Kaire 13 Anno III

Page 1

www.chiesaischia.it

Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 3 | numero 13 | 26 marzo 2016 | E 1,00

“Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% Aut: 1025/ATSUD/NA”

E TUTTA LA CASA SI RIEMPÌ DELL'AROMA DI QUEL PROFUMO (GV 12, 3) Messaggio del vescovo Pietro per la Pasqua del Signore 2016: “Vorrei che le nostre case profumassero di fede e di preghiera, che in esse si respirasse la gioia della fraternità, la festa del perdono e della misericordia” A pag. 3

Il cuore corrotto di un popolo corrotto Di don Carlo Candido

L

crisi turistica ed economica che stiamo vivendo non è ristretta solo al nostro territorio ma è generale; mi sembra di poter dire però che Ischia abbia un suo target che la rende diversa dal panorama nazionale, e questo anche per la sua particolare insularità e morfologia, con un dispiegamento costiero di circa 34 km, una vegetazione unica nonostante l’abbiamo deturpata e la presenza di zone collinari, montuose e marittime, che offrono al turista una vasta scelta nel suo soggiorno tra noi. La crisi di Ischia è frutto di una mala gestio di tutte le singole realtà, come quella dei commercianti e degli albergatori, ma anche di ogni comune cittadino. Porto una testimonianza di questa estate: due miei amici sacerdoti, abituali frequentatori della nostra isola, (di cui posso testimoniare la grande pacatezza e bontà d’animo) scelgono per la prima volta di non portare l’auto qui ad Ischia ma di muoversi con i soli mezzi pubblici, ma il risultato è più che pessimo, in quanto restano letteralmente scandalizzati dall’atteggiamento di alcuni autisti, tanto da dirmi che avrebbero protestato con lettere e articoli, riservandosi la scelta di non tornare più ad Ischia. E ancora,

Continua a pag. 6

PASQUA ISCHIA FATICA A RISORGERE Cristo risorge, ma è davvero così anche per noi ischitani? Perché non risorgiamo dalla corruzione e dallo sfruttamento del lavoro, dalla mala gestio di politici e imprenditori? Ischia, devi risorgere, soprattutto a livello politico e culturale!

AMMISSIONE ALL’ORDINE SACRO DI ANTONIO E MARCO

REFERENDUM TRIVELLE

LA MADONNA ADDOLORATA DI FORIO

I nostri due seminaristi venerdì 1° aprile saranno ammessi all’ordine sacro. Li abbiamo intervistati in esclusiva per Kaire.

Tante le vostre domande e i dubbi arrivati in redazione. Spieghiamo meglio gli scenari se vince il SI o il NO il prossimo 17 aprile.

L’intensa devozione per la Madonna Addolorata: il grande evento a cui tutta Forio è legata. Una devozione radicata nei secoli.

TEMPO DI CREDERE NEL DIO CHE SOFFRE CON NOI Don Maurizio Patriciello ci aiuta a capire come colmare questo senso di vuoto che ci accompagna dagli attentati di Bruxelles.


2

La Voce di Pietro 26 marzo 2016

www.chiesaischia.it

Si può accendere la candela della veglia pasquale e porla al centro della tavola.

3

La Voce di Pietro

26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

CRISTO è RISORTO

L’antico suono delle campane

E tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo (gv 12, 3) Messaggio del vescovo Pietro per la Pasqua del Signore 2016

Benedizione in famiglia nel giorno di pasqua Papà o mamma: “Nel nome del Padre...” Dal Vangelo di Marco (16, 1-7) Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». Papà o mamma: “Questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo.” Tutti: “Padre nostro...” Papà o mamma: “Benedetto sei tu, Signore del cielo e della terra, che nella grande luce della Pasqua manifesti la tua gloria e doni al mondo la speranza della vita nuova; guarda a noi tuoi figli, radunati intorno alla mensa di famiglia: fa’ che possiamo attingere alle sorgenti della salvezza la vera pace, la salute del corpo e dello spirito e la sapienza del cuore, per amarci gli uni gli altri come Cristo ci ha amati. Egli ha vinto la morte, e vive e regna nei secoli dei secoli. R. Amen. Papà o mamma (con un ramoscello d’olivo porge l’acqua benedetta e ciascuno si fa il segno della croce): Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Alleluia, alleluia! Segue lo scambio di pace tra tutti i membri della famiglia.

Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia Proprietario ed editore COOPERATIVA SOCIALE KAIROS ONLUS

Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia Codice fiscale e P.Iva: 04243591213 Rea CCIAA 680555 - Prefettura di Napoli nr.11219 del 05/03/2003 Albo Nazionale Società Cooperative Nr.A715936 del 24/03/05 Sezione Cooperative a Mutualità Prevalente Categoria Cooperative Sociali Tel. 0813334228 Fax 081981342 info@kairosonline.it pec: posta.kairos@pec.it Registrazione al Tribunale di Napoli con il n. 8 del 07/02/ 2014

Di Avv. Agostino Polito

S

ono state le campane a segnare lo scorrere del tempo. Sono state le campane ad annunciare le varie vicende e vicissitudini della vita. Il suono prolungato e vivace “le scampanellate” mette i cuori in allegria, annunzia la festa. Con i suoni misurati e lenti “i rintocchi” si annunzia la dipartita da questo mondo di un’anima. Alle quattro del mattino suona il “risveglio” e sembra che dica svegliatevi è ora che andiate a lavoro. Alle ore sei chiama la gente alla preghiera, mentre quello delle ore nove all’adorazione. A mezzogiorno le campane con tre tocchi cui fa seguito una lunga scampanellata annunziano l’Angelus: che ci ricorda l’incarnazione di Gesù: Gesù si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Alle tre del pomeriggio le campane suonano “le ventunore” in ricordo della morte di Gesù (ventunore in quanto all’epoca di Gesù il tempo veniva misurato dal calar del sole). Di lì a poco il suono dell’Ave Maria e dei Vespri, con gli intinni viene annunziata che è prossima l’uscita della Messa e poi della Benedizione, poi con dei rintocchi si annunzia che la Messa è finita. Il suono delle campane annunzia ogni evento, con il suono delle campane si annunzia la gioia della Pasqua e allo scampanellio delle campane quello festante del Natale, al suono delle campane ci si sposa, al suono delle campane si accompagna il defunto al cimitero, al suono delle campane la processione procede per le vie del paese. E le campane le ebbe a suonare anche zio Chicco che si era comprato un asino ed ognuno domandava: “quanto hai speso?” Sicché una notte zio Chicco stanco di dover rispondere sempre alla stessa domanda, salì sul campanile e si mise a scampanellare. La gente si chiedeva cosa stesse accadendo e si riversò sul sacrato. Quando tutto il paese si era radunato, zio Chicco si affacciò dal campanile e rivolto ai suoi compaesani gridò: per l’asino ho speso sei carrì. Mo avete capito che ho speso sei carrì? - (carrì: moneta in vigore nel meridione all’epoca dei Borboni). I compaesani per vendetta di gli appiopparono il soprannome di “Chicchesecarrì” a lui e ai suoi discendenti. Durante la guerra il suono delle campane tacque: silenzio il nemico ci ascolta. Oggi tace ugualmente: silenzio, mi disturba. Le campane dell’orologio segnano il passare delle ore, la campana grande batte le ore, quella piccola i quarti. Grazie campane, che tra scampanellii, tocchi e rintocchi, ed intinni ci avete accompagnato lungo il corso della vita.

Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

Redazione: Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia kaire@chiesaischia.it | @chiesaischia facebook.com/chiesaischia @lagnesepietro Tipografia: Centro Offset Meridionale srl Via Nuova Poggioreale nr.7 - 80100 Napoli (NA) Per inserzioni promozionali e contributi: Tel. 0813334228 Fax 081981342 oppure per e-mail: info@kairosonline.it

Il settimanale è stampato su carta riciclata utilizzando inchiostri vegetali non inquinanti presso uno stabilimento le cui attività prelevano una quantità di energia minore di quella prodotta dal proprio impianto fotovoltaico (a ridotta emissione CO2).

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Ischia, «Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (Gv 12, 1-3). Questa pagina del Vangelo - lo ammetto - mi piace in modo speciale! Ad essa penso spesso e, soprattutto, nei giorni che immediatamente precedono la celebrazione della Pasqua! Non so bene perché, ma mi colpisce in modo particolare! O meglio, forse un po’ penso di averlo capito! La liturgia ce la propone sempre all’inizio della Settimana Santa: esattamente nella Messa del lunedì santo, “sei giorni prima della Pasqua”. E mi sembra che così, approfittando dell’indicazione cronologica riferita da Giovanni, la Chiesa voglia come venirci incontro ed indicarci in che modo vivere i giorni più santi dell’anno e con che animo disporci a fare Pasqua! Intanto va detto che anche gli altri vangeli parlano di un’unzione di Gesù da parte di una donna. Matteo (26, 6-13) e Marco (14, 3-9) riferiscono che sia avvenuta a casa di Simone il lebbroso e due giorni prima di Pasqua, ma sempre a Betania. Luca (7, 36-50) invece non dice di quale città si tratti e precisa che la donna sia stata una peccatrice, presentatasi all’improvviso in casa di un fariseo, anch’egli di nome Simone, per incontrare Gesù. Tutti però parlano di una cena o comunque di un banchetto! Si tratta di incontri diversi o dello stesso, raccontato con sfumature differenti? Le ipotesi sono varie ma, in verità, non vorrei qui affrontare tale questione. Vorrei piuttosto, partendo dal racconto di Giovanni, fermarmi a riflettere con voi sui gesti di Maria! Sì, i gesti! Perché Maria - l’avrete notato - non parla! Non dice una parola! Il suo è il silenzio di chi adora! Un silenzio che mi ricorda tanto quelli dell’altra Maria: la Madre! Non parla ma compie gesti eloquentissimi; gesti che parlano e dicono più di tanti altri discorsi: «Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo»! Che cosa dicono quei gesti di Maria? Vi dico ciò che dicono a me! Innanzitutto mi parlano di un amore esagerato! Maria vuole esprimere al Signore tutta la sua riconoscenza per la Sua presenza, per ciò che Gesù ha fatto e per ciò che sta per fare! Per questo fa una cosa esagerata; una cosa che chi non ama non può capire e perciò ritiene spropositata! Sente infatti che il Signore l’ha amata così: in maniera sovrabbondante, eccedente! E vuole, per quanto possibile, rispondere a quell’Amore! Perciò quella unzione, con nardo purissimo, assai prezioso e in quantità smisurata: per acquistarlo erano necessari trecento denari; quasi la paga di un anno di lavoro! Luca aggiunge altri particolari interessanti: «stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo» (7, 38). Sono gesti che dicono stupore per un amore immeritato, amore grande capace di rimettere in moto l’esistenza e riaccendere la voglia di ricominciare; e parlano di nozze

e d’intimità, sanno di festa e di adorazione! «Inebrianti sono i tuoi profumi per la fragranza, aroma che si spande è il tuo nome: per questo le ragazze di te si innamorano» (Ct 1,3). Sarà risuonato anche in Maria di Betania, donna attenta alla Parola, questo versetto del Cantico dei Cantici? Penso di sì! Dentro il contesto di una cena, anticipo di quella con i suoi, la sera prima di morire, si compie così un incontro che è quasi una liturgia: memoria di salvezza e annuncio di novità! Maria è immensamente grata a Gesù! E glielo vuole dire! La sua gratitudine è per quanto ha fatto nella sua vita e per aver strappato dalla morte il suo amico Lazzaro. L’incontro con Lui ha acceso nel suo cuore l’amore! Ed ella, al pari di suo fratello, ora si sente davvero viva! Lazzaro è icona di ciò che Gesù è venuto a fare per noi: rimetterci in piedi, ridarci la Vita, risuscitarci! Ma tutto ciò è frutto dell’Amore di Colui che ci “ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5, 2). Sì, quella vita, Maria lo intuisce, è frutto della Croce! La Vita nasce dalla morte! Per questo il suo gesto di ungere Gesù è profezia della Pasqua! Maria ha colto bene il senso di ciò che sta per accadere e vuole dire a Gesù, che va a Gerusalemme a morire per noi, con gesto tenero e insieme delicato, tutta la gratitudine per quella vita consegnata alla morte per noi, per quell’amore «sino alla fine» (Gv 13, 1): “Grazie Gesù perché non ti sei tirato indietro!”. «Nell’offerta del Figlio, - diceva l’allora cardinale Ratzinger - si rivela, come già nell’unzione di Betania, una smisuratezza che ci ricorda l’amore generoso di Dio, la “sovrabbondanza” del suo amore. Dio fa generosamente offerta di se stesso» E aggiungeva: «Se la misura di Dio è la sovrabbondanza, anche per noi niente dovrebbe essere troppo per Dio» (Via Crucis 2005). Quel profumo assai prezioso è, pertanto, figura di Gesù, Amore che si dona, che si spande e non si ferma e che profuma! Fino a profumare anche la nostra vita! «E tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo». Quella casa, prima abitata dall’odore della morte, ora è piena di profumo! È il profumo di Gesù! La vita ha vinto sulla morte! Afferma Sant’Agostino: «Chi era la donna che entrò nella casa con il profumo? Di chi recava l’immagine? Non era forse l’immagine della Chiesa? Di che cos’era immagine quel profumo? Non era forse l’immagine del buon odore di cui dice l’Apostolo: noi siamo in ogni luogo il buon odore di Cristo?» (Sul Salmo 21 - Esposizione II). Carissimi, vorrei che dal profondo del nostro cuore nascesse forte la voglia di dire a Gesù: “Grazie! Hai dato la vita per me! Grazie perché mi risusciti! Grazie per la tua misericordia! Grazie perché - come dice Papa Francesco - con te davvero tutto cambia!”. Vorrei che le nostre case si riempissero del profumo di Gesù, che le nostre vite, le nostre famiglie e le nostre comunità odorassero di Vangelo! Vorrei che le nostre case profumassero di fede e di preghiera, che in esse si respirasse la gioia della fraternità, la festa del perdono e della misericordia, che odorassero di gratitudine, di compassione e tenerezza; e che quel profumo fosse contagioso per altri, per tanti, per tutti! Che sia vera Pasqua! Che sia vera risurrezione! + Pietro, vescovo


4

In Diocesi 26 marzo 2016

5

Cronaca www.chiesaischia.it

26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

SANTA MESSA DEL CRISMA

LE DOMANDE DISPERATE E LA FEDE CHE DEVE SORREGGERE

Lagnese: “che cos'è la Chiesa?”

