Kaire 43 Anno II

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Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 2 | numero 43 | 24 ottobre 2015 | E 1,00

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FAMIGLIE Papa Francesco ha proclamato Luigi e Zelia Martin la prima coppia santa del nostro tempo. Raccontiamo la storia di Carmen, la bambina miracolata per intercessione dei santi coniugi.

Libertà, istigazione e sabotaggio

Ischia verso Cracovia 2016 Al centro diocesano Caritas “Giovanni Paolo II” la prima giornata di spiritualità organizzata dalla Pastorale Giovanile diocesana in preparazione alla GMG 2016, con il vincenziano don Giuseppe Carulli.

Di Lello Montuori

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ono personalmente contento che lo scrittore Erri De Luca sia stato assolto dall’accusa di istigazione. Contento come uomo, persona umana sensibile ai casi umani. Absit iniuria verbis. Forse meno contento come modesto studioso di diritto. Ma non è bipolarismo. Sul piano umano, intendo quello proprio del nostro essere uomini, sono contento tutte le volte in cui un Tribunale manda assolta una persona. Il processo, in fondo, è pena. Chi lo affronta avendone la percezione, vive un’esperienza già di per sé grave. Chi lo affronta, consapevole della propria innocenza, lo vive come una grande ingiustizia. Ma il processo a Erri De Luca non è stato un processo ingiusto. Come spesso capita, tutte le volte in cui l’imputato è un uomo pubblico - per notorietà o in forza della carica- il processo si è caricato di elementi ad esso estranei, cui si sono aggiunti, stavolta per colpa -questa sì, dell’accusato e dei suoi amici- appelli senza senso alla libertà di espressione, di pensiero, di critica e dissenso. Ma questo non era un processo al dissenso, nè un processo alla libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero.

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VEGLIA MISSIONARIA Intervista a don Carlo Iadicicco, missionario per 35 anni in Perù, dalla parte dei più poveri.

SCUOLA-LAVORO

SALUTE

Inaugurato al Mattei il nuovo laboratorio di chimica alla presenza del Vescovo Pietro.

L’appello di una mamma ischitana: “aiutatemi a salvare mia figlia dall’anoressia”.

TORNA L’ORA SOLARE Nella notte tra sabato 24 e domenica 25 occorre spostare indietro di un’ora le lancette dell’orologio.


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Vita Diocesana 24 ottobre 2015

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VEGLIA MISSIONARIA Di Francesco Schiano

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opo l’ascolto del passo di Vangelo in cui Gesù ci presenta l’immagine del Buon Samaritano, ha preso la parola don Carlo Iadicicco, già fidei donum della diocesi di Capua, che dopo circa 35 anni in Perù ha fatto ora ritorno nella sua Chiesa locale. “Don Carlo Iadicicco - scriveva l’allora Vescovo di Capua Bruno Schettino - si è fatto contadino, muratore, condividendo in pieno il destino di un popolo, per salvarne la radice culturale, l’identità e la sopravvivenza”. E così è stato per davvero per questo sacerdote che pur in mezzo a mille difficoltà, non ultima quella di dover imparare una lingua a lui sconosciuta, ha mantenuto fede alla sua vocazione missionaria portando con sé la gioia di una fede semplice e pura che continua a diffondere nel suo cammino che ora proseguirà su mandato del Vescovo di Capua Salvatore Visco, presso il litorale Domizio. “Questi anni in Perù – ha sottolineato il nostro Vescovo Pietro sono stati per don Carlo una grazia speciale che proseguirà sul litorale domizio, lì dove il Vescovo lo ha inviato perché continui ancora la sua missione in mezzo ai bisognosi e ai poveri, in quella parte di territorio della Diocesi di Capua dove c’è una sorta di enclave africano. Sono certo che se don Carlo facesse ora un bilancio della propria vita potrebbe dire certamente Grazie a Dio per il bene che gli ha concesso di fare e per il tanto bene che gli ha dato di ricevere; anche io, che lo ho avuto come parroco, sento il bisogno di ringraziarlo per tutto quanto mi ha trasmesso; gli ho servito Messa fino a quando lo vidi prepararsi alla Missione andando a lavorare come muratore, come manovale, per prepararsi a stare con i poveri ed aiutarli nella loro vita di tutti i giorni, testimoniando a me e a tutti la gioia che lui aveva trovato nel donarsi ai fratelli”. Al termine della Veglia abbiamo avuto modo di incontrare don Car-

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Dalla parte dei poveri Organizzata dall’Ufficio Missionario Diocesano guidato da don Carlo Busiello e presieduta da Mons. Pietro Lagnese, si è tenuta sabato scorso 17 ottobre presso la Basilica di S.Maria Maddalena in Casamicciola, la Veglia Missionaria, proprio alla vigilia della Giornata Missionaria Mondiale 2015 dal tema: “Dalla parte dei poveri”.

lo Iadicicco, con il quale abbiamo approfondito alcuni aspetti della sua esperienza di sacerdote e missionario in questi anni. Don Carlo, parlaci della tua vocazione missionaria “Sono don Carlo Iadicicco, sacerdote fidei donum della Diocesi di Capua. Si tratta di quel gruppo di preti che si ispirano a questa grande iniziativa nata ai tempi di Paolo VI, per andare in aiuto alle Chiese dove c’è bisogno di aiuto e necessità di sacerdoti. Così 35 anni fa partii da Materdei (Napoli) per un’esperienza missionaria in Perù sulla Cordigliera delle Ande tra i campesinos; io provenivo già da Vitulazio che è il paese nativo del Vescovo di Ischia mons. Lagnese, e tra l’altro io sono stato anche suo parroco prima di andare a Materdei. Ma proprio da Materdei, con la benedizione dell’allora cardinale Ursi passai ad un’esperienza missionaria in Perù dove sono rimasto e ho rinnovato costantemente il mio impegno missionario prima a servizio della Diocesi di Chimbote (naturalmente in sintonia con la mia Diocesi di Capua), poi del

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vicariato apostolico di Sanramon nella selva centrale del Perù”. Qual è stata la tua esperienza col prossimo beato mons. Oscar Romero? “A pochi mesi dal mio arrivo in Perù mentre stavo dicendo Messa mi interruppero durante la Celebrazione per dirmi che mons. Romero era stato trucidato sull’altare mentre celebrava la Messa. Naturalmente mi si spezzò il cuore perché era per me, per tanti altri Sacerdoti e Comunità ecclesiali di base, il referente e l’autorità morale che ci permetteva un certo tipo di testimonianza pastorale più incisiva e credibile. Poi partecipai ai gruppi “Oscar Romero” che si sono formati nella Chiesa non solo latina americana nei quali partecipano sacerdoti, religiosi, seminaristi e laici che si ritrovano attorno alla sua figura e alla sua spiritualità di liberazione che faceva capo a lui e a don Pedro Casaldàliga”. Hai mai rischiato di morire durante la tua attività di missionario? “Rischiato non lo so fino a che punto, ma panico ne ho provato questo si. Quanto ho rischiato

Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

questo lo potranno dire quelli che hanno ammazzato il mio compagno di missione, P. Sandro Dordi, sacerdote fidei donum bergamasco chiamato da me per condividere la mia stessa esperienza. Il 5 dicembre si celebra la sua beatificazione insieme a quella di mons. Oscar Romero e ai due frati conventuali polacchi, perché furono ammazzati in odium fidei”. Papa Francesco ci parla spesso di una “chiesa in uscita” ma oggi i laici come possono vivere al di là della semplice offerta per le missioni, l’esperienza missionaria? “Non c’è una ricetta univoca. La missionarietà non comporta sempre una delocalizzazione. Abbiamo secondo me una “ricetta” importante, quella di Papa Francesco che nella Evangelii Gaudium ci dà i riferimenti per dare consistenza anche di pensiero alla nostra missionarietà. Non c’è un modo unico di essere missionari ed evangelizzare; c’è chi è portato ad andare nelle discoteche, tra i drogati, c’è chi è portato ad essere missionario in modo diverso.

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Vita Diocesana

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Io credo che ogni sacerdote, religioso o laico debba trovare nella sua sensibilità religiosa la forma migliore di “uscire” e come e dove farlo. Tante volte si tratta anche solo di uscire con i figli più spesso, per altri sarà di andare in Africa a testimoniare concretamente la presenza di Dio in quelle popolazioni”. Cosa ti porti con te dagli anni di esperienza in missione? “In modo particolare porto con me la gratitudine per essere stato convertito a una certa sensibilità religiosa più essenziale e “scheletrica”, con meno sovrastrutture. E anche l’essere stato convertito ad una vita buona che non dipende da compere compulsive, perché tante cose non le ho avute e ho avuto il piacere di non averle! Il piacere di non avere il telefono, la luce, la televisione. Questo l’ho dovuto apprendere a forza e poi ho visto che mi piaceva”. Qual è la differenza tra la Chiesa aperta e missionaria che hai vissuto in Perù e la nostra Chiesa , spesso fin troppo rintanata nelle proprie posizioni di prestigio? “Non dobbiamo piangerci addosso come Chiesa, e ci dobbiamo stimare nelle cose buone che facciamo e in quello che siamo da 2000 anni

a questa parte senza ovviamente nascondere brutture o nefandezze. Però mai piangersi addosso. Abbiamo bisogno di conversione pastorale ma sappiamo su quale pavimento camminiamo. Su quei valori che hanno costituito il bene non solo delle nostre Parrocchie ma dell’Italia e che spesso è opacato dalla superficialità assurda degli strumenti di comunicazione o quant’altro noi dobbiamo fondare l’oggi della nostra storia. A partire da quel buono non sempre molto visibile, è possibile e praticabile una vera conversione pastorale”. Avete avuto mons. Lagnese come ministrante, adesso lo ritrovate come Vescovo di Ischia… “La sua famiglia era tra i pilastri della Comunità di cui ero Parroco, ma grazie a Dio quando cominciammo questo percorso non si è fermato più. Me ne sono andato io ed è arrivato lui, se n’è andato lui e gli è succeduto don Pasquale Violante. Dunque la continuità del percorso: si vede che c’è qualcosa di buono in quello che abbiamo seminato. Quello che vorrei lasciare come invito a voi invece è la sfida del “DUC IN ALTUM” che prendo dal suo motto episcopale. Voi fate parte di un arcipelago di isole e c’è il mare che vi unisce, non siete soli. Il mare è anche stato una grande via di evangelizzazione (vedi San Paolo). Giona non voleva andare a Ninive, noi ci vogliamo andare non perché siamo migliori ma perché ci spinge quel Gesù Cristo che Giona non ha conosciuto”. Nelle foto: Don Carlo Busiello con don Carlo Iadicicco e alcuni momento della veglia missionaria


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Famiglie 24 ottobre 2015

Di Mariarosaria Petti

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urante la veglia che si è svolta sabato 17 ottobre presso la Basilica di Santa Teresa d’Avila a Roma in preparazione alla liturgia eucaristica per la proclamazione della santità di Luigi e Zelia Martin, toccanti sono state le testimonianze delle famiglie che hanno ricevuto i miracoli che hanno permesso prima la beatificazione e poi la canonizzazione. Raccontiamo il miracolo della piccola Carmen nata prematura e dopo pochi giorni dalla nascita colpita da un’emorragia celebrale di quarto grado e da una pericolosa setticemia. I suoi genitori si affidano a Luigi e Zelia Martin, grazie al consiglio delle suore carmelitane di Serra. La bambina guarisce inspiegabilmente: è un miracolo. La nascita. Il 15 ottobre del 2008 dopo soltanto 28 settimane di gestazione, nasce Carmen. I primi segnali preoccupanti arrivano già al secondo mese di gravidanza. Anche con Ismael, il primo figlio, non era stato facile. I medici le impongono di nuovo riposo assoluto e Mari Carmen resta a letto, immobile a proteggere la sua bimba. Nel suo cuore di madre conosce già il temperamento della figlia. La speranza l’abbraccia e andare in ospedale continuamente nell’ultimo periodo non la scoraggia. Durante una delle ultime visite, i medici cercano di capire lo stato di salute del feto. Dall’ecografia una manina piccolissima si agita, sembra come salutare mamma e papà e gli spettatori increduli. La piccola sta bene e lancia indizi inequivocabili sul suo carattere deciso. Appena Carmen viene alla luce, il volto delle ostetriche s’incupisce. Per Mari Carmen il parto è stato speciale e non accetta il pessimismo del personale sanitario dell’Ospedale “Nueve de Octubre” di Valenza (Spagna). «Aspettatevi il peggio» raccomandano a mamma Mari Carmen e a papà Santos. «Dio le ha dato la vita e solo Lui può toglierla» rispondono i genitori agli specialisti. Il 17 ottobre Carmen è colpita da un’emorragia celebrale di quarto grado, a cui segue una pericolosa setticemia. Lo sconforto fa capolino. Santos cerca su internet un luogo dove poter pregare per la vita della sua bambina. A che cosa – o meglio, a chi – aggrapparsi, però? Carmen è nata nel giorno in cui la Chiesa festeggia Santa Teresa d’Avila, sarà lei ad aiutarli. Dalle ri-

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E se pregassimo Luigi e Zelia?

