Kaire 02 Anno III

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Il settimanale di informazione della Chiesa di Ischia ANNO 3 | numero 2 | 9 gennaio 2016 | E 1,00

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CATECHESI SULLE OPERE DI MISERICORDIA Lunedì 11 gennaio alle ore 20:00 nella Chiesa Cattedrale la seconda catechesi dal titolo “Vestire gli ignudi”, con Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi

EDITORIALE DEL DIRETTORE

Farsi santi insieme Di Lorenzo Russo

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omenica 3 gennaio sono sbarcate ad Ischia le reliquie della prima coppia di coniugi santi. Una grazia speciale per il territorio isolano. Anna Pisacane e Salvatore Caracciolo, sposati con due bambini, sono partiti da Angri per consegnarle alle nostre famiglie. “E’ un regalo del Signore per tutta la nostra Diocesi – ha affermato il Vescovo di Ischia Pietro Lagnese durante la celebrazione di benvenuto in Cattedrale - e in particolare per le nostre famiglie. Esprimiamo gratitudine alla fraternità di Angri che promuove questa spiritualità familiare proprio attraverso la conoscenza e promozione del culto dei santi Martin”. Le reliquie infatti risiedono nella cittadina in provincia di Salerno perché lì c’è la prima cappella al mondo dedicata ai Santi coniugi. La chiesetta è al centro Emmaus, un comprensorio gestito dalla fraternità di Emmaus, il movimento di famiglie ispirato da don Silvio Longobardi (che venne lo scorso anno ad Ischia per la formazione diocesana) ai santi coniugi Martin. Le reliquie sono state prima accolte nella sala conferenze in Seminario, gremita di famiglie provenienti da tutta l’isola, dove don Pasquale Trani – delegato vescovi-

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EPI-FAMIGLIA

Sono arrivate ad Ischia le reliquie dei santi coniugi Luigi e Zelia Martin. Un’Epifania (manifestazione) della famiglia come luogo di crescita umana e di santità alla luce della peregrinatio isolana. All’interno le foto dell’accoglienza delle reliquie nelle nostre case.

LA VOCE DI PIETRO Il Te Deum del 31 dicembre. Lagnese “buon 2016, che sia fecondo di gesti di condivisione e di opere di misericordia!”

CHIESA ITALIANA: BILANCIO 2015 Un anno eccezionale per la Chiesa, ricco di tanti eventi con una crescita spirituale e una maggiore attenzione agli ultimi.

PROGETTO POLICORO

CAPPELLA DEI CALOSIRTO

A Roma dal Papa in occasione del ventennale del progetto che dà attenzione al lavoro per tutti.

Sul Castello Aragonese la presentazione al pubblico del primo luogo sacro di San Giovan Giuseppe della Croce.


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Chiesa Italiana 9 gennaio 2016

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IL BILANCIO

Eccezionale per la Chiesa La sinodalità è la parola dell’anno. Molto citata, facilmente fraintesa, spesso sottovalutata o svalutata, ma talmente ricca nella sua essenza che rimanda alla stessa dimensione costitutiva della Chiesa Di Vincenzo Corrado

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he anno eccezionale è stato il 2015 per la Chiesa! L’affermazione non esprime soltanto lo stupore di chi, voltandosi indietro, osserva lo scorrere quotidiano di eventi ormai consegnati alla storia; tutt’altro, constata la ricchezza di una vita ecclesiale davvero creativa, perché donata e guidata dallo Spirito. Basta richiamare alcuni eventi per rendersene conto: ostensione della Sindone (19 aprile – 24 giugno); pubblicazione dell’Enciclica Laudato si’ (18 giugno); incontro mondiale delle famiglie(22-27 settembre); Sinodo ordinario sulla famiglia (4-25 ottobre); Convegno ecclesiale nazionale (9-13 novembre); Giubileo della misericordia (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016). Senza dimenticare quella che si potrebbe definire agenda ecclesiale ordinaria: viaggi del Papa in Italia (quest’anno sono stati tre: Napoli; Torino; Prato e Firenze) e fuori Italia (cinque: Sri Lanka e Filippine; Sarajevo; Ecuador, Bolivia e Paraguay; Cuba e Stati Uniti; Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana); udienze, catechesi e Angelus della domenica; convegni e incontri a livello locale… Non si tratta di stilare in maniera asettica una cronistoria puntuale ma di “rendere grazie” per i tanti doni ricevuti. C’è un’immagine, ricorrente in queste settimane, che forse più di ogni altra riassume, in maniera efficace e plastica, i vari eventi e il ringraziamento per quanto vissuto. È l’immagine della porta che si apre e che viene attraversata. Ne abbiamo viste tante: porte di cattedrali, di luoghi di sofferenza (ospedali e carceri), di centri di ac-

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coglienza (mense Caritas, ostelli, rifugi)… A ben pensarci aprire e attraversare una porta è uno dei gesti più abituali. Ogni giorno si esce dalla porta di casa e si rientra; così dalla porta del posto di lavoro. Lo stesso scorrere dei giorni, così come il passaggio da un anno all’altro, possono essere visti come una porta. Già, perché – al di là di abitudini varie – una porta è sempre un simbolo: se sbarrata, significa rifiuto; se aperta, accoglienza; se sbattuta, offesa; se aperta delicatamente, può essere segno d’amore. Insomma, una porta è sempre qualcosa di più di quel che si vede. E questo vale ancora di più in ambito religioso, dove la porta è sempre appello ad andare oltre, a immergersi nel silenzio, a superare i confini del visibile. Guardando il 2015, le varie porte aperte sussurrano una parola, che ha fatto da cerniera tra loro, unendo i vari eventi dei mesi trascorsi: sinodalità! L’abbiamo vista incarnata durante l’ostensione della Sindone; l’abbiamo letta nella Laudato si’; è stata presente all’incontro mondiale delle famiglie; è stata vissuta efficacemente al Sinodo sulla famiglia; ha fatto da linea guida al Convegno della Chiesa italiana sul nuovo umanesimo; ora sta animando il Giubileo della misericordia nelle diocesi di tutto il mondo. La sinodalità – potremmo affermare, pensando alle tante classifiche stilate negli giorni dell’anno appe-

Via delle Terme 76/R - 80077 Ischia Codice fiscale e P.Iva: 04243591213 Rea CCIAA 680555 - Prefettura di Napoli nr.11219 del 05/03/2003 Albo Nazionale Società Cooperative Nr.A715936 del 24/03/05 Sezione Cooperative a Mutualità Prevalente Categoria Cooperative Sociali Tel. 0813334228 Fax 081981342 info@kairosonline.it pec: posta.kairos@pec.it Registrazione al Tribunale di Napoli con il n. 8 del 07/02/ 2014

na passato – è senz’altro la parola dell’anno. Una parola molto citata, facilmente fraintesa, spesso sottovalutata o svalutata, ma talmente ricca nella sua essenza che rimanda alla stessa dimensione costitutiva della Chiesa. Lo ha detto in maniera chiara Papa Francesco, lo scorso 17 ottobre, durante la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi. “Il mondo in cui viviamo – ha affermato, tra l’altro, il Pontefice -, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola ‘Sinodo’. Camminare insieme – laici, pastori, vescovo di Roma – è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica”. Brevi frasi che, con nettezza, guardano in faccia la realtà evidenziando ricchezze e difficoltà di un procedere insieme: laici, pastori e vescovi. La sinodalità, infatti, coinvolge, in momenti diversi, tutti i fedeli nella Chiesa. E, per questo, ricorda ancora Francesco, è espressione di quel “dinamismo di comunione” che dovrebbe stare alla base di tutte le decisioni ecclesiali. Ad essere chiamato

