Kaire 07 Anno III

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Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 3 | numero 7 | 13 febbraio 2016 | E 1,00

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…BALZÒ DA CAVALLO E CORSE A BACIARLO! Il messaggio del vescovo Pietro per la Quaresima 2016: “Che sia una Quaresima nella quale possiamo riconoscerci bisognosi di misericordia, nella quale possiamo ricevere e dare misericordia”. A pag. 4

La porta della carità

AZIONI MISERICORDIOSE Il vescovo Lagnese ha aperto la porta della Carità al centro di prima accoglienza Giovanni Paolo II in Forio. Coloro che

Di Gina Menegazzi

L’

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varcheranno quella soglia per prestare servizio in favore dei poveri potranno ottenere il dono dell’indulgenza giubilare.

Michele Magnanimo

annuncio è stato fatto in Cattedrale l’otto febbraio sera: sua Eccellenza il Vescovo Pietro Lagnese avrebbe aperto una seconda Porta Santa sull’isola, la Porta della Carità al “Centro di prima accoglienza Giovanni Paolo II” di Forio. Monsignor Lagnese, avendo a cuore l’esperienza del Centro e “nel desiderio di incoraggiare in favore di esso un effettivo coinvolgimento delle comunità e l’offerta di un concreto servizio di volontariato”, ha voluto offrire a “quanti, con spirito di fede, [ne] varcheranno la soglia per prestare un congruo tempo di servizio in favore dei poveri in esso ospitati” la possibilità di ottenere il dono dell’indulgenza giubilare. Grande emozione per le tante, tantissime persone accorse mercoledì delle Ceneri, nel primo giorno di Quaresima, quando la porta, fatta con frammenti di barche a indicare il dramma di tanti profughi, è stata aperta da due ospiti del centro, un italiano e un immigrato, arrivato in Italia proprio su un barcone della morte. “Ogni persona, - ha detto Padre Pietro nell’omelia - e in modo particolare ogni povero, qualunque sia il motivo della sua povertà, è presenza reale di Gesù. E’ sacramento, come lo è l’Eucarestia. Alla fine dei tempi questo ci chiederà Gesù: «Avevo fame, mi hai dato da mangiare? Avevo sete, mi

GIUBILEO DELLA MISERICORDIA

FAMIGLIE E ANNO SANTO

ACCOGLIEZA

KOSMOPOLIS

Don Luigi Ciotti durante la catechesi ha “graffiato” le coscienze contro l’indifferenza denominata una “malattia mortale”.

Quaranta giorni insieme alle reliquie dei coniugi Martin: un cammino fatto di conversione e rinascita.

La storia dei sei ragazzi africani ospiti al centro di prima accoglienza, dopo il terribile viaggio in mare per raggiungere la Sicilia.

L’esperienza della scuola di politica diocesana raccontata a deputati e senatori a Roma.


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Primo Piano 13 febbraio 2016

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In cerca di un futuro Di Gina Menegazzi

I

l più giovane ha 19 anni, il maggiore 26; quattro vengono dal Mali, due dalla Costa d’Avorio, stati confinanti dell’Africa Occidentale. In particolare il Mali è nelle ultimissime posizioni (176° su 187) della graduatoria dell’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite, con un’altissima mortalità infantile (109‰), bassa speranza di vita (55 anni), elevato tasso di analfabetismo (71%) e carenti condizioni igienico sanitarie che favoriscono il diffondersi di epidemie. A ciò si aggiungono colpi di stato e guerre tra etnie. Così Mamadou, Lamine, Arouna, Kalilou, Salliya e Salifou con motivazioni diverse hanno deciso di partire, di fuggire e di attraversare il mare. Sono arrivati in Sicilia con vari barconi, e qui sono stati soccorsi e accolti, chi dalla Croce Rossa, chi da altre associazioni umanitarie. Tutti mi hanno raccontato in modo toccante di questa accoglienza: “Ci hanno dato le scarpe, che non avevamo, e vestiti e cibo, ci hanno curato per le ferite grandi e piccole del viaggio…” Ricevuto un permesso di soggiorno provvisorio, sono stati trasferiti a Giugliano (NA), dove si sono conosciuti e dove, grazie alla disponibilità e alla generosità della gente del posto riuscivano a fare piccoli lavori. A metà gennaio, scaduto il primo permesso di soggiorno e in attesa che venisse esaminata la loro richiesta di asilo politico, sono stati assegnati dalla Prefettura di Napoli alla Diocesi d’Ischia, che si era detta disponibile ad accogliere degli immigrati. Arrivati un po’ spaesati - un gruppo così piccolo rispetto ai tanti compagni che avevano conosciuto a Giugliano - i sei giovani si sono però ambientati rapidamente, pieni di riconoscenza per quello che viene fatto per loro: il Centro di prima accoglienza “Giovanni Paolo II” è luminoso e accogliente e questi ospiti si fanno un punto d’onore a collaborare per tenere puliti gli spazi comuni e a occuparsi delle loro camere. Purtroppo, in assenza di documenti non possono allontanarsi dal Centro nè muoversi sul territorio a cercare un lavoro. Una partita a calcio il venerdì con padre Giuseppe Carulli che li accompagna su un campetto non lontano, e le lezioni d’italiano impartite da volontari sono le loro sole “occupazioni” in queste lunghe giornate. E’molto difficile farsi raccontare qualcosa di quello che hanno lasciato dietro di loro, della loro vita ne loro paese: s’intuiscono un dolore e un pudore molto forti, e un desiderio di guardare avanti. Sono giovani che a casa loro avevano un

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A Ischia sono arrivati il 14 gennaio, ma il loro terribile viaggio per mare fino alle coste della Sicilia aveva avuto luogo, per tutti, nel luglio dell’anno scorso. Sono i sei ragazzi africani fuggiti dalle loro terre in cerca di un futuro, ospiti attualmente del Centro di prima accoglienza “Giovanni Paolo II”, a Forio. Siamo andati a trovarli e a chiacchierare un po’ con loro.

lavoro (falegname, autista, coltivatore…), e ora vogliono trovarne uno qui, e mettere su famiglia o in qualche caso far venire la loro, e vivere una vita serena. Nessuno pensa di tornare nel proprio paese, e un’ombra passa nei loro occhi a questa domanda… Pure, anche se l’avvenire non si prospetta roseo, anche se devono aspettare, ancora e ancora, che

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Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

la burocrazia faccia il suo corso e procuri loro quel documento con cui poter cominciare a darsi da fare, sono ragazzi allegri, gentili ed educati, disponibili verso gli altri e rispettosi. Vorrebbero conoscere di più gli ischitani, perché, non potendo uscire, vedono solo le persone che vengono al Centro. Come li accoglieranno gli ischitani?

Redazione: Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia kaire@chiesaischia.it | @chiesaischia facebook.com/chiesaischia @lagnesepietro Tipografia: Centro Offset Meridionale srl Via Nuova Poggioreale nr.7 - 80100 Napoli (NA) Per inserzioni promozionali e contributi: Tel. 0813334228 Fax 081981342 oppure per e-mail: info@kairosonline.it

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Primo Piano

13 febbraio 2016

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La porta della carità

Continua da pag. 1 hai dato da bere? Ero nudo, forestiero, mi hai coperto, mi hai accolto? Perché tutte le volte che hai fatto ciò a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’hai fatto a Me.» Saremo giudicati sull’amore”. Il nostro Vescovo ha poi ricordato che il tempo della Quaresima è un tempo che ci è dato per ritornare a essere cristiani. “Queste Ceneri sono state realizzate con quelle palme e quei rami d’ulivo che l’anno scorso tenevamo in mano desiderando diventare discepoli di Gesù. Ora, fatte cenere, sono il segno che quel desiderio non lo abbiamo realizzato. Ricevendole sulla fronte vogliamo chiedere al Signore di perdonarci perché abbiamo peccato, perché non abbiamo vissuto il Vangelo, ma gli chiediamo anche di ricominciare. E il Signore ci dona questo tempo di Quaresima, assieme a tre medicine: la preghiera, il digiuno e l’elemosina. Preghiera, cioè l’ascolto della parola di Dio, perché pregare significa soprattutto questo; il digiuno, cioè mettere da parte tutto ciò che ci rovina l’anima, bandire tutti i discorsi d’intolleranza, di paura, di pregiudizio, quando pensiamo che i poveri sono poveri per colpa loro, quando riteniamo che i problemi non dobbiamo essere noi a risolverli, quando diciamo che le persone non vanno accolte perché ci creano problemi… da tutto ciò dobbiamo digiunare. E infine la terza medicina: l’elemosina, che non significa dare i soldi a chi non ne ha, così ci togliamo il pensiero e ci sentiamo anche più bravi. Significa davvero farci uno con chi soffre, diventare persone compassione-

voli, capaci di condividere.” Nel ringraziare don Gioacchino Castaldi e padre Giuseppe Carulli, direttore e vicedirettore della Caritas diocesana di cui il Centro di prima accoglienza è espressione ed emanazione, Padre Pietro non ha dimenticato suor Miriam e suor Rosy, che qui vivono con gli ospiti, e gli operatori laici che con anima e in-

Sul sito chiesaischia.it potete vedere il video di lunedì sera 8 febbraio in Cattedrale con il quale il cancelliere vescovile don Gaetano Pugliese annuncia l’apertura della porta della Carità del centro GPII, leggendo il decreto del vescovo Lagnese.

telligenza aprono ogni giorno le porte del Centro a tante persone che vivono situazioni di disagio non solo economico, private della loro dignità, stranieri e ischitani, perché davanti a Dio siamo tutti uguali. Infine è stato riportato il pensiero di un ospite che, vedendo quei frammenti di barca che formano la Porta ha detto: “È come la nostra vita, rovinata dagli errori che abbiamo fatto, però è ancora santa ed è bello che la scritta “porta della Carità” sia ancora nuova, perché la carità non si distrugge con i nostri errori.” Nell’impartire la benedizione finale a tutti presenti, e a tutti coloro che sono passati o che passeranno per il Centro, sua Eccellenza ha ricordato che “Il Signore bene-dice, cioè dice: sono contento!”. Che la nostra vita sia una benedizione! Michele Magnanimo


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La Voce di Pietro 13 febbraio 2016

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Messaggio del Vescovo Pietro per la Quaresima 2016

