Kaire 52 Anno II

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Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 2 | numero 52 | 26 DICEMBRE 2015 | E 1,00

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CHIARA SASSO, UN’ISCHITANA CHE VIVE A GERUSALEMME In questi giorni non possiamo non pensare a quella terra dov’è stato Gesù, che è martoriata da guerre civili e religiose. All’interno l’intervista a Chiara che ci racconta come si vive oggi. A 50 ANNI DALL’INTER MIRIFICA E 2 ANNI DEL NOSTRO SETTIMANALE KAIRE

2 anni di

Conosco le tue sofferenze!

Sensazionalismo Gli auguri del Vescovo di Ischia per il Natale 2015. Un’occasione giornalistico: per ricordarci che Gesù ci osserva, ascolta e conosce le nostre disinformazione sofferenze, ma è sceso per liberarci. o necessità? Di don Carlo Candido Direttore Ufficio Comunicazioni Sociali

Lagnese: “Contagiati dalla tenerezza del Natale annunciamo e testimoniamo la Misericordia”!

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ra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, l’ingegno umano è riuscito, con l’aiuto di Dio, a trarre dal creato, la Chiesa accoglie e segue con particolare sollecitudine quelle che più direttamente riguardano le facoltà spirituali dell’uomo e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta di notizie, idee, insegnamenti». Con queste parole, cinquant’anni fa, iniziava il cammino della Chiesa nel mondo della comunicazione sociale. Esse sono, infatti, espressione piena della volontà dei padri conciliari di permettere alla Chiesa di interagire con l’umanità per mezzo di strumenti nuovi e capaci di diffondere la Parola di Dio in maniera veloce e globale. Il viaggio della Chiesa nel mondo della comunicazione sociale non si è mai arrestato fin dalla promulgazione del decreto Inter Mirifica il 4 Dicembre 1963 per opera di Papa Paolo VI. Da allora, infatti, molteplici sono state le iniziative in questo campo e diversi sono stati gli uffici preposti ai rapporti con la stampa, la radio, l’informazione, la televisione e

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Presepe esposto in Cattedrale a cura di Pasquale Di Massa, Luigi Amalfitano e Michele Di Meglio in collaborazione con i papà e i giovani di Ischia Ponte

IL VESCOVO INCONTRA I SINDACI

GIUBILEO DELLA MISERICORDIA

FAMIGLIE E ANNO SANTO

è NATALE, UN BIMBO NASCE

Scambio di auguri con i primi cittadini ma anche un modo per trovare soluzioni per preservare il nostro territorio.

Parte da oggi una rubrica sulla Misericordia e il Concilio che ci accompagnerà lungo l’anno santo.

Dal 3 gennaio ad Ischia le reliquie dei coniugi Luigi e Zelia Martin, la prima coppia santa del nostro tempo.

Gesù in spiaggia come un migrante. Così il Presepe di Salvatore Ronga allestito lungo il Corso d’Ischia.


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La Voce di Pietro 26 dicembre 2015

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Messaggio del Vescovo Pietro per il Santo Natale 2015

Conosco N Giovedì 31 dicembre alle ore 9.30 in cattedrale ci sarà la messa di fine anno con canto di ringraziamento Te Deum, presieduta dal vescovo Pietro Lagnese. La celebrazione sarà trasmessa in diretta da Teleischia.

Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia Proprietario ed editore COOPERATIVA SOCIALE KAIROS ONLUS

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on so perché ma pensando al Natale e ai racconti della nascita di Gesù riportati nei vangeli, più volte quest’anno mi viene di andare con la mente ad una pagina della Bibbia che leggiamo nel libro dell’Esodo. La conosciamo un po’ tutti ma ancora di più è cara e familiare ai nostri fratelli ebrei. È la pagina detta della vocazione di Mosè! Mosè era scappato dall’Egitto perché lì non era più possibile vivere per lui: era finito il tempo delle “vacche grasse” e ora il faraone voleva addirittura farlo uccidere! Con una grande ribellione nel cuore, pur di salvare la pelle, era stato costretto ad emigrare! Aveva lasciato ogni cosa in Egitto e ora toccava… ricominciare: trovare un lavoro e mettere su famiglia! E, in qualche modo, sopravvivere! In fondo per lui era andata anche bene! Ora faceva il pastore e si era pure accasato! Per il suo popolo, invece, schiavo e maltrattato, ridotto ad impastare fango, paglia e lacrime, i guai sembravano destinati a continuare. Chi legge mi dirà: bella la storia di Mosè; la conosco! Ma che c’entra questa con il Natale? Intanto, come nel vangelo di Luca, anche qui si parla di pascoli e di armenti, di angeli e di pastori. Inoltre anche per Mosè c’è un fatto che lo sorprende mentre sta pascolando il gregge di Ietro, suo suocero! Un fatto davvero particolare, proprio come quello che avrebbe visto protagonisti i pastori

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La Voce di Pietro

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le tue sofferenze! in quella notte di Natale. Attraversando il deserto, era arrivato con il bestiame al monte di Dio, l’Oreb, quando ”l’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava” (Es 3, 2). Ai pastori della Giudea “che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge”, più o meno accadde la stessa cosa: “Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce” (Lc 2, 8-9). Alla vista del roveto che ardeva senza consumarsi, Mosè, come attirato da un irresistibile stupore, decise: “Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo” (Es 3, 3). Così pure i pastori, che andarono, senz’indugio, alla grotta: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc 2, 15). Arrivati alla grotta loro non trovarono il roveto ardente, ma in quel bambino, adagiato nella mangiatoia, dovettero vedere molto di più! Una scena semplice, tutto sommato normale, benché annunciata da un angelo e anticipata da altri spiriti celesti; ma per loro quella visione fu una vera manifestazione di Dio, un’esperienza di luce, un reale Avvenimento, tanto che “se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro” (Lc 2, 20). Quel Bambino era lo stesso che nel roveto aveva parlato a Mosè! Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ora si faceva vedere, si mostrava senza veli e, proprio da loro, da dei poveri pastori! E non era una visione! Quel Dio era venuto ad abitare la nostra terra; a stare con noi! Veramente! Anzi, era diventato come noi! Uomo come noi! Carne della nostra carne! E il motivo vero, profondo di quella venuta era già in quelle parole

che il Signore aveva pronunciato a Mosè: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele (…). Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono” (Es 3, 7-9). Dio è solidale con noi! Per questo viene! E viene a liberarci! Secondo un racconto ebraico, ripreso anche da alcuni padri della Chiesa, Dio appare a Mosè, nel roveto, tra le spine, per dire che Lui partecipa ai nostri dolori e condivide le nostre sofferenze! Davanti al presepe contemplo il Bambino Gesù nella mangiatoia e sento che mi dice: Ho osservato la tua miseria…ho udito il tuo grido…conosco le tue sofferenze…sono sceso per liberarti…per portarti in una terra che è santa perché abitata da me! Che bello! - rispondo - Dio conosce le mie sofferenze! E se ne fa carico! E mi tornano alle mente le parole del Salmo: “I passi del mio vagare tu li hai contati, le mie lacrime nell’otre tuo raccogli; non sono forse scritte nel tuo libro?”(55, 9). Mi tolgo i sandali, mi metto in ginocchio e gli dico: Grazie, Gesù! Sei venuto per me! La Misericordia si è fatta carne! Lo devo dire al mondo! Anch’io! Come Mosè! Come i pastori! Contagiati dalla tenerezza del Natale annunciamo e testimoniamo la Misericordia! Santo Natale 2015 + Pietro Lagnese Vescovo di Ischia

Sul sito www.chiesaischia.it trovate il videomessaggio del Vescovo Lagnese per il Santo Natale 2015


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In Diocesi 26 dicembre 2015

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Gli auguri del vescovo ai sindaci dell’isola Sabato 19 dicembre in Episcopio lo scambio degli auguri natalizi Di Filomena Sogliuzzo

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l tempo del Natale si sa’, è tempo di riti, scambiarsi gli auguri è uno dei più praticati ed è tra quelli che possono rinsaldare i rapporti o crearne di nuovi e duraturi. In questo spirito di reciprocità e accoglienza, il 19 dicembre scorso in Episcopio, si è svolto il consueto scambio di auguri natalizi tra Mons. Lagnese, i membri dell’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro con il direttore don Gaetano Pugliese e i rappresentanti delle municipalità ischitane. L’incontro è stato amichevole e per questo motivo è andato oltre il mero formalismo toccando in un confronto aperto e sincero, le molte ferite del nostro tessuto socio-economico, ferite che rischiano la cancrena se non si metterà mano alla cura. Prendendo spunto dall’Enciclica “Laudato SI” - documento sintesi con cui si è espressa quest’anno la dottrina sociale della Chiesa - dove il Papa chiede a chiare lettere una “conversione ecologica globale”, l’agronomo Franco Mattera in un’accorata disamina, ha sottolineato le criticità dell’isola d’Ischia, ad esempio l’abbandono e l’incuria di gran parte del territorio, l’inquinamento del mare e le responsabilità di quanti hanno raccolto frutti economici immeritati depauperando senza alcuna lungimiranza le nostre risorse naturali. Non un atto di accusa però, ma la richiesta a chi ci amministra di tracciare solchi che vadano verso la salvaguardia dei beni comuni e l’auspicio che l’amore per la nostra terra possa generare una comunione d’intenti efficace ed operativa tra i comuni dell’isola. Nella libertà generata dal contesto amichevole, anche i sindaci hanno espresso le loro difficoltà ad amministrare, perché da una parte sono avviluppati in un groviglio di norme da applicare per poter compiere un qualunque atto pubblico, dall’altra sono scoraggiati dallo scarsissimo interesse degli ischitani nella fase propositiva dell’azione politica. Giusto disappunto è stato espresso nei confronti di quella parte di cittadinanza assopita e disattenta che mentre è incapace di intraprendere


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In Diocesi

26 dicembre 2015

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battaglie di civiltà come quella a sostegno del servizio sanitario, si ribella alla chiusura del traffico nei centri cittadini o continua a gettare i rifiuti per strada vanificando di fatto i tentativi di offrire a tutti uno stile di vita più adeguato ad un’isola che vive di turismo. Il mondo giovanile è l’elemento di maggior delusione, pigro e incapace di intercettare le nuove sfide proposte dal mercato, disinteressato alla formazione culturale e civile. Indubbiamente c’è di che scoraggiarsi! Naturalmente ci sono molte eccezioni, e queste sono di conforto ed esempio. Tanti giovani isolani sono impegnati in esperienze lavorative o di studio in Italia e all’estero e anche ad Ischia sono nate associazioni e cooperative che sono un fiore all’occhiello per l’isola. E’ indispensabile però, continuare a proporre sinergie tra tutte le forze in campo, in primo luogo le istituzioni, la scuola, la Chiesa. A conclusione della mattinata il saluto e gli auguri del nostro Vescovo che ha sottolineato come “l’impegno civile ci interpella tutti. Abbiamo visto la folla straordinaria per l’apertura dell’Anno Giubilare della Misericordia in Cattedrale, qualcuno mi faceva notare che se una parte di quella gente vivesse una coscienza civica più forte, molte cose potrebbero cambiare. Quindi sento che anche la chiesa isolana deve domandarsi che tipo di coscienza stiamo promuovendo nei nostri cristiani, i quali a volte possono pensare che basta adempiere a certi riti per potersi sentire a posto. Mi piace ed è bella, l’idea che ho colto tra voi sindaci di voler lavorare insieme, è la grande carta su cui investire perché un comune solo può fare ben poco. Ischia invece, se tutti insieme ci lavoreremo, può diventare un modello da esportare nel mondo. La chiesa prega per gli amministratori, sappiamo quanto faticoso e stressante possa essere il vostro compito, perciò vi assicuro il nostro sostegno e la nostra vicinanza”. Prima di congedarci, Mons. Lagnese ha consegnato ai presenti una copia della “Laudato Si”, un dono da studiare e meditare perché in esso è suggerita la cura che può guarire Ischia dalle tante ferite che le abbiamo inferto. Andrea Di Massa

La sfida dei sindaci dell’isola per il Creato Contributo della Commissione della Pastorale Sociale e della Custodia del Creato per l’incontro natalizio fra i sindaci dell’isola e il vescovo Pietro