Papa Francesco domenica 18 ottobre in piazza San Pietro ha proclamato Luigi e Zelia Martin santi, la prima coppia santa del nostro tempo. Raccontiamo di seguito la storia di Carmen, la bambina miracolata per intercessione dei santi coniugi.

cerche frettolose, Santos trova a 40 km da Valenza il Monastero di San Giuseppe e Santa Teresa delle suore carmelitane scalze. È il 24 ottobre, le condizioni di Carmen non migliorano: la piccola è in terapia intensiva neonatale. Santos decide di raggiungere il Monastero di Ser-

ra, anche se è lontano, è buio e la strada impervia. L’incontro con suor Marìa Jesùs. Quella notte in portineria c’è suor Marìa Jesùs. È un’anziana carmelitana, buona come gli anni che le pesano sulle spalle e che trascina a fatica con due bastoni. È

molto attenta al suo compito. Ha sempre avuto fiducia negli altri, aprendo la porta a chiunque, senza neanche rispondere. Tutti per lei meritano aiuto. Anche quel ragazzo che una volta approfittando della sua bontà stava per ingannarla. Dopo quell’episodio, suor Marìa Asuncìon, la Madre Superiora, si era raccomandata con la consorella di essere più vigile in portineria. «Vengo a pregare per mia figlia, è nata prematura e ora è molto malata» spiega Santos al citofono. Suor Marìa Jesùs gli consiglia di tornare per la celebrazione eucaristica della domenica, alle 12.00. Quando la suora racconta l’accaduto in refettorio, le carmelitane hanno un sussulto: «Perché non lo hai fatto entrare?». A testa bassa e disorientata, la consorella prega nel suo cuore di rivedere quell’uomo giovane sconvolto dal dolore per la condizione di salute di sua figlia. La preghiera a Luigi e Zelia Martin. Per alcune domeniche Santos e Mari Carmen si recano a Serra, scelgono sempre l’ultimo banco. La celebrazione eucaristica termina alle 13.00 e alle 13.30 inizia l’orario di visita in ospedale: i genitori di Carmen hanno appena il tempo di ricevere la benedizione finale e poi via di corsa dalla loro bambina. Suor Marìa Asuncìon e suor Marìa Jesùs passano in rassegna i volti dell’assemblea, cercano di intercettare il viso dell’uomo che qualche settimana prima aveva chiesto di poter pregare con loro per sua figlia. Nel frattempo, il 19 ottobre a Lisieux i genitori di Santa Teresa del Bambino Gesù sono stati beatificati. La notizia fa eco in tutto il mondo. Tra le mani della superiora di Serra arriva per caso la rivista Orardei padri carmelitani di Burgos. Suor Marìa Asuncìon legge la storia di Pietro Schilirò, il bambino guarito per intercessione dei Martin, miracolo riconosciuto dalla Chiesa, che li aveva condotti alla beatificazione. Per la superiora è un segno: «E se invece di pregare per Santa Teresina, invocassimo l’intercessione dei suoi beati genitori?». Le carmelitane aspettano con ansia Santos e Mari Carmen, per consigliargli di affidarsi ai Martin. È domenica 2 novembre, sta per svolgersi il solito copione: l’ultima panca occupata dai visi sempre


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Famiglie

24 ottobre 2015

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FALSE NOTIZIE In merito alla notizia sulla malattia del Papa, pubblicata dal Quotidiano QN, pubblichiamo il testo dell’Osservatore Romano.

più provati dall’angoscia e poi pian piano via, guadagnando l’uscita. Questa volta suor Marìa Asuncìon corre fuori dalla Chiesa, raggiunge il parcheggio. La coppia è già in auto, la marcia ingranata per scappare dalla piccola Carmen. Il finestrino scivola giù meccanicamente, gli occhi s’incrociano e la mano della suora si sporge all’interno per consegnare un’immaginetta: «Pregate i Martin, iniziate la novena stasera stessa. Loro vi saranno vicini. Noi faremo lo stesso». Santos e Mari Carmen hanno un appiglio per sfuggire al discorso che poco prima avevano a fatica cominciato. Marito e moglie si preparavano ad organizzare il funerale della secondogenita di casa Pérez. I miglioramenti di Carmen. In breve tempo il quadro clinico invece inizia a migliorare. Nonostante la situazione sia ancora delicata, i medici consigliano di trasferire Carmen dal “Nueve de Octubre” all’ospedale “La Fe”. Una sola incubatrice è disponibile: le lungaggini burocratiche e l’atteggiamento aggressivo del medico responsabile del reparto non aiutano a sperare. Intanto, Carmen viene trasferita. La patologia che l’ha colpita avrebbe lasciato danni inevitabili nella bambina, di tipo fisico e psichico. La preghiera continua senza sosta, i centri nevralgici sono la famiglia di sangue della neonata e quella “acquisita”, composta dalle carmelitane di Serra. Arrivata nel nuovo ospedale, decidono di togliere a Carmen i tubi dell’ossi-

geno, preparandosi al peggio. La bimba è forte, resiste. Le vengono date poche gocce di latte materno per alimentarla normalmente. Per altri 40 giorni Carmen resta a “La Fe”. La data prevista per il congedo è fissata per il 7 gennaio, ma la bam-

bina cammina spedita verso la guarigione e i medici decidono di dimetterla il 2 gennaio. Non una data qualsiasi: 135 anni prima nasceva Teresa, la figlia di Luigi e Zelia, quei genitori a cui Santos e Mari Carmen costantemente si erano affidati.

Sono infondate le notizie sulla salute del Papa diffuse il 21 ottobre, in modo irresponsabile, da giornali italiani: lo hanno visto di persona le migliaia di persone presenti in piazza San Pietro per l’udienza generale di mercoledì e lo ha testimoniato il sostituto della Segreteria di Stato, arcivescovo Angelo Becciu, che attraverso il suo account Twitter (@ AngeloBecciu) ha scritto: «Ho incontrato il Papa ieri sera. Sta benissimo e in grande forma! Che è ’sta gazzarra sulla sua salute?». Anche il direttore della Sala stampa della Santa Sede — il gesuita padre Federico Lombardi, intervenuto nella notte con una secca smentita — ha ribadito nella mattinata la totale falsità di queste notizie: «Lo faccio dopo le verifiche con le fonti opportune, compreso il Santo Padre». E il momento scelto rivela l’intento manipolatorio del polverone sollevato.


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Salute 24 ottobre 2015

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LETTERE DI AIUTO

L’appello di una mamma ischitana al quotidiano “Il Golfo” per evitare la soppressione dell’unico centro campano, a Soccavo. Una storia fra le tante sull’isola, spesso nascoste e in silenzio.

“Aiutatemi a salvare mia figlia dall’anoressia" Di Isabella Puca

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schia – «Mia figlia è arrivata a pesare 30 kg e 800 grammi in un mese. Per due mesi non ha né mangiato né bevuto. Ora ne pesa 44 ma l’anoressia non finisce quando si ricomincia a mangiare». A rivolgersi al quotidiano “Il Golfo” è mamma Cinzia, una mamma coraggio che ha preso di petto il disturbo alimentare della figlia e ha fatto della sua risoluzione una ragione di vita. Sua figlia, oggi, ha quasi 15 anni, l’anoressia che l’ha colpita appena un anno fa è in fase di miglioramento. «Appena scoperto il problema – ci racconta – l’hanno ricoverata per tre mesi al Policlinico. In quel periodo ha visto di tutto e il trauma è aumentato. Deve la sua vita ad un pediatra e una nutrizionista che si occupava di diabete. Come sostegno sono ancora in lista d’attesa per un trasferimento a Bologna». Durante il mese di febbraio, in uno dei tanti pomeriggi trascorsi in ospedale per cercare di combattere un problema di cui sono affetti ormai, anche sulla nostra isola, buona parte degli adolescenti, in un servizio su Rai 3 mamma Cinzia ha sentito parlare di una struttura Asl presente nel territorio napoletano, specifica proprio per i disturbi alimentari: il centro DCA di Soccavo. Da quel giorno, due volte a settimana, mamma Cinzia e sua figlia prendono l’aliscafo e poi la cumana che le porta direttamente dinanzi al centro. «Da marzo ha iniziato la ripresa – ci dice ancora – ma l’anoressia non è solo non mangiare o bere, il problema arriva dopo. In questo centro abbiamo trovato un importante sostegno psicologico, sia per me che per mia figlia. Oltre a sostenere i ragazzi sostengono anche noi genitori che così capiamo come relazionarci a loro. Obbligarli a mangiare, spesso, non è la soluzione al problema». Qui sull’isola non esiste un centro specializzato per la cura e il sostegno dei disturbi alimen-

tari e sono tantissimi i ragazzi e le ragazze, dai 12 ai 16 anni che iniziano a soffrire di questi problemi legati all’alimentazione. «Qui sull’isola – ci dice ancora mamma Cinzia – siamo seguiti in parallelo con il centro dalla dott.ssa Francesca Amalfitano, biologa specialista in scienze dell’alimentazione, ma è davvero dura». Mamma Cinzia si è rivolta a noi perché il centro di Soccavo, che ha salvato sua figlia e tanti altri ragazzi da morte certa, rischia, ancora una volta, la chiusura. Ogni anno, per mancanza di fondi, il centro chiude costringendo i pazienti ad interrompere le terapie in maniera forzata, bloccando i progressi ottenuti e rallentando sempre di più l’iter per la guarigione. Tutti i genitori che hanno figli con disturbi alimentari in cura presso il centro DCA di Soccavo si sono allora riuniti in un’Associazione per far fronte alla chiusura del centro, tra questi c’è anche mamma Cinzia che ha sta cercando di combattere, da sola, anche questa battaglia sull’isola. Se avvenisse davvero la chiusura, sarebbero tutti costretti a emigrare al Nord e con loro chiunque dovesse, un domani, affrontare una simile problematica; quello di Soccavo è infatti l’unico centro in Campania per la cura e il sostegno dei pazienti affetti dai disturbi ali-

mentari. La struttura dal 2010 si occupa nello specifico di queste problematiche, oggi quanto mai attuali se pensiamo che ci troviamo nella società dell’apparenza, dove un like a una foto di Facebook conta di più di un bel voto a scuola. Ogni anno sospendono questo servizio e i trattamenti nonostante in Campania ci siano quasi cinque mila persone affette da anoressia o bulimia, circa il 10% degli adolescenti. Le aziende sanitarie e gli ospedali pubblici della Campania non dispongono di risorse umane, reparti o ambulatori specifici per il problema e il centro DCA di Soccavo rappresenta l’unica speranza per le famiglie che si trovano a dover combattere con queste problematiche, senza dover allontanarsi dalla propria famiglia, dalla propria Regione. «Stiamo cerando di combattere tutti noi genitori, organizzando una raccolta firme. La gente sta rispondendo, qualcuno invece è restio a mettere il numero della carta d’identità. So che sull’isola alcuni genitori hanno figli con questa problematica, ma restano in silenzio. È sbagliato, nessuno sa quale misura adottare. Non si guarisce dall’anoressia riprendendo a mangiare». Con mamma Cinzia, “Il Golfo” ha deciso di rendersi disponibile per raccogliere quante più firme possi-

Assisi, San Gabriele, Padre Pio dal 7 al 10 novembre 2015 4 giorni - tutto compreso in pullman - Euro 300,00 Per informazioni Tel. 081 995750 Salvatore Mattera Cell. 3331306538 info@bellitaliaviaggi.it - www. bellitaliaviaggi.it

bile, per rispetto di chi di anoressia ci è morto, privandosi così del suo immenso sorriso e per chi sta combattendo con le unghie e con i denti per riconquistare una vita sana lontana dai disturbi alimentari.

FARFALLE DALLE ALI SPEZZATE

Il settimanale Kaire di sabato 5 settembre 2015 pubblicò un’inchiesta “Anoressia e Bulimia” a cura della dott.ssa Rossella Verde, psicologa. Per chi volesse approfondire l’argomento o conosce qualcuno che soffre di questi disturbi alimentari, può contattare la dott.ssa Verde al seguente indirizzo mail rossella_verde@libero.it o scrivere in redazione: kaire@chiesaischia.it

DOVE FIRMARE

Nella Redazione del Golfo in Corso Luigi Manzi – Casamicciola, dalle 18:00 di ogni giorno feriale sarà possibile firmare per dare uno schiaffo all’anoressia. Si può firmare anche al supermercato Chiocca, al Conad in via Michele Mazzella (Ischia), al negozio Valleverde in Via A. De Luca (Ischia), all’ass. Luca Brandi ogni pomeriggio nei giorni feriali, presso l’ass. Moveo di Panza, alla bottega del pane a Casamicciola. Chiunque abbia un esercizio commerciale può scriverci a quotidianoilgolfo@gmail.com per ricevere il form da far compilare ai suoi clienti. Una firma non costa niente, di anoressia, invece, si può morire.