…Balzò da cavallo C

arissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Ischia, il Signore vi dia pace! Nel Messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest’anno c’è un passaggio che mi ha colpito particolarmente sul quale ho avuto modo di soffermarmi più volte. Il papa, nel riproporre, come già nella Bolla d’Indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, l’antica pratica delle opere di misericordia corporale e spirituale, afferma che “il povero più misero si rivela essere colui che non accetta di riconoscersi tale. Crede di essere ricco, ma è in realtà il più povero tra i poveri. Egli è tale perché schiavo del peccato, che lo spinge ad utilizzare ricchezza e potere non per servire Dio e gli altri, ma per soffocare in sé la profonda consapevolezza di essere anch’egli null’altro che un povero mendicante. E tanto maggiore è il potere e la ricchezza a sua disposizione, tanto maggiore può diventare quest’accecamento menzognero”. E, richiamando la parabola di Lazzaro e del ricco epulone, aggiunge: “Esso arriva al punto da neppure voler vedere il povero Lazzaro che mendica alla porta della sua casa (cfr Lc 16,20-21), il quale è figura del Cristo che nei poveri mendica la nostra conversione. Lazzaro è la possibilità di conversione che Dio ci offre e che forse non vediamo”. Quest’ultima espressione mi ha portato a viaggiare con la mente, ma forse anche con il cuore, e ad andare ad un episodio della vita di un altro Francesco, quello di Assisi, al quale pure il papa fin dai primi istanti del suo pontificato ha voluto ispirarsi. Tra l’altro - e non mi sembra soltanto una coincidenza! - il Messaggio di quest’anno porta proprio la data del 4 ottobre, festa del patrono d’Italia! È l’episodio dell’incontro con il lebbroso. A raccontarlo sono innanzitutto gli antichi biografi, primi fra tutti Tommaso da Celano e San Bonaventura, e dopo di loro molti altri. La storia la conosciamo tutti: il santo è ai primi passi nel suo cammino di scoperta di Dio. In lui man mano vanno perdendo di significato le cose che un tempo sembravano importanti, mentre cresce la voglia di vivere il Vangelo. Sente un forte desiderio di silenzio e di preghiera ma il suo cuore è ancora abitato da molte fantasie e contraddizioni. Con i poveri appare più sollecito e prodigo ma dentro di lui ci sono ancora tante paure ed osses-

sioni. In particolare per i lebbrosi sente una naturale repulsione che riconosce di non riuscire a domare. Accade però che un giorno, mentre va a cavallo per la pianura che si stende ai piedi di Assisi, nel vederne uno, pur volendo, come sempre, turarsi il naso e scappare, sente quasi di non riuscire più a fuggire. I biografi dicono che balzò da cavallo e corse a baciarlo! E in quell’istante provò un’incontenibile gioia e… cominciò a cantare! Fu come se Francesco si fosse detto: ora o mai più! Dio in quel lebbroso lo stava aspettando! Ho pensato tante volte a quell’incontro! E mi sono domandato: cosa accadde in quel momento quando Francesco baciò il lebbroso? Quella gioia grande, inaspettata, che ampiamente lo ripagava della decisione che tanto gli era costata - quella cioè di tornare indietro alla vista del lebbroso, di abbracciarlo e di baciarlo - da dove nasceva? Ancora i biografi ci danno una mano: accennano al fatto che in quel posto, dopo quel bacio, Francesco non vide più nessuno; come se per incanto il lebbroso fosse scomparso! Chi era quell’uomo che Francesco aveva abbracciato e baciato? l’assenza improvvisa del lebbroso cosa voleva dire? Quell’assenza insinuava la presenza di… un Altro. Il personaggio misterioso era evidentemente quello stesso Gesù di cui Francesco stava facendo la scoperta e che diventava, giorno dopo giorno, sempre più importante nella sua vita. Sì, Francesco aveva abbracciato un Altro! Quell’uomo dalle carni imputridite e maleodoranti era Gesù! Quel lebbroso era il Signore! Dio stava dalla parte dei poveri! D’ora innanzi in ogni povero, in ogni piagato, in ogni lebbroso nel corpo e nello spirito, Francesco avrebbe visto Lui, solo Lui: Gesù! La parabola del giudizio finale raccontata da Gesù: Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, … (cfr Mt 25, 31-46) si mostrava a lui con grande evidenza! …Ero lebbroso e mi avete abbracciato! I poveri sarebbero diventati per lui l’ottavo sacramento! Come l’Eucarestia essi erano la Carne di Gesù! In quel lebbroso Dio gli chiedeva misericordia! Ma forse in quell’abbraccio Francesco capì anche dell’altro: quell’uomo rovinato dalla lebbra, sfigurato dal

male, che ora stava abbracciando, era lui stesso: in fondo quell’uomo che puzzava di morte e camminava come un condannato al patibolo, un po’ gli somigliava. Anche Francesco era un lebbroso! La sua esistenza, vissuta fino a quel giorno nel desiderio di ciò che, in qualche modo, lo facesse sentire vivo e nella continua ricerca di qualcosa che gli permettesse di non soffocare più al pensiero della morte, davanti a quel lebbroso si squadernava tutta quanta. Quel lebbroso era la riproduzione esatta della sua esistenza, l’icona del suo ineluttabile destino: anche nella sua carne Francesco portava scritto il dramma di una vita desiderosa di essere liberata ma pure inevitabilmente votata alla morte (cfr Rm 7, 24). In quel lebbroso Francesco riconosceva il suo bisogno di misericordia! Se però il vero lebbroso era Francesco, quell’uomo consumato

nella carne che gli era venuto incontro e che Francesco non era riuscito a non baciare, chi altri poteva essere se non il Cristo venuto a salvarlo? In Lui, Mendicante piagato, Dio gli tendeva la mano e gli diceva: sono qui per guarirti! Per riportarti alla bellezza di un tempo e abbattere il muro del tuo isolamento! Mi sono fatto lebbroso per te! “Come uno davanti al quale ci si copre la faccia” (Is 53, 3)! Vieni, contempla le mie piaghe; entra nelle mie ferite! Diventeranno per te feritoie di luce, uscite di… salvezza! Nel lebbroso era lo stesso Figlio di Dio, il Crocifisso per amore, che lo stava abbracciando! L’Uomo trafitto per i nostri peccati era dinanzi a lui perché entrando nelle Sue piaghe Francesco potesse uscire guarito (cfr Is 53, 5)! In quel lebbroso Dio gli offriva misericordia!Alla fine dell’estate del 1226, stanco e sfinito per le mille fatiche e le tante malat-


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La Voce di Pietro

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e corse a baciarlo! tie, sentendo ormai vicino l’arrivo di sorella morte, Francesco decide di consegnare ai suoi un’ultima esortazione. Desidera infatti dire ancora una parola. Detta perciò il suo Testamento! E incomincia ricordando quell’incontro di vent’anni prima… quando in un modo tutto particolare il Signore si fece presente nella sua vita: “Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo”. Rileggo l’inizio del suo Testamento e, quasi, mi commuovo! Il Signore dette a me…: così incomincia Francesco! L’uomo di Dio riconosce che la sua vita è stata tutta un dono! Sì, un dono di Dio! Il vero protagonista della sua esistenza è stato il Signore! È Lui che lo ha condotto per mano! Nei fatti e negli incontri della sua vita, in maniera ancora più chiara, egli riconosce l’intervento di Dio che ha abitato la sua storia. E comprende che un dono speciale per lui sono stati i lebbrosi! In fondo tutto era incominciato da quell’incontro con loro! E, a tanti anni di distanza, ancora ricorda e scorge in loro la… visita di Dio! Nei lebbrosi Dio era venuto a salvarlo! E ammette essere stata per lui quella un’esperienza di… dolcezza: dolcezza di anima e di corpo! Ci tiene a dirlo: non fu soltanto gioia spirituale; ma, in qualche modo, anche fisicamente, ne provò piacere! Sì, toccare e baciare la loro carne, fetida e purulenta, divenuta per incanto fresca ed olezzante, fu per lui come succhiare miele dalla roccia (cfr Sal 81,17)! Da quel giorno quasi per ritornare a provare quella stessa dolcezza Francesco riterrà gli spechi e le fenditure delle rocce suoi rifugi preferiti; e là, ritirato negli squarci e nelle aperture delle pietre, gli par-

rà di abitare le piaghe del Signore e di incontrare l’amato del suo cuore: “gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia” (Sal 34, 9). Carissimi, “la Quaresima di quest’anno giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio” (Misericordiae Vultus, 17); “un tempo favorevole - dice il Papa nel suo Messaggio - per poter finalmente uscire dalla propria alienazione esistenziale grazie all’ascolto della Parola e alle opere di misericordia”. E aggiunge: “Se mediante quelle corporali tocchiamo la carne del Cristo nei fratelli e sorelle bisognosi di essere nutriti, vestiti, alloggiati, visitati, quelle spirituali - consigliare, insegnare, perdonare, ammonire, pregare - toccano più direttamente il nostro essere peccatori. Le opere corporali e quelle spirituali non vanno perciò mai separate. È infatti proprio toccando nel misero la carne di Gesù crocifisso che il peccatore può ricevere in dono la consapevolezza di essere egli stesso un povero mendicante”. I poveri e i lebbrosi furono per Francesco la possibilità di conversione che Dio gli offriva! Francesco seppe cogliere quella possibilità e la sua vita fu trasformata! Dio gliela cambiò! Completamente! Aveva incontrato il suo “Lazzaro” e lo aveva… riconosciuto. Ai frati in pianto - dice Tommaso da Celano - radunati attorno a lui per il suo transito Francesco dirà: “Io ho fatto la mia parte; quanto spetta a voi, ve lo insegni Cristo”. Poi domandò che si cantasse! Come anche quel giorno quando…baciò il lebbroso! Che sia così anche per noi! Buona Quaresima di misericordia a tutti! Che sia una Quaresima nella quale possiamo riconoscerci bisognosi di misericordia; Che sia una Quaresima nella quale possiamo ricevere misericordia. Che sia una Quaresima nella quale possiamo dare misericordia. + Pietro Lagnese Vescovo di Ischia

Dalla prima domenica di quaresima (14 febbraio) riprenderà la messa del vescovo Pietro in cattedrale alle ore 10. La celebrazione sarà trasmessa in diretta da Teleischia

APPUNTAMENTI DIOCESANI GIOVEDÌ 18 FEBBRAIO V incontro del corso di formazione su affettività-sessualità col prof. D. Bellantoni: ore 16.00, auditorium Polifunzionale, Ischia. IV incontro del corso mensile nazionale on line sulla preparazione al matrimonio: affettività e innamoramento/II . Episcopio, ore 20.45 – 22.15.

“Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti” Sul sito chiesaischia.it potete leggere l’omelia del Vescovo Pietro Lagnese in occasione della celebrazione delle Ceneri in Cattedrale di mercoledì 10 febbraio


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Società 13 febbraio 2016

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Nasce il presidio libera Venerdì 5 febbraio è stato inaugurato, alla memoria di Gaetano Montanino, per sostenere la promozione della legalità e della giustizia. Il presidio, in modo particolare si occuperà di dar voce ai problemi che riguardano molto da vicino il nostro territorio,

risvegliando

la coscienza civile poco attenta e sensibile alle tante situazioni irrisolte della nostra realtà

Di Giuseppe Galano

“D

a una morte si crea una nuova vita. Un nuovo percorso di vita da fare insieme. Solo restando insieme, sentendo una responsabilità comune, possiamo creare nuova vita. In questi anni ho imparato a fare più che a parlare”. E’ così che Veronica Montanino fa rivivere il suo amato papà Gaetano, fedele servitore dello Stato, strappato crudelmente alla vita mentre faceva il suo lavoro di guardia giurata a tutela delle attività commerciali in Piazza Mercato, nel cuore del centro storico di Napoli. Una morte assurda, una delle tante vittime innocenti delle criminalità, una vita sottratta all’improvviso, senza un perché, ai propri cari. Da quella terribile sera dell’agosto di sette anni fa, Veronica e la madre, Luciana Di Mauro, testimoniano in maniera incessante, ovunque vi sia la possibilità, il loro impegno per la legalità, battendosi con tutte le loro forze affinché le cose possano cambiare e non vi siano più altre vittime innocenti delle mafie. Furono quattro ragazzini che con sette colpi di pistola uccisero Gaetano nel tentativo di sottrargli la pistola d’ordinanza. Il sacrificio di Gaetano così come quello di tante altre vittime innocenti di questo mondo criminale è certamente servito a creare una cultura della legalità e del rispetto delle regole che, anche se

con molta fatica, riesce sempre più a farsi spazio, anche in realtà alquanto difficili. Sulla nostra isola, che ai più potrebbe sembrare un’oasi felice e ben lontana dalle tristi vicende che attanagliano la terraferma e l’hinterland napoletano in particolare, venerdì 5 febbraio è stato inaugurato un “Presidio Libera”. L’evento si è svolto nell’Istituto Scolastico Telese di Ischia ed ha visto la forte partecipazione di studenti e docenti provenienti dalla varie scuole isolane e di tante persone che hanno a cuore il rispetto delle regole e la lotta alle mafie. La folta platea ha accolto in maniera molto calorosa i familiari delle vittime innocenti delle criminalità che hanno raccontato la tragica esperienza dell’aver perso caro senza un motivo. Promotori dell’iniziativa Egidio Ferrante, Filomena Sogliuzzo, Massimo Maria Barbato, Marcello Barbato, Gina Menegazzi, Maria D’Ascia, Luisa Pilato, Fabio Vecchiolla, Isabella Marino, Maria Rosaria Mazzella, don Carlo Candido, che, insieme al Preside Sirone e tutto l’Alberghiero, l’istituto Mattei di Casamicciola Terme e l’Istituto Comprensivo di Barano Anna Baldino, hanno fortemente voluto la nascita del presidio sul territorio ischitano. All’evento era presente anche il Vescovo Pietro, da sempre molto sensibile alle tematiche sociali. Egli evidenzia il lavoro straordinario svolto da Libera. “Il lavoro che

meglio compie questa associazione è l’impegno per una nuova cultura della legalità e della giustizia, lottando contro le mafie”. Rivolge un saluto affettuoso ai familiari delle vittime che hanno saputo trasformare il dolore in impegno per una nuova cultura di legalità e giustizia. “La nascita del presidio riceve pieno sostegno da parte della Diocesi. Ischia non può essere considerata isola felice con il problema della corruzione che ci riguarda molto da vicino. In un momento in cui la memoria non è considerata valore, Libera ci aiuta a non dimenticare. Quando dimentichiamo gli attentati di mafia e camorra non stiamo ponendo le basi per costruire un mondo migliore”. La parola passa ad Antonio D’Amore, referente provinciale di Libera che, visibilmente emozionato, ringrazia per l’affetto con il quale tanti ragazzi hanno accolto l’iniziativa. “Per questa nuova realtà vi sono molte aspettative. Lo dimostra la presenza di tanti familiari di vittime innocenti. Il presidio richiede lavoro, fatica ed impegno. Bisogna cambiare comportamenti e stili di vita per combattere le mafie”. Attiva nel nuovo presidio vi è anche Luciana Di Mauro, moglie di Gaetano Montanino. “E’difficile parlare della propria storia, di quello che si è vissuto. Mio marito è stato ammazzato da quattro ragazzini. Continuiamo ad andare nelle scuole per far riflettere su questa storia.

Mio marito non era un eroe ma una persona normale. Dobbiamo essere uniti per combattere questa piaga affinché non accada più a nessun altro”. Molto toccante l’esperienza raccontata da Carmela Sermino, presidente dell’Osservatorio sulla Legalità di Torre Annunziata. La coraggiosa donna ci parla di suo marito, Giuseppe Veropalumbo, morto in casa sua durante una festa in famiglia a causa di un proiettile vagante.” Era un papà eccezionale, uomo sempre presente. Tutti lo ricordano per il suo sorriso e per il suo modo di porsi agli altri”. Carmela, con voce rotta dal pianto, ci racconta i momenti della tragedia che ha colpito la sua famiglia. “Eravamo in trenta quella sera, era il periodo di Natale e festeggiavamo il nostro secondo anniversario di matrimonio. Il palazzo fu mitragliato da alcuni camorristi dal palazzo di fronte. Mio marito morì sul colpo. Mi sono trovata sola con una bimba di quattordici mesi che adesso ha nove anni. Tuttora cerco verità e giustizia. Chi ha sparato non ha ancora un volto”. Carmela si rivolge ai giovani, li invita a collaborare con la giustizia e le forze dell’ordine quando vedono qualcosa di sbagliato. “Scegliete da che parte stare. La criminalità e la malavita portano solo morte e carcere. Difendete il vostro territorio, dobbiamo essere liberi”. Rosaria Manzo, presidente dell’Associazione Strage Treno 904


Società

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racconta la storia terribile che tocca da vicino la nostra isola con la morte della piccola Federica Taglialatela a causa di una bomba che esplose su un treno partito da Napoli e diretto a Milano il 23 dicembre 1984. “Su

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quel treno vi erano tante persone come noi, quindici furono i morti, trecento i feriti. Dopo trentatre anni non si conosce cosa sia realmente accaduto”.Rosaria racconta che in quel periodo era in atto il maxi pro-

cesso voluto da Falcone e Borsellino e le mafie volevano distogliere l’attenzione pubblica da questo evento. Vi era chiara volontà di destabilizzare lo Stato. “Il nostro ruolo deve essere quello della denuncia, dobbiamo essere presenti sul territorio. Occorre muoversi in prima persona, mettersi in gioco, tutti insieme possiamo farcela”. Molto toccante l’esperienza raccontata da Emilio D’Anna il cui papà fu ammazzato nel 1993 a Secondigliano per essersi rifiutato di pagare il pizzo alla camorra. “Mio padre aveva subito più volte minacce, qualche volta aveva pagato ma quel 22 febbraio, giorno di paga per gli operai, si rifiutò di ce-

dere ai ricatti della malavita. Emilio ritorna a quegli attimi concitati, lo sparo e la corsa in ospedale dove il padre morì durante il tentativo vano dei medici di salvarlo.“Gli esecutori materiali dell’omicidio non sono stati ancora trovati. La preghiera mi ha aiutato tanto. Avevo il desiderio di perdonare ma per farlo occorre che qualcuno chieda scusa. Se le persone si redimono voglio perdonare”. La referente del presidio isolano, Filomena Sogliuzzo, prende la parola e presenta la prima campagna del presidio “Impatto Sociale” per chiedere di porre fine alle politiche di austerità e di escludere dal Patto di Stabilità le spese sociali.


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Giubileo Misericordia della

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Visitare i carcerati Tutti in profondo ascolto in Cattedrale lunedì sera, 8 febbraio, durante la catechesi di don Luigi Ciotti – fondatore di Libera – in occasione del Giubileo della Misericordia. Un intervento che ha “graffiato” le coscienze dei presenti Di Giuseppe Galano

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i sento piccolo, molto piccolo. A dicembre di quest’anno il Gruppo Abele, opera per il sostegno a persone in difficoltà, compie 50 anni; ho cominciato a 17 anni sulla strada. Dopo 50 anni posso dire sinceramente di sentirmi piccolo perché ho toccato con mano le difficoltà, le gioie, le speranze. Mi sento piccolo davanti alla grandezza dei problemi. Sono i poveri che mi hanno cambiato la vita. Sulla strada ho incontrato le fatiche e la degenerazione di tante persone”. Bastano poche parole per capire chi realmente è don Luigi Ciotti, non un uomo qualunque, non un semplice sacerdote ma una persona speciale dotata di un carisma straordinario, capace di donarsi al prossimo, soprattutto se in difficoltà, in tutto e per tutto. La strada, i volti degli ultimi, la loro storia, da qui inizia il cammino di don Ciotti. La catechesi dal titolo “Visitare i carcerati” è stata occasione preziosa per riflettere su cosa significhi esclusione sociale. “Ricordo che a quei tempi, quando tutto ebbe inizio, non esisteva ancora la droga ma la cosiddetta “roba”, un mix di farmaci ed alcol”. Egli racconta gli anni difficili, le dure lotte e le prime comunità aperte in alternativa al carcere ed alla strada. “Vivevamo in carcere con i ragazzi per cercare di costruire percorsi diversi ed accompagnarli; abbiamo cercato di offrire loro opportunità”. Don Ciotti racconta del suo incontro con Papa Francesco a cui chiese di incontrare 1000 familiari di vittime innocenti delle criminalità, persone a cui hanno ucciso i loro affetti. Il Pontefice durante quell’incontro prese la parole e rivolgendosi ai familiari disse di sentire il desiderio di condividere la speranza che il senso

di responsabilità vinca sulla corruzione. “Responsabilità è una parola da non dimenticare mai. In Italia tutti parlano di Legalità. Tuttavia prima vi è la Responsabilità e prima ancora la Dignità Umana”. “Papa Francesco - continua don Ciotti - spesso denuncia il problema del sovraffollamento dei penitenziari, la lentezza della giustizia, le violenze, la mancanza di tutto. Papa Giovanni Paolo II, nel luglio del 2000, nel carcere di Regina Coeli, ha incoraggiato l’impegno al pentimento per il male fatto e sollecitato il personale ravvedimento”. Il ricordo poi va a don Michele Pellegrino che affida a don Luigi “la strada” come parrocchia. “Ho imparato a riconoscere il volto di Dio in chi fa più fatica – aggiunge - abbiamo il dovere di non dimenticare che il carcere è fedele specchio della società. Occorre conoscere quel mondo, senza pregiudizi e con più umiltà”. Altro tema scottante è quello dei suicidi che non si fermano in carce-

re. “In galera le persone non devono perdere oltre alla libertà la dignità. E’ provato che un carcere più umano e politiche penali più attente sono garanzia di sicurezza. Dove vi sono percorsi alternativi alla pena i fatti hanno dimostrato che crolla la recidiva”. Il sacerdote afferma che, dove possibile, siamo chiamati a visitare i carcerati, ponendo attenzione alle loro famiglie, piene di ferite e sofferenze. Si tratta di decidere se affrontare i problemi sociali con umanità. “Mi sono trovato tempo fa in un cortile di un carcere; vicino a me vi era una signora. Mi chiede di stringerle la mano e dice che quel ragazzo che veniva verso di lei aveva ammazzato suo figlio ed aveva la sua stessa età. Quando ha visto in che condizioni viveva la famiglia del ragazzo lei e suo marito hanno deciso di andare a trovare il ragazzo ed accoglierlo in casa una volta uscito”. Il perdono è un cammino lungo e tortuoso. Molti familiari di vitti-

me innocenti delle criminalità vanno spesso in carcere a visitare i detenuti. “Visitare i carcerati vuol dire mettere insieme quattro parole del Vangelo: fede, misericordia, etica ed impegno”. Don Ciotti afferma che Libera accompagna il percorso di tanti ragazzi che hanno sbagliato, che devono rispondere per quello che hanno fatto ma devono anche avere una luce. “La fede non è solo difesa della dottrina ma soprattutto difesa degli ultimi”.