Di Francesco Mattera

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ambiente non può e non deve essere diviso da steccati, o imbrigliato dall’uomo in compartimenti stagni. Ogni tentativo di dividere il mare dalla terra, le colline dalle pianure, i boschi e le foreste dalle praterie, il suolo dal sottosuolo, si scontra con il disegno e con il vero obbiettivo della custodia del Creato. Tutto quello che di buono, di bello e di santo si fa per un qualsiasi intorno, o, al contrario, di cattivo e dannoso, produce frutti di uguale segno su tutto il resto. L’errore più comune è quello della non coscienza tempestiva o della sottovalutazione di aspetti e fenomeni che poi nel lungo periodo danno effetti negativi sull’ ambiente. Oggi tutti siamo chiamati ad una grande sfida, prendere coscienza dell’attenzione che abbiamo il dovere di prestare a tutte le manifestazioni del Creato. Per la nostra terra di Ischia, ad esempio, non si può pensare di curarsi del mare, trascurando gli ambienti terrestri, e viceversa. Una sfida importante impone un impegno ancora più importante. L’impegno di una entità in un tempo (un sindaco ad esempio, o una generazione, o una classe dirigente ) deve essere visto come il primo solco del contadino, che non sa se domani potrà tracciare il secondo solco e quelli successivi, ma sa per certo che se non lui, un altro al suo posto traccerà i nuovi solchi, senza interrare nuovamente quelli già tracciati , così da poter seminare tutto il campo, da cui raccogliere poi frutti copiosi, per il bene comune. Il Creato, l’ambiente: la vera grande ricchezza della nostra isola! Occorre dispiegare una politica saggia, lungimirante, accorta, piena di buona volontà e di tenace perseveranza per assicurare alle future generazioni un territorio dove l’uomo possa trovare la gioia piena ed il sano godimento della vita. Come la politica oggi può pensare al bene futuro della nostra isola? Prendendo coscienza dei guasti che si sono stratificati nel tempo e pianificando azioni virtuose che possano dare respiro al Creato, imprimere una forza rigeneratrice, così affiancando Dio nella Creazione stessa. Se il Cre-

ato è avvilito, mortificato, non lo si può custodire avvilito e mortificato (nessuno custodisce gelosamente una cosa rotta, o non funzionante, o non più bella!) ma occorre che noi tutti si corra in suo soccorso per togliere i segni dei guasti, per lenire gli stigmi della mortificazione, e così far rilucere la bellezza primigenia della creazione. Come pure è necessario, in taluni casi, allentare la morsa che costringe il Creato ad una condizione innaturale in modo che il Creato stesso possa riemergere in tutto il suo equilibrio e splendore. Sindaci del bene comune e della buona politica fanno risorgere la nostra terra di Ischia. E’ un augurio per voi sindaci del nostro tempo, ma anche una Speranza per il futuro. Voi sindaci del nostro tempo avete l’opportunità di aprire questo solco ideale. Lascerete il testimone ai vostri successori, è ineludibile, ma siatene contenti se ciò va nella direzione del bene comune. Un sindaco del passato di Ischia coniò lo slogan “ISCHIA GIARDINO D’EUROPA”, non riuscì in quel disegno. Ma resta l’idea. E altri possono sposare quell’idea. E farla evolvere in senso più ampio. Ma pensateci un attimo: cosa ci manca per far divenire Ischia un grande giardino, un Eden meraviglioso che apre le porte alle persone, a noi ischitani ed ai nostri ospiti. Non pensate alle cose che fanno negli emirati arabi! Pensate solo al dono meraviglioso che abbiamo ricevuto dal Creatore. Al clima dolcissimo, alla terra fertile, ai nostri paesaggi, alla strabiliante biodiversità che il mondo ci invidia, alle nostre terre coltivate, alle nostre genti, ai contadini infaticabili e laboriosi. Diamo l’opportunità a tutto ciò di ritornare a nuova vita anche nel cambiamento, il buon cambiamento , sano e positivo, rispetto al passato. Oggi le nostre colline sono preda degli incolti dove più facilmente cammina il fuoco devastante dei piromani. I nostri agricoltori sono scoraggiati o attratti da altre prospettive, i giovani sono in balia delle incertezze e delle mode, non trovano nella nostra terra la traccia per il loro futuro. Diamogliela questa traccia! Facciamo del nostro territorio una grande opportunità! Le nostre colline non devono necessariamente essere tutte nuova-

mente coltivate: laddove questo non è possibile, pensiamo all’alternativa naturalistica: troviamo in modo di farle divenire o ridiventare boschi, castagneti, aree a macchia mediterranea. Mettiamo i giovani, anche i giovani immigrati insieme ai nostri giovani, in questa impresa. A lavorare in questo scenario, per vivere di queste cose. Stimoliamo la voglia di fare le cose insieme, superando gli atavici egoismi e le passività comportamentali che non hanno permesso ad esempio lo sviluppo della cooperazione sulla nostra isola. Un esempio è stato il fallimento della cantina sociale, ma anche di altre piccole cooperative di servizi nate negli anni novanta. Voi sindaci dovete fare queste cose! E laddove è possibile l’agricoltura, apriamo la strada a chi è votato a questa nobile attività! Non creiamo ostacoli fittizi, e se gli ostacoli vengono dalla burocrazia, lottate e lottiamo contro la burocrazia ottusa. Non siano, i sindaci , arrendevoli di fronte ad ostacoli che si frappongono al sano sviluppo del territorio! Facciamo in modo che i nostri agricoltori trovino non solidarietà, ma vicinanza solidale negli operatori turistici che chiederanno ai primi di produrre frutta, ortaggi, erbe aromatiche, vini di qualità, conserve, fiori, e tanto altro ancora, per i loro turisti. Dovranno parlare tra di loro, confrontarsi, e integrarsi, fare in modo che quello che è buono, desiderabile e di valore per una categoria, lo diventi anche per le altre: agricoltori, artigiani, allevatori, giovani impegnati nella cura del territorio, volontari, e quanti altri scelgono di rimanere su questa nostra terra di Ischia. Forse, se si immagina di avviarsi in un simile cammino, i sindaci, voi sindaci di questo tempo, e gli altri che vi seguiranno guidati dal vostro esempio, non rappresenteranno un’utopia. Ma la Speranza fattasi concretezza. Un poeta e filosofo francese del passato – Charles Peguy –diceva che delle tre virtù teologali, la Speranza è come una giovinetta gaia che tiene per mano le due sorelle maggiori: Fede e Carità. E sosteneva grosso modo questo: può esistere mai la Fede senza la Speranza? E si può mai fare la Carità senza nutrirla con la Speranza? Lascio a voi tutti su questa riflessione.


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In Diocesi 26 dicembre 2015

Di Isabella Marino - quischia.it

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er tanti anni sono stati loro a organizzare, preparare e accogliere in occasione delle principali festività dell’anno. Prima fra tutte il Natale, quando spalancavano le porte per il classico pranzo e per lo scambio di auguri. Andava così, finché hanno avuto una casa. Fino a quel giorno funesto di luglio in cui da Villa Orizzonte partì prima il furgone con i materassi e dietro loro, i dieci residenti, portati fuori con la scusa di una passeggiata verso un futuro che sarebbe stato una condanna. E da allora, un anno e mezzo fa, non ce l’hanno più avuta una casa. E neppure un Natale come lo conoscevano, come erano abituati a festeggiarlo, in semplicità ma con gioia e serenità. E quella casa ancora non c’è. E non ci sono né lo spazio né a serenità per organizzare la festa di Natale di una volta. Ma lo spazio per l’abbraccio del Vescovo (a cui li aveva abituati Padre Filippo Strofaldi) e degli amici e per uno scambio affettuoso di auguri c’è stato lo stesso, giovedì 17 dicembre, per i residenti della “c’era una volta Sir”, come l’ha felicemente definita Padre Pietro Lagnese, e gli utenti di quel che resta della Salute Mentale isolana, accompagnati dagli operatori loro angeli custodi. Era stato il Vescovo Lagnese a manifestare la volontà di celebrare una Messa in memoria di Giovan Giuseppe, uno dei residenti Sir recentemente scomparso a Napoli. E quando è stata fissata la data per la celebrazione, il Comitato di Cittadinanzattiva ha deciso di fare il punto delle iniziative adottate in quest’anno, per ottenere il ripristino dei servizi della Salute Mentale negati, a cominciare dalla Sir. E poi, data la presenza di utenti e operatori alla Messa per Giovan Giuseppe, che ha lasciato un bel ricordo con il dolore per la sua perdita nella famiglia della Sir, è venuto da sé concludere l’incontro con una festicciola natalizia nell’Episcopio, che negli anni sereni aveva ospitato alcune edizioni del Presepe Vivente di Villa Orizzonte. Mercoledì, il COMITATO DI CITTADINANZATTIVA ha provveduto a protocollare presso tutti i Comuni e la sede dell’Asl una richiesta a organizzare una CONFERENZA DEI SERVIZI SUI SERVIZI DELLA SALUTE MENTALE DELLE ISOLE. “Sappiamo che non siamo un soggetto abilitato a promuovere la conferenza – ha precisato l’avvocato LUCIANA ZABATTA alla conferenza stampa – ma la nostra è appunto una sollecitazione alle istituzioni preposte, affinché avvii-

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“C’era una volta la sir” Il vescovo Lagnese accoglie i “pulcini sperduti” della sir: “Ognuno faccia la sua parte per questi fratelli”

no un tavolo di confronto al quale vorremmo offrire la nostra collaborazione per trovare una soluzione ai problemi, come abbiamo cercato di fare un anno fa con la ricerca di una sede alternativa per la Sir, con buoni risultati che l’Asl non prese in considerazione”. L’avvocato ha anche ricordato il ricorso, presentato dal Comune d’Ischia e supportato dal Comitato contro la delibera dell’Asl che ha cancellato la Sir a Ischia, perchè fu adottata senza aver consultato i Comuni, come prevedono le norme. Presente all’incontro in Episcopio, il vicesindaco d’Ischia

ENZO FERRANDINO ha assicurato che si farà “parte diligente” presso le altre istituzioni interessate per dare corso alla richiesta della conferenza dei servizi. Intanto, la realtà quotidiana degli utenti della Salute Mentale ridotta in macerie resta in emergenza. Una situazione di carenza di riferimenti, di disagio e solitudine per pazienti e famiglie che ha ben messo in evidenza ANTONIETTA MANZI, ricordando che il Comitato continuerà a svolgere un ruolo di sprone e di supporto per uscire da questa condizione. Che s’inquadra, come ha sot-

tolineato il presidente del Comitato SALVATORE CENATIEMPO, in “un clamoroso deterioramento del sistema sanitario a Ischia, dove ben nove servizi territoriali sono in crisi. “CHIEDIAMO ai Sindaci – ha detto Cenatiempo – di farsi carico in modo forte e unitario del problema, alle AMMINISTRAZIONI DI FARE UN’AZIONE FORTE NEI CONFRONTI DELL’ASL”. Il VESCOVO PIETRO ha ribadito il suo “SOSTEGNO AL COMITATO, che in un clima di grande indifferenza, è stato l’unica voce forte che si è alzata in difesa dei nostri fratelli”. E il presule, dal canto suo, ha dato voce a ciò che tutti quelli che hanno conosciuto Giovan Giuseppe e la sua storia pensano: “Non sappiamo se in condizioni diverse avrebbe potuto vivere di più, ma non è stato bello né dignitoso farlo morire così. Questo ci deve inquietare e deve mettere in tutti noi una voglia profonda di riscatto”. Nel ricordare che “Dio è dalla parte dei poveri e degli ultimi”, ha aggiunto: “TUTTI NOI DOBBIAMO FARE FINO IN FONDO LA NOSTRA PARTE. DOBBIAMO FARE DI PIU’ TUTTI”. Altre parole, forti e toccanti, ha speso poi nell’omelia: “Ci sono state TANTE INADEMPIENZE IN QUESTA STORIA DELLA SIR, auguriamoci che non si ripetano. Dobbiamo fare tutti la nostra parte, a cominciare da chi è pagato per prendersi cura di queste persone”. A sintetizzare lucidamente e nel modo più efficace la sofferenza di questi mesi è stata, e non è la prima volta, ELENA. “Stavamo a Villa Orizzonte, poi a Casamicciola, poi accà allà allà allà…Non ce la faccio più, mi hanno levato la casa, mi hanno levato tutto. Sono una cristiana, ho sofferto tanto in passato e questi ti mandano allà, allà, allà…Voglio stà calma, tranquilla e serena. Non ce la faccio più”. E c’è chi, come Giovan Giuseppe, non ha resistito a tutto questo nuovo, improvviso dolore. Per fortuna, almeno per qualche ora, gli utenti della Sir, delle altre case famiglia e del Centro diurno hanno ritrovato un briciolo di quella tranquillità perduta. Abbracciati con affetto dal Vescovo, dai componenti del Comitato e dagli amici di sempre, che non li hanno certo abbandonati nei momenti della difficoltà. E che sono decisi a continuare una battaglia di giustizia, per il rispetto del diritto alla salute. Perchè questo sia l’ultimo Natale senza casa e radici per i residenti della “c’era una volta Villa Orizzonte”.


