Kaire 05 Anno III

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Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 3 | numero 5 | 30 gennaio 2016 | E 1,00

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FAMIGLIE E ANNO SANTO Da Piedimonte a Portosalvo e ancora a Forio, continua la peregrinatio delle reliquie dei santi coniugi Martin nelle nostre case: un percorso che ha scoperto tanto dolore, ma che dà gioia, misericordia, pace.

Agricoltura ad Ischia finalmente un soffio di gioventù!

Di Francesco Mattera

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inalmente!, care lettrici e lettori di Kaire, ritorniamo su Made in Ischia, sulle belle realtà della nostra terra, soprattutto a quelle che possono dare un genuino segnale si speranza alle persone che sono alla ricerca di una strada che possa assicurare loro un ruolo dignitoso nel contesto sociale e produttivo della nostra isola. Come componente della Commissione Diocesana per la Pastorale Sociale e del Lavoro, mi sono sempre chiesto come fare per coniugare le pressanti istanze di lavoro provenienti dal mondo giovanile, con la necessità di rinascimento del nostro territorio, e ancor più con gli imperativi che sono sottesi alla necessità della Custodia del creato, che in maniera così forte ci sono stati trasmessi dalla Laudato si’ di papa Francesco. Da qui l’impegno profuso nella ricerca di modelli positivi, direttamente nella nostra realtà, da poter portare come stimolo ed esempio ad altre persone, specialmente a quelle sfiduciate, disorientate ed alla ricerca affannosa di una proprio identità lavorativa. Ricorderete i vari servizi che con questa rubrica vi ho proposto quest’estate: dall’apicoltore Lello Buono di Fiaiano, ai giovani e sorprendenti allevatori di Serrara Fontana, Dome-

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LA TERRA AI GIOVANI La coraggiosa esperienza di tre giovani foriani che - nonostante gli alti studi conseguiti - hanno ripreso le origini contadine delle loro famiglie. Un segnale di speranza nel contesto sociale e produttivo della nostra isola. Questo è MADE IN ISCHIA, l’isola che lavora, l’isola che produce

COMUNICAZIONI SOCIALI A tu per tu con Falasca e Chianese, due giornaliste di Avvenire. Lagnese: “la comunicazione come luogo per creare ponti”.

ESERCIZI SPIRITUALI DI GIOVANI E FAMIGLIE La parrocchia di S. M. Assunta in Ischia Ponte si “ritira” per formare, purificare, guarire, allenare le anime.

VEGLIA ECUMENICA A BUONOPANE

LA STORIA SIAMO NOI

Una grande partecipazione di fedeli ha riempito la chiesa di S. Giovanni Battista per testimoniare l’unità della Chiesa.

I forni della salute, per la produzione del pane sulla nostra isola: un antico mestiere in continua espansione.


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In Primo Piano 30 gennaio 2016

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Comunicazione e misericordia

ad Ischia un incontro fecondo Di Giuseppe Galano

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anno accolto l’invito a partecipare all’incontro i rappresentanti delle più importanti testate giornalistiche isolane e tante persone appassionate di comunicazione e giornalismo. Per l’occasione è stato presentato il messaggio di Papa Francesco sulla prossima 50° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, l’unica giornata mondiale voluta dal Concilio Vaticano II, celebrata la domenica che precede la Pentecoste (quest’anno cade l’8 maggio). “Comunicazione e Misericordia: un incontro fecondo”. Questo il titolo del messaggio del Santo Padre. La scelta del tema di quest’anno è chiaramente determinata dalla celebrazione del Giubileo Straordinario della Misericordia, e senza dubbio il Papa ha voluto che la Giornata Mondiale delle Comunicazioni offrisse un’occasione propizia per riflettere sulla sinergia profonda tra comunicazione e misericordia. Il Tema evidenzia che una buona comunicazione può aprire uno spazio per il dialogo, per la comprensione reciproca e la riconciliazione, permettendo che in tal modo fioriscano incontri umani fecondi. In un momento in cui la nostra attenzione è spesso rivolta alla natura polarizzata e giudicante di molti commenti sui social network, il tema vuole concentrarsi sul potere delle parole e dei gesti per superare le incomprensioni, per guarire le memorie, per costruire la pace e l’armonia. “I mezzi di comunicazione sono un luogo dove si può fare esperienza di tenerezza e misericordia. Dovrebbero coniugare verità e giustizia con tenerezza e misericordia”. Con queste parole, tratte dal messaggio di Papa Francesco don Carlo Candido da inizio al momento di incontro prima di introdurre Stefania Fala-

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sca, valente giornalista vaticanista ed amica di vecchia data del Pontefice. La dott.ssa Falasca ha analizzato il messaggio in maniera molto dettagliata ed è stata alquanto abile nel catturare l’attenzione della platea donando aneddoti e testimonianze sui suoi molteplici incontri con Bergoglio. “Non ero mai stata ad Ischia, è bello vedere in questa realtà così tanta partecipazione. Il Cristianesimo è l’annuncio del Vangelo. Il messaggio centrale per il Cristiano è Gesù Misericordia. Francesco ha posto questo aspetto come priorità assoluta, mettere al centro la Misericordia”. La Falasca afferma che la vera rivoluzione del Papa sia stata la predicazione, ossia mettere al centro l’annuncio del Vangelo. “In un mondo frammentato, diviso, dove regna la globalizzazione dell’indifferenza, Papa Francesco dice che la parole possono gettare ponti tra le persone. La comunicazione ha il potere di favorire l’incontro e l’inclusione arricchendo la società ”. Dal messaggio emerge che l’ascolto è una parola chiave. “Senza capacità di ascolto non vi può essere comunicazione. E’fondamentale ascoltare più che udire. Ascoltare vuol dire

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anche essere capaci di condividere, mettersi umilmente al servizio del bene comune”. La comunicazione non deve creare odio. “Non vi è peggiore comunicatore di chi crede di saper tutto”. Segue l’intervento di Valeria Chianese, corrispondente di Avvenire dal territorio campano. Esperta di cronaca, segue fin da sempre le problematiche della regione soprattutto per quel che riguarda Terra dei fuochi e zone devastate dall’azione della camorra. La dott.ssa Chianese si definisce giornalista di strada che punta molto sull’ascolto; parla tanto con le persone raccontando la vita cercando di arrivare alla verità,una verità che non è mai assoluta.”Spesso per chi lavora in un quotidiano capita che manchi la voglia di scrivere ma bisogna sforzarsi di farlo. Occorre avere il senso di non sentirsi mai arrivati, ma sempre in gavetta”. La giornalista ci parla delle 25 Diocesi presenti in Campania le quali fanno tanta fatica a dialogare tra loro, sottolineando come Ischia, pur piccola, sia una Diocesi molto aperta rispetto a tante altre presenti sul territorio regionale, isolate, chiuse, confinate.

Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

La Chianese, nel suo lavoro quotidiano, cerca di raccontare quella che è la realtà cercando sempre il bene, le cose buone. “Spesso si è pigri e non si cerca il bene, non lo si vede. Le cose che non ci intercettano personalmente non le consideriamo.” Nel 2004-2005 , durante la faida di Scampia, vi furono 70 morti ammazzati in un solo mese, tuttavia la domenica non si uccideva. “Non dimenticavo mai chi moriva, innocente o no era un essere umano”. La Chianese conclude il suo intervento affermando che occorre essere sempre vigili su quello che accade e ribadisce un concetto espresso da Papa Francesco nel suo messaggio: la prossimità può cambiare il mondo. La parola passa poi al Vescovo Lagnese che con tono di voce pacato e fermo allo stesso momento ribadisce che chi fa comunicazione ha una grande responsabilità ed afferma che dallo stile del Papa, semplice e non semplicistico, è possibile capire come fare comunicazione. “Quali sono gli obiettivi della comunicazione? Trovare le modalità giuste con le quali dire le cose. Vi è modo e modo per dare una notizia. Occorre che tutti facciano la

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In Primo Piano kaire@chiesaischia.it

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Lunedì 25 gennaio alle 11:30 in Episcopio, in occasione della festa di San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti, si è svolto un incontro con le giornaliste Stefania Falasca e Valeria Chianese del quotidiano Avvenire promosso dall’UfficioComunicazioni Sociali della Diocesi. All’evento era presente anche il nostro Vescovo Pietro Lagnese

loro parte. A volte sembra sfuggire che l’obiettivo della comunicazione sia quello di generare ponti”. Il Vescovo invita a pregare molto per i giornalisti i quali hanno una grande responsabilità, nel bene o nel male, contribuiscono a creare opinione e provocano danni se non cercano umilmente di capire, ascoltare, mettersi in sintonia. “La comunicazione prevede capacità di ascolto ed attenzione nel capire il bene. La cultura del conflitto non aiuta”. Per Mons. Lagnese è fondamentale mettersi in ascolto del messaggio del Santo Padre. “Se ci riappropriamo del senso di umiltà possiamo contribuire tutti nel piccolo e nel grande per far crescere la cultura della fraternità. Tutti dobbiamo metterci umilmente in ascolto dell’altro. Questo non vuol dire non raccontare le cose. Il giornalista deve avere a cuore il compito della denuncia fatta in un certo modo, seguendo le regole”. Egli afferma come a volte si preferisce dire solo quello che in un determinato momento è conveniente. “Come far comunicazione come Chiesa? Il nostro giornale Kaire, nonostante tutto, va avanti con difficoltà e passione. Evidenzia il bene ed il positivo. Racconta il bello non perché non interessa il meno bello. La vita è fatta di chiaroscuri, è importante evidenziare il positivo che è più del seppur tanto negativo”. Egli invita a perseguire questa strada nella comunicazione, a raccontare con umiltà la verità con l’obiettivo di costruire ponti e non innalzare muraglie. Andrea Di Massa


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Ecumenismo 30 gennaio 2016

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PREGHIERA ECUMENICA ISOLANA

L’unità prima di tutto Anche quest’anno ad Ischia, come di consueto, nell’ottavario dell’unità dei cristiani, si è svolta la preghiera ecumenica isolana. Questa volta si è celebrata nel decanato di Barano – Serrara Fontana nella chiesa di S. Giovanni Battista a Buonopane. Di Cristina Trofa e Giuseppina Attore

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hiamati per annunziare a tutti le opere meravigliose di Dio” è questo il passo tratto della prima lettera di Pietro (2,9), scelto dal Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, per riflettere su come vivere e costruire l’unità visibile della Chiesa. Il tema quest’anno è stato proposto dalle comunità ecclesiali della Lettonia, ed è proprio qui, nella cattedrale luterana di Riga, che si trova il fonte battesimale più antico al mondo. Nelle settimane che hanno preceduto la veglia, la Commissione Ecumenica diocesana si è incontrata con membri della chiesa luterana e dell’Esercito della Salvezza, insieme ai rappresentanti dei vari movimenti cattolici presenti sull’isola, per cercare di prepararla al meglio sia con letture e preghiere che con segni che rendessero visibile la nostra uni-

ca chiamata battesimale e le opere meravigliose di Dio. Contemporaneamente anche il coro, ogni anno formato da persone diverse (tra parrocchie e membri dei vari movimenti) si è visto più volte per decidere insieme e provare i canti più adatti alla liturgia. Finalmente si è giunti alla sera del 21 gennaio, fredda ed umida ma non nella piccola Chiesa di Buonopane, dove, gremita di persone molto diverse tra loro, batteva un cuor solo e un’anima sola. Insieme al Vescovo padre Pietro Lagnese, erano presenti per la prima volta il presbitero ortodosso Florin Bontea e la pastora luterana Kirsten Thiele. Presenti anche gli amici dell’Esercito della Salvezza. Durante la processione iniziale sono stati portati ai piedi dell’altare dei sacchi con del sale ed una lampada accesa, segni del nostro voler essere sale della terra e luce del mondo per poter proclamare a tutti “le opere meravigliose del Signore.”