Direttore responsabile: Dott. Lorenzo Russo direttorekaire@chiesaischia.it @russolorenzo Direttore Ufficio Diocesano di Ischia per le Comunicazioni Sociali: Don Carlo Candido direttoreucs@chiesaischia.it Progettazione e impaginazione: Gaetano Patalano per Cooperativa Sociale Kairos Onlus

in causa, quindi, non è solo il collegio episcopale, ma tutto il popolo di Dio: laici e pastori. Di più… Parlando di “dinamismo di comunione”, l’attenzione va subito a un dato cui l’ecclesiologia post-conciliare è molto sensibile, al punto da far dire che la Chiesa stessa è “mistero di comunione”. Concretamente significa che la forma d’esistenza della Chiesa è segnata dalla comunione. Se ciò viene preso sul serio, allora questa realtà originaria deve manifestarsi in ogni comunità ecclesiale e deve funzionare come norma di vita. La comunione, in effetti, non è un aspetto parziale della Chiesa, ma è il suo dna. È talmente rilevante questa dimensione che il Consiglio di cardinali (il cosiddetto C9) ha deciso di dedicare una specifica sessione al discorso del Papa per il 50° del Sinodo, durante la prossima riunione nel febbraio 2016. La sinodalità, dunque, come cerniera dei vari appuntamenti dell’anno appena trascorso, ma anche come maniglia per aprire le porte del futuro. Una porta senza cerniere e senza maniglia resterebbe chiusa. La sinodalità, correttamente vissuta e incarnata, consentirà di aprire e attraversare le porte della “Chiesa del terzo millennio”. Che anno eccezionale, allora, questo 2015 che ci ha ridonato l’importanza del “camminare insieme”!

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La Voce di Pietro

3 9 gennaio 2016

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TE DEUM Di Gina Menegazzi

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uon 2016, che sia fecondo di ogni bene, fecondo come il grembo della Vergine Maria! Fecondo di gesti di condivisione e di opere di misericordia!” con queste parole giovedì 31 dicembre, in Cattedrale, il nostro Vescovo ha voluto terminare la sua omelia durante la messa di fine anno, conclusasi con il canto del Te Dum di ringraziamento. Alla celebrazione, trasmessa in diretta da Teleischia, hanno partecipato i sacerdoti delle varie parrocchie dell’isola e gli altri membri del clero, nonché un folto gruppo di fedeli. Nell’illustrare il prologo del Vangelo di Giovanni, Padre Pietro si è particolarmente soffermato sui versetti 11e 12: Venne tra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti, però, lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio. “Queste parole – ha detto sua Eccellenza - ci spingono a metterci dinanzi al Signore e a dirgli il nostro grazie per tutti i benefici che ci ha concesso nell’anno che oggi finisce; a chiedergli perdono per tutte le volte in cui, in questo anno, non abbiamo fatto la sua volontà - in pensieri, parole, opere e omissioni, e infine a domandargli forza per l’anno che verrà, sostegno per i giorni che ancora Lui vorrà donarci.” “Che cosa significa accogliere? – ha continuato Padre Pietro - Significa riconoscere che Gesù è il dono di Dio. “Ti do mio figlio, dice Dio, la cosa più preziosa che ho, anche se conosco la possibilità che tu potrai non accogliere il mio dono, anche se so che potrai non riconoscerne la grandezza, che forse il mio dono tu lo rifiuterai.” Dio si è fatto uomo perché tutti noi potessimo diventare figli di Dio. Ecco la vera Misericordia: farci diventare come Lui. La scelta di Dio ci chiama a diventare come Lui, ad assumere la sua stessa natura divina, perché l’esistenza degli uomini non è una corsa verso il nulla, ma un cammino verso la patria. Siamo fatti per il cielo, il paradiso è la nostra casa. E mentre un altro anno volge al termine, è bello riflettere su questa Parola: noi non siamo soli, non siamo orfani, Dio è nostro padre e noi siamo suoi figli. E’ importante che ne abbiamo rinnovata consapevolezza in un tempo come il nostro nel quale potremmo cedere alla tentazione di sentirci a corto di speranza: per i tanti conflitti internazionali, le tante ingiustizie, i diritti fondamentali negati, la violenza e la corruzione all’ordine

Fecondo come il grembo della

Vergine Maria

del giorno, l’inquinamento climatico che si accompagna alla desertificazione dei cuori, l’indifferenza, le menzogne. Ma il Signore è con noi, e ci dice di non scoraggiarci di fronte al male. Piuttosto dobbiamo domandarci, alla fine di un anno: noi che cosa abbiamo fatto? Ti abbiamo accolto, Signore? Ti abbiamo riconosciuto? Siamo stati tuoi testimoni? Abbiamo, come il Battista, dato testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo nostro, oppure ti abbiamo opposto resistenza? Rifiutandoti siamo diventati motivo di confusione per tanta gente? Abbiamo aperto la Porta della Misericordia nella nostra Cattedrale, ma le porte del nostro cuore le abbiamo aperte? La figliolanza divina non è una realtà statica: iniziata al momento del battesimo, se alimentata cresce

in maniera sorprendente, fino a renderci simili a lui: è il cammino della santità. Dobbiamo chiederci alla fine di quest’anno: siamo cresciuti in questo cammino? Che cosa significa diventare simili a Dio? Significa diventare, come il nostro Dio, capaci di condividere. La condivisione è l’arte di Dio, la sua prerogativa, e deve diventare lo specifico di ogni battezzato e di ogni comunità cristiana. Se accoglieremo Dio nella nostra vita, diventeremo figli di Dio, diventeremo, cioè, uomini che si donano, che condividono, misericordiosi come il padre. Che l’anno della Misericordia compia in noi quest’opera e faccia crescere in noi la figliolanza divina, che il nuovo anno sia fecondo di ogni bene, fecondo come il grembo della Vergine Maria!” Andrea Di Massa


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Progetto Policoro 9 gennaio 2016

Di Animatori della comunità isolana del Progetto Policoro

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a qualità del lavoro «libero, creativo, partecipativo e solidale» esprima e faccia crescere sempre la dignità della vita umana. Non perdiamo di vista l’urgenza di riaffermare questa dignità!”, queste le parole che hanno introdotto il discorso di Papa Francesco, rivolto a vescovi, coordinatori nazionali, incaricati diocesani, a noi animatori di comunità, formatori e giovani rappresentanti delle circa 128 diocesi in 14 regioni d’Italia, all’udienza tenuta a Roma lo scorso 14 Dicembre in occasione del Ventennale del Progetto Policoro, iniziativa frutto del Convegno Ecclesiale di Palermo. Il Santo Padre ha continuato dicendo: “Ogni lavoratore ha il diritto di veder tutelata la propria dignità, e in particolare i giovani devono poter coltivare la fiducia che i loro sforzi, il loro entusiasmo, l’investimento delle loro energie e delle loro risorse non saranno inutili”, ancora aggiunge “la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita! Oggi i giovani sono vittime di questo. Quanti di loro hanno ormai smesso di cercare lavoro, rassegnati a continui rifiuti o all’indifferenza di una società che premia i soliti privilegiati – benché siano corrotti – e impedisce a chi merita di affermarsi. Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!” A noi animatori di comunità, ma a tutti noi che ci impegniamo a trasmettere i valori di una chiesa nuova e allargata dice: “Il vostro compito non è semplicemente quello di aiutare i giovani a trovare un’occupazione: è anche una responsabilità di evangelizzazione, attraverso il valore santificante del lavoro. Non di un lavoro qualunque! Non del lavoro che sfrutta, che schiaccia, che umilia, che mortifica, ma del lavoro che rende l’uomo veramente libero, secondo la sua nobile dignità.” Parole che lasciano nei cuori di quanti hanno avuto la grazia di ascoltarle, nella Sala Nervi insieme a più di 4000 persone, un senso di pace e serenità. Da Ischia siamo partiti in 18 per vivere insieme a Papa Francesco il ventesimo compleanno del Progetto Policoro. Ecco alcune impressioni dei ragazzi che hanno partecipato: “La Chiesa ancora una volta fa da ammortizzatore sociale, intervenen-

