BUIA Biologa – Ricercatrice presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli sez. Ischia – Responsabile del gruppo di ricerca di Ecologia del Benthos - Autrice di numerose pubblicazioni di biologia marina con particolare interesse per le modificazioni ambientali del Benthos in relazione ai cambiamenti ambientali e climatici.

Prof. Luca FIORANI Fisico - Dottore di ricerca nei sensori laser per il monitoraggio ambientale - Ricercatore presso l’ENEA, ente del governo italiano per lo sviluppo sostenibile – Docente presso varie università, in particolare insegna Fisica del Clima alla fac. di Scienze dell’Università “Roma Tre” - Responsabile dell’iniziativa ecologica internazionale “EcoOne”.

LA PARTECIPAZIONE è GRATUITA ED APERTA A TUTTA LA CITTADINANZA

Prof. Leopoldo SANDONÀ Filosofo - Docente stabile di Filosofia presso l’ISSR di Vicenza – Facoltà Teologica del Triveneto e responsabile del programma del Festival Biblico - Ha ottenuto il Dottorato in Filosofia nel campo dell’etica contemporanea e la Licenza in Teologia Sistematica.


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Terrorismo 21 novembre 2015

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attentati in francia

Gallagher La comunità internazionale deve unirsi per opporsi al terrorismo Di Vincenzo Corrado

“A

l percorso di formazione, offerto dalla Diocesi d’Ischia nasce dall’esigenza, largamente condivisa sia negli ambienti ecclesiali che sociali, di colmare un vuoto educativo preoccupante nelle nostre comunità circa le dimensioni dell’affettività e sessualità della persona umana. Nel corso dell’incontro si è trattato di Educazione socio-affettiva e maturità personale tra libertà e responsabilità. Il relatore, durante il suo intervento, ha posto l’accento sullo sviluppo di una sana identità personale e sull’autopercezione in rapporto ai diversi eventi della vita, in particolare quelli coinvolgenti relazioni e condotte socio affettive. Egli ha esaminato i fattori che incidono sul comportamento umano, in particolare su quello socio affettivo e sessuale. Infine si è soffermato su due aspetti fondamentali della persona: autonomia e responsabilità. I partecipanti hanno assistito con enorme interesse alla lezione del prof. Bellantoni interagendo con il relatore attraverso domande e spunti di riflessione che hanno permesso alla folta platea presente in sala di entrare più facilmente nel cuore dell’argomento. Bellantoni ha ribadito più volte che quando si parla di educazione sana affettiva e sessuale occorre considerare che chi mette in atto i comportamenti è sempre la persona. Il protagonista di qualsiasi azione è sempre l’individuo, il quale assumerà comportamenti maturi o immaturi a seconda del suo grado di maturità. L’educazione sana affettiva e sessuale va considerata sotto varie valenze; da differenti visioni antropologiche possono nascere differenti educazioni alla sessualità. Il relatore ci parla di Educazione ai valori affermando che ognuno orienta le proprie scelte a determinati valori. Si sofferma sull’educazione socio affettiva intesa come crescita sessuale e crescita della persona per ottenere comporta-

Colloquio a tutto campo con il segretario per i Rapporti con gli Stati dopo gli attentati di Parigi. “Di fronte a queste atrocità, sempre intollerabili e mai giustificate, il mondo intero deve unirsi per salvaguardare la dignità della persona umana”. Sullo Stato islamico: “Come è possibile dialogare con chi non è sensibile al dialogo e rifiuta di conoscere l’umanità dell’altro? Com’è possibile dialogare quando ci sono posizioni fondamentaliste? In questo momento particolare vedo il dialogo molto difficile” menti che possano essere sempre maturi. Un concetto fondamentale sul quale invita tutti a focalizzarsi è quello dell’Identità, inteso come capacità in tempi e situazioni diverse di essere sempre se stessi. Non sorprende come un adolescente mostri una non identità, determinata dagli ambienti che frequenta.

Occorre favorire quel processo che conduca la persona ad essere sempre identica a se stessa nello spazio e nel tempo e che possa quindi sviluppare una propria Personalità. La personalità è qualcosa che si costruisce lungo il percorso di vita. Gli adolescenti non dovrebbero vivere “sotto una campana di vetro”

altrimenti verrebbe impedito loro di crescere e costruirsi la propria personalità ed individualità. I genitori, a detta del relatore, dovrebbero far si che i propri figli facciano esperienze sotto la loro supervisione, impedire ciò è dannoso. Bellantoni si sofferma su tre aspetti della persona: il Sé, il Concetto di Sé e l’Autostima. Il Sé riguarda tutto quello che vi è dentro la persona, tutte le sue esperienze. Il Concetto di Sé è l’insieme degli elementi a cui una persona fa riferimento per descrivere se stesso; riguarda tutta la conoscenza sul sé. Tante condotte affettive e sessuali potrebbero dipendere da esperienze vissute di cui non si è consapevoli. Quanto più la persona è consapevole del suo percorso di vita tanto più padroneggerà su quello che accade, altrimenti subirà in maniera passiva gli eventi. L’Autostima può essere definita come la considerazione che l’uomo ha di se stesso. Qualunque condotta attiva dipende dai seguenti fattori: patrimonio genetico, stile di vita, eventi scatenanti e risposta all’appello (Dipende da libertà e responsabilità della persona).Fondamentale è il concetto di Libertà intesa come Libertà da (essere liberi da condizionamenti) e Libertà per (essere liberi nel mettersi a servizio di uno stile di vita). Prima della conclusione dell’incontro vi è stato spazio per momenti di dialogo tra i presenti e Bellantoni che hanno offerto importanti spunti di riflessione. Quello che è emerso è la necessità di fare formazione nell’ambito familiare e trovare punti di convergenza tra scuola e famiglia. Molte famiglie spesso temono educatori altri e tendono a chiudersi ed isolarsi. Il relatore conclude il suo intervento affermando che chi non si fida di nessuno passerà ai propri figli il messaggio che è meglio non fidarsi di nessuno. I più piccoli non badano tanto alle parole ma dagli atteggiamenti dei più grandi apprendono tanto.


Convegno Firenze

7 21 novembre 2015

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FIRENZE 2015

Da Firenze il cardinale Angelo Bagnasco esorta a “camminare insieme”, dal Concilio al Giubileo Di M. Michela Nicolais

Per il presidente della Cei il quinto Convegno ecclesiale nazionale è “il punto di arrivo” ma anche “un nuovo punto di partenza”. “Stile sinodale”, concretezza, attenzione verso i poveri le priorità. Apertura di credito verso i giovani. Un triplice abbraccio che dai Pastori si allarga al popolo e arriva a Papa Francesco: “Le vogliamo bene!”

I

l Convegno di Firenze non è “un evento isolato, ma il punto di arrivo di un percorso condiviso e approfondito”. Ma è anche “un nuovo punto di partenza per il cammino delle nostre comunità e dei singoli credenti”. Dalla Fortezza da Basso, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha tracciato le “prospettive” della Chiesa italiana partendo dal Concilio e mirando al Giubileo. Parola d’ordine: “sinodalità”, “quello fatto insieme è un cammino sinodale”. Per capire bene il metodo sinodale, Bagnasco ha citato il discorso pronunciato dal Papa durante la commemorazione del 50° anniversario del Sinodo, in cui aveva illustrato i diversi livelli della sinodalità: “Quello diocesano, con i Consigli presbiteriali e pastorali; quello regionale e quello nazionale, che spetta alle rispettive Conferenze episcopali”. “Una centralizzazione della Cei sarebbe contro lo stile sinodale”, spiegherà dopo in conferenza stampa. La voglia è quella di “mettersi in gioco”, partendo dalle “coordinate fondamentali” offerte da Papa Francesco a Santa Maria del Fiore: “Ci ha chiesto autenticità e gratuità, spirito di servizio, attenzione ai poveri, capacità di dialogo e di accoglienza”. In una parola, “ci ha esortati a prendere il largo con coraggio e a innovare con creatività, nella compagnia di tutti coloro che sono animati da buona volontà”. Primo passo: “Meditare con attenzione”, come “premessa per riprendere” l’Evangelii Gaudium “nelle nostre comunità e nei gruppi di fedeli”. Le povertà ai bordi della strada. Sei milioni di poveri, 1.500 organismi caritativi sul territorio, 500mila “solitudini” a cui le Caritas diocesane cercano di rispondere in modo differenziato. Bagnasco cita i numeri a braccio, per testimoniare le “tante povertà, ai bordi della strada”, di cui la Chiesa, che è in

Italia, quotidianamente si fa carico. Perché la persona, contrariamente alla “vulgata” corrente, non si misura sulla sua “efficienza” o in base al denaro che possiede. È la “gratuità”, dice ancora il cardinale, il “tratto tipicamente nostro e qui parlo dell’Italia”. E l’umanesimo cristiano è “umanesimo della concretezza”: il volto di Gesù misericordioso è “l’antidoto più efficace” al rischio “dell’autosufficienza o alla tentazione di ridurre Dio ad astratta ideologia”. A braccio, il cardinale cita Cornelio Fabro per mostrare il nuovo volto dell’ateismo: “Se Dio esiste, non c’entra”. “Questa è la cosa peggiore”, commenta: “Possiamo e dobbiamo credere, ma innanzitutto dobbiamo chiederci: c’entra Dio nella mia vita?”. Più “fermento” dei laici in politica. “Non partiamo da zero”, in nessuna delle “cinque vie” di Firenze. “L’impegno del cattolico nella sfera pubblica deve testimoniare coerenza e trasparenza”,

dice Bagnasco, che ritorna sull’argomento anche nella conferenza stampa di chiusura: “I laici non devono voler essere clericalizzati, ma abbracciare con fiducia, senza paura, con intelligenza e con coraggio l’animazione temporale, che non compete direttamente a noi pastori”. Tra le priorità, “accompagnare le famiglie” e “porre nuova attenzione per la scuola e l’università”. Bagnasco ha rivelato di essere “rimasto colpito soprattutto dalle attese emerse dai giovani, dalla loro richiesta di riconoscimento, di spazi e di valorizzazione: sono condizioni perché la fiducia che diciamo di avere in loro non rimanga a livello di parole, troppe volte contraddette dalla nostra povera testimonianza”. Infine, il triplice abbraccio del presidente della Cei: dai pastori ai delegati, dai delegati “ai vostri vescovi e sacerdoti”, e da “popolo e pastori” a Papa Francesco: “Le vogliamo bene!”. “Per la Chiesa il maggior pe-

ricolo è la tiepidezza spirituale”. Rispondendo ai giornalisti nella conferenza stampa di chiusura, Bagnasco non si sottrae alle più scottanti questioni di attualità, come gli attacchi interni ed esterni alla Chiesa e lo scandalo che ha travolto l’ex abate di Montecassino: “Dolorosissima situazione”, dice il cardinale, “le ombre sono gravi e anche gravissime”, ma non devono arrivare ad “oscurare la grande luce che continua ad esserci”, quella di tante religiose e religiosi che “vivono con fedeltà alla propria vocazione, con dedizione alla propria gente e ai propri doveri”. Sull’8×1000, bisogna “informarsi correttamente e pensare con la propria testa”. Quanto alle “incrostazioni mafiose”, come quelle in alcune processioni sul territorio, Bagnasco risponde: “Devo sentire tutti i miei confratelli”. E invita a riscoprire “Educare alla legalità”, un “piccolo ma molto puntuale” documento della Cei di qualche decennio fa.