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Comunicazioni Sociali

26 dicembre 2015

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Continua da pag. 1 la formazione comunicativa, tra cui il principale è il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Papa Francesco per celebrare la 50a Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, l’unica giornata mondiale stabilita dal Concilio Vaticano II, che si celebra nel 2016, ha scelto come tema “Comunicazione e Misericordia: un incontro fecondo”. Senza dubbio, il Santo Padre ha voluto che la Giornata Mondiale offrisse una occasione propizia per riflettere sulle sinergie profonde tra comunicazione e misericordia. Nella Bolla di Indizione dell’Anno Giubilare, al numero 12, il Papa afferma infatti che “La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona” e, allo stesso numero, il Papa aggiunge: “Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre”. La nota ricorda, a questo proposito, che ci situiamo nel contesto di una comunicazione che è momento costitutivo di una promozione della cultura dell’incontro. Il Papa in questa occasione fa riferimento al linguaggio e ai gesti della Chiesa, ma nella prospettiva indicata, ogni uomo e donna di oggi, nella propria

comunicazione, devono essere animati da una profonda dimensione di accoglienza, di disponibilità, di perdono. Il tema evidenzia che una buona comunicazione può aprire uno spazio per il dialogo, per la comprensione reciproca e la riconciliazione, permettendo che in tal modo fioriscano incontri umani fecondi. In un momento in cui la nostra attenzione è spesso rivolta alla natura polarizzata e giudicante di mol-

In un epoca dove il mondo dell’informazione cartacea attraversa un periodo di crisi, i titoli che si vedono sulle prime pagine dei giornali rappresentano l’essenza del delicato momento dell’informazione italiana. La necessità di fare notizia e di vendere il più possibile porta spesso a mistificare gli avvenimenti, “modificandoli” in base alle esigenze, il termine “disinformazione” o anche “sensazionalismo” potrebbe però non essere il più adatto ad

ti commenti sui social network, il tema vuole concentrarsi sul potere delle parole e dei gesti per superare le incomprensioni, per guarire le memorie, per costruire la pace e l’armonia. Ancora una volta, Papa Francesco, aiuta a riscoprire che al cuore della comunicazione vi è soprattutto una profonda dimensione umana. Comunicazione che non è solo un’attuale o aggiornata tecnologia, ma una profonda relazione interpersonale.

indicare questo fenomeno, perchè la necessità di fare notizia e quindi di vendere, porta anche a scelte come queste, forse discutibili sul piano etico, ma assolutamente ineccepibili su quello della vendita. Bisognerebbe forse concentrarsi sul fatto che la gente spesso compra i giornali solo se vede titoli altisonanti (e spesso lo sono perchè “gonfiati”), sembra non esserci più quel bisogno di informarsi che dovrebbe essere invece alla base della società.

Bisognerebbe prima pensare che forse il problema principale non sono i giornalisti o i giornali stessi, ma chi (non) li legge. Bisognerebbe smetterla con la malafede, il partito preso e, per dirla tutta, la disinformazione. Il nostro Settimanale Diocesano Kaire, che nel giorno di Natale spegne 2 candeline, ha fatto da subito una scelta culturale coraggiosa: FARE NOTIZIA PER COMBATTERE LA DISINFORMAZIONE. Fare Notizia Vera! Fare Notizia bella! Fare notizia non aggressiva! Fare Notizia Buona! Anche quest’anno nella notte di Natale ascolteremo le parole che furono rivolte ai pastori: “Non temete: ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di David, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,10). Questa bella notizia nel suo contenuto essenziale ci raggiunge sempre, anche se noi la riceviamo nelle condizioni, spesso in profondo e vistoso cambiamento, in cui ci troviamo personalmente e comunitariamente. Questo resta sempre e può essere, se lo vogliamo, la nostra gioia vera e duratura. È questo il contenuto più bello che possiamo dare all’augurio “Buon Natale” che ci scambiamo in questi giorni di festa. Questo auguro cordialmente a tutti, dicendo a ciascuno di voi “Buon Natale”, vostro don Carlo.


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Famiglie & Anno Santo 26 dicembre 2015

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“OGGI LA MISERICORDIA È ENTRATA IN QUESTA CASA” (CF. LC 19,9)

Peregrinatio diocesana delle reliquie dei santi coniugi

Dalla Redazione

è

stato annunciato che dal 3 gennaio al 13 febbraio 2016 avremo la gioia di ospitare nella nostra diocesi le reliquie dei santi coniugi Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresa di Lisieux! Come è nata questa iniziativa? “E’ nata dalla nostra partecipazione, insieme a don Pasquale Trani (responsabile diocesano e regionale della pastorale familiare), ad una festa di ringraziamento per la canonizzazione dei Martin (18/10/2015), i primi santi coniugi dell’era moderna, tenutasi ad Angri, a cura della “Fraternità di Emmaus”, una associazione di stampo familiare che ha tanto sposato la spitirualità coniugale dei Martin, al punto da dedicare loro una cappella, primi al mondo! Ebbene, da quel viaggio siamo tornati convinti che, come sta avvenendo in altre diocesi, era importante non lasciare cadere nel dimenticatoio tutto il lavoro diocesano di coinvolgimento di tante famiglie e singoli operatori pastorali, avvenuto nei primi mesi del 2015, quando, invitati da papa Francesco e dal vescovo Pietro, abbiamo messo a fuoco i temi dell’imminente sinodo dei vescovi sulla famiglia”. Ha senso oggi “portare in giro” delle reliquie? “Una peregrinatio, seppur possa sembrare anacronistica, ci mette in condizione di avvicinare in modo vivo, palpabile con dei nostri fratelli e sorelle nella fede che ci hanno preceduto nella storia e che hanno qualcosa di importante da consegnarci, un messaggio di speranza, che ovviamente dobbiamo saper declinare con le nostre situazioni di vita”. Perché proprio le reliquie dei Martin? “Luigi e Zelia sono stati canonizzati da Papa Francesco lo scorso 18 ottobre, proprio mentre si svolgeva il sinodo dei vescovi sulla famiglia e nella ricorrenza della giornata missionaria mondiale. Non ci sembra affatto un caso! Francesco ha voluto sottolineare attraverso di loro la missionarietà specifica della famiglia e dei coniugi in particolare. E’ un qualcosa che fa ancora fatica nella Chiesa a comprendersi e forse gli stessi coniugi non hanno del tutto preso coscienza della loro chiamata alla santità proprio attraverso la via matrimoniale. Luigi e Zelia Martin, in questo senso, hanno tanto da comunicare. Erano persone semplici e la loro santità nasce vive nel contesto di una normale famiglia, fatta di quelle opere e situazioni che appartengono alla vita coniugale e familiare. Niente di eccezionale, almeno in apparenza. La loro esperienza chiama in causa tutti. Le lettere di Zelia illustrano assai bene cosa vuol dire farsi santi, esercitando le virtù – fede, speranza e amore – nel quotidiano. La vita della famiglia Martin è piena di impegni e di preoccupazioni, intessuta di gioia, sospensioni e sofferenze. In tutto questo i santi coniugi non staccano mai lo sguardo da Dio. Luigi e Zelia sono diventati santi non “malgrado” il matrimonio, ma attraverso e con il matrimonio”! Il titolo della peregrinatio è: “Oggi la misericordia è entrata in questa casa”. Perché? “E’ un titolo che è stato mutuato dal famoso episodio della conversione di Zaccheo, un signorotto del paese di Gerico, che al passaggio di Gesù, Lo accoglie in casa e la sua vita cambia radicalmente (cf. Luca 19, 1-10). Ci sembrava bello coniugare il

Luigi & Zelia Martin Domenica 3 gennaio Sabato 13 febbraio 2016 Un’intervista ai coniugi corresponsabili dell’Ufficio diocesano di pastorale familiare e vita, Raffaella Mattera e Antonio Di Leva tema della misericordia che sta al centro dell’anno santo, con la casa, simbolo della famiglia e di una rinnovata gioia che solo da Gesù possiamo accogliere”. Pensate che le famiglie di Ischia siano pronte ad accogliere in casa sia le reliquie che il messaggio annesso? “La “Fraternità di Emmaus” ci sta già coadiuvando nel cammino di preparazione a cui seguirà la loro presenza settimanale lungo lo svolgimento della peregrinatio. Abbiamo tenuto con le loro coppie già un primo incontro per illustrare ai coniugi referenti parrocchiali della famiglia la portata spirituale dell’evento… Ora stiamo “attrezzandoci” per organizzare una novena di preparazione che le famiglie che ospiteranno le reliquie in casa e quelle che vorranno in qualche modo associarsi a loro, sono chiamate a svolgere. E’ stato predisposto un apposito libretto per questa novena in modo che, attraverso la preghiera e gli scritti dei Martin, le famiglie possano già mettere a fuoco i temi che hanno a che fare sia coi Martin che con tutte le famiglie del mondo: la vita e i rapporti coniugali, l’educazione dei figli (i Martin ne ebbero nove!), la sofferenza e la malattia, il lavoro e l’economia…” Come è strutturata la peregrinatio, chi sono gli artefici? “Le reliquie passeranno in alcune case delle nostre famiglie, disseminate in tutte le parrocchie della nostra diocesi che stanno aderendo all’iniziativa. Novità di questa sorta di “mini-missione” della famiglia è che i primi soggetti che si fanno missionari della famiglia sono proprio i coniugi! Siamo noi che abbiamo ricevuto il dono del sacramento del matrimonio e – grazie al gran lavoro che in questi ultimi anni stanno facendo sia l’ufficio di pastorale familiare che tanti movimenti e associazioni, nonché il Cammino neocatecumenale – senza ovviamente dimenticare il fondamentale input degli ultimi pontefici e vescovi diocesani, stiamo prendendo sempre più coscienza della uguale dignità del sacramento del matrimonio rispetto all’Ordine sacro. Il fatto è che lo sapevamo in via teorica. Ora è il momento di passare alla prassi pastorale, dove appunto i coniugi si fanno artefici di un messaggio che va verso altri coniugi. Sono proprio le coppie referenti parrocchiali della pastorale familiare che in questi giorni, in stretta collaborazione col parroco e con l’ufficio diocesano, stanno predisponendo l’accoglienza nelle case prescelte… Non siamo abitua-

ti ad avere un ruolo dinamico in quanto coppia nelle parrocchie e nella pastorale in genere, ma ci sembrava che dopo tanta formazione ricevuta nei mesi e anni scorsi, fosse giunto il momento di iniziare a muoverci”. Quali sono le vostre aspettative? “Speriamo che nei gironi stabiliti le parrocchie respirino aria familiare e soprattutto le case diventino piccole “chiese domestiche”, dove si vivranno dei momenti semplici e intensi di spiritualità familiare aperti ad altre famiglie. Siamo certi che il “passaggio” nelle nostre case di questi santi sia un dono grande per tutti, proprio come disse nell’omelia del giorno della beatificazione il Card. Saraiva Martins: “Luigi e Zelia sono dono per i giovani fidanzati, per il coraggio mostrato obbedendo alla Chiesa anche quando questa domandava di andare controcorrente, controtendenza. Dono per gli sposi di qualsiasi età per la stima, il rispetto e l’armonia con i quali si sono amati reciprocamente per 19 anni. Dono per i genitori per l’abnegazione evangelica con la quale, di comune accordo, vollero numerosi figli da offrire al Signore. Dono per gli educatori perché hanno rispettato e saggiamente guidato la scelta vocazionale delle loro figlie.” Potete darci qualche anticipazione sul calendario della manifestazione? “Dopo questa fase preparatoria e la recita in famiglia della novena - fondamentale per comprendere e accogliere la grazia dei santi Martin - la peregrinatio inizierà ufficialmente domenica 3 gennaio prossimo, in cattedrale, con una solenne Celebrazione Eucaristica, presieduta dal vescovo di Ischia, padre Pietro Lagnese, alle 18.30. Le famiglie della “Fraternità di Emmaus” consegneranno a noi i reliquiari che gireranno per le quattro zone pastorali della Diocesi e al termine della Messa il Vescovo a sua volta li porrà nelle mani di quattro famiglie che rappresenteranno i decanati. Le reliquie saranno presenti in ogni caso in tutte le iniziative diocesane durante il loro permanere a Ischia, ad iniziare dall’incontro-festa per i bambini 0-5 anni e loro genitori (sabato 9 gennaio)… Chiuderemo la peregrinatio sabato 13 febbraio, sempre in cattedrale, con la celebrazione del giubileo delle famiglie, nei primi vespri della prima domenica di quaresima e della festa di san Valentino, patrono degli innamorati. Non a caso per quell’ occasione saranno invitati in modo speciale anche i fidanzati”. * Nel prossimo numero di Kaire il calendario dettagliato.