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Ecumenismo

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“E’ proprio attraverso il battesimo che siamo un unico popolo di Dio. Questo Sacramento, infatti, ci rende tutti fratelli, uniti in Cristo. Il battesimo – commentava la pastora Kirsten - non deve essere visto solo come un atto personale tra l’uomo e Dio, ma è quel sacramento che ci incorpora nella chiesa, nel popolo di Cristo. Siamo un popolo regale di sacerdoti e, come tale, abbiamo il compito di portare davanti a Dio tutto il mondo, affidandolo alla sua misericordia”. Il presbitero Florin ha invece posto l’accento su Isaia (55, 1-3): Dio è il padre buono che protegge e ama i suoi figli indifferentemente, che essi siano ortodossi, luterani o cattolici. Ciascuno deve imparare a dialogare con il Padre, attraverso la preghiera. E se è vero che siamo tutti fratelli, ad ognuno spetta il compito di aiutare i fratelli che sono nel bisogno, anche solo attraverso un sorriso o un abbraccio. Fulcro della riflessione del vescovo Lagnese è stata l’unità, un dono che va chiesto al Padre, per poter essere il popolo che annuncia le opere meravigliose di Dio, ed è proprio attraverso l’ascolto della Parola che possiamo accogliere il dono dello Spirito e sperimentare che Dio già ci ha donato tutto attraverso Gesù. Ecco allora che il passo sulle beatitudini, Matteo (5, 1-16), può essere riletto non in chiave moralistica, ma con la fiducia e la convinzione che Gesù Cristo è venuto per fare di noi un popolo che annuncia le opere meravigliose del Padre. Se ci metteremo nell’accoglienza del dono dello Spirito, diventeremo ciò che già siamo per mezzo del battesimo: il sale della terra, la luce del mondo. La celebrazione ha visto poi il rito di impegno a voler essere, nella vita di ogni giorno, il sale della terra e la luce nel mondo attraverso

il segno di gustare un po’ di sale e l’accensione di candele da un’unica fiamma posta sull’altare da parte di ogni partecipante. E’ stato molto emozionante quando, spontaneamente, i ministri sono andati tra i banchi fino in fondo alla Chiesa ad accendere con le proprie candele quelle di tanti che non riuscivano ad arrivare all’altare. E’ stato un gesto che ha commosso tutti i presenti. Significativo anche lo scambio della pace: gli abbracci sinceri tra i pastori ed i fedeli dimostravano che non ci sono barriere davanti al semplice volersi bene. E la pergamena su cui scrivere il proprio nome e la data del proprio Battesimo, data alla fine della celebrazione a ciascun partecipante, era l’impegno tangibile di ciascuno a far sì che il Battesimo non sia un ricordo lontano o un certificato morto, ma significhi l’avere la forza di seppellire il passato e guardare avanti insieme. Il Battesimo ci apre ad un nuovo emozionante cammino di fede che ci rende un unico popolo di Dio. Al termine di questa bella settimana, sentiamo di dire un grazie speciale alla comunità parrocchiale di S. Giovanni Battista e al parroco don Franco Mattera, che ha collaborato con vivo spirito di fraternità per rendere possibile tutto ciò, al coro parrocchiale resosi disponibile per le prove insieme ai tanti giunti da varie parti dell’isola ed alle persone della parrocchia che hanno voluto salutare i partecipanti con un gustosissimo buffet. Un grazie particolare va agli ospiti del Centro di prima accoglienza di Forio “Giovanni Paolo II” che, nonostante tutte le difficoltà, sono riusciti a partecipare numerosi.

FEBBRAIO 2016

Calendario dei prossimi appuntamenti diocesani - Lunedì 1°: incontro di preghiera dei consacrati ore 19.45 – 21.00, Chiesa Cattedrale. L’incontro è aperto a tutti. - Martedì 2: Giubileo diocesano della Vita Consacrata e chiusura dell’Anno della Vita Consacrata ore 18.00 raduno nella chiesa dello Spirito Santo; ore 18.30 S. Messa in Cattedrale. - Domenica 7: Giornata nazionale per la Vita: “La misericordia fa fiorire la vita”. - Lunedì 8: IV catechesi giubilare diocesana: “Visitare i carcerati” – Don Luigi Ciotti Cattedrale, ore 20.00. - Mercoledì 10: Le Ceneri. Inizio della Quaresima. Concelebrazione mattutina ore 9:30 presieduta dal Vescovo in Cattedrale. - Giovedì 11: Madonna di Lourdes. Giornata mondiale dei malati e operatori sanitari. - Venerdì 12: Preghiera Giovani col Vescovo in Cattedrale, ore 20.30. - Sabato 13: Giubileo diocesano delle famiglie, consegna attestati ai fidanzati che hanno partecipato ai corsi pre-matrimoniali d’autunno e chiusura della Peregrinatio delle Reliquie dei ss. Martin Incontro nella Chiesa dello Spirito Santo, ore 17.00: condivisione dei frutti spirituali della Peregrinatio e presentazione del libretto “30 giorni con Luigi e Zelia”, a cura dell’Autrice, Lidia Lanzione. Giubileo Famiglie. Ore 18.00: dalla chiesa dello Spirito Santo in fila per il passaggio della Porta Santa della Cattedrale; confessioni e recita del s. Rosario; ore 18.30: S. Messa presieduta dal Vescovo, p. Pietro Lagnese; al termine: consegna degli attestati ai fidanzati che hanno partecipato ai corsi pre-matrimoniali d’autunno; consegna dei reliquiari dei ss. Martin ai coniugi della “Fraternità di Emmaus” di Angri. - Domenica 14: I domenica di quaresima. - Giovedì 18: V incontro del corso di formazione su affettività-sessualità col prof. D. Bellantoni: ore 16.00, auditorium Polifunzionale, Ischia. IV incontro del corso mensile nazionale on line sulla preparazione al matrimonio: affettività e innamoramento/II . Episcopio, ore 20.45 – 22.15.

AVVISO PER LA COMUNITà RUMENO-ORTODOSSA L’ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo fa presente che da qualche mese il servizio per la Comunità rumeno - ortodossa sulla nostra isola è affidato al presbitero Florin Bontea che risiede a Napoli. Chiunque avesse bisogno di contattarlo o conoscesse fedeli che chiedono di mettersi in contatto con lui, può rivolgersi alla delegata dell’ufficio, Giuseppina Attore (cell. 3456664719) o in Curia.


Giubileo Misericordia

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PELLEGRINAGGIO PARROCCHIA S.MARIA DELLE GRAZIE IN SAN PIETRO

Emozioni autentiche

Di Emmanuel Buono

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a vera gioia nasce nella pace, la vera gioia non consuma il cuore”. Queste parole, scritte da Mons. Marco Frisina, sembrano aver accompagnato la parrocchia di Santa Maria delle Grazie in San Pietro lungo tutte le fasi del suo pellegrinaggio alla Porta Santa della Cattedrale di Ischia, che ha avuto luogo lo scorso lunedì 25 gennaio, nell’ambito del Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco. Gioia ed emozioni che sono state vissute da ogni partecipante a livello interiore, senza banali esteriorità e ostentazioni, e che, proprio per questo, si sono rivelate più profonde e autentiche. E’ stato particolarmente toccante, infatti, poter constatare il clima di raccoglimento e di intensa preghiera che ha caratterizzato la processione penitenziale, partecipata da un numero rilevante di persone e culminata col canto dell’Inno della Misericordia

all’esterno della Porta Santa; la naturale predisposizione dei bambini nell’accostarsi al sacramento della penitenza; l’amore e la generosità della comunità che trasparivano dal servizio all’altare e dalla processione offertoriale; la calda atmosfera creata dalle melodie del coro, che ha favorito ancor di più i momenti di preghiera e di riflessione personale. Tutto ciò ha permesso a Don Agostino Iovene e alla parrocchia di San Pietro di recepire con prontezza di spirito l’invito del Vescovo Pietro a vivere il Giubileo della Misericordia in maniera autentica, tanto nel servizio prestato all’interno delle “mura domestiche” quanto nelle relazioni con il “mondo esterno”. In questo senso, l’augurio è che questa comunità possa davvero far propria la metafora della rete del pescatore, segno di collaborazione e di unità, che accoglie il prossimo nel suo abbraccio di fraternità e di pace.

PROSSIMI PELLEGRINAGGI PARROCCHIALI ALLA CATTEDRALE 04 febbraio

parrocchia San Sebastiano Martire (Forio) 08 febbraio

parrocchia San Vito Martire (Forio)


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Giubileo Misericordia della

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I pellegrini delle parrocchie, in silenzio e in preghiera, entrano per la Porta Santa, per cercare pace, gioia, unitĂ , misericordia.

In pellegrinaggio verso la misericordia Parrochia S. Antonio Abate

Parrochia S. Ciro martire

Parrocchiale San Domenico in SS. Annunziata


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RUBRICA: LA MISERICORDIA E IL CONCILIO

6. IL VATICANO II un concilio anche teologico Di don Pasquale Trani Delegato vescovile per la pastorale

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bbiamo visto nel precedente articolo come il Concilio fu concepito in modo forte e cosciente come concilio “pastorale” e ho cercato di illustrarne le tracce. Ma ora ci chiediamo: è solo un concilio pastorale o non anche teologico? E questo ha qualche influsso sulla misericordia come concetto-chiave del pontificato di Francesco e del suo recupero del concilio nell’anno santo? Forse a esprimere meglio la portata anche teologica del Concilio Vaticano II è il concetto di rivelazione presentato dalla Dei Verbum, che trova poi nella Sacrosanctum Concilium il “senso teologico della liturgia”. E’ infatti nella presentazione del Mistero di Dio, autorivelatosi a noi e celebrato dalla liturgia, che questo è colto nell’ottica della comunicazione trinitaria che Dio fa di Se stesso all’uomo nel tempo e nella sua storia. Non è un dato scontato e ovvio! Dio, propter nos nomine et propter nostram salutem, si intrattiene con noi “come amici per invitarci alla piena comunione con Sé” (cf. Dei Verbum, 2). La equivalente affermazione sul piano antropologico la troviamo nella Dichiarazione Dignitatis humanae (7/12/1965), circa la libertà religiosa: ogni persona ha un diritto inalienabile ad autodeterminarsi nella sua relazione nei confronti di Dio e della sua rivelazione. Queste affermazioni che sembrano piuttosto lontane dal vissuto nostro gettano invece luce su quel che “forse” è un dato acquisito per noi oggi, a 50 anni dal concilio. In realtà 50 anni fa (e forse ancora oggi) il dettato conciliare getta le basi per comprendere in che consista la misericordia esibita da Gesù: la vicinanza del Padre che si fa vicino, grazie al Figlio, non solo in generale ad ogni uomo ma anche a ciascun singolo uomo che sente un anelito, un richiamo ad una verità trascendente la realtà umana relativa e limitata. Non a caso Giovanni Paolo II avrà modo di precisare nell’ enciclica Dives in misericordia (30/1171980) che il principio teologico forse più importante del Vaticano II sta proprio nella coniugazione tra i “diritti” di Dio e i “diritti” dell’uomo, tra il teocentrismo medievale e l’antropocentrismo e soggettivismo moderno (cf. DM, 1). E’ la visione di Gesù, offerta dal Vaticano II, come mediatore e pienezza di tutta la rivelazione (cf. Dei verbum, 2) che permette questa “cerniera”; è Lui che “rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et spes, 22). Dunque è la chiave cristologica a mettere insieme oggettività della verità con quel cammino pro-