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9 13 febbraio 2016

INTERVISTA A DON LUIGI CIOTTI Di don Carlo

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on Luigi, 15 anni fa quando venisti a Ischia con Rita Borsellino, il titolo fu “Carovana anti mafie”. Vi chiesi perché mafie e non mafia e sia tu sia Rita ci diceste che in realtà la mafia è una cultura, e questa cultura è diffusa dappertutto, anche su un’isola come la nostra che ritenevamo fosse un’isola felice. “Nel 1900 un sacerdote siciliano, don Luigi Sturzo - che poi fonderà il Movimento Popolare da cui nascerà la Democrazia Cristiana - affermò che la mafia aveva sì i piedi in Sicilia, ma la testa a Roma e che sarebbe risalita, sempre più forte e più crudele, verso il nord fino ad andare oltre le Alpi. Una drammatica profezia, l’aver intuito che le mafie hanno magari avuto le radici storiche in alcune zone del sud ma gli affari li hanno sempre fatti al nord. Non c’è nessuna regione che possa ritenersi esente da forme di violenza, di criminalità, di corruzione, e lo vediamo oggi per la forza di penetrazione dei criminali mafiosi. Don Sturzo aveva l’idea della politica come servizio per il bene comune come dirà Paolo VI “la politica è la più alta forma di carità” – e questa riflessione ci deve coinvolgere davvero tutti. Mi sembra un segnale importante e positivo che su quest’isola si siano messi insieme cittadini, mondo della scuola, parrocchia, lo stesso Vescovo; è bellissima questa unione di forze e di onesti per portare un contributo culturale, educativo, per smuovere le coscienze delle persone, come Chiesa per saldare un po’ la terra con il cielo, perché questa Chiesa c’invita a guardare verso il cielo, ma anche a non distrarci dalle responsabilità che abbiamo verso la terra”. Come si fa, in una realtà come la nostra, in un’isola che a volte ci rende affetti da isolitudine e ripiegati su noi stessi, a risvegliare le coscienze, spesso narcotizzate? “Mi voglio rifare alle parole di papa

Francesco nel messaggio del primo gennaio, in cui ha parlato di indifferenze. Io credo che si debba dire, anche rispetto a questi problemi, che l’indifferenza è una malattia mortale. E indifferenza vuol dire rassegnazione, vuol dire delega, vuol dire pensare che tocca sempre agli altri fare; c’è una parte di responsabilità nel cambiamento che tocca veramente a ciascuno di noi: abbiamo troppi cittadini a intermittenza. Invece abbiamo bisogno di cittadini responsabili, di cristiani che si diano una mossa, insomma! Le mafie e la corruzione sono veramente le due facce della stessa medaglia, e la corruzione è l’avamposto. I mafiosi non sono nessuno. La loro forza la trovano in quelli che permettono loro di fare quello che fanno, nelle alleanze, negli imprenditori che fanno affari con loro, negli elementi del mondo politico. Non posso dimenticare il bollettino della Diocesi di Palermo nel 1877 – centoquaranta anni fa – che chiamava in causa politici, sindaci, deputati, professionisti che se la facevano a quegli alti livelli e usava proprio la parola “mafia”. Storia di ieri e di oggi. I mafiosi non sono nessuno”. Il cardinale Pellegrino, che ti ha ordinato sacerdote, ti consegnò subito, come parrocchia, la strada, quindi in modo profetico quello che papa Francesco dice ora a tutta la Chiesa: una Chiesa in uscita. Tu l’hai vissuto da subito, sei stato “costretto” dallo Spirito Santo. Cosa suggerisci alle nostre parrocchie isolane? Come vivere questa Chiesa in uscita, andare nelle periferie? “Quando il card. Pellegrino, quel giorno, in quella chiesa che si era riempita del popolo della strada, guardò quei ragazzi che avevano seguito la celebrazione con grande attenzione, disse: “Io so cosa state pensando: io adesso don Luigi ve lo mando, come si usa fare, in una parrocchia… No, io ve lo lascio. Però anche a lui affido una parrocchia: la sua parrocchia sarà la strada!” Non mi ha mandato a insegnare a tutti

L’indifferenza è una malattia mortale

sulla strada, Pellegrino mi ha mandato a riconoscere il volto di Dio in chi fa più fatica, io imparo tutti i giorni. Mi ha colpito la prima volta che ho incontrato papa Francesco: lui sapeva chi mi aveva ordinato sacerdote. Ma a un certo punto me

lo ha chiesto e io gli ho risposto: Michele Pellegrino. Lui, con un bel sorriso mi ha raccontato una cosa che mi è molto cara: “Quando i miei nonni – erano del Piemonte, i suoi nonni – si sono trovati in gravi difficoltà, lo sai chi è che li ha aiutati? E’ stato un giovane sacerdote, di nome Michele Pellegrino”. Io ringrazio Dio del privilegio che mi ha fatto, di conoscere, io veneto emigrato a Torino, queste tre grandi figure della Chiesa di questi ultimi anni: a Torino è nato Carlo Maria Martini; in Piemonte, in un piccolo paese, il Cardinale Michele Pellegrino; e un altro piemontese è papa Bergoglio. Tre figure di piemontesi che hanno segnato la storia della Chiesa; e io ho avuto modo di conoscerli tutti e tre”.



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11 13 febbraio 2016

RUBRICA: LA MISERICORDIA E IL CONCILIO

8. La laicità come impegno nella storia/1 Di don Pasquale Trani Delegato vescovile per la pastorale

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ell’ultimo numero abbiamo visto come la “riforma-aggiornamento” voluto dall’anziano Papa Giovanni e proseguito da Paolo VI e dai pontefici successivi sia divenuta poi un metodo per tutta la Chiesa. Una seconda forte indicazione di marcia che proviene dal Vaticano II è la laicità, ossia il recupero del significato e dello stile evangelico della presenza e dell’azione dei cristiani nella storia per mettere in luce la Persona di Gesù Cristo, “vero Dio e vero uomo”. Dobbiamo fare un salto indietro per comprendere come il riconoscimento della laicità, come soggetto imprescindibile della Chiesa, sia stato quasi una “epifania”, una grazia dello Spirito Santo all’interno della grande grazia del Concilio stesso. Il Concilio di Trento (1545 - 1563), in risposta alla “Riforma” protestante, diede maggiormente importanza al Sacerdote sul laico, a scapito del sacerdozio comune dei fedeli. Si crearono così alcuni “solchi” che andranno via via approfondendosi nei secoli fino a prima del Vaticano II. Ne metto in rilievo solo alcuni in modo sommario. 1) Il distacco tra laici e sacerdoti è pressoché totale: i laici non sono considerati “parte della Chiesa”, al punto tale che ad es. nel Concilio Vaticano I (1870) i laici non vengono neppure ammessi. 2) La pastorale della Chiesa è rivolta a un popolo che non si sente più chiesa, ma estraneo; la Chiesa è identificata col Papa, i Vescovi e i preti. 3) I sacerdoti e i religiosi sono così numerosi che non sentono la necessità della collaborazione con i laici, neppure nei settori che sarebbero stati di loro competenza. 4) La stessa cultura teologica propria del clero (in generale piuttosto generica e ridotta), la liturgia, il latino (incomprensibile ai più), la morale clericale, una accentuata predicazione sul peccato e sull’inferno: tutto contribuisce ad approfondire il divario tra i laici e la gerarchia. La figura poliedrica del beato Antonio Rosmini (Rovereto, 1797 – Stresa, 1855) mise in rilievo nella sua opera più nota, “Delle cinque piaghe della Chiesa”, i seguenti punti: distacco tra gerarchia e fedeli; il latino e i riti liturgici non comprensibili; la ricchezza della Chiesa

La seconda grande consegna del Concilio alla Chiesa è sul ruolo dei laici. Non può esservi reale “aggiornamento” o “riforma nella continuità” (la prima consegna) senza la riscoperta di un laicato maturo e partecipe della vita e della missione della Chiesa. e degli Ordini Religiosi; l’ignoranza religiosa del clero e dei fedeli; la nomina dei Vescovi da parte del Papa o dell’Imperatore senza partecipazione della Comunità. Questo famoso testo fu posto all’ Indice dalla Chiesa con una condanna del 1849 e non a caso fu il beato Paolo VI a togliere il divieto di pubblicazione. Un notevole passo in avanti nella considerazione del laicato nella Chiesa e per la sua missione è fatto con papa Pio XII, quando i tempi stanno maturando per una svolta radicale: «I fedeli, e più precisamente i laici, si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa; per loro la Chiesa è il principio vitale della società umana. Perciò essi, specialmente essi, debbono avere una sempre più chiara consapevolezza, non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, vale a dire la comunità dei fedeli sulla terra sotto la condotta del Capo comune, il Papa, e dei Vescovi in comunione con lui. Essi sono la Chiesa (...)» (Discorso ai nuovi cardinali, 20/2/1946). Fatto questo necessario excursus preconciliare, arriviamo al Concilio, ai giorni nostri, per comprendere come il laicato abbia finalmente avuto diritto di cittadinanza nella Chiesa. Innanzitutto il laico non è visto solamente nella sua distinzione dal prete o nella differenza coi consacrati religiosi. Non è, quindi, più considerato per quello che «non è» ma per quello che «è», non più per quello che «deve fare», ma nella sua fontalità sacramentale e nella sua specificità vocazionale che trova nel battesimo la sua radice creativa. In modo riassuntivo nella Christifideles laici (esortazione apostolica di Giovanni Paolo II, su Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa e nel Mondo, 30/12/1988) si afferma: «Nel dare risposta all’interrogativo chi sono i fedeli laici il Concilio, superando precedenti interpretazioni prevalentemente negative, si è aperto a una visione decisamente positiva e ha manifestato il suo fondamentale intento nell’asserire la piena appar-

tenenza dei fedeli laici alla Chiesa ed al suo mistero e il carattere peculiare della loro vocazione che ha, in modo speciale, lo scopo di “cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali ed ordinandole secondo Dio” (Lumen Gentium, 31)» (n° 9). È questa una lettura responsabilizzante perché vengono indicati con chiarezza magisteriale gli spazi che da esso devono essere vissuti, assunti, redenti. Quanto lo Spirito ha detto alla Chiesa del Concilio Vaticano II e nei decenni suc-

cessivi “per” e “sui” laici è come un orizzonte aperto di misericordia, da scoprire sempre di più e specialmente da mostrare in attuazioni, coraggiose onde il Regno di Dio non conosca lentezze, o peggio stasi, ma si riveli come perenne divenire di Dio nelle novità della storia. Per continuare il dialogo con l’autore: pasqua.trani@gmail. com Nelle foto il Beato Antonio Rosmini e il Beato Papa Paolo VI