Tempo di credere nel Dio che soffre con noi

Era presente tutta la chiesa d’Ischia, Giovedì Santo, alla Messa per la consacrazione degli olii santi: presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, e tanti, tantissimi fedeli che riempivano la Cattedrale, per una celebrazione che, come ha spiegato il nostro Vescovo, è quasi un’epifania della Chiesa

Di Gina Menegazzi

I

l primo pensiero di Monsignor Lagnese, dopo il saluto alvescovo Paolo Gillet, già ausiliare della Chiesa di Albano Laziale e presente alla cerimonia, è stato un invito a pregare per le vittime del recente terribile attentato di Bruxelles e per tutte le vittime di attentati, ma anche per gli attentatori, e quindi di pregare per la pace. Durante l’omelia sua Eccellenza ha ricordato che la Messa Crismale fa nascere in noi l’esigenza di domandarci che cos’è la Chiesa. Domanda difficile, perché definire la Chiesa è difficile: è una realtà immensa e complessa, comunione dei santi, unione a Cristo ed in Cristo, e unione fra i cristiani. “Noi siamo realmente membra d’un medesimo organismo sociale e spirituale, in cui dobbiamo pensare e ad agire come parti, come cellule. Chiediamo al Signore che cresca in tutti noi una più viva coscienza ecclesiale. Che ci faccia sentire sempre di più che siamo un corpo solo e ci faccia agire non come navigatori solitari ma come membra di un unico organismo ecclesiale! Che cresca la corresponsabilità ecclesiale ad ogni livello e che si valorizzino gli organismi di partecipazione a livello diocesano e parrocchiale. Ai nostri carissimi presbiteri, in particolare, chiedo la disponibilità a lavorare perché cresca la consapevolezza

che non si è preti da soli, ma in comunione con il presbiterio e con il Vescovo e che il nostro sacerdozio la Chiesa lo chiama ministeriale proprio perché è al servizio del sacerdozio di tutto il popolo di Dio”. Per il sì dei sacerdoti, per il loro rinnovo delle promesse nel corso di questa stessa messa, padre Pietro ha detto grazie. “Grazie per non esservi tirati indietro; grazie perché

ci siete, nonostante tutto, nonostante le debolezze e le miserie che tutti ci portiamo dentro. La mia preghiera, la preghiera di tutti noi, oggi, in questa Eucarestia è per voi. Penso ai presbiteri più anziani ma anche agli ultimi ordinati e a tutti, a nome dell’intero popolo di Dio che è in Ischia, dico: grazie! Grazie nonostante tutto. Grazie per l’offerta della vostra vita. Ditelo an-

che voi grazie per essere stati chiamati dal Signore! Un pensiero particolare a don Raffaele Di Costanzo che quest’anno celebra il giubileo sacerdotale: 50 anni di presbiterato. Ma anche a don Giuseppe Nicolella che quest’anno compie 10 di sacerdozio; a don Carlo Candido e a don Pasquale Trani che ne compiono 20; a don Giuseppe Regine che raggiungerà la meta di 65 anni di presbiterato. Prego per ognuno di voi e, in particolare per i sacerdoti ammalati e in difficoltà. E prego per il nostro diacono Carlo, prossimo presbitero: l’olio del crisma di questa mattina è anche per lui. E per i nostri seminaristi Antonio e Marco che venerdì prossimo 1° aprile saranno ammessi tra i candidati al sacro ordine. Infine una preghiera per i vescovi, i sacerdoti e i diaconi defunti, in particolare don Vincenzo Scoti don Massimino Lauro, deceduti nei mesi scorsi”. Nel corso della Messa il Vescovo ha consacrato i tre olii santi, che verranno poi distribuiti a ogni parrocchia per essere usati durante tutto il corso dell’anno liturgico: l’olio degli infermi, per l’unzione degli infermi, l’olio dei catecumeni usato nel battesimo; e il crisma, olio misto a profumo, usato nel battesimo, nella cresima e nell’ordinazione dei sacerdoti. Andrea Di Massa e G.G.Lubrano

Di don Maurizio Patriciello

T

empo di credere è il titolo di un famoso libro di don Primo Mazzolari. Se ogni giorno è ‘tempo di credere’, oggi lo è in modo particolare. In queste ore in cui la tristezza sfiora la disperazione e la rassegnazione. Questo è il tempo in cui dobbiamo continuare a credere. Anzi, il tempo in cui dobbiamo rafforzare la nostra fede sempre vacillante. L’atrocità della violenza, il non senso, la morte scaraventata in faccia a persone innocenti e ignare ci lasciano senza fiato. Con il desiderio di correre, di scappare via. Scappare e dove? «Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti». Come colmare questo senso di profondissimo vuoto che ci accompagna dalla mattina di martedì 22 marzo dopo gli attentati a Bruxelles? «Rimanete nel mio amore», ci dice Gesù. Come i discepoli in fuga verso Emmaus, dobbiamo implorare insieme: «Resta con noi, Signore, perché si fa sera...». Per la verità, più che sera, è notte fonda. Credere. Continuare a credere che Dio c’è. Che ci ama. Che sta soffrendo con noi e per noi. Il terrorismo è illogico, vigliacco, disumano. Semina paura. Distruzione. Morte. Il terrorista ha pericolosamente permesso all’odio di colmargli il cuore. Il terrorismo è rapina. Di vita. Di gioia. Di futuro. Di speranza. È paura che ti inchioda. Che ti gela il sangue nelle vene. Che ti toglie la voglia di continuare a impegnarti e lottare. E invece no. Deve accadere il contrario. Il dolore che si sprigiona dai nostri cuori ci affratella, ci unisce. Le immagine delle persone che scappano dal luogo dell’ agguato ci inteneriscono, ci fanno piangere. Come siamo piccoli di fronte al dolore e alla morte. Come siamo piccoli di fronte alla grandezza della vita. Davanti a tanta sofferenza inutilmente provocata l’uomo – tutti gli uomini di tutto il mondo – si scoprono disarmati. Impotenti. Qualcuno si lascia cadere le braccia. È tentato di arrendersi al male. La voglia di abbracciare tutti è immensa. Il credente prega. Supplica. Invoca. Anche se ripete l’invocazione antica: «Dio, dove sei?». E tornano le domande che non troveranno mai risposte quaggiù: «Perché, Signore. Perché? Perché non lo

Come colmare questo senso di profondissimo vuoto che ci accompagna dalla mattina di martedì 22 marzo dopo gli attentati a Bruxelles? impedisci? Perché non hai fermato la mano degli assassini? Perché permetti che l’innocente soffra? Quando, Signore, quando giungerà la pace?». Ma Dio tace. Il cielo è come sigillato. Dall’alto non arriva alcun segnale che possa soddisfare il cuore. Dio è morto, ha detto qualcuno. «Gli occhi che hanno visto Auschwitz non potranno più contemplare Dio». Anche gli occhi che hanno visto lo scempio nella città di Bruxelles. Ma è proprio così? La tentazione di eliminare Dio ritorna prepotente. «Se tu squarciassi il cielo e scendessi!», pregano i credenti. Ma sembra che il cielo non si squarci e Lui non scenda. Perché è già sceso. E scende di continuo. Fino alla fine del mondo, scende. Lo scempio di Bruxelles avviene a poche ore del Venerdì Santo. «La cosa migliore che i nostri occhi possono fare in questi giorni è leggere la passione di Gesù», scriveva don Giuseppe De Luca. Facciamolo. Corriamo a prendere il Vangelo. Immergiamoci nel racconto della passione e della morte di Gesù. Facciamolo in queste ore in cui la cattiveria umana ha tentato di oscurare il cielo come avvenne quel giorno sul colle del cranio. Quando alto si levò il grido del Giusto: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Perché ci hai abbandonato Dio? Perché? Perché ci lasci in balia di uomini arrabbiati e senza cuore? Perché permetti che l’odio avveleni i giovani? Perché tanta ingiustizia sulla terra? Perché, Signore, l’innocente muore? Non è giusto. Non sarà mai giusto. Anche i credenti si lamentano con il loro Dio. Ma sanno chi è colui nel quale hanno avuto la grazia di credere. E si mettono a fianco dei loro fratelli in umanità. Con la fiammella della speranza accesa. Volendo, con Maria, sostenere il figlio di Dio Crocifisso e i crocifissi di Bruxelles. In silenzio. Con il cuore a lutto. Con le lacrime agli occhi e la preghiera sulle labbra. I credenti vogliono condividere un dolore che ci toglie il respiro, ma non la speranza. Ma vogliono anche gridare al mondo che Dio, ancora una volta, è stato messo in croce.


6

Società 26 marzo 2016

www.chiesaischia.it

Il cuore corrotto di un popolo corrotto Siamo a Pasqua, Cristo è risorto ma Ischia fatica a risorgere Continua da pag. 1 le numerose barriere architettoniche sulle navi, che tra le altre cose presentano una totale assenza di ascensori; durante il recente pellegrinaggio diocesano dal Papa a Roma dello scorso 16 marzo ho assistito “all’avventura” di 3 disabili, che dopo essere rimasti un bel po’ di tempo nel garage del traghetto, sono stati trasportati a ‘braccio’ sulle scale (con le carrozzelle): immaginate con quale fatica; un altro anziano ancora si è fermato a metà della rampa di scale perché non riusciva a salire altri gradini. Non si può fare turismo in questo modo e nessuno o quasi ne parla. Siamo un cane che si morde la coda e tutto ciò è solamente frutto di un egoismo di popolo; ognuno fa quello che vuole senza però sapere che siamo tutti “collegati”: possiamo avere anche un bell’albergo ma il cliente prima di arrivare da noi deve passare altri step per nulla semplici come i porti, le navi, i taxi ecc. La crisi del turismo ischitano è crisi dell’ischitano stesso, da popolo di ospitali siamo passati ad essere popolo di maleducati: risse tra tassisti, camerieri scorbutici, anche al bar non si vede un sorriso nemmeno a comprarlo. I turisti vogliono trovare sorrisi e accoglienza ma non ne trovano. Penso però anche ai lavoratori super stressati e stanchi che non rendono come dovrebbero e potrebbero. Ischia fatica a risorgere in tanti settori, spero che possa farlo anche se a fatica. Risorgere per Ischia oggi è fare quello che ci chiedeva Giovanni Paolo II nel 2002: ascolta, accogli, ama, e fare questo richiede anche un lavoro di squadra. Ischia deve risorgere a livello politico, dove fatichiamo a vedere orizzonti comuni di impegno e dove ognuno viaggia sui binari morti dei propri piccoli interessi; per molti è difficile intravedere un comune unico ma alcuni aspetti possono essere comuni a tutti. La Politica (con la P maiuscola) dovrebbe essere l’amore degli amori e invece scegliamo le

persone per metterle in lista in base ai voti che queste possono portarci o meno. Bisogna risorgere anche dal punto di vista culturale; tra i ragazzini aumenta l’uso illimitato di alcool, avanzano sempre più la droga e il sesso facile; a Roma due cocainomani hanno ammazzato un loro coetaneo pochi giorni fa ma tutto sembra essere diventato normalità per noi. Continuando così non ci saranno più limiti anche perché non esiste giustizia per nulla. Penso alla piccola Marianna uccisa qualche mese fa mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali: la sua vita è stata valutata in 4 anni e 3 mesi di reclusione. Credo che bisogna fare scelte più coraggiose e forti perché così non aiutiamo i ragazzi e i giovani a dare un senso positivo e bello alla loro vita. Cosa stiamo dando loro? Li abbiamo traditi senza dare loro nulla. Ma allora chi sta fallendo? Se scuola e famiglia non riescono a rendersi

conto che stiamo andando verso la deriva chi mai aiuterà questi ragazzi a distinguere dove è il bene e dove è il male? Dico questo perché la crisi economica non può che avere origine nella crisi etica e di valori, e difficilmente riusciremo ad uscirne. Tornando all’argomento dei lavoratori stagionali è importante sottolineare come ci troviamo sempre più di fronte a lavoratori schizofrenici, che per 6 mesi non si sa se siano più simili agli uomini o alle bestie, dimenticando completamente il loro essere cristiani. La domenica dovrebbe essere per noi. Altrove c’è una sensibilità che ad Ischia stiamo perdendo, al di là della fede; i lavoratori sono obbligati a perdere il loro giorno libero o sono costretti a ferie non fatte e non pagate; e se non accetti questo c’è subito un altro pronto a prendere quel posto di lavoro così com’è. Tutto questo nasce dal cuore corrotto di un popolo corrotto. Un

7

Società

popolo dovrebbe sapere dire no ad atteggiamenti che non sono cristiani né umani. Lo ripeto, ad Ischia viviamo una grossa povertà culturale. Basti pensare che ottenere una risposta ad una domanda messa a protocollo è un puro miraggio se non hai Santi in Paradiso. Tutto ciò che è un diritto viene spacciato per un piacere. Questa è CORRUZIONE. Sfruttare gli operai è CORRUZIONE. Il Vescovo sin dal suo arrivo a Ischia rimase molto colpito del fatto che tanti ischitani d’estate non andavano più a Messa. Si sta pensando di venire loro incontro con la Celebrazione della Messa domenicale in alcune parti dell’isola fuori dagli orari abituali per dare loro la possibilità di parteciparvi. La Chiesa deve aiutare questi fratelli a recuperare la propria dignità e libertà per non essere schiacciati ed andare avanti per inerzia. La cosa più difficile resta questa: se non si innalza il livello culturale non si va avanti; la Chiesa deve fare prima di tutto questo: alzare il livello culturale, e non è un aspetto di poco conto. Si può fare tanto se si lavora insieme. Mettiamoci poi bene in mente questo: un operaio contento del proprio lavoro produce e rende molto di più. Alcuni economisti hanno dimostrato che lì dove gli operai lavorano il giusto e in buone condizioni, producono molto di più. Non si produce negando diritti o schiavizzando le persone, anzi non si fa altro che ottenere il risultato opposto. Bisogna mettere gli operai in condizioni di esprimere al meglio le proprie capacità. Dall’altro lato però nessun operaio dovrebbe mai approfittare della bontà del proprio datore di lavoro. Se non c’è un cuore buono da un lato e da un altro non usciremo mai dal pantano in cui siamo immersi e da cui siamo chiamati a risorgere una volta per tutte. Che sia davvero Pasqua di Resurrezione, anche per la nostra isola!