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Giubileo Misericordia della

9 26 dicembre 2015

RUBRICA

Inauguriamo una rubrica che ci accompagnerà lungo l’anno santo sui temi del Concilio Vaticano II e la categoria della misericordia, posta da papa Francesco al centro del giubileo.

Di don Pasquale Trani Delegato vescovile per la pastorale

1.

Il Concilio e la Chiesa di oggi Giovanni Paolo II, nella Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, ha affermato che il Concilio è “la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX” (n. 57). Papa Francesco ha scelto l’8 dicembre 2015 quale data d’inizio del Giubileo straordinario della misericordia: “Ho scelto la data dell’8 dicembre perché è carica di significato per la storia recente della Chiesa. Aprirò infatti la Porta Santa nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo. Una nuova tappa dell’evangelizzazione di sempre. Un nuovo impegno per tutti i cristiani per testimoniare con più entusiasmo e convinzione la loro fede. La Chiesa sentiva la responsabilità di essere nel mondo il segno vivo dell’amore del Padre.” Così si è espresso nella bolla d’indizione (Misericordiae vultus, 4) per spiegare la voluta contiguità dei due eventi, concilio e giubileo. Con papa Francesco ci stiamo rendendo conto che il termine misericordia ha un chiaro significato teologico oltre che spirituale, da coniugare con la visione di Chiesa descritta dal Concilio: “Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è

La Misericordia e il Concilio l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.” (MV, 2). Scopo di questa rubrica è approfondire due linee d’indirizzo. Oggi cominciamo a evidenziarne la prima. A distanza di cinquant’anni, il Vaticano II - secondo papa Francesco e non solo! – ha ancora tanto da “dire”, nel senso forte del termine, a tutta la Chiesa, forse di tutti i tempi! Infatti esso designa una Comunità che si ritrova, si pone in gioco rispetto alle questioni dei luoghi in cui vive, scruta i segni dei tempi e, con fiducia nell’assistenza dello Spirito Santo, dialoga con franchezza col mondo, riscoprendo di volta in volta la propria specificità. In una parola si fa “Chiesa in uscita”. Dove troviamo il fondamento teologico di questi atteggiamenti? Certamente nell’ Incarnazione del Figlio: nel momento in cui Dio ha voluto “far Natale” con noi, si è fatto uomo e quindi ha assunto la nostra umanità e il mondo. La Chiesa, come prosecuzione del divino, diventa il “luogo” dove Dio può incontrarsi e farsi conoscere a tutta l’umanità. Essa dunque è se stessa quando si apre al mondo e allo stesso tempo non si perde in esso, ma paradossalmente, proprio per questo suo farsi vicina ad ogni uomo e realtà temporale, diviene ancor più se stessa. Sembrerebbe un semplice gioco di parole che complessifica cose ormai acquisite. Ma probabilmente per Francesco le cose non stanno così. Ogni membro della Comunità cristiana è chiamato a misurarsi allora sulla capa-

cità di rimanere fedele a Dio e fedele all’uomo, dove può ritrovare le tracce del divino. Papa Francesco, in un’omelia nella cappella di Santa Marta (16/4/2013), ha definito il Vaticano II “un’opera bella dello Spirito Santo”, ma chiedendo subito dopo: “dopo cinquant’anni abbiamo fatto tutto quello che ci ha detto lo Spirito Santo nel concilio”, in continuità con quella “crescita della Chiesa che è stato il concilio?”. “No”, è stata la sua risposta. “Festeggiamo questo anniversario” — ha spiegato — quasi erigendo «un monumento» al concilio, ma ci preoccupiamo soprattutto “che non dia fastidio. Non vogliamo cambiare”. Anzi, ce n’è “di più: ci sono voci che vogliono andare indietro. Questo si chiama «essere testardi», questo si chiama voler «addomesticare lo Spirito Santo», questo si chiama diventare «stolti e lenti di cuore»”. Ha dunque invitato a “non opporre resistenza allo Spirito Santo”. Il Natale liturgico spinga anche noi tutti a “non opporre resistenze” a quella grazia di Dio che ancora una volta “è apparsa” e “porta salvezza (oggi potremmo dire “misericordia”) a tutti gli uomini” (cf Lettera a Tito 2, 11).


10 26 dicembre 2015

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L’INTERVISTA

Un’ischitana a Gerusalemme Chiara Sasso è nata e cresciuta ad Ischia, in zona Macello. Fin da piccola si è sempre impegnata attivamente in parrocchia e nelle varie attività della pastorale giovanile. Grazie all’insegnamento ricevuto dal catechismo e dalla famiglia, ha capito quanto sia importante donarsi agli altri. E così ha realizzato il suo sogno lavorativo che potesse farle vivere questo suo “dono” in ogni momento. Attualmente vive a Gerusalemme e per questo motivo le abbiamo fatto questa intervista, per capire cioè come si vive la nascita di Gesù in quei luoghi santi, ma allo stesso tempo martoriati

Di Lorenzo Russo e Silvia Pugliese

C

hiara, da quanto tempo ti trovi lì a Gerusalemme? Come mai? “Vivo a Gerusalemme da circa quattro anni e mezzo e lavoro per la Cooperazione Italiana allo Sviluppo (MAECI) nel settore Emergenza. Mi occupo di progetti di carattere umanitario in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e soprattutto nella Striscia di Gaza, nei settori Acqua, Salute e Protezione dei rifugiati e sfollati”. Con la minaccia dell’Isis e i problemi legati alle guerre di religione, come si vive questo periodo di Natale li da te? “Devo dire che nonostante si parli di IS anche qui, sono altre le ferite che da troppi anni continuano a lacerare questa terra, al punto che mi risulta spesso difficile chiamarla “santa”. Gerusalemme resta il crocevia di tre delle grandi religioni, per cui si assiste ad una commistione del tutto peculiare delle diverse tradizioni, Hanukkah per le persone di religione ebraica, la celebrazione della nascita del Profeta Maometto per i musulmani (che quest’anno corrisponde al nostro Natale) ed infine i Natali Cristiano e Ortodosso. Si respira aria di festa anche qui insomma, anche se devo ammettere che questo periodo viene vissuto dai Palestinesi Cristiani e Ortodossi in maniera più autentica e semplice di quanto non lo sia da noi”. Ti manca Ischia? “Mi capita soprattutto di sentire la

Un selfie con il Papà

Chiara e amici

Presepe allestito al Notre Dame a Gerusalemme

Il deserto di Wadi Rum in Giordania

Natale a Gerusalemme


11 26 dicembre 2015

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Terra santa custode Pizzaballa, Natale è “tempo dell’incontro e non della paura dell’altro”

Chiara e amica

mancanza di casa e dell’affetto incondizionato della mia famiglia e dei miei amici. Forse qualche anno fa, quando ho scelto il mestiere della cooperante, desideravo scappare da una realtà che sentivo riduttiva, ma con il tempo mi sono accorta che in fondo non era così e che quel seme di apertura al mondo lo avevo ricevuto proprio dai miei genitori, e da chi mi aveva accompagnata nel percorso con gli altri giovani della Diocesi”. Torni a Natale? “Dal 23 dicembre sono ad Ischia e devo dire che non vedevo l’ora...il Natale è sinonimo di casa”! Un augurio per Natale ai lettori di Kaire? “Auguro a ciascuno di voi un Natale sereno e di accoglienza dell’altro. Quante volte senza accorgermene, mi sono ritrovata chiusa, o meglio accartocciata su me stessa, sui miei problemi, sulle mie preoccupazioni, incapace di alzare lo sguardo e vedere l’altro nella sua complessità e nella sua ricchezza. Mi auguro e vi

auguro anche un Natale di pace, che in questa terra ho imparato ad apprezzare come il dono più prezioso. Pace con noi, con le nostre ansie, le nostre questioni irrisolte, e pace con gli altri, che spesso sono solo uno specchio di noi stessi. In questi giorni il mio pensiero va specialmente alla popolazione di Gaza, traumatizzata da tre conflitti e a cui spesso manca l’essenziale. Qualche giorno fa sono stata nella Striscia per visitare alcuni dei nostri progetti e pioveva a dirotto. I bambini uscivano da suola proprio in quel momento e li vedevo attraversare le pozzanghere d’acqua che si erano formate per strada, con indosso delle scarpette di tela e senza neanche un cappotto. L’acqua arrivava loro fino al ginocchio. Mi sono sentita subito una sciocca a pensare di aver davvero bisogno di quel nuovo paio di scarpe che desideravo comprare, perchè a me non mancava davvero nulla. La Speranza di essere persone nuove rinasce ancora una volta, per noi, non sprechiamola. Buon Natale!

Dalla Redazione

"S

tiamo vivendo un tempo arduo, il cui susseguirsi di tragedie e di violenze ci ha colmato di paure”. Davanti alla cronaca attuale è “difficile vivere il Natale con sentimenti di gioia, di festa, di vita. La paura sembra dettare il nostro agire, anche nelle piccole azioni quotidiane. Abbiamo paura del musulmano, dell’ebreo, dell’orientale o dell’occidentale, secondo dove ci troviamo”. È quanto scrive il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, nel suo Messaggio di Natale in cui fa una disamina della situazione attuale in Medio Oriente. “In Siria, in Iraq, in Terra Santa, in Oriente così come in Occidente, sembra che la forza della violenza sia l’unica voce possibile per contrastare la violenza che ci sovrasta” scrive il Custode che punta l’indice contro “la paura dell’altro”. Da qui l’augurio di Padre Pizzaballa: “questo tempo difficile sarà comunque un tempo buono, se ci restituirà la consapevolezza che è il tempo dell’incontro; se ci renderà più attenti a chi abbiamo vicino, perché il futuro verso cui camminiamo potrà essere soltanto il compimento di ogni relazione di cui avremo avuto cura, qui, ora. Anche in queste circostanze drammatiche. L’augurio di quest’anno, è di percorrere con fiducia questa strada, aperta nel deserto di tante nostre vite, verso questo futuro buono, che ha un unico Volto: quello della misericordia del Padre”. PADRE PIERBATTISTA PIZZABALLA SARÀ AD ISCHIA IL 20 GENNAIO 2016 PER LA TERZA CATECHESI SULLE OPERE DI MISERICORDIA DAL TITOLO: SOPPORTARE PAZIENTEMENTE LE PERSONE MOLESTE


12 26 dicembre 2015

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Rosario Caruso Sindaco di Serrara Fontana

L

a ricorrenza della nascita del Bambino Gesù con il suo significato di salvezza del genere umano, di pace tra gli uomini e nelle famiglie, di fratellanza, ci invita a riflettere sulle cose importanti della vita, della famiglia quali: la pace senza la quale non c’è serenità né armonia; il lavoro senza il quale si svilisce la dignità dell’uomo, della donna, del genitore; la famiglia quale nucleo fondamentale attorno al quale si sviluppa il tessuto della società. Mi auguro che da questo Natale noi tutti iniziamo a dare il giusto peso alle cose effimere della vita quali il rincorrere l’ultima moda, il divertimento sfrenato, l’arricchimento personale privilegiando quei valori come la famiglia, il lavoro, la pace che hanno determinato uno sviluppo sano della società. Mi auguro che il Bambino Gesù porti all’intera isola: pace e serenità; lavoro per tutti; che permetta a genitori, imprenditori e giovani di credere in un futuro di crescita e prosperità; armonia nelle famiglie e che liberi quanti per debolezza sono schiavi del gioco o della droga. Auguro a tutti noi di imparare a pensare meno ai nostri interessi in nome del bene comune. Caro Gesù Bambino proteggi tutti i bambini del mondo e custodisci tutti i bambini che hanno perso la vita per malattie, quelli vittime delle guerre, vittime della cattiveria umana.