Dopo aver tratteggiato gli elementi che definiscono “pastorale” il Concilio Vaticano II, l’autore propone delle ragioni a favore di una caratterizzazione anche teologica dello stesso concilio. prio, personale, a volte faticoso e unico, di ciascun soggetto, di ciascuno di noi, che può accogliere la vicinanza di Dio che si fa in Cristo Gesù per ognuno amore e misericordia. Bisogna aggiungere che per completare questo fondamento teologico, o più precisamente cristologico, declinato in chiave trinitaria, si deve guardare al fondamentale dato della relazione. E’ forse la relazione la grande acquisizione che la riflessione trinitaria ha donato a tutta la Chiesa nel concilio e nel post-concilio accanto agli importanti contributi che contemporaneamente arrivavano dalle scienze umane (psicologia, sociologia…). Nasce non a caso una antropologia trinitaria che guarda al Cristo e si rifà alla dottrina trinitaria definita dai concili del I millennio: “Il Signore Gesù, quando prega il Padre «perché tutti siano una cosa sola, come io e te siamo una cosa

sola» (Gv 17, 21), aprendoci prospettive inaccessibili alla ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra l’unione delle Persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nell’amore. Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé.” (enciclica Dominum et vivificantem, 59). Con queste parole di Giovanni Paolo II del 1986 si comprende come la relazione sociale, in quanto costitutiva e perciò espressiva dell’essere persona in Cristo, assume definitivamente consistenza teologica e salvifica, destituendo di ogni fondamento tanto l’attitudine alla “fuga mundi” quanto quella d’ogni fondamentalismo cristiano! Per continuare il dialogo con l’autore: pasqua.trani@gmail.com


Punti di Vista

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Di Franco Iacono

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Il 17 di marzo cadrà il 40° anniversario della scomparsa di Luchino Visconti: un autentico maestro, che, con la sua arte ha segnato, con un marchio indelebile, il mondo del cinema, del teatro, della lirica. Come si sa, Luchino Visconti elesse l’Isola d’Ischia, Forio in particolare, a sua seconda “patria”: non a caso ha voluto che le sue ceneri riposassero nel Parco de La Colombaia, la sua residenza preferita. Non si può rinunciare a celebrare questo anniversario, il 17 di marzo prossimo. Luchino Visconti, autentico “patrimonio dell’umanità”, appartiene un poco anche alla nostra terra, che ha illustrato con la sua arte e la sua presenza, ed ora la segna, non solo simbolicamente, con le sue ceneri. Da tutto il mondo vengono a rendere omaggio a quelle ceneri ed alla sua memoria, trovando tristemente chiuso l’ingresso della Colombaia e del parco. Recentemente, ho avuto la possibilità di accompagnare un gruppo di ben 18 giapponesi, venuti apposta a rendere omaggio al grande regista, così come ho potuto accompagnare Umberto Orsini, che dimorò alla Colombaia, e fu interprete dell’ultimo lavoro teatrale di Luchino Visconti. Per tutti una grande tristezza per le condizioni della residenza e per la sua chiusura. Ho speso notevoli energie al tempo del mio impegno istituzionale, coinvolgendo importanti personalità (cito solo Valery Giscard d’Estaing, allora collega di Parlamento europeo) per ottenere dal governo il vincolo ex lege 1089 del 1939 onde impedirne ogni utilizzo speculativo. In questi giorni con una lettera aperta, ho chiesto al Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ed al suo consigliere per i Beni Culturali, Sebastiano Maffettone di assumere tutte le iniziative possibili per celebrare Luchino Visconti nel 40° anniversario della morte. Sarebbe un delitto non cogliere questi appuntamenti, ai quali sicuramente altri, in Italia e non solo, penseranno. Le forme non sono difficili da individuare, così come non credo ci possano essere problemi di risorse da parte della Regione Campania. Si potranno coinvolgere importanti energie, che sicuramente saranno disponibili, a cominciare dai “fondatori” dell’antico percorso, da Luigi Covatta a Maurizio Scaparro, e poi da Caterina D’Amico a Piero Tosi ed allo stesso Umberto Orsini, fino ai “miti” viscontiani viventi, come Alain Delon, Claudia Cardinale, Franco Zeffirelli, Helmut Berger, Adriana Asti, Giorgio Albertazzi, che di Luchino Visconti fu amico

Visconti, il Metrò del mare, Papa Francesco e Rouhani vero. E se ci sarà da dare una mano, non mi sottrarrò. 2. Titola Il Mattino di martedì 26 di gennaio “Dopo quattro anni riaprono “Le vie del Mare””. L’ottimo Antonino Pane ricorda che “il Metrò del mare fu il fortunato slogan coniato tanti anni fa dall’allora assessore ai Trasporti Franco Iacono”. Non furono soltanto slogan felici, ma trovarono concreta attuazione dal 1986 – cominciammo con l’aliscafo per Sorrento e poi ancora fino a Positano e fino al Cilento – e rispondevano ad una precisa strategia: assicurare una diversa fruizione del territorio della Regione, e non solo delle sue Coste e delle sue Isole. Mi piaceva dire: andiamo sul Vesuvio… via mare! A Torre del Greco in aliscafo e poi, su gomma, fino alla costruenda, e già deliberata, Funicolare del Vesuvio e quindi fino al cratere. Ora, se il Presidente De Luca riprende quella strategia, pur in dimensioni ridotte e “mirate”, insieme alla realizzazione del progetto antico della Funicolare del Vesuvio, ne sarò felice e, con me, milioni di cittadini, campani e turi-

sti, che amano la nostra terra e le sue portentose bellezze. Se poi il Presidente De Luca riprenderà anche il “Metrò del Mare dell’Isola d’Ischia”, che coinvolgeva anche il Porto della Chiaiolella a Procida, sarò ancora più contento. Una opportuna politica tariffaria, che recuperi l’antica “carta del turista”, potrà agevolare il successo delle rinnovate “vie del mare” e rendere un utile servizio al Turismo. I sindaci dell’Isola d’Ischia ci pensino! 3. Questo Papa entusiasma ed alimenta la speranza di un Mondo migliore: accoglie il leader iraniano Rouhani, sarà alle celebrazioni del 500° anniversario dall’inizio della riforma di Martin Lutero, insieme ai Protestanti; ha aperto canali importanti con la Cina sulla spinosa questione della nomina dei Vescovi; è andato nella Sinagoga a Roma e presto andrà nella Moschea; solo qualche mese fa era stato determinante per chiudere la questione Cubana e restituire quell’Isola a normali rapporti diplomatici e commerciali. Un concerto di iniziative e di segnali significativi, tutti in una sola direzione: assicurare la Pace e la Libertà nel Mondo!


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Parrocchie 30 gennaio 2016

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Gli esercizi spirituali La parrocchia di Santa Maria Assunta in Ischia Ponte, si “ritira”

Giovani

“Va e ripara la mia casa…” Di Silvia Pugliese

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on queste parole Don Carlo ci ha dato il benvenuto, lasciandoci con qualche interrogativo… Andavamo ad Assisi, terra di Francesco, il più santo tra gli italiani e il più italiano tra i santi, a cui Dio aveva chiesto di sanare il cuore della Sua Chiesa. Ma da noi cosa voleva? Qualcuno ci rideva su queste parole “dobbiamo forse ristrutturare qualche appartamento? Cerca operai, imbianchini e falegnami?”. Ebbene in quattro giorni di preghiera intensa, adorazione e Lode a Gesù, con grande sorpresa abbiamo scoperto di quale “casa” stava parlando, quel Gesù che ci aveva voluti lì tutti insieme, tutti e 45, in quel posto così accogliente e dalla pace quasi tangibile, proprio alle spalle della Porziuncola, luogo di partenza del nostro amato grande santo. Quattro giorni, per aprire il cuore, sentirsi chiamati, coinvolti, alcuni per la prima volta, altri come se fosse sempre la prima volta. Per sentire l’abbraccio di Gesù, quel suo sguardo che ci chiama e ci chiede di scendere dall’albero, come per Zaccheo, perché Lui, il figlio di Dio, vuole fermarsi proprio con noi, con i nostri peccati e la nostra miseria. Quattro giorni per toccare con mano la Sua misericordia, la Sua saggezza e dolcezza infinita, che dopo un anno difficile, di dolore, di speranze tradite, di promesse non mantenute, di peccato, di rumore e di caos. E davanti a Gesù Eucarestia abbiamo imparato a mettere nelle sue mani tutte le nostre ferite, a perdonarci, e a chiedere perdono a tutti, anche a chi non sapevamo di portare rancore. E allora tra le lacrime e la lode più sincera, finalmente è venuto alla luce quello che era il suo progetto per questi 45 giovani, in questi giorni di inizio anno: Va e ripara la MIA CASA, cioè il TUO CUORE… è il nostro cuore la sua casa, il luogo dove vuole abitare, e che vuole riparare, guarire, risanare e ricucire dagli strappi più dolorosi, dalle ferite grandi e piccole che ci portiamo dietro, e che ci fanno essere “invalidi”, inabili, incapaci di amare, e ci fanno perdere di vista l’unico grande nostro bene, il Signore. Sei tu Signore l’unico mio bene, con la tua infinita misericordia, che quest’anno, come non mai, continui a mostrarci. E per questo Suo immenso dono, non si può non dire grazie! Un ringraziamento che sembrava non voler finire mai, davanti a Gesù Eucarestia, abbiamo trovato mille motivi per dirgli grazie, tanti motivi diversi eppure validi per ognuno di noi, tanto è vero che non si faceva in tempo a pensare un motivo di gratitudine, che un compagno di viaggio

lo diceva a gran voce! Che meravigliosa grazia! E ancora grazia su grazia, tanti volti nuovi, persone conosciute da poche ore, con cui abbiamo aperto il cuore senza fatica, condividendo le ferite più dolorose del nostro passato, e stringendo dei rapporti che ci terranno legati per sempre. Infine, una grande consapevolezza comune: la grande grazia di aver incrociato il cammino con tante anime sorelle, che dal loro grande dolore, vogliono guarire, ripartire e costruire un mondo nuovo, che sa perdonare, che sa ricominciare, che sa AMARE. Molti hanno voluto condividere quello che lo Spirito ha cambiato nella propria vita, grazie a questo ritiro, non basterebbe un libro per dire tutto quello che c’è da dire, ma abbiamo voluto condividere solo alcuni pensieri, perché si sappia quanto è grande la Misericordia di Dio e quanta speranza vuole dare ai giovani, per quelli che l’hanno incontrata e quelli che leggeranno. “Mi sono chiesto cosa cerco e chi sono? Essere un santo, ecco cosa voglio, spendere la mia vita per questo! Certo ci vuole coraggio, il coraggio di restare in silenzio e scavarti dentro per fare quelle scelte che ti cambiano la vita!” “Fare esperienza di Gesù ti fa sentire sazia senza aver mangiato, ti fa sentire migliore anche se spesso hai sbagliato, mi sento come quando mia mamma mi ha messa al mondo, con un cuore puro e tenero, e voglio essere sempre così.” “Sentirsi amati da Gesù ti da una forza sorprendente, ti senti libero da ogni male e arrabbiatura, con segni evidenti sul volto di tutti! Ho condiviso tutto questo con ragazzi straordinari, pieni di sincerità ed umiltà, pronti a darsi forza l’un l’altro fino a sentirsi tutti una grande famiglia.” “Ho capito che quella che ero non ero io, ma solo quello che gli altri volevano che fossi. La parola giusta per questi giorni è che sono RINATA” “Mi sento così piena di cose belle che quando sono tornata a casa ho parlato per ore. Mi auguro che gli altri si accorgano del mio entusiasmo, mi sento tanto libera, forse solo ora sento che è stato tagliato quel ramo su cui mi poggiavo e mi sono accorta di avere le ali per volare… e forse per la prima volta ho visto i miei genitori veramente orgogliosi di me” “Sono partito come un auto con le ruote sgonfie e senza benzina, che percorreva ogni giorno la stessa strada senza pero avere più una direzione. Ora voglio entrare nella mia vita e viverla in pieno, non voglio più narcotizzare la mia coscienza, ero cieco e ora voglio vedere, e sono disposto ad accettare ciò che vedrò, perché il vero cristiano non è nelle 4 mura della chiesa, ma fuori!”