Salute

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CONTRO LA DEPRESSIONE

Il segreto della felicità nel ritmo dei più deboli La postmodernità nella quale siamo immersi suggerisce di rinunciare ad avere criteri (cioè dimensioni di senso ben definite). Ma questa rinuncia ha un prezzo: l’infelicità. Ci sono studi recenti, invece, che correlano la felicità con il possedere un “criterio” per scegliere. Avere un criterio per scegliere rimanda ad altro: avere un progetto, delle idee, una identità

Di Prof. Tonino Cantelmi*

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li uomini e le donne del terzo millennio, al tempo della rivoluzione digitale e della tecnocrazia onnipotente, sono più felici? Il benessere, nell’epoca del dominio tecnologico, è aumentato? Secondo i dati Oms sembrerebbe di no: già ora, ma soprattutto nei prossimi 5 anni, la patologia più invalidante nel mondo è e sarà la depressione. Se poi consideriamo l’impressionante esplosione delle dipendenze dell’uomo postmoderno, trasformandolo in schiavo del sesso, della tecnologia, del gioco o dell’acquisto, allora ci rendiamo conto che qualcosa non quadra. Non quadra ancora di più se riflettiamo sulla precocissima e veloce erotizzazione dei bambini (la metà dei bimbi a 11 anni ha già incontrato la pornografia) e sulle sue conseguenze sui cortocircuiti dell’intimità fallita, sul precoce impatto con sostanze stupefacenti e alcolici (basta pensare al binge drinking e alla sua diffusione fra gli adolescenti) che non può non alterare lo sviluppo cerebrale verso forme di discontrollo e di disorganizzazione, sull’incremento dei bambini che hanno necessità di cure psichiatriche (quasi uno su dieci nei primi otto anni di vita) e, in definitiva, sul fatto che un adulto su quattro nel corso di vita ha bisogno di cure psichiatriche. Insomma, sono dati impressionanti, che sembrano alludere ad un generale incremento del malessere e della fragilità. “Mio figlio era depresso e ammalato, per aver perso il suo lavoro dopo 30 anni di attività. C’è chi reagisce in un modo e chi reagisce in un altro. Lui ha voluto portarsi via l’affetto di tutti i suoi cari”. Lo disse Romano Augusto Garattini, pensionato di 80 anni, padre dell’uomo che atterrito dalla povertà, sterminò la famiglia a Collegno e poi si uccise in modo estremamente cruento, dilaniandosi il torace con una decina di coltellate. Il 2014 si aprì così e la

successiva catena di suicidi eclatanti aprì nei mesi successivi una riflessione sulla felicità e la povertà. In fondo lo sappiamo: qualcosa non funziona. Lo avvertiamo dall’incremento del disagio psichico, dal sempre più pressante senso di smarrimento dell’uomo tecnoliquido, dalla ricerca affannosa di vie brevi e immediate per la felicità, dall’aumento del consumo di alcol e di stupefacenti negli stessi opulenti ragazzi della società di Facebook, dall’affermarsi di una cupa cultura della morte, dall’inquietante incremento dei suicidi, dal malessere diffuso. Qualcosa dunque non funziona sia a livello individuale che sociorelazionale: la liquidità dell’identità, con tutte le sue conseguenze, non aumenta il senso di felicità dell’uomo contemporaneo. Alcuni studi sul benessere fanno osservare che la felicità non è correlata con l’incremento delle possibilità di scelta. Questi dati fanno saltare una convinzione che sembrava imbattibile. La felicità dunque non è correlata con l’incremento delle possibili scelte dell’uomo, ma gli stessi studi correlano la felicità con il possedere invece un “criterio” per scegliere. Avere un criterio per scegliere rimanda ad altro: avere un progetto, delle idee, una identità. Ed ecco che il cerchio si chiude: il tema della postmodernità attuale è sostanzialmente il tema della rinuncia ad avere criteri (cioè dimensioni di senso ben definite). Ma questa rinuncia ha un prezzo: l’infelicità. Quindi: che società stiamo decostruendo e ricostruendo in tempo di crisi? Quale è la qualità umana della nostra società? Forse dovremmo riscoprire l’armonico ritmo dei più deboli, come autentico fondamento di una società nuova. E in definitiva se fosse proprio la riscoperta del ritmo dei più deboli e degli ultimi a salvare il mondo consentendo il ritorno dell’umano nella sua pienezza? *Medico-Chirurgo, specializzato in Psichiatria, Psicoterapeuta

delegazione Fand isola d'ischia

Risultati giornata della prevenzione del diabete Il 4 Ottobre 2015 la FAND Delegazione Isola d’Ischia ha organizzato, come da diversi anni, la seconda giornata della prevenzione del diabete, malattia che si diffonde in modo esponenziale, anche in virtù delle non sempre corrette abitudini alimentari e della scarsa attività fisica di adulti e bambini. Come sempre sono stati effettuati numerosi controlli a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta, con grande soddisfazione dello staff medico per il senso di responsabilità per chi si è sottoposto al volontario controllo. In base ai risultati sono stati individuati n.38 soggetti con valori glicemici alti o anomali, tali da suggerire loro una più accurata visita specialistica. Ringraziamo per la collaborazione e la disponibilità il Distretto n.36 Ischia, il Dott. Ezechiele De Luca, responsabile dell’ambulatorio di Diabetologia dell’ASL di Ischia, il Dott. Cesare Iride e consorte, le Dott.sse Michela Scotti podologa, Alessandra Aurino biologa nutrizionista, il Dott. Francesco Impagliazzo psicologo, i Sig.ri Antonio Di Costanzo e Leonardo Trani infermieri presso l’Ospedale Rizzoli di Lacco Ameno, la Croce Rosa di Ischia, la Casa Farmaceutica FORA rappresentata dalla dott.ssa Federica Perna, il Nucleo Protezione Civile dell’Associazione Nazionale Carabinieri, l’Emittente Televisiva Teleischia, i giornali Kaire e Il Dispari. Ringraziamo il Prof. Gianni Vuoso per la risonanza data alle iniziative riguardanti l’opera di informazione e sensibilizzazione circa la prevenzione del diabete, e per l’eccellente e documentato articolo pubblicato sul “Il Dispari”. Un ringraziamento particolare a Pasquale e consorte, titolari del Bar “Il Gatto bianco”, che con tanta disponibilità ed entusiasmo ospitano questa manifestazione da quando è nata. Ischia, 19 Ottobre 2015 Il Presidente Delegazione FAND Isola d’Ischia Alfonso Filisdeo


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Giustizia 24 ottobre 2015

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Continua da pag. 1 L’imputato era accusato di un reato grave. L’invito a sabotare la realizzazione di un’opera pubblica, della cui utilità è fondato dubitare ed i cui effetti sono probabilmente anche dannosi per le comunità che quell’opera subiscono, se proviene da uno scrittore affermato, seguito, stimato, citato ed amato, può essere idoneo di per sé a suggestionare spiriti inquieti, quelli che vivono la pervicace determinazione dello Stato a realizzarla, come un atto di violenza cui contrapporre, per neutralizzarlo, atti altrettanto violenti come il sabotaggio con i mezzi che ognuno ha. Tuttavia per affermare la penale responsabilità dell’imputato occorreva dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, che le parole dello scrittore si fossero poste all’inizio di quel decorso causale che ha condotto alcuni a commettere atti di danneggiamento, o comunque di violenza, contro le cose e le persone nei cantieri della TAV. Con ogni evidenza questa prova non deve essere emersa nel processo. La norma penale in questo caso, tuttavia, non consentiva solo di escludere l’elemento psicologico che avrebbe potuto portare ad una assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato” quanto piuttosto di escludere in radice l’esistenza stessa del reato. La formula usata infatti è stata la più ampia: il fatto non sussiste. Perché questo reato esiste solo se si prova che qualcuno raccogliendo l’invito, o meglio l’istigazione, si risolve poi a delinquere. È come se per configurarlo non bastasse la condotta propria ma occorresse necessariamente la cooperazione di un altro soggetto: colui che si fa istigare e poi delinque. Detto questo, è ragionevole supporre che De Luca in questa vicenda abbia sbagliato. E continui a sbagliare. Il suo appello alla vigilia della sentenza, oltre che l’improprio richiamo alla libertà di espressione di cui all’articolo 21 Cost. -mai minacciata da alcuno ed anzi continuamente abusata- conteneva ulteriori considerazioni eversive, per carità, attribuibili molto più al suo essere a digiuno di nozioni di diritto che a deliberata volontà di sovvertire l’ordinamento; eppure c’erano. Come l’idea che la costituzionalità di una legge possa decidersi ogni giorno in ogni Tribunale e persino al di fuori di essi, in ogni ufficio pubblico che alla Costituzione si richiama e davanti ad ogni impiegato civile dello Stato

Libertà, istigazione e sabotaggio No Tav, assolto lo scrittore Erri De Luca ed anzi magari pure innanzi al popolo, questa entità che piace tanto a chi ha vissuto il ‘68. Ancora una volta lo scrittore forse inconsapevole dell’eco di ognuna delle cose che egli scrive o che persino dice,

si addentra con disinvoltura in munere alieno, non avendo contezza dei danni che può fare. Si tratta di conclamata recidiva. Che non si colloca nell’area del penalmente rilevante. E tuttavia merita attenzio-

ne. Forse anche censura. Su diversi piani. Perché non va dimenticato che in questo strano paese c’è stato un passato non troppo lontano in cui intellettuali di ogni risma hanno contribuito a creare quel brodo in coltura in cui si sono sviluppati orrendi fatti criminali neanche un po’ nobilitati dalla teleologia complessiva delle azioni intraprese: cioè sovvertire un ordinamento basato su innegabili ingiustizie per creare finalmente dalle sue ceneri fumanti, una società più giusta e solidale. Che vada dunque assolto lo scrittore. Nessuno degli atti di violenza contro i cantieri della Tav è riconducibile a lui e ai suoi ripetuti appelli al sabotaggio. Lo ha stabilito il Trbunale. Tuttavia la smetta. Di parlare come un oracolo. Di rivendicare per sé una libertà di cui spesso si abusa nel paese degli arbìtri, più che dei diritti. Non smetta di dire ciò che pensa. Ma la smetta di incitare al sabotaggio. Prima o poi l’esaltato di turno, magari rassicurato dalla sua convincente assoluzione di oggi, penserà che è lecito far saltare un cantiere, magari con un povero operaio che ci sta dentro. E magari al processo dirà pure: “Anche Erri aveva detto che era giusto sabotare. In fondo io ho solo sabotato. Il resto è stato un incidente”. In quel caso, per qualsiasi Tribunale, persino con il più garantista della Repubblica, sarà difficile mandare assolto lo scrittore. Perché la condanna l’avrà scritta da se stesso, in tante pagine.


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Punti di vista

24 ottobre 2015

kaire@chiesaischia.it

Di Franco Iacono

1.

Il Roma nei giorni scorsi riportava indiscrezioni su un possibile ritorno di Romano Prodi, riferimento a sinistra di tutto lo schieramento vasto contrario a Matteo Renzi. Le considerazioni partivano dalla scarsa consistenza, ed autorevolezza, degli oppositori interni al PD e di quelli che orbitano nella galassia a sinistra, di cui Landini aspira ad essere il riferimento. Non credo che Romano Prodi voglia avviarsi su di un percorso così accidentato ed incerto sia per quanto ha rappresentato, in chiave sempre unitaria, in quel mondo dal 1996 fino al 2008, sia perché non ritiene che questo sia più il suo tempo. Ad ogni buon conto: perché la riforma istituzionale, di cui all’abolizione, opportuna in verità, del bicameralismo perfetto sia operativa, quanto meno bisogna aspettare il referendum. Per nuove elezioni bisogna aspettare almeno il 2017, anche se Renzi continua a parlare del traguardo della fine legislatura, cioè il 2018. A prescindere dalla considerazione che la Legge di Stabilità appare abbastanza “elettoralistica”. Tanto lascia pensare che lo stesso Renzi intende farsi trovare pronto ad ogni evenienza. Al netto della ripetuta trascuranza per le tematiche relative allo sviluppo del Mezzogiorno, i cui cittadini comunque votano: che “fine” hanno fatto i “nostri” Parlamentari, sempre più ininfluenti e marginalizzati? Epperò altre scadenze elettorali incombono e sono già fissate: le elezioni a Torino, Milano, Napoli ed ormai anche Roma. Qui le cose per PD non si mettono bene, a meno che Renzi non convinca Pisapia a ricandidarsi per salvare almeno Milano, mentre a Torino, Fassino dovrebbe passare de plano. A Roma le cose stanno, come tutti vedono, dopo il disastro Marino, mentre a Napoli l’ancora di “salvezza” apparirebbe addirittura Antonio Bassolino. Ma è tutto lo stato del Partito, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, che denota una “discrasia” fra come Renzi si presenta, come tende a “colpire” l’elettorato, e come in effetti è il Partito. Il risultato delle elezioni amministrative ultime nel Mezzogiorno, ed in Campania in particolar modo, è stato un mezzo disastro. Per fortuna sua De Luca in Campania,