26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

Trivelle e fabbisogno di energia Di Lorenzo Russo

I

l referendum del 17 aprile sulle trivelle ha assunto caratteristiche molto «politiche» tra chi prospetta catastrofi ambientali e chi, dal fronte avverso, immagina disastri economici. Cerchiamo di spiegare di cosa parliamo. Prima di tutto il referendum riguarda solo le piattaforme in mare che si trovano a meno di 12 miglia dalle coste (circa 22 km). Le altre rimarranno. Quelle coinvolte, se vincesse il «sì», smetteranno di estrarre quando scadrà la loro concessione, alcune tra 10 o 20 anni. Ed ecco la domanda che tutti pongono: a quanto combustibile si rinuncerebbe? La produzione di gas e petrolio di queste piattaforme è pari a circa l’1,3% dei consumi energetici totali degli italiani (dato riferito all’anno 2014). È una quantità che vale la pena perdere scegliendo una via più «verde»? Questo l’emblema che divide coloro che vogliono il SI al referendum, contro i NO. E’ vero che l’Italia brucia sempre meno combustibili fossili (vedi grafico). Negli ultimi 15 anni i consumi di petrolio e gas sono crollati drasticamente. E anche quelli di gas naturale sono diminuiti. E le società coinvolte cosa ne pensano? In un modo o nell’altro alle grandi società coinvolte (Eni e Edison) non conviene continuare a estrarre combustibili fossili dai nostri mari. Negando le proroghe (quindi se vince il SI) si scoraggerebbero nuove trivellazioni in quei giacimenti oggetto del referendum. Con gli attuali bassi prezzi del petrolio, né Eni né Edison quindi proporrebbero nuove trivellazioni, l’Eni perché impegnato a sviluppare il mega giacimento da poco scoperto nel mare egiziano e l’Edison perché poco interessata ad aumentare la produzione di petroli che sono ad alto zolfo e con alto contenuto di bitumi.

IL SEGRETARIO GENERALE DELLA CEI

Galantino coinvolgere la popolazione Di Lorenzo Russo

"L'

attenzione all’aspetto sociale ha portato i vescovi a confrontarsi anche sulla questione ambientale e, in particolare, sulla tematica delle trivelle, ossia se consentire o meno agli impianti già esistenti entro la fascia costiera di continuare la coltivazione di petrolio e metano fino all’esaurimento del giacimento, anche oltre la scadenza delle concessioni, concordando circa l’importanza che essa sia dibattuta nelle comunità per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco”. È quanto affermano i vescovi italiani nel comunicato del Consiglio episcopale permanente svoltosi a Genova dal 14 al 15 marzo e presentato in una conferenza stampa dal Segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino. “Non c’è un sì o un no da parte dei vescovi al referendum”, ha spiegato Galantino, sottolineando però che “il tema è interessante e che occorre porvi molta attenzione”. “Gli slogan non funzionano - ha aggiunto il segretario generale della Cei -. Bisogna piuttosto coinvolgere la gente a interessarsi alla questione”. “Il punto, quindi - ha aggiunto -, non è dichiararsi pro o contro alle trivelle, ma l’invito a creare spazi di incontro, di confronto”. Inoltre Galantino ha affermato che “non gli dispiace” la posizione presa sul tema delle trivelle e del referendum del 17 aprile, proposto da nove Regioni, dal quotidiano della Cei Avvenire, nel solco della “conversione ecologica” e dei “nuovi modelli di sviluppo” indicati dalla Chiesa, sull’onda anche dell’enciclica Laudato sì di papa Francesco. “Io ho voluto alzare il tiro - ha ulteriormente spiegato -. Il problema va affrontato alla luce non solo di quello che dice il Papa ma anche di quello che è stato lungamente discusso dalla Chiesa. Quindi parlarne, non fermarsi al sì o al no, perché manca un sufficiente coinvolgimento delle persone”.

I due scenari nelle urne SE VINCE IL NO Quorum necessario Con l’eventuale vittoria del no o il mancato raggiungimento del quorum (perché sia valido, come vuole la Costituzione, il referendum dovrà infatti raggiungere il quorum necessario, ovvero la partecipazione alla consultazione popolare del cinquanta per cento più uno dei cittadini elettori aventi diritto), la legge attualmente in vigore non sarebbe abrogata e le attività di ricerca ed estrazione non avrebbero una data di scadenza certa, ma potrebbero proseguire fino all’ esaurimento dei giacimenti interessati. Proroghe possibili Le concessioni attualmente in essere avevano una durata di trent’anni con la possibilità di due successive proroghe, di dieci e di cinque anni che, in caso di vittoria del no, potrebbero essere

concesse, prolungando così il periodo di attività delle trivellazioni. Con una modifica apportata al testo in materia dall’ultima legge di stabilità potrebbero però rimanere «per la durata di vita del giacimento». Impatto ambientale Con il no dunque questa possibilità rimarrebbe, ovviamente nel rispetto delle valutazioni di impatto ambientale che andranno in ogni caso fatte in caso di richiesta di rinnovo della concessione alle trivellazioni.

SE VINCE IL SI Fine delle estrazioni Con il sì le società petrolifere dovranno mettere fine alle loro attività di ricerca ed estrazione secondo la scadenza fissata dalle loro concessioni, e quindi secondo la data stabilita al momento del rilascio dell’autorizzazione alle

compagnie, al di là delle condizioni del giacimento. Lo stop, quindi, non sarebbe immediato, ma arriverebbe solo alla scadenza dei contratti già attivi. Le concessioni sono 35 A oggi nel nostro mare entro le 12 miglia sono presenti 35 concessioni di coltivazione di idrocarburi, di cui 3 inattive, una è in sospeso fino alla fine del 2016 (al largo delle coste abruzzesi), 5 non produttive nel 2015. Le restanti 26 concessioni, per un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi, sono distribuite tra

mar Adriatico, mar Ionio e canale di Sicilia. Appuntamento al 2018 Il referendum avrebbe conseguenze già entro il 2018 per 21 concessioni in totale sulle 31 attive: 7 sono in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata e in Emilia-Romagna, una in Veneto e nelle Marche. Il quesito referendario riguarda anche 9 permessi di ricerca, 4 nell’ alto Adriatico, 2 nell’ Adriatico centrale, uno nel mare di Sicilia e uno al largo di Pantelleria.


Attualità

Società 26 marzo 2016

Di Giuseppe Galano

G

li uffici diocesani di pastorale familiare, scuola, catechesi, giovani hanno offerto la possibilità di approfondire un punto nevralgico della maturazione di ogni individuo e dei rapporti umani: la pacificazione interiore e la riconciliazione. L’evento ha richiamato un nutrito numero di persone desiderose di approfondire una tematica di straordinaria importanza. Erano presenti tanti genitori, insegnanti di vario ordine e grado, catechisti, collaboratori pastorali, giovani, ragazzi e quanti stanno seguendo il percorso di formazione sull’affettività e sessualità a cura del prof. Domenico Bellantoni, psicoterapeuta e docente universitario. “Sii umile per ammettere i tuoi errori, intelligente per imparare da essi e maturo per correggerli”. In queste parole, proiettate all’inizio del momento di incontro , sta il segreto del perdono. Il prof. Bellantoni, nel corso dell’evento, è stato abile nel catturare l’attenzione dei presenti parlando del perdono e delle sue innumerevoli implicazioni. Da apripista ha fatto la Parabola del Figliol Prodigo, una delle perle del Vangelo, letta e commentata da don Gianfranco Del Neso. “Nessuno è perfetto, non vi è alcuna relazione che può resistere a lungo senza la capacità del perdono. La nostra imperfezione potrebbe ferire l’altro in qualsiasi momento; le relazioni potrebbero andare in crisi. Il perdono è il punto fondamentale delle relazioni socio affettive”. Con queste parole il prof. Bellantoni da inizio al suo intervento. Egli afferma a più riprese come il perdono sia la chiave per liberarsi da catene. Spesso, erroneamente, si considera il perdono come atto di debolezza, al contrario è sempre atto di estrema forza. Il perdono mette a dura prova le nostre capacità; non tutti siamo capaci di perdonare. Da un punto di vista psicologico il perdono è una necessità. Quando siamo risentiti verso una persona facciamo fatica perfino a guardarla negli occhi, si tende ad allontanarsi, ad interrompere i rapporti. Il relatore afferma che da un litigio nasce odio che se non risanato produce dolore. Quest’ultimo aumenta il senso di offesa e ferita. Fin quando non vi è perdono questo circolo vizioso viene alimentato. Più passa tempo e più sarà difficile perdonare. Possiamo tranquillamente definire il perdono come una delle capacità umane più alte. Bellantoni lo analizza dal punto di vista dell’agire umano. Vi

26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

Il perdono Martedì 22 marzo alle ore 16:00 nell’Auditorium del Centro Polifunzionale ad Ischia si è svolto, in preparazione della Santa Pasqua, un incontro molto bello ed appassionante sul Percorso Umano e Spirituale del Perdono.

sono tre livelli: biologico, psicologico e spirituale. A livello biologico ad un’offesa segue una reazione che consiste nel restituire l’offesa ricevuta. A livello psicologico si tende invece a scaricare la tensione

derivante dall’offesa ricevuta. A livello spirituale avviene il perdono vero e proprio. Questo ha in se i tratti della gratuità e la caratteristica di essere unilaterale. E’ uno stato d’animo che permette di non provare

più rancore verso una persona. Il relatore afferma che per perdonare occorre sentirsi in primis persona perdonata; chi si sente perfetto non sarà capace di perdonare. La sensazione di essere persone bisognose di perdono ci rende più aperti al perdonare. E’ possibile definire il perdono un atto creativo in quanto offre nuove possibilità all’altro. Perdonare non vuol dire negare l’offesa ricevuta, è necessario un giudizio di lealtà: “giudico e perdono fraternamente”. Inoltre perdonare non vuol dire scusare, sono due cose totalmente differenti. Con questo gesto si offre all’altro la possibilità di una nuova relazione anche se si ricorda benissimo l’azione ricevuta. La grandezza del gesto del perdono sta proprio nel trattare l’altro sapendo quello che ha fatto. La riconciliazione, invece, è cosa diversa. L’altro potrebbe non desiderare riallacciare nuovamente una relazione. Si tratta di un atto bilaterale, a differenza del perdono, unilaterale. Occorre seguire un percorso che conduca al perdono. Il non perdono ha ripercussioni negative sulla persona, toglie energie. Fondamentale è raccontarsi, parlare, creare un racconto che sia coerente. Occorre poi inserire quello che è accaduto in direzione di un senso. Se il senso della vita dell’individuo è l’agire cristiano non si può non perdonare. Oggi è facile definirsi cristiani pur non considerando il perdono. Per arrivare a compiere questo gesto è necessario seguire quattro fasi. Il primo step è l’accusa. Per perdonare si deve essere consapevoli dell’offesa ricevuta. La responsabilità, o corresponsabilità nella coppia, permette di chiedersi perdono a vicenda. Terzo passo è la gratitudine. Il perdono fa nascere un senso di gratitudine per cui ci si sente liberati di un peso. Chi non perdona sta male, sta peggio rispetto alla ferita che è stata inferta. Ultimo passo è l’amare,ossia ciò che permette nuovamente di dire ti amo nella relazione di coppia. Perdonare è l’atto di maturità umana più alto che esiste. Più perdono e più sarò capace di perdonare; più mi vendico e più sarò capace di farlo; è tutto automatico. Il perdono è una capacità che si matura nel tempo in base ad una scala di valori che ci si è dati. “Gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente diamo”. Al termine dell’intervento del prof. Bellantoni la parola passa a don Pasquale Trani e don Gianfranco Del Neso che attraverso spunti di riflessione molto belli ed intensi permettono alla platea di calarsi ancora di più nel vivo della tematica.

Di Franco Iacono

1.

La tragedia dei migranti! Le riflessioni nella Settimana Santa dell’Anno della Misericordia. Colpisce, fra le altre, una constatazione, che riguarda l’Occidente, Stati Uniti ed Europa in testa: pochi, una minoranza debole ed impaurita, pensano che sia un dovere, individuale e collettivo, la rinuncia a qualcosa in favore di questi nostri simili sventurati, che fuggono, rischiando tragicamente la vita, da fame e guerre. Negli Stati Uniti d’America sta trionfando alle primarie Repubblicane Donald Trump, suscitando entusiasmi rabbiosi e cupi, proprio nel segno dell’ostracismo ai migranti. In Europa avanzano Leghismi, Fascismi, Populismi, nel segno dei “muri”, del filo spinato e della chiusura delle frontiere. Nella opulenta e ricca Germania perfino la consolidata leadership di Angela Merkel viene messa in discussione dai recenti successi dei movimenti xnefobi in tre Land. Eppure la Merkel, finalmente “aperta” al vento della solidarietà intelligente, aveva ben spiegato i vantaggi per il tessuto economico e sociale della Germania derivante dall’ingresso di cinquecentomila migranti l’anno. Quello che colpisce ulteriormente è la… corsa di tanti Leader, anche Socialisti, a dimostrare chiusure, inimmaginabili fino a qualche anno fa: quello che è accaduto sugli scogli di Nizza o nel campo profughi di Calais ne è lampante dimostrazione. Per non dire del cambio di rotta della civilissima Svezia e del suo Governo socialista. Peraltro questi sforzi “contro natura”, loro, non vengono premiati sul piano elettorale, perché gli elettori alle “copie”, tardive ed innaturali, preferiscono gli “originali”, di cui alle leadership di Salvini e Le Pen. Ma agli elettori, ai cittadini di Europa, chi parla, chi spiega, chi ricorda i vantaggi, anche economi-