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Trasporti 21 novembre 2015

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Di Amedeo Romano

“L’

Eav è una faccenda complessa da gestire, forse la più complicata”. Lo ha detto il presidente della Regione Campania De Luca, parlando della holding regionale del trasporto pubblico. Ma se la regione sta tentando di mettere ordine nel grande buco di debiti, si sta anche cercando di dare una svolta per quanto riguarda il servizio. De Luca ha quindi annunciato l’acquisto di altri 250 autobus che andranno a rinfoltire un parco macchine ormai da tempo sottodimensionato, rispetto alle reali esigenze dell’utenza campana. E sull’isola d’Ischia? E’ passata l’emergenza estiva, durante la quale pure si è tentato di tamponare con l’arrivo di alcuni autobus dalla terraferma – addirittura alcuni pollicino sono arrivati dalla Francia, utilizzati sulla linea di Ischia Ponte ed altri mandati a Procida. Ora, dal primo novembre si cambia registro, arriva il letargo invernale e quindi il nuovo orario, che resterà in vigore fino al 30 marzo. Il contratto prevede un tot di numeri di corse e di chilometri da percorrere, in lungo e in largo per la nostra isola, con l’annullamento delle corse prettamente estive – come ad esempio

EAV TRASPORTI: qualche spiraglio? In regione ci cerca di risolvere la piaga debiti dell’azienda e i vari contenziosi in corso. Intanto De Luca ha annunciato l’acquisto di 250 nuovi autobus. la linea 2 per citara – e la linea 1 Ischia-Forio-S.Angelo che diventa feriale e si ferma con l’ultima corsa alle 18.15. Saranno solo le circolari, destra e sinistra, a collegare i vari comuni dell’isola, nei giorni festivi e dopo le 18.30. Occorrono per queste corse 32/33 bus, ma addirittura ora in deposito si trovano perfino 35/36 bus disponibili. E a sentire De Luca, arriveranno anche altri bus, probabilmente per rimpinguare l’orario primavera-estate del prossimo anno, per non patire i disagi di questi ultimi anni e le lamentele di turisti e residenti. Ma la situazione oraria invernale, a leggerla bene, non dovrebbe essere così drammatica: d’accordo il taglio della linea 1, ma ci sono

alcune corse straordinarie e scolastiche che collegheranno anche Citara all’anello delle circolari. Altro punto di svolta, sul quale sta puntando la nuova regione targata De Luca, è la privatizzazione dell’officina meccanica: non più personale interno a riparare i bus, ma una ditta esterna che dovrà quindi garantire un certo standard ed un certo servizio, con bus sempre efficienti ed in numero costante, per effettuare le corse previste. Ma questa è una storia che verrà poi... “La situazione è disastrosa - ha affermato il governatore - ci sono 500 milioni di debito per l’Eav, 2700 contenziosi in essere, 180 autobus operativi a fronte dei 380

necessari”. Ma De Luca lancia quello che egli stesso definisce “un messaggio di serenità ai dipendenti”. “Assumiamo questa come una grande sfida da vincere - ha sottolineato - e la vinciamo con la collaborazione di tutti”. “Forse ci sarà da lavorare di più e guadagnare di meno, ma riorganizzeremo il servizio - ha aggiunto - e questi sacrifici ci daranno salvare posti di lavoro e azienda”. Dopo quasi due anni, sarà approvato un atto aggiuntivo al piano per ‘efficientare’ il programma previsto dal commissario Pietro Voci. L’atto aggiuntivo prevede la riorganizzazione aziendale, il miglioramento e la riorganizzazione dei servizi e la sottoscrizione di un contratto di servizio.


Opinioni

9 21 novembre 2015

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Di Franco Iacono

1.

Tutto comincia con la guerra in Iraq contro Saddam Hussein, poi barbaramente ucciso. La ragione “ufficiale”: impedire l’uso di armi atomiche, presunte, e portare la Democrazia in quel Paese. A parte la fondatezza delle prove circa l’esistenza reale delle armi atomiche, presumere di “portare” la Democrazia in Iraq sembrava, e sembra, una utopia assolutamente irragionevole. Non capire che quelle realtà, come prima la Jugoslavia e poi la Libia, solo per esemplificare, le possono “tenere” solo uomini come Saddam, Tito, Gheddafi, censurabili quanto si vuole, dittatori crudeli, ma gli unici in grado di “governare” realtà composite e contraddittorie come quelle, è un segno di una grossolana incultura. Che a queste conclusioni, dettate dalla conoscenza storica di quei contesti, non riuscisse ad arrivare il cowboy texano George Bush, ed i suoi sostenitori, produttori di armi da “consumare”, si può comprendere; ma che un politico europeo, raffinato e colto, per giunta Socialista, come Tony Blair, gli tenesse bordone, è assolutamente incomprensibile. A meno che il personaggio non sia stato sopravvalutato. E non bastano le sue tardive ammissioni di colpe, perché il punto non era tanto quello di avere le prove certe del possesso di armi atomiche da parte di Saddam, quanto, ribadisco, la presunzione, assolutamente fuori dalla Storia e dalla conoscenza di quel tessuto, che il sistema democratico, come lo si intende in Occidente, potesse lì essere esportato. Ora siamo in queste condizioni e non saranno le bombe sui territori e sulle città conquistate dal Califfato a risolvere la questione ed a ridare sicurezza al Mondo. Quella invocata, anche dalla Fran-

PUNTI DI VISTA cia, martirizzata più di ogni altro Paese, al momento, è una guerra impari, perché da un lato c’è la forza in carri armati, droni ed aerei, dall’altro c’è l’assoluto disprezzo della propria vita ed il protagonismo “eroico” di soggetti, anche di matrice europea, spesso frustrati ed emarginati, che “salgono” agli “onori” della cronaca mondiale con un coltello in mano o imbottendosi di esplosivo. Nel nome, davvero improprio, di Allah, che predicava ben altro! Tanto, a prescindere da radicalismi ed estremismi, che affondano le radici in un fondamentalismo religioso, che spesso, tragicamente, si è rivolto contro gli stessi Musulmani. Il timore di tanti: siamo solo all’inizio! Intanto grande dolore e solidarietà per la Francia per i morti di Parigi, e per le loro famiglie. Un pensiero particolare per la giovane ricercatrice italiana e per la sua dignitosissima famiglia. 2. La vita mi ha riservato momenti davvero emozionanti! Avevo organizzato, siamo alla metà degli anni ‘80, un concerto nel salone delle riunioni del Liceo Classico ad Ischia Porto – soprano Maria Dragoni, vincitrice del Premio Callas, pianista Susanna Pescetti - , durante le Festività Natalizie. Vado al concer-

to, insieme a mia moglie Anna, ed ho la sorpresa di trovare, già seduti, Helmudt Schmidt, con la moglie Loki! Da socialista, mi presento ed ho la gioia di parlare con lui con il mio stentato inglese, aiutato da un docente della lingua, inviato del Mattino, Domenico Ambrosino – il Chiodo -, da Procida, al seguito della Dragoni. Il concerto fu bello e molto applaudito anche dall’ex Cancelliere Tedesco e da sua moglie. Conservo di quella serata una preziosa fotografia con lui. Era in vacanza a Forio, all’Hotel Punta del Sole credo, aveva visto la locandina del concerto e, appassionato di musica come era, avevo deciso di spostarsi da Forio fino ad Ischia Porto per venire ad ascoltarlo. In grande semplicità! La stampa di questi giorni racconta della sua grandezza di Cancelliere Tedesco, dal 1974 al 1982, di Europeista convinto e di prestigioso protagonista del Partito del Socialismo Europeo. Sono felice di averlo conosciuto, di avergli stretto la mano e di avergli detto della mia ammirazione, come Statista e come Socialista. Come Willy Brandt, al quale era succeduto come Cancelliere, un grande dell’Europa e del Socialismo Europeo, al cui patrimonio di idee molti dovrebbero ancora ispirarsi.

3. L’8 di novembre Alain Delon ha compiuto 80 anni! Quando, auspice Maurizio Scaparro, nel 1987 Delon venne a Forio per inaugurare le manifestazioni celebrative di Luchino Visconti, era ancora bellissimo. Mi colpì la sua umanità e la sua umiltà. Gli consegnammo il premio, una rosa di corallo su rametto d’oro, al piazzale del Soccorso, in perfetto italiano, disse: “Senza Luchino non ci sarebbe stato né Rocco (Rocco e i suoi fratelli), né Tancredi (Il Gattopardo) e neppure Delon. Perciò questo premio è a te, Luca!” Sento ancora la sua emozione ed il brivido che provocò in tutti noi. Quella stessa sera, si proiettava Il Gattopardo al cinema delle Vittorie. Volli creare un “effetto speciale”: portai Delon nel cinema, durante la proiezione e, d’accordo con la proprietaria, Patrizia, feci accendere le luci all’improvviso. Gli spettatori si trovarono a tu per tu con Alain Delon. E non dico la meraviglia e la gioia! Fu, anche sul piano personale, un bell’incontro ed un grande evento per Forio e per l’Isola d’Ischia. Auguro che ci sia la volontà, la forza e la capacità per riportare Alain Delon alla Colombaia in occasione del 40° anniversario della morte di Luchino Visconti, il prossimo 7 di marzo. Intanto: auguri Delon!