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Il lavoro è un

do lì dove lo Stato non riesce o non vuole entrare. La Chiesa si occupa di tutti, perché è Madre di tutti, come ha ricordato il Papa e come dimostrano i tanti progetti sostenuti da Policoro.”(Emanuela Triunfo)

“È la prima volta che mi affaccio alla realtà del Progetto Policoro, e vedere i grandi frutti che ha portato in tanti paesini, in situazioni davvero devastate dalla malavita, e non solo, mi fa ancora di più comprendere di

quanto siano importanti queste realtà per noi giovani, che ci sia qualcuno che si occupi del lavoro per creare un’alternativa, una rete valida, dove non si riduce tutto all’automatismo, ma dove ci si appassiona, si creano rapporti, dove si cura la persona, non come uno strumento che deve produrre, dove c’è la valorizzazione del lavoro, dell’essere umano. Grazie al Papa che con le sue parole e la sua attenzione ci ha davvero messo nel cuore ancora di più questa realtà, a molti ancora sconosciuta. È indescrivibile la sensazione che suscita nel vederlo, Dio ci ha fatto un grandissimo dono. Dopo oggi sento sempre di più la potenza dell’amore e i miracoli di questa Chiesa in uscita, tengo a dire ai giovani come me, come noi che il futuro va costruito, ma con l’amore di Dio e con l’unità sicuramente si ha una marcia in più!!” (Marialaura Vuoso) “Partecipare all’udienza di Papa Francesco proprio al termine del mio mandato come animatore di comunità ha avuto un significato tutto speciale. Ascoltare le sue parole e pensare ai tre anni trascorsi a servizio della nostra realtà diocesana, assumono tutto un altro significato. Spesso nei miei tre anni di mandato mi veniva posta la domanda: “ma cosa c’entra la Chiesa con il lavoro?, qual è il tuo compito?”, Papa Francesco da conferma a quanto ho sempre cercato di trasmettere ai giovani che ho incontrato: “Voi Animatori di comu-


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Progetto Policoro

9 gennaio 2016

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diritto per tutti nità siate testimonianza, voi potete entrare con la vostra testimonianza, corpo a corpo con chi ha bisogno di coraggio, di sostegno. Sostenere le nuove energie spese per il lavoro; promuovere uno stile di creatività che ponga menti e braccia attorno a uno stesso tavolo; pensare insieme, progettare insieme, ricevere insieme e dare aiuto: sono queste le forme più efficaci per esprimere la solidarietà come dono. E qui c’entra, la Chiesa, perché è Madre di tutti!”. Questo il mandato rivolto a me, a noi giovani affinché possiamo sempre di più farci accompagnatori e testimoni di una Chiesa Viva, aperta, che ascolta, che sostiene tutti proprio come farebbe una mamma col suo bambino. (Teresa Di Costanzo) Il progetto Policoro è presente anche nella nostra realtà diocesana per farsi accompagnatore di tanti giovani che oggi vivono il grande problema della disoccupazione. Insieme possiamo cercare offerte di lavoro, valutare e ideare un’idea progettuale, orientarti nel mondo lavorativo e scolastico. Come ci ha suggerito Papa France-

sco facciamoci portavoce di questo grande progetto che la Chiesa da anni sostiene.

Orari Centro Servizi: Mercoledì dalle 10.00 alle 12.00 presso la Curia vescovile di Ischia, Via Seminario n.26 Per info e contatti Giustina 3289556098 Teresa 3774246426 Email: diocesi.ischia@progettopolicoro.it Pagina Facebook: Progetto Policoro Ischia


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Società 9 gennaio 2016

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2015: cosa tenere o lasciare Individuati dal Rapporto Bes tre punti di debolezza e altrettanti di forza. Necessario anche recuperare un rapporto nuovo con la politica per valorizzare l’impegno di tutti. Di Andrea Casavecchia

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nizia il 2016, cosa si può tenere e cosa invece dovremmo lasciarci alle spalle? Per azzardare una risposta occorre prestare attenzione ad alcune tendenze che indicano dei punti nevralgici per il nostro futuro. Per raggiungere lo scopo si possono utilizzare i dati raccolti dal Rapporto Bes 2015 (benessere equo e sostenibile) che l’Istat, insieme al Cnel, ha elaborato a fine anno. Questo lavoro è prezioso e ambizioso perché mira a offrire un nuovo punto di riferimento non soltanto per verificare lo stato dell’arte del nostro Paese, ma per valutare strategie di futuro. L’obiettivo è favorire un orizzonte aperto per leggere la nostra società in modo ampio, così da superare una visione economicistica, vincolata alla valutazione del prodotto interno lordo o del suo rapporto con il debito pubblico. Perciò oltre allo sforzo scientifico per misurare diversi fattori che abbiano un impatto diretto sul benessere umano e ambientale, si tratta di imprimere una svolta culturale. Possiamo evidenziare allora tre punti di debolezza sui quali invertire la rotta per lasciarceli alle spalle e tre punti di forza sui quali investire per consolidarli nel 2016. Dal Bes emergono almeno tre difficoltà strutturali per il nostro Paese, che sono sempre un po’ più gravi nel Mezzogiorno: la prima riguarda il mondo lavorativo, legata a una scarsa qualità del lavoro offerto, perché aumentano gli occupati “sovra istruiti”, quelli che hanno un titolo di studio superiore alle mansioni che occupano, e perché crescono i part-time involontari, quelli che lavorano con orari ridotti non per scelta ma per imposizione. La seconda è connessa al progressivo invecchiamento della popolazione: aumentano le persone con demenza senile e malattie del sistema nervoso che incidono sulla qualità della vita sia di questi anziani malati sia dei loro parenti a causa di una debolezza dei servizi di assistenza. La terza è la costante sfiducia verso la politica: i partiti raccolgono un voto medio di 2,4, il Parlamento di 3,6, i consigli regionali e comunali 3,7.

Dal Bes si riscontrano anche tre punti di forza: innanzitutto va rilevato l’aumento dei giovani che concludono il loro percorso di studi e si riduce il divario con gli altri Paesi europei. Il secondo è la crescita di

fiducia nelle relazioni: si può contare sulla propria rete relazionale per l’81,7% della popolazione e ci si può fidare degli altri per il 23,2%. Il terzo punto di forza è l’ottimismo verso il futuro: per il 27% della popolazio-

ne la propria condizione di vita migliorerà nei prossimi cinque anni, lo scorso anno lo pensava solo il 23%. In quest’ultimo caso è importante segnalare che sono i giovani, quelli più colpiti dagli anni di crisi, i soggetti in cui si riscontra l’incremento più positivo. Migliorare il livello di istruzione, le reti sociali e la percezione del futuro ci danno una forte spinta che però va letta anche alla luce delle difficoltà, perché per incrementarle sarà importante consolidare le condizioni lavorative, sostenere i compiti di cura delle famiglie e soprattutto recuperare un rapporto nuovo con la politica, perché solo così in Italia potremo godere dei frutti di un gioco di squadra che valorizzi tutta la comunità.