9

Punti di vista ci, di una sana integrazione?! Non certo la Scuola, non certo la Politica , men che meno i governanti. Restano in campo, quando restano, i motivi solidaristici ed umanitari, di cui ai ripetuti e duri appelli, spesso inascoltati, di Papa Francesco all’Europa crassa ed agli Stati Uniti opulenti. Troppo poco per indurre alle rinunce, individuali e collettive. Eppure, lo ricordo non solo perché siamo nella Settimana Santa, il Signore, nel Giudizio Finale, non ci chiederà conto di comportamenti di quotidiana routine, ai quali si è riferita per troppo tempo Santa Madre Chiesa, anche attraverso i suoi preti confessori, bensì ci ricorderà ben altri e concreti comportamenti. “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. (Matteo 25,31-46) Sono proprio queste le parole del Vangelo, cioè del Cristo fatto Uomo. E non c’è bisogno di interpretazioni particolari, è scritto proprio così: “Ero straniero e non mi avete accolto”. Perché, allora, di questo chiaro monito, spesso richiamato da Papa Francesco, si parla poco? Perché non si educano i bambini fin da piccoli, nelle scuole, al culto della Ac-

coglienza e della Solidarietà? Perché, quando si insegna Catechismo non si mette bene in evidenza, insieme alle consuete giaculatorie, il dovere dell’Amore, della Solidarietà, che determina gioia e benessere? Viviamo di individualismo, di egoismo, di solitudine da… uso spropositato di telefonini e computer! Tutto questo riguarda anche le famiglie, o quello che resta di loro, “perse” fra “doveri” i più svariati per i bambini, affollati da “impegni” sempre più pressanti, come mi ricorda un mio nipotino. Così va avanti questa società ormai priva di identità. Senza radici, senza un filo di continuità con storie e tradizioni. Si “scaccia” lo straniero invasore, ma lo si utilizza all’occorrenza e quando serve: dai lavori più umili negli alberghi, alla raccolta dei pomodori. O, più prosaicamente, come badanti, perché le famiglie non possono “perdere” tempo ad occuparsi dei propri anziani, che sono i loro genitori. Ed invece sarebbe necessario, come il pane, una saggia e produttiva politica di integrazione, che rivitalizzi un tessuto vecchio e stanco… del proprio benessere: non si vedono più molte donne incinte per strada e quando si decide di avere un figlio ormai si sono superati i quaranta anni. La integrazione, la “contaminazione” darebbe nuova freschezza vitale ed immetterebbe, non solo nel mondo del Lavoro, ma anche

in quello del Sapere, energie nuove. Solo il mondo del calcio non soffre di queste discriminazioni, ma perché li ci sono interessi forti che girano. Una politica di intelligente integrazione, non solo nel segno della pur doverosa e civile solidarietà, costituirebbe una utile opportunità di rinnovamento sociale, culturale e… genetico. Naturalmente non si tratta solo di integrazione fra razze diverse. Anche le Religioni devono trovare reciproco rispetto ed adeguato spazio, non solo logistico, di Culto, come ci ribadisce Papa Francesco. Da una impostazione di questo genere, rivolta soprattutto al Mondo Musulmano nascerebbe anche la più efficace difesa contro la tragedia del terrorismo. Sarebbero gli stessi Musulmani ad isolare, come solo in parte già avviene, i terroristi, che uccidono, tradendo il loro stesso Credo, nel nome di Allah. Non si tratta di “tollerare” nella nostra società la presenza dei Musulmani e dell’esercizio del loro Culto, quanto di “riconoscerli” ed accoglierli con rispetto ed amore. Così come per le altre Religioni. Se poi il Partito del Socialismo Europeo, anche nelle sue articolazioni nazionali, riprendesse la bandiera di questi valori, che erano nel suo tratto distintivo, allora veramente una stagione nuova potrebbe annunciarsi. In Europa ed in Italia. 2. Buona Pasqua, nel segno della tristezza e del dolore: la tragedia delle ragazze dell’Erasmus in Spagna, i morti di Bruxelles e le buie prospettive che annunciano, ci faranno dolorosa compagnia in questi giorni, che ci ricordano la Passione del Cristo. Per fortuna annunciano anche la Sua Resurrezione, che segna il Suo trionfo sulla morte e lo “promette” anche a tutti noi. Di fronte a questi temi epocali, che danno la dimensione tragica di questo tempo, lasciando solo poco spazio alla Speranza, è il caso di abbandonare al loro triste destino i tanti mediocri, che animano la scena politica di questi giorni. A Napoli ed in Italia. Auguri !


11

Vocazioni

26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

L' intervista

Ammissione all’ordine sacro di Antonio e Marco I nostri due seminaristi, Antonio Mazzella e Marco Trani, venerdì 1° aprile in Cattedrale saranno ammessi all’ordine sacro. Li abbiamo intervistati in esclusiva per Kaire. Di Lorenzo Russo

C

arissimi Marco e Antonio, siete arrivati ad una tappa importante: l’ammissione tra i candidati all’Ordine Sacro. Cosa vuol dire per voi? E per la Chiesa di Ischia? Marco: “L’Ammissione tra i candidati all’Ordine Sacro è la tappa più significativa che precede l’Ordinazione diaconale e poi quella presbiterale, a qualcuno che mi chiedeva cosa fosse, scherzavo dicendo: ‘è un fidanzamento in casa’. Nel discernimento non siamo mai solo noi a decidere, ma è sempre necessario il confronto con Dio e con la Chiesa, proprio perché il sacerdozio ministeriale non è un diritto, ma una chiamata a farsi servo che va riconosciuta ed accolta. Per noi significa nuovamente: “Antonio, Marco, state facendo sul serio!”, chi sperimenta un rapporto intenso con Dio sa quando la propria vita si implica con Lui. Il 1° aprile ci sarà chiesto dal nostro vescovo di impegnarci nel portare a termine la formazione che stiamo ricevendo in seminario e nel dedicarci più intensamente nella formazione spirituale” Come state vivendo questo momento di preparazione? Antonio: “Personalmente sto cercando di ritagliarmi più spazio per la preghiera personale in modo da vi-

Di Giuseppe Galano

U

n discreto numero di fedeli ed alcuni sacerdoti si sono ritrovati nel piazzale antistante la chiesa parrocchiale di Piedimonte. Dopo un breve ed intenso momento di preghiera, all’interno del tempio ha avuto inizio il corteo che ha concluso il percorso a Testaccio nella chiesa parrocchiale di San Giorgio Martire. Tra i presenti, tra i quali tanti ragazzi, si respirava un clima di pace e serenità. In tutti forte era il desiderio di seguire Gesù presente sulla Croce che attraversava le stradine di tre territori parrocchiali. Le stazioni sono state annunciate dai giovani della Pastorale Giovanile i quali, con grande passione e dedizione, hanno curato al meglio l’organizzazione dell’evento. “Che senso ha il dolore? – ha af-

vere bene questo momento che è un piccolo momento in vista poi della fine (fra tre anni) di questo cammino. Sono molto tranquillo e sereno e c’è anche tanta gioia perché la vocazione inizia ad essere riconosciuta pubblicamente”. Le vostre famiglie e gli amici cosa pensano di questo vostro percorso? Antonio: “Bisogna innanzitutto spiegare loro che cos’è questo mo“Il 1° aprile ci sarà chiesto dal nostro vescovo di impegnarci nel portare a termine la formazione che stiamo ricevendo in seminario e nel dedicarci più intensamente nella formazione spirituale” mento, per far capire bene cosa andremo a vivere il primo aprile. Loro sono molto felici e – per le nostre famiglie - anche per loro è un momento di attesa. La celebrazione prevede che noi saremo seduti al fianco dei nostri genitori e verremo chiamati per nome. E’ quasi un venir fuori dalla famiglia di origine per poi entrare nella famiglia universale della Chiesa. Nonostante il calo di vocazioni nel mondo, ad Ischia invece possiamo affermare che c’è un’inversione di tendenza?

Marco: “Un’inversione di tendenza ad Ischia? Può essere, ora non ho statistiche alla mano, ma in rapporto alla popolazione non siamo messi male, ma possiamo di più! Abbiamo tante belle realtà dalle quali il Signore può suscitare alcune particolari vocazioni: se penso a delle persone realizzate nel disegno di Dio, attraverso la vocazione che Dio ha messo nel loro cuore, non riesco ad estrapolarle dal loro contesto, dalla loro comunità di origine. Se le nostre parrocchie sono animate da tanti che danno la vita vivendo il Vangelo, le nostre comunità “profumeranno” della Sua presenza, allora sarà questa ad affascinare e chiamare dei giovani al dono totale di sé; se invece le nostre parrocchie sono il terreno da gioco dell’incontro di tanti egoismi, allora queste “puzzeranno” di morte e non attireranno nessuno a dar la vita per un cimitero. Le vocazioni non nascono come i funghi, allora se vogliamo una reale “inversione di tendenza”, come la chiami tu, dobbiamo rimboccarci un altro po’ le mani e lavorare con il Vangelo”. Se un giovane sente la ‘chiamata’ al sacerdozio, che consiglio gli date affinché riesca ad approfondire questa vocazione e capire quindi se davvero Dio lo chiama a questa strada? Antonio: “Il primo consiglio che

Via Crucis con il Vescovo Pietro Venerdì 18 marzo si è svolta la Via Crucis Diocesana per le strade di Piedimonte, Vatoliere e Testaccio. fermato il Vescovo Pietro al termine del percorso - Anche noi abbiamo sperimentato cosa significhi portare la croce. Le donne andarono al Sepolcro e non trovarono Gesù. Allora si ricordarono quello che Gesù aveva loro detto. Tutti noi siamo chiamati a ricordare le parole di Gesù ed a continuare a credere il Lui anche quando sentiamo che non abbiano alcun significato. Chiediamo al Signore, al termine di questo cammino, che ci aiuti a vivere bene questa Settimana Santa. Prendiamo la nostra croce con Lui, certi che risorgeremo già adesso se

siamo disposti a dire il nostro si alla volontà del Padre”. Il tutto si è concluso con il canto E’ Risorto eseguito dalla corale della P.G in un clima a dir poco gioioso e festante.

“E’ un venir fuori dalla famiglia di origine per poi entrare nella famiglia universale della Chiesa” darei è la preghiera e il confronto quotidiano col Signore. Poi di non nascondere questi segni di vocazione. Non bisogna vergognarsi, ma farsi aiutare da un padre spirituale, dal parroco che possa accompagnarti in questi primi passi, in modo che il padre spirituale lo possa comunicare al vescovo che è il primo responsabile delle vocazioni sacerdotali. Da qui, quindi inizia un percorso propedeutico, un primo discernimento, una prima prova dove, con l’aiuto dei formatori ci si mette alla prova per capire bene se è davvero la volontà di Dio”.


12

Storie di Animali

Storie di Animali 26 marzo 2016

www.chiesaischia.it

13 26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

Con questo racconto il nostro amico Franco Mattera ci racconta una simpatica e intrigante storia di contadini nella zona della Scarrupata oltre lo Schiappone. Con una scrittura semplice e allo stesso tempo attenta ai particolari riusciamo ad immedesimarci nella vita dei contadini e vivere i loro stati d’animo nel risolvere un problema che affligge Gennaro - il protagonista - nel suo lembo di terra coltivata. Buona lettura e complimenti a Franco. Lorenzo Russo

Di Francesco Mattera

"M

aledizione, hanno mangiato tutte le piantine. Mi sono ammazzato di fatica per niente!” Parlava da solo Gennaro, e stringeva i pugni dalla rabbia. Un calcio rabbioso fece schizzare la terra ancora fresca di zappa tutt’intorno. E si fece anche male alla punta del piede. Non ci fece caso: era tutto intento a passare rapido in rassegna le file smangiucchiate malamente di cavoli di diverse varietà, lattughe, scarole e radicchi. Unici ad essere risparmiati i finocchi. Un mistero. Presto la rabbia fu soppiantata da una malinconica rassegnazione, lacrime premevano agli angoli degli occhi senza dare bruciori, stitiche svaporavano prima ancora di uscire dai condotti lacrimali. Orgoglio ferito. L’impotenza nella sua forma più bruciante. Ora, muto. Si vergognava a parlare all’aria, inascoltato. Si impose di non mormorare nemmeno tra le labbra. La solitudine, almeno quella, coraggiosa. No, non è questione di dignità – rimuginò - forse più di coraggio. Doveva solo pensare, si pensare e non profferire parole. E ora veramente i pensieri affollavano la sua mente. Si sovrapponevano come si coprono per piccoli tratti le linee incerte di un disegno in abbozzo, come le frasi sconnesse di una brutta copia che non si sa se verrà poi messa in bella. Si provava anche a pensare ad altro: inutile esercizio di un testardo, d’animo e di pelle, una pellaccia dura e scolpita dal sole meridionale della sua campagna di Ferrazzuolo, sul sud più sud di Ischia, oltre lo Schiappone, sulla Scarrupata alta, la dove il mare si vede e si sente, ma bisogna anelarlo perché irraggiungibile. Voleva vederci chiaro, lui. Corresse con la mente le sue prime parole che aveva detto appena giunto nella catena di terra che aveva destinata ad orto: “Ci siamo ammazzati di fatica…! Prese il telefonino e chiamò Lucia: una tregua alla mozione del pensiero silenzioso. “Si, hai capito bene, hanno mangiato tutte le piantine che abbiamo pastinato sabato scorso”. Compì uno sforzo inutile per mostrarsi alla moglie sereno nella voce. “Calmati ora, vedrai che troveremo una soluzione…!” - gli rispose (la moglie) al telefono. Lei lo conosce-