Il ritorno di Prodi, i fondi europei persi, il Sannio colpito Emiliano in Puglia e, qualche mese prima, Oliviero in Calabria, tutti sicuramente non “renziani” hanno mascherato una crisi profonda, di cui la defenestrazione recente del Sindaco Cuomo a Castellammare di Stabia, è solo l’ultima spia evidente. Allora, ribadisco quanto ho già sostenuto in altre occasioni: se Matteo Renzi intende segnare la storia dell’Italia, del PD e della Sinistra Europea deve lui favorire il ritorno di Romano Prodi, l’unico in grado di assicurare ruolo e prestigio in Europa e nel Mondo, alla guida del Governo e dedicarsi a “costruire”, sic, una nuova classe dirigente del PD protagonista nella palude del Partito del Socialismo Europeo. Un recupero della identità per il PD nel segno dei valori antichi, ma sempre attuali, del Socialismo e della dottrina sociale della Chiesa, di cui Papa Francesco si sta facendo rinnovato “apostolo”, lo renderebbe protagonista autentico della democrazia dell’alternanza, e gli consentirebbe di guidare una classe dirigente, a tutti i livelli, che ora, se mai esistesse, mostra la corda. Avrà Matteo Renzi la lucidità per capire fino in fondo questa realtà del suo partito, e decidere di conseguenza? O non si affiderà ancora al suo “stellone” ed andrà fino in fondo, contando sul suo “bunker” di “yesman” e sui “soldati di ventura”, dovrei dire “mercenari”, pronti ad ogni evenienza, pur di salvare la pelle loro? “Qui si porrà la sua nobilitate”, direbbe un suo illustrissimo concittadino, e la

sua intelligenza politica! Chi vivrà, vedrà! Ma le condizioni per un ritorno, comunque ipotetico di Romano Prodi, non sono in contrapposizione a Renzi in una logorante guerra, comunque fratricida. 2. Si sono persi, destinati altrove decine di milioni di euro stanziati dalla Unione Europea per realizzare lavori fondamentali per il rilancio del Porto di Napoli. I responsabili, i colpevoli, di vario grado, sono noti, ma è la Politica, e la sua autorevolezza, che ha perso, insieme a tutta la Città di Napoli. Per fortuna, Salerno ha ben speso le risorse assegnate al suo Porto. E gli effetti si vedono. Ma il Porto di Napoli è, di più potrebbe essere, ben altra cosa nel sistema portuale del Mediterraneo. Non dico niente di nuovo! Ma il punto non è questa “notizia”, bensì l’altro: riguarda l’assoluta incapacità di reazione di tutte le categorie interessate. Mi spiego: in questi anni di paralisi e di commissariamenti continui non sono mancate… le dichiarazioni! Tante dichiarazioni! Ma la costante incapacità di spendere risorse comunitarie, da Bagnoli al Centro Storico, ora anche al Porto, avrebbe meritato ben altro che dichiarazioni roboanti: le Istituzioni irresponsabili andavano non dico prese di assalto, ma almeno “assediate” con iniziative visibili e concrete. Il mio non è un incitamento alla rivolta, che pure sarebbe un segno di vitalità in una Città ed in una regione in cui non lavora un giovane su due, ma la riflessione su di un corpo so-

ciale via via spento, apatico, rassegnato. I segni di “vitalità” vengono prevalentemente dalla criminalità organizzata, che, non a caso, vede ormai i giovani, i ragazzi addirittura, protagonisti di una nuova tragica stagione di violenza e di morte. E c’è chi si balocca sul “grande” tema delle primarie nel PD o sta lavorando “alacremente” a farci conoscere questo mitico Masterplan per il Mezzogiorno d’Italia, già annunciato per settembre, di cui non vi è traccia al momento. Nessuno si lamenti se il movimento Cinque Stelle farà letteralmente piazza pulita di queste autentiche irresponsabilità. Possiamo sperare in un forte e determinato “colpo di coda” della Regione, di cui agli impegni decisi e forti del suo Presidente? Il Cardinale Sepe, ed io sono di accordo con lui, ci incita alla speranza, spinto dal forte grido di Papa Giovanni Paolo II, Santo: “Aprite il cuore alla speranza!” 3. Solidarietà a Benevento ed a tutto il Sannio, tragicamente colpito al cuore pulsante delle sue attività, nelle quali sono impegnate migliaia di persone laboriose, che ora, letteralmente, piangono per l’ennesima tragedia “annunciata” dalla irresponsabile incuria del nostro stupendo territorio! Un ristoratore di Sant’Angelo d’Ischia, titolare del Divina, ha annunciato che per il prossimo anno userà soltanto Pasta Rummo, una delle aziende colpite. Mi sembra una lodevole, e concreta, iniziativa di solidarietà, che merita di essere imitata!


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Scuola 24 ottobre 2015

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Inaugurazione del laboratorio di chimica al Mattei

Della Redazione

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iovedì 22 ottobre, all’istituto tecnico Enrico Mattei di Casamicciola Terme è stato inaugurato il nuovo laboratorio di chimica alla presenza del Vescovo Pietro Lagnese in un clima di gioia per un tassello di Buona Scuola locale. Continua l’opera positiva del Preside prof. Siciliano per dare strumenti ai nostri giovani per la loro formazione. E così gli studenti del Mattei potranno usufruire del nuovo laboratorio. “Un Istituto aperto al territorio isolano – ha affermato il Preside prof. Siciliano - che ha personale

competente e che desidera cooperare, convenzionarsi con imprese, attività territoriali ed offrire anche innovazione e competenze scientifiche aggiornate. I ragazzi devono poter uscire fuori e vivere l’alternanza scuola-lavoro, dando ai giovani la possibilità di unire teoria e pratica nelle aziende, conoscendo il mestiere e portando l’ultima innovazione, essendo i giovani dell’era digitale. Le aziende che si sono aperte all’alternanza scuola-lavoro aspettando che i giovani si diplomino per prenderli a lavorare, avendo avuto la formazione lavorativa nel periodo scolastico. Questo avviene a Milano e anche

al sud, e vorremmo si realizzi anche a Ischia”. Soddisfatti gli studenti per questo nuovo laboratorio e felici della presenza del vescovo Pietro in questo giorno per loro importante. “Con il Vescovo Pietro e noi studenti c’è un’amicizia nuova e bella” ha affermato un rappresentante degli studenti. Anche il vescovo Pietro ha confermato un bel dialogo reciproco con la scuola, gli insegnanti e gli studenti: “a partire dal dialogo con il Mattei si sta aprendo il dialogo anche con le altre scuole. Grazie al prof. Siciliano, colgo segnali di speranza. Quest’attenzione al territorio, questo vedere

una scuola senza cancelli, è segno di una cambiamento che dà molta speranza. Nel mio messaggio agli studenti, riprendendo un salmo dicevo che siamo un opera grande nelle mani di Dio. Questo si possa realizzare anche attraverso il vostro percorso di studi, realizzare un’umanità bella e nuova. Colgo segnali di speranza e di ottimismo”. Il Presidente di Federalberghi Ermando Mennella plaude all’iniziatica scuola-lavoro: “crescendo insieme si può andare avanti. E ad Ischia ora si va avanti non solo con l’alberghiero, ma anche col Mattei una collaborazione impresa-scuola”.


Scuola

11 24 ottobre 2015

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L’alternanza con il lavoro Una scommessa da vincere per il futuro degli studenti Di Alberto Campoleoni

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lternanza scuola-lavoro. Cosa vuol dire? Nelle linee progettuali del ministero si tratta, in buona sostanza, di offrire agli studenti della secondaria superiore un’esperienza significativa sui luoghi di lavoro, durante il curricolo scolastico. Un’esperienza guidata e ben normata, che permetta di realizzare modalità di apprendimento flessibili capaci di collegare sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica. Questo, nelle intenzioni confluite nella riforma della Buona scuola e ora specificate con una apposita Guida operativa trasmessa agli istituti scolastici, dovrebbe permettere di arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l’acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro, favorendo tra

l’altro l’orientamento dei giovani e valorizzando le loro vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali. Inoltre, la proposta di alternanza scuola-lavoro dovrebbe realizzare un collegamento organico tra istituzioni scolastiche e formative, mondo del lavoro e società civile, legando sempre di più l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio. Insomma, il profilo di scuola che si delinea, anche attraverso le previsioni sulle esperienze di alternanza scuola-lavoro è quello di una istituzione sempre più attenta, da una parte, ai suoi protagonisti - cioè i giovani in formazione - e dall’altra al contesto nel quale gli stessi sono inseriti, lanciando lo sguardo oltre l’orizzonte propriamente scolastico, per traguardare le prospettive

di orientamento e inserimento lavorativo e, prima ancora, di implementare solide motivazioni allo studio e all’apprendimento. L’alternanza scuola-lavoro non è una novità nella scuola italiana perché, sia pure con dimensioni e aspettative differenti rispetto ad adesso, è presente da anni nell’esperienza formativa degli istituti superiori. In particolare nell’ambito dell’istruzione tecnica e professionale, in alcuni territori e grazie all’iniziativa e all’inventiva dei diversi contesti territoriali, da anni si sperimentano gli stage in azienda, l’intreccio virtuoso tra esperienza in classe e sul campo, con generalmente un buon ritorno in termini di soddisfazione sia del mondo scolastico, sia di quello imprenditoriale. L’organizzazione, ora, su più vasta scala, con consolidata consapevolezza e norme uniformi condivise dovrebbe contribuire a migliorare quello che già si fa e introdurre esperienze nuove dove non ci sono ancora. Si pensi,

ad esempio, ai licei, dove - novità assoluta - è anche prevista l’alternanza, sia pure in misura differente rispetto a tecnici e professionali: in questi ultimi la previsione è che ogni allievo faccia 400 ore totali (20-24 giorni di apprendimento lavorativo l’anno a partire dai sedici anni d’età, si parla infatti di triennio) in un’azienda (pubblica o privata) o in un ente (anche questa è una novità). Per i licei il monte ore si dimezza: 200 ore per triennio. Il ministro Giannini ha scritto direttamente agli istituti sottolineando l’opportunità offerta dalla Buona scuola e l’investimento di 100 milioni per realizzarla. Parla di “innovazione storica”, il ministro. E si affida alle diverse realtà scolastiche, chiedendo, a fronte degli “strumenti” offerti a tutti, “capacità progettuale e di dialogo col territorio”, “flessibilità e disponibilità” da parte dei docenti. Per la scuola - e i più giovani - si tratta di una scommessa importante da vincere.

Martini: il credente e il non credente che sono in noi Comincia con “Le cattedre dei non credenti” la pubblicazione dell’opera omnia del cardinale. «Io chiedevo non se siete credenti o non credenti, ma se siete pensanti o non pensanti. L’importante è che impariate a inquietarvi. Se credenti, a inquietarvi della vostra fede. Se non credenti, a inquietarvi della vostra non credenza. Solo allora saranno veramente fondate»

E’ arrivato in libreria il 22 ottobre “Le Cattedre dei non credenti”, il primo volume dell’Opera Omnia del cardinale Carlo Maria Martini, con una prefazione di Papa Francesco. Un progetto, che si compone di 18 libri, promosso dalla Fondazione Carlo Maria Martini in collaborazione con l’editore Bompiani. L’intento è quello di conservare, diffondere e soprattutto mantenere vivi il patrimonio e l’eredità di uno dei grandi protagonisti della Chiesa,

della cultura e della società dell’ultimo secolo. «Io ritengo che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda, si rimandano continuamente interrogazioni pungenti e inquietanti l’uno all’altro. Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa»: con queste parole Carlo Maria Martini apriva la Prima Cattedra dei non credenti, nel 1987. Iniziava così un lungo cammino

di dialogo voluto dall’arcivescovo di Milano per dare la parola a non credenti, offrendo loro la possibilità di rendere ragione delle proprie convinzioni, e favorendo nei credenti un atteggiamento di ascolto disponibile e pensoso. Fra le personalità coinvolte, Massimo Cacciari, Salvatore Natoli, Fulvio Scaparro, Carlo Maria Giulini, Ermanno Olmi, Pierangelo Sequeri, Elena Loewenthal, Enzo Bianchi, Lalla Romano, Giulio Giorello, Gustavo Zagrebelsky,

Edoardo Boncinelli, René Girard... Attraverso l’incontro con personaggi di spicco della cultura e del mondo scientifico, nel corso delle dodici edizioni delle Cattedre, fu possibile esplorare il credere e il non credere in rapporto alla città, ai sentimenti, all’arte e alla letteratura, al dolore, al cosmo e alla storia. «Io chiedevo - commenta Martini - non se siete credenti o non credenti ma se siete pensanti o non pensanti. L’importante è che impariate a inquietarvi. Se credenti, a inquietarvi della vostra fede. Se non credenti, a inquietarvi della vostra non credenza. Solo allora saranno veramente fondate». Le Cattedre dei non credenti presenta al pubblico la versione integrale e completa delle dodici edizioni dell’iniziativa, svoltesi a Milano dal 1987 al 2002, con molti interventi inediti.


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Pastorale Giovanile 24 ottobre 2015

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Ischia – C

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Prima giornata di spiritualità organizzata dalla Pastoral

Di Francesco Di Spigno*

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o scorso 18 Ottobre noi giovani isolani ci siamo ritrovati in un clima di gioia presso il Centro della Caritas Diocesana Giovanni Paolo II a Forio, che è stato scelto come location di questo primo incontro di spiritualità, sui quattro previsti, ideati da don Gianfranco del Neso, don Marco D’Orio e don Beato Scotti direttori della pastorale giovanile sport e vocazioni della diocesi di Ischia. Gli incontri di spiritualità sono stati voluti fortemente dai nostri sacerdoti nel programma pastorale di quest’anno, come un momento per sperimentare l’unità della Chiesa di Ischia, ma anche come un “esercizio” a livello spirituale, in modo che noi ragazzi siamo pronti ad affrontare la prossima GMG (Giornata Mondiale della Gioventù) con uno spirito giusto, per viverla non solo come un momento di condivisione, fraternità e gioia, ma soprattutto come occasione per crescere nella fede. Moderatore di questo primo incontro è stato un eccezionale don

Giuseppe Carulli - nuovo sacerdote della famiglia vincenziana a servizio della Caritas diocesana - che ha trascorso la giornata insieme a noi, preparandoci con una catechesi riguardante la misericordia, una delle tematiche cardine del pontificato di Papa Francesco, il quale l’ha voluta come tema anche per la GMG 2016 intitolandola, appunto, “Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia” Mt 5,7. Padre Giuseppe ha mostrato, tramite alcuni brani della Sacra Bibbia, come Dio attua la sua misericordia e quant’essa è grande verso i suoi figli; sono state citate: la parabola del padre misericordioso e della pecorella smarrita dell’Evangelista Luca e il capitolo 11 di Osea in cui si legge di Dio, che adirato verso il suo popolo non cessa di amarlo. Padre Giuseppe ha poi analizzato insieme a noi i vari significati del rahamim parola ebraica, che tradotta letteralmente significa viscere, indica “l’amore viscerale di Dio Padre”, che si identifica con l’amore infinito di Gesù nel dare la sua vita per noi, nel farsi ultimo come durante la lavanda dei piedi presente nel capitolo 13 di Giovanni; infine


Pastorale Giovanile

24 ottobre 2015

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Cracovia

do te...”