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Parrocchie

30 gennaio 2016

kaire@chiesaischia.it

dei giovani e delle famiglie per formare, purificare, guarire e incendiare d’amore…e “allenare le anime” per affrontare il nuovo anno.

FAMIGLIE

“Scalatori sospesi nell’abisso della misericordia” Di Filomena Ungaro

G

iovedì 21 gennaio è partito dall’isola d’Ischia un folto numero di fedeli diretti a San Giovanni Rotondo per l’annuale appuntamento degli esercizi spirituali. Circa 46 coppie, di cui tantissime seguite dai propri figli, hanno lasciato le abituali occupazioni per dedicarsi ad un lavoro interiore di spiritualità coniugale con il dialogo in coppia e con confronto in gruppo. Questa ”allegra brigata” è formata da coppie eterogenee, diverse alla prima esperienza, altre assidue nel tempo ma tutte desiderose di riscoprire la propria ricchezza di vita coniugale e di aprirsi ad un dono di condivisione e di testimonianza. Hanno incontrato la guida degli esercizi spirituali, l’amatissimo padre Alfredo Feretti nel Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, anch’esso Porta Santa dell’Anno della Misericordia. All’ingresso della Basilica, sull’arco che sovrasta le porte, vengono riportate le parole pronunciate dallo stesso San Michele al vescovo San Lorenzo Maiorano in una delle sue apparizioni “Dove si spalanca la roccia, lì saranno perdonati i peccati degli uomini”. E proprio qui, in una cappella collocata in una grotta, luogo rappresentativo di origine e rinascita, i nostri pellegrini in silenzio e raccoglimento hanno atteso per accostarsi al Sacramento della Riconciliazione e sperimentare ancora una volta il perdono di Dio per i propri peccati. La celebrazione Eucaristica intensa e raccolta si è conclusa con l’Atto di Affidamento delle famiglie all’Arcangelo Michele. Il “Centro di Spiritualità Padre Pio” ha accolto i nostri pellegrini in una moderna ed elegante struttura, vera osai di pace e raccoglimento per vivere, sulle orme di San Pio, un’autentica esperienza di arricchimento spirituale. Nel primo pomeriggio Padre Alfredo Feretti, missionario Oblato di Maria Immacolata e direttore del Consultorio “La Famiglia” di Roma, ha presentato l’argomento che avrebbe fatto da sfondo a tutti gli incontri dei giorni a seguire, cioè la “Misericordia”. Padre Alfredo ha subito attirato l’attenzione delle coppie, presentando una metafora, quella dello scalatore. Quando si va in montagna è fondamentale avere chiara la mèta: pena lo smarrimento, lo scoraggiamento e la rinuncia. A volte può capitare di doversi fermare mentre la vetta è ancora lontana e bisogna organizzare una tappa appesi alle corde, abbarbicati alla parete a passare la notte sospesi sull’abisso. Il nostro tempo ci vede come “uomini in parete”, aggrappati sull’abisso: abisso sotto di noi con tutti i volti della condizione umana, dove si sente la mancanza di Dio e c’è un indurimento del cuore e assenza del senso dell’uomo. L’abisso sopra di noi con le cascate della misericordia, è la mèta che ci attira, che ci fa osare di addormentarci sospesi nel vuoto, saggiando di tanto in tanto gli agganci, la tenuta delle corde, in un atto di fiducia in Colui che sembrerebbe inaffidabile; è un abisso rivelato, attraverso Gesù, che chiede la nostra adesione. Il padre, a questo punto, invita i presenti a chiedersi se ci sono stati momenti della loro vita in cui si sono sentiti “sospesi” e a che cosa si sono “aggrappati”. Attraverso meditazioni approfondite su parabole conosciute come “Il buon Samaritano”, e incontri come “La chiamata di Levi”, ”Marta e Maria” e le parole di Papa Francesco, Padre Alfredo ha invitato a cogliere la Parola di Cristo per noi, a capire cosa ci voglia dire personalmente e metterla in pratica concretamente. Ha sottolineato come la Chiesa non è una raccolta di “puri” che esclude gli impuri ma è una fraternità di purificati e di assolti. L’Eucarestia non è una ricompensa per sani, per coloro che sono senza peccato, ma mezzo di salvezza per i malati, misericordia

e perdono per i peccatori. Ha evidenziato l’importanza dell’azione e della contemplazione senza contrapposizioni: bisogna stare attenti sia alla Parola di Dio che ai bisogni delle persone, è necessario raggiungere un equilibrio, tenendo a mente che la preghiera è il principio mentre l’azione è il fine. E ancora si è soffermato sulle tre parole-chiave della famiglia: “permesso”, “grazie”, “scusa”, tre semplici parole, ripetute tante volte da Papa Francesco, per entrare proprio nell’amore della famiglia, soprattutto chiedersi perdono, seppur difficile, è necessario e risana, ricompone l’unità spezzata, impedisce che si accumulino silenzi e rancori che si stratificano minando il rapporto di coppia e ci rende capaci di vederci nuovi ogni volta. Nei quattro giorni di permanenza a S. Giovanni Rotondo diversi sono stati i momenti di raccoglimento e preghiera: la celebrazione Eucaristica nel Santuario antico Santa Maria delle Grazie, dove San Pio ha celebrato la Messa e confessato dal 1916 fino alla sua morte; la Via Crucis, che percorre un preciso tratto che sale le pendici del monte Castellano dove le sculture di Padre Pio, della Madonna e di Gesù risorto aumentano il loro valore spirituale e la loro maestosità nel verde della pineta, i tornanti che vengono percorsi si intersecano più volte con un’ampia scalinata, che volge lo sguardo direttamente al piazzale della Risurrezione, dove è collocata la statua di Gesù risorto; nella cripta che accoglie il corpo di San Pio a conclusione della veglia, vissuta nel raccoglimento e nel silenzio, Padre Alfredo ha unto le mani dei coniugi con il nardo, un olio profumato simbolo di fedeltà e di amore immenso: le coppie con gesto simbolico hanno espresso la volontà di perdonarsi a vicenda. Le coppie ritornano a casa consapevoli che il compito principale è quello di arrendersi all’amore di Dio, se è ciò che faremo potremo dire di aver portato a termine fruttuosamente questo corso di esercizi spirituali. Qualche esperienza… “Perdonare non è un semplice atto obbligatorio, ma volontario, mi ha reso più forte di colui che mi aveva colpito. Solo ora capisco che non è stato un cedimento, ma una grazia. E come dice il Signore “Perdonate e vi sarà perdonato”, anche io sono stato perdonato dalla persona più importante della mia vita, ringrazio Dio ogni giorno” “ciò che mi porto dal ritiro, è stato quell’abbraccio che ho sentito durante la veglia, e lo stato di grazia che mi è rimasto” “Abbiamo toccato con mano la grande misericordia di Gesù, e questo ci da la forza, dopo anni di matrimonio, perché ogni giorno sia un giorno nuovo” “…Momento di relazioni umane per noi ISOLANI ISOLATI e inclini all’“isolitudine” […]noi orgogliosi e arroccati nelle nostre TORRI D’ORGOGLIO, feudatari dell’in-comprensione. Ho visto tante persone sacrificare il proprio IO per il NOI, per me una vera e propria scoperta. Dopo 992 giorni di vita sopravvissuta, trascinata, 4 giorni di vita VISSUTA, condotta! TUTTO GRATIS! I soldi pagati non bastano neanche per l’elemosina” “il perdono è il trampolino di lancio per entrare in contatto diretto con Gesù, basta fare un primo passo, gli altri 99 li farà Lui!” “Dopo trent’anni di vita insieme, per la prima volta abbiamo fatto un’esperienza del genere, e grazie a quello che abbiamo vissuto, ci sentiamo ancora più uniti!” “abbiamo respirato l’amore maturo di coppie anziane, caratterizzato dalla costanza che ti fa sentire possibile il superamento di ogni ostacolo, e di coppie giovani, sicure di portare avanti quella scintilla nel futuro.”


12 30 gennaio 2016

GFiubileo amiglie AM nno isericordia Santo della e

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La sofferenza dal calore dei

Da Piedimonte a Portosa

tinua la peregrinatio de

niugi Martin nelle nostr

ha scoperto tanto dolor

di tanti isolani. Ma la sp

dà subito gioia, misericor

“Nel periodo tra il 19 e 26 gennaio i Santi Martin hanno fatto parte della nostra comunità, la parrocchia di San Michele Arcangelo in Forio. Alcune famiglie hanno avuto la gioia e l’onore di ospitare le reliquie, diventando per l’occasione delle piccole chiese domestiche, dove la comunità ha vissuto e condiviso insieme con il parroco Don Pasquale Sferratore momenti di intensa spiritualità familiare. Tantissima è stata la gioia che si respirava, un’aria festosa. Grazie per questa bellissima esperienza e grazie soprattutto ai Santi coniugi Martin per tutta le grazie che hanno ottenuto per noi dal Signore”.


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GFiubileo amiglie AM nno isericordia Santo della e

13 30 gennaio 2016

è ricolmata coniugi santi

alvo e ancora a Forio, con-

“Un momento di grande gioia l’arrivo delle reliquie dei santi coniugi Martin. Emo-

elle reliquie dei santi co-

zionante è stato quando il parroco, don Pasquale Mattera, al centro della chiesa

re case: un percorso che

miglie affidatarie consegnando la missione familiare della peregrinatio. Momen-

re, angosce, depressione

normali attività di una famiglia, come il vociare o il gioco dei bambini. La santità

peranza nei coniugi santi

spesso prendeva la commozione. Il passaggio da una famiglia ad un’altra, fino alla

rdia, pace, amore.

Le reliquie sono arrivate nella parrocchia di Santa Maria di Montevergine accolte dalla gioia dei fedeli e dal parroco don Beato Scotti. E’ stata celebrata la santa messa e successivamente sono state affidate alla famiglia Serpico, i genitori di Adriana, la 17enne vittima di un drammatico incidente lo scorso 5 luglio in località Cuotto a Forio. E’ stato un momento molto emozionante, non sono mancate le lacrime per aver vissuto un momento di santità.

parrocchiale di san Sebastiano in Forio ha stretto attorno alle reliquie tutte le fati intensi di preghiera in famiglia con altre famiglie durante lo svolgimento delle nella quotidianità dei santi Luigi e Zelia ha colpito tutti: leggendo dai loro scritti consegna alla parrocchia di Montevergine, è stata sempre accompagnata a piedi da tutte le famiglie che in questi giorni hanno partecipato.