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Attualità

21 novembre 2015

kaire@chiesaischia.it

Di Marialaura Vuoso

P

resentando il suo progetto “Comunità a bordo campo” Peppe Iorio mostra in un primo momento tutti i limiti che si riscontrano nell’ambiente scuola, famiglia, e infine sportivo, sull’educazione, sugli stili di insegnamento che vanno a confondere i bambini o i ragazzi con cui si lavora, si vive. Nel napoletano “Comunità a bordo campo” ha preso piede ormai da diversi anni. È un progetto che ha il fine di mettere in rete scuola – famiglia – società sportiva, un impegno culturale ed educativo, per creare una comunità educante che accompagni i ragazzi nella crescita, in modo da scoprire non solo i talenti di ciascuno ma anche i limiti per farne un punto di forza. L’importanza di creare una situazione solida che racchiude mondo insegnanti, genitori ed istruttori sportivi è data alla luce del fatto che i ragazzi ricevono messaggi non sempre coerenti dal mondo degli adulti, come ad esempio il rigettare su altri le proprie responsabilità oppure la disistima provocata spesso dalla scarsa fiducia dei genitori. Da queste analisi ne scaturisce l’importanza di valorizzare la persona e le sue potenzialità. Peppe Iorio ha messo in evidenza di come man mano che si avanza con l’età la stima di sé decresce, perché mentre da bambini si è spontanei, liberi, da adulti invece si subisce l’influenza delle considerazioni altrui, del giudizio. Si rischia così di rimanere fermi sulle proprie idee, chiudendosi in quella che Peppe ha denominato la “zona comfort”, ossia quel “luogo” dove ogni persona tende, per istinto, a rimanere il più possibile, e nel quale si agisce in uno stato per così dire neutro, dove manca la capacità di rischiare, di mettersi in gioco, sia in relazione con se stessi che con gli altri. Nella “zona comfort” si tende ad evitare tutte le novità eccessive e le situazioni che potrebbero farci mettere in discussione perché in questi casi si ha un minor controllo sugli eventi, essendo fuori dalla propria “normalità”, e si teme di commettere errori, di soffrire, di fallire. È necessario dunque avere una considerazione positiva di sé, per poterla poi trasmettere ai bambini e ragazzi con cui si è in relazione. Abbiamo scoperto proprio come nel gioco vengono messi alla prova le dinamiche proprie della vita quotidiana, come l’assumersi respon-

Mettiamoci in gioco Il primo appuntamento della Pastorale giovanile e sport sul tema “Mettiamoci in gioco – crescere scoprendo lo sport” si è svolto lunedì 16 novembre presso la palestra Sogliuzzo ad Ischia ed ha avuto come ospite il prof. Peppe Iorio, insegnante di educazione fisica e counselor.

sabilità, risolvere i conflitti, comunicare e cooperare, incoraggiare, ascoltare per imparare; promuovere il bambino “interiore”: nel gioco infatti tornano alla luce competenze possedute nell’infanzia ed andate perdute, come la spontaneità, l’immaginazione, la curiosità, la spensieratezza. Il gioco aiuta a far

si che la vita quotidiana si riprenda quel “magis” di valore andato perduto. Giocare insieme significa infatti vivere insieme e condividere le “regole del gioco” aiuta a sviluppare e produrre “positive linee di vita”. A questo primo incontro hanno partecipato diversi professionisti

sportivi, educatori, e insegnanti di educazione fisica, e al termine simbolicamente si è letto e sottoscritto il “Patto Educativo degli sportivi dell’isola d’Ischia”, dove ognuno si è impegnato a promuovere questi valori nella proprie attività di avviamento alla pratica sportiva, consapevoli di sviluppare, così, il principio contenuto nella regola d’oro: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. Lo scopo è quindi quello di creare un contesto di riferimento rivolto ai giovani, bambini, arrivando a tracciare insieme piste su cui lavorare, strutturando percorsi di formazione fondati sul sapere, saper fare, saper essere, saper vivere in un gruppo e in una comunità. PROSSIMO APPUNTAMENTO lunedì 18 gennaio 2016 dal tema: “le valenze educative del movimento, del gioco e dello sport” con Alfredo Trentalange, ex arbitro di calcio in serie A e componente commissione arbitrale FIFA, e don Claudio Belfiore, sacerdote salesiano, presidente del CNOS SPORT “Centro Nazionale Opere Salesiane per lo sport”. Mettiamoci in gioco!


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territorio

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S. Martino: più ombre ch

Nella ricorrenza del santo che annuncia il vino nuovo Di Francesco Mattera

E

ccomi di nuovo a voi, cari amici e lettori di Kaire! Ancora in questi giorni si perpetua il rito di San Martino ben oltre la data della sua ricorrenza, l’11 di novembre. Gli appassionati non si lasciano sfuggire l’occasione di proclamare che effettivamente ogni mosto è divenuto vino! E lo fanno in maniera goliardica, riunendosi in cantine grandi e piccole per osannare il lavoro di un anno in vigna culminato poi con la vendemmia ed il lavoro più oscuro in cantina. Calici in alto, verrebbe voglia di dire! Ma più modestamente il più delle volte si tratta di semplici bicchieri, quando non anche del poco nobile bicchiere di plastica. Ma tant’è, l’importante è stare insieme, al diavolo il colesterolo, il sovrappeso, il medico che a tavola ti vieta tutto o quasi. Si festeggiano santo e vino con braciate di carne e salsicce, con conigli alla cacciatora, le prime e carissime caldarroste, zeppole per chi le sa fare, e tanto altro ancora. Ma perché no!, il carissimo stoccafisso (U stocc’) in padella con pomodoro di piennolo, aglio, origano, prezzemolo ed un pizzico di peperoncino per meglio solleticare le ghiandole gustative e preparare la strada al vino, grande spegnitore di incendi e compagno ideale di tutti i sapori. Al bando l’acqua! Questo è il tacito motto dei goliardi vinicoli ed etilici! Le ore tarde, quelle preferite per questo rito più profano che sacro, ché di quello non ha proprio niente di niente, sono le preferite, quelle più consone all’occasione. Tra canti, allegria più o meno chiassosa, fatti e fatterelli che si incrociano tra i partecipanti, confronti tra il vino di questo e di quello, l’iniziale interesse per il vino di quella cantina, di quel viticoltore, presto passa in secondo piano. E se l’annata è di quella da ricordare per gradazioni alcoliche alte, qualcuno a fine festa deve essere accompagnato a

casa perché finito nelle grinfie di Bacco! I più accorti festeggiano la ricorrenza di giorno, e si mettono a tavola, rigorosamente in cantina o nei suoi immediati paraggi, per il pranzo. Cambia poco! Solo che di giorno è più facile rimediare a qualche eccesso. E’, San Martino, una festa quasi esclusivamente al maschile, le donne in tal caso sono quelle che preparano in anticipo pietanze e dolci per far ben figurare i loro uomini. Ma anche in ciò le cose sembra stiano cambiando. Oggi sempre più si festeggia S. Martino a ranghi completi, specialmente se il santo mantiene fede all’impegno di fare emergere la sua Estate con giornate soleggiate e calde. Donne, bambini, nonne e nonni, amici e conoscenti, tutti insieme col vino nuovo! Anche questo è un modo di fare comunione, di rinsaldare rapporti di amicizia e fraternità, di stare insieme in letizia per poi affrontare meglio e più preparati la vita di ogni giorno. Insomma un caricare le batterie! I più fantasiosi festeggiano la botte, si proprio quella di legno, magari “u vettone”, ovvero la grande botte simbolo della potenza vinicola produttiva di un tempo della nostra terra di Ischia. Lo fanno in maniera singolare: quando esiste ancora, perché ormai è raro trovarne ancora qualcuna sull’isola, la bardano a festa con drappi, fiori e fronde, nastri colorati, e poi vi ci si

recano in processione invocando e osannando il buon vino dell’anno. Il cerimoniale scherzoso, rabelaisiano, si chiude con la spillatura effettuata dal gran cerimoniere e con il classico: Aize, aize, aize, a cala a cala cala, accosta accosta accosta, a saluta vosta! Che tradotto in italiano diventa, in modo meno colorito del dialetto: “in alto, in alto, in alto, giù, giù, giù, accostate alla bocca, e bevete alla vostra salute! Nel passato S. Martino si festeggiava in altra maniera, il più delle volte gruppi di persone, spesso gli stessi contadini di una schiappata (leggi così: di una collina terrazzata a vigneti), partivano in allegra brigata da una cantina e facevano il primo assaggio ed apprezzamento del nuovo vino, poi passavano sistematicamente da cantina a cantina tra quelle che si rendevano disponibili alla cosa, ed erano pressappoco tutti. Ad accompagnare il nettare delle viti, cose semplici: pane e provolone, soppressata, qualcuno proponeva la saràca (un pesce essiccato e salato in uso specialmente tra i contadini) o in alternativa le sarde o le alici salate, sfilettate e condite con olio e accompagnate con pane casereccio. Tutto finalizzato all’assaggio del vino. Ed i commenti più comuni, tra gorgheggi, occhiate e manate sulle spalle, erano: “Stu vin è proprie buone, ma è ancor aciereve, adda ammaturà..”, “…è meglie e chillo e l’anno passate, stai cuntente!” ,