Egidio Ferrante Educatore

V

orrei finalmente un Natale di colori e sorrisi per i nostri malati mentali che hanno vissuto gran parte della loro vita negli Ospedali Psichiatrici. Luoghi senza tempo e senza storia. Pulcini sperduti che non hanno voce e forse non l’hanno mai avuta. Uomini e donne che non rivendicano i loro diritti, non protestano e non scendono in piazza. Se ne stanno nel loro mondo. Un mondo fatto di piccole cose, semplici gesti, di silenzi sopraffatti a volte da paure, disagio e dolore dell’anima. Non conoscono ipocrisia e arrivismo, non sono una casta, non sono egoisti e non sanno cos’è la proprietà. Vorrei per loro un Natale di musica e allegria, di pace e protezione, di calore e affetto, d’accoglienza e integrazione. Vorrei per loro un Natale tutti i giorni che non si dimenticasse della loro esistenza unica e irripetibile come tutti gli altri esseri umani. Vorrei un Natale che fosse il loro Natale.

Il Natale ch Come vorrei che questo periodo dell’anno non finisca mai...sì, mi piacerebbe vivere il Natale ogni giorno, anche il 15 agosto, il 10 marzo o il 13 settembre! Non è una questione di simboli fatti di presepi, alberi, luci e addobbi… ma è la sensazione di calore, affetto e gioia che provo in questi giorni incontrando le persone. La tenerezza dei cuori, la gioia dei volti, le chiese piene, gli abbracci e le strette di mano, le parole di pace, amore, gioia, misericordia…tutto questo non vorrei vederlo e sentirlo solo oggi, ma ogni giorno. Ma so bene che per vederlo ogni giorno devo accettare che quel Bambino nasca in me, ogni giorno. Questo è quello che desidererei: un Natale che duri 365 giorni! Auguri di cuore a tutti voi. Lorenzo Russo Direttore del Kaire

Beatrice 3 anni e mezzo

V

orrei la pace fra tutte le persone del mondo, vorrei che Babbo Natale porti ai bambini poveri il gioco con i cubi puzzle che avevo a casa e che ho impacchettato con mamma e papà e portato alle maestre a scuola, vorrei vedere Gesù Bambino felice che si diverte a giocare con gli altri bimbi, vorrei far stare bene ai nonni e vedere la gioia in tutti. Auguri a tutti.

Marco Trani Seminarista

I

l Natale che vorrei è un natale dove ci regaliamo di nuovo l’umanità vera: Dio stesso l’ha regalata a sé. Quel Bambino ci ricorda che è possibile rispondere in pienezza all’amore di Dio! Il Natale che vorrei non si riduce al buonismo, ma apre spazi di riconciliazione personale, sociale, ecclesiale; getta luce su quanti operano il bene: se in una stanza basta un po’ di luce per dire che non c’è tenebra, non basta un po’ di tenebra per dire che non c’è luce! Il Natale che vorrei è il natale che ci lascia assumere i limiti e sperimentare le possibilità per realizzare il sogno di Dio per un’umanità che come Maria si lascia fecondare dalla Parola, affinché la Parola fecondi la nostra Vita!

Antonietta Manzi Portavoce Comitato Cittadinanzattiva

S

enza troppa originalità, per Natale (anche noi non credenti amiamo festeggiare!) vorrei quello che auspico per la vita di tutti i giorni: maggior empatia, capacità di mettersi nei panni degli altri, capirne e, quando possibile, anticiparne i bisogni. È una tensione, mai un piano compiuto, eppure ho la sensazione che ne valga la pena…anche estendendo il discorso agli animali, che, compagni troppo spesso dimenticati oppure relegati a mero strumento, abitano con noi la casa comune.


13 26 dicembre 2015

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he vorrei...

Silvia Pugliese Logopedista

I

bambini, quelli più fortunati, amano tanto il Natale perché possono chiedere un regalo e pensano che sia un loro diritto riceverlo, perché è Natale. Quando si diventa un po’ più grandi si capisce che quel regalo non è un diritto ma se lo riceviamo è perché qualcuno ha voluto donarcelo. E più passa il tempo più perdiamo il senso della gratuità e facciamo i regali perché ci sentiamo in dovere, non ci aspettiamo più nulla senza che ci venga chiesto qualcosa in cambio... Allora se potessi chiudere gli occhi e desiderare, come quando ero bambina, vorrei tanto una realtà dove i giovani smettano di sentirsi debitori di dignità, che siano liberi di fare ciò che amano e che non siano costretti a sopportare qualsiasi condizione e accettare ogni compromesso (e magari sentirsi anche fortunati) perché “c’è crisi”. E il mondo dei grandi è un po’ così, sprechiamo il tempo a screditare e invidiare l’altro, perché non ci sentiamo mai all’altezza, a inseguire un’idea o un idolo, a deformarci per entrare nei panni di qualcuno che ci sembra funzionare di più, a sentirci frustrati perché non incarniamo a pieno quell’immagine che ci sembra perfetta o non possediamo abbastanza per avere il controllo sulle cose e sulle persone. Però io per Natale vorrei... che ognuno potesse realizzare a pieno se stesso, con i propri talenti e qualità, per sentirsi una creatura unica, speciale e Amata... Felice! Riscoprire, come da bambina, la gratuità di un dono, quello più grande, e farne dono, senza aspettarmi nulla in cambio.

Salvatore Ronga Regista

Lello Montuori Avvocato

V

orrei un Natale con Papa Francesco. Per dirgli quanto con lui è più bella la Chiesa. Perché guardo a lui, ma vedo i poveri del mondo. E in fondo, questo è il loro Natale. Vorrei un Natale con Papa Francesco. Per dirgli che la Chiesa arriva alla fine del mondo. Proprio da dove lui, un giorno, è venuto. Ma con lui la barca di Pietro andrà più lontano. Perché guardo a lui, ma vedo uno che accoglie i migranti, quelli che su barconi traboccanti di vite, hanno sfidato il freddo e le insidie del mare. Vorrei un Natale con Papa Francesco. Per stargli vicino, mentre guardiamo quel nuovo Bambino. Nuovo perché ogni anno rinasce per noi. Nasce per esserci amico e fratello. E perché ci vorrebbe amici e fratelli, fra noi. Vorrei un Natale con Papa Francesco, per essergli figlio, fratello, sostegno. Perché ha saputo essere un Papa diverso. Che accoglie l’uomo nella Chiesa di Cristo. Senza chiedere chi ci è capitato o abbiamo scelto di amare. Purché abbiamo amato. Senza rinfacciarci gli errori di ieri. E quelli di oggi. Accoglie e basta, in un giorno qualunque. Perché solo quando si accoglie è davvero Natale.

L'

anno scorso alcuni amici sono venuti sull’isola in occasione del Natale. Hanno alloggiato in uno degli alberghi aperti per le vacanze. Mi hanno contattato – non ci vedevamo da tempo – e mi sono chiesto perché avessero scelto Ischia e non una città d’arte, o uno dei tanti borghi medievali che costellano lo stivale. Luminarie, concerti, mercatini, attrazioni per grandi e piccini: cercavo nel cartellone degli eventi gli appuntamenti da segnalare perché potessero trascorrere qualche ora di divertimento. E infatti si sono divertiti. Poi, il giorno di Santo Stefano, siamo andati insieme a Ischia Ponte e li ho portati sul Castello che non avevano mai visitato, nonostante conoscessero l’isola molto bene. Il tempo era straordinariamente mite, il mare aveva i colori dell’inverno. C’erano turisti su per le vie della cittadella diroccata e la vista era incantevole. L’isola con le sue attrazioni era lontana, come un quadro chiuso nella cornice. Lassù, sul Castello, Ischia mi sembrava autentica e vera, e immagino che la medesima sensazione l’avremmo provata se ci fossimo inerpicati per qualche sentiero verso le montagne, l’Epomeo, i boschi, o se avessimo passeggiato lungo le spiagge. Il Natale che vorrei per la mia isola è che esso fosse l’occasione perché Ischia ritrovasse la sua eccezionalità nell’essere, almeno in inverno, un paese normale, con le sue bellezze naturali, le sue risorse culturali – i musei, le chiese, i siti archeologici, le biblioteche-, un paese pulito con le strade in ordine, le terme per fare le cure, i locali, i ristoranti. Mi piacerebbe che il turista, scegliendo Ischia, si sentisse accolto perché gli Ischitani sanno esserlo sempre, per carattere e per educazione, e non perché hanno dato una mano di vernice fresca al presepe che immaginano debba essere il loro paese in occasione del Natale. Auguri al turista, auguri a noi.

Inviaci anche tu un commento sul “Natale che vorrei…” lo pubblichiamo sul prossimo Kaire. Scrivi a kaire@chiesaischia.it


14 26 dicembre 2015

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è NATALE, UN BIMBO NASCE

Come la luce di un cero nel buio della notte Di Dario Della Vecchia

I

n fondo ci si è sentiti emigranti almeno una volta nella vita. Sarà stato anche solo durante un viaggio di piacere, mentre si andava a sostenere un esame all’università, magari quando si sperava d’essere di un’altra città pur di non peregrinare più fra uffici in una giornata di burocrazia. Eppure di emigranti quanti ne conosciamo? Quanti sono nostri colleghi di lavoro, amici di scuola, nostri clienti in negozio o a ristorante? Quanti di questi poi son diventati amici veri e integrati perfettamente fra noi ci fanno riflettere che non è più possibile un’Italia senza di essi? Raramente però, forse mai, abbiamo messo la nostra vita, più o meno comoda, a paragone con la loro. Non solo la vita passata vissuta nelle più disparate città che nemmeno conoscevamo l’esistenza, ma anche quelle di oggi. A volte non abbiamo paragonato la nostra vita nemmeno con quella del nostro vecchio amico di scuola, del politico spesso all’indice, dell’insegnante dei nostri bambini o di quegli imprenditori che si son visti chiudere la propria azienda da una crisi che ha il sapore di ingiustizia sociale. Oggi osservare il Presepe di Salvatore Ronga allestito presso la Rustica Domus lungo il Corso d’Ischia, mi faceva riflettere che può esserci una deriva della vita non solo sui barconi dei migranti, ma anche lungo le strade della nostra isola. Deriva che spesso diventa morte nei casi più tragici di solitudine, di alcolismo, di gioco d’azzardo patologico o di tossicodipendenza tutt’oggi esistente. Quel barcone si rovescia anche nel quartiere ad un chilometro da noi, e

non c’è televisione o quotidiano che possa mettere una distanza fra noi e queste realtà. La tragedia riflessa da uno schermo di computer o dal televisore crea quel filtro dietro il quale è facile nascondersi lasciandoci percepire che il problema sia talmente

lontano da permettere all’emozione momentanea di scivolarci addosso come tante altre. Lo specchio collocato al di là della piccola duna di sabbia, ne “La Natività” di Ronga non vuole solo sembrare il filtro della tragedia, ma è il

mezzo attraverso il quale veniamo catapultati nel bel mezzo della scena, come pastori del tempo moderno. Pastori che paiono contemplare un annunciato martirio, preludio alla passione che sembra già compiersi nella scena ricostruita del naufragio dei bambini. Ma preludio alla croce del Venerdì Santo, non sarà solo la sabbia turca, il fondale dello Stretto di Sicilia, il filo spinato ai confini dell’Europa o le tragedie viste e riviste. Preludio a quella croce è la nostra indifferenza, il nostro entrare ed uscire da questa natività se, con fare disinvolto, non ci fermassimo a pensare anche solo per un attimo a quanto sta accadendo sulle rive del Mare Nostrum, e sulle rive della nostra isola. Però per vedere Gesù morire in croce abbiamo ancora del tempo. Oggi è tempo di buone notizie, è tempo di fare festa per un Dio che nasce e che viene ad abitare fra noi. Un Dio nostro vicino di casa, nostro collega, magari che ci risulta antipatico ma pur sempre un uomo che ci sta accanto. E Ronga ci sprona a prendere iniziativa, ad entrare in questa dinamica, non solo con un’immagine riflessa, ma con l’azione di chi quel bimbo vuole accoglierlo, vuole scaldarlo, vuole non vederlo morto su quelle rive, ma vivo e fra la gente. Un bimbo che mette allegria e che, crescendo, donerà parole di speranza e di luce, come un cero acceso nel buio di una notte. Salvatore Basile