Joe, più veloce di Red Rabbit Racconto breve inedito - 1° parte

va bene e intuiva anche da dettagli insignificanti, pur non avendolo a portata d’occhi, qual era il suo stato d’animo. Il silenzio prolungato di lui la costrinse prima ad assecondarlo, lei pure silenziosa, poi il segnale della possibilità di riprendere a parlare fu un lungo sospiro di lui, come quello che fanno i bambini quando passano da un pianto ad una calma conquistata con l’ostinazione, più che concessa da altri. E’ lo stesso sospiro, ho sperimentato, che fanno anche i cani quando guadagnano il relax vicino al loro padrone di elezione. “Sono stati i conigli selvatici…!” – aggiunse poi sconsolato alla moglie. “Pensavo non ce ne fossero più, ed invece eccoli ricomparsi e… mangiano, mangiano di brutto. Con tanta erba che c’è qui intorno, maledizione, loro preferiscono le mie piantine di cavolo! No, no meglio abbandonare tutto, …tanta fatica inutile, noi a lavorare, a spaccarci la schiena, e loro a mangiare tutto. Li devo fare fuori, li devo! Ecco, troverò il modo di eliminarli, fosse l’ultima cosa che faccio!” Lucia dall’altro capo era in ansia per lui. Sapeva che Gennaro era impulsivo, ma pure che poteva piombare nello scoramento e fare fatica ad uscirne. “Vedi che ci sono cose più importanti del nostro orto – gli sparò con decisione - e vedi di attrezzarti. Che se vuoi ci riesci! E che saranno mai poi questi conigli selvatici…, possibile che non si può fare niente per impedirgli di mangiarsi tutto! Dai, … fatti venire un’idea, che sei bravo!” A pranzo Gennaro era già più tranquillo. La scossa di Lucia era stata

efficace. Disse che si era messo alla ricerca delle tracce degli animali, cercava la tana per poi tentarne la cattura. “E sai cosa ho scoperto? – disse all’improvviso, con fare compiaciuto – …che non sono conigli selvatici, ma uno, un solo grande coniglio rosso, fuggito da qualche gabbia, qui nelle vicinanze. Domanderò un poco in giro per saperne di più”. Aveva trovato diversi mucchietti di escrementi e dalle loro dimensioni aveva intuito che non potevano appartenere a conigli selvatici; troppo grandi per animali di piccola taglia. Poi lo aveva scorto, il coniglio, nel terreno di Franchino spaghetto suo vicino di campagna. E rincorso inutilmente nel tentativo di catturarlo, e lanciati sassi per colpirlo, ma niente da fare. A grandi balzi il grosso coniglio fulvo - lui lo diceva rosso…! era sfuggito senza problemi alla sua inutile sballatissima corsa. “Ma… allora, basta catturarlo e …problema risolto!” aggiunse speranzosa Lucia. “Non sarà facile - concluse neutro Gennaro - Meglio cercare di rendergli la vita difficile, se poi ne viene un colpo di fortuna, ebbè, sarà il benvenuto. Intanto ho nuovamente ripiantato tutto. Bella spesa che ho fatto”. Il pomeriggio dal ferramenta comprò un rotolo di rete alta un metro e corse su in campagna. Come una furia piantò un centinaio di pioli di legno tutt’intorno all’orto. Stese la rete e chiuse il recinto

legandola ai paletti. A sera, a cena, stanchissimo per il lavoro fatto in solitudine: “Ora le nostre piantine sono salve. Quel bastardo non potrà entrare nel recinto. E no che non ci entrerà…!” – Lucia si limitò a sorridergli, poi cambiò discorso. “Vedi che dobbiamo mettere a posto il giardino, è tutto un mare di erbacce”. Passarono più o meno quindici giorni, le piantine crescevano a meraviglia, e Gennaro le teneva in ordine liberandole dalle ortiche, zappettandole con delicatezza e concimandole con una brodaglia di acqua e letame messa a maturare da qualche giorno. Era sereno, ma già si preoccupava: doveva fare un’altra stesa di piantine di lattuga in una catena di terra vicina, e l’idea di dover costruire un altro

recinto lo infastidiva non poco. Poteva rinunciarci, ma non era nel suo temperamento arrendersi. Andò a consiglio da suo cognato Michele, che in fatto di caccia, di conigli selvatici e dintorni, ne sapeva molto di più. Fecero un sopralluogo e Michele si diede a pontificare sul come e sul quanto fare per catturare l’animale. Fece il trapper, alla maniera di un improbabile Buffalo Bill di Piano Liguori, a seguire tracce dell’animale, cacherelli a mucchietti che ginocchioni prendeva tra le mani, ad osservarli ed anche ad annusarli, come se potesse trarre un’ispirazione per risolvere il problema. Gennaro era speranzoso, quantunque quella pantomima non lo convincesse per niente. Poi la promessa di Michele: “Secondo me è intanato in quel pog-

gio di terra pieno di cannucce selvatiche. Ci tornerò col cane di prima mattina e prima o poi lo becco…!” Ma le speranze di Gennaro furono presto disilluse. Dopo cinque o sei giorni giunse infatti la chiamata del cognato: “….Mah, sono andato ben tre volte, ma niente da fare, non sono riuscito a sparargli. Ieri è sbucato all’improvviso dietro un cespuglio. Non potevo sparare e gli ho lanciato Roky, ma che vuoi quel coniglio è veloce come un fulmine! Rochy è tornato dopo dieci minuti con la lingua da fuori, e …niente, mi dispiace. Perché non provi con una trappola!” - disse poi definitivamente arreso. Luigi era stato tanti anni in Australia e ne sapeva in fatto di trabocchetti per conigli: “No, io non ne ho tagliole per conigli. In Australia è da anni che sono proibite perché ci andavano dentro anche animali di specie protette, quindi …niente più trappole!” - “E io come lo prendo quel bastardo di coniglio rosso?” – sbottò Gennaro. Il giorno dopo si trattenne in garage ben oltre l’ora di cena. Aveva preparato una diavoleria che il vecchio Luigi aveva rassicurato che in Australia funzionava alla grande, e prendeva i conigli vivi e vegeti. L’ideale, reputò Gennaro, così avrò lo sfizio di metterlo in gabbia. Un grosso e alto fustino di pittura divenne una specie di tamburo: un telo di stoffa legato strettamente sull’apertura con più giri

di un sottile cordino. A centro un taglio lungo quasi quanto l’intero diametro, protetto ambo i lati da un forte di cucitura a spighetta che Lucia (faceva tutto pur di assecondare il marito!) fece con la sua Singer degli anni settanta. In campagna la terra fresca di zappa era pronta a ricevere le piantine di lattuga. L’ordigno fu doviziosamente collocato nella buca appositamente scavata, con il telo a fior di terra. Poi a coprirlo un sottile foglio di carta, e ancora sopra un filo leggero di terra ad occultare il tutto. Il provino fatto posandoci sopra un pezzo di legno, fantoccio del coniglio per peso e dimensione, diede esito positivo. Gli strati si aprirono. Il fantoccio cadde nel secchio. I bordi del telo si richiusero. Un “Ameeeen…!”- accompagnò il ghigno che si disegnò repentino sul viso del contadino. Ricompose il tutto, poi collocò alcune giovani piantine di cavolo (quelle più gradite a red rabbit) su un lato della trappola come esca. Accarezzò il tutto ben bene e se ne andò pieno di iperbolica fiducia, di tanto in tanto voltandosi per riguardare il tutto. E poi ritornare indietro a mettere meglio a posto le piantine. Insomma, un’ansia colossale si era impadronita dell’uomo. E la notte non ci dormì. All’alba era già pronto a ritornare sul posto. Il caffè preso in fretta quasi gli bruciò la bocca. Ma non se ne diede conto. Lasciò la vespa ben duecento passi dall’orto. Pensava di non dover far rumore. Da lontano intravide una piccola Casamicciola intorno alla trappola. Corse con il cuore in gola . Il rosso era caduto

nella sua trappola? “Niente, niente di niente, …mannaggia!” – disse a Lucia al suo ritorno a casa. “Si, ti dico che c’era cascato!, ma nel cadere nella trappola si è aggrappato all’orlo ed è riuscito a uscirne fuori. Ho trovato la stoffa tutta strappata, la carta volata via, il secchio tutto sbilenco, e dentro tanta terra. Ma il bello è che dopo si è anche mangiato bene bene tutte le piantine… maledetto!” Ci provò una seconda volta, ma il coniglio aveva ormai fiutato il pericolo e riusciva a mangiarsi le piantine esca senza sfiorare nemmeno la trappola. Un che di intelligente, in fondo. Alla fine ci rinunciò. Allora via al secondo recinto, e lattughe protette ancora prima di piantarle. Intanto nel primo orto le cose andavano bene. O meglio, sembrava andassero bene. L’impressione favorevole era data da scarole e finocchi che crescevano indisturbate. I cavolfiori all’apparenza intatti, scoprì con orrore Gennaro che invece erano orribilmente mutilati proprio nel loro cuore, laddove doveva crescere il grumolo. Cos’era successo? Mah, Gennaro era sconfortato. Cercò un buco, un varco lasciato nella rete, … un qualcosa che lo rendesse capace di comprendere l’accaduto. “Questo coniglio è proprio un figlio di zoccola!” E Lucia a riderne senza ritegno: Un coniglio partorito da una topa – diceva deridendolo - questa si che è buona! E anche lui – Gennaro - poi, a unirsi a lei in una fragorosa risata. La cosa più che seria, stava diventando farsesca. Una lotta red rabbit - Gennaro o, se volete, Gennaro – coniglio rosso. Uno che sfidava l’altro che alla fine voleva vincerla a tutti i costi. Non c’era più astio o rabbia nel contadino, ma solo la voglia di vincere una scommessa, più che una battaglia. Scoprì poi come faceva l’animale ad entrare. Nella maniera più congeniale ad un coniglio: una bella rincorsa ed un salto ben superiore al metro della rete. Anche in punti diversi. Nella terra smossa tra due filari di cavoli le tracce dell’atterraggio del coniglio erano evidenti. Niente poteva fare Gennaro. Si arrese. Pensava a ridurre il danno consumando tutti gli ortaggi nel più breve tempo possibile, poi …“ci penserò” si diceva… La seconda e ultima parte continua nel Kaire di sabato prossimo!


14

Scuola & Lavoro 26 marzo 2016

15

Scuola & Lavoro www.chiesaischia.it

26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

Yep!, dalla parte dei giovani: scegliere diventa più semplice Di Pasquale Raicaldo

S

cegliere la propria strada. Ancora meglio: costruirla. Pianificando e progettando, senza ansie e con piena consapevolezza di sé. Da qualche settimana i giovani studenti dell’isola d’Ischia hanno un alleato prezioso nella quotidianità delle loro scelte e nel passaggio, spesso complicato, dal mondo della scuola a quello del lavoro. Si tratta del progetto “YEP!” (Youth Empowerment Program), con la regìa dell’associazione di volontariato “Gabbiani Onlus” e che rientra tra le iniziative finanziate dal Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel settore “Giovani per il Sociale”. Così, negli istituti scolastici dell’isola d’Ischia c’è chi affianca, oggi, i processi decisionali dei ragazzi. Percorsi di coaching studiati da Lucia Esposito, - sociologa e coach, project manager di “YEP!” - per agevolare l’orientamento e il ri-orientamento dei giovani ischitani, fornendo loro strumenti in grado di supportarli, per esempio, nei processi decisionali legati allo snodo dopo le scuole medie, con la scelta dell’indirizzo della scuola secondaria di secondo grado, e al bivio successivo, al termine del ciclo delle “superiori”, con la scelta – eventuale – di un percorso universitario o con l’immissione nel mondo del lavoro. “YEP!” si rivolge, nei diciotto mesi della durata del progetto, a una popolazione studentesca di circa duemila unità e, attraverso percorsi di coaching specifici, anche alle loro famiglie, offrendo una serie di consulenze anche individuali. Promuovere la concertazione e il lavoro di rete, pianificare percorsi di vita e lavorativi alternativi (rendendo i giovani protagonisti assoluti delle

Il progetto di Gabbiani Onlus, Arké e Asat per la popolazione studentesca dell’isola d’Ischia: coinvolti circa 2000 alunni delle scuole medie superiori e inferiori.

proprie scelte), favorire la crescita dell’individuo e la sua partecipazione attiva alla vita della comunità: il progetto nasce da uno studio dettagliato della realtà ischitana e da una serie di bisogni intercettati dal basso e, in particolare, da solide realtà che operano da anni nel terzo settore. «Siamo sensibili da anni al settore della cittadinanza attiva – conferma il presidente di Gabbiani Onlus, Pasquale Arcamone – e uno dei raggi d’azione è costituito dall’universo giovanile, al quale ci siamo già dedicati in passato con le cooperative appartenenti al gruppo Galassia Terzo Settore (Kairos, Arké, Asat), di cui “YEP!” è, di fatto, la naturale evoluzione». «Il nostro progetto - spiega Lucia Esposito - riprende in maniera sistemica, con un abito formale, il network creato in questi anni con le scuole di primo e secondo grado e risponde all’esigenza, sempre più consistente sul nostro territorio, di offrire ai giovani e alle loro famiglie un supporto concreto nei processi decisionali, in particolar modo per quanto riguarda l’approccio al mondo del lavoro e dell’università». La sfida di realizzare il lavoro dignitoso per tutti sull’isola – si legge infatti nella mission di “YEP!” - coinvolge soprattutto i giovani, che nell’ultimo decennio, affacciandosi al mondo del lavoro, hanno trovato una realtà profondamente deteriorata. Del resto, l’isola d’Ischia è caratterizzata da un tipo di economia fortemente terziarizzata e da un aumento della popolazione non attiva, ma anche da una larga fascia di occupazione occasionale non qualificabile e da una mobilità tra settori diversi da parte dei lavoratori, complice la stagionalità dell’occupazione turistica. Caratteristiche che rendono complesso il mondo del lavoro e ancor di più i processi di ricerca e di orientamento da parte delle nuove generazioni, sempre più sottoimpiegate e sottopagate.