14 30 gennaio 2016

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territorio MADE IN ISCHIA: L’ISOLA CHE LAVORA, L’ISOLA CHE PRODUCE

Agricoltura ad Ischia finalmente un soffio di gioventù! L’esperienza coraggiosa di tre giovani foriani

Continua da pag. 1 nico Calise e Roberto Mattera, all’agriturismo la Pergola di Giosuè Colella. Tutte realtà già sostanzialmente affermate e grosso modo consolidate sul territorio, mi potreste dire, senza grossi problemi. Beh, anche se non completamente vero, perché anche quelle aziende hanno i loro bravi problemini da affrontare quotidianamente. Tuttavia sostanzialmente sono aziende già avviate, che non partono da zero. Ma ci siamo occupati anche di aziende che pur esistendo già da lustri sul territorio, ora sono impaludate in una grave crisi economica e congiunturale, come i nostri Artigiani del legno! Il dialogo con alcuni di essi e la relativa analisi dei fattori di crisi, pur non risolvendo completamente i loro problemi, ha tuttavia prodotto qualche effetto positivo. Almeno nel grado di reazione degli stessi artigiani, almeno nell’attenzione di alcune persone, tra cui molti lettori di KAIRE, nell’accogliere il messaggio di maggiore sensibilità verso le realtà produttive e delle piccole imprese arti-

giane presenti sul territorio. Mi viene qui di fare un appello dedicato particolarmente ai miei lettori, a quelli tutti di KAIRE: Per favore andate a rileggere quei servizi! E soprattutto estraete da essi il succo, la substantia, avente valore sociale. Riflettete poi su quei messaggi, anche alla luce della Laudato si’, ed anche alla luce del messaggio per l’umanità che in questo Anno Santo ci viene dal Giubileo della Misericordia. Non ho alcuna pretesa dicendovi ciò, sia chiaro. Ma almeno rivendico la prevalenza della sostanza sulla forma! Scrivo infatti non per riempire uno spazio su un giornale, ma per dare qualcosa, e un qualcosa che possa dare un frutto, un risultato, per piccolo che sia! Ma veniamo subito al titolo di questo Made in Ischia. E’ il racconto di una storia semplice, ma che mi conferma nel valore assoluto della Provvidenza! Quella , ho riflettuto a posteriori, non sempre deve andare in soccorso a chi ha una necessità, un problema da risolvere di cui non riesce a venire a capo. Può

benissimo invece proiettarsi direttamente sulla persona (o sulle persone) che quella necessità può colmare, quel problema può contribuire a risolvere, senza che i primi ne abbiano coscienza. E’ una sorta di catalizzazione, che proietta un’aura positiva su persone che nemmeno sapevano di poter interagire positivamente. E’ quello che è successo a Gennaro, Anna e Domenico. I tre giovani sono di Forio e le loro famiglie hanno chiare e consolidate origini contadine. Cosa hanno di tanto speciale questi tre ragazzi? Innanzitutto hanno un livello di istruzione superiore, di assoluto rilievo. Maturità scientifica per Gennaro, laurea in economia per Anna, laurea in Tecnologo della Comunicazione per Domenico. Bene, mi direte, devono cercarsi un lavoro che sia adeguato alla loro preparazione! Certamente questa è stata la loro prima preoccupazione, ma poi ad un certo punto è scattata in loro una prepotente necessità di autoaffermazione. Hanno analizzato coscientemente le varie possibilità, e

dalle innumerevoli riflessioni svolte, hanno tratto dalla storia delle loro famiglie lo spunto decisivo. Il senso di appartenenza ad un mondo, quello contadino, custode di valori antichi colmi di positività a cui attingere a piene mani, e capaci soprattutto di dare un senso vero e pieno alla loro vita. Vi dico cose che loro mi hanno confidato: niente di più , niente di meno! Cosa fare, come coronare questo sogno, realizzare quel progetto? E qui bisogna sfatare un pregiudizio antico e duro a morire: e cioè che l’agricoltura sia il ghetto in cui si emarginano i meno intelligenti, i meno istruiti! Nel caso di Gennaro, Anna e Domenico, la verità sta sulla sponda opposta: sono giovani intelligenti e molto istruiti, e queste loro doti hanno inteso trasfondere nella nobile attività della coltivazione dei campi. “Ci siamo resi conto – dice Gennaro- che in un epoca di grande confusione circa la qualità dei prodotti agricoli, i consumatori ischitani più sensibili chiedevano prodotti genui-


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ni e di sicura affidabilità”. Anna aggiunge: “abbiamo fatto una piccola indagine di mercato, nel nostro stesso paese, esteso anche ad amici, conoscenti e parenti. Ne è uscito fuori che la domanda di prodotti sicuri e naturali, era significativa e crescente, specialmente nelle giovani famiglie con bambini, per la cui salute vi è un’attenzione costante, specialmente dal punto di vista dell’alimentazione”. Ecco, la famiglia che esce allo scoperto in maniera prepotente e sfaccettata: i primi terreni messi a disposizione dei ragazzi sono proprio quelli di famiglia, senza discussione ne ripensamenti, anzi con un incoraggiamento a iniziare e poi a continuare senza remora alcuna. I destinatari privilegiati sono le famiglie che hanno a cuore la salute dei loro bambini, ma, mi suggerisce anche Domenico, “la simpatia immediata e sincera di tante famiglie che, conosciuto il progetto si sono dette entusiaste della nostra idea”. Tocco con mano, io, durante la visita che ho fatto loro la scorsa settima-

territorio

na, alcune applicazioni e soluzioni tecniche e meccaniche che i ragazzi hanno adottato nella coltivazione e nel loro piccolo allevamento di galline ovaiole, e frutto proprio della loro istruzione ed intelligenza. Una conferma a quanto vi ho detto pocanzi! Mi chiamano i ragazzi, poco prima di Natale per chiedermi alcuni consigli di tecnica agraria. Li incontro volentieri e appena dopo l’Epifania mi reco in visita nella loro piccola azienda. Ne rimango straordinariamente sorpreso per l’abilità ed i risultati che ammiro nei loro orti. Mi dicono che vogliono connotarsi soprattutto come orticoltori e produttori di uova che già consegnano ai loro clienti a domicilio. Hanno scelto la strada della naturalità, e mirano ad entrare a pieno titolo nell’agricoltura biologica. Ma non disdegnano la differenziazione della loro offerta con l’allargamento alla frutta, alle conserve alimentari ed anche al vino, se ne nascesse l’opportunità! Mi chiedono consigli di come coltivare talune

cose. Ma presto intuisco che non sono tutte rose e fiori, che c’è qualcosa che non mi hanno detto, perché pensano non sia la persona adatta a risolvere quel tipo di problemi. Poi lo spontaneo dischiudersi. E’ Gennaro che parla: “il nostro problema più serio e la scarsità di terra da coltivare. Con quella che abbiamo non riusciamo a soddisfare la domanda, ma soprattutto non riusciamo a ricavare un reddito soddisfacente che ci permetta di vivere decorosamente”. E Domenico incalza: “abbiamo interpellato tanti proprietari di terreni abbandonati, e le risposte sono di due tipi: o rifiutano di concederci l’affitto per il timore di non riavere più i terreni, oppure quando sono possibilisti, chiedono affitti esagerati che non possiamo sostenere!” “Di questo passo - aggiunge Anna - non sappiamo se avremo la forza di continuare o se sarà meglio abbandonare. Oltre all’incoraggiamento istantaneo ed istintivo a non desistere, compongo il numero di telefono di un mio amico che possiede un ter-

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reno a Lacco Ameno, di poco meno di 1000 mq., e gli chiedo se non sia contento di darlo in affitto ai ragazzi, di cui velocemente spiego la situazione. La risposta è immediata: “ne sono felicissimo, risponde Carmine!” Poi una mia personale promessa: vediamo se la risposta più soddisfacente al vostro problema può venire dalla Diocesi di Ischia. E nella tarda mattinata di lunedì, a conclusione della convegno sulla 50^ giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Gennaro, Anna e Domenico, hanno conosciuto, auspice don Carlo Candido, il nostro Vescovo Pietro a cui hanno raccontato brevemente la loro storia. Saranno anche questi frutti della Misericordia, che certamente si vorrà manifestare nella sua pienezza! Avevo pensato di apporre in chiusura un punto di domanda, ma ci ho ripensato, perché la Misericordia deve nutrirsi soprattutto di Speranza, e quella disdegna le incertezze. Ci lasciamo , cari lettori con il nostro vecchio motto: questo è Kaire, questo è Made in Ischia!


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Società 30 gennaio 2016

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DDL CIRINNÀ COSA C’E’ DA SAPERE Di Alessia Guerrieri

L

e persone, certo, non sono numeri. Ma le cifre aiutano a mettere qualche punto fermo. E soprattutto a definire la platea di riferimento della stepchild adoption, più o meno temperata che sia. Dati precisi di bambini che potrebbero essere interessati alle ‘novità’ del ddl Cirinnà non ce ne sono. Ma esiste un ordine di grandezza che viene fuori dal censimento Istat del 2011: 529, ricordava l’altro giorno l’agenzia Redattore sociale. Queste, infatti, sarebbero le coppie dello stesso sesso con figli tra le 7.513 conviventi. Il numero viene fuori sottraendo ai 16 milioni 648 mila nuclei familiari in Italia quelli monogenitoriali (2 milioni 651mila); dei 13 milioni 997mila restanti la quasi totalità, cioè 13 milioni 990mila, hanno dichiarato di essere eterosessuali. Ma qui la statistica si ferma, certamente molto lontano dai «100mila figli di coppie omosessuali» che viene talvolta citato, a sproposito, nel dibattito serrato di questi giorni. E sostenuto più volte anche dal Corriere della Sera. In più gli italiani, cinque anni fa, furono molto chiari anche sull’adozione di un bambino da parte di omosessuali. Chiudendo

Stepchild

una battaglia per soli 529 casi

totalmente – 4 su 5 – a questa possibilità. Anche i giovani tra i 18 e i 34 anni, di solito più disponibili alle novità, in misura superiore ai tre quarti. Al di là, comunque, dell’opinione diffusa tornano in aiuto i numeri per arrivare alla conclusione che l’articolo 5 del ddl Cirinnà nasconda in realtà la volontà di far rientrare dalla finestra una pratica vietata in Italia: l’utero in affitto. Per capire, infatti, quanto la cifra dei 100mila bambini sia campata in aria, basta confrontarla con le statistiche ufficiali degli altri Paesi. Una comparazione fatta più volte anche da Manif pour tous Italia. Anche negli Stati considerati su que-

sti temi ‘all’avanguardia’, il numero dei figli che vivono nella stessa casa di coppie omosessuali non si avvicina neppure alla cifra a cinque zeri. In Gran Bretagna, il censimento 2014 ha dimostrato che su 84mila coppie same sex, 9mila hanno figli. Negli Stati Uniti sono 200mila, ma su una popolazione di 318 milioni di abitanti. Un po’ improbabile, perciò, che in Italia siano 100mila su 59 milioni. Nel nostro Paese l’Istat certifica che ci sono almeno 529 coppie dello stesso sesso con figli che convivono. Il numero dei minori però può essere solo stimato. Se si pone il criterio di 1,5 figli

(anche più della media nazionale) per coppia si sale a 793, se si ragiona invece su due figli per coppia si arriva a 1.058. Pur considerando così la quota dei bambini che vivono con coppie gay che hanno scelto di non dichiarare l’orientamento sessuale – il 15% secondo l’istituto di statistica – i risultati continuano ad essere infinitamente sotto 100mila. Se non bastasse, si può prendere in considerazione pure l’indagine di ormai 10 anni fa dell’Arcigay Modi. Di. Lo studio arriva a ipotizzare che il 5% della popolazione omosessuale abbia un figlio. Se per l’Istat gli omosessuali in Italia sono un milione, allora 50mila persone nel nostro Paese avrebbero un genitore omosessuale (la gran parte frutto di relazioni eterosessuali precedenti). Per arrivare ai 100mila sbandierati quindi servirebbe una quota di ‘non dichiarati’ all’interno della popolazione censita nel 2011 del 100%. Cioè, statisticamente, un assurdo. In entrambi i casi, comunque si tratterebbe ugualmente di figli che hanno padre o madre che si sono dichiarati omosessuali al momento del sondaggio. E non di figli che vivono in coppie gay. Eppure qualcuno, dimenticando che la matematica non è un’opinione, vorrebbe farci credere il contrario.