le Giovanile diocesana in preparazione alla GMG 2016. si è voluto sottolineare anche quali erano le sette opere di misericordia, molto care alla spiritualità vincenziana. Dopo la catechesi ci si è raccolti in un momento di silenzio e di meditazione personale, cercando di capire come le parole del Vangelo avevano parlato ad ognuno di noi, e come poterle mettere in pratica nel quotidiano. Dopo un momento distensivo e il pranzo, offerto grazie al contributo di alcuni albergatori locali e all’aiuto dei volontari della Caritas, è seguita la divisione in gruppi di ascolto e di lavoro, moderati dai giovani dell’equipe della Pastorale Giovanile diocesana, momento in cui si chiedeva come un giovane d’oggi può vivere concretamente le opere di misericordia, ed in quali ambiti si è chiamati ad incarnare l’amore di Dio. Si è riscontrata la voglia di tanti giovani nel voler essere d’aiuto in parrocchia, ma alle volte turbati a causa dalle divisioni che vi si creano, si è anche constatata una certa disponibilità per il volontariato verso i più bisognosi e la salvaguardia del creato, disponibilità a

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servizio della parrocchia resa come possibile centro di ascolto e di accoglienza per giovani. Con l’avanzare della sera anche la giornata di spiritualità è andata concludendosi. Dopo un primo momento in cui è stata presentata la GMG, con conseguente apertura delle iscrizioni, si è celebrata la Santa Messa presieduta da padre Giuseppe Carulli, che ha lasciato un’aria di totale armonia tra i giovani che vi hanno partecipato, gli ospiti e i volontari del Centro Giovanni Paolo II. * Servizio di Pastorale Giovanile Sport e Vocazioni

LA LUCE NELLA NOTTE La pastorale Giovanile sport e vocazioni vi dà appuntamento il prossimo 31 ottobre presso la chiesa di S.Girolamo in piazzetta ad Ischia per l’Evangelizzazione in strada con adorazione eucaristica, e festeggiare insieme tutti i Santi. Appuntamento ore 21:30. Passaparola…


14 24 ottobre 2015

territorio

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Mela Sargente

Mele a nurca del Testaccio

Di Francesco Mattera

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mici, siamo ancora in autunno! Mi va di dire così non perché colpito da demenza o per prendere in giro qualcuno. No, niente di tutto ciò, ma semplicemente per rispondere ad alcune persone che dopo la lettura della prima parte, mi hanno parlato in maniera non proprio edificante di questa stagione, soprattutto in riferimento a quanto sta succedendo in questi giorni di piogge torrenziali e continue, con tanti disastri che apprendiamo attimo per attimo dalla tv, da internet e dagli altri mezzi di informazione. Occorre fare chiarezza in certi ragionamenti, ed io tenterò di dare il mio modestissimo contributo. Che le stagioni si siano un tantino deteriorate nella loro espressione tipica, è un dato indubitabile. Ma che sia Natura ad essersi rivoltata (come una cattivissima ed insensibile matrigna!) contro l’uomo, come alcuni vorrebbero, è cosa assurda e senza senso. Semmai è il contrario, anzi sicuramente lo è! La Natura non è ne buona ne cattiva, è semplicemente oggettiva, priva di una personalità o di un carattere che possa far pensare ad una sorta di volontà od alla capacità di adattare le sue manifestazioni ora a favore ora contro l’umanità. Natura è figlia del Creato e quindi del Creatore Supremo, che l’ha pensata secondo un disegno preordinato al bene di tutti i viventi che popolano la terra, con in testa gli uomini. Natura può quindi rivoltarsi contro l’uomo, e sempre con una meccanicistica fenomenica di tipo oggettivo, quando l’uomo mette in atto una somma di comportamenti che le vanno contro in maniera determinante, giammai blanda, leggera. In poche parole quando a Natura l’uomo contrappone l’AntiNatura. In questo scontro l’uomo non può

Autunno

Stagione di frutti portentosi seconda parte

Un’immersione nelle meraviglie di madre terra sulla nostra isola che uscire sconfitto. Ne deriva che i costrutti Anti o Contro-Natura, individuali e ancor più collettivi, sono innanzitutto di natura autolesionistica. Ma il più delle volte, se non sempre, questo tratto del carattere dell’umanità passa inosservato nello spazio e soprattutto nel tempo ai suoi stessi artefici, gli uomini, per cui la stratificazione di comportamenti innaturali –contro Natura porta a risultati che poi si manifestano nella loro devastante crudezza. Come direbbe il compianto principe De Curtis, “…è la somma che fa il totale!” Mi viene da dire, anzi, che Natura è anche tollerante, per certi versi, nei confronti dell’umanità. E spesso Le basta poco per rimettere le cose a posto, solo che a certi comportamenti sbagliati – Contro Natura appunto - venga sostituito in tempi ragionevolmente brevi un pronto ristoro, o perlomeno un raddrizzamento di rotta che faccia abbandonare definitivamente la scia autodistruttiva dell’uomo. Dipende tutto da noi, uno per uno e tutti insieme, care amiche ed amici di Kaire. Bisogna prenderne atto a tutti i livelli e regolarsi di conseguenza. Mi fermo qui, come mio solito, per ritornare nella traccia di questo servizio, i frutti dell’autunno. Continuo a raccontarveli alla mia maniera, e sembra che a voi, miei affezionati lettori, tutto questo piaccia. Degli altri non mi do pena! IL DIOSPIRO o CAKI (Diospyros Kaki L., fam. Ebenacee) Siamo abituati, noi ischitani, a distinguere i kaki (o cachissi) in molli e vaniglia. Meglio sarebbe dire astringenti e non astringenti. I primi possono essere consumati solo a totale

maturazione fisiologica, che può avvenire direttamente sulla pianta, oppure dopo la raccolta nella paglia di un paniere possibilmente al riparo dalle intemperie. Infatti quando sono duri ed acerbi, quantunque già colorati, sono astringenti, impossibili da consumare perché allappano la lingua e la bocca intera. Ricordate la storia delle sorbe acerbe che ‘nzuareiano? Ecco, è la medesima storia! I kaki vaniglia o dolci si possono invece consumare sia duri, ma almeno invaiati di colore, che allo stato molle. Ma tutti preferiscono in genere uno stadio intermedio, né duri né molli molli. Ma coltivare un alberetto di Kaki in giardino può riservare delle sorprese incredibili! Pianti una varietà dolce, appunto vainiglia come diciamo noi, e ti ritrovi i frutti che allappano. Ne pianti uno a frutto molle (si definiscono anche come KAKI TIPO) ed in certe annate succede che sullo stesso albero ti ritrovi un mix di frutti diversi: alcuni completamente dolci, altri con una parte del frutto dolce e un’altra parte non dolce, altri completamente non dolci, altri invece con la parte periferica dolce e la parte centrale che attacca in bocca! Da che cosa dipende tutto ciò? semplicemente dalla complessa fisiologia ed anatomia dei fiori di kaki. La stessa pianta può produrre fiori ermafroditi e fiori esclusivamente femminili. Di questi in alcune varietà avviene la produzione del frutto per partenocarpia, ovvero senza bisogno di polline, altri invece possono essere sia partenocarpici che fecondati da polline di altre varietà. Ne deriva una varietà di combinazioni possibili sorprendente, ad

ognuna delle quali può corrispondere, per determinate varietà, altrettanti tipi di frutti come quelli citati sopra. E le cose possono cambiare anche di anno in anno: ad esempio se nelle vicinanze del nostro albero viene piantata una varietà diversa che produce abbondanza di fiori ermafroditi. Il polline che si libera da quelli giungendo sui fiori del nostro albero possono produrre quell’effetto apparentemente scombinato di cui vi ho detto prima. Vi sono poi delle applicazioni pratiche per le coltivazioni specializzate: varietà selezionate che producono solo frutti dolci. Altre che fanno lo stesso a patto che però vi sia nella coltivazione un buon numero di impollinatori specifici, ecc. Con l’esperienza, e secondo i gusti, ma anche con una buona dose di fortuna, a voi coltivatori amatoriali, basta uno o al massimo due alberetti che producano frutti che siano almeno mangiabili, dolci o molli che siano! Qualcuno potrebbe chiedermi: ma perché poi per i kaki vaniglia si usa anche la denominazione LEGNASANTA? Esistono in proposito varie e coloratissime tesi. Secondo alcuni i frutti duri e dolci, tagliati con il coltello mostrano delle strie scure che assomigliano alle venature di un pezzo di legno. Ciò, accostato al fatto che si possono mangiare anche prima di divenire molli, li farebbe definire legnasante perché non impongono il sacrificio di aspettare la loro maturazione per poterli mangiare. Secondo altri il termine deriverebbe dal fatto che dal tronco di kaki fu ricavato il legno per costruire la Croce su cui fu poi inchiodato N.S. Gesù Cristo. Ipotesi suggestiva, ma


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Cachi legnasanta

senza nessun riscontro storico che possa confermarla. IL COTOGNO (Cydonia vulgaris Pers., fam. Pomacee) Da noi siamo abituati a chiamarlo melo cotogno. Nelle nostre campagne era un tempo abitudine dei nostri coltivatori avere almeno una alberetto di questa specie. Nel periodo autunnale, già presto a fine settembre e quindi in epoca di vendemmia, sulle piante si incominciavano ad intravedere questi grossi frutti che divenivano di un bel giallo limone, a volte con mascheretta rosata nella parte esposta al sole. Frutti oblunghi, un tantino bitorzoluti, ma belli a vedersi nel fogliame verde scuro della pianta. E’ anche questo un frutto allappante alla bocca, ma

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territorio

Mela Limoncella

questa volta non esiste verso di fargli perdere questo carattere con la maturazione, per cui bisogna, per consumarlo, necessariamente cuocerlo. Ed i contadini a vendemmia li raccoglievano, li pelavano e li riducevano in spicchi o fette, e li inserivano nel mosto in cottura nella caldaia di rame per ottenere il VINO COTTO. A fine cottura venivano separati dal mosto e consumati al momento, o meglio fatti prima intiepidire. La conservazione veniva effettuata da taluni, specialmente nei comuni di Lacco Ameno alto e Forio, facendoli poi asciugare all’aria, cosparsi abbondantemente di zucchero e inseriti in boccacci di vetro. Un dolciume buono per bambini ed adulti nelle occasioni di festa. La

Melo Cotogno

cotognata è invece una confettura di mele cotogne preparata in diverse maniere, di cui onestamente non so darvi conto, ma che non avrete difficoltà ad intercettare con i moderni canali offerti da internet. Oggi qualcuno riderà di queste cose, ma chissà a riprenderle certe tradizioni per riassaporare il gusto autentico della nostra terra...! LE MELE (Malus communis , fam. Pomacee) Ho usato appositamente il plurale perché la mia mente, andando a ritroso nel tempo, mi ha portato all’infanzia quando da Ischia, con mio padre ci portavamo nelle Chianole del comune di Barano, non lontano da Testaccio da un lato e dal Vatoliere dall’altro, da certi cugini di mia madre, per an-

dare a comprare le mele. Non di un solo tipo, ma di almeno tre varietà diverse: Annurca, Sargente e Limongella. E lo facevamo di questi tempi, tra la fine di ottobre e la prima metà di novembre. A volte anche con due carichi successivi di cofanelle che poi si portavano ad Ischia sul pianale di un autobus della SEPSA (compiacenti i fattorini di trascorsa memoria!). Che spettacolo ragazzi!, quelle distese di alberi piantati senza un ordine preciso in terreni zappati di fresco, in vista della maturazione delle mele, per fare in modo che quelli caduti a terra spontaneamente trovassero un letto di morbida terra e quindi non si rovinassero oltre il dovuto. Continua a pag. 16


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PARROCCHIA MARIA SS. MADRE DELLA CHIESA – DECANATO DI BARANO SERRARA FONTANA Continua da pag. 15 E che stupefacente rubra bellezza in quei melai disposti a modo di prose appena di lato alla casa od al cellaio dei coltivatori! rosso appena velato dal giallo della paglia che riceveva amorevolmente quei frutti, o dal bianco puntinato di rosso delle mele limongelle casualmente frammiste alle più numerose annurche. In un tempo avaro di leccornie, per noi poco più che bambini, anche una mela offertaci e appena strofinata con un canovaccio, era un buon regalo da consumare subito. Poi il ritorno casa. La deposizione delle mele sul tettuccio di uno sgabuzzino, all’aria aperta per fargli ricevere la rugiada notturna e la pioggia portatrici del necessario turgore. Il sole di giorno a stimolare ancor più il rosso vivo della buccia e la fragranza della polpa in via di maturazione. Credetemi, correre verso i compagni appena terminati i compiti, al crepuscolo, con una mela addentata a volo e qualcun’altra in tasca come scorta, verso il nostro campetto di calcio del quartiere, nei sassi e nell’erba, procurava un ebbrezza che ancora oggi mi fa stare bene. Ditemi per piacere che qualcuno di voi ha provato le stesse sensazioni…! Ah, dimenticavo la storia delle donne testaccesi che proprio in questo periodo si portavano ad Ischia, una cofanella in equilibrio sulla testa con dentro un carico avvolto accuratamente in un mensale. Davano la voce: “Mele cotte, mele cotte, mangiatevi le mele cotte ...!” E a noi ragazzi in dono, direttamente sulla mano una fragrante mela cotta in forno a legna, addolcita con un pizzico di zucchero caramellato al centro di un piccolo ostiolo ricavato nel calice del frutto a punta di coltello: giusto premio solo che dessimo la voce in giro per far uscire le potenziali acquirenti del dolce fagotto. Continua… Francesco Mattera Indirizzate un vostro commento a matterafr.agrischia@libero.it