12 13 febbraio 2016

GFiubileo amiglie AM nno isericordia Santo della e

www.chiesaischia.it

Quaranta gio

Ăˆ iniziata la Quaresima! Con la celebrazione dell

giorni per convertirci! Ma Dio ci ha giĂ regalato 4

dal 3 gennaio fino al 13 febbraio sono stati con riflettere sul senso della vita, sulla conversione, santi Martin, non lasciateci soli‌


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GFiubileo amiglie AM nno isericordia Santo della e

orni con voi!

le Ceneri entriamo nel tempo sacro dei quaranta

40 giorni di santità insieme ai coniugi Martin che

n noi. E’ stata un’opportunità per tanti isolani di sul perdono e sulla misericordia. Grazie coniugi

13 13 febbraio 2016


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Pastorale Sociale 13 febbraio 2016

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I giovani e la politica N

Di Ettore Scala

Lezione di partenza del nuovo anno della scuola di formazione politica Kosmopolis

Di Enzo D’Acunto

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l Canto di Ildebrando – Hildebrandslied per i germanofili – è forse il più celebre componimento poetico in alto tedesco antico. Narra del duello tra Hildebrand padre e Hadubrand figlio, appartenenti l’uno all’esercito di Teodorico e l’altro a quello di Odoacre, in disputa tra loro forse per il potere, forse per il possesso di quelle terre o forse più semplicemente per l’idea di potere che ognuno dei due aveva in serbo. Di quella faida, non conosciamo l’esito, perché del componimento ci restano solo frammenti, ma manteniamo quell’immagine di dissidio e contrasto generazionale, in grado di fondare un formidabile archetipo universale. Ma quanti di questi archetipi, possiamo riscontrare nella storia? Innumerevoli. Dal tono e dal contenuto diverso, ma innumerevoli, perché costantemente nella storia si è combattuti padri contro figli e figli contro padri. La più celebre trama letteraria, a tal proposito, s’intitola appunto “Padri e figli”, e fu pubblicata in Russia nell’ormai lontano 1862, grazie alla penna di Ivan Turgenev. Per questo, appare d’indubbio stimolo, l’intervento che il professore Alberto Lo Presti ha tenuto sabato 18 gennaio alla Biblioteca Antoniana in occasione della lezione di partenza del nuovo anno della scuola di formazione politica Kosmopolis. Il professore ha ricordato – ancora una volta! – che non c’è nulla d’attendere per l’impegno e la partecipazione politica. Sfatando tabù

ormai consolidati, ha affrontato i nodi dell’odierna crisi politica, cercando per quanto possibile di sfaldare le due idee forti dei nostri tempi: lo strappo tra la politica e i giovani e la relativa – presunta o reale? – apatia di questi ultimi. Arricchendo la sua relazione di stimolanti e suggestive immagini offerte dalla storia – una su tutte: Giuseppe Mazzini costituì la “Giovine Italia” a 26 anni – Lo Presti ha cercato di dimostrare l’esatto contrario: sottolineando il ruolo determinante dei giovani in tutte le più o meno recenti rivoluzioni democratiche, partendo dall’immagine dello studente universitario che a piazza Tienanmen si pose dinanzi al cingolato armato, per arrivare ai tanti flash fotografici delle piazze della primavera araba. L’intervento, carico di enfasi, fa da sprono ad un corretto esercizio della vocazione politica. Eppure, mai argomento è stato più insidioso. La partecipazione politica, infatti, salvo i pochi casi in cui è reale espressione di una spinta d’impulso naturale, capace di porre tutto in secondo piano, compresa la vita stessa – la storia, e solo essa, è ricca di esempi, si pensi a Piero Gobetti, Antonio Gramsci o anche a Luigi Sturzo – e quindi spingersi fino al sacrificio, rischia in molti casi di essere controproducente, di basso profilo e autoreferenziale. La cronaca odierna lo mostra fin troppo bene! La politica richiede sacrificio, eroismo e generosità! Luciano Canfora, dileggiando come è nel suo stile l’azione politica, ha scritto che il

moderno politico è come Sisifo, che non finisce di spingere in cima il masso, che già si vede costretto a ripartire daccapo. Lo scriveva con spirito satirico, volendo sottolineare come il moderno politico sia tenuto a grandi sforzi in funzione dell’elettorato, e quindi, delle clientele varie. Ma per il vero, il mito offre anche spunti eroici, di cui oggi c’è ben poco. Per carità, qualsiasi generalizzazione è un grave errore, e qualsiasi critica alla politica è fine a sé, se non si ammette in primis che buona parte della società civile è ben peggiore di qualsiasi classe politica. Ma va riconosciuto che autorevoli rappresentanti delle nostre istituzioni sono incardinati in posizioni di potere senza patire alcuna fatica, esercitando il pubblico dominio come privata potestà. Altroché, le fatiche del povero Sisifo! Ma non voglio spingermi oltre, certi argomenti si sa, sono come l’aria fritta e finiscono per riempirsi sempre di vuota retorica. Mi preme insistere sul fatto, tuttavia, che la scuola Kosmopolis risponde allo sforzo preciso di creare un luogo di concentrazione di idee, come già è stato, al fine di assumere una precisa portata propositiva. E allora, che i giovani si facciano avanti. Il prossimo appuntamento è previsto per il 27 febbraio 2016, con tema “Le nuove povertà”. Relatore sarà il professore G. Iorio. Per qualsiasi informazione è possibile consultare il sito www. kosmopolischia.it Rosaria Notturno

ella vita non capitano spesso quelle proposte, quelle opportunità uniche, per cui non c’è nemmeno da pensare. La risposta sembra essere chiara, scontata, mentre qualsiasi altro impegno passa subito in secondo piano. Una di queste “occasioni” mi si è presentata la settimana scorsa, quando mi è stato chiesto se mi avrebbe fatto piacere andare a Roma (assieme al prof. Agostino Mazzella e all’avv. Ersilia Fortezza) nella sala del refettorio della Camera dei Deputati a Montecitorio, i progressi e le vicissitudini affrontate in questi anni di vita dal progetto “Kosmopolis”. Dal canto mio, da buon universitario, avevo un esame che mi attendeva per il giorno prima dell’evento, con la solita incertezza sul fatto che questo, vuoi per un motivo vuoi per un altro, potesse essere rimandato all’indomani. Ma voi cosa avreste risposto? Così, sperando in un po’ di fortuna, decisi di imbarcarmi in questa avventura. E’ strano pensare come oggi siamo abituati a dare tutto per scontato: eppure, in poco più di un’ora, ecco scomparire Toledo, la metro di Napoli e stazione Garibaldi ed apparire, come in un sogno, un quadro surrealista, lo splendore delle vie e dei quartieri della Città Eterna. Fin dal nostro arrivo in città, non sono mancate le emozioni: la prima tappa della giornata è stata il parlamento, dove l’onorevole Edoardo Patriarca, che tra l’altro era già venuto a contatto con la scuola di formazione politica Kosmopolis in passato, ci ha accolti con grande disponibilità e gentilezza, permettendoci anche di attraversare la bellissima e suggestiva sala “Transatlantico”. Più tardi ci siamo recati nella sala del refettorio, dove si è tenuta la conferenza per cui eravamo lì. Questa si è svolta in tre tranche, ognuna contraddistinta tra l’altro dall’intervento di nomi illustri della politica e della società civile. All’ordine del giorno (come illustrato da Miriam Cominelli e Elena Centemero, parlamentari rispettivamente per il PD e per FI) c’era il “problema” ambiente ed eco-sostenibilità, partendo dalle opinioni espresse da papa Bergoglio nella “Laudato Sii”. Le prime voci che abbiamo sentito sono stati di politici di vari schieramenti, tra cui Stefano Fassina (Sinistra Italiana) e Enrico Borghi (Capogruppo della Commissione Ambiente per il PD), i quali hanno sottolineato l’importanza epocale dell’enciclica papale, la quale ha avuto l’impatto necessario sulla nostra società per rimettere al centro dell’attenzione il discorso


Pastorale Sociale

15 13 febbraio 2016

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Una giornata in Parlamento Il progetto della scuola di formazione politica Kosmopolis spiegato a deputati e senatori

della preservazione della “geobiosfera”, la biunivocità uomo-natura, con un rapporto in cui non deve esserci il prevalere di uno sull’altro, ma un reciproco rispetto. L’intervento più sentito ed emozionante è stato sicuramente quello di don Maurizio Patriciello, parroco della nostra Campania che ha raccontato in prima persona gli orrori causati dai roghi tossici e dal disinteresse della politica verso la terribile questione della Terra dei Fuochi, sottolinean-

do come anche dietro ad un fenomeno in apparenza così disumano, ci siano ragioni di tipo economico, ragioni che a quanto pare contano anche di più della vita di migliaia di innocenti, colpevoli solo di vivere nella loro terra. <<Se ci fossero state miniere d’oro invece che montagne di munnezza ci avrebbero guadagnato di meno!>> Questa una delle frasi più sentite di Patriciello, che ha poi sottolineato come siano i più poveri a

pagare le conseguenze di questa situazione, poveri di cui l’ormai famosissimo don si è dichiarato orgogliosamente pastore. Dopo una serie di analisi più dettagliate del problema ambientale, condotte da docenti (come Luca Fiorani, insegnante presso l’università di Roma Tre) e membri di varie associazioni (come Michele Buonomo, in rappresentanza di Legambiente), è giunto infine il momento per me e il professor Mazzella di illustrare il lavoro svol-

to da Kosmopolis nel corso della sua breve ma significativa esistenza: dalle indagini sulla sensibilità degli ischitani nel loro rapporto col mare allo studio dell’annosa e ancora irrisolta (cosa che ha provocato non poche esclamazioni sbalordite tra il pubblico) questione del depuratore, passando per l’illustrazione del particolarissimo fenomeno di acidificazione naturale del mare che si ha proprio nella zona antestante il Castello Aragonese e i vari problemi che ruotano attorno all’organizzazione e alla gestione della nostra area marina protetta. Auguro a chiunque di potersi trovare un giorno a vivere un’emozione simile: parlare di fronte ad un pubblico tanto ampio ed in un luogo così affascinante, ricco di storia e vicino al cuore delle istituzioni del nostro paese. Tutto questo, ovviamente, nella speranza che i nostri appunti e il nostro resoconto non restino solo delle belle parole ma, magari, portino anche a degli effettivi interventi affinché, partendo dal nostro piccolo, ad Ischia, miglioriamo la relazione che intercorre tra noi e la natura che ci circonda, seguendo il messaggio del nostro pontefice.