MATRIMONIO

Papa Francesco nessuna “confusione” tra la famiglia fondata sul matrimonio e “ogni altro tipo di unione” Nel discorso rivolto alla Rota Romana per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, il Papa chiede di mostrare misericordia soprattutto verso le “famiglie ferite”. La famiglia fondata sul matrimonio “indissolubile” è il “sogno” di Dio e la “carta costituzionale” della Chiesa.

Di M. Michela Nicolais

“N

on può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”. Parole nette ed inequivocabili, quelle pronunciate da Papa Francesco nel discorso rivolto qualche giorno fa alla Rota Romana, definito “tribunale della famiglia” e “tribunale della verità del vincolo sacro”. Al centro del discorso, pronunciato in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, la

necessità di “mostrare l’indefettibile amore misericordioso di Dio verso le famiglie, in particolare quelle ferite dal peccato e dalle prove della vita, e insieme proclamare l’irrinunciabile verità del matrimonio secondo il disegno di Dio”. Un servizio, questo, “affidato primariamente al Papa e ai vescovi”, e che ha avuto uno dei frutti più significativi nell’opera di “approfondito discernimento sapienziale” effettuata nei due anni del Sinodo sulla famiglia. Ai membri del tribunale ecclesiasti-


Società

17 30 gennaio 2016

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PALAZZO MADAMA Di Angelo Picariello

A

l Senato siparla di unioni civili. Il testo Cirinnà arriva in aula - nell’ultima versione, incardinata lo scorso ottobre senza il vaglio della commissione Giustizia - ma i tempi si allungano, avendo i capigruppo concordato di rinviare alla prima settimana di febbraio la discussione iniziale su sospensive e pregiudiziali. Novità che va letta insieme all’altra, ossia il gentlemen’s agreement Pd-Lega, con la disponibilità messa in campo dal capogruppo del Carroccio Gian Marco Centinaio a ritirare il 90 per cento dei circa 5mila emendamenti presentati in cambio dell’assicurazione fornita dai dem a non far uso di quello di Andrea Marcucci, il cosiddetto ‘canguro’, la norma anti-ostruzionismo che, se approvata, farebbe decadere tutte le altre proposte di modifica. L’allungamento dei tempi viene accettato da tutti, con diverse motivazioni. Nel Pd si va facendo strada l’idea che la quadra interna si stia trovando e sia utile prendere tempo, anche per parlare a quelle parti di Forza Italia e Lega che non chiudono la porta e a certe condizioni potrebbero convergere. Ap, dal canto suo, impegnata a sostegno

co, Francesco raccomanda di tenere “sempre presente” chi vive “in uno stato oggettivo di errore, per libera scelta o per infelici circostanze della vita”: verso di loro bisogna mostrare misericordia, mentre la si coniuga con la verità, e anche gli “errori che riguardano la sacramentalità del matrimonio” vanno “valutati molto attentamente”, con la stessa lente. Perché il matrimonio “non è un ideale per pochi”, ma una méta raggiungibile per tutti i battezzati. A patto, però, che ci sia una adeguata preparazione, magari con “un nuovo catecumenato”, come auspicato al Sinodo. Il “sogno di Dio. “La famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, appartiene al sogno di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell’umanità”, ribadisce Francesco, che cita Paolo VI per ricordare che “la Chiesa ha sempre

UNIONI CIVILI IN AULA

tempi più lunghi

del raduno pro-famiglia del Circo Massimo, spera che il peso della piazza possa contribuire rimettere le cose in gioco costringendo il Pd a offrire più di quanto fin qui concesso in base alle dinamiche interne al partito. Quello che non quadra, al Pd, è il però consenso venuto, in capigruppo, anche da M5S a questo mini-slittamento, finalizzato a mandare avanti una trattativa che il movimento di Grillo ha sempre bocciato, propugnando l’approvazione del testo Cirinnà senza altre modifiche. Matteo Renzi mercoledì 27 gennaio - al Senato per la mozione di sfiducia sulle banche - dispensava, in pri-

rivolto uno sguardo particolare, pieno di sollecitudine e di amore, alla famiglia ed ai suoi problemi”. L’uomo e la donna, secondo il piano di Dio, “sono chiamati a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale”. Il matrimonio non è “un ideale per pochi, nonostante i moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio”. Alla fine del suo discorso, Francesco ci tiene a sottolineare che il matrimonio cristiano è “una realtà che, nella grazia di Cristo, può essere vissuta da tutti i fedeli battezzati”. Si tratta di una vera e propria “urgenza pastorale” che “coinvolge tutte le strutture della Chiesa” verso una “preparazione adeguata al matrimonio”. Magari con “una sorta di nuovo catecumenato”, come proposto da alcuni padri sinodali.

vato, i suoi dubbi sull’affidabilità dei Grillini, dopo che in commissione il precedente testo Cirinnà era stato adottato - come si ricorderà con la convergenza di Pd e proprio M5S, stante l’opposizione di Ap. Ed è lo stesso Renzi, ora, a incoraggiare per converso la trattativa in corso nel partito. Non c’è una linea ufficiale del Pd, ma si sta lavorando a una possibile saldatura fra le diverse proposte in campo, che hanno dato luogo a ben 60 emendamenti a firma dei dem. Quelli del capogruppo in commissione Giustizia Giuseppe Lumia (che hanno visto il contributo della responsabile Diritti Micaela

Campana e della stessa Monica Cirinnà) vanno a ridurre i rimandi alla disciplina del matrimonio, ad esempio sul rito e sulle cause di nullità. Ma il nodo maggiore resta l’adozione, e al momento la soluzione più accreditata - nel Pd - sembra l’emendamento Pagliari che prevede due anni di affido pre-adottivo, con valutazione finale del giudice minorile, a correggere l’automatismo della stepchild su cui anche Cirinnà ha ceduto, sostenendo gli emendamenti Lumia. L’ala ‘cattodem’ di Lepri e Fattorini resta però decisa a sostituire la stepchild con l’affido rafforzato e propone di rendere reato la maternità surrogata anche se praticata all’estero. Ma c’è un’altra proposta, a prima firma Vannino Chiti, che ci arriva per la strada dell’auto-certificazione, cosicché chi nega di aver fatto ricorso all’utero in affitto all’estero potrebbe incorrere in una condanna per falso, se non dichiara il vero. Ma il cammino verso il voto finale è ancora lungo. E correttivi del Pd sulla stepchild non convincono tutti quelli che (dentro Fi, in Ap, qualcuno a mezza voce nello stesso Pd) chiedono lo stralcio dell’articolo 5, sulle adozioni. Ipotesi che resta ancora, al di là delle dichiarazioni ufficiali, altamente probabile.


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La Storia siamo Noi 30 gennaio 2016

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PANE & PANIFICATORI, UNA LUNGA STORIA

Li chiamavano i “forni della salute”, e l’isola ne era piena L’evoluzione dell’isola d’Ischia e della sua gente ha radicalmente cambiato il processo di produzione del pane, passato per gradi alla fase industriale per soddisfare il largo consumo che se ne fa, tenendo conto soprattutto del fattore turistico che ha investito l’isola e del suo programma di continua espansione delle strutture commerciali nel paese. Il consumo del pane per 60mila persone in tutta l’isola è di 43 milioni e 800mila chilogrammi all’anno. Calcoli impressionanti destinati a salire.

Di Antonio Lubrano

I

l pane non ha tempo. E’ quell’alimento di nutrizione quotidiano che ha accompagnato l’esistenza dell’uomo sin dalle sue origini. Riferendoci al tema religioso, con il miracolo eucaristico, evocazione del racconto evangelico dell’Ultima Cena, il pane assunse un significato ancora più forte, diventando un alimento sacro, capace di mettere l’uomo in diretto contatto con Dio. ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’ è un’invocazione che assume, nel Padre nostro, una fortissima carica emotiva. Ma ricordiamo come in pratica gli antichi facevano uso del pane. Infatti per Omero e per tutti i Greci antichi, “mangiatori di pane” è sinonimo di “uomini”, ma già nel Poema di Gilgamesh, un testo sumerico del secondo millennio a.C., il processo di civilizzazione dell’uomo selvatico rappresentato da un personaggio di nome Enkidu, viene fatto coincidere con il momento in cui egli non si limita più a consumare cibi e bevande disponibili in natura, come le erbe selvatiche, l’acqua o il latte, ma comincia a mangiare pane e a bere birra, prodotti “artificiali” di cui viene a conoscenza grazie a una donna che gliene fa dono. La storia è piena zeppa di trattati e racconti in cui il pane è il protagonista ed abbraccia popoli e nazioni, culture e modi di vivere. Per cui, torniamo al nostro tempo, ai luoghi in cui viviamo, al nostro habitat, partendo da non troppo lontano per riproporre la nostra cultura del pane nelle sue pratiche domestiche di panificazione. Un tempo, dagli anni ‘20 in poi, ma anche prima, nelle case di campagna e non solo dell’isola, dal Ciglio a Succhivo, da Campagnano al Vatoliere fino a tutte le altre zone dell’entroterra di Ischia, Barano, Serrara Fontana e Panza, quasi tutti possedevano un forno che veniva scaldato ogni 5 o sei giorni e serviva a cuocere il pane della famiglia e per turno, a richiesta, anche quello di qualche vicino che ne era sprovvisto. Li chiamavano i

Nel vecchio forno di Boccia che negli anni '40 e' stato del compianto Vincenzo Barile

L'impasto per il pane fatto in casa a Piano Liguori

“forni della salute”. Sotto il forno vi era una specie di ripostiglio dove si metteva anche la chioccia a covare, o per tener anatre e conigli. L’isola ne era piena e non mancavano nei centri abitati vicino al mare. Il forno tradizionale e rustico era costruito a volta, rifinito di mattoni tenuti col fango. La volta veniva detta anche “pala” e al suo centro aveva un’altezza di 45 cm. Il pavimento era costruito in modo che sul fondo risultasse leggermente più alto in modo da facilitare lo sfornare del pane. La botola di chiusura era in metallo. Mentre la donna di casa era intenta a fare il pane, l’uomo provvedeva a scaldare il forno bruciando di solito rovi, canne, viticci, buona legna e fascine. Poi la bocca del forno veniva chiusa con l’apposita botola sigillata tutt’attorno col fango. L’uomo addetto al forno sapeva bene quanto tempo occorreva per la cottura... più o meno un’ora. Quando toglieva la botola ecco che dal forno usciva quel caratteristico odore fragrante di buon pane che da tempo non si avverte più. Il pane sfornato veniva

lasciato raffreddare in un grande cesto o su di un tavolo, poi si metteva nella “martra” o in una cassapanca e in sacchi di tela chiusi al riparo dall’aria. Oggi quella vecchia usanza di fare il pane in casa è sopravvissuta solo in poche abitazioni dell’entroterra isolana rimaste rustiche col senso mai perduto della tradizione. L’evoluzione dell’isola d’Ischia e della sua gente ha radicalmente cambiato il processo di produzione del pane passato per gradi alla fase industriale per soddisfare il largo consumo che se ne fa, tenendo conto soprattutto del fattore turistico che ha investito l’isola e del suo programma di continua espansione delle strutture commerciali nel paese. I panificatori sull’isola sono circa una quarantina attrezzati, chi con soli forni elettici e chi con i forni elettrici e forni a legna, questi ultimi simili a quelli tradizionali con il fascino del tempo che li ha resi celebri. Non possiamo citarli tutti e decantarne le virtù per motivi di spazio. Ma di uno andremo a dire qualcosa perché la sua popolarità da molti anni