«E’ per questo – spiegano Arcamone ed Esposito – che riteniamo che tendere una mano ai ragazzi aiutandoli a maturare una piena consapevolezza delle proprie scelte, formative ed occupazionali, in linea peraltro con i nuovi dettami dell’Unione Europea, possa contribuire in modo determinante allo sviluppo dell’isola». E le prime sensazioni, negli istituti che hanno aderito al progetto, sono largamente positive. Lucia Esposito e il suo team (composto da testimonial di vari settori professionali per i laboratori di cultura del lavoro e sociologhe che interverranno nei laboratori di volontariato) hanno toccato con mano falsi miti e tabù, le convinzioni talvolta errate degli studenti e delle famiglie alle loro spalle e un pessimismo infondato per il futuro. Dai dirigenti scolastici è arrivata la conferma che l’iter di Yep! sia soltanto all’inizio e che quella di scardinare approcci fondamentalmente sbagliati è una sfida impegnativa e fondamentale per il futuro dell’isola. «Ciascuno ha il suo talento. – ha per esempio spiegato Mario Sironi, dirigente scolastico dell’istituto alberghiero “Telese” - Il nostro compito deve essere quello di individuarlo e indirizzarlo nel miglior modo possibile. I giovani non devono rinunciare alle proprie ambizioni, né al confronto con nuovi mondi, sempre più vicini nell’era della globalizzazione. Nell’avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, e alle opportunità che offre, dobbiamo fare in modo che ciascun talento trovi le condizioni ideali per realizzarsi». Yep! fungerà anche da coordinamento tra scuola e impresa. «Sarebbe opportuno – ha auspicato Sironi - che il sistema-Ischia viaggi alla stessa velocità con la quale viaggia il mondo, che cambia in continuazione. E che ne intercetti le tendenze, in particolare nel mondo dell’accoglienza, della ricettività, della ristorazione. La scuola, e il nostro istituto in particolare, si sforza di individuare le li-

nee strategie del prossimo futuro, le strade lavorative che offrono più opportunità. Ma l’interlocuzione con politica e impresa resta fondamentale». E sugli approcci sbagliati si è soffermato Antonio Siciliano, dirigente scolastico del “Mattei” di Casamicciola Terme: «Ancora persiste, sul territorio dell’isola d’Ischia, un approccio errato alla scelta dell’istituto superiore, che risponde alla scala di valori assegnata dall’immaginario collettivo secondo la quale, per esempio, il liceo è la soluzione qualitativamente superiore. A questo approccio, a mio modo di vedere, deve attribuirsi una parte essenziale degli insuccessi scolastici: indirizzare o obbligare lo studente verso una scelta è quanto di più deleterio possa esserci». Va da sé, dunque, che il progetto Yep! vada nella chiara direzione di ridurre gli insuccessi scolastici attraverso la costante opera di affiancamento degli studenti nei dubbi che li assillano, in maniera più o meno giustificata, durante il loro percorso. Non casualmente, accadono fenomeni come quello denunciato da Giuseppina Di Guida, la dirigente scolastica dell’Istituto d’istruzione superiore “Cristofaro Mennella”, altro istituto che ha aderito senza indugi al progetto. «L’isola d’Ischia – ha spiegato - dovrebbe comprendere le potenzialità di un Istituto come il nostro, una delle poche scuole professionali in Campania che dà un titolo a valenza europea già con il ciclo triennale e che forma tecnici per il settore nautico e turistico, i due settori più importanti per lo sviluppo dell’isola verde. E invece abbiamo difficoltà nella formazione delle classi prime, per poi registrare un’escalation di iscrizioni al secondo e al terzo anno. Studenti reduci da un percorso fallimentare negli altri istituti che avrebbero potuto scegliere subito la nostra scuola. Perché non lo hanno fatto? Talvolta per un ingiustificato pregiudizio culturale». Marco Albanelli


16

Parrocchie 26 marzo 2016

Parrocchie www.chiesaischia.it

La Madonna Addolorata di Forio Venerdì 18 marzo Giornata dell’Addolorata, la celebrazione della S. Messa presieduta dal Vescovo Lagnese alle ore 9.30. Al termine la processione penitenziale con la Madonna Addolorata per le vie cittadine dal Soccorso a Santa Lucia a Monterone passando per la basilica di Santa Maria di Loreto, quindi rientro per San Gaetano, San Vito e Via San Giovanni. Di Lorenzo Russo

C

hi è nato e cresciuto a Forio lo sa quanto è intensa la devozione per la Madonna Addolorata. Fin dalle prime luci dell’alba presso la Parrocchiale di S. Sebastiano, in pieno centro storico, si celebrano le Sante Messe affollate di fedeli. Il suono a festa della campane ricorda a tutti il grande evento a cui tutta Forio è legata. Il parroco don Pasquale Mattera fa rivivere in modo inteso e spirituale questo evento. Quest’anno la presenza del vescovo Pietro ha dato grande gioia al popolo foriano accorso in massa per questo alto momento di devozione. “Sono davvero lieto di essere qui con voi oggi – ha affermato il vescovo Pietro durante la Messa – per un attimo ho sentito quel dialogo tra tutti voi e Maria dove sentite di trovare in Lei una donna speciale, capace di condividere il dolore dei suoi figli. Maria è una donna capace di farsi uno, nel dolore dei suoi figli. Sentiamoci accompagnati dalla Madre del Signore. Chissà quanti di voi, quante mamme, donne, vedove e anche uomini, hanno incrociato lo sguardo di Maria e detto: ‘solo tu puoi capire il mio dolore’. Questa antica immagine che fra poco porterete in processione è la dolcezza di uno sguardo compassionevole. Questa mattina noi la contempliamo, sotto la croce del Suo figlio, mentre sta lì a dimorare. In questa immagine possiamo cogliere l’immagine del vero cristiano, colui che cioè si fa uno con il dolore di Dio. Io mi domando sempre: Signore ma chi ha capito davvero quello che Tu stavi vivendo in Croce? L’unica è stata Maria. Andiamo a scuola di Maria, la nostra mamma, per essere veri discepoli di Gesù. E in questo momento preghiamo per tutte le mamme che stanno vivendo un momento di dolore, di

incomprensione con i propri figli. Chiediamo a Maria di sostenerle. Impariamo da Lei, accogliamola nella nostra casa. Io prego per tutti voi, per il popolo foriano, che nei secoli si è sempre distinto per una forte devozione a Maria. Maria la vergine addolorata ci accompagni, ci sostenga asciughi le nostre lacrime”. La tradizionale giornata dedicata alla Madonna Addolorata rappresenta per i fedeli un primo momento, uno step iniziale per vivere la settimana santa che poi culminerà con la Pasqua di resurrezione, quando cioè i foriani, insieme ai turisti si ritroveranno nuovamente in piazza per l’entusiasmante “Corsa dell’Angelo”.

26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

PARROCCHIA SAN SEBASTIANO MARTIRE – DECANATO DI FORIO

17

PARROCCHIA SAN LEONARDO ABATE - DECANATO DI FORIO Di Giusy Iacono e Christian D' Avanzo

S

abato 19 marzo, la compagnia teatrale San Leonardo e i fedeli della Parrocchia, sotto la guida spirituale e artistica di Don Cristian Solmonese, in occasione della veglia per la giornata della gioventù, hanno rappresentato a Panza la Sacra rappresentazione della Passione e morte di Gesù. È da qualche anno che questa esperienza è stata ripresa nella nostra Comunità parrocchiale. Essa coinvolge molte persone dai più piccoli ai più grandi. C’è spazio per tutti quelli che vogliono mettersi a servizio della nostra gente con tanta buona volontà. Questa rappresentazione non ricalca solamente la cronologia o la cronistoria degli eventi raccontati dai quattro evangelisti, ma ha diverse particolarità che la rendono unica. La prima particolarità è il motivo per cui essa è messa in scena. Non è una rappresentazione che vuole assolvere al compito di “cinema”, ma prima di tutto, essa è una provocazione per l’uomo di ogni tempo che rivive ogni anno questa storia che tutt’ora affascina e fa restare senza fiato. Oltre agli effetti scenici e i costumi (ben curati da ogni partecipante) la particolarità di questa esperienza è proprio il copione. Scritto dal nostro parroco Don Cristian nel 2007 è caratterizzato dalla presenza di monologhi che nella scena fungono da meditazione. La recitazione, completamente dal vivo, porta lo spettatore a riconoscersi nei diversi personaggi, che nei loro monologhi personificano uomini e donne di ogni tempo. Tutti all’incontro con il Signore, hanno provato dei sentimenti che ci rappresentano. Ogni persona può riconoscersi in Pilato con i propri dubbi, oppure tutte le mamme che soffrono possono riconoscersi in Maria. Anche le tre cadute che evidenziano le cadute dell’umanità, sono interpretate dalle diverse stagioni della vita. Infatti lungo la strada nelle tre cadute, Gesù incontra, oltre ai personaggi tradizionali, un giovane, un adulto e un anziano, che rappresentano i peccati dei giovani, degli adulti e degli anziani. La rappresentazione è partita Piazza San Leonardo, con la scena dell’Ultima Cena e dell’Orto degli Ulivi. In seguito Gesù viene catturato e portato da Caifa, scena che si svolge sulle scale della chiesa parrocchiale, e nuovamente riportato in Piazza dove si è tenuto il Pretorio. Quando Gesù viene caricato della Croce

Sono forse io Signore? A Panza la Sacra rappresentazione della passione e morte di Gesù con il nostro Vescovo Pietro

prende il via la salita al Calvario. La crocifissione e la deposizione si sono svolte nel parcheggio comunale antistante il Ristorante Cenerentola. Quest’anno abbiamo avuto in mezzo a noi anche il nostro Vescovo P. Pietro che è stato presente con noi tutta la manifestazione. Come un pellegrino, immedesimandosi con la folla, il popolo e i personaggi, ha camminato con Gesù fino alla fine. «Non solo per i costumi e la bravura degli attori – ha detto il nostro vescovo – ma sono rimasto colpito dal clima di raccoglimento e di silenzio che si respirava per tutto il tempo, segno che le persone in un certo qual modo hanno anche pregato». Questo è bello per noi giovani, è segno che abbiamo lasciato nel cuore delle persone qualcosa di bello! Egli ci ha incoraggiato ad andare avanti a mettere in pratica i nostri talenti. Infine la rappresentazione si è conclusa con benedizione del nostro Vescovo. Dopo questa esperienza possiamo dire che ogni partecipante ha dato il meglio di se ed anche tutto il paese ha collaborato per la buona riuscita della rappresentazione. Quella sera si respirava un’aria di preghiera e meditazione. Così ci prepariamo a vivere la settimana Santa nella nostra Comunità parrocchiale.


18

Cultura 26 marzo 2016

Di Enzo D' Acunto

L

uchino Visconti è tra i prìncipi della cultura del secolo scorso. Un protagonista assoluto, la cui opera, esempio di un rigoroso impegno artistico ed intellettuale, è oggi un caposaldo imprescindibile dello spirito del nostro tempo. Le sue velleità aristocratiche e la sua sensibilità di uomo concentrato sulle cose materiali e immateriali del mondo, ne fanno uno dei più grandi cineasti del Novecento, e, per nostra fortuna, la più rilevante ed eclettica personalità che abbia mai messo piede ad Ischia. Nato a Milano il 2 novembre 1906 da Giuseppe Visconti e Carla Erba, discendente illustre di una delle più grandi famiglie milanesi, si avvicinò al cinema quale collaboratore del regista francese Jean Renoir. Il suo primo film, Ossessione, è datato 1943, anno decisivo nella sua vita: dopo l’armistizio, infatti, assumerà un ruolo attivo nella resistenza a rischio e pericolo della sua vita e nell’aprile del ‘44 finirà prigioniero dei tedeschi, salvandosi, grazie all’intervento di María Denis, che più tardi riporterà l’evento nel suo libro di memorie: “Il gioco della verità. Una diva nella Roma del 1943”; ancora oggi leggibile nelle edizioni Dalai. Questa precisa scelta d’impegno intellettuale, e se vogliamo, anche ideologico – si badi bene, però, che in Luchino Visconti l’ideologia non prevarrà mai sulla sua visione dell’arte –segnerà di certo lo sviluppo futuro della sua opera, tanto grandiosa quanto impareggiabile. I grandi film e i tanti significati Il 1948 è l’anno del primo grande film di Luchino Visconti: La terra trema. La grande saga ispirata nei toni e nell’ambientazione ai Malavoglia di Giovanni Verga, dove il tentativo di scossa dell’ordine sociale, ordito dall’umile pescatore ‘Ntoni, impatta con le briglie dell’ordine costituito che il regista – ormai già noto come il Conte rosso – individua, alla sua maniera, nell’organizzazione classista e neo-capitalista di un meridione arretrato e indigeno, dove possibilità di ascesa sociale sono pressoché impossibili. Un film che ancora oggi è in grado di fornire incisivi contributi al dibattito sulla questione meridionale, ma soprattutto, capace di rivelare tanto la scomodità, quanto la per nulla semplice inquadrabilità del personaggio Visconti. Ma non solo, perché è già in La terra trema che si fanno avanti i grandi temi della sua opera, i suoi tòpoi, quale la finissima interdipendenza tra la grande composizione scenografica teatrale di stampo iper-rea-

Cultura www.chiesaischia.it

Luchino forever…

lista, che i suoi detrattori definiranno di maniera, e la compattezza di grandi sceneggiatura, nella maggior parte dei casi, debitrici di capolavori della letteratura, e ciò, in maniera diretta in film come Le notti bianche, Senso, Il Gattopardo, Lo straniero, Morte a Venezia, e indiretta in film come Vaghe stelle dell’orsa, Rocco e i suoi fratelli, La caduta degli dei e Ludwig. Un’opera immensa che fa di Luchino Visconti il grande maestro del realismo cinematografico mondiale, ma soprattutto, il più significativo rappresentante del sentimento di crisi e caduta che ha attraversato il secolo

passato e non solo. Tutti i suoi film sono attraversati da un senso di profonda angoscia per l’esistenza e di timore per il destino umano, con una particolare attenzione per le dinamiche sociali, le lotte intestine, le grandi questioni del suo tempo e quelle universali afferenti alla sfera umana. Un contesto ove sembra quasi evincersi un motivo di sintesi che ben potrebbe essere sintetizzato da questa massima di Francois de La Rochefoucald: “le passioni hanno in sé un’ingiustizia e un proprio interesse che fanno sì che sia pericoloso seguirle, e che se ne debba diffidare anche quando

appaiono le più ragionevoli”. Nulla di più vero se pensiamo alla contessa Livia Serpieri di Senso, che si lascia incantare dal fascino del tenente austriaco Franz Mahler, per poi scoprire di essere l’ingenua amante di un’idea non corrispondente al vero e finire i suoi giorni in preda al delirio, o ancora, se si pensa ai film che compongono la cosiddetta trilogia tedesca – La caduta degli dei, Morte a Venezia e Ludwig – dove le passioni diventano il motore infausto di malefiche distruzioni. Per chi ha avuto la fortuna di vedere tali film si può pensare al terribile Martin von Essenbeck, incarnazione ideale di tutte le più spregevoli forme del male, e, appunto, allegoria della caduta degli dei; o anche, all’inquieto barone Gustav von Aschenbach che si lascia morire su un lido veneziano, ormai sordo al mondo e accecato dalla visione del giovane Tadzio; e infine, il povero Ludwig Wittelsbach, novello mecenate del Regno di Baviera, che finisce preda di sporchi intrighi di potere. Ma non è solo questo, perché a caratterizzare l’opera del grande regista è un filo costante di tensione, quasi come se Luchino riuscisse con i suoi film a farci percepire la sua angusta e complessa natura di uomo. Una tensione che passa anche, e ovviamente, per la solidità dei volti e delle espressioni delle stelle del suo firmamento. Un’opera, infine, di straordinaria importanza, non fosse altro per quella esasperata ricerca di bellezza, tanto visiva quanto ideale, capace di rinsaldare gli animi e fornire una formidabile dose di anticorpi contro ogni forma di degrado umano e morale a chi sappia penetrare un universo quanto mai ricco, variegato, e in ogni caso, non privo