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Parrocchie 13 febbraio 2016

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Di Giuseppe Galano

CARNIVAL PARTY 2016

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l Carnevale è da sempre la festa più amata ed attesa dai bambini. E l’evento di quest’anno ha visto l’allegria di tantissimi bimbi della comunità fiaianese e non solo. Fin dal primo pomeriggio la sala, completamente addobbata per l’occasione con disegni colorati di personaggi del mondo dei cartoni animati, mascherine, palloncini e festoni, ha iniziato a gremirsi di piccoletti entusiasti nel poter mostrare il loro costume. Si respirava tra tutti un clima di amore vero. Cavalieri, dame, regine, principesse, supereroi, fatine, di tutto di più; non potevano mancare i costumi tipici della tradizione del carnevale come arlecchino e pulcinella. E’ stato un vero spettacolo poter vedere tutte quelle maschere così belle. Da segnalare Francesca vestita da fragolina, Matilde da Barbie, Ilaria da Spagnola, Gabriel da soldato, Nadia da Pippi Calze Lunghe, Noemi da piratessa e Federica da Principessa Sissi. I bimbi e i genitori si sono divertiti tantissimo, hanno giocato, ballato, cantato e lanciato coriandoli fino a sera. La festa è stata animata da Teresa, Chiara, Marica, Agnese, Giovanni, Miriana, Sara, Rita, Flora e Marialaura che hanno intrattenuto tutti i bimbi con giochi e balli divertenti e coinvolgenti. Il servizio luci ed audio è stato curato alla perfezione da Ernesto e Teresa. Una saletta è stata allestita con personaggi del mondo dei cartoni animati e proprio vicino queste sagome di cartone è stato possibile scattare una foto a tutte le maschere. Al termine della serata tutti i costu-

A Fiaiano, nei locali sottostanti la Chiesa Parrocchiale anche quest’anno è Carnival Party, giunto alla quarta edizione, dopo le entusiasmanti e coinvolgenti esperienze degli scorsi anni. mi hanno sfilato sul palco ed hanno raccolto l’applauso di tutti i presenti in sala. I piccoletti si sono messi in posa per la foto di rito scattata dal fotografo ufficiale Daniele. Un’apposita “giuria di qualità” ha premiato alcune tra le maschere più belle con una medaglia. Il compito è stato alquanto difficile poiché tutti i bimbi erano talmente belli ed originali da meritare il premio. Tra i più piccoli sono stati premiati Michelle, vestita da cappuccetto rosso ed Aurora da scoiattolo; tra i più grandi due bellissimi bimbi vestiti da carabiniere e soldato, ed Andrea, da originalissimo aspirapolvere. Dopo la premiazione Giacomo, vestito da Peter Pan ha affermato che per lui è stato il più bello e divertente Carnevale perché trascorso insieme a tanti amici. Per Andrea, che indossava il costume di Capitan Uncino, creato dal suo papà, è stata una meravigliosa festa. Per la piccola Elisabetta è stato bellissimo divertirsi tutti insieme. Luigi con addosso la divisa di pompiere, dice di non voler far ritorno alla propria casa talmente tanto è stato il divertimento per lui. E’ stato bello vedere come i bimbi apprezzano questi semplici momenti per poter stare in compagnia e trascorrere insieme un pomeriggio in allegria e gioia. Daniele Calise


Parrocchie kaire@chiesaischia.it

Il carnevale della condivisione L’esperienza meravigliosa vissuta da giovani e adulti della comunità parrocchiale di S. Maria Assunta di Ischia Ponte, con gli ospiti del “Centro di prima accoglienza Giovanni Paolo II” Di Maria Francesca Ferrandino

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l 9 febbraio 2016, avevamo fissato, come Caritas parrocchiale, la data per vivere una giornata solidale al “Centro Caritas Giovanni Paolo II”. Quando ci siamo accorti che si trattava del Carnevale, ci siamo attivati per viverlo con le nostre tradizioni culinarie. Così è partita “la spesa al risparmio”, perché quando si fanno le cose per chi vive di provvidenza, si attivano tutte le strategie per acquistare la qualità migliore al minor prezzo, perché con tutto ciò che si risparmia, si può donare, perché no, anche un po’ di superfluo e non solo. E così è stato, dopo aver preparato con tanta gioia sette ruoti di lasagne, cotolette, insalata, frutta e chiacchiere, abbiamo pensato di portare cappellini, fischietti e stelle filanti per dare un po’ di colore alla giornata. Man mano che riempivamo le nostre auto di tutto, il necessario, c’è venuta l’idea geniale di portare anche gli abiti di carnevale che avevamo a disposizione. Così in mattinata siamo arrivati a Forio dove le suore ci hanno accolto con tanto entusiasmo. Così pian piano tavoli apparecchiati, palloncini appesi, lasagne infornate, cotolette fritte…. Tutto era pronto, dovevamo aspettare solo che arri-

17 13 febbraio 2016

vasse Don Carlo con i giovani. Per ingannare l’attesa, ci siamo messi nel camerino del corridoio e abbiamo iniziato a tirar fuori gli abiti di carnevale. Con questo movimento di maschere, colori, trucchi, qualcosa si è risvegliato nell’animo degli ospiti del centro, la palese, indifferenza iniziale ha ceduto il posto ad una vera e propria curiosità che ha fatto sì che ognuno potesse indossare almeno una maschera o una parrucca. I più audaci hanno scelto di farsi travestire interamente e così …… è iniziata la festa: ognuno aveva un sorriso sulle labbra e gli occhi che brillavano nel vedere l’altro travestito, il tutto accompagnato da una bella musica. Arrivato Don Carlo, ci siamo sistemati nei vari tavoli, dividendoci tra i vari ospiti del Centro e lì si è creata una vera e propria familiarità, si sono abbattute le barriere ed i muri che innalziamo ogni qualvolta ci troviamo di fronte agli sconosciuti, specialmente quando ci separa la lingua e la cultura. Ma grazie a Dio, in queste situazioni sperimentiamo che siamo tutti uguali, tutti bisognosi dell’altro, così ognuno si è fatto carico dei problemi altrui, c’è stato chi ha subito deciso di raccontarsi, malgrado la musica copriva le parole. Naturalmente non è mancato ciò che prevede il proverbio “A carnevale ogni scherzo vale”. Tra il primo e il secondo sono state chiamate urgentemente le suore in cucina, perché qualcosa era accaduto. Le suore trafelate hanno lasciato il loro tavolo, per recarsi in cucina impaurite di fronte ad una scena raccapricciante: due topi neri affacciati nei ruoti delle lasagne avanzate. Non si può descrivere lo sdegno nei volti delle suore, per fortuna si trattava di uno scherzo. E cosi è stato tutti un susseguirsi di eventi che ci hanno regalato innumerevoli emozioni per arrivare all’espluà finale di Stefano, che ha cantato con una voce da tenore “La donna è immobile” ed altri pezzi di lirica ricevendo una vera e propria “standing ovation”. Cosa dire, un Carnevale indimenticabile, dove si è sentita la gioia di cui parla Gesù, siamo tornati a casa carichi di emozioni e soddisfatti di questo pezzetto di tempo della nostra vita messo a disposizione degli altri. Davvero “c’è più gioia nel dare che nel ricevere!”


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In Diocesi 13 febbraio 2016

Dalla Redazione

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a lettura di parte del discorso che Papa Francesco ha rivolto proprio ai catechisti tenutosi a Roma il 27 settembre 2013, la preghiera di don Tonino Bello, i canti e le preparate dai catechisti, hanno portato a una seria riflessione sull’essere catechisti. Si riportano di seguito alcuni contributi che le stesse catechiste hanno voluto dare e condividere. Maria Antonietta: “Ma Gesù, ci hai visto bene?! La domanda del nostro vescovo durante l’adorazione dei catechisti. E’ forse quella stessa domanda che ognuna di noi catechiste si è posta guardando i bambini o i giovani che Gesù ci ha affidato. Il Vescovo ha ricordato tra l’altro di quando, esattamente 3 anni prima, era andato a Roma da Papa Benedetto per sentirsi dire che Sua Santità lo voleva vescovo di Ischia. Tutti ci sentiamo inadeguati davanti alle scelte del Signore; sentiamo la nostra povertà, le nostre debolezze, eppure siamo stati scelti per diventare “pescatori di uomini”. Che bella esperienza l’adorazione con il vescovo fatta venerdì scorso! Le sue parole mi hanno profondamente toccata....Certo, il nostro Vescovo “giocava in casa” con la lettura del Vangelo (Lc 5, 1-11): la pesca miracolosa di Pietro, che aveva “faticato tutta la notte” senza aver preso nulla, “ma sulla Tua parola getterò le reti”....Il vescovo ha scelto come suo stemma episcopale proprio le parole che Gesù dice a Pietro “Duc in altum”, quindi deve amare in modo particolare questo passo del Vangelo. “Gesù ci va piano con Pietro” ha detto ancora il vescovo, non gli dice subito di seguirlo, ma va per gradi. Poi arriva il miracolo per quel piccolo atto di fiducia che Pietro compie nei confronti di Gesù: “Sulla Tua parola”....e infine la reazione di Pietro: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore!” “Ora si può ragionare!” dice il Vescovo,” Pietro ha capito con Chi ha a che fare e si è rivestito di umiltà, finalmente. Ecco cosa dobbiamo fare anche noi catechisti: rivestirci di umiltà, capire i nostri limiti e allora grazie al Signore riusciremo anche ad accettarli, perché capiremo che è Gesù che agisce in noi e ci permette di diventare – come Pietro – pescatori di uomini.” Ecco perché abbiamo deposto la rete ai piedi dell’altare! Dulcis in fundo, bella la proposta del vescovo di fare periodicamente in parrocchia un’adorazione di noi catechisti col parroco: sarà la nostra “ricarica”, ma anche motivo di coesione tra di noi”.Paola: “Ora sei

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I Catechisti in preghiera Il diacono Salvatore Nicolella e Maria Italiano, delegati per la catechesi in Diocesi, hanno accolto il desiderio dei catechisti parrocchiali di pregare insieme davanti a Gesù Sacramentato, e, in un clima di grande raccoglimento e spiritualità, eccoli riuniti venerdì 5 febbraio, nella bella chiesa Cattedrale insieme all’amato vescovo Pietro che ha donato parole di incoraggiamento e di ringraziamento con vero affetto di padre.