a questa parte l’ha guadagnata sul campo. Parliamo del forno di Boccia (famiglia D’Ambra) ad Ischia Ponte e allo Schiappone col nome di Panificio Montevergine. L’azienda si distingue per serietà, competenza e per la bontà delle specialità gastronomiche proposte ai clienti. La produzione comprende specialità di pane, pasticceria e pasta fresca preparate con ingredienti genuini che hanno tutto il sapore dell’antica tradizione partenopea da cui derivano e che godono di quell’inconfondibile sapore casereccio dato dalla cottura a legna. Il forno Montevergine vanta antiche origini: nato per volere di Salvatore D’ambra, più di 50 anni fa, grazie al lavoro del fondatore diviene nel giro di pochi anni panificio a lavorazione propria. Il prestigio dell’attività cresce nel corso dei decenni e la fama della bontà dei prodotti del forno si diffonde su tutta l’isola d’Ischia, al punto che il panificio diventa un vero punto di riferimento per la popolazione, ma soprattutto per tutte le attività ristorative, alberghiere e alimentari. Per soddisfare la maggiore richiesta dei prodotti, Salvatore viene affiancato da personale altamente qualificato e dal figlio Luigi che tuttora continua la tradizione familiare. Pur all’avanguardia in tema di norme e certificazioni, Luigi prosegue l’obbiettivo primario di salvaguardare gli antichi sapori locali e le tradizioni gastronomiche tante decantate dalla cultura della sua terra. Il Panificio Montevergine sempre nel rispetto delle vecchie usanze familiari, ha voluto conservare nel tempo le antiche procedure di lievitazione, di lavorazione e di cottura nel forno a legna alimentato a fascina. La serietà e la competenza, tramandata da due generazioni, frutto di una passione innata unite alla bontà delle specialità da forno, derivante dalla freschezza e dalla bontà degli ingredienti utilizzati, rende merito alle scelte dettate da un profondo amore per l’arte della panificazione, che oggi Luigi, come suo padre a suo tempo, sta tramandando ai suoi figli.


La Storia siamo Noi

19 30 gennaio 2016

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IL PANE FATTO IN CASA

Erede Boccia con i classici panelli appena sfornati L'impasto nella martra a Ischia dal forno a fascina

Eredi Boccia nel punto di vendita

Prima sfornata di panelli da l vecchio forno a legna e fascine di Fontana

L’affascinante processo di lavorazione Di Michele Lubrano

F

are il pane, si sa, per il lavoratore, è uno dei mestieri più sacrificati del “libero” lavoro, specie quando non lo si pratica in proprio, ma alle dipendenze di un padrone. Prima di tutto bisogna essere a conoscenza di tutte le tecniche della panificazione: dall’impasto alla lievitazione fino alla cottura. Le vecchie donne dell’isola ne sapevano una più del diavolo di fronte ad un forno a legna in casa propria. Il calore della fiamma che si sprigionava dal forno le esaltava, il profumo delle pagnotte e dei panelli le inebriava, il gran lavoro portato a termine le rendeva soddisfatte ed orgogliose.

Quindi si incominciava dall’impasto che è quella operazione che permette di amalgamare tutti gli ingredienti, di idratare le proteine della farina in particolare la gliadina e la glutenina. Queste due proteine semplici poste a contatto con l’acqua formano un complesso proteico detto glutine che costituisce la struttura portante dell›impasto rappresentata come forza della farina. Si tratta di una sorta di reticolo all›interno della massa di farina e acqua che la rende compatta, elastica e capace di trattenere gli amidi ed i gas della lievitazione che formano così le bolle caratteristiche della struttura spugnosa della mollica. L›impasto si esegue con macchine dette impastatrici. In casa invece lo si face a mano con braccia forti

di donne provate a simile esercizio. La temperatura dell›impasto, una volta ultimato, è ottimale tra 22 gradi C e 26 gradi C. Le stagioni calde le lavorazioni con macchine automatiche nei forni a produzione pubblica, richiedono una temperatura più bassa. La temperatura della pasta viene regolata aumentando o diminuendo la temperatura dell’acqua. Nei mesi più caldi si può arrivare a utilizzare il ghiaccio in scaglie per abbassare la temperatura. L’impasto viene lasciato riposare. I tempi variano a seconda della ricetta e della forza della farina. In questa fase le forme del pane ottenute dal taglio della pasta, raddoppiano o triplicano il volume. Il pane viene adagiato su assi in legno o teglie, il tempo varia a seconda della quantità e del tipo

di lievito utilizzato. In questa fase avvengono varie reazioni chimiche che, a partire dagli zuccheri, producono alcol e anidride carbonica che viene trattenuta dal glutine. Durante questa fase il pane può essere coperto con dei teli (in lino o plastica) per evitare la formazione di crosta causata dall’evaporazione dell’acqua dalla superficie. Esistono anche delle celle di lievitazione che permettono di regolare e controllare la temperatura e umidità dell’aria. La temperatura di cottura nei forni industriali e tradizionali varia da 180 °C a 275 °C e il tempo da 13 a 60 minuti. Indicativamente per pezzature grandi si utilizza una temperatura più bassa e un tempo maggiore. La pasta assorbe calore dalle pareti, dall’aria e dalla piastra di cottura.


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Liturgia 30 gennaio 2016

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Commento al Vangelo

Domenica 31 gennaio 2016 Non ti vogliamo così!

Beati i miti perchè erediteranno la terra Venerdì 22 gennaio si è rinnovato l’appuntamento mensile tra i giovani isolani ed il Vescovo Pietro in Cattedrale

Di Don Cristian Solmonese

C

arissimi amici, in questa domenica ci viene presentato un brano del Vangelo che apre i nostri cuore a una riflessione profonda e ci fa verificare il proprio rapporto personale con Dio. L’evangelista Luca apre il racconto della predicazione pubblica di Gesù con un rifiuto da parte dei suoi concittadini: “Lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte” (immagine questa già della fine che sarà data al messia). Storicamente si può supporre che l’opposizione fatta a Gesù sia avvenuta gradualmente e non così subito, ma il lettore viene subito messo in guardia su questa realtà amara. C’è subito un’opposizione a Dio: da una parte il messia che annuncia l’oggi di Dio e le promesse per i poveri e gli ultimi, dall’altra uomini che ne provano irritazione. Il racconto non si limita solo a questo bipolarismo, ma da tre indicazioni che aiutano il lettore ad una giusta interpretazione. La prima “nessun profeta è ben accetto nella sua patria” (v. 24). Il rifiuto sperimentato da Gesù non è un episodio isolato, è già accaduto prima (a Betlemme) e continuerà ad accadere (pretorio) e accade anche oggi. Gli uomini di Dio ancora oggi vengono respinti dalla durezza di cuore. Dio è sempre visto come un antagonista, un limitatore della mia libertà. In fondo, se riflettiamo bene, anche Dio sembra un rivale, anzi, un rivale particolarmente pericoloso, che vorrebbe privare gli uomini del loro spazio vitale, della loro autonomia, del loro potere; un rivale che indica la strada da percorrere nella vita e impedisce, così, di fare tutto ciò che si vuole. Così egli è scomodo anche nelle mie scelte politiche, sociali e soprattutto nel campo della morale: del sesso, dell’aborto, dell’eutanasia. Si! Dio è ancora oggi rifiutato. Una seconda indicazione ci è consegnata nel testo: “Egli passando in mezzo a loro si mise in cammino” (v. 30). È quasi un simbolo questo versetto della resurrezione. Non è l’opposizione degli uomini la carta vincente. L’opposizione degli abitanti di Nazareth non è riuscita a fermare la storia di Gesù, come non riuscirono più tardi i suoi crocifissori. I profeti uccisi sono più vivi che mai e il Messia è morto e risorto. Un’ultima osservazione si può raccogliere dal racconto nella richiesta dei suoi compagni: “ quello che hai compiuto fallo anche qui, nella tua patria!” (v. 23). La patria di Gesù è il mondo; il divino non può essere rinchiuso, non può divenire un fatto privato, locale. Nonostante la sua universalità Gesù verrà condannato, ucciso. Il rifiuto del profeta è legato al suo annuncio di vivere una fedeltà impegnativa, duratura, che costa e non con comode abitudini. Nel nostro caso Gesù ha costretto il suo popolo (e costringe continuamente il suo discepolo) a interrogarsi sul proprio modo di pensare Dio: un Dio per noi, o un Dio per tutti? Buona domenica.

Di Giuseppe Galano

L'

incontro mensile tra i giovani provenienti dalle varie realtà parrocchiali isolane ed il nostro Vescovo Pietro è sempre molto atteso e carico di aspettative. Un momento bellissimo che permette a tanti di staccare dalla solita routine e mettersi in ascolto della Parola di Dio. Tema dell’incontro è stata la terza beatitudine “Beati i miti perché erediteranno la terra”. Il momento di preghiera ha avuto inizio con l’invocazione allo Spirito Santo. Le voci della corale della Pastorale Giovanile hanno intonato il canto Invochiamo la Tua Presenza. “Vieni consolatore dona pace ed umiltà. Chiediamo questo dono al Signore, chiediamo che ci dia la Sua pace per poter meglio accogliere la Parola. Chiediamo al Signore che le acque del nostro cuore possano diventare quiete e che la Sua Parola possa scendere su di noi”. Con queste parole il Vescovo da inizio al momento di riflessione. Egli invita i ragazzi ad ascoltare un canto molto bello, tratto dal repertorio di Francesco Renga, dal titolo Angelo, vincitore nel 2005 del Festival di Sanremo. La canzone ha permesso di entrare nel vivo dell’incontro, grazie alle parole molto significative del testo ed ai numerosi spunti di riflessione proposti da padre Pietro. Fa seguito la lettura di un brano del Vangelo di Matteo (5-38-48). Questo passo ha suscitato in tutti forti sensazioni. E’ una Parola che potrebbe sembrare impossibile da attuare. “Tutti noi corriamo il rischio di indossare una corazza che non ci permette di accogliere in pieno la Parola di Dio e sperimentarla nella vita di tutti i giorni”. Fissando negli occhi i ragazzi Mons. Lagnese rivolge loro la seguente domanda: Chi sono i miti? “Le persone miti non sono deboli, arrendevoli o paurose. Per essere miti non bisogna avere paura.” Nella canzone di Renga la parola paura compare più volte. Il cantautore compone il testo in seguito alla nascita della figlia. Nella musica è possibile notare un qualcosa che stride; si passa da un ritmo forte a toni più bassi come se vi fosse una lotta interiore nel cantante che viene trasmessa attraverso la musica. Egli si trova davanti alla figlioletta che gli appare fragile, piccola, ingenua, debole di fronte alla realtà rumorosa e dolorosa del mondo. Notte fonda senza luce ed un silenzio che mi consuma. “Dinanzi a Renga vi è buio ed un senso di solitudine. Egli si rende conto che la piccola è nata da poco ed è sola, lui sente di non poter fare molto per lei”. Nel testo si evince un senso di paura che non passa