“...chist anno e fatte u spirito! , … è trule, ma a vocca è bona!, e così via di seguito. Il sacro in cantina era degnamente rappresentato dalla presenza di simboli cristiani, e tra tutti la CROCE non mancava mai e campeggiava al centro delle pareti, in alto e ben in vista all’ingresso della cantina e sui palmenti. Un modo per affidare con devozione il vino alla protezione divina, e con esso il lavoro di un anno e la speranza di una meritata ricompensa economica. La protezione del vino nelle botti di legno, piccole, grandi, a volte grandissime!, era affidata ai santi le cui immaginette venivano affisse sui tompagni con una tecnica semplicissima, senza uso di colle o puntine, ma punzecchiando la cornice della carta appoggiata al legno con la punta aguzza di un coltello o di una forbice. La compenetrazione della carta nel legno assicurava una buona presa e tenuta dell’immaginetta. I santi? Quelli del campanile del luogo: S. Vito, S. Leonardo, S. Antuono, S. Ciro, S. Pietro, la Madonna di Montevergine, ecc. C’era qualcuno che collezionava tutti i santi alla sua portata. Tra gli altri segni di devozione religiosa mi piace ricordare la benedizione della cantina con il primo vino spillato con il quale si tracciava il segno della croce, dedicandolo ai santi ed alle anime del purgatorio. Il vino della devozione era invece quello


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territorio

21 novembre 2015

he luci sul vino ischitano

o, un excursus a doppia chiave sulla nostra viticoltura

donato dai viticoltori alla chiesa del luogo per le celebrazioni liturgiche e per l’uso quotidiano del parroco e di qualche indigente del luogo. Veniva consegnato in bottiglioni, detti della devozione, di varie capacità, di solito 5 o 10 litri, con sopra incollata a farina l’immagine del santo venerato in quella chiesa. Vi starete chiedendo, care lettrici e lettori di Kaire, cosa c’entra tutto questo con il titolo che avete letto in testa a questo mio scritto! Ed avete perfettamente ragione. E’ un mio limite, o forse un mio pregio, fatemelo sapere voi, se vi pare. La verità è che mi piace mettere in vetrina subito alcune cose belle, che a voi so che piacciono anche se venate di nostalgia. Per poi passare al succo del messaggio, più penoso, attuale, che fotografa una situazione negativa, dal mio punto di vista, degna di attenzione. E veniamo finalmente a questo messaggio che riguarda la nostra viticoltura, il vino della nostra isola. Purtroppo le cose non vanno affatto bene. L’isola tutta, presa dal turismo, non ha tempo per dedicare la giusta attenzione alla nostra viticoltura e quindi al nostro territorio. Fanno eccezione, ovviamente, quei pochi e coraggiosi che ancora si dedicano all’agricoltura. Le nostre colline, quando non devastate dall’edilizia, sono per lo più preda delle sterpaglie, delle felci aquiline, dei canneti,

preda a loro volta del fuoco dei piromani e dei cacciatori di frodo. Di vigneti ben poca cosa, e quelli che ancora si tenta di salvare da parte di qualche pazzo, come sono anch’io che coltivo la mia vigna sulla Scarrupata di Barano, subiscono la beffa di essere danneggiati ricorrentemente dagli incendi degli incolti che li sovrastano, li circondano in abbraccio quasi mortale. Poi la triste vicenda della flavescenza dorata, la micidiale fitoplasmosi che sta annientando inesorabilmente anche i vigneti più estesi e belli. E’ così che anche i più appassionati coltivatori, specialmente quelli anziani, ma sovente anche i più giovani, si arrendono e abbandonano la vigna, la tagliano, la estirpano, vittime loro stessi di un’impotenza molteplice e multiforme, ignota solo che non si analizza alla luce della ragione, ma anche di una scarsezza di spirito combattivo, di solide radici di appartenenza alla propria terra, alla sua storia, alle sue tradizioni. Carenza di orgoglio, il solo che dovrebbe e potrebbe far spiccare un salto e affrontare il degrado del nostro territorio con positività di intenti e di azioni. In questo scenario decadente, ecco affermarsi invece comportamenti assurdi, mode cavalcate sull’onda del facile adattamento a soluzioni di comodo, che non tengono in nessun conto l’amore per la propria terra. Ecco che tutti fanno vino con uva

forestiera in un intreccio turbinoso di traffici, di furgoni e camion che di giorno e di notte varcano con disonore massimo, senza vergogne, gli usci delle cantine e dei cellai secolari consumati dal sudore e dai passi stenti dalle fatiche immani dei nostri padri, per ricavarne anche illeciti ed immorali guadagni vendendo quel vino come vino di Ischia. Ho incontrato in questi giorni di S. Martino uno di questi squallidi vinaioli che senza pudore alcuno mi ha invitato ad assaggiare il suo vino, osannato come il migliore della zona. La mia risposta?: “No grazie, piuttosto che assaggiare questo vino preferisco divenire astemio!” C’è rimasto e ha chiesto spiegazioni. Le ho date, a dovere, e forse, dico forse, sta meditando. Ma l’uva forestiera non è il solo problema. C’è pure quello del vino che a fiumi si riversa sulla nostra isola dalle più svariate provenienze. I nostri ristoratori ed anche tanti albergatori non si fanno tanti scrupoli a spacciarli “in brocca” come vini locali, o addirittura come vini delle proprie vigne. E’ anche così che muore la nostra viticoltura. E se qualcuno si sente punto da questo mio parlare, si facesse avanti e lo dicesse a viso aperto. Io sono pronto. Qualcuno celebra da qualche tempo un presunto rinascimento della nostra viticoltura, chiamando a testimonianza alcune aziende che hanno

rinnovato vigne e cantine. Bene senz’altro. Ma sono casi sporadici e che non alleviano l’emorragia costante di vigneti in via di abbandono. La verità è che la produzione di uva e di vino sulla nostra isola è in caduta libera. Ci sono poi le notizie dell’ultim’ora di alcune di queste aziende, non meno di tre e tra le più famose, in odore di essere cedute dai loro proprietari perché, sembra, cadute in una profonda crisi economica. Qualcuno o tanti hanno sbagliato! ha fallito la politica, ha fallito la classe economica, la dirigenza economica dell’isola, votata al facile guadagno, miope e cortomirante, sciocca e autolesionista. Sbagliano quei giovani che divengono presto vecchi anch’essi perché si accomodano su posizioni di rendita fittizia e dal fiato corto, che non credono nel lavoro, nell’impresa, nel rischio che diventa successo quando giocato con serietà e prospettive da perseguire con tenacia. Sbaglia chi ha vergogna del lavoro in campagna e sbaglia ancora di più colui che scoraggia chi pensa alla campagna come scelta di vita, della sua vita. Fa bene il giovane istruito che ha il coraggio di sporcarsi le mani di terra e di essere nel contempo imprenditore, libero di fare le sue scelte, di mettersi in gioco, di rischiare sapendo di dover rischiare, ma consapevole e assennato. La nostra viticoltura, la nostra terra di Ischia, ha un bisogno assoluto di questi giovani imprenditori! E la politica, quella nobile, con la P maiuscola, deve accompagnare persone con queste caratteristiche. La nostra classe imprenditoriale deve dialogare con queste nuove figure, incoraggiarle, sostenerle con i fatti, prestando attenzione alle loro produzioni, facendole proprie per elezione, per il bene comune. Solo così Ischia potrà divenire un’altra volta il più bel vigneto d’Italia. Invia un tuo commento, anche di semplice sostegno, a: matterafr.agrischia@libero.it


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La Storia Siamo Noi 21 novembre 2015

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STORIE DI EMIGRAZIONE ISCHITANE

Dallo Schiappone, verso l’Algeria L’emigrazione degli ischitani verso le Americhe ha avuto varie fasi a partire dai primi anni del ‘900 toccando punte massime negli anni ‘20 e ‘30 per concludersi sul finir degli anni ‘50. Nei secoli precedenti, ossia il ‘700 e l’800, dall’isola d’Ischia ci sono stati emigrati verso i paesi dell’Algeria e Tunisia. Da Barano d’Ischia partirono la gran parte degli ischitani.

Di Antonio Lubrano

L'

isola d’Ischia ricorda come nei primi del ‘900 si sviluppò il primo massiccio esodo di ischitani verso “Terre assai luntane”. Fu un’emigrazione in grande stile dove si abbandonò la terra d’origine, i propri cari e gli amici, per inseguire fortune a lungo sognate, condizioni di vita migliori e speranze più concrete. L’obiettivo principale erano le due Americhe. Si accodarono ai trentini, napoletani, salernitani, toscani, siciliani, pugliesi e calabresi, facendo registrare la più grande emigrazione (14 milioni) di italiani del secolo appena iniziato. Si emigrò principalmente in Nord America per stabilirsi in Canada a New York, nel New Jersey, Philadelfia, Boston, Baltimora, nel Connecticut, in California a Chicago, Detroit. Altri ischitani però preferirono l’Argentina, sistemandosi in gran parte a Buenos Aires e Mar Del Plata. Altri ancora in Uruguay a Montevideo. Infine il resto raggiunse il Brasile, Venezuela e l’Australia. L’emigrazione degli ischitani verso le Americhe ha avuto varie fasi a partire dai primi anni del 1900 toccando punte massime negli anni ‘20 e ‘30 per concludersi sul finir degli anni ‘50. Il secolo precedente, ossia l’800, vede l’isola registrare forme di emigrazione verso alcuni paesi come Algeria e Tunisia verificatesi fra il 1860 ed il 1897. Ma è il ‘900 fino alla sua metà che per lo più scrive la storia dell’emigrazione isolana oltre oceano. Da Barano d’Ischia partì la gran parte degli ischitani. La frazione di Testaccio conserva il record. Seguono a ruota Ischia, Forio, Serrara Fontana, Casamicciola e Lacco Ameno. Non tutti si imbarcarono a Napoli. Una buona parte fu costretta a raggiungere i

Algeria . 1865 Panorama di Annaba dove si stabilirono i giovani sposi d'acuto dello schiappone di Ischia

porti di Genova, Ancona, Livorno, Trieste, Palermo ove erano ormeggiati i grandi Transatlantici italiani dell’epoca appartenenti alle quattro maggiori compagnia nazionali, la “Navigazione Generale Italiana”, “Lloyd Sabaudo”, “Transatlantica Italiana” e società “Italia” E a quelle minori La Veloce, i fratelli Grimaldi, Achille Lauro, Costa ecc. Fra le tante storie, riportiamo quella raccontata da Maria D’Acunto che vede protagonista nello scenario dell’Algeria due giovani freschi sposi dello Schiappone: Maria Di Iorio e Francesco D’Acunto, i quali nel 1865 decisero di lasciare la loro terra per emigrare in Nord Africa. Maria D’Acunto sintetizza così il suo racconto. “Era intorno al 1865, poco dopo l’Unità. E dall’Italia partivano per terre più o meno lontane. Non solo per l’America del Sud (Argentina), ma anche per il Nord Africa, allora colonizzato dai Francesi. C’era lavoro e gli europei convivevano abbastanza pacificamente con gli arabi.