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Seguiamo Francesco 26 dicembre 2015

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GIORNATA DELLA PACE 2016 Di Giovanna Pasqualin Traversa

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a “globalizzazione dell’indifferenza” costituisce una seria minaccia per la famiglia umana e per la pace, avverte il Papa invitando a sanare le perduranti situazioni di ingiustizia e grave squilibrio sociale, ad avere cura della casa comune, perché tutto è interconnesso, ad impegnarsi per garantire lavoro, casa e dignità ad ogni uomo. Nel messaggio, diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede recante la data dell’8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione e apertura del Giubileo straordinario della misericordia, il Papa ricorda che la pace “è dono di Dio e opera degli uomini”. E la cornice è proprio quella del Giubileo, a volte richiamato esplicitamente come negli inviti alla Chiesa, alle comunità parrocchiali e a ogni cristiano a essere testimoni di misericordia o nel rammentare che curare i feriti di questa “terza guerra mondiale a pezzi” e soccorrere i migranti è un’opera di misericordia, a volte come sfondo che illumina ogni evento. Nel messaggio risuonano inoltre anche echi dell’Evangelii gaudium, della Laudato si’ e della Misericordiae vultus. Del resto, per Papa Francesco tutto è in relazione. Se la cornice è quella della misericordia e della solidarietà, la prospettiva è quella della speranza “nella capacità dell’uomo, con la grazia di Dio, di superare il male” senza abbandonarsi “alla rassegnazione e all’indifferenza”. Il percorso tracciato dal Papa è pertanto scandito in tre tappe: denuncia, riconoscimento del positivo (e ringraziamento a quanti operano già per il bene) e impegno e assunzione di responsabilità in prima persona per la pace. Anzitutto nelle periferie esistenziali prendendosi cura dei più “fragili”, a partire da migranti e carcerati. Per i primi Francesco chiede di ripensare le legislazioni in materia “affinché siano animate dalla volontà di accoglienza, nel rispetto dei reciproci doveri e responsabilità, e possano facilitare l’integrazione”, ma occorre anche “un’attenzione speciale” alle loro “condizioni di soggiorno” perché “la clandestinità rischia di trascinarli verso la criminalità”. Un particolare ringraziamento Francesco lo rivolge a “tutte le persone, le famiglie, le parrocchie, le comunità religiose, i monasteri e i santuari che hanno risposto prontamente al mio appello ad accogliere una famiglia di rifugiati”. Per quanto riguarda

Papa Francesco no alla “globalizzazione dell’indifferenza”

“Vinci l’indifferenza e conquista la pace” è il tema della 49ma Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2016). Nel messaggio Papa Francesco ammonisce contro la “globalizzazione dell’indifferenza”, l’anestetizzazione delle coscienze, il “cancro sociale” della corruzione, e chiede gesti concreti come la totale abolizione della pena di morte, pene alternative alla detenzione carceraria, un’amnistia in occasione del Giubileo, ma anche leggi sull’immigrazione che favoriscano l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, rispetto dei diritti umani fondamentali, primo fra tutti quello “inalienabile” del nascituro alla vita.

i detenuti, “in molti casi – avverte il Santo Padre – appare urgente adottare misure concrete per migliorare le loro condizioni di vita nelle carceri, accordando un’attenzione speciale a coloro che sono privati della libertà in attesa di giudizio, avendo a mente la finalità rieducativa della sanzione penale e valutando la possibilità d’inserire nelle legislazioni nazionali pene alternative alla detenzione carceraria”. In questo contesto, prosegue, “desidero rinnovare l’appello alle autorità statali per l’abolizione della pena di morte, là dove essa è ancora in vigore, e a considerare la possibilità di un’amnistia”. L’attenzione di Francesco va anche alle donne, “purtroppo ancora discriminate in campo lavorativo”, e ai disoccupati, vittime di una piaga sociale “che investe un gran numero di famiglie e di giovani e ha conseguenze gravissime sulla tenuta dell’intera società”, sottolinea ribadendo il tema sviluppato il 14 dicembre, nell’udienza al Progetto Policoro. E ancora, l’invito ad “azioni efficaci per migliorare le condizioni di vita dei malati”, garantendo a tutti l’accesso alle cure (anche domiciliari) mediche e ai farmaci. Per tutti Francesco chiede ai singoli e alle istituzioni “gesti concreti” ed “atti di coraggio”. Triplice l’appello del Papa ai governi del mondo “ad astenersi dal trascinare gli altri popoli in conflitti o guerre che ne distruggono non solo le ricchezze materiali, culturali e sociali, ma anche, e per lungo tempo, l’integrità morale e spirituale; alla cancellazione o alla gestione sostenibile del debito internazionale degli Stati più poveri; all’adozione di politiche di cooperazione che, anziché piegarsi alla dittatura di alcune ideologie, siano rispettose dei valori delle popolazioni locali e che, in ogni caso, non siano lesive del diritto fondamentale e inalienabile dei nascituri alla vita”. Un “cancro sociale”: per l’ennesima volta il Papa interviene contro la corruzione “profondamente radicata in molti Paesi, nei governi, nell’imprenditoria e nelle istituzioni”, qualunque sia l’ideologia politica dei governanti”, anch’essa una seria minaccia alla pace, come l’inquinamento di acqua e aria, lo sfruttamento indiscriminato delle foreste, la distruzione dell’ambiente. Parole chiave per Francesco sono educazione, solidarietà, responsabilità, impegno, una strada di verità che invita a percorrere vivendo le opere di misericordia corporale e spirituale.


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Seguiamo Francesco

26 dicembre 2015

kaire@chiesaischia.it

IL SALUTO ALLA CURIA ROMANA Di Stefania Falasca

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Il ritorno all’essenziale

l Papa nel suo discorso ha ricordato come alcune delle 15 malattie elencate «si sono manifestate nel corso di questo anno, causando non poco dolore a tutto il corpo e ferendo tante anime anche con lo scandalo». Ma ha anche espresso gratitudine e incoraggiamento «a tutte le persone sane e oneste» che Dalle «malattie curiali» alle nella Curia «lavorano con dedizione, «virtù necessarie». Nel tradidevozione, fedeltà e professionalità». zionale discorso per gli auguri Ha affermato che «la riforma andrà natalizi alla Curia romana, Papa avanti con determinazione, lucidità Francesco, che nel dicembre e risolutezza, perché Ecclesia semdel 2014 aveva descritto il per reformanda» e ha sottolinea“catalogo delle malattie cuto che «le resistenze, le fatiche e le riali”, quest’anno ha offerto cadute delle persone e dei ministri» il quadro delle virtù necessasono anche «lezioni» e «occasioni di rie per chi lavora in Curia e crescita e mai di scoraggiamento». presta servizio alla Chiesa. Il Papa propone quindi «un sussidio pratico», un «catalogo delle virtù necessarie» per chi «presta servizio in Curia» e per tutti quelli che vogliono «rendere fertile il loro servizio alla Chiesa». Con un’analisi acrostica della parola MISERICORDIA, «come faceva Matteo Ricci in Cina». Il «catalogo delle virtù» si articola così sulle dodici lettere che la compongono: 1. Missionarietà e pastoralità La missionarietà «è ciò che rende, e mostra, la curia fertile e feconda». «La che feriscono le anime e minacciapastoralità sana è una virtù indispen- no la credibilità della nostra testisabile specialmente per ogni sacerdo- monianza». L’esemplarità va di pari te». È «la misura della nostra attività passo con la fedeltà alla «nostra concuriale e sacerdotale» e «senza queste sacrazione, alla nostra vocazione» due ali – dice il Papa – non potremo afferma Francesco, ricordando semmai volare, nemmeno raggiungere la pre le parole di Cristo: «Chi è fedele beatitudine del “servo fedele”». nel poco, è fedele anche nel molto; 2. Idoneità e sagacia e chi è disonesto nel poco, è disoLa prima «richiede lo sforzo per- nesto anche nel molto (Lc 16, 10)» sonale di acquistare i requisiti» per e «Chi invece scandalizza anche uno «esercitare al meglio i propri compiti solo di questi piccoli che credono in e attività, con l’intelletto e l’intuizio- me, sarebbe meglio per lui che gli ne» ed «è contro le raccomandazioni fosse appesa al collo una macina di e le tangenti». La sagacia è «la pron- un mulino e fosse gettato negli abissi tezza di mente per affrontare le si- del mare» (Mt 18, 6-7)». tuazioni con saggezza e creatività». 5. Razionalità e amabilità Idoneità e sagacia rappresentano «il La prima «serve per evitare gli eccescomportamento del discepolo che si si emotivi», la seconda «per evitare rivolge al Signore tutti i giorni». gli eccessi della burocrazia e delle 3. Spiritualità e umanità programmazioni e pianificazioni». La spiritualità è «la colonna dorsale Ogni eccesso, osserva Francesco «è di qualsiasi servizio nella Chiesa e indice di qualche squilibrio». nella vita cristiana». L’umanità è «ciò 6. Innocuità e determinazione che incarna la veridicità della nostra L’innocuità «è il fare agli altri quello fede», ciò «che ci rende diversi dalle che vorresti fosse fatto a te». Fa «agimacchine e dai robot che non sento- re con attenzione e comprensione» no e non si commuovono. Quando ci rendendo «cauti nel giudizio, capaci risulta difficile piangere seriamente o di astenerci da azioni impulsive e afridere appassionatamente allora è ini- frettate». La determinazione è «l’agiziato il nostro declino e il nostro pro- re con volontà risoluta, con visione cesso di trasformazione da “uomini” chiara e con obbedienza a Dio e solo a qualcos’altro». Spiritualità e umani- per la legge suprema della salus anità sono da realizzare interamente, marum». continuamente, quotidianamente. 7. Carità e Verità 4. Esemplarità e fedeltà Sono le «due virtù indissolubili Esemplarità «per evitare gli scandali dell’esistenza cristiana»… «Al punto

le virtù necessarie

che la carità senza verità diventa ideologia del buonismo distruttivo e la verità senza carità diventa giudiziarismo cieco». 8. Onestà e maturità L’onestà è «la rettitudine, la coerenza e l’agire con sincerità assoluta con noi stessi e con Dio». Chi è onesto agisce rettamente anche quando non ci sono sorveglianti o superiori, «l’onesto non teme di essere sorpreso, perché non inganna mai colui che si fida di lui». E «non spadroneggia mai sulle persone o sulle cose che gli sono state affidate». Mentre la maturità è «la ricerca di raggiungere l’armonia tra le nostre capacità fisiche, psichiche e spirituali». 9. Rispettosità e umiltà La prima è la dote delle anime nobili che «cercano sempre di dimostrare rispetto autentico agli altri, al proprio ruolo, ai superiori e ai subordinati, alle pratiche, alle carte, al segreto e alla riservatezza» e «sanno ascoltare attentamente e parlare educatamente». L’umiltà è la virtù «delle persone piene di Dio che più crescono nell’importanza più cresce in loro la consapevolezza di essere nulla e di non poter fare nulla senza la grazia di Dio». 10. Doviziosità e attenzione Più si ha fiducia in Dio e nella Sua provvidenza più «siamo doviziosi di anima e aperti nel dare». È inutile dice il Papa, «aprire tutte le porte sante di tutte le basiliche del mondo

se la porta del nostro cuore è chiusa all’amore, se le nostre mani sono chiuse al donare, se le nostre case sono chiuse all’ospitare e se le nostre chiese sono chiuse all’accogliere. L’attenzione è il curare i dettagli e l’offrire il meglio di noi e il non abbassare mai la guardia sui nostri vizi e mancanze». 11. Impavidità e prontezza Essere impavido significa «non lasciarsi impaurire di fronte alle difficoltà» e «agire con audacia e determinazione e senza tiepidezza». La prontezza è «il saper agire con libertà e agilità senza attaccarsi alle cose materiali che passano», senza mai «farsi appesantire accumulando cose inutili e chiudendosi nei propri progetti e senza farsi dominare dall’ambizione». 12. Affidabilità e sobrietà Affidabile è «colui che sa mantenere gli impegni con serietà e attendibilità quando è osservato ma soprattutto quando si trova solo» e «non tradisce mai la fiducia che gli è stata accordata». La sobrietà è «prudenza, semplicità, essenzialità, equilibrio e temperanza». È «la capacità di rinunciare al superfluo e di resistere alla logica consumistica dominante». È «guardare il mondo con gli occhi di Dio e con lo sguardo dei poveri e dalla parte dei poveri». Chi è sobrio «è una persona essenziale in tutto, perché sa ridurre, recuperare, riciclare, riparare, e vivere con il senso della misura».