Madre terra ed il nutrimento delle sue creature

Cosa mangiamo? Come mangiamo? Qual è il comportamento dell’uomo nei confronti di Madre Terra? Di Giuseppe Galano

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abato 17 ottobre la comunità parrocchiale di Fiaiano ha ospitato un incontro che ha richiamato un nutrito numero di persone tra cui tante famiglie. Il relatore, Dott. Armando D’Orta, Biologo Nutrizionista Specialista in Scienze dell’Alimentazione ed Esperto in Nutrizione nel Malato Oncologico, ha intrattenuto i presenti parlando di tematiche di straordinario interesse ed attualità. Tema dell’incontro è stato “Madre Terra ed il nutrimento delle sue creature”- alla scoperta di ciò che fa male alla salute. Come obiettivo ci si è prefissati quello di imparare a conoscere meglio la nostra “casa”, luogo donatoci dal Signore che va custodito e rispettato. Nel corso del dibattito è stato possibile capire come il comportamento dell’uomo nei confronti di Madre Terra possa provocare l’insorgenza di malattie, tra cui il cancro; al contrario un comportamento sano ed una corretta alimentazione possono evitare tante conseguenze negative a carico della salute umana. Il parroco Don Emanuel Monte ha effettuato una

Preferisco Il Paradiso Per tutti i ragazzi: sabato 31 ottobre dalle ore 19:00 presso il salone parrocchiale Maria S.s. Madre della Chiesa (Fiaiano), un evento splendido, una festa incredibile per celebrare uno dei giorni più importanti di tutto l’anno...il giorno di Tutti i Santi! Ti aspettiamo per trascorrere una serata davvero fantastica.

breve riflessione richiamando l’Enciclica di Papa Francesco “Laudato Sii”. Tra uomo e creato vi è una bella e profonda relazione. Occorre essere attenti ad ogni cosa. Il tema del creato unisce tutti. Il Papa, con il suo documento analizza questioni molto importanti come inquinamento e cambiamenti climatici; analizza le scelte della politica e dell’economia che si ripercuotono sull’ambiente. “Papa Francesco ci ha chiamati alle armi”. Con queste parole inizia l’intervento del Dott. D’Orta. Il relatore lancia alla platea una serie di messaggi ed importanti spunti di riflessione. Perché ingrassiamo? La risposta è complessa e va ricercata nel nostro passato. Se consideriamo il nostro DNA, i nostri geni, possiamo considerare che sono quasi gli stessi dei nostri progenitori, i quali non sempre potevano mangiare. La natura, nel corso dell’evoluzione, ha selezionato degli individui, coloro i quali riuscivano a sopravvivere mangiando poco. Noi discendiamo da costoro. Oggi ci troviamo in difficoltà dati i mutamenti sociali iniziati dal secondo dopoguerra. La meccanizzazione favorisce un elevato risparmio ener-

getico. Inoltre è sempre dilagante, anche tra i meno abbienti, l’acquisto di cibo spazzatura. Egli ci parla di alimentazione come prevenzione e cura in molte patologie. Fondamentale è la riscoperta della Dieta Mediterranea che andrebbe seguita completamente. Occorre allontanarci dal mondo animale rivolgendo le nostre scelte alimentari su quello vegetale. Il relatore ci parla poi di OGM, un termine spesso e volentieri utilizzato senza saperne il corretto significato. Si definisce OGM un organismo geneticamente modificato tramite tecniche di laboratorio che consentono l’eliminazione, l’aggiunta o la modifica di elementi genici. Gli OGM vengono oggigiorno utilizzati principalmente nell’ambito dell’alimentazione, dell’agricoltura, della medicina e dell’industria. Il Dott. D’Orta spiega come questi siano nati dall’esigenza di debellare la fame. Quotidianamente tutti mangiamo OGM, senza nemmeno saperlo. La qualità degli alimenti nel corso del tempo è drasticamente cambiata. Stiamo assistendo ad un vero e proprio mutamento sociale la cui risposta è la malattia dovuta al fatto che l’organismo non riesce più a sopportare tali cambiamenti. Occorre considerare che nel tempo la preparazione degli alimenti ha subito forti cambiamenti. Il grano che mettiamo nelle nostre tavole, solo per fare un esempio, è un OGM, ciò al fine di renderlo più resistente a parassiti, batteri ed altro. L’attenzione del relatore si sposta sui cosiddetti alimenti biologici caratterizzati dall’assenza nel prodotto finale di sostanze estranee o in qualche modo ritenute pericolose come aromatizzanti, coloranti artificiali ed altre sostanze estranee. E’ fondamentale, sottolinea a più riprese il nutrizionista, scegliere cibo di stagione e variare le scelte alimentari. Importantissimo è saper fare la spesa prestando attenzione alla qualità degli alimenti. Prima della conclusione dell’incontro vi è stato spazio per momenti di dialogo tra D’Orta ed i presenti. Nel corso dei vari interventi, le persone che affollavano il salone parrocchiale hanno offerto interessanti spunti di riflessione.


Ambiente

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BIOETICA E AMBIENTE

La piccola Gaia Di prof. Giuseppe Sollino

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a Bioetica non è l’etica della biologia, ma rappresenta sicuramente l’unico vero incontro che l’uomo può fare con se stesso e con la natura di cui fa parte. Si tratta di un approccio bioecologico socio-economico, che permette l’evoluzione delle interazioni tra il microcosmo umano e il macrocosmo vitale del pianeta Terra.La Bioetica non è solo etica medica (eutanasia, aborto ecc.) ma è anche etica ambientale (relazioni uomo-ambiente, studi naturalistici, biotecnologie ecc.); quindi un’integrazione tra le scienze biologiche e i concetti umanistici. Esempi sono l’impatto dell’eccesivo sviluppo demografico e la riduzione delle risorse naturali. La popolazione mondiale da 1 miliardo nel 1830 a 2,5 miliardi nel 1950 e a circa 6 miliardi all’inizio del III millennio, oltre 7 attualmente. Si è avuto così una richiesta enorme di sostanze alimentari e di materie prime. Ciò ha determinato un accentuato depauperamento dell’ambiente naturale, con la diminuzione delle risorse rinnovabili e non rinnovabili; inoltre sono sopraggiunti notevoli cambiamenti climatici, con conseguenti fenomeni di inquinamento con alterazione dei cicli biogeochimici. Fra tutti gli esseri comparsi sulla Terra l’uomo è quello che ha provocato nell’ambiente naturale i cambiamenti più vistosi, in certi casi irreversibili.La Terra è stata considerata come uno spazio senza limiti, in cui era possibile versare rifiuti di ogni tipo. L’uomo ha pompato nell’atmosfera tonnellate di pulviscolo e gas tossici, ha immesso nei fiumi, nei laghi e nei mari rifiuti urbani e industriali, ha adoperato senza scrupoli sostanze chimiche, insetticidi e pesticidi, che hanno portato alla scomparsa di specie animali e vegetali. Solo recentemente si sta affermando la consapevolezza che le risorse della natura non sono illimitate, che la salvaguardia ambientale non è tanto un problema morale, ma un puro e semplice problema di

sopravvivenza. La Bioetica, quindi, è anche una scienza pratica e applicativa. L’Etica dell’ambiente è legata all’etica biomedica che porta alla determinazione della scelta di uno sviluppo sostenibile. Cioè lo scopo della sostenibilità ambientale è quello di integrare gli interessi dell’uomo alle esigenze dei cicli biogeochimici del pianeta Terra. L’ambiente più favorevole all’uomo è quello in cui esiste una serie di comunità biotiche di differente età ecologica che, con i propri meccanismi di autoregolazione, di cicli bioenergetici, di scambi gassosi, permettano una reale interazione di materia ed energia. Basta una leggera variazione dei parametri ottimali per cadere verso l’inquinamento. Anche pochi scarichi di sostanze di rifiuto non controllati possono alterare l’aria, il suolo e l’acqua di una zona(biotopo)e quindi influenzare la vita e lo sviluppo nel tempo delle diverse forme di vita(biocenosi) Il patrimonio culturale dell’Umanità è costituito soprattutto dalla Biosfera, dalla Biodiversità e dalle risorse ambientali. La bioetica insegna che il rispetto e la conoscenza della Natura rappresenta l’unico modo con cui l’uomo del futuro potrà ancora vivere sul pianeta Terra PIANETA ISCHIA Nel 1972 James Lovelock postulò l’ipotesi di Gaia, dall’antico nome della dea della Terra. L’ipotesi parte dalla considerazione che la Terra si è rivelata un luogo ideale per la vita durante gli ultimi 3 miliardi di anni, malgrado il Sole sia diventato sempre più caldo e luminoso. Infatti, in questo periodo la nostra stella ha incrementato del 25% la sua energia. Anche l’Atmosfera, nonostante sia composta da una miscela di gas reattivi (come l’Ossigeno) si mantiene relativamente costante in livelli e percentuali particolarmente adatte agli organismi attuali. In pratica viviamo sul migliore di tutti i mondi possibili e ogni organismo vivente fa di tutto affinché il pianeta continui ad essere adatto alla vita. Inoltre l’evoluzione della vita è così interconnessa a quella dell’ambiente fisico

e chimico che la ospita, da far sì che essi realizzino tutti insieme un unico processo evolutivo. L’intero sistema di Gaia ha molte caratteristiche in comune con la Fisiologia di un animale a sangue caldo. L’Atmosfera viene considerata come un polmone e la rete idrica come un sistema circolatorio. Tutte le componenti viventi del sistema sono paragonabili a cellule e tessuti, ciascuno importante e partecipe nei processi di regolazione.La Terra nel suo complesso è un super organismo e l’ecologia è in pratica assimilabile alla Fisiologia, mentre le diverse forme di inquinamento andrebbero inquadrate da interventi terapeutici sostenibili ed integrati nell’etica del rispetto della Natura e di Gaia nel suo complesso.In quest’ultimo periodo l’influenza dell’uomo su Gaia si è fatta assai rilevante. Le sue attività industriali e i comportamenti spesso dissennati stanno procurando tutta una serie di perturbazioni che determinano una progressiva alterazione dei delicati equilibri fisiologici degli Ecosistemi. Il nostro benessere dipende dalla maniera in cui trattiamo e tratteremo Gaia. La Terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla Terra: qualunque danno perpetrato nei confronti della Terra si ritorcerà sull’uomo. L’isola d’Ischia ha una storia geologica ed ambientale il cui percorso ricorda quella di Gaia. Un piccolo super organismo con un sistema circolatorio formato da una rete idrica superficiale e profonda, un’Atmosfera che si avvale degli

aerosol marini e della grande biodiversità vegetazionale di erbe arbusti ed alberi di grande interesse botanico, senza contare poi la presenza delle praterie marine della Posidonia oceanica una pianta che produce enormi quantità di ossigeno e nutrienti per tutte le forme eterotrofe del Mediterraneo. Ma questa piccola Gaia ha ricevuto, soprattutto negli ultimi decenni un’antropizzazione violenta non solo turistico/alberghiera ,che ha determinato fenomeni di inquinamento dei diversi ambienti sia terrestri che marini. La necessità di coniugare sviluppo economico e salvaguardia ambientale deve orientare verso scelte di interventi sempre più ecologicamente compatibili ed eticamente corretti, con una rete di indagini e conoscenze che portino alla costituzione di una struttura formativa e informativa (Centro Didattico Ambientale) che evidenzi i valori archeologici, storico-ambientali ed eco-terapeutici (Termalismo – Idropinoterapia Talassoterapia - Garden- Therapy - Clima…), eccellenze internazionali del Benessere. Valorizziamo, quindi, l’A.M.P. Regno di Nettuno che ha permesso di formare finalmente un Parco Marino per la Conservazione e lo Sviluppo bioecologico delle praterie di Posidonia, con evidente ricaduta eco-eco (ecologica-economica), ma progettiamo anche la possibile istituzione del Parco dell’Epomeo, perla geologica ambientale, capace di salvaguardare non solo importanti ecosistemi naturali e sinantropici, ma anche le aree costiere, bellissime e vulnerabili.