E loro due, Maria Di Iorio e Francesco D’Acunto, si unirono a un gruppo in partenza per l’Algeria. Erano giovani, appena sposati, e cercavano anche loro fortuna. Scesero dallo Schiappone, un misero centro agricolo, e su una carretta giunsero al Porto d’Ischia, ultimato da poco. Da lì con un traballante battello partirono per Napoli. Rimasero in attesa per qualche giorno sul molo e poi finalmente salirono su un nuovo battello diretto a Marsiglia. Ancora tanti giorni di attesa, affamati e stanchi, in quel porto in cui si parlava una lingua sconosciuta. E infine la sospirata partenza. Il battello solcava placide acque, ma all’improvviso venne una furiosa tempesta. I poveri passeggeri credettero che fosse giunta la loro ultima ora. Pregavano e si raccomandavano a Dio. O alla Madre di Dio, come facevano i due sposi, memori della beata Vergine dello Schiappone. La tempesta alla fine cessò e il battello riprese la sua corsa verso

l’ignoto. Passarono ancora tanti giorni e poi finalmente si profilò la terra con le sue case e il suo porto. Era Annaba, oggi Bona, che apriva le sue porte agli emigrati. Li accolse benevolmente e diede loro lavoro e dignità. Francesco cominciò a lavorare come operaio; Maria entrò in una casa di signori e fece la cameriera. Imparò non solo a pulire e cucinare, ma anche a cantare, ballare e a parlare francese (il marito, un po’ tonto, non lo imparò mai). Nacquero poi due figli: Emilio e Carmela. Tornarono poi ad Ischia perché Francesco aveva troppa nostalgia della sua terra. Maria invece sarebbe rimasta per sempre in quella bella città in cui aveva trascorso gli anni più belli della sua vita. Quando Francesco rifece la salita che portava allo Schiappone, forse i suoi occhi erano pieni di lacrime. Il figlio Emilio invece non rimase ad Ischia ma emigro in America dove trovò lavoro, ma anche la morte, a poco più di trent’anni”.


La Storia Siamo Noi

21 novembre 2015

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Gli ischitani smistati in Algeria solo dopo il reclutamento e la verifica a Marsiglia I coniugi Giuseppina ed Antonio Cigliano ad Algeri

Di Michele Lubrano

L'

I coniugi Santangelo di Ischia Ponte col figlio Stanislao emigrati in Algeria

La famiglia Pilato di Ischia ad Algeri

I figli Emilio e Carmela D'Acunto

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emigrazione degli ischitani per lavoro in Algeria e Tunisia, ma maggiormente in Algeria, risale addirittura al ‘500 allorquando pescatori, soprattutto di Ischia, si ritrovavano sulle coste del nord Africa. L’Algeria era la più gettonata perché in Tunisia si rischiava – a causa di un governo spietato - di diventare schiavi, fino a perdervi la vita come accadde a Nicola Colonna, figlio di Francesco e Restituta Califano. Infatti quest’ultimo (nato a Ischia l’8 giugno 1738 ) morì il 28 agosto 1797 a Tunisi. Ad Ischia arrivò la notizia della sua morte grazie ad un sacerdote di Tunisi, conosciuto da altri due ischitani (un altro Nicola Colonna e il marinaio Giacomo Lallo) che erano stati a Tunisi per diversi anni come schiavi. L’Algeria invece per certi versi è stata più o meno ospitale per tanti ischitani in cerca di nuovo lavoro. I nostri emigrati del ‘900 e oltre, sono stati tanti. Ricordiamo fra tutti Antonio Cigliano che prima di stabilirsi in san Pedro di California lasciò Ischia appunto per l’Algeria dopo il servizio militare, dove raggiunse il fratello Giuseppe e due sue sorelle. Nel 1935 all’età di 28 anni fece ritorno e nella chiesa di Sant’Antonio alla Mandra sposò la sua adorata Giuseppina. Insieme raggiunsero di nuovo l’Algeria dove imparò il mestiere di ebanista. Ci sono tante storie interessanti che hanno unito in passato l’isola d’Ischia con l’Algeria. Ci affidiamo a Maria D’Acunto che dell’Algeria sembra essere abbastanza documentata. “Gli Italiani del tempo e quindi gli ischitani, erano costretti per esigenze di sopravvivenza, a emigrare verso terre

straniere: soprattutto nelle Americhe e nel Nord Africa, nelle colonie francesi (Tunisia e Algeria). Per accedervi dovevano fare scalo a Marsiglia: la città in cui avveniva il reclutamento e lo smistamento. Qui, presentati i loro documenti, venivano sottoposti a visita medica e registrati. In base alle loro attitudini e alle loro competenze, venivano poi destinati alla città da cui partivano richieste di lavoro. Quando giungevano a destinazione, non dovevano fare altro che esibire il “pass”, dopo di che le stesse Amministrazioni provvedevano a inserirli nel mondo del lavoro.

Nel gruppo di emigrati arrivati a Marsiglia per la verifica ci sono gli sposini dello Schiappone Maria Di Iorio e Francesco d'acuto in attesa di arrivare ad Annaba

Il settore più fiorente doveva essere quello dell’edilizia, perché accanto alle “kasba”, sorgeva la città nuova, di stile occidentale. Ma non mancavano le occupazioni neppure in altri campi: l’agricoltura, il commercio, la marineria e l’artigianato. E’ da sottolineare il fatto che in questi Paesi gli emigranti non erano costretti alla quarantena, come avvenne più tardi negli USA, nell’isola di Long Island. L’emigrazione è continuata fino a pochi anni fa. Anna Maria Agostino così ha commentato ciò che ho scritto sull’emigrazione ischitana in Algeria, in particolare ad Annaba: “Questa storia dell’emigrazione in Algeria la vivo in famiglia. Mio cognato Francois è nato a La Calle, l’odierna Orano ed è vissuto lì fino ai dodici anni. Sono stata in Algeria sette anni fa, per un matrimonio e ho bei ricordi di quella terra””.


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Cultura 21 novembre 2015

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arte Di Gina Menegazzi

C

apita di avere un paio di ore libere, in centro, a Napoli, e di aver voglia di qualcosa di diverso, invece dei soliti negozi che vendono cose di cui non si ha bisogno, facendocene però venire il desiderio. Capita così di essere attratti dai manifesti di alcuni grandi pittori esposti fuori dal Palazzo Zevallos Stigliano, ex sede della Banca Commerciale, ora Gallerie d’Italia, in via Toledo 185. Il palazzo è splendido e grandioso, degno di ospitare nobili e sovrani, come spesso è accaduto in occasione di sfilate e processioni nei secoli passati, e accoglie ora, al secondo piano, una collezione recentemente sistemata di circa 120 opere, soprattutto quadri, di artisti napoletani o ospiti in città, dal Seicento sino ai primi anni del Novecento. Sette sale, che permettono di gustarsi con calma le opere senza stancarsi; pannelli esplicativi, in italiano e in inglese, a illustrare periodi, artisti, stili e influenze, e opere di altissimo livello. Il pallore cadaverico della santa nell’ultimo capolavoro di Caravaggio: “Il martirio di S.Orsola”, cui fa eco il cereo volto dell’autore, dipinto dietro la santa

Due ore a Napoli Alla scoperta di opere d’arte di artisti napoletani e non solo. Michetti Palazzo Zevallos: le scale interne

Domenico Morelli - La terrazza

Palazzo Zevallos Stigliano - Napoli

dal collo piegato quasi fosse appoggiato sullo stesso collo - a ricordare una morte che Caravaggio temeva vicina - rende quest’opera decisamente il pezzo più affascinante della collezione. A lei si affiancano quadri di Artemisia Gentileschi, Luca Giordano, Francesco Solimena o le descrizioni dettagliatissime di piazze napoletane e romane, opera di Gaspar Van Wittel, assieme ai paesaggi en plein air della scuola di Posillipo, tra cui quattro affascinanti acquerelli di Giacinto Gigante o i ritratti vibranti di Do-

menico Morelli, Gaetano Esposito, Francesco Paolo Michetti, quest’ultimo con due intriganti autoritratti. Moderni e senza tempo nonostante i loro riferimenti temporali che rispecchiano l’epoca in

Caravaggio - Sant' Orsola

Sala Gemito

cui sono stati eseguiti. E infine la saletta dedicata a Vincenzo Gemito (1852-1929). Qui terrecotte, bronzi e disegni documentano la straordinaria parabola artistica dell’artista, da quando


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Cultura

21 novembre 2015

kaire@chiesaischia.it

teatro poco più che ventenne riproduce in terracotta teste di scugnizzi e di giovani pescatori, fino alle ultime opere tra cui un autoritratto, sconvolgente e vivissimo. Un percorso intrecciato con il dramma personale di un’esistenza minata dalla malattia che lo porta a lunghe interruzioni dell’attività creativa. Ma un particolare valore aggiunto questo museo ce l’ha: non più custodi annoiati, ma guide patentate che girano per le sale e, su richiesta e gratuitamente, forniscono informazioni sulle opere, sugli artisti, sul periodo storico e su alcune piccole curiosità che aiutano ad apprezzare meglio le opere e rendono la visita più viva e godibile. Persone preparate, che fanno il loro lavoro con entusiasmo, e che quindi è bello ascoltare. Una visita, quella al Palazzo Zevallos Stigliano, che merita senz’altro fare.

GALLERIE D’ITALIA PALAZZO ZEVALLOS STIGLIANO

Via Toledo, 185 Napoli

Orari Da martedì a venerdì dalle ore 10.00 alle ore 18.00 (ultimo ingresso 17.30). Sabato e domenica dalle ore 10.00 alle ore 20.00 (ultimo ingresso 19.30). Lunedì chiuso. Ingresso Intero: € 5,00 Ridotto: € 3,00 Ingresso gratuito ogni prima domenica del mese. Informazioni e prenotazioni 800 454229

Segui il Vescovo Pietro Lagnese su Twitter: @LagnesePietro Ogni giorno un suo commento sul Vangelo per farti compagnia durante i tuoi impegni.