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Società

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Di dott.ssa Rossella Verde psicologa

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ente e corpo: resiste la dicotomia, nonostante le illusioni che questa sia stata ormai superata. Continuiamo a pensare che il corpo e la mente viaggino su due binari paralleli e che lavorino in modo indipendente per costituire quell’unità perfetta chiamata “persona”. Tendiamo a dare importanza ai segnali che ci manda il nostro corpo quando qualcosa non va ma non siamo abituati a fare altrettanto con le ferite dell’animo. Questo perché ancora troppo spesso la sofferenza e il disagio psicologico sono oggetto di pregiudizi e stigmatizzazioni. Mostrare le proprie debolezze, manifestare il proprio dolore e la propria disperazione è sempre più difficile, così com’è difficile trovare qualcuno con cui condividere lo sconforto che ne deriva. Il sentimento di solitudine imperversa e l’unica via d’uscita può diventare quella di mettere fine alle proprie sofferenze in modo definitivo, rivolgendo contro di sé un dolore che non si riesce a gestire. Queste sensazioni spesso si accompagnano a momenti di maggiore difficoltà nel ciclo vitale di un individuo, che si percepisce inefficace davanti a problemi che sembrano insormontabili e non permettono di intravedere una soluzione. È un obbligo morale per tutti noi contribuire a sviluppare e a diffondere un’ottica preventiva e far sì che

Ferite dell’animo Cosa fare quando qualcuno accanto a noi soffre un disagio psicologico.

il disagio psicologico non venga più considerato come qualcosa di cui vergognarsi. Prevenire il disagio psichico vuol dire prima di tutto avere chiaro cosa succede a livello sintomatologico, ossia a quali sintomi, o più semplicemente atteggiamenti e comportamenti, bisogna guardare per potere in poco tempo essere in grado di individuare una sofferenza psicologica. Sono sintomi che ap-

partengono a chi non vive pienamente e serenamente la propria appartenenza sociale, il proprio esserci nel mondo, e sceglie per questo di allontanarsene. Ma quali sono gli aspetti che contribuiscono a sviluppare un’ottica preventiva? Innanzitutto è auspicabile un miglioramento della diagnosi e del trattamento dei disturbi psichici, con un accesso facilitato alle

strutture di cura. In secondo luogo, ogni individuo dovrà impegnarsi nell’ascolto attivo e nell’accoglienza dell’altro, mentre responsabilità delle istituzioni è quella di rafforzare la solidarietà di fronte alle difficoltà del tessuto sociale, familiare, professionale. Soltanto l’impegno congiunto potrà aiutare chi soffre a rimarginare le ferite dell’animo e a trovare una via d’uscita.


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Punti di Vista 9 gennaio 2016

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UN NUOVO ANNO

Di Franco Iacono

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Il Nuovo Anno si apre sommerso già da brutture e da violenze. Da quelle di massa subite dalle donne a Colonia nella notte di Capodanno, alle decapitazioni, anche qui di massa, in Arabia Saudita ed alle conseguenti tensioni con l’Iran, di cui alla guerra eterna tra Sunniti e Sciiti. Fino alle eterne morti per camorra, le cui armi funeste non tacciono neppure di fronte al Bambino che nasce. Sullo sfondo, ancora la morte, di parto addirittura!, per alcune giovani donne, nei giorni di fine d’anno. Intanto si “celebra” il primo anniversario della strage al Charlie Hebdo a Parigi. Senza dimenticare che, comunque, il terrorismo sta vincendo dappertutto, se è vero che molte manifestazioni di fine d’anno sono state annullate, che ingenti risorse vengono impegnate per la prevenzione, i controlli, la difesa. E la gente ha paura. Mentre i problemi che pongono i migranti, che comunque continuano a morire sul mare – quanti bambini! – tornano con la loro dolorosa crudezza. Gli Stati pensano di difendersi innalzando “muri” ed ora sospendendo anche l’applicazione del trattato di Schengen. Viviamo tempi di insicurezza e di incertezze. Anche del futuro. E non saranno le parole di Renzi, devo dire coraggioso ad incitare all’ottimismo, a far sorridere gli italiani, nel segno di qualche “0,”, in aumento, rispetto alla tragedia della disoccupazione giovanile. In questo mare, attraversato da mille tempeste, che provocano preoccupazioni e profonda tristezza, per fortuna si stende la parola di Papa Francesco, incessante, che incita alla Speranza all’Amore, alla Misericordia ed al Perdono. Riuscirà la sua Testimonianza a darci Pace e Serenità? Intanto, ascoltarLo fa bene all’animo e riempie i cuori! 2. Per fortuna a Milano un albero è fiorito. Sotto il Pirellone. Nel cuore dell’inverno. Scrive Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera del 31 dicembre: “La strana mitezza del clima fa esplodere i colori di primavera: una specie di Miracolo a Milano,

come neanche lo furono i funghi che Marcovaldo vide spuntare alla fermata del tram. Il manovale di Calvino ne fu stupefatto, “gli parve che il mondo grigio e misero diventasse tutt’a un tratto generoso di ricchezze nascoste, e che dalla vita ci si potesse ancora aspettare qualcosa, oltre la paga

orario del salario contrattuale…””. Qui sull’Isola ho colto rose, fiori di ginestra e, nel meraviglioso Giardino della Mortella, già le viole mammole. L’augurio: che anche il nostro animo in questo tempo oscuro possa fiorire alla Speranza ed alla Bellezza.


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Giubileo Misericordia della

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LA MISERICORDIA E IL CONCILIO

Continua l’approfondimento del rapporto tra Concilio e misericordia. Oggi uno sguardo ai temi e documenti che hanno tracciato il cammino ecclesiale di questo cinquantennio sulla scia del Concilio.

La “danza” di Dio col suo popolo

Di don Pasquale Trani Delegato vescovile per la pastorale

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ecita il salmo 85: “Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo”. Due soggetti “danzano”: il Dio della misericordia, della verità, della giustizia e della pace, che prende l’iniziativa dell’alleanza e le resta fedele anche di fronte alle continue infedeltà dell’uomo; il Popolo di Dio, che un po’ alla volta, a partire dall’Antico Testamento, è aiutato dal Signore a credere nel suo amore, perché Lui è sempre “ricco di misericordia” (cf. Ef 2, 4). La misericordia si manifesta come fedeltà di Dio a Se stesso, al suo più intimo mistero, che si rivela in Gesù di Nazareth come amore-agape (cf. 1 Gv 4, 8.16): capace di dare la vita affinchè gli uomini possano diventare una sola cosa in Lui e tra loro (cf. Gv 17, 6.21). Questa “danza” di Dio con l’uomo – con tutte le asperità e cadute causate dalle infedeltà umane – è stata riproposta alla nostra attenzione dal Concilio e oggi da papa Francesco con l’anno della misericordia. Francesco, citando papa Giovanni XXIII, che nel convocare il concilio invocava la “medicina della misericordia” e una nuova pentecoste, si è appoggiato all’inter-