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Società 26 dicembre 2015

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Di Giuseppe Galano

Vicino a chi soffre di alimentazione

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elegante sala convegni era gremita di persone desiderose di approfondire una tematica di straordinaria importanza che spesso e volentieri si tende a sottacere. Presenti all’evento tanti studenti provenienti dai vari Istituti Scolastici della nostra isola. I disturbi del comportamento alimentare e del peso sono patologie caratterizzate da eccessiva preoccupazione per peso e forma del corpo. Prevalentemente insorgono durante la fase adolescenziale e colpiscono soprattutto le ragazze. Comportamenti tipici di chi soffre di DCAP possono essere: digiuno, restrizione dell’alimentazione, crisi bulemiche, vomito autoindotto, intensa attività fisica finalizzata alla perdita di peso. Il disturbo alimentare è un mezzo per esprimere un disagio ma allo stesso tempo una strategia di sopravvivenza, un tentativo di salvaguardare un potere ed un’identità che si ritiene di non essere in grado di affermare nei differenti contesti ed ambienti di vita. L’Accoglienza “Il Girasole” è un’Associazione di Volontariato nata da un gruppo di persone che hanno fortemente a cuore tali problematiche e che hanno deciso di dar vita ad un ambizioso progetto i cui obiettivi principali sono fornire informazioni, sostegno ed assistenza a chi è affetto da DCAP, ai familiari ed a tutte le persone coinvolte a vario titolo in queste problematiche. Il team è composto da Giustina Mattera, nutrizionista, dal dott. Raffaele Ruocco, direttore scientifico della struttura,Stefania Fuoco, dott. ssa in sociologia, Rossella Verde, psicologa, Sara Silvestri, dott.ssa in psicologia clinica ed Agnese Sasso, presidente dell’Associazione, persone fortemente motivate e desiderose di mettere al servizio del prossimo in difficoltà i loro talenti e professionalità. Di fronte a tali problematiche vi è tanto interesse ed una sempre più crescente sensibilità. Attualmente vi è difficoltà da parte delle strutture pubbliche nel dare risposte concrete. I disturbi del comportamento alimentare e del peso sono malattie molto complesse caratterizzate dal cambiamento del carattere delle persone; non vi è più voglia di condividere, ne la gioia di stare con gli altri; si tratta di condizioni patologiche che rendono schiavi. Altra caratteristica è il silenzio da parte di coloro che ne soffrono. Un’emozionatissima Agnese Sasso ha illustrato le finalità dell’Associazione affermando che si occuperà in modo particolare di accogliere, ascoltare e sostenere le persone che vivono l’e-

Sabato 19 dicembre all’hotel Re Ferdinando ad Ischia è stata presentata l’Associazione “Il Girasole”, punto di accoglienza ed ascolto per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare e del peso (DCAP).

sperienza di un DCAP; saranno attivati gruppi di sostegno per familiari ed amici di persone affette; si offrirà sostegno psicologico attraverso una rete di operatori qualificati. Inoltre si occuperà di attivare percorsi di informazione e prevenzione nelle

scuole secondarie sensibilizzando le Istituzioni del territorio. L’Associazione fornirà i suoi servizi il martedì ed il venerdì dalle 15:00 alle 17:00 ad Ischia Ponte in via Seminario nei locali della Diocesi. Questo vuole essere solo un punto di partenza

affinché possano essere raggiunti grandi traguardi. Il dott. Ruocco, il primo ad aver fondato una struttura pubblica per curare chi è affetto da queste problematiche racconta la sua esperienza ventennale a contatto con chi soffre di tali disturbi. Egli ha evidenziato come tante volte si abbia l’illusione che modificando il proprio corpo si possa stare meglio. La società oggi stigmatizza il nostro aspetto fisico, da una parte vi è grande abbondanza di cibo dall’altro lato occorre essere magri. “Il progetto dell’Associazione va oltre il problema legato al cibo, si rivolge ai giovani a 360°. Si occuperà di sostenere i genitori che spesso non sanno cosa fare dinanzi ad un figlio che sta vivendo una simile condizione”. Ruocco ha affermato che la società crea disorientamento e deformazione. “Le persone si sentono osservate e giudicate quando non è così. Si privilegia l’individualismo, la rappresentazione fisica ed estetica, così facendo si perdono le cose belle come accogliere gli altri”. Vi è stato poi spazio per un momento intenso di dialogo tra i presenti ed il dott. Ruocco nel corso del quale sono stati offerti interessanti spunti di riflessione a testimonianza che la tematica anche sulla nostra isola è molto sentita. Alla cerimonia era presente anche il vescovo Lagnese che si è detto felice di questa iniziativa concreta: “è bello questo nome, Girasole, mi fa pensare che è tutta questione di dove guardare, di quale sia il nostro punto di riferimento. Abbiamo distolto lo sguardo dalle cose più belle e vere. La Diocesi fornirà tutto il suo apporto all’Associazione. Le problematiche del disturbo del comportamento alimentare e del peso è di forte attualità. Quando ci troviamo di fronte a tali problematiche occorre pensare che possiamo dare indicazioni e far capire che vi è una via di uscita, che non si è soli. L’Associazione avrà questa missione, dire ai giovani di avere la consapevolezza che non sono soli. La sensazione di non sapere a chi rivolgersi per chiedere aiuto è tipica della condizione. Avere sulla nostra isola giovani che si occupano della problematica ed aiutano soprattutto nella prevenzione è un segnale di speranza. La Chiesa vi è vicina e vi ospita nei locali della Diocesi. Il desiderio è che cresca la sinergia con il Consultorio Familiare e la Pastorale Giovanile. Grazie, ci siamo e continuiamo” Daniele Calise


Cultura

19 26 dicembre 2015

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Un lungo fiume di parole chiamato America Prima parte Di Enzo D’Acunto

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a storia precede la letteratura. Può darsi, ma non sempre. A volte, è infatti la letteratura che anticipa ed indirizza la storia, la condiziona, l’annuncia e talvolta pretende anche di correggerla. Si chiama funzione sociale dell’arte, quella stessa funzione che spinse, forse non direttamente, Gustave Flaubert a scrivere “Madame Bovary”, o ancora, indusse Honoré de Balzac a scrivere i 137 volumi della “Comédie humaine”, o a far dire, ad Alphonse de Lamartine, che la cosa più pericolosa de “I miserabili” di Victor Hugo, consistesse in quell’astratta e caparbia aspirazione verso l’impossibile mondo perfetto, un’aspirazione tanto pericolosa per il potere costituito perché capace di far ribollire le masse popolari. Funzione sociale di un’opera letteraria, quindi, che in ogni caso, è argomento specioso, ampio e quanto mai difficile da coordinare. Specioso nella misura in cui non permette di individuare dei chiari e univoci punti di riferimento. E questo perché, non esiste alcun impegno intellettuale in cui non sia possibile individuare anche una certa dose di impegno sociale, anche se, questo, non è poi di per sé, in molti casi, fine e giustificazione dello stesso. Certo, l’impegno potrà anche essere fuorviante, contorto, se non dannoso, ma è doveroso riconoscere, che in un modo o nell’altro, non esiste impegno intellettuale che non proietti qualcosa nel sociale. E questa, in fondo, pare essere stata la mission di un poeta come Walt Whitman, il grande cantore d’America, forse, il più grande cantore dei valori dell’occidente. Poeta generoso e uomo di contraddizioni, così tanto contraddittorio da incuriosire Jorge Luis Borges, che in uno dei suoi celebri saggi, - “Nota su Walt Whitman” in “Altre inquisizioni”, - non riusciva a capacitarsi di come, quello stesso uomo, sapesse accompagnare una vita tanto modesta quanto riservata ad una poesia così infaticabilmente generosa, una poesia capace di donare ad una terra giovane nata dal sangue, un’ancora identitaria. Agevolato dalle suggestioni naturalistiche dei prodromi della moderna letteratura americana, Ralph Waldo Emerson ed Henry David Thoreau, il vecchio Whitman non esitò a can-

tare ogni piccola particella del creato, dilatando il suo animo generoso nella fresca e allegorica natura americana. Lo fece, guardando gli uomini nelle loro più infime debolezze, e ciò nonostante, mai perdendo

l’allegra euforia o il vivo sentimento di partecipazione. Aspetti che, fanno di questa poeta, un flatus vocis sine materia, capace di spaziare leggero tra i tumulti ondosi della natura e, al contempo, sentirsi parte attiva, sen-

za riserve, del grande disegno dell’umanità. Una poesia intensa, evocativa, limpida, che lo accompagnò in tutta la sua vita spesa lungo la costa occidentale d’America, tra West Hill, Brooklyn e New Orleans. Un bardo d’ineguagliabile generosità, che pur nella pacatezza della sua persona, travolse e travolge i suoi lettori con una poesia fluente che sembra originata dallo stesso spirito generatore di tutte le cose. Una poesia civile, capace di contribuire alla formazione di un patrimonio culturale di idee, contenuti, espressioni, e capace di marcare il nascente spirito americano moderno, che il visionario William Faulkner, più tardi, riterrà ispirato ai principi semplici, ma traditi, di libertà, responsabilità mutuale tra gli uomini e dignità. E la cosa più bella, in ogni caso, è che nonostante la tanta retorica di cui è intrisa la sua poesia, a nessuno sfugge il carattere di titanica partecipazione che fa di questo poeta, in fondo, anche un poeta epico, capace di cantare la guerra, la pace, la disperazione, la perdizione, l’amore, la morte e tutto quanto ci appartiene come esseri umani, senza alcun risparmio. E nella storia d’America del secolo XIX, credo che esistano due libri che possono essere considerati simbolo di tutto questo, “Foglie d’erba” di Whitman, per l’appunto, e “Moby Dick” di Melville, le uniche due opere capaci di gareggiare con la vasta aspirazione di totalità delle migliori opere letterarie dell’ottocento europeo. Il poeta Franco Buffoni, scrivendo di Whitman, del rapporto con Emerson e della difficile vicenda editoriale di “Foglie d’erba”, - opera oscena per il buono e puritano sentimento del tempo della terra d’America, su cui tanto anche si è scritto, basti pensare, al più celebre tra i libri di Nathaniel Hawtorne, “La lettera scarlatta”, - riporta il giudizio di Giorgio Manganelli, che vedeva nella poesia del bardo americano un’ “irriverente fraternità di vocativi”, che ci rende ancora oggi, spettatori partecipi della grande poesia del nuovo mondo. “Chiunque tu sia, ben temo tu persegua i sentieri dei sogni”, dice un suo verso, scandendo con semplicità l’essenza basilare di ogni atomo umano e forgiando con l’acciaio di una spada già insanguinata le parole chiavi della coscienza di un nuovo popolo, un nuovo mondo, intercedendo caritatevolmente, con le chiavi di una nuova umanità. E questo, solo per contribuire al principio di un nuovo mondo, fatto, per lo più, di parole.