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Cultura 24 ottobre 2015

Di Enzo D'Acunto

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empo fa, in un articolo appassionato, Gianfranco Ravasi raccontava del rapporto di conoscenza, e probabilmente anche di reciproca stima, tra papa Bergoglio e Jorge Luis Borges, (certa, era ed è tutt’ora, l’ammirazione del primo per il secondo). Ravasi raccontava di come nel lontano anno 1965, il grande scrittore fu invitato da quello che poi sarebbe stato il grande papa, – allora giovane gesuita ed appassionato insegnante di letteratura presso il “Colegio de la Inmaculada Concepcion” a Santa Fe, – a tenere delle lezioni ai suoi allievi. Il grande scrittore accettò, restando per una settimana in compagnia dei giovani studenti, che furono guidati e spinti nell’esperienza avvincente di scrivere racconti, poi corretti e pubblicati con una prefazione dell’autore argentino nel volume “Racconti originali”. Quell’incontro, prova netta dell’esistenza di un legame tra i due, non può e non deve, come ha scritto Ravasi, stupire. Infatti, sebbene il grande scrittore si sia sempre dichiarato agnostico, e quindi incapace di assumere una posizione in ordine all’esistenza di Dio, resterà pur sempre e per sempre attratto

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dalla teologia, disciplina tanto stimolante da non poter che essere ascritta tra le molteplici fonti di riferimento di quella variegata, astratta e indefinibile opera che lo scrittore bonairense seppe creare, e che certamente, trova conferma nell’abilità che Borges ha mostrato, scrivendo e riscrivendo con profondità, dei temi essenziali della vita: il destino, l’uomo, il perdono, la dignità, l’onore, e soprattutto, l’amore; se è vero, – come affermò, ormai ottantaquattrenne, ai microfoni di Fausta Leoni, pochi giorni dopo aver ricevuto “La rosa d’oro” a Palermo, – che non passasse giorno in cui non si scoprisse innamorato. Ma la di là di questa pur affascinante storia, vorrei fare eco, se mi riesce, all’articolo del cardinale Ravasi, così vivo, ricco e stimolante, aggiungendo un particolare. Mi riferisco all’ amore intenso che per tutta la vita legò Jorge Luis Borges a Dante Alighieri, riflesso e conferma, in qualche modo, di quella particolare predilezione che il grande Borges aveva per i temi teologici, oltreché, per la grande poesia. Ed aspetto che, inoltre, permette oggi – che ricorre il 750esimo anniversario dalla morte di Dante Alighieri – di fornire un piccolo tributo al padre della lingua in cui tutti parliamo e

Jorge e Jorge e Dante

tutti ci riconosciamo. L’autore argentino nutriva, infatti, una vera e propria devozione per Dante e per il suo capolavoro. Una devozione, e di questo ne sono convinto, che rispecchia quella innata capacità di lasciarsi incantare ed attrarre da qualsiasi tentativo d’illustrazione di vastità universali, di fronte alle quali, l’autore argentino, non indietreggerà mai nel corso della sua lunga vita. Proprio come nei riguardi della Divina Commedia, che Borges, per minuzia di particolari e sagaci interpretazioni, sembra aver percorso fianco a fianco di Dante, Virgilio e Beatrice. Un libro che l’argentino definisce semplicemente come il più grande libro mai scritto, senza esimersi dal fornirne un’originale ed appassionata lettura, in un esercizio di critica letteraria che oltre a provare la straordinaria conoscenza che Borges possedeva del testo dantesco e della ricca bibliografia inerente, rivela anche il bisogno di svelarne, fosse anche solo per gusto personale, le ragioni tutte umane che ne dettarono la scrittura. E Borges non ha dubbi, perché la ragione sta nell’amore, o meglio, nel bisogno di ritrovare la donna perduta, e non importa se ciò diviene possibile solo grazie all’immaginazione, e neanche che in vita Beatrice si rivelò per Dante una continua sofferenza, e neanche che, la sua natura di donna, fosse assai più umana e crudele di quello che il poeta stesso

volesse far credere, perché, se c’è un motivo per cui Dante Alighieri si è affannato per la sua opera, questo era semplicemente legato al bisogno di vivere nella finzione ciò che la vita reale aveva negato. Ed è proprio per questo, e Borges ne è fermamente convinto, che quando Dante scrisse di quei due amanti, – Paolo e Francesca, che “mai da me fia diviso”, – forgiando quei versi immortali, il fiorentino l’abbia fatto, provando al contempo, una grande invidia per quell’amore vero, che invece a lui, fu negato. Postilla al testo: l’articolo a firma di Gianfranco Ravasi a cui ho fatto riferimento è stato pubblicato su “La Domenica” del Sole 24 Ore il 7 luglio 2013. Nell’articolo il cardinale Ravasi fa riferimento alla più ampia ricostruzione del rapporto intercorrente tra papa Bergoglio e Jorge Luis Borges condotta dalla giornalista Lucia Capuzzi per “Avvenire”, che io, tuttavia, non ho avuto la fortuna di leggere. In ogni caso, una diretta testimone, del rapporto di conoscenza ma anche di ammirazione che il futuro papa nutriva per lo scrittore, è testimoniato dalla vedova Borges, la signora Maria Kodama, a sua volta, grande estimatrice di papa Francesco. Per quanto riguarda invece il rapporto Borges-Alighieri, rinviò al libro dell’argentino dal titolo “Nove Saggi Danteschi”, in Italia pubblicato da Adelphi.


Teatro

24 ottobre 2015

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Don Peppe Diana

Di Gina Menegazzi

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na bella scelta, quella di Giuseppe Capoluongo, di raccontare con un musical la vicenda di don Peppe Diana; un modo nuovo per farlo conoscere, soprattutto a coloro ai quali maggiormente era diretto il suo impegno: i giovani, che hanno nella musica un grosso veicolo di comunicazione. E una scelta coraggiosa, quella di Ansiteatro di andare a rappresentare questo spettacolo (sono ormai alla cinquantesima replica) nei luoghi della camorra e in particolare nella stessa Casal di Principe, in quella chiesa che fu parrocchia di don Diana, nel posto dove è stato ucciso. Forse, vista la reazione che lì c’è stata da parte di qualcuno, un po’ di “coraggio di aver paura” i giovani lo hanno avuto, e senz’altro si sono impegnati davvero tanto per uno spettacolo che mescolando canzoni e balli mostra il lato più umano di questo sacerdote. Non posso dire di aver goduto appieno dello spettacolo teatrale, soprattutto per un problema di audio che impediva di capire le parole delle canzoni, filo conduttore del musical, ma il personaggio che ne è uscito mi ha stimolato la voglia di saperne di più, su questo prete che “per amore del suo popolo” non ha voluto tacere. Don Giuseppe Diana era nato a Casal di Principe e qui nel 1989, a 31 anni, diventa parroco. Capo

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scout, insegnante presso vari istituti, con un forte e vivo rapporto con i giovani, si trova nella terra dove domina assoluto il clan dei Casalesi, ormai infiltrati negli enti locali e nell’economia legale, una “camorra imprenditrice” spietata e violenta.Don Peppe si espone e denuncia regolarmente, dal pulpito, con nomi e cognomi, la situazione. Organizza un centro di accoglienza per i primi immigrati africani, per sottrarli al reclutamento camorrista. Mette in dubbio la fede cristiana dei boss, nega esplicitamente che ci possa essere alleanza tra il credo cristiano e il potere dei clan. “Per amore del mio popolo non tacerò”, intitolerà la lettera che farà firmare a vari altri sacerdoti della zona e distribuire la sera di Natale 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona di Aversa. Scrive “Siamo preoccupati. Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. […] La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. E’ ormai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli.” E dice ““Non c’è bisogno di essere eroi, basterebbe trovare il coraggio di avere paura, il coraggio di fare delle scelte, di denunciare”. Il 19 marzo 1994, giorno del suo

Il coraggio di avere paura

onomastico, mentre si accinge a celebrare la Messa del mattino, don Peppe Diana viene ucciso nella canonica della sua chiesa. E non solo, parte immediatamente la “macchina del fango”, per denigrarlo, screditarlo e togliere ogni seguito al suo lavoro. E’ facile in questi casi pensare “la camorra ha vinto ancora!” Invece no, a ventun anni da quel giorno possiamo vedere che quel seme ha dato frutto, che tante cose sono cambiate, anche se c’è ancora tantissimo da fare e non bisogna abbassare la guardia. Venti anni fa era pericolosissimo parlare di camorra nelle scuole, oggi lo si fa; nei cortei affollatissimi, si grida per una nuova vita sociale, per

la legalità. Don Peppe accusava la politica quando erano pochi i politici che parlavano di mafia, anzi molti, e fra i più autorevoli, sostenevano addirittura che la mafia non esisteva. Ora non è più così e sul suo esempio tante altre voci si sono levate. Non sono solo più i preti o i magistrati, da soli. Ma ci sono anche tanti cittadini, tante associazioni, perché è grande la voglia del riscatto di quei luoghi, il desiderio della stragrande maggioranza dei suoi concittadini di affrancarsi dal peso del marchio infamante di “terra di camorra”. Le terre confiscate ai camorristi diventano “Terre di Don Diana”, riutilizzate a fini sociali; su di esse vengono organizzati campi estivi di lavoro a cui partecipano migliaia di ragazzi da ogni parte d’Italia; sorge la Rete di Economia Sociale che proclama “Facciamo un pacco alla camorra”, vendendo la mozzarella e i beni qui prodotti. E anche se la camorra cerca sempre di sabotare e di intimidire, si continua ad andare avanti. Come ebbe a dire don Antonio Riboldi, vescovo di Acerra: “E’ morto un prete ed è nato un popolo”.


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Liturgia 24 ottobre 2015

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Commento al Vangelo

Domenica 25 ottobre 2015

Fa che io veda! Di Don Cristian Solmonese

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arissimi amici, in questa domenica, XXX del tempo ordinario, il Vangelo ci fa ascoltare un brano centrale del Vangelo di Marco: la guarigione del cieco Bartimeo. L’evangelista Marco ci presenta le azioni e le parole di Gesù durante il suo viaggio a Gerusalemme. Viaggio sicuramente topografico, ma anche e soprattutto simbolico. Questa strada che Gesù percorre con entusiasmo (l’entusiasmo di Gesù nel Vangelo è sottolineato dall’espressione “Gesù li precedeva”), dove al contrario i discepoli lo seguono con diffidenza o inquietudine ( “essi erano spaventati, e coloro che seguivano erano anche timorosi” Mc 10,32) in questo episodio arriva al termine. Ecco il contesto della lettura sulla quale meditiamo oggi. Al termine del cammino, oggi incontriamo un cieco. Un cieco, che, in più, è un mendicante. In lui c’è oscurità, tenebre, e assenza. E attorno a lui c’è soltanto il rigetto: “Molti lo sgridavano per farlo tacere”. Gesù chiama il cieco, ascolta la sua preghiera, e la esaudisce. Il testo del Vangelo è ricco di elementi per meditare. Innanzitutto la descrizione di questo cieco seduto ai bordi della strada. È la condizione di chi è solo, senza strada, senza futuro, senza speranza. Il cristiano è un cieco e un mendicante, come tutti. Come tutti sta ai bordi della strada della vita, tende disperatamente le mani per avere di che vivere: attenzione, affetto, approvazione. Spesso, però, il mondo lo invita a tacere, a non disturbare, a lasciar perdere, a rassegnarsi. Siamo mendicanti, e il mondo ci dice che siamo degli illusi. Anche Dio - ci dicono - in fondo è infastidito dai nostri lamenti. Arriviamo a un punto che gridi, perché la sofferenza ti diventa troppo grande, il buio troppo fitto. Quando si grida, sentiamo ad un certo punto Gesù il Nazzareno, il Figlio di Dio chiamarci. Sì, il Signore ascolta il grido; non è

indifferente, come ha udito il grido del popolo schiavo in Egitto (Es 3,14); ode tutte le grida che da questa terra salgono a lui. Per giungere al Signore c’è sempre una strada che per il cieco si traduce in qualche sconosciuto che lo conduca da Gesù. Qualcuno, un discepolo, un amico, un evento, ci ripete: “Coraggio! Alzati, ti chiama”. Ci fidiamo (i fratelli che ci invitano ad avere coraggio lo fanno con amore e disinteresse!), ci alziamo dalle nostre paralisi, abbandoniamo le nostre incommensurabili paure, gettiamo il mantello della lamentela e siamo raggiunti dal Signore. Un altro elemento significativo descritto dal testo è il mantello di Bartimeo; esso simboleggia tutto, la sua casa, i suoi averi; nella Bibbia il mantello è il segno della persona. Baritmeo va incontro a Gesù con l’intento di mettere da parte il suo passato e rimettere in discussione la sua vita e il suo normale rapporto con il Signore. Realizza così l’incontro con Gesù, assume connotati di profondità diretta e di reciproca fiducia profonda. Lasciare la vita di prima significa però sapere anche chiedersi e volere una cosa precisa. Infatti, il Signore, oggi e sempre, ci chiede cosa vogliamo da lui. Potremmo chiedere mille cose: fortuna, denaro, affetto, carriera. Chiediamone una sola: la luce. Luce: che importa avere fortuna se non sappiamo riconoscere chi ce l’ha donata? Luce: quanto denaro serve per colmare il cuore incolmabile di desiderio? Luce: quante volte l’affetto diventa oppressione e dolore? Luce: che ci importa di diventare qualcuno se restiamo tenebra? E accade: il Signore ci ridà luce agli occhi e al cuore. A questa luce Gesù dà un nome: fede. La fede è la luce che permette a Bartimeo di non pensare più al suo mantello, egli è un uomo nuovo. La luce che ha acceso nel tuo cuore è la fede. Seguila se anche tu vuoi lasciare il tuo mantello. Ora, illuminati come Bartimeo, possiamo diventare discepoli. Buona domenica!