pretazione dello stesso Vaticano II del beato Paolo VI (cf. l’allocuzione del 7/12/1965, durante l’ultima sessione pubblica del Concilio), che parlò di un singolare atto d’amore di Dio nei confronti dell’intero Popolo di Dio e di ogni singolo uomo, riproponendo la figura del buon Samaritano e della spiritualità che ne deriva come modello da seguire dalla Chiesa nella sua missione oggi e in tutti i tempi. Nel cinquantennio che è dietro di noi il concilio ha spronato la Chiesa cattolica a non temere il confronto con la storia, sperimentando nella categoria del “dialogo” a tutto campo con altre chiese, con la società, con altre religioni e culture la sua capacità di restare fedele a Dio ma anche nel servizio all’uomo, con quello sguardo di misericordia che sgorga appunto dall’alzare sempre gli occhi verso il Crocifisso-Risorto. Se non consideriamo l’immensa mole di documenti e iniziative delle Chiese locali e ci fermiamo a considerare solo i pontefici che si sono succeduti – Paolo VI, Giovanni Paolo I e II, Benedetto XVI, Francesco – ciascuno col proprio carattere, con la propria storia e il proprio carisma, essi hanno attualizzato, nel confronto con le sfide che il mondo poneva e pone alla Chiesa, i punti posti come pietre miliari dai documenti conciliari. Da lì sono nate perle preziose che hanno accompagnato la “danza” di questo ultimo tratto di strada della Chiesa col suo Signore. Ne cito solo alcu-

ne di queste “perle”: Ecclesiam suam (Paolo VI, enciclica, 6/8/1964), Populorum progressio (Paolo VI, enciclica, 26/3/1967), Evangelii nuntiandi (Paolo VI, esortazione apostolica, 8/12/1975); Redemptor hominis (Giovanni Paolo II, enciclica, 4/3/1979), Mulieris dignitatem (Giovanni Paolo II, lettera apostolica, 15/8/1988), Centesimus annus (Giovanni Paolo II, enciclica, 1/5/1991), Novo millennio ineunte (Giovanni Paolo II, lettera apostolica, 6/1/2001), la prima Giornata di preghiera delle religioni per la pace (Assisi, 27/10/1986); Deus caritas est (Benedetto XVI, enciclica, 25/12/2005), Caritas in veritate (Benedetto XVI, enciclica, 29/6/2009); Evangelii gaudium (Francesco, esortazione apostolica, 24/11/2013), Laudato si’ (Francesco, enciclica, 24/5/2015). Non può essere ovviamente questa rubrica lo spazio adatto per un eventuale approfondimento dei temi che questi documenti trattano (invito i lettori a prendere in mano almeno uno di essi e a leggerlo per intero; su internet o in libreria si possono facilmente ritrovare), ma certamente danno l’idea dello sforzo che la Chiesa post-conciliare ha posto in essere per camminare col proprio tempo, offrendo spunti suggeriti dalla Scrittura, forniti dallo Spirito che non cessa mai di soffiare verso chi è mosso da intenti caritativi, sia in termini intellettuali che concreti, di azione pastorale. Per continuare il dialogo con l’autore inviate una mail a pasqua.trani@gmail.com


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Continua da pag. 1 le per la Pastorale – ha tenuto una breve catechesi per prepararci spiritualmente a vivere con maggiore intimità con Dio questo momento (all’interno del Kaire trovate il testo per poterlo meditare). Tutti sono chiamati alla santità, sposi compresi! Forse in passato l’attenzione puntava più sulla vita consacrata, mettendo in ombra la vocazione al matrimonio. Ma è dal concilio vaticano II in poi che è emersa la santità laicale. Nella famiglia la chiamata alla santità passa attraverso un tipico amore che si snoda nel quotidiano e diventa condivisione, tenerezza, collaborazione, gioco, perdono… Una chiesa domestica, in casa. Un’occasione quindi per farsi santi insieme. Queste le parole di papa Francesco durante la canonizzazione: «I santi coniugi Martin hanno vissuto il servizio cristiano nella famiglia, costruendo giorno per giorno un ambiente pieno di fede e di amore; e in questo clima sono germogliate le vocazioni delle figlie, tra cui santa Teresa di Gesù Bambino”. Entrambi, prima di unirsi in matrimonio il 13 luglio 1858, avrebbero voluto consacrarsi nella vita religiosa, ma Dio aveva altri progetti su loro. Accolsero con gioia nove bambini. La prova dovuta alla morte di quattro di loro li rafforzò nella fiducia e nell’abbandono nel Signore. Sebbene tutti e due lavoratori, riuscirono a conciliare le esigenze delle attività commerciali con quelle della famiglia. Aleggiava in famiglia il desiderio di santità. Ma cosa può farci santi insieme? “Metterci in ascolto della volontà di Dio – afferma Padre Lagnese – che cosa Dio vuole da questa famiglia? Dalla nostra famiglia? Che ci apriamo a Lui perché vuole fare un meraviglioso progetto di vita, per farci santi. Che queste reliquie possano risvegliare in noi il desiderio di rimettere Gesù al centro delle nostre famiglie. I coniugi Martin ne sono un esempio. Chissà quanti sogni meravigliosi ha Dio su di noi, sulle nostre famiglie. Affidiamoci ai coniugi Santi, approfittiamo di questo regalo, di averli qui fra di noi. Il Signore farà del bene alle famiglie della nostra Diocesi soprattutto a coloro che vivono un momento di smarrimento e di crisi. Se noi siamo lontani da Lui, Lui non lo sarà mai da noi”. Al termine della celebrazione eucaristica sono state consegnate le reliquie a quattro famiglie dei rispettivi decanati isolani, dove poi hanno iniziato a girare per le parrocchie e le

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Farsi santi insieme

case di tutta l’isola. Esempio luminoso di vita coniugale vissuta nella adesione alla volontà del Signore, nell’accoglienza e nell’educazione dei figli, nella realizzazione delle virtù umane e cristiane, i coniugi Martin sono ora santi non perché hanno messo al mondo una grande santa (Santa Teresa di Gesù Bambino), ma per aver vissuto santamente come coppia. La loro testimonianza possa far crescere in noi l’ascolto reciproco, la comunione fraterna, la carità vicendevole. Lorenzo Russo Daniele Calise