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Settàneme Di Gina Menegazzi

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l testo, un’opera inedita di Bruno di Donato, in scena con il resto del cast – sua è anche la regia e le musiche – da un lato attinge al folklore salernitano, raccontando luoghi e personaggi locali realmente esistiti, dall’altro ha forti richiami all’opera di Giambattista Basile e alla musica della Nuova Compagnia di Canto Popolare, senza dimenticare tammorra e pizzica. I personaggi sono forse un po’ troppo solo accennati, ma questa vaghezza, insieme all’uso del vernacolo, è una precisa scelta registica che mantiene un alone di mistero. In una specie di luogo non luogo, sette anime morte rievocano le loro tragiche vicende terrene lanciando un accorato appello perché la gente ricordi: senza la memoria degli altri noi non esistiamo. Così una janara salernitana di cui è documentato il processo, un prete dalla pessima condotta, una fan-

Di Clara Calabria

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iovani, spingete oltre le frontiere, siete cittadini del mondo. (…) Sono orgoglioso di lavorare in un’azienda che non pensa solo a fare i soldi ma a migliorare il mondo in cui vive”. Il messaggio di Tim Cook è chiarissimo: i giovani capaci, meritevoli possono cambiare il mondo in cui viviamo. Le idee, le innovazioni, le eccellenze sono da coltivare sempre e comunque e devono essere patrimonio di tutti. Figlio di un operaio e di una casalinga, cresciuto in Alabama, Cook ha studiato all’Università di Auburn, facendo sacrifici ma ostinato a raggiungere il suo scopo. Esempio per tutti da seguire: la determinazione, prima nello studio e poi nel mondo del lavoro, è un valore fondamentale. La dedizione ad un progetto per far sì che un idea si concretizzi e venga perseguita quell’aspirazione; il dedicarsi pienamente al raggiungimento di un obiettivo è alla base di qualsiasi azione produttiva e foriera di eccellenze. Anche la nostra Costituzione tutela

Una bella opera corale, quella presentata sabato 14 novembre presso il teatro Polifunzionale, nell’ambito del Premio Aenaria, dalla Compagnia di Teatro del Bianconiglio di Eboli (SA).

ciulla innamorata murata viva dai fratelli gelosi, un giovane avvocato ucciso per aver difeso i più deboli, una povera donna la cui unica “colpa” era di essere nata la notte di Natale e una popolana che aiutava la gente malata a trapassare reclamano una luce, che le tragga da questo luogo del non essere. Nonostante l’argomento possa sembrare triste e pesante, la Compagnia di Teatro del Bianconiglio è riuscita realizzare uno spettacolo molto bello e trascinante, merito dell’azione corale, di una grandissima presenza scenica e di musiche veramente belle. Lo spettacolo è arricchito da una regia scenograficamente perfetta, con movimenti eleganti, funzionali, mai esagerati e musiche che trascinano. Il Premio Aenaria si sta avviando a

conclusione: ancora due spettacoli, poi si sceglierà il migliore e ci sarà la premiazione. Sabato 21 novembre la Compagnia degli Evasi di Castelnuovo Magra (SP) metterà in scena un’esilarante versione di Mandragola di Niccolò Machiavelli Sabato 28 novembre Gli amici di Jachy di Genova ci proporranno Tango di Francesca Zanni. Per gli amanti del teatro ricordo inoltre lo spettacolo “LIVIDI. Assoli per donne senza voce” di Corrado Visone con la regia di Valerio Buono per la giornata internazionale contro la violenza alle donne, mercoledì 25 novembre alle ore 20.30 presso il vecchio municipio di Forio e giovedì 26 novembre ore 21 al Teatro Polifunzionale di Ischia, ingresso gratuito.

“Giovani meritevoli: osate!” Il 10 novembre l’università Bocconi di Milano ha ospitato il numero uno di Apple, Tim Cook, che, aprendo l’anno accademico ha parlato ai numerosissimi giovani studenti, esortandoli ad andare oltre il confine italiano

i giovani talenti: l’art. 34 difatti recita: “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Il modello oggi di qualsiasi organizzazione non è più quello verticale ma è quello fondato sui paradigmi per processi e per il miglioramento continuo. L’università e il mondo del lavoro hanno oggi una rete organizzativa basata sul coinvolgimento di tutti, con elevato grado di partecipazione da parte di tutti gli attori. Il modello accresce l’autostima e proietta il giovane in un sistema già “premiante”, con alta possibilità di far carriera quando si affaccerà nel mondo del lavoro. Tali principi sono alla base di Civicrazia perché tra le caratteristiche

fondamentali dei Civicratici ci sono il merito, l’autodeterminazione e la sodalità: il merito, valore ridotto nella società “servile” attuale ma che necessita di essere curato e coltivato; la determinazione, nel percorrere ogni cosa con libertà che comporta certezza di sé e realizzazione di sé; la sodalità e i senso di appartenenza che ne deriva - come detto pocanzi già all’Università - comporta fiducia verso il prossimo ed accresce l’entusiasmo. I giovani meritevoli, in un momento dove predominano la velocità e la proiezione verso il futuro, devono “educarsi” ad essere cittadini “davvero europei” , responsabili, capaci di interpretare il cambiamento e di sentirsi parte di una comunità. Bisogna “fare proprio” il monito di Cook per perseguire obiettivi di eccellenza in tutti i campi.


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Cultura 21 novembre 2015

Di Enzo D'Acunto

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ommaso Scarano, il curatore dell’opera di Borges per Adelphi, ha scritto che la lettura che Jorge Luis Borges offre del testo de “La Divina Commedia” non può di certo considerarsi una lettura “naif ”, e quindi ingenua, approssimativa o superficiale. E di certo non può esserla, se riconosciamo la profondità di tutti i contributi di critica letteraria del grande scrittore argentino, capace con la sua arte di percorrere eccellentemente tutti i differenti generi letterari. Ma ben oltre questo pur doveroso credito di fiducia, sono i testi e la loro ricchezza a parlare in prima persona. Infatti, nella raccolta di saggi dedicati al sommo poeta, innumerevoli sono i riferimenti bibliografici dai quali Borges coglie spunti, pone annotazioni, aggiunge suggestioni, idee, inquietudini e intuizioni. I riferimenti variano, e la cosa che sorprende è la grande confidenza che Borges mostra con i commentatori italiani della Commedia, antichi, come Rambaldi da Imola del XIV secolo, o moderni, quali Francesco Torraca, Guido Vitali, o soprattutto Francesco De Sanctis e Benedetto Croce. Una conoscenza tale che pur non facendo di Borges un Dantista, - come sostiene lo stesso Scarano, - ne fa comunque un lettore di primissimo piano, capace di fare affidamento su di una biblioteca personale, - i tanti libri letti in vita, sua vera e principale ricchezza, - che gli permettono, con eleganza e disinvoltura, di giungere a letture inaspettate del testo di Dante, letture che, senza quel preciso contorno di orizzonti letterari mai del tutto definiti, sarebbero impossibili. Una prova? La lettura che Borges offre di uno dei passaggi più evocativi di tutta l’opera, - la collocazione di Francesca all’inferno, (V canto) - del quale propone ben quattro congetture possibili. Una di queste, spinge l’autore argentino ad associare la colpa di Francesca alla colpa di Raskol’nikov, - il protagonista di “Delitto e castigo” di

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Fedor Dostoevskij, - per dire, con tono autorevole e partecipativo, che sono sempre le circostanze a dettare le azioni dell’uomo e le sue condanne. E Dante, a fronte dell’ineluttabilità del giudizio divino, mostra una partecipe pietà per Francesca, consapevole che non c’è strazio più grande se non quello causato dalla scissione tra la morale (nella concezione medio-evale, “intelletto”) e la passione (più semplicemente, “cuore”). E per quanto le sue osservazioni possano sembrare altisonanti e sproporzionate, - l’autore non si esime dal richiamare addirittura il nominalismo di Guglielmo da Occam, - va riconosciuto che quello che Borges vuole dimostrare, pur servendosi del testo di Dante, è che non esiste forza più alta e più inossidabile del destino, opinione questa, che nel corso dei secoli finirà per accomunare Sant’Agostino a Dante Alighieri e questi a Jorge Luis Borges. In uno dei suoi più celebri racconti, “Biografia di Tadeo Isidoro Cruz”, Borges narra la vicenda di un uomo, appunto Tadeo Isidoro Cruz, prima disertore, poi assassino e infine assassinato, che vive la sua vita in preda a sensazioni istintive e primigenie, salvo scoprire nell’attimo finale, che ciò che la vita gli aveva riservato, in fondo, era l’espressione di un dato destino non migliore di altri, perché non esistono destini migliori di altri, e nella vita, per quanto si possa essere lupi o gregge, si finirà in ogni caso per confondere le due condizioni. Da ciò ne discende quel profondo lascito di umanità che spinge Dante ad avere pietà di Francesca, che nell’inevitabilità del suo tragico amore, incarna l’immagine più alta e fatale della natura umana, alla quale non è dato evitare ciò che sarà, perché citando un libro che Borges mostra di conoscere molto bene, - il “De onnipotentia” di San Pier Damiani, - l’autore argentino sembra concorde nel ritenere che “solo Dio può far sì che non sia stato ciò ch’è stato”. Eppure, nel caso dei due amanti riminesi, sembrerebbe che neanche a Dio, ciò sia stato possibile.