qui davanti a noi uomini e donne di sempre affannate, stanche ma con la gioia di stare con Te, con noi, con il nostro Padre Pietro, con quella piccola parte del popolo di Dio. Oggi ti possiamo abbracciare, salire sulla barca con Te, nella quotidianità della pesca di ogni giorno, nell’uscire fuori dal porto sicuro della nostre comodità. Ci chiedi di prendere il largo non in un giorno qualunque ma nel giorno in cui tre anni fa chiamasti Padre Pietro come timoniere della nostra diocesi. Quanto sono grandi i tuoi segni, donaci ancora di lavorare sulla Tua Parola e di comprendere sempre che Tu ci sei accanto. Grazie Gesù”. Antonella: “A tre anni esatti dalla sua chiamata a Roma per diventare vescovo e con un Vangelo dal quale ha tratto il suo motto episcopale; “DUC IN ALTUM”, il vescovo Pietro ha incontrato i catechisti della Diocesi davanti a Gesù sacramentato. Un incontro forte ma al contempo dolce, introdotto dalle parole del Santo Padre ai catechisti e terminato con il Vangelo di Luca nel quale Gesù esorta Simone e gli altri pescatori a “prendere il largo.” Una riflessione che per quanto mi riguarda induce ad un profondo esame di coscienza, e mi porta a dire così come Simone; “Signore allontanati da me sono una peccatrice”. La mia storia di catechista è troppo recente, ma certamente questo incontro svolto in semplicità senza tante preparazioni ha scatenato un uragano nel mio cuore. Il Santo Padre dice; “essere catechisti, non fare i catechisti”, non solo un impegno settimanale con i bambini, ma uno stile di vita, mettere da parte se stessi per mettere Gesù al centro della nostra vita, senza fatica ma con naturalezza. Essere catechista è un po’ come essere mamma che educa e prepara i suoi figli alla vita, soprattutto con l’esempio, certa che un giorno il seme germoglierà diventando un arbusto forte e rigoglioso, con radici salde nella fede in Dio. Fa che sulla Tua Parola, noi prendiamo il largo dalla nostra quotidianità e dalla nostra pochezza. Andrea Di Massa


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La Storia siamo Noi

13 febbraio 2016

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Una notizia inedita circa il porto di Ischia Di Prof. Nunzio Albanelli

Qual è stato il vero

S

ono ormai trascorsi oltre 11 anni dal 7 settembre 2004, in cui furono festeggiati i 150 anni del porto di Ischia, noto come il “Pantaniello”, eppure non è sbiadito il ricordo di quelle indimenticabili giornate. Basta rammentare la partecipazione entusiasta dei sindaci di tutti i comuni isolani, interpretata a ragione come il preludio dell’auspicato comune unico, l’idillica visione del porto liberato da tutti i natanti, la memorabile sfilata in costumi d’epoca per la borgata di Villa dei Bagni, la sequela dei protagonisti della storia attuale dell’isola premiati per l’occasione, la folla straripante assiepata lungo il porto, la cerimonia di ringraziamento officiata dal vescovo di Ischia, mons. Filippo Strofaldi di venerata memoria, l’intitolazione di piazza Antica Reggia al re Ferdinando II di Borbone, senza dubbio benemerito nei confronti dei “vagnaruoli”, la scoperta delle due lapidi all’imboccatura del porto e restaurate a cura della Fidapa. Chiamato a presiedere il comitato organizzatore, ho avuto l’impressione che molti degli scritti presenti nel libro edito

motivo che ha spinto i reali a trasformare il

lago

nel

porto

d’Ischia?

a ricordo dell’evento, siano tuttora sconosciuti, benchè quest’ultimo sia andato a ruba ultimamente. Infatti a più riprese dovetti farmi carico di illustrare nel complesso le relazioni che intercorrevano tra i Borbone e gli isolani ed in genere la storia del porto, rifacendomi anche ai vari studiosi che mi avevano preceduto. Ecco perché non sarei alieno nel ripubblicarli a beneficio soprattutto di quanti desiderano conoscere una vicenda di indubbio interesse e tuttora attuale. Penso in particolare agli studenti chiaramente in difficoltà, ogni qualvolta sono invitati a condurre ricerche al riguardo! Ne sono prova evidente le numerose telefonate che puntualmente ricevo! Tuttavia nonostante l’impegno profuso nella circostanza, non è mancato chi affettuosamente ha voluto sottolineare

una mia dimenticanza, giacché a suo avviso, avrei omesso di riferire il vero motivo che avrebbe sollecitato Ferdinando II ad adoperarsi in tutti i modi per trasformare il lago, un altro sito delle sue reali delizie, in un porto. Un vecchio pescatore, a me noto dall’infanzia, che non aveva mai nascosto la simpatia che nutriva nei miei riguardi, dapprima ha espresso il suo compiacimento per il programma realizzato a suo avviso, degno di competere con quello del centenario. Poi ha dichiarato di aver letto con interesse i miei scritti relativi alle benemerenze del sovrano nei confronti degli isolani, a conferma di una predilezione ininterrotta, manifestata sia da Ferdinando IV chiamatosi I al ritorno dalla parentesi siciliana, sia da Francesco I. É innegabile che Ferdinando II, nipote di Ferdinando IV, innamorato di Ischia e in particolar modo della casina reale, succeduto a lui nel 1831, volle realizzare il progetto che da tempo stava a cuore allo zio: trasformare il lago, che costui aveva già

ottenuto in affitto in un lago. Tuttavia aggiunse che più che l’amore per il sito e per le delizie di cui godeva, ben altro e più determinante era stato il motivo che lo aveva spinto a tale decisione nonostante le critiche manifeste e l’opposizione dei decurioni. In realtà da quando nel corso di un trasbordo era finito in mare correndo pericolo di vita, egli non aveva pensato ad altro: eliminare ogni difficoltà di aprire e fare del porto un centro strategico nel mediterraneo. Alle mie obiezioni in merito a tale tesi, che ritenevo frutto solo di una tradizione popolare di cui non avevo trovato traccia in nessun testo relativo alla vita di quel sovrano, avanzando l’ipotesi che potesse trattarsi piuttosto dell’infortunio capitato ad Alfonso I di Aragona durante l’assedio al castello, attestato dalle cronache, mi ha risposto di aver appreso tale notizia da suo nonno che aveva chiare simpatie per i Borbone e aveva conoscenza diretta dell’increscioso episodio, provvidenziale tuttavia per la nascita del nostro porto.

Convento S. Francesco d’Assisi, Forio-Ischia

PELLEGRINAGGIO ROMA-ASSISI Santuario della Divina Misericordia S. Maria degli Angeli e Basilica S. Francesco

22-23 FEBBRAIO 2016 Guidato da P. Nunzio Ammirati

Programma:

Lunedì 22 Febbraio: Ore 06,30: Partenza con Aliscafo da Ischia Porto Ore 11,00: Visita alla Basilica di S. Andrea delle Fratte, Roma. Colazione a sacco Pomeriggio: Chiesa di Santo Spirito in Sassia Santuario della Divina Misericordia: Adorazione Eucaristica e S. Messa.

Partenza per Assisi. Cena in Albergo, pernottamento. Martedi 23 Febbraio: Ore 8,30: S. Messa nella Porziuncola in S. Maria degli Angeli. Visita alle Basiliche di S. Francesco d’Assisi e di S. Chiara. Pranzo in albergo. Pomeriggio: partenza per Napoli, molo Beverello.

Quota di partecipazione: euro115 compreso biglietto aliscafo andata-ritorno Iscrizioni: rivolgersi a P. Nunzio Ammirati (cell. 3335854801) Visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di Płock. «La sera, stando nella mia cella - scrive suor Faustina - vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire mentre l›altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l›uno e l›altro pallido (...) Dopo un istante, Gesù mi disse, Dipingi un›immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te» (Q. I, p. 26). Nella Basilica di S. Andrea della fratte, c’è una cappella che si chiama “Cappella del Miracolo”. Qui, il 20 gennaio del 1842, ad Alphonse Marie Ratisbonne un ebreo ateo, apparve la Vergine della Medaglia Miracolosa che lo invitò ad inginocchiarsi. Alfonso obbedì e si convertì e nello stesso mese dell’apparizione si fece battezzare.


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Liturgia 13 febbraio 2016

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Commento al Vangelo

Domenica 14 febbraio 2016

Quale immagine di Dio hai? Di Don Cristian Solmonese

C

ari amici, deponiamo le maschere: quelle di Carnevale e quelle che la vita ci ha cucito addosso, quelle che gli altri ci hanno messo, quelle dietro cui ci rifugiamo per paura delle scelte. Davanti a Dio, almeno davanti a lui, possiamo restare nudi senza provare vergogna. È questo il cammino che la chiesa ci chiama a fare nel tempo della quaresima. Un cammino che ti mette a nudo davanti al Signore. In questa prima domenica siamo invitati ad entrare nel deserto per affrontare la prova delle tentazioni. Il brano Lucano ci presenta la scena di Gesù spinto dallo Spirito Santo nel deserto. Un primo aspetto molto bello che possiamo sottolineare è il perché lo Spirito sospinge Gesù nella prova. Gesù, solidale con l’uomo, e vuole ripercorrere il sentiero di Israele, sperimenta la fame, si lascia avvolgere dal silenzio stordente del deserto, si lascia invadere dalla luce accecante del sole che riflette i colori delle scarne rocce del deserto di Giuda. Gesù vuole scegliere come annunciare la Parola, come svelare il mistero di Dio. La conoscenza che Gesù ha di Dio è assoluta: egli è il Verbo di

AVVISO

PER LA COMUNITà RUMENO-ORTODOSSA L’ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo fa presente che da qualche mese il servizio per la Comunità rumeno - ortodossa sulla nostra isola è affidato al presbitero Florin Bontea che risiede a Napoli. Chiunque avesse bisogno di contattarlo o conoscesse fedeli che chiedono di mettersi in contatto con lui, può rivolgersi alla delegata dell’ufficio, Giuseppina Attore (cell. 3456664719) o in Curia.