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II CATECHESI SULLE OPERE DI MISERICORDIA BIOGRAFIA

CHI E’ GIOVANNI PAOLO RAMONDA Nato a Fossano, in provincia di Cuneo, il 3 maggio 1960, è settimo e ultimo figlio di Stefano e Maria; in questa famiglia respira un clima di semplicità, rispetto, preghiera ed accoglienza che segneranno per sempre la sua vita. È sposato con Tiziana Mariani dal 1984. Hanno 3 figli naturali e 9 accolti che vivono con loro da molti anni nella Casa Famiglia di Sant’Albano Stura, in provincia di Cuneo. L’incontro con don Oreste Benzi e la Comunità Ramonda ha incontrato la Comunità Papa Giovanni XXIII a 19 anni quando, durante le vacanze di Natale del 1979, va a Rimini per conoscere da vicino questa esperienza di cui ha sentito parlare da un sacerdote di Forlì, don Mino Flamigni, incontrato presso il centro di spiritualità di padre Gasparino a Cuneo. A Rimini rimane subito colpito dall’intenso cammino di fede e di condivisione che caratterizza le case famiglia; ha inoltre l’opportunità di incontrare personalmente don Oreste Benzi che gli propone di andare a vivere nella Casa Famiglia di Coriano. Ramonda accetta la proposta e sceglie di svolgere il servizio civile nella Comunità Papa Giovanni XXIII. Nel 1980 apre con Tiziana Mariani, che poi diventerà sua moglie, ed altri giovani, la prima Casa Famiglia della Comunità in Piemonte. Dal 1981 è responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII per la zona Piemonte e dal 1998 vice responsabile generale dell’associazione, divenuta nel frattempo “Associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio”. In virtù di questo incarico, dopo la morte di don Benzi avvenuta il 2 novembre 2007, assume ad interim le funzioni del Responsabile generale fino all’assemblea straordinaria convocata per il 12 e 13 gennaio 2008 al Palacongressi di Rimini. Il 13 gennaio 2008 l’assemblea dei votanti – costituita dai 156 delegati e dai responsabili delle 46 “zone” in cui l’associazione era articolata in Italia e nei vari Paesi del mondo – lo elegge Responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, primo successore di don Oreste Benzi. Studi e attività pubblicistica Nonostante gli incarichi e l’intensa vita di condivisione con gli ultimi, Giovanni Ramonda ha sempre dedicato particolare attenzione ed impegno allo studio, conseguendo il titolo di Magistero in scienze religiose presso la facoltà teologica di Torino, la laurea in Pedagogia con indirizzo psicologico presso la facoltà di Magistero di Torino, il titolo di Consulente sessuologo, assieme alla moglie Tiziana, presso l’Istituto di sessuologia clinica di Torino. Giornalista pubblicista, è attualmente direttore responsabile dei due periodici editi dalla Comunità Papa Giovanni XXIII: il mensile “Sempre” e il bimestrale “Pane Quotidiano”. Ha inoltre collaborato per molti anni con il settimanale diocesano di Fossano La Fedeltà. È autore di numerosi saggi: La preghiera dei poveri (Ed. Esperienze), Una Comunità che condivide (Ed. Esperienze), Nuovi modelli educativi familiari (Ed. Sempre), È festa senza fine (Ed. Gribaudi), Perché hai abusato di me (Ed. Esperienze), Ama e fa’ ciò che vuoi (Ed. Esperienze), La terapia della realtà (Ed. Esperienze), La qualità della relazione (Ed. Esperienze), Il soffio, la barca, le vele: i movimenti e le nuove comunità nella Chiesa e 100 risposte sulla Comunità Papa Giovanni XXIII (Ed. Sempre). Incarichi extra associativi

Nel corso degli anni ‘90 è stato consulente di cultura biblica presso il carcere di Fossano tenendo numerosi incontri formativi con i detenuti. Dal 1996 al 2002 è stato docente di Pedagogia presso la Scuola regionale per educatori professionali di Fossano. Nel 1994 è stato consigliere comunale (eletto in una lista civica) del Comune di Fossano, dimettendosi l’anno successivo per assumere la carica (ricoperta fino al 2002) di membro del consiglio di amministrazione del Consorzio Monviso Solidale, un consorzio socioassistenziale di 56 comuni del cuneese. Dal 1993 al 1999 è stato Presidente, ed è attualmente consigliere, della Cooperativa sociale Il Ramo di San Rocco di Bernezzo (CN). Dal 2000 al 2004 è stato Presidente dell’Istituto comprensivo didattico di Benevagienna, Trinità, Salmour e Sant’Albano Stura.

Vestire gli ignudi 11 gennaio 2016 ore 20:00 Chiesa Cattedrale Con Giovanni Paolo Ramonda Pres. Comunità Papa Giovanni XXIII

Giovanni Paolo Ramonda

Don Oreste Benzi

«Che giova, fratelli miei, se uno dice di aver la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi, ma non dà loro il necessario per il corpo, che giova?» (Gc 2, 14-16).


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Piccole chiese

I reliquiari dei santi coniugi Martin sono ent

di S. Teresa di Gesù Bambino ha portato con

Da Barano: “la presenza delle reliquie dei Martin si è fatta v chiese domestiche dove si è condiviso la quotidianità della restituire anche se siamo certi che una pioggia di grazie ci s


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e domestiche

trati nelle nostre case. La santità dei genitori

nforto, pace, gioia, serenità, misericordia…

viva. Le nostre famiglie sono davvero diventate piccole vita di famiglia. La gioia è stata pari alla nostalgia nel doverle sarà anche per le altre famiglie!!”

Da Ischia: “nelle case dove abbiamo portato le reliquie dei Santi sposi Martin c’erano spesso ferite profonde come il lutto, la malattia, la solitudine. La presenza degli sposi si sentiva viva tra noi e si avvertiva una forte comunione, un dolce conforto, un grande abbraccio come in una VERA FAMIGLIA”


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“Oggi la salvezza – misericordia La presente catechesi, declinata in chiave familiare – con qualche adattamento al tono colloquiale - è stata offerta ai coniugi coinvolti nell’accoglienza delle reliquie in casa, domenica 3 gennaio scorso, in episcopio, da don Pasquale Trani (responsabile dell’ufficio di pastorale familiare che, insieme ai coniugi corresponsabili, Raffaella Mattera e Antonio Di Leva, ha promosso l’iniziativa della peregrinatio diocesana) a mo’ di introduzione alla Peregrinatio.

Di don Pasquale Trani

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roponiamo innanzitutto la lettura del brano biblico da cui prende spunto il motto della Peregrinatio (Luca, 19, 1-10): “Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città. Un uomo, di nome Zaccheo, il quale era capo dei pubblicani ed era ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non poteva a motivo della folla, perché era piccolo di statura. Allora per vederlo, corse avanti, e salì sopra un sicomoro, perché egli doveva passare per quella via. Quando Gesù giunse in quel luogo, alzati gli occhi, gli disse: «Zaccheo, scendi, presto, perché oggi debbo fermarmi a casa tua». Egli si affrettò a scendere e lo accolse con gioia. Veduto questo, tutti mormoravano, dicendo: «È andato ad alloggiare in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo si fece avanti e disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno di qualcosa gli rendo il quadruplo». Gesù gli disse: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, poiché anche questo è figlio d’Abramo; perché il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto».” - “Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città.” Che bello sapere che ancora oggi – col Natale – Gesù voglia ancora passare per le nostre strade, intrattenersi nella nostra isola e nei nostri vicoli…! - “Un uomo, di nome Zaccheo, il quale era capo dei pubblicani ed era ricco,” a)“capo dei pubblicani”: un’espressione coniata apposta da Luca, perché in realtà non esisteva la figura del capo dei pubblicani: un’ enfasi letteraria per sottolineare come Zaccheo non fosse un pubblicano qualsiasi… b) “ricco”: di che? Di beni materiali, ovviamente! Pos-

sibile che pensiamo solo a queste ricchezze? Non sono forse da considerarsi una ricchezza inestimabile i beni relazionali, affettivi? Non cerchiamo forse qualcosa o qualcuno che possa appagare la nostra voglia di condivisione e comunione profonda? Non è stato forse questo che vi ha attratti irresistibilmente nell’innamoramento? La prima lettura di questa II domenica dopo natale (Siracide) ci parla della ricerca della sapienza come bene inestimabile… - “cercava di vedere chi era Gesù, ma non poteva a motivo della folla, perché era piccolo di statura.” a) anche le nostre famiglie possono chiedersi – non in modo rituale, abitudinario, distratto -: chi è Gesù per noi? In mezzo alla folla: rumori, televisioni, attività a volte frenetiche, i bilanci familiari che a volte tolgono il sonno per la crisi…; amici che ci parlano male della Chiesa e della nostra stessa parrocchia o che danno una cattiva testimonianza… b) Zaccheo era “piccolo di statura”: c’è una piccolezza che purtroppo caratterizza anche le nostre vite e le nostre vedute: nutrendoci spesso di maldicenze e cose meschine, finiamo per ridurre le nostre visuali alla misura di queste piccole cose: i coniugi Martin hanno “volato alto”, non si sono fatti portare giù dalla corrente della disperazione di fronte ad esempio alle tante prove che hanno vissuto nella loro vita di famiglia… - “Allora per vederlo, corse avanti, e salì sopra un sicomoro, perché egli doveva passare per quella via”. a) “corse avanti”. Dio ci lascia andare avanti, ci lascia liberi di fare le nostre esperienze, ma ci guarda anche con occhio vigile e materno come fa un genitore col proprio piccolo che deve cominciare a fare i propri passi da solo, prima un po’ sorretto, poi da solo, ma sempre con la mamma o il papà che stanno nei pressi,