26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

di una notevole complessità. Il grande regista ed Ischia L’avventura esistenziale di Luchino Visconti sulla nostra isola è ancora oggi, grazie alle testimonianze dirette e indirette, fatto vivo e quanto mai affascinante. Sul punto, consiglio sin da subito la lettura del volume di Giorgio Balestriere: “A Ischia cercando Luchino Visconti” edito da Imagaenaria. Il piccolo volume, appassionante e stimolante, svela peculiari retroscena della vita di Luchino nella mitica Ischia degli anni ‘50 e ‘60. È infatti già dal 1945 che i suoi soggiorni ad Ischia risultano regolarmente documentati. Si tratta di periodi di riposo ma anche di grande creazione e fermento artistico. Periodi in cui, a dispetto del suo snobismo aristocratico, il grande regista stringerà rapporti affettivi con gli “indigeni” locali. Nel libro, infatti, viene fatta menzione del particolare rapporto affettivo tra Luchino Visconti e Giuseppe Boccanfuso, suo addetto al ciak in La terra trema, e poi, con Iolanda D’Ambra, Tonino Baiocco e Salvatore D’Ambra. Piccoli frammenti di una grande storia, in anni in cui l’isola d’Ischia era, come scrive Balestriere: la “capitale notturna dei lidi del Mediterraneo, insieme a Saint-Tropez e Forte dei Marmi”. Ma non è solo questo, perché Ischia per Visconti, fu anche il luogo d’incontro dei giovani Burt Lancaster, Helmut Berger e Alain Delon, in un’epoca magica e di certo irripetibile che avrebbe, ripeto avrebbe, potuto fare d’Ischia una località d’élite capace di attrarre il meglio che il mondo offriva allora e che offre oggi. La Colombaia Vecchia torre cinquecentesca, la Colombaia, come ha scritto Balestriere: “faceva assaporare a Visconti l’aria di un Mediterraneo solare, ma nonostante lo scenario idilliaco, essa era contaminata da un’atmosfera morbosa, in qualche modo affine a quella del celebre dipinto di Böcklin, L’isola dei morti”. Trasformata sul tardo ottocento, è da allora che la villa ha assunto la composizione oggi nota. Luchino Visconti riuscì ad acquistarla, dopo uno sfiancante pressing, dal barone Fassini, dopo che per anni, aveva alloggiato prima nei pressi della meno nota Villa Rosica, la suggestiva villa bianca digradante sulle acque antistanti Punta Molino e con vista diretta sul Castello Aragonese, e poi, nelle stanze dei principali alberghi isolani. La Colombaia fu per Visconti la sua casa da sogno, e solo per tentare di percepire qualcosa di quella meravigliosa atmosfera, può essere ancora d’ispirazione lo sforzo di raffinata

19

sintesi descrittiva di Giorgio Balestriere, che tentando di descriverne la composizione esterna, scrive: “sul piazzale d’ingresso, un corto tunnel scavato nel vivo dello sperone roccioso su cui sorge la villa conduceva all’ascensore, il quale s’innalzava poi all’esterno, fino alla sommità della torre centrale e al terrazzo del suo appartamento privato. La decorazione esterna dell’ascensore, nel suo tratto all’aperto, era eseguita in tessere di vetri piombati, in stile Art Nouveau. Quei vetri dai

colori brillanti, contribuivano a vivacizzare l’austerità dell’architettura e ad accrescerne il particolare eclettismo. Un breve viale sinuoso, allora adornato da grandi vasi in cotto, riccamente decorati, conduceva all’ingresso principale della dimora e ad alcuni terrazzi, con il pavimento e le balaustrate rivestite da scintillanti azuleios ispirati da motivi ornamentali del Vicino Oriente. Da quei terrazzi, un eco lontano, molto lontano, restituiva il mormorio delle onde e il loro infrangersi contro gli scogli e

le falesie del promontorio di Punta Cornacchia”. Un luogo, quindi, dello spirito! La cui natura magica è stata di certo svilita ma mai intaccata dal quanto mai tormentoso iter amministrativo che ha fatto seguito all’acquisizione della villa al patrimonio pubblico, vicenda più volte riportata anche sulle pagine di questo giornale da uno dei suoi artefici principali: Franco Iacono. E del resto, è effettivamente svilente sapere che dopo il faticoso recupero al patrimonio pubblico, il certamente difficile tentativo di avviare al suo interno una Scuola internazionale di Cinema, Musica e Teatro di prestigio internazionale – sogno questo, che sembrava poter assumere sempre più consistenza nel 2006, quando arrivò l’appoggio dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che pose la Fondazione “La Colombaia di Luchino Visconti” sotto il suo alto patronato permanente, con un atto di certo simbolico, ma che in ogni caso avrebbe dovuto e potuto stimolare la definitiva consacrazione della Fondazione quale centro internazionale di promozione delle arti e dello spettacolo – la fondazione sia stata sciolta e il destino di questa nobile residenza sia ancora oggi quanto mai incerto e precario. Non posso entrare nel merito della questione, perché non ne avrei piena cognizione, ma avverto comunque l’urgenza, tanto più in questo periodo di fermento per il ricorrere del quarantesimo anniversario dalla morte di Luchino Visconti, di fare un accurato appello soprattutto a chi di questa commemorazione – fatto di certo imprescindibile, ma non decisivo! – si sta facendo e si farà carico: si crei una rete seria e coordinata, si faccia sistema e si trovi il modo di evitare che uno dei luoghi più magnetici della nostra isola finisca, concluse queste celebrazioni, in uno stato di nuovo e sciagurato abbandono. Se ne preservi il carattere di solennità e di esclusività e si faccia di tutto per tenerla aperta e fruibile a coloro che amano e ameranno la figura di Luchino Visconti in futuro, ma lo si faccia, in ogni caso, preservandone quel vincolo d’indisponibilità assoluta conferito direttamente dall’aurea sovrana del grande cineasta. Lo si faccia ancora, quindi, con la consapevolezza che la Colombaia, come anche è già stato scritto, è luogo di spirito e non di carne! Si individui in Luchino Visconti un punto di riferimento e si prema sull’acceleratore delle cose grandi e suggestive. Del resto, sono solo queste ad abbagliare la vista e far sussultare i cuori!


Liturgia

20

Ecclesia

26 marzo 2016

www.chiesaischia.it

21 26 marzo 2016

kaire@chiesaischia.it

Commento al Vangelo

Dammi, o Signore, umiltà profonda!

Domenica 27 marzo 2016

Di Ordine francescano secolare di Forio

Domenica di Pasqua

Levarono il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto Di Don Cristian Solmonese

«L

evarono il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto». È il grido di Maria Maddalena, che cerca e non trova l’Amato del suo cuore. Morto per mano dei nemici, sepolto da mani amiche, ora è assente dal sepolcro. Questo grido è assunto dalla Chiesa per proclamare per tutti i secoli l’annuncio della Pasqua: «Raccontaci Maria cosa hai visto per la via? Il Signore della vita era morto, ora vivo trionfa!» Maria di Magdala si reca al sepolcro di buon mattino. Era buio. Dentro il suo cuore e nelle viuzze di Gerusalemme. C’era buio soprattutto nel suo cuore. Aveva nel cuore la morte dell’amico, la morte del maestro. Stare presso la sua tomba era prolungare questa vicinanza. Era compiere sul suo corpo gli ultimi gesti dell’amore prima di affidarlo al grembo della madre terra. Maria si muove triste, come un automa a portare al maestro e consolatore il suo abbraccio. Cosa avrà visto di quell’aurora, di quei fiori lungo il sentiero di Gerusalemme. Niente. Il suo pensiero era solo quello della pietra. Era lì per un bisogno del cuore. Era buio, solo angoscia e tristezza, solo angoscia e tristezza. È difficile diventare uomini di risurrezione! È difficile togliere le pietre che stanno sul nostro cuore e testimoniare la vita. La grande sorpresa del mattino di Pasqua è il sepolcro vuoto. È un’assenza indebita, più angosciante della stessa morte: infrange l’unica certezza indubitabile. Infatti se nasciamo per caso, ignoriamo come e quanto viviamo; siamo però sicuri di ritornare alla terra dalla quale veniamo. Lì tutti gli uomini sono riuniti, tutti ugualmente sconfitti, preda

della morte. Maria, come i discepoli, ignora che il grembo della madre terra ha accolto lo Sposo. Il Crocifisso, il Signore della Gloria è sceso all’inferno, è entrato nel regno della morte, per farle restituire alla vita il suo bottino. La scoperta del sepolcro vuoto è il presupposto della fede cristiana, che pone come destino dell’uomo non la morte ma la resurrezione: «Se Cristo non fosse risuscitato allora vana è la nostra fede» afferma l’apostolo Paolo nella lettera ai Corinzi. Anche Pietro e Giovanni fanno un tragitto che li porta alla tomba, come ci dice il vangelo questa mattina. Pietro osserva, esamina, prende atto. Ma lui si ferma solo allo stupore per l’accaduto. Non riesce a spiegarsi i fatti. Solo Giovanni si lascia scalfire. E va oltre i fatti. In lui la comprensione delle parole di Gesù fa breccia e, unendosi all’amore e alla speranza, diventa certezza e gioia. Legge i segni, i teli e il sudario, e crede. Anche noi siamo chiamati a questo. Ascoltiamo una parola. Ci raffiguriamo una situazione. Celebriamo il mistero. Ma dobbiamo andare oltre. Dobbiamo andare dentro la vita., Dentro questo mondo, prima di tutto per essere dei credenti e quindi dei risorti e degli annunciatori di risurrezione. È una vita da vivere quotidianamente. Vivere il messaggio di Gesù, il suo insegnamento, il suo amore, facendo si che il miracolo della resurrezione si diffonda, il mondo si ricrei, il male sia vinto dal bene. Oggi, in mezzo ai fratelli , nelle situazioni più contorte, dobbiamo far rifulgere Cristo Risorto. È l’annuncio più efficace. Ma non abbiate paura. Non siamo soli! Anche se la chiesa sembra affondare, Cristo è pronto con la sua mano a tenerla sollevata dalle acque perché non affondi. Il nostro cammino non è vissuto in solitudine. Siamo in compagnia di Cristo Risorto, che non muore più. Egli è il vivente per sempre.«Sono risorto e sono ancora con te» dice il Signore. Sono vivo per te! La mia morte e la mia vittoria sono per te! Perché tu non sia solo! C’è una medicina contro la morte, contro la depressione, contro la solitudine, contro la perdita di ogni speranza: è Cristo! Sì, l’erba medicinale contro la morte esiste. Cristo è l’albero della vita reso nuovamente accessibile. È lui l’albero a cui aggrapparci. Se ci atteniamo a Lui, allora siamo nella vita! Grazie Signore perché hai posto la tua mano sopra di me! Grazie perché vincendo la morte sarai sempre con noi! Grazie perché la morte non ci fa più paura perché sappiamo che tu hai vinto la morte e quindi anche noi possiamo vincerla! Non lasciarci mai più perdere questa speranza! Tu sei risorto veramente! Amen !Alleluia!

P

apa Francesco nell’Omelia della Domenica delle Palme del 20 marzo 2016 ci ha detto che “Gesù è contento della manifestazione popolare di affetto della gente e quando i Farisei lo invitano a far tacere chi lo acclama Egli risponde ‘Se questi taceranno grideranno le pietre’. Gesù ha vissuto tra noi in una condizione di servo, non di principe o di re, quindi si è umiliato e l’abisso che la Settimana Santa ci mostra sembra non avere fondo”. “Noi abbiamo bisogno del Suo amore, che si inchina su di noi. Non possiamo amare senza prima farci amare da Lui”. San Francesco trovava ogni giorno grande tenerezza e compassione « nel contemplare l’umiltà del Figlio di Dio e nel seguirne gli esempi»; e a un frate che gli suggeriva di farsi leggere brani dei profeti o altri passi della scritture per consolarsi nelle sofferenze rispose: «Fratello, io trovo ogni giorno una grande dolcezza e consolazione ricordando e meditando gli esempi di umiltà del Figlio di Dio; se anche vivessi sino alla fine del mondo, non mi sarebbe necessario ascoltare o meditare altri brani della Scrittura» (Legp 38:1586). Quindi ogni giorno San Francesco osservava l’umiltà di Gesù Cristo. Questo esercizio affettivo e cordiale

Di Mena Alvi

S

abato 19 marzo, nella Chiesa al Fango a lui intitolata, si è conclusa la celebrazione della festa di San Giuseppe, un padre che ebbe fiducia in Dio. Il Parroco Don Gioacchino nell’introdurre Sua Eccellenza il Vescovo ha voluto subito sottolineare il delicato compito di Padre Spirituale che svolge il nostro Vescovo con grande energia ed amore. Sua Eccellenza a sua volta nell’omelia, ha ricordato Papa Francesco che tre anni fa, in questi giorni, divenne pastore della Chiesa e tratteggiò la linea di quello che sarebbe dovuto diventare. Il Vescovo apprezza in San Giuseppe il silenzio di chi vuole mettersi all’ascolto di Dio nel Vangelo, mettendo in evidenza la sua docilità. Legno docile che si lascia lavorare dallo Spirito Santo, Giuseppe capisce che deve fare un passo indietro. A volte i genitori vogliono dominare i propri figli, ma Giuseppe comprende che deve custodire quel bambino, perché quel bambino è più padre di lui. Oh Giuseppe, che grande lezione hai dato all’umanità! Hai voluto fare la volontà do Dio! Egli fece come gli disse l’angelo, e così noi - continua Sua Eccellenza - dovremo rivedere la nostra posizione di Vescovi e Sacerdoti. E si rivolge al Sindaco e agli Assessori presenti e a tutti i papà, consigliando loro di mettersi nelle mani del Signore, chiedendo l’intercessione di San Giuseppe, e di fare, come questo Santo, dei passi indietro. San Giuseppe è stato proclamato santo Padre di tutta la Chiesa da Papa Pio IX. Sua Eccellenza continua dicendo che chi si rivolge a San Giuseppe può essere sicuro di essere esaudito, dal momento che egli ha detto “sì” a Dio

gli procurò una conoscenza profonda di Dio e di sé: altra sorgente dell’umiltà evangelica e francescana. San Francesco ricavò da questa continua ansia di imitazione e conformità a Cristo e dalla sua ininterrotta contemplazione dell’amore di Dio una coscienza profondamente umile di se stesso. Egli si definiva senza forzatura, ma con tutta naturalezza «il più piccolo dei frati» ( 2 Test 49:131), «piccolo», «umile servo», «servo di tutti…tenuto a servire tutti», «servo nel Signore Dio, piccolo e disprezzato» «uomo di poco conto e labile, vostro piccolo servo», «il più piccolo tra i servi del Signore». Si sentiva veramente obbligato a servire tutti, a stare sottomesso a tutti. Fu per questo che non volle mai essere ordinato sacerdote, ma preferì restare diacono: « Umile Francesco. Per conservare profonda umiltà e confondere la futura ambizione, non volle essere promosso al sacerdozio». San Francesco era umile con tutti «con i maggiori, i pari e gli inferiori» e non aveva rossore di chiedere le cose piccole a quelli più piccoli di lui. Si mostrava servitore di tutti. Benché fosse sopra l’intera fraternità. Designava uno di quelli che vivevano con lui come guardiano e padrone e gli obbediva con umiltà e devozione per allontanare

da sé ogni occasione di orgoglio. L’umiltà è il punto focale dello spirito francescano che abbraccia ogni realtà: sottomissione a tutti, perfino agli animali per una carità veramente universale. Deve essere perciò presente in tutti gli atteggiamenti, attività, virtù; e diventa apostolato specie verso il clero. Perciò San Bonaventura indica come radice della santità di San Francesco l’umiltà profonda verso Dio, verso il prossimo, nel disprezzo di sé e perciò egli è «veramente umile di spirito e minore di professione».