Dio. Ma, in quanto uomo, egli vuole poter scegliere, cerca nella pace della solitudine una risposta. Dio, fattosi uomo, ora conosce l’odore della resina e la stanchezza di una giornata di lavoro. Ora egli sa. Come sa che l’uomo è fragile, ondivago, buffo, scostante: come aiutarlo a superare la brutta immagine di Dio che si è fatto? Gesù entra nel del deserto per decidere quale Messia essere. Noi entriamo nel muto deserto quaresimale per chiederci se l’uomo che siamo è davvero quello che avremmo voluto diventare e, soprattutto, se assomiglia all’uomo, magnifico, che Dio porta nel cuore. Le tentazioni presentateci dal testo ci aprono alla giusta comprensione di Dio, cosa che, aimè, ancora non abbiamo. Siamo legati ad un Dio che toglie guerre, che sfama, un Dio che risolve i problemi, che toglie le malattie, un Dio bancomat o supermercato. Le tentazioni di Gesù ci fanno capire Chi è Dio. Gesù non è un Dio che allontana il dolore, ma lo vive, non è un Dio che ricusa la morte e la sofferenza ma la affronta superandola, non è un Dio dell’applauso, ma il Dio del rifiuto da parte degli uomini, ma l’unica cosa che Chiede è adorare Lui, unico e vero Dio. Satana fa pressione sui bisogni dell’uomo e questo suo modo di fare ancora oggi è presente. Egli lo fa con più forza. Facendo leva sui nostri bisogni, ci invita a costruirci un Dio a modo nostro, secondo i nostri bisogni e questo ci spinge a rifiutare Gesù se egli non ci ascolta, non ci fa miracoli o non ci esaudisce. Questo lo vediamo in tutti i giovani nelle loro tante risposte, ma anche in tanti cristiani che frequentano le nostre assemblee. L’impegno di questa quaresima non sarà tanto dimagrire o rifiutare cioccolata, quanto di conquistare sempre di più la vera immagine di Dio nella nostra vita, e di compiere gesti di misericordia che annullino il potere di Satana sul deserto del mondo. Si, i gesti di misericordia sono la chiave per vivere una buona quaresima. Buon cammino a tutti!

13 marzo ore 21:00 Lucignolo La Brasserie - Forio


Ecclesia

21 13 febbraio 2016

kaire@chiesaischia.it

Misericordia e giustizia Dell' Ordine Francescano secolare di Forio

P

apa Francesco continua le sue catechesi sulla misericordia, in quella del 3 febbraio scorso mette sullo stesso livello la misericordia con la giustizia: “C’è un altro modo di fare giustizia che la Bibbia ci presenta come strada maestra da percorrere. Si tratta di un procedimento che evita il ricorso al tribunale e prevede che la vittima si rivolga direttamente al colpevole per invitarlo alla conversione, aiutandolo a capire che sta facendo il male, appellandosi alla sua coscienza. In questo modo, finalmente ravveduto e riconoscendo il proprio torto, egli può aprirsi al perdono che la parte lesa gli sta offrendo. E questo è bello: a seguito della persuasione di ciò che è male, il cuore si apre al perdono, che gli viene offerto. È questo il modo di risolvere i contrasti all’interno delle famiglie, nelle relazioni tra sposi o tra genitori e figli, dove l’offeso ama il colpevole e desidera salvare la relazione che lo lega all’altro. Non tagliare quella relazione, quel rapporto. Certo, questo è un cammino difficile. Richiede che chi ha subìto il torto sia pronto a perdonare e desideri la salvezza e il bene di chi lo ha offeso. Ma solo così la giustizia può trionfare, perché, se il colpevole riconosce il male fatto e smette di farlo, ecco che il male non c’è più, e colui che era ingiusto diventa giusto, perché perdonato e aiutato a ritrovare la via del bene. E qui c’entra proprio il perdono, la misericordia. È così che Dio agisce nei confronti di noi peccatori.” San Francesco d’Assisi viveva con tutto il cuore le opere di misericordia corporali e spirituali e non trascurava occasione per ammonire tutti coloro che abitano nel mondo intero … e ad ammaestrare a tutti le fragranti parole del Signore… e le parole dello Spirito Santo che sono spirito e vita (FF179). Per questo scrisse delle lettere a tutti i fedeli quando era molto malato e debole per indicare la strada giusta da percorrere. In una di queste amò evidenziare come bisognasse giudicare con misericordia: «Coloro poi che hanno ricevuto l’autorità di giudicare gli altri, esercitino il giudizio con misericordia, così come essi stessi vogliono ottenere misericordia dal Signore; infatti il giudizio sarà senza misericordia per coloro che non hanno usato misericordia. Abbiamo

perciò carità e umiltà e facciamo elemosine, perché l’elemosina lava l’anima dalle brutture dei peccati. Gli uomini infatti perdono tutte le cose che lasciano in questo mondo, ma portano con se la ricompensa della carità e le elemosine che hanno fatto, di cui avranno dal Signore il premio e la degna ricompensa» (FF 191). Anche santa Chiara, degna sorella e figlia spirituale di Francesco, istruiva le consorelle al perdono reciproco nella giustizia e carità: «Tuttavia, l’abbadessa e le sue sorelle si guardino dallo adirarsi e turbarsi per il peccato di alcuna, perché l’ira e il turbamento impediscono la carità in se stesse e nelle altre. Se accadesse, il che non sia, che fra una sorella e l’altra sorgesse talvolta, a motivo di parole o di segni, occasione di turbamento e di scandalo, quella che fu causa di turbamento, subito, prima di offrire davanti a Dio l’offerta della sua orazione, non soltanto si getti umilmente ai piedi dell’altra domandando perdono, ma anche con semplicità la preghi di intercedere per lei presso il Signore perché la perdoni. L’altra poi, memore di quella parola del Signore: “Se non perdonerete di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste perdonerà voi”, perdoni generosamente alla sua sorella ogni offesa fattale» (FF 2802).

CONCORSO CANORO

Una voce per

Antonia

Ti piace cantare? “Una voce per Antonia” aspetta solo te. Se hai amici cantanti invita anche loro, c’è posto per tutti. Il concorso, senza scopo di lucro e non finalizzato ad essere una gara professionistica o agonistica, si svolgerà a Fiaiano nei locali della chiesa parrocchiale Maria SS. Madre della Chiesa nella settimana dal 04 al 09 aprile 2016. Al concorso sono ammessi tutti i generi musicali ed i testi in qualsiasi lingua. I testi delle canzoni dovranno necessariamente attenersi a valori quali l’amore, l’amicizia, la famiglia o in generale che non siano in contrasto con la fede cristiana. Le domande di partecipazione dovranno pervenire entro e non oltre le ore 24:00 del 20 marzo 2016. Per tutte le informazioni relative al concorso è possibile contattarci ai numeri 3474936215 (Irene) e 3483496565 (Benedetta), inviare una mail a unavoceperantonia@ gmail.com oppure consultare la nostra pagina ufficiale: www.facebook.com/unavoceperantonia



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Teatro

13 febbraio 2016

kaire@chiesaischia.it

Di Gina Menegazzi

H

anno anche avuto la sfortuna di recitare la settimana dopo “Sabato, domenica e un’alba”, e il confronto, anche involontario, con quegli attori e con quel testo non ha dato loro scampo. Mi spiace dirlo, perché cerco sempre il positivo nello sforzo delle compagnie, ma lo spettacolo Il morto in casa portato in scena dalla compagnia Largo dei Naviganti è stato di una lentezza e di una noia che, anche se il testo avesse avuto qualche battuta divertente o spiritosa, questa ha perso ogni mordente in una recitazione piatta e didascalica. Si salva solo Maria, Melania Trofa che con una certa verve, una recitazione più modulata e una buona presenza scenica ha retto da sola lo

Di Gesualda Schiano

L'

associazione nazionale difensori civici italiani (www.andci.it) è nata il 16 febbraio 2001 con un Congresso Nazionale che ha previsto la presenza di tutti i Difensori Civici Nazionali. All’epoca erano circa un migliaio anche se i comuni italiani erano ottomila perché erano presenti anche i Difensori Civici Comunali. Poi è stato soppressa la figura del Difensore Civico Comunale da parte del legislatore che purtroppo con questa scelta ha limitato le garanzie del cittadino. L’ANDCI è il difensore dei Difensori Civici e promotore di Difensori Civici davvero indipendenti con poteri e con mezzi per garantire i diritti del Cittadino. Essa vuole rafforzare i poteri del Difensore Civico per rafforzare i poteri del cittadino. Il Difensore Civico è interventore ausiliario, un amico istituzionale nei confronti di abusi, negligenze e omissioni della Pubblica Amministrazione. Il cittadino,

Il morto in casa

spettacolo per tutti e due gli atti. Penso che questa compagnia possa fare di più, sia come scelta di testi sia come recitazione: non basta ondeggiare sulla scena e fare un paio di “hic” con una bottiglia in mano per interpretare la parte dell’ubriaco… Come ho già scritto altre volte, è importante venire a teatro anche per vedere come recitano altre compagnie: sempre, osser-

vando gli altri, si può imparare. Debole comunque, di per sé, il testo, con le sue scontatissime battute e le storpiature dei termini così esagerate da risultare banali: troppo sfilacciato, mancava di ritmo e la reazione del pubblico è stata evidente: poche risate, chiacchiericcio e mancanza d’attenzione… Aspetto qualcosa di meglio da questa compagnia!

L’ANDCI compie 15 anni mancando il Difensore Civico Nazionale, si può rivolgere direttamente a Civicrazia (civicrazia@civicrazia.org) che è coalizione di quattromila associazioni e quindi riguarda situazioni di ogni tipo oppure può rivolgersi agli indirizzi dei vari Difensori Civici provinciali che sono indicati nei siti delle rispettive province. L’ANDCI da tempo sta battendosi per l’istituzione del Difensore Civico Nazionale e più volte ha presentato richiesta di istituzione della legge nazionale in Parlamento ma la stessa è sempre stata insabbiata. Inoltre sta affrontando la situazione dei Difensori Civici locali prevedendone l’obbligatorietà, indipendenza e mezzi. Agisce poi nei confronti di ogni caso di mal amministrazione in materia ambientale, sanitaria, scolastica, avendo prodotto l’estensione delle regole di civiltà che si devono all’azione della difesa civica: divieto di uso indi-

scriminato dei cellulari per medici e infermieri in presenza dei pazienti; consegna delle pagelle anche ai genitori separati non affidatari dell’alunno; obbligo d’invio preventivo della pagella ai genitori dei ragazzi bocciati; limite di peso per gli zainetti degli scolari; obbligo della nomina per i vincitori di concorsi pubblici; accesso gratuito alla cura contro l’osteoporosi anche alle persone di sesso maschile; rimborso dei farmaci salvavita acquistati all’estero e introvabili in Italia; no a chi è stato scelto per ricoprire cariche pubbliche senza avere i requisiti giusti; impianti elettrici posti a distanza di sicurezza rispetto alle scuole così come prevedono le direttive europee. Presidente dell’Associazione è l’Avvocato Giuseppe Fortunato, eletto all’unanimità dal Consiglio Nazionale dell’Associazione Nazionale dei Difensori Civici Italiani il 14 settembre scorso

COLLABORIAMO INSIEME Per inviare al nostro settimanale articoli o lettere (soltanto per quelle di cui si richiede la pubblicazione) si può utilizzare l’indirizzo di posta kaire@chiesaischia.it I file devono essere inviati in formato .doc e lo spazio a disposizione è di max 2500 battute spazi inclusi. Le fotografie (citare la fonte) in alta risoluzione devono pervenire sempre allegate via mail. La redazione si riserva la possibilità di pubblicare o meno tali articoli/lettere ovvero di pubblicarne degli estratti. Non sarà preso in considerazione il materiale cartaceo.

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