pronti a intervenire se vi fosse uno sbandamento: anche i santi e i Martin in particolare, sono là a vegliare con la Madonna sul nostro cammino! b) “sicomoro”. Un albero alto, ma che ha rami che giungono quasi a toccare terra e che quindi consentivano agilmente a Zaccheo di poter salire su e “vedere”: ci sono sicomori nella nostra esistenza? Chi ci aiuta a “vedere” dall’alto? La Parola di Dio! In questi giorni della Peregrinatio domestica non a caso abbiamo chiesto la presenza di una bibbia vicino alle reliquie dei Martin: è la sacra Scrittura che ci indica la strada e ci fa capire le direzioni giuste da prendere: nel rapporto di coppia, nell’educazione dei figli, nella cura dei malati, nelle prove della vita, nel lavoro e nella condivisione dei beni. - “Quando Gesù giunse in quel luogo, alzati gli occhi, gli disse: «Zaccheo, scendi, presto, perché oggi debbo fermarmi a casa tua»”. a) “alzati gli occhi”: Gesù con estrema umiltà, si mette sotto di noi – è la lezione del natale – si fa umile e ci viene incontro affinchè tutti lo possano vedere e incontrare. Non un Dio che ci guarda e ci giudica dall’alto del suo cielo, no, un Dio che si mostra umilmente a noi! b) “scendi”. …Ma anche un Dio che, proprio perché si fa umile, può permettersi di dire con decisione a Zaccheo: “scendi subito”! Lui legge nel profondo dei cuori e scruta l’esigenza di amore e verità profonda che c’è in tutti noi e nelle nostre case, in modo conscio o inconscio, và dritto al cuore, senza fronzoli e ci invita a… casa nostra (sembra una contraddizione) perché è là che vuole far festa con noi, la casa diventa “chiesa domestica”, perché vi facciamo entrare il Signore! - “Egli si affrettò a scendere e lo accolse con gioia”. a) “si affrettò”. Non perse tempo, Zaccheo. Non

fece come spesso facciamo noi rispetto a qualche proposta di approfondimento della fede a cui diciamo: “non ho tempo, ora, poi vediamo più in là…”, oppure: “eh, magari, ma ho tanto lavoro, tante cose da fare, i figli…”. No, Zaccheo è l’emblema della famiglia “affamata di Dio”, che lo cerca con tutto il cuore perché ricorda che davanti al suo altare ha preso forma quel progetto d’amore che si chiama famiglia, matrimonio! Il vedovo, san Luigi Martin, decise di devolvere una ingente somma sul finire della sua vita per far erigere un altare maestoso a Lisieux… b) “con gioia”. Anche l’accoglienza delle reliquie in casa non sia un’accoglienza formale, rispettosa, quasi dovuta (per non dire di no al parroco o alla coppia di coniugi amici che ce l’hanno proposta, per non sentire i rimbrotti della suocera o della moglie…), ma in fondo non sentita. No, sia un’accoglienza fatta con gioia, aspettata come un’occasione unica nel libro della vostra famiglia, una grazia unica! Come il centurione romano che disse a Gesù: “O Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto…”, come noi ripetiamo prima di partecipare alla Comunione… - “Veduto questo, tutti mormoravano, dicendo: «È andato ad alloggiare in casa di un peccatore!».” a) “tutti mormoravano”. Non preoccupiamoci come spesso capita del giudizio o pregiudizio della “gente” o forse degli stessi parenti o delle altre famiglie della parrocchia che potrebbero essere mosse da gelosia (in questo caso “santa invidia!”). b) “un peccatore”. Sì, Zaccheo era un pubblico peccatore, oggi diremmo un corrotto, un noto imbroglione da cui stare alla larga, eppure Gesù va là, a casa sua!! Così anche vuol entrare in casa nostra, dove magari non facciamo niente di male, ma


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è entrata in questa casa”

forse poco si fa per far crescere il bene, la vita di Dio, il rispetto di TUTTI i comandamenti e soprattutto di quello che Gesù stesso definirà “IL” comandamento: l’amore a Dio e l’amore al prossimo: la famiglia dovrebbe essere una palestra “h24” di questo amore che diventa reciproco… - “Ma Zaccheo si fece avanti e disse al Signore: «Ecco, Signore, io do

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la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno di qualcosa gli rendo il quadruplo»”. a) “si fece avanti”. Mi vengono in mente quelle scene dove è chiesto un atto eroico, il sacrificio anche della propria vita… In questo caso Zaccheo trova il coraggio, che gli viene dalla gioia dell’incontro rinnovatore con Gesù, per dire pubblicamente quel che è ma anche quel che intende fare: ri-

parare ai danni della sua malvagità ormai passata, del suo egoismo di prima. Forse, se ci facciamo un serio esame di coscienza, c’è sempre, tanto o poco, da riparare in famiglia: qualche “scusa-permesso-grazie” (vd. Papa Francesco) che non si è detto al coniuge, dandolo troppo per scontato e ovvio; qualche azione che si doveva compiere verso il coniuge che non si è fatta per negligen-

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za, per vendetta…; qualche tempo e attenzione non data verso i genitori-nonni, dimenticando il comandamento; qualche attenzione maggiore e migliore in qualità verso l’educazione dei figli… b) “la metà dei miei beni…il quadruplo”. Che coraggio mostra Zaccheo! Ora la sua vita ha preso proprio un andamento inverso. Dà invece che togliere. Dice un salmo: “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”: il papa ci invita e provoca continuamente a vivere nello stile del “date e vi sarà dato”, pensando ai poveri di Roma e di tutto il mondo. E le nostre famiglie quanto sono capaci di dare, di condividere i loro beni e non solo accumulare per i figli nel timore del futuro incerto…? Quanto le nostre famiglie si aprono ai bisognosi e collaborano con la parrocchia e la diocesi per sostenere i più deboli…? Da qualche tempo abbiamo intrapreso un progetto che vorremmo farvi conoscere di più che si intitola proprio “Progetto di Solidarietà Familiare”, indirizzato a ogni singola parrocchia, dove le famiglie si associano in modo semplice e diretto per farsi solidali con le altre famiglie più bisognose… - “Gesù gli disse: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, poiché anche questo è figlio d’Abramo; perché il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto».” a) “Oggi”. Non sappiamo del domani, ma abbiamo in mano la chance del presente, dove permettere a Dio di “entrare” e fare il suo “lavoro” preferito: dare misericordia, far avvertire il suo amore, riscaldare e dare gioia “oggi” a tutti i componenti della famiglia! b) “la salvezza…”. Abbiamo dato come titolo di questa “mini-missione per le famiglie “Oggi la Misericordia è entrata in questa casa”, mutuando proprio da quest’episodio la frase-motto. Sì, perché nell’oggi della Chiesa che viviamo c’è l’anno della Misericordia, voluto da Francesco proprio per far avvertire a tutti che la salvezza del Signore si connota di misericordia non come semplice attributo divino ma quale sua fondamentale dimensione di Essere. Possa questa misericordia inondare di gioia le vostre case e tutte le nostre parrocchie, grazie al passaggio santo delle reliquie dei santi Luigi e Zelia, quali segno dell’amore di Dio per tutte le famiglie e possa tutta la nostra Chiesa di ischia diventare più “Chiesa-famiglia”! AUGURI di…SANTITA’ a tutti voi e alle vostre famiglie e a quanti entreranno nelle vostre case! Daniele Calise