Ecclesia

21 30 gennaio 2016

kaire@chiesaischia.it

Il grave peccato dell’invidia

Dell' Ordine Francescano Secolaredi Forio

D

mai. Angelo prenditi cura di lei. “Si rivolge all’Angelo affinchè possa prendersi cura della bambina. Egli si sente impotente, limitato ed affida la figlia all’Angelo”. E l’ingenuità è parte di lei. “ I bimbi sono ingenui, pensano che il mondo sia buono. Egli sente di non saper proteggere la figlia ed ha paura”. La canzone che nesso ha con la beatitudine?” Il mite è colui che non ha paura non perché è forte e coraggioso. E’ colui che, pur riconoscendosi debole e fragile, non ha paura. Il cantante prova a fidarsi di Dio ma si chiede se esista veramente. Anche noi ci fidiamo e diffidiamo di Dio; nel nostro rapporto con il Signore facciamo un passo avanti ed uno indietro”. Il mite è colui che non si sente solo. La parola mite potrebbe essere anche tradotta con il termine non violento. “ Il violento ha paura , si sente solo e deve difendersi in tutti i modi dalle insidie del mondo; non ha sperimentato cosa significa essere figlio di Dio ed essere amato”. Il Vescovo afferma che il mondo ci invita spesso e volentieri ad alzare la voce, a lottare come se l’uomo fosse per l’altro un lupo. “Anche Gesù ha avuto paura . Siamo abituati a pensare a Gesù come un eroe, un uomo privo di paura che non sente le nostre stesse emozioni. Gesù ha vinto la paura affidandosi al Padre”. Il mite è colui che sa che il Padre è con lui, afferma padre Pietro, perciò non occorre che sia violento e tiri fuori gli artigli. I miti erediteranno la terra, afferma Gesù. “ La terra è tutto ciò che ci fa sentire persone libere. Dio ha preparato una Terra per noi, un Cielo che inizia già su questa terra. Questa sera il Signore ci dice che possiamo essere miti, non violenti, mansueti, non prepotenti perché non siamo soli, siamo figli amati di Dio”. Viene poi proposta la lettura del Salmo 36, quello dell’uomo mite. Infine la corale intona il canto Mai Soli quale risposta alle riflessioni proposte durante l’incontro. Al termine della preghiera si leggeva sul volto dei ragazzi un senso di gioia e pace e tanta voglia di testimoniare la Parola di Dio nella vita di tutti i giorni.

urante la messa celebrata il 21 gennaio scorso nella cappella della Casa Santa Marta papa Francesco ci ha messo in guardia dal grave pericolo del peccato d’invidia: «Cosa brutta è l’invidia! … porta ad uccidere, alla morte. … il cuore dell’invidioso è un cuore sofferente, … quella sofferenza lo porta avanti a desiderare la morte degli altri. Quante volte nelle nostre comunità per gelosia si uccide con la lingua. Uno ha invidia dell’altro e cominciano le chiacchiere e le chiacchiere uccidono». L’invidia è uno dei frutti della superbia che porta il cuore all’odio, alla mormorazione alla tristezza per il bene altrui, quel bene che Dio stesso dona in modo personale a tutti i Suoi figli. Infatti san Francesco sosteneva: «Fermamente sappiamo che non appartengono a noi se non i vizi e i peccati»; per questo temeva l’invidia come il peccato più pericoloso alla sua forma di vita evangelica, perché distrugge la fraternità e la minorità. Il santo più volte riprendeva i suoi dal guardarsi da questo sentimento occulto dell’animo di chi non ha il cuore puro: «Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vanagloria, invidia, dalle cure e dalle preoccupazioni di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione» (FF 10,8:103). Nelle Ammonizioni sottolinea: «Chiunque invidierà il suo fratello per il bene che il Signore dice e fa in lui, commette peccato di bestemmia, poiché invidia lo stesso Altissimo che dice e fa ogni bene» (FF 8:157).Nell’Inno alla Carità san Paolo sostiene che la carità non è mai invidiosa, quindi la mancanza d’amore puro induce all’invidia, l’invidioso non riconosce e non accetta l’amore di Dio che opera nel fratello. Vivere in una fraternità o gruppo sociale fa riconoscere i propri limiti, perché grazie all’azione dello Spirito Santo si passa gradualmente dall’egoismo all’amore, dalla chiusura del cuore all’apertura e all’accettazione dell’altro. Il Celano racconta nelle Fonti Fr. un episodio singolare: “Un giorno Francesco era seduto a mensa con i frati, quando entrarono due uccellini, maschio e femmina, che poi ritornarono ogni giorno per beccare a piacimento le briciole dalla tavola del Santo, preoccupati di nutrire i loro piccoli. Il Santo ne è lieto, li accarezza come sempre e dà loro a bella posta la razione di cibo quotidiano. Ma un giorno,

padre e madre presentano i loro figlioletti ai frati, essendo come stati allevati a loro spese e, affidandoli alle loro cure, non si fanno più vedere. I piccoli familiarizzano con i frati, si posano sulle loro mani e si aggirano in casa non come ospiti, ma di famiglia. Evitano le persone secolari, perché si sentono allievi solamente dei frati. Il Santo osserva stupito ed invita i frati a gioirne: «Vedete-dicecosa hanno fatto i nostri fratelli pettirossi, come se fossero intelligenti? Ci hanno detto:-Ecco, frati, vi presentiamo i nostri piccoli, cresciuti con le vostre briciole. Disponete di loro come vi piace: noi andiamo ad altro focolare». Così avendo presa piena dimestichezza coi frati, prendevano tutti insieme il cibo. Ma l’ingordigia ruppe la concordia, perché il maggiore cominciò con superbia a perseguitare i più piccoli. Si saziava egli a volontà e poi scacciava gli altri dal cibo. «Guardate-disse il Padre-questo ingordo: pieno e sazio lui, è invidioso degli altri fratelli affamati. Avrà di certo una brutta morte». La sua parola fu seguita ben presto dalla punizione: salì quel perturbatore della pace fraterna su un vaso d’acqua per bere, e subito vi morì annegato. Non si trovò gatto o bestia, che osasse toccare il volatile maledetto dal Santo. È veramente un male che desta orrore l’egoismo degli uomini, se persino negli uccelli viene punito in questo modo. Ed è pure da temersi la condanna dei Santi, poiché le tiene dietro con tanta facilità il castigo»” (FF47:633). Ci aiuti san Francesco ad avere un cuore libero da ogni forma di invidia e gelosia.


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Teatro 30 gennaio 2016

Il gran ballo di Cinerello Di Gina Menegazzi

T

rovo che gli spettacoli di Salvatore Ronga siano sempre intelligenti, stimolanti e di elevata qualità. I testi, da lui scritti o riadattati, sono presentati con una scenografia essenziale e un sapiente uso degli attori, un gruppo che col tempo risulta essere sempre più affiatato. Il gran ballo di Cinerello – Un’operetta amorale, andato in scena al Polifunzionale sabato e domenica 23 e 24 gennaio, non si discosta da queste caratteristiche; e il fatto che, pur replicando lo spettacolo dell’anno scorso, si sia registrato il tutto esaurito con persone venute pure dalla terraferma, è decisamente un grosso punto a favore per tutto il teatro ischitano, ed è un nuovo passo nella direzione verso cui ci si vuole muovere per una continua crescita. Lo spettacolo procede tra dialoghi serrati e frizzanti, e citazioni letterarie colte, con riferimento ai grandi classici. Il desiderio di affrontare con leggerezza un tema tuttora scottante, fa scegliere al regista, tra l’altro, di

coinvolgere nella commedia diversi esponenti omosessuali della letteratura mondiale e del mondo artistico, quali Virginia Woolf, Vaslav Nijinski, i poeti Rimbaud e Verlaine, o Gertrude Stein e Marcel Proust che addirittura battibeccano con il Fato sul palcoscenico dando consigli al protagonista: le risate a scena aperta sono continue. Personalmente ho preferito altri spettacoli di Salvatore Ronga, magari più misurati, e ho trovato un po’ troppo forzato il tipo di recitazione, che a volte rischiava di trasformare i personaggi quasi in delle macchiette (uno su tutti, l’ottimo Cinerello), ma la ritengo comunque un’opera molto valida, che non si limita a un generico discorso sulla diversità, ma piuttosto sulla necessità di accettare se stessi. La ricerca della felicità non è qualcosa di puramente emotivo, passionale, ma una lenta ricerca all’interno del proprio io, per conoscersi e accettarsi. Senza nascondere a se stessi i propri sogni, ma prendendone piena consapevolezza. Recita una delle locandine: “Io non lo so che cos’è la felicità, ma trasfor-

mare il proprio destino in una scelta mi sembra una cosa che le si avvicini parecchio. Ci vuole coraggio per essere felici, almeno quanto ce ne vuole per rinunciarvi definitivamente, in nome di qualcos’altro.” È questo il messaggio che vuole in fondo trasmettere quest’opera. E il cammino dell’“operetta amorale” è solo all’inizio. Auguri, quindi a tutto il cast, formato da Marina Ascione, Leonardo Bilardi, Milena Cassano, Davide Cipolletta, Giovangiuseppe D’Ambra, Nello Di Leva, Maria Ferrandino, Mario Fusco, Lello Montuori, Stanislao Morgera, Rosanna Nocera, Roberto Scotto Pagliara e Laura So-

gliuzzo perché possano rinnovare il loro successo al di fuori di Ischia. Lucia De Luise

PROSSIMI APPUNTAMENTI TEATRALI • 29 30 31 gennaio:

Uomini di mondo in Sabato, Domenica e un'alba di Corrado Visone con gli Uomini di Mondo, chiude il ciclo dell'Ischia Teatro Festival. A seguire altri spettacoli.


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Memoria

30 gennaio 2016

kaire@chiesaischia.it

Mons. Di Meglio ed Edith Stein Di prof.ssa Franca Di Meglio

I

l 14 ottobre del 1933 Edith Stein, allieva di Husserl e già autrice di importanti scritti filosofici, ebrea convertita al cattolicesimo, entrò nel convento delle Carmelitane di Colonia, nel quale l’anno successivo prese i voti. Vi sarebbe rimasta fino al 1938. In quell’anno e in quella città, Mons. Giuseppe Di Meglio, diplomatico della Nunziatura Apostolica, la incontrò e, visti i rischi che correva in Germania come notoria antinazista, si adoperò presso la sede centrale della Gestapo di Berlino, affinché potesse passare, senza essere sottoposta a controlli e fermata, la frontiera, per rifugiarsi in Olanda. In questo paese fu accolta, con la sorella anch’essa convertita, nel convento di Echt, nel quale rimase fino al 1942. Nel 1940 l’Olanda fu invasa dai nazisti e smise di rappresentare un rifugio sicuro per le due sorelle, sebbene le autorità tedesche avessero assicurato che non avrebbero incluso nella persecuzione gli ebrei cristiani, purché convertiti prima dell’invasione. Il 20 luglio 1942 i vescovi olandesi fecero leggere in tutte le chiese del paese un proclama contro l’antisemitismo nazista. Vi fu immediatamente la reazione tedesca: i nazisti decisero la deportazione di tutti i cattolici olandesi di origine ebrea, comprese le due sorelle Stein. Avuta notizia del destino di morte che incombeva su Edith Stein, Mons Di Meglio si recò subito in Olanda che, benché occupata, conservava formalmente la sua sovranità costituzionale, e si adoperò presso la Gestapo per sottrarre la religiosa alla deportazione, mettendo in rilievo la sua condizione di Suora Carmelitana ormai chiusa nella

MONS. GIUSEPPE DI MEGLIO, N 15.08.1907 – †19.07.1994

preghiera e nello studio. Il capo locale della Gestapo lo fece arrestare come “cooperatore alla corruzione del sangue germanico”, sostenendo che l’immunità diplomatica poteva essergli riconosciuta solo nel territorio del Reich. Il sacerdote sostenne che era “in transito” verso il Belgio e che pertanto, a norma del diritto diplomatico e internazionale, godeva ugualmente dell’immunità diplomatica personale, il che venne confermato dalla sede centrale di Berlino, interrogata sul caso. Così fu

Santa Teresa Benedetta della Croce

rilasciato. Pochi giorni dopo Edith Stein veniva deportata nel campo di transito di Westerbrock e successivamente ad Auschwitz, dove sarebbe stata uccisa il 9 agosto 1942. Sarà canonizzata come Santa Teresa Benedetta della Croce (il nome che aveva assunto come carmelitana) da Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1998.

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