VANGELO VISSUTO

FARE QUALCOSA DI PIÙ «Con mia moglie e i nostri due figli, sentivamo forte l’esigenza di fare qualcosa per il nostro piccolo paese, schiacciato da tanti problemi: coppie smembrate, ragazze madri, immigrati, povertà e miseria morale. E così il nostro grazioso appartamentino è diventato un centro d’ascolto. In paese sono stati felici di questa iniziativa; anche i parenti e tanti altri sono stati coinvolti nel volontariato. Così sono nate tante possibilità per aiutare alcune persone in difficoltà: l’accoglienza di Sonia, una ragazza madre slava, sostenuta prima e dopo la nascita del piccolo Piero, le cene per le donne ucraine che lavorano nel territorio, una mini-scuola per genitori e la collaborazione con vari giovani per la realizzazione di alcuni progetti in Africa. È piccolo l’appartamento dove abitiamo, ma ormai rappresenta un piccolo seme di “vangelo vissuto”». TP. – Italia


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Ecclesia

24 ottobre 2015

kaire@chiesaischia.it

Il perdono per San Francesco Dall' Ordine francescano secolare di Forio

L'

udienza generale dello scorso 14 ottobre ha lasciato gli ascoltatori sorpresi per la richiesta di perdono del Papa a Dio e al suo popolo per gli scandali nella Sua amata Chiesa: “La parola di Gesù è forte oggi: «Guai al mondo per gli scandali». Gesù è realista e dice: «E’ inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale avviene lo scandalo». Io vorrei, prima di iniziare la catechesi, a nome della Chiesa, chiedervi perdono per gli scandali che in questi ultimi tempi sono accaduti sia a Roma che in Vaticano, vi chiedo perdono.” San Francesco d’Assisi è il santo del perdono, tutta la sua vita era vissuta all’insegna del perdono per le colpe sue e per quelle dei suoi amici e nemici. Le Fonti Francescane sono una ricchezza a riguardo: “In seguito alla chiamata di Dio, il numero dei frati era ormai salito a sei. Il loro pio padre e pastore, in molta amarezza di cuore piangeva sulla sua vita di adolescente, trascorsa non senza colpa: mentre chiedeva perdono e grazie, per sé e per la prole, che in Cristo aveva generato, si sentì invadere da una singolare, esuberante letizia e si sentì garantire che tutte le colpe gli erano state rimesse pienamente: fino all’ultimo quadrante. Rapito, perciò, al di fuori di sé e totalmente assorbito in una luce vivificante, luminosamente vide gli avvenimenti futuri che riguardavano lui e i suoi frati, come egli stesso, in seguito, rivelò familiarmente a conforto del piccolo gregge, quando preannunciò che per la clemenza di Dio l’Ordine avrebbe progredito e si sarebbe ampliato”(FF 1341). In un altro passo il santo così esortava il ministro dell’Ordine: “E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me Suo servo e

PARROCCHIA S. ANTONIO DA PADOVA Casamicciola Terme Orario solare delle SS.Messe dal 25 ottobre chiesa P.P. Passionisti 7.30 chiesa S. Pasquale 9.15 chiesa S. Antonio 11.00 chiesa P.P. Passionisti 12.00 chiesa S. Antonio 18.30

tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli”(FF235). Eppure non tutti benediceva san Francesco: “Avendo conosciuto l’ostinazione e pertinacia di un certo frate, che era stato nel mondo dottore in legge, ed aveva nome Pietro Stacia, ed avendo appreso attraverso lo spirito del Signore che la sua coscienza era contraria alla purità della Regola, e similmente le sue opere e la sua dottrina, lo maledì. Costui era stato grande nel mondo ed era amato non poco dai ministri per la sua scienza; perciò i frati, verso il termine della vita di san Francesco, lo pregavano perché usasse indulgenza a così grande uomo e gli mandasse la sua benedizione. Rispose: « Figli, non posso benedire colui che Dio ha maledetto, ed è maledetto ». Non molto tempo dopo, il predetto frate si ammalò, ed era ormai prossimo a morire. C’erano dei frati attorno a lui, ed egli cominciò a dire gridando con voce terribile e grande tremore: « Sono dannato, ed ecco, i demoni, ai quali sono consegnato, mi portano maledetto ai supplizi dell’eterna dannazione e maledizione ». Da quell’esperienza tremenda davanti a quel doloroso spettacolo e al giudizio orrendo e pauroso, quanti erano presenti impararono che co-

lui che è stato maledetto dal beato Francesco è maledetto e condannato da Dio per l’eternità. Infatti non dava la sua benedizione o maledizione a qualcuno mosso da affetto o sentimento umano, ma, reso cristiforme, manifestava gli arcani dei divini giudizi e della divina volontà e vedeva come scritti in parole gli avvenimenti futuri quasi appartenessero già al passato. … E in tanta efficacia e potenza di spirito, maledisse quanti apostatavano dalla perfezione della vita promessa e quanti diffamavano la Religione con le loro opere perverse, e benedisse coloro che osservano le promesse e con l’esempio della loro santa

condotta edificano il prossimo e fanno crescere la Religione col profumo della loro buona fama. Quanti ascoltavano capirono che queste cose venivano da Dio e che erano confermate in cielo la benedizione e la maledizione che il beato Francesco dava e annunciava sulla terra. Era manifesto a quanti frati erano sapienti sanamente ed amavano la verità in Cristo, che le parole e le opere di lui procedevano da Cristo e dal suo spirito e che, accogliendo e ascoltando lui, accoglievano e ascoltavano Cristo che in lui parlava; e quanti erano retti e mondi di cuore non esitavano ad ascoltarlo e a seguirlo.”(FF2169)

Cenacolo regionale del Movimento sacerdotale mariano della CAMPANIA

(in collaborazione con l’UNIONE APOSTOLICA DEL CLERO dell’Arcidiocesi di Napoli)

Venerdì 30 ottobre, a Pompei nella Cappella della Beata Vergine del Santo Rosario con la presenza di Padre Geremia Francesco C.S.

Invitiamo sacerdoti e laici a partecipare.

L’appuntamento è per le ore 9,30. Adorazione, Rosario, Meditazione dal Libro dei Messaggi, Santa Messa con consacrazione al Cuore Immacolato di Maria.

Nota bene: Per i sacerdoti portarsi camice e stola bianca. Inoltre, stiamo organizzando il pranzo insieme. Si prega di dare un cenno di adesione, chiamando a uno di questi numeri: Don Franco Amico 0823877612; P. Nunzio Ammirati franunzio@gmail. com o un sms al 3335854801; Antimo De Crescenzo 3485113500; Don Salvatore D’Antuono 3333648938; Per i membri dell’UAC far riferimento a P. Giorgio Cozzolino email dongiorgiouac@libero.it o un sms al 3393153215

CENACOLO A ISCHIA

Sabato 31 ottobre, alle ore 15,00 nella Chiesa di S. Maria di Portosalvo a Ischia porto, Cenacolo Mariano, a conclusione del mese di ottobre, con la presenza di P. Geremia Francesco, animatore dei Cenacoli del Movimento Sacerdotale in Italia Per informazioni rivolgersi a P. Nunzio Ammirati (3335854801)



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Dulcis in Fundo

24 ottobre 2015

kaire@chiesaischia.it

Di Clara Calabria

P

arlare di democrazia oggi, per ricostruirne il percorso è difficile. Farla vivere appieno è spesso complicato. Le scienze sociali e le scienze politiche hanno da sempre mostrato interesse su come si sia giunti alla democrazia e hanno concentrato gli studi, prima di tutto, sui pericoli che la stessa ha incontrato sulla sua strada: si pensi al totalitarismo, a tutti gli autoritarismi; al fascismo, al nazismo, allo stalinismo e così via. Che rischi ha corso la democrazia!Il terrorismo di oggi, in varie forme e in molti paesi rappresenta la vera minaccia alla democrazia, non consentendo ancora agli storici, allo stato attuale e al mondo intero di poter archiviare la “questione del terrorismo”. Le Primavere Arabe, in particolare la Primavera tunisina, ci raccontano egregiamente la volontà di voler fare tabula-rasa su “la questione terrorismo”. Quest’anno, in Tunisia, si festeggia l’anno zero degli

Nobel ABBONAMENTO per la pace alla società civile tunisina POSTALE attentati. Alla fine di settembre scorso, la Tunisia ha sepolto il terrorista Rezgui che massacrò circa 40 turisti sulla spiaggia. Un sito tunisino scrisse in quel preciso giorno.”Adesso cerchiamo di sotterrare l’odio e il mondo non ci lasci soli” e il mondo, attento, è arrivato con il Nobel per la Pace.Molti pensavano che il Nobel andasse al Papa; altri alla Merkel e, invece, un quartetto tunisino, rappresentante la società civile, ha spiazzato tutti, dimostrando che attraverso il dialogo, democraticamente, e con la condivisione, tutto è possibile. Il quartetto è composto da: Lega Tunisina per i Diritti umani, Utica, Ugtt e Ordine degli Avvocati. Wided Bouchamaoui è la Presidente di Utica, Confederazione di industriali, commercianti e artigiani, una sorta

XVII CORSO FORMAZIONE BASE A.V.O. programma Martedì 27.10.2015 Presentazione del corso Presidente Antonella Pirozzi “Organizzazione ospedaliera di un presidio insulare” Direttore Sanitario dell’Ospedale A. Rizzoli Dott.ssa Valentina Grossi. Giovedì 29.10.2015 “ Dalla parte dei batteri” Primario Chirurgia Prof. Alberto Marvaso Martedì 03.11.2015 “Statuto e Regolamento” Avv. Antonio Pantalone “ Chi è il Volontario A.V.O.” Presidente Antonella Pirozzi Giovedì 05.11.2015 “Assistenza volontaria a malati infettivologi. Come comportarsi?” Dott. Ciro di Gennaro

Martedì 10.11.2015 “Identità e cultura dell’A.V.O.” Presidente Regione Campania A.V.O. Rita Albano Saluto del Cappellano Padre Luigi Santullo Giovedì 12.11.2015 “L’incontro con il malato,empatia e comunicazione” Dott.ssa Marilena D’Ambra Psicologa Martedì 17.11.2015 “Diabete mellito e sue complicanze” Dott. Luigi Mattera

di Confindustria nostrana. Il Presidente della Lega per i Diritti Umani è Abdesstar ben Mussa. Il Segretario del Sindacato Tunisino Ugtt è Houcine Abbassi e l’Avvocato Fadhel Mahfoudh rappresenta l’ordine degli Avvocati: chapeau a tali eminenti uomini e donne che ci permettono ancora di credere nei valori e di lottare per salvaguardarli. Anche la società civile italiana, per superare il forte dualismo esistente tra classe politica e Paese reale può, attraverso associazioni scevre da qualsiasi sovrastruttura e formate da “liberi pensatori” non veicolati dall’alto, diventare protagonista: Civicrazia ne è un emblematico esempio, con le sue 4000 libere Associazioni e con le crescenti adesioni e ramificazioni. Gli intellettuali di casa nostra,spesso indifferenti,si interroghino sul fatto che un riconoscimento - e che riconoscimento - sia arrivato dal Nord Europa. Le organizzazioni italiane, impegnate nella promozione e nella tutela dei diritti umani dovrebbero, con gli intellettuali, risvegliare le coscienze per “educarle” al “diverso”, perchè, come ha detto anche il Santo Padre: “Siamo tutti migranti, siamo tutti persone”. Grazie al Quartetto Tunisino. Mille grazie.

L’abbonamento annuale ordinario al nostro settimanale costa € 45,00 e consente di ricevere con spedizione postale a casa propria (sul territorio italiano) i 52 numeri del giornale stampati nel corso di un anno solare più eventuali “Kaire speciali”. Per chi vive all’estero, è possibile abbonarsi on line al settimanale in modo da poterlo leggere in formato Pdf a partire dalle ore 7,00 del mattino (ora italiana) nel giorno di uscita (verrà inviato via mail) e poterlo archiviare comodamente. Il settimanale online è esattamente uguale - per contenuto e impaginazione - a quello stampato su carta. L'abbonamento online costa € 45,00. LE ALTRE TARIFFE ANNUALI: Abbonamento amico €.100,00 Abbonamento sostenitore €.200,00 Benemerito a partire da €.300,00 COME PAGARE L’ABBONAMENTO Per il pagamento in contanti contattate la segreteria di “Kaire” ai seguenti numeri di telefono 081981342 – 0813334228 oppure il pagamento può essere effettuato mezzo bonifico bancario intestato COOP. SOCIALE KAIROS ONLUS indicando quale causale ABBONAMENTO KAIRE sul seguente codice IBAN IT 06 J 03359 01600 1000 0000 8660 Banca Prossima SpA. Dopo aver effettuato il pagamento inviate una mail a kaire@kairosonline.it oppure inviando un fax al 0813334228 con i seguenti dati per la spedizione: Cognome e nome: ... | indirizzo (via/cap/comune/ provincia): ... |codice fiscale: ... | telefono: ... | mail: ... nel caso l’abbonamento sia da attivare a favore di altra persona, indicare anche: Cognome e nome del beneficiario dell’abbonamento: ... Indirizzo (via/cap/comune/provincia): ...

EDICOLE DOVE POTER ACQUISTARE

Giovedì 19.11.2015 Coordinatori di reparto Dott. Arcangelo Russo Martedì 24.11.2015 Relazione finale Presidente Antonella Pirozzi Colloqui Dott.ssa Sonia Mazzella Assistente Sociale

Il corso si terrà presso la Sala POA Ischia Ponte dalle ore 16 alle ore 18 E’ preferibile da parte dei corsisti anticiparsi di mezz’ora. La quota di partecipazione è di 10 euro per spese materiale didattico. Per info 3495118125---3312706118

COLLABORIAMO INSIEME Per inviare al nostro settimanale articoli o lettere (soltanto per quelle di cui si richiede la pubblicazione) si può utilizzare l’indirizzo di posta kaire@chiesaischia.it I file devono essere inviati in formato .doc e lo spazio a disposizione è di max 2500 battute spazi inclusi. Le fotografie (citare la fonte) in alta risoluzione devono pervenire sempre allegate via mail. La redazione si riserva la possibilità di pubblicare o meno tali articoli/lettere ovvero di pubblicarne degli estratti. Non sarà preso in considerazione il materiale cartaceo.

Comune di Ischia Edicola di Piazza degli Eroi; Edicola di Ischia Ponte; Edicola al Bar La Violetta; Edicola di San Michele da Odilia; Edicola di Portosalvo Comune di Lacco Ameno Edicola al Bar Triangolo Edicola Minopoli sul corso Comune di Casamicicola T. Edicola di Piazza Bagni; Edicola di Piazza Marina; Comune di Forio Edicola del Porto; Edicola di Monterone



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