Lungo una direttrice

chiamata destino

Jorge Luis Borges

Dante e La Divina Comemdia

Parrocchia S. SebastianoMArtire - Barano

Viaggio in Umbria da venerdì 20 Ottobre a domenica 22 Novembre 2015 Collevalenza - Cascia / Roccaperona - Spoleto - Norcia - Greccio

Programma Venerdì 20 Novembre Partenza dal porto d'Ischia - ore 6:25 / Traghetto Medmar - Arrivo e Visita ai luoghi di S. Rita: pranzo a sacco - Roccaperona - Cascia e S. Messa - Cena e pernottamento a Spoleto sabato 21 novembre Visita ai luoghi di San Benedetto: Norcia - Pranzo a Norcia - Visita e S. Messa a

Collevalenza - Santuario dell'Amore Misericordioso di Madre Speranza con bagno nell piscine - Cena e pernottamento a Spoleto domenica 22 novembre S. Messa, visita e pranzo a Greccio (primo presepe di s. Francesco) - Ripartenza per Napoli Ritorno a Ischia/traghetto Caremar 19:25

QUOTA DI PARTECIPAZIONE: € 165,00

Quota bambini fino ai 13 anni: € 115,00 - Suppl. Singola: € 30,00

La quota comprende: Traghetto A/R; mezza pensione in hotel; i pranzi del sabato e della domenica e il bus La quota non comprende: mance e tutto quanto non espresso nella "quota comprende"

Per Info e Prenotazioni (entro il 15 novembre) rivolgersi a Parrocchia S. Sebastiano Martire - Barano (oraio Messa) Oppure a: Raffaella Mattera: 3493034377; Antonio Di Leva: 3662843368


Cultura

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libri Di Don Vincenzo Avallone

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nzitutto, ecco come l’Autore di questo libro lo presenta al lettore: «I contenuti di questo testo, che si propone di presentare una fotografia dei modelli familiari attuali implicati nella costituzione di problematiche di devianza sociale e psicopatologia nell’adolescente, sono il frutto del lavoro congiunto di 32 ricercatori e terapeuti affiliati al Centro di Terapia Strategica di Arezzo che, negli ultimi cinque anni, si sono ritrovati una volta al mese per essere da me supervisionati nella loro applicazione di interventi strategici su migliaia di casi di adolescenti problematici... Da tale confronto è emersa un’immagine della situazione italiana attuale che ha permesso di dare forma a una serie di modelli di relazione patogena fra genitori e figli... L’obiettivo di questo lavoro vuole dunque essere quello di esporre con chiarezza come certe problematiche dei moderni adolescenti arrivano a formarsi, e come possono essere prevenute o risolte». L’interazione familiare Cos’è un’interazione? ...È un atto comunicativo tra due o più persone e, come ogni comunicazione, veicola sia un contenuto, sia

Modelli

di famiglia Recensione del libro “Modelli di famiglia” di G. Nardone, E. Giannotti, R. Rocchi TEA pratica editore, Milano 2015 il modo in cui gli interlocutori intendono il loro rapporto. Se una di queste interazioni persiste in modo ridondante per lungo tempo si hanno i “giochi senza fine”, cioè i circoli viziosi dai quali non si riesce ad uscire... ecco che il sistema diventa patologico... L’interazione familiare è quel sistema di relazioni, fondamentalmente affettive, presenti in ogni cultura, in cui l’essere umano permane per lungo tempo, e non un tempo qualsiasi della sua vita, ma quello costituito dalle sue fasi evolutive cruciali: neonatale, infantile e ado-

lescenziale... Per discutere del concetto di famiglia come organizzazione, si fa riferimento al modello utilizzato dalla cibernetica, che è una scienza che si interessa esclusivamente del funzionamento e del comportamento che emergono quando le parti di un sistema interagiscono fra di loro. Modelli attuali della interazione familiare I modelli ricorrenti di organizzazione delle relazioni tra genitori e figli adolescenti che sono apparsi responsabili del costituirsi di problematiche emergenti sono: Iperprotettivo: sostituirsi ai figli considerati fragili, ovvero la profezia che si autorealizza Democratico-permissivo: genitori e figli sono amici, ovvero l’assenza dell’autorevolezza. Sacrificante: i genitori si sacrificano costantemente per dare il massimo ai figli e viceversa, ovvero il sacrificio rende buoni. Intermittente: i membri della famiglia oscillano da un modello all’altro, ovvero sei comunque sbagliato. Delegante: i genitori delegano ad altri il ruolo di guida, ovvero non contare su di me. Autoritario: i genitori esercitano il potere in modo deciso o rigido, ovvero chi è più forte comanda. La famiglia iperprotettiva Con questa definizione facciamo riferimento a ciò che appare come la tendenza dominante della famiglia italiana degli ultimi anni. Una famiglia sempre più piccola, chiusa e protettiva, nella quale gli adulti si sostituiscono continuamente ai giovani, rendono la loro vita più facile, cercano di eliminare tutte le difficoltà, fino a intervenire direttamente facendo le cose al

posto loro. I genitori dovrebbero stimolare i figli ad agire non solo senza sostituirsi a loro, ma, al contrario, alzando il tiro e facendo in modo che loro si meritino tutto quello che avranno, attraverso sforzi concreti e fatiche... Ritengo che questo possa essere il messaggio fondamentale da dare agli adulti che si relazionano ai giovani: “Niente ha valore se non l’hai conquistato”. Costruire l’autonomia e il senso di indipendenza dovrebbe essere il cardine di ogni educazione. Tutto ciò che tende a produrre soggetti sempre meno responsabili e capaci di assumersi in prima persona il peso della propria vita, è diseducativo. Se un genitore si sostituisce al figlio e fa quello che dovrebbe fare lui, gli impedisce di attivarsi, cercare e trovare in sè stesso risorse utili a superare i suoi limiti, rendendolo sempre più dipendente e debole. Post scriptum Le frasi, prese qua e là da questo libro a mò di recensione, vorrebbero essere soltanto un invito ai genitori a comprarlo, perché il libro contiene consigli utili, oggi. Approfitterei poi di questa mia recensione per segnalare che quest’anno ricorre il 50º anniversario della “Gravissimum Educationis”, l’importante documento sull’educazione cristiana, datato 28 ottobre 1965. Per l’occasione nasce, presso la Città del Vaticano, una Fondazione di diritto canonico che porterà lo stesso nome del documento del Concilio Vaticano II, “Gravissimum Educationis”. In questo mese di novembre intanto ci sarà un congresso sulla medesima dichiarazione conciliare.


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Liturgia 21 novembre 2015

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Commento al Vangelo

Domenica 22 Novembre 2015

Quale re seguire? Di Don Cristian Solmonese

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ari amici, la solennità odierna, ultima domenica dell’anno liturgico, ci parla della regalità di Gesù; Gesù è il re, è un re chiamato a guidare il suo popolo; la Chiesa, il Regno di Dio ha un re! Nella Chiesa, nel Regno di Dio, non comanda il popolo, non è democrazia il regno di Dio, ma la Chiesa ha un Re! Gesù è il Re! La regalità di Cristo rimase del tutto nascosta, fino ai suoi trent’anni, trascorsi in un’esistenza ordinaria a Nazaret. Poi, durante la vita pubblica, Gesù inaugurò il nuovo Regno, che “non è di questo mondo” (Gv 18,36), e alla fine lo realizzò pienamente con la sua morte e risurrezione. Apparendo risorto agli Apostoli disse: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28,18): questo potere scaturisce dall’amore, che Dio ha manifestato in pienezza nel sacrificio del suo Figlio. Il Regno di Cristo è dono offerto agli uomini di ogni tempo, affinché chiunque creda nel Verbo incarnato “non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv3,16). Per questo, proprio nell’ultimo Libro della Bibbia, l’Apocalisse, Egli proclama: “Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine”. Il vangelo di oggi ci dice che questa festa dell’anno liturgico è una “non festa”, una festa all’apparenza solenne, che parla di re, che parla di trionfi, che rispolvera antichi fasti di una chiesa militante in perenne scontro col potere mondano, che immagina, forse ingenuamente, una vittoria definitiva di Cristo più ambita che realizzata. Due poteri sono a confronto: quello di Roma imperiale e del suo rappresentante, il procuratore Ponzio Pilato, e quello meschino e risibile del falegname di Nazareth che si è spacciato per Dio. Si diverte, Pilato, a prendere in giro questo misero falegname che ha perso anche l’appoggio dei suoi superiori religiosi. Scherza, irride, gli propone un dialogo all’apparenza giusto, finge giustizia ed equità. Il potere spesso diventa farsa e burla, difende solo se stesso e si contrappone a chi lo ostacola. Il Sinedrio vuole uccidere Gesù ma non può. Pilato vuole salvare Gesù per umiliare il Sinedrio ma non può. Entrambi faranno ciò che non vogliono. Il compromesso, la paura, il calcolo, li fanno diventare burattini delle loro ambizioni; Pilato, durante tutto il colloquio, pone solo domande. Non si interroga: interroga. E non ascolta le risposte. “Sei re?” - “Tu lo

dici” risponde Gesù a Pilato. “Sei il Figlio di Dio Altissimo?” - “Tu lo dici” risponde Gesù al Sommo Sacerdote. “Tu lo dici”: siamo liberi di credere o no, Dio non si impone, mai. Il potere che Gesù viene ad esercitare è il potere a servizio della verità, che non nutre se stesso, che non si autocelebra, che fugge la gloria e l’apparenza. La sua regalità è di origine divina, non appartiene ai re della terra. Egli è re non perché il suo potere gli è dato da un popolo, da un parlamento, dagli elettori, la sua Regalità scaturisce dalla sua Divinità! Ma Gesù rifiuta il titolo di re inteso come re politico, come i capi delle nazioni. Nel colloquio con Pilato, egli rivendicò una singolare regalità dicendogli che Egli non è un sovrano della terra; la sua corona è di spine, il suo scettro sono i chiodi, il suo trono la croce, il banchetto che offre a tutti i suoi sudditi è la sua carne e il sangue e l’acqua del suo cuore! Egli è re e la sua regalità non gli è data dallo sfuggire dalla croce, ma dalla fedeltà alla croce! Quanto sarebbe bello se noi cristiani seguissimo questo re! La vita da cristiani non è fatta di chiacchiere, non è fatta di un certificato di battesimo o di certificati per sposarsi ecc… la vita da cristiani è fatta di azioni concrete, di servizio concreto, di perdono concreto, di amore concreto; se non vogliamo fare questo, cambiamo religione, se non facciamo questo stiamo seguendo noi stessi o i re fantocci che ci siamo creati come Pilato ed Erode; purtroppo la nostra vita è fatta di altri re che regolano la nostra giornata, il nostro modo di parlare, di fare; ci prostriamo davanti al Dio denaro, al Dio sesso, al Dio potere; anche la chiesa tante volte si è prostrata davanti a questi Re, soprattutto ad un Re che va molto di moda: questo Re si chiama successo, applauso, consenso. I nuovi re sono i leader capi di movimenti e associazioni o personaggi di spicco… che tristezza, che tristezza! c’è tanto male perché seguiamo i pupazzi che ci siamo creati e non Gesù! In questo momento mi viene da dire come Pilato: ecce homo, ecce Rex vestrum! Ecco l’uomo, ecco il vostro re! Si, Pilato anche tu hai professato la fede in questo Re ma hai avuto paura di perdere la poltrona come noi abbiamo paura di perdere la faccia per Cristo Re crocifisso: termino questi pensieri con una domanda: Ma noi, chi vogliamo seguire? Cosa grideremo vogliamo seguire Barabba o Gesù? A noi la scelta. Buona Domenica!