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L'adorazione dei Magi

Il primo luogo sacro sul Castello medievale Di Isabella Marino per quischia.it

I

l 24 maggio scorso gli isolani saliti al Castello per la giornata di apertura a loro dedicata, avevano già potuto ammirarla. Così come i tanti turisti che quest’anno hanno visitato la rocca. Ma fino ad oggi, per tutti, quella cappellina accessibile dalla cripta scendendo cinque scalini era priva di identità. Una sorpresa, stupefacente per quegli affreschi appena restaurati, che aggiungevano un nuovo gioiello al tesoro già rappresentato dal complesso storico-artistico formato dalla Cattedrale e dalla cripta. Dove, nel frattempo, proseguiva il restauro della cappella Bulgaro, identificata grazie alla presenza dello stemma della potente famiglia di epoca angioina. Il particolare che ha permesso di riscoprire anche le origini dell’anonima cappellina sottostante, identificata per anni solo con il numero 8. Un mistero finalmente svelato grazie alla determinazione con cui la storica dell’arte SERENA PILATO ha affrontato una ricerca difficilissima, se non addirittura ardua per la mancanza di qualunque fonte documentaria e la scarsità degli elementi utili, scovati “leggendo” attentamente ogni millimetro delle parti dipinte. Ciò che rende ancora più intrigante il risultato di quella ricerca, affidato alle pagine di un volumetto – presentato pochi giorni fa sul Castello - “LA CAPPELLA DEI CALOSIRTO”, che dopo sette secoli di oblio ci restituisce una entusiasmante pagina della storia dell’Insula Minor. LA SCOPERTA DELLA CAPPELLINA SOTTO LA CRIPTA Già la scoperta della cappellina aveva avuto modalità straordinarie, seppur non uniche sul Castello. Durante una verifica nella cripta, una decina di anni fa, si era notata una parete un po’ malmessa e, appurato che si trattava di un tompagno, la si era abbattuta scoprendo dietro di essa un ambiente, sottostante al piano di calpestio della cripta, pieno di detriti e che non aveva suscitato sulle prime particolare interesse. “Pensavamo fosse un

Serena Pilato illustra l'opera

La straordinaria storia della sottoscala”, ha spiegato l’architetto NICOLA MATTERA, che ha raccontato come poi si fosse deciso di estrarre quella terra, che era risultata piena di ossa, facendo già ipotizzare che si trattasse di un luogo di sepoltura per una pestilenza. Ed era stato emozionante, man mano che la terra veniva tolta, veder apparire i dipinti sulle pareti: “Immagini molto nitide all’inizio, che il contatto con l’aria e il sale in poche ore coprirono”. Ci si premurò di mettere subito in sicurezza la struttura, per poi procedere ad un accurato recupero, affidato all’equipe dell’ISTITUTO EUROPEO DEL RESTAURO, guidata per il restauro pittorico da ELEONORA CERRA, con il contributo specialistico di ALBERTO FELICI del celebre Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Con il risultato che oggi in occasione della presentazione del libro ha fatto dire a Mattera: “La mia famiglia è orgogliosa di aver promosso il restauro della cappella, che per noi è un ambiente familiare. D’altra parte, il nostro rapporto con il Castello non è di possesso, ma di familiarità, perché questo luogo va curato come un componente della famiglia”. A contestualizzare le scoperte relative alla cappella dei Calosirto è stata l’architetta nonché presidente del Circolo Sadoul ILIA DELIZIA che, introdotta dal moderatore Pasquale Raicaldo, ha ricordato come già da tempo si sia ipotizzato che quella “che viene convenzionalmente definita CRIPTA”, potrebbe essere stata un EDIFICIO SACRO AUTONOMO dalla soprastante Cattedrale dell’Assunta. A sostegno di questa lettura ci sono le caratteristiche di quell’ambiente, molto diverse da quelle delle cripte medievali, di solito molto più piccole e collocate in corrispondenza dell’altare maggiore della chiesa collegata. Perciò, quella sul Castello è possibile che fosse una chiesa autonoma, che presenta peraltro elementi architettonici che si giustificano con la necessità di sostenere proprio la fabbrica della Cattedrale, innalzata nel 1302, quando gli abitanti dell’isola

maggiore colpita dall’eruzione di Fiaiano si rifugiarono sull’isolotto. Che fino ad allora aveva ospitato inizialmente solo proprietà agricole e poi progressivamente le ville dei nobili che risiedevano sull’isola grande. Fu in età angioina che, pur popolandosi il Borgo di Mare (l’attuale Ischia Ponte), le famiglie nobili cominciarono a spostare la loro residenza sul Castello. Che la costruzione della Cattedrale e il trasferimento dell’Episcopio e degli edifici civili per l’eruzione trasformarono da “castrum” a “civitas”. E già allora era presente lì la FAMIGLIA CALOSIRTO, che vi possedeva, oltre alla cappella appena attribuitale, anche la CHIESA DELLA MADONNA DELLA LIBERA e il PALAZZO di cui si fa menzione in un inventario del 1823, fatto redigere dal governo borbonico prima di fare della rocca un luogo di pena. Proprio dalla chiesa della MADONNA DELLA LIBERA è partito il percorso di GINA CARLA ASCIONE, storica dell’arte della Sovrintendenza ai Beni artistici e paesaggistici che garantisce la tutela del patrimonio artistico a Ischia e sovrintende pure ai restauri sul Castello. Già nel recupero di quell’edificio sacro dei Calosirto, anni fa, erano stati ritrovati DUE AFFRESCHI SOVRAPPOSTI: uno della fine del ’200-primi ’300 e l’altro del 1350, completamente diversi tra loro. Se il primo, infatti, è legato a influssi artistici comuni in quel periodo nell’Italia meridionale, il secondo risente chiaramente delle novità stilistiche della SCUOLA GIOTTESCA ATTIVA NELLA FABBRICA DI CASTEL NUOVO. Artisti come Maso di Banco e Roberto di Oderisio indirizzarono anche il gusto dei committenti e evidentemente l’esigenza di rinnovare le decorazioni delle chiese arrivò fino ad Ischia. La stessa duplicità di influssi e di stili si ravvisa negli affreschi della Cappella dei Calosirto e sono questi particolari stilistici che hanno svolto un ruolo essenziale nella ricerca di Serena Pilato, seguita in ogni fase dalla Ascione, così come i restauri, effettuati con metodologie rigorosamente scientifiche.


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La Storia siamo Noi

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L'affresco di scuola giottesca

Lo stemma della famiglia Calosirto

Cappella Calosirto QUEL PREGEVOLISSIMO AFFRESCO DI SCUOLA GIOTTESCA A descrivere gli affreschi e il percorso che da essi ha portato a fare luce sul passato della Cappella e sull’origine dei dipinti è stata Serena Pilato, con una esauriente relazione che ha preparato una VISITA GUIDATA NELLA CRIPTA di cui hanno goduto tutti i partecipanti alla presentazione del libro. Gli affreschi innanzitutto sono di mani, stili e periodi diversi. Sulla parete di