Festa di San Giuseppe al Fango e invita a chiedere a questo Padre la grazia della duttilità e della docilità. Solo così la nostra vita sarà più feconda. Occorre vivere una spiritualità che ci orienta a santificarci attraverso il lavoro, come fece San Giuseppe che, come padre, si impegnò per le necessità della sacra famiglia. Subito il pensiero corre a tutti i papà disoccupati, ai papà che sono tornati alla casa del padre e ai giovani precari. Un augurio di vita feconda va ai bambini presenti che hanno ricevuto Gesù per la prima volta domenica scorsa. I bambini, queste giovani vite, sotto lo sguardo di San Giuseppe, del Vescovo , del Parroco, di don Emanuel e don Gianfranco, hanno compreso che il Santo ubbidì alla parola e diventò strumento nelle mani di Dio, che non chiese nulla per sé e volle essere semplicemente disponibile, in tutta obbedienza, a dare al Bambino il nome di Gesù, il Salvatore.


22

Teatro 26 marzo 2016

www.chiesaischia.it

Lettere al Direttore

kaire@chiesaischia.it

Il caro estinto m’ha fatto fesso Di Gina Menegazzi

M

a perché degli attori piuttosto bravi, come si sono dimostrati in tante altre occasioni I Divini Commedianti e in fondo anche stavolta, devono portare in scena dei testi così “inutili”, come li ha definiti qualcuno? La commedia Il caro estinto m’ha fatto fesso di Umberto Castaldi, presentata sabato 19 e domenica 20 al Teatro Polifunzionale, ci ha offerto un testo pesante, in buona parte scontato, peraltro esagerato. Un morto che non è morto; un nonno che si finge pazzo “per poter vivere in mezzo a questi pazzi”; una donna non certo avvenente all’eterna conquista dell’ennesimo marito; un giovane che si fa frate e dona tutti i suoi averi ai poveri, e invece non è vero niente; la sorella che sta per sposare un giovane ricco, ma forse no, spiantato, oppure no, ricco davvero… insomma, una grande confusione in cui niente è vero, se non

i soldi, e il loro desiderio, e il volerli avere senza fare sforzo grazie a una possibile eredità - o al matrimonio della figlia - solo per sperperarli in gioco, cavalli, gioielli e pellicce. Confusione che porta a noia, con il pubblico che parlottava e non rideva se non raramente, e troppe battute pesanti e volgari in un testo, al solito, troppo lungo. Piccolo vezzo dell’autore, che ha potuto essere colto solo da chi ha visto la locandina: tutti i personaggi avevano il nome che cominciava per E: Eusebio, Euridice, Eulù, Eulalia, Empedocle, ecc. compresa la badante del nonno, tedesca (anzi, ovviamente, no, napoletana) chiamata Helga, o Elga? La recitazione, ma forse lo chiedeva questo copione strampalato, era piuttosto sopra le righe, appesantendo ancora di più il tutto. Peccato per lo sforzo che Saverio Casciello, Alessandra Trani e gli altri della compagnia hanno senz’altro fatto, e che in altre occasioni ha dato risultati senz’altro migliori.

Ciao, Lorenzo! Come sai per motivi professionali leggo svariati giornali quotidianamente. Ebbene: nessun giornale, neanche nazionale, ha spiegato così bene il referendum sulle trivellazioni come hai fatto tu! Complimenti, Massimo Egregio Direttore, purtroppo per motivi di salute e d’età (non sono più una giovincella) non ho potuto partecipare al pellegrinaggio diocesano a Roma con il Vescovo Pietro. Volevo però ringraziarti perché siete riusciti – tu e la redazione – a trasmettermi l’essenziale di questa giornata attraverso le impressioni e il tuo articolo sulla giornata e sull’omelia del Vescovo, pubblicate nel Kaire di sabato 19 marzo. Immagino l’emozione vissuta durante la messa a San Pietro, insieme agli 800 paesani. Ringrazio Dio per averci dato questo Vescovo. Prego per lui ogni giorno. E grazie a voi che attraverso il Kaire ci donate tutte queste belle notizie legale alla Chiesa di Ischia. Nonna Maddalena Ciao Lorenzo, avevo sentito parlare del referendum sulle trivellazioni. Poi Mons. Galantino ha ribadito che i cattolici devono andare a votare e devono discutere del referendum alla luce della Laudato Sì. Avevo molti dubbi ma grazie al vostro articolo ho capito quali sono i motivi del referendum e cosa dice la legge. Andrò sicuramente a votare il 17 aprile e voterò SI. Buona giornata. Giovan Giuseppe Carissimo direttore, non capisco sinceramente perché dovrei andare a votare sì al prossimo referendum sulle trivellazioni. Sinceramente perché dobbiamo comprare il petrolio o il gas all’estero quando possiamo estrarlo nel nostro territorio? Luisa Il direttore risponde: Cara Luisa, analizziamo i dati: a oggi le piattaforme interessate dal referendum producono solo il 1,3% del fabbisogno nazionale di gas. Di petrolio se ne estrae ancor meno, lo 0,8% (fonte Sole24ore). Parliamo quindi di quan-

titativi irrisori, che verranno riassorbiti dal calo costante del consumo nazionale di idrocarburi (negli ultimi 10 anni i consumi di petrolio e gas si sono ridotti, rispettivamente, del 33% e del 21,6%) Il problema è che – secondo dati di proprietà di ENI, relativi a monitoraggi ambientali realizzati da ISPRA per conto dell’azienda – queste piattaforme a gas in 3 casi su 4 sforano i parametri ambientali previsti dalle normative. I sedimenti raccolti nei pressi di queste strutture sono pieni di metalli pesanti e idrocarburi, di sostanze tossiche e cancerogene in grado di risalire la catena alimentare. Spesso, troppo spesso, le concentrazioni di queste sostanze sono fuori norma. A presto. Lorenzo Russo Spettabile redazione Kaire, vorrei capire meglio il referendum sulle trivellazioni, cioè se vince il sì cosa succede e se vince il no che prospettive ci saranno in futuro? Grazie per l’attenzione. Francesco Il direttore risponde: Caro Francesco grazie per la tua segnalazione. In questo numero Kaire troverai una tabella che spiega in modo preciso i due scenari del Si e del NO. A presto. Lorenzo Russo Carissimi della redazione Kaire, sono sincero: non ho trattenuto le lacrime nel leggere la storia di perdono sul Kaire di sabato 19 marzo, dove la moglie della vittima e la madre del killer sono diventate amiche e la prima ha deciso di perdonare il ragazzo che ha ucciso suo marito. Ma allora esiste ancora la misericordia nelle persone! Mentre leggevo, pensavo alla nostra isola: quante cause civili in tribunale potrebbero essere soppresse grazie al perdono, contro il rancore che ci uccide. Proviamo anche noi a fare un passo indietro e imparare a perdonare, così come ci insegna il nostro amato Vescovo Pietro. Grazie per quello che ci donate con questo giornale diocesano. Ciro

23 26 marzo 2016

ABBONAMENTO POSTALE L’abbonamento annuale ordinario al nostro settimanale costa € 45,00 e consente di ricevere con spedizione postale a casa propria (sul territorio italiano) i 52 numeri del giornale stampati nel corso di un anno solare più eventuali “Kaire speciali”. Per chi vive all’estero, è possibile abbonarsi on line al settimanale in modo da poterlo leggere in formato Pdf a partire dalle ore 7,00 del mattino (ora italiana) nel giorno di uscita (verrà inviato via mail) e poterlo archiviare comodamente. Il settimanale online è esattamente uguale - per contenuto e impaginazione - a quello stampato su carta. L'abbonamento online costa € 45,00. LE ALTRE TARIFFE ANNUALI: Abbonamento amico €.100,00 Abbonamento sostenitore €.200,00 Benemerito a partire da €.300,00 COME PAGARE L’ABBONAMENTO Per il pagamento in contanti contattate la segreteria di “Kaire” ai seguenti numeri di telefono 081981342 – 0813334228 oppure il pagamento può essere effettuato mezzo bonifico bancario intestato COOP. SOCIALE KAIROS ONLUS indicando quale causale ABBONAMENTO KAIRE sul seguente codice IBAN IT 06 J 03359 01600 1000 0000 8660 Banca Prossima SpA. Dopo aver effettuato il pagamento inviate una mail a kaire@kairosonline.it oppure inviando un fax al 0813334228 con i seguenti dati per la spedizione: Cognome e nome: ... | indirizzo (via/cap/comune/ provincia): ... |codice fiscale: ... | telefono: ... | mail: ... nel caso l’abbonamento sia da attivare a favore di altra persona, indicare anche: Cognome e nome del beneficiario dell’abbonamento: ... Indirizzo (via/cap/comune/provincia): ...

EDICOLE DOVE POTER ACQUISTARE

CONVENTO S. ANTONIO FRATI MINORI - ORDINE FRANCESCANO SECOLARE

PELLEGRINAGGIO

COLLEVALENZA - ASSISI - LA VERNA - GRECCIO - FONTECOLOMBO

Corsa dell’Angelo a Lacco Ameno

D

omenica di Pasqua alle ore 12.00 in Piazza S. Restituta si terrà la tradizionale Corsa dell’Angelo organizzata dai confratelli della Congrega dell’Assunta con il patrocinio del comune di Lacco Ameno. Sacra rappresentazione che si svolge fin dal XVIII secolo, le immagini Sacre presenti alla rappresentazione sono quelle della Vergine Santissima, di San Giovanni Apostolo, di Santa Maria Maddalena, dell’Angelo e del Cristo Risorto. Già dalle settimane precedenti alla rappresentazione i giovani e i confratelli si preparano per l’evento riunendosi in Congrega per effettuare le prove e scambiarsi idee per rendere l’atmosfera della domenica di Pasqua sempre più affascinante. Alle ore 11.40 di domenica 27 marzo le immagini Sacre dalla Congrega dell’Assunta in processione si porteranno in Piazza S. Restituta. La corsa dell’Angelo annuncia alla Madonna la resurrezione di Cristo, l’annuncio è preceduto da tre corse e da tre inchini alla Vergine, i quali stanno a rappresentare i tre giorni di permanenza di Gesù nel sepolcro e i tre giorni di attesa della sua resurrezione. Ancora oggi i confratelli dell’Assunta e i fedeli sono legati in modo particolare a questa manifestazione che coinvolge nella fede e nell’immaginazione del mistero non solo gli isolani ma anche i tanti ospiti che nel periodo di pasqua affollano la nostra isola.

14 - 17 APRILE PROGRAMMA

14 APRILE: PARTENZA DA CASAMICCIOLA PER COLLEVALENZA: VISITA – S. MESSA - PRANZO PARTENZA PER ASSISI - SISTEMAZIONE IN ALBERGO ( Hotel Antonelli) - VISITA E VESPRI AL SANTUARIO S. DAMIANO - CENA E PERNOTTAMENTO 15 APRILE: PARTENZA PER IL MONTE DELLA VERNA ( luogo delle Stimmate di S. Francesco ) - VISITA - S. MESSA – PRANZO - PROCESSIONE CAPPELLA STIMMATE - RIENTRO AD ASSISI - CENA E PERNOTTAMENTO 16 APRILE: S. MESSA: S. MARIA DEGLI ANGELI ALLA PORZIUNCOLA - VISITA BASILICA S. CHIARA E S. FRANCESCO - PRANZO - POMERIGGIO: VISITA E PREGHIERA ALL’EREMO CARCERI E GIRO LIBERO PER ASSISI - CENA - ROSARIO E FIACCOLATA A S. MARIA DEGLI ANGELI 17 APRILE: PARTENZA DA ASSISI PER GRECCIO, VISITA SANTUARIO, FONTECOLOMBO, VISITA - S. MESSA E PRANZO. POMERIGGIO PARTENZA PER NAPOLI QUOTA DI PARTECIPAZIONE 350,00 € - Supplemento singola 20,00 € PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI RIVOLGERSI: fr. Mario LAURO - P. MARIO LAURO: 081.99.11.70 guardiano - NICOTRA EDUARDO: 081.98.35.13/333.86.47.628

COLLABORIAMO INSIEME Per inviare al nostro settimanale articoli o lettere (soltanto per quelle di cui si richiede la pubblicazione) si può utilizzare l’indirizzo di posta kaire@chiesaischia.it I file devono essere inviati in formato .doc e lo spazio a disposizione è di max 2500 battute spazi inclusi. Le fotografie (citare la fonte) in alta risoluzione devono pervenire sempre allegate via mail. La redazione si riserva la possibilità di pubblicare o meno tali articoli/lettere ovvero di pubblicarne degli estratti. Non sarà preso in considerazione il materiale cartaceo.

Comune di Ischia Edicola di Piazza degli Eroi; Edicola di Ischia Ponte; Edicola al Bar La Violetta; Edicola di San Michele da Odilia; Edicola di Portosalvo Comune di Lacco Ameno Edicola al Bar Triangolo Edicola Minopoli sul corso Comune di Casamicicola T. Edicola di Piazza Bagni; Edicola di Piazza Marina; Comune di Forio Edicola del Porto; Edicola di Monterone



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.