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Liturgia 26 dicembre 2015

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Commento al Vangelo

Domenica 27 Dicembre 2015

La famiglia di Gesù Di Don Cristian Solmonese

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ari amici, quest’oggi la chiesa festeggia la Santa Famiglia di Nazareth. Per noi cristiani oggi è un appuntamento importantissimo perché attraverso questa celebrazione possiamo riscoprire la gioia di aver celebrato il Natale l’altro ieri, riscoprire il senso di essere famiglia e parlare della famiglia alla luce della Santa Famiglia di Nazareth. Andiamo al cuore delle letture di quest’oggi. Il vangelo ci parla di questa semplice famiglia in cammino verso Gerusalemme e in cammino poi di nuovo verso Nazareth. Questo pellegrinaggio ha un grande significato; a partire da esso possiamo comprendere cosa sia la famiglia. La famiglia è un cammino di amore, è un pellegrinaggio verso la santità; è un cammino di conoscenza prima tra lo sposo e la sposa e poi tra genitori e figli. La famiglia è un’esperienza che ti fa incontrare con l’imprevisto, con l’adattamento alle nuove situazioni, al cambiamento di tanti elementi (la casa, i soldi , la crescita dei figli che non si comprendono più) un cammino di imperfezione, un insieme di arrabbiature e di esplosioni di gioia, di risentimenti quando sei costretto a misurarti con i tuoi limiti, le tue debolezze, con le tue sconfitte che non mancano mai, progetti caduti; è un’esperienza di aiuto vicendevole e di dialogo che può nascere da lunghi silenzi. Ma è un cammino difficile perché si deve pensare con il noi, si deve pensare e camminare insieme, non c’è l’io e il tu ma il noi. In ogni casa c’è affanno, apprensione, ricerca, abbraccio di pace e paure. Il vangelo di Luca ci dice che anche la famiglia di Gesù vive questo pellegrinaggio. Era una famiglia come le altre che andava come tutti gli ebrei a Gerusalemme. In quella famiglia c’è disagio, povertà, situazioni difficili, affanno, apprensione, ricerca e infine l’abbraccio con quel figlio perduto dodicenne. Si in quella famiglia c’è il seme delle famiglie di oggi, il prototipo delle nostre case. La storia era particolare in quella casa: una moglie giovanissima costretta ad affrontare la vita difendendo un figlio da coloro che volevano ucciderlo, una storia difficile quella di Giuseppe che deve vivere con un figlio e una moglie che gli sono stati affidati, una madre che vedrà il figlio morto nelle sue braccia. Ma non si sono divisi mai, non hanno scelto strade come scorciatoie come convivenza, relazioni part-Time, o coppia di fatto. No! Qual’era quell’elemento che li teneva uniti? Era il mistero di quel figlio sotto cui si nascondeva la divinità. Gesù era il centro della loro vita, il motivo della

loro esistenza, il motivo di continuare. E Gesù santificava quella famiglia. La nostra famiglia è malata, si è malata perché ha perso Dio! Non ha più al centro Dio ma se stessi! A casa non si prega, non si insegna ai figli il segno della croce, le preghiere, la Bibbia non viene mai aperta insieme. La famiglia ha bisogno di risorgere, come è successo nel Vangelo di oggi: Maria e Giuseppe cercano quel figlio per tre giorni. In quei tre giorni c’è la passione e la resurrezione al terzo giorno ritrovano Gesù che seduto in mezzo ai dottori rappresenta la nuova legge. Abbiamo bisogno di risurrezione per riscoprire la fede nella famiglia, la conversione nella famiglia. Preghiamo dunque in questa giornata per tutte le famiglie, preghiamo perché si realizzi in ogni casa ciò che auspicava il Concilio: la famiglia piccola chiesa domestica. E per questo usiamo oggi il bellissimo testo con cui la Liturgia delle ore ci fa pregare quest’oggi: O santa e dolce dimore dove Gesù fanciullo nascose la sua gloria. Giuseppe addestra all’umile arte del falegname il Figlio dell’Altissimo. Accanto a lui Maria fa lieta la sua casa di una limpida gioia. La mano del Signore li guida e li protegge nei giorni della prova. O famiglia di Nazareth esperta nel soffrire, dona al mondo la pace! Amen!


Ecclesia

21 26 dicembre 2015

kaire@chiesaischia.it

Il perdono del Padre celeste Dell' Ordine francescano secolare di Forio

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urante l’Udienza Generale di mercoledì 16 Dicembre, Papa Francesco ci ha invitati a chiedere la misericordia di Dio accostandoci alla confessione e chiedendo perdono a Lui per i nostri peccati. “Un segno importante del Giubileo è anche la Confessione. Accostarsi al Sacramento con il quale veniamo riconciliati con Dio equivale a fare esperienza diretta della sua misericordia. E’ trovare il Padre che perdona: Dio perdona tutto. Dio ci comprende anche nei nostri limiti, e ci comprende anche nelle nostre contraddizioni. Non solo, Egli con il suo amore ci dice che proprio quando riconosciamo i nostri peccati ci è ancora più vicino e ci sprona a guardare avanti”. Ma che cosa è il perdono? Esso può essere inteso in senso debole come minimizzare i problemi e dimenticarli, rinunciando così a risolverli. Ma se viene inteso in senso pieno, è veramente fonte di pace interiore e di beatitudine come dice S. Francesco nel Cantico delle creature: «Beati quelli che perdonano per lo Tuo Amore». Con queste parole il Santo sottolinea anche che la capacità di perdonare viene dall’alto, dalla presenza dell’Amore di Dio in noi. Ma come è possibile che questo avvenga se non abbiamo prima ricevuto noi stessi il

perdono da Dio? Dobbiamo essere annunciatori del Vangelo che offre all’uomo una vita piena nel perdono. Uno dei temi più cari alla predicazione di S. Francesco era la riconciliazione. Prima di esporre la parola di Dio al popolo radunato, augurava la pace dicendo: “Il Signore vi dia la pace”. Questa pace sempre devotamente annunziava a uomini e donne, a quelli a cui egli andava o che venivano a lui.Ad un ministro scrive anche questo autentico capolavoro di carità e di psicologia:« A questo segno voglio riconoscere se ami il Signore e me, servo suo e tuo, se fa-

rai cioè in modo che non ci sia nel mondo un frate che abbia peccato quanto più poteva peccare e, dopo aver visto i tuoi occhi, se ne vada senza aver ottenuto il tuo perdono, se te lo chiede; anzi, se non chiedesse egli misericordia, tu stesso chiedi a lui se vuole essere perdonato. E se ti si presentasse davanti mille volte, amalo più di quanto ami me, al fine di trarlo al Signore, ed abbine sempre pietà » ( Lmin 10:235). L’atteggiamento di instancabile comprensione non è indice, in San Francesco, di condiscendenza, ma è carità sincera: è esercizio di amore

fraterno, che riflette l’amore paterno di Dio. Il Poverello ricorda l’ammonimento del Vangelo (Mc11,26): «perdonate e vi sarà perdonato » (Rnb 21,4:55 ). E prega con umiltà il Signore: «quello che noi non sappiamo perdonare, tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo» (Pater 17:273). La misericordia è favorita dalla povertà di spirito, che rende libero il cristiano dalle presunte esigenze dell’egocentrismo e più aperto verso gli altri. L’uomo deve saper perdonare, come fa Dio che perdona sempre e ammanta di misericordia ogni creatura.

Stare con Gesù per lasciarsi amare Di Antonio Magaldi

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tare con Gesù è adorare, è aderire a Gesù, è vivere un’esperienza d’amore. Questo incontro con Gesù, Figlio di Dio e figlio dell’uomo, ci insegna il segreto della vita. La fede è innamoramento, è lasciarsi amare e nel contempo sentirsi teneramente amati. Questa esperienza è più di un dono. Come rimanere indifferenti, al celeste Bambino tutto mansuetudine e dolcezza, Egli soffre e vagisce nel presepe, per rendere a noi amabile e meritoria la sofferenza; Egli manca di tutto perché noi apprendiamo che dobbiamo disprezzare, ciò che il mondo dilaniato e sconvolto ama. Come rimanere insensibili al dolore

di Cristo, alla Sua morte, all’offerta, al dono per noi di una vita senza fine? Come rimanere indifferenti in quello che Gesù ha operato nell’incontrare gli uomini nei giorni della Sua vita terrena? Il Suo rapporto con i nemici, con i peccatori, e a tutte le parole di tenerezza e di amore nei riguardi del Padre Suo e nostro. Papa Francesco ci trasmette un modo speciale di stare con Gesù: la preghiera, l’adorazione. “Ad ora-zione” significa baciare, vivere in intimità e lasciarsi guidare da Lui. È una preghiera che vive dello sguardo del Signore; nell’ Eucarestia comprensibile solo per chi desidera stare sempre con Lui, nella peren-

ne azione amorosa del Suo Spirito e dono amoroso e misericordioso dello sguardo del Padre. Nell’ Eucarestia abbiamo l’opportunità di incontrare Gesù, unitamente al Padre e allo Spirito Santo, di ricevere quella Grazia che ci aiuterà ad incontrare i fratelli secondo lo stile di Dio. Cibarsi dell’Eucarestia non è una pia devozione, ma per assomigliare a Lui nell’ Amore, che ci porta a sentire gli altri come fratelli e sorelle: fa crescere in noi la capacità di gioire con chi gioisce e di piangere con chi piange, ci aiuta a riconoscere in loro il volto di Gesù. Se meditiamo la Parola, cibiamoci dell’Eucarestia, per vivere e sentire

Gesù che poco a poco trasforma il nostro modo di guardare e considerare i fratelli, secondo il Cuore del Padre. Gesù ci chiama ad un rapporto personale, unico e continuo, desidera la passione dell’anima che col Suo aiuto si sappia pienamente realizzare nella potenza dello Spirito Santo. Papa Francesco afferma: “solo il rapporto fedele e intenso con Dio, permette di uscire dalle proprie chiusure e annunciare con parresia il Vangelo. Senza la preghiera il nostro agire diventa vuoto e il nostro annunciare non ha anima e non è animato dallo Spirito” (Udienza generale 22/05/2013).


PROSSIMI APPUNTAMENTI PASTORALE GIOVANILE • •

NATALE DELL SPORTIVO 30 dicembre ore 18:00 Messa nella palestra del polifunzionale ad Ischia FESTA DI FINE ANNO 31 dicembre presso il Centro Giovanni Paolo II di Forio


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Teatro

26 dicembre 2015

kaire@chiesaischia.it

ABBONAMENTO POSTALE

Borgo Sant’Antonio Di Gina Menegazzi

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na bella commedia, quella proposta al Teatro Polifunzionale, lo scorso fine settimana, dalla compagnia Attori per Caso: Borgo Sant’Antonio di Raffaele Viviani, un testo scritto poco meno di un secolo fa, ma che, anche grazie all’adattamento di Salvatore Ronga, mantiene intatta tutta la sua vivacità e attualità. Una commedia dalla trama semplice, ma un’opera tutt’altro che stupida, in cui la tresca tra “’a farinara” e il suo dipendente, ovviamente scoperta dal marito, risulta essere il pretesto per descrivere e farci vivere i pettegolezzi e le chiacchiere del borgo, dove ogni notizia, passata di bocca in bocca, viene ampliata, arricchita di particolari inesistenti o piccanti, fino al travisamento della realtà. E se ogni accadimento è buono per tirarne i numeri del lotto; se anche il giornalista, non avendo capito molto di quanto successo, preferisce inventarsi una sua storia che non ha quasi più alcun rapporto con i fatti reali, pure la strada resta aperta ai sentimenti più umani, quali l’amore e la gelosia. Dall’alto di un’immagine alzata come gonfalone,

anche sant’Anna viene coinvolta in quest’opera che vede decisamente la coralità prevalere sull’individualità – e questo è forse il suo pregio maggiore – pur conservando ai vari “popolani” caratteri ben distinti. Molto indovinate le scene di Umberto Canestrini, semplici e tutte giocate sui toni del bianco, e le musiche di Luca Iacono. La sola critica che mi sento di muovere agli attori riguarda qualche problema di dizione: soprattutto nelle scene più concitate, quando è maggiormente necessario rendere la parola ben comprensibile, c’era (ma questo accade spesso nelle compagnie isolane) la tendenza a “mangiarsi le parole”, o finirle con voce più bassa, a discapito della loro comprensione. Un “bravo!” però a Biagio Buono, Enrica Buonocore, Maria Buonocore, Sara Buonocore, Armando Chartier, Ciro Costa, Michele Cur-

ci, Vincenzo Curci, Giovan Giuseppe De Luca, Francesca Di Meglio, Paolo Lauro, Carolina Palma, Roberta Pollio, Giovan Giuseppe Sasso, Francesco Sasso, Teresa Sasso, Antonio Telese per la presenza sul palco, i tempi ben rispettati, la loro naturalezza… Assolutamente un bel lavoro. Lucia De Luise

PROSSIMI APPUNTAMENTI TEATRALI e 27 dicembre Sasiski con Le due commedie in commedia

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