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Ecclesia

21 novembre 2015

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La condivisione è una virtù preziosa Dell' Ordine francescano secolare di Forio

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apa Francesco nell’udienza dell’ 11 novembre scorso ha parlato ai fedeli come un nonno sapiente della convivialità nella vita familiare, ossia “l’attitudine a condividere i beni della vita e ad essere felici di poterlo fare. Condividere e saper condividere è una virtù preziosa! Il suo simbolo, la sua icona, è la famiglia riunita intorno alla mensa domestica”. Infatti il tempo della mensa domestica dovrebbe essere il tempo del dialogo familiare, della formazione anche spirituale, dove i figli si dovrebbero aprire di più verso i genitori che a loro volta dovrebbero essere pronti all’ascolto dei figli, senza la distrazione di televisioni, computer, cellulari. Il tempo della mensa diventa un momento sacro che lo stesso Gesù sceglieva per unirsi con i suoi apostoli per colloquiare in intimità con loro, come fece in molti momenti della

Sua vita apostolica e in particolare nell’ultima cena. Anche san Francesco usava istruire i suoi quando si riunivano alla loro misera mensa, in genere preparata con solo poco pane da condividere con i fratelli. Ciò che li saziava era la preghiera comunitaria e lo spirito di condivisione ed erano felici di ammaestrarsi a vicenda nello spezzare il pane, preludio di quello eucaristico. Le Fonti Francescane narrano di un episodio molto singolare che riguarda il futuro papa Gregorio IX, l’allora cardinale Ugolino che volle invitare alla sua mensa il suo stimatissimo frate Francesco e ne ebbe grande insegnamento: “ Per amore della santa povertà, il servo di Dio onnipotente usava molto più volentieri delle elemosine cercate di porta in porta che non di quelle offerte spontaneamente. Quando, invitato da grandi personaggi, doveva accettare l’onore di assidersi a mense sontuose, andava, prima,

a chiedere dei pezzi di pane nelle case dei vicini e poi, così arricchito di miseria, si metteva a tavola. Così fece una volta che era stato invitato dal cardinale di Ostia, straordinariamente affezionato al povero di Cristo. Perciò il cardinale si lamentò con lui, facendogli osservare che, andando a cercar l’elemosina, mentre stava per essere ospitato alla sua mensa, aveva offeso la sua dignità. Ma il servo di Dio gli rispose: “ O Signore mio, io ho fatto grande onore a voi coll’onorare un Signore più grande. Difatti il Signore si compiace della povertà e soprattutto di quella che consiste nel farsi medicanti volontari per Cristo. E io, questa dignità regale che il Signore Gesù ha assunto per noi, facendosi povero per arricchirci della sua miseria e costituire eredi e re del regno dei cieli i veri poveri di spirito, non voglio scambiarla col feudo delle false ricchezze, a voi concesse per un momento

(FF1127). … Anche nelle feste principali, quando ve n’era l’opportunità, era solito andare per l’elemosina. Perché, diceva, nei poveri di Dio si realizza la parola del profeta: L’uomo ha mangiato il pane degli Angeli. Il pane degli Angeli è quello che la santa povertà raccoglie di porta in porta e che, domandato per amor di Dio, per amor di Dio viene elargito per suggerimento degli Angeli santi” (FF 1129).

Santa Elisabetta d’Ungheria: le rose della carità Dell' Ordine francescano secolare di Ischia

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l 17 Novembre 1207 nasceva in Ungheria la piccola Elisabetta figlia del Re Andrea II d’Ungheria e di sua moglie Gertrude. La vita e il comportamento della giovanetta fu sicuramente influenzato dalla fama della spiritualità francescana: la storia dà testimonianza del suo amore per i bisognosi, i poveri e affamati, addirittura gli appestati. Grande la sua carità verso chiunque fosse in difficoltà. Si unì al Terz’Ordine di San Francesco nel 1227, giusto un anno dopo la morte del futuro Santo. Corrado di Marburgo, direttore spirituale di Elisabetta, così scrisse di lei al Papa nel 1232: “…. Distribuiva con larghezza i doni della sua beneficenza non solo a coloro che ne facevano domanda presso il suo ospedale, ma in tutti i territori dipendenti da suo marito. Arrivò al punto da erogare in beneficenza i proventi dei quattro principati di suo marito e da vendere oggetti di valore e vesti preziose per distribuirne il

prezzo ai poveri….”. La giovane Elisabetta visse il breve periodo della sua vita vivendo con gli ultimi della società. Di lei si racconta il tenero e dolce miracolo della trasformazione del pane in rose: come sua abitudine un giorno stava portando il cibo agli affamati, dei pani racchiusi nel suo grembiule, quando incontrò il marito che le chiese cosa avesse nel grembiule: nel momento in cui lo aprì non c’era più il pane ma delle bellissime rose; per questo motivo questa dolcissima santa è spesso raffigurata con il grembiule aperto e pieno di rose, a sottolineare la bellezza del grande dono che faceva a tutti: la carità, con il suo “profumo” sia materiale che spirituale. Il suo Direttore Spirituale così concludeva la lettera al Papa: “Affermo davanti a Dio che raramente ho visto una donna così contemplativa come Elisabetta, che pure era dedita a molte attività. Alcuni religiosi e religiose constatarono assai spesso che, quando ella usciva dalla sua preghiera privata, emanava dal volto un mirabile splendore e che dai suoi occhi uscivano come dei raggi di sole.

Patrona dell’Ordine Francescano Secolare Prima della morte ne ascoltai la confessione e le domandai cosa di dovesse fare dei suoi averi e delle suppellettili. Mi rispose che quanto sembrava sua proprietà era tutto dei poveri e mi pregò di distribuire loro ogni cosa, eccetto una tunica di nessun valore di cui era rivestita, e nella quale volle esser seppellita. Fatto questo, ricevette il Corpo del Signore. … Infine raccomandò a Dio, con grandissima devozione, tutti coloro che le stavano dintorno, e spirò come addormentandosi dolcemente -, aveva solo ventiquattro anni. Il Pontefice Gregorio IX la dichiarò Santa, a Perugia, il 27 maggio del 1235. È riconosciuta patrona principale del Terzo Ordine Regolare di San Francesco e dell’Ordine Francescano Secolare con san Luigi dei Francesi; la sua memoria liturgica cade il 17 Novembre e, in questa data, la fraternità di Ischia la celebra solennemente ogni anno.

COMPLEANNI IN ARRIVO

TANTI AUGURI A… Don Giuseppe Regine 22 novembre Don Beato Scotti

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Caritas

21 novembre 2015

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Formazione caritas diocesana Di Lorenzo Russo

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iovedì 12 novembre in Seminario ad Ischia Ponte è partita la formazione per chi volesse dare un aiuto attraverso le Caritas parrocchiali. Da Napoli ci ha raggiunti l’animatore sociale Rosario Di Lorenzo del Binario della Solidarietà, struttura dormitorio della Caritas della diocesi di Napoli. Erano presenti operatori Caritas delle varie parrocchie diocesane e tutti i volontari del Centro GPII di Forio. Rosario, in modo del tutto partecipativo e coinvolgente ci ha aiutati a capire qual è la motivazione che spinge ciascuno di noi nel metterci in “aiuto” verso gli altri. Il motivo principale e quindi la gratificazione personale è quella di riscoprire nella persona bisognosa il volto di Gesù. Dopo un breve dialogo iniziale, sono stati formati piccoli gruppi: ciascuno doveva quindi dire il suo pensiero sul volontariato, rappresentandolo anche attraverso disegni. E’ stato davvero un momento simpatico perché qualcuno lo ha rappresentato come un samaritano, qualcun’altro ha disegnato il malato in un letto di ospedale con l’immagine del volontario che gli sta accanto, e così via. Tutti sono stati coinvolti nelle due ore di incontro. Poi ognuno ha spiegato il proprio disegno rendendo partecipe il resto della platea. Il volontario è colui che incontra la persona nel luogo del bisogno e dopo l’incontro, dopo l’ascolto continua ad esserci in un percorso di accampamento di

Iniziato il percorso formativo per gli operatori Caritas e i volontari del centro Giovanni Paolo II di Forio.

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chi vive in un momento di bisogno...chiunque esso sia: immigrato, disoccupato, povero o persona sola. Chi desidera aderire a questo percorso formativo e avvici-

narsi al mondo del volontariato e delle Caritas parrocchiali può partecipare al prossimo incontro formativo previsto per mercoledì 9 dicembre alle ore 15.30 sempre in seminario.

COLLABORIAMO INSIEME Per inviare al nostro settimanale articoli o lettere (soltanto per quelle di cui si richiede la pubblicazione) si può utilizzare l’indirizzo di posta kaire@chiesaischia.it I file devono essere inviati in formato .doc e lo spazio a disposizione è di max 2500 battute spazi inclusi. Le fotografie (citare la fonte) in alta risoluzione devono pervenire sempre allegate via mail. La redazione si riserva la possibilità di pubblicare o meno tali articoli/lettere ovvero di pubblicarne degli estratti. Non sarà preso in considerazione il materiale cartaceo.

Comune di Ischia Edicola di Piazza degli Eroi; Edicola di Ischia Ponte; Edicola al Bar La Violetta; Edicola di San Michele da Odilia; Edicola di Portosalvo Comune di Lacco Ameno Edicola al Bar Triangolo Edicola Minopoli sul corso Comune di Casamicicola T. Edicola di Piazza Bagni; Edicola di Piazza Marina; Comune di Forio Edicola del Porto; Edicola di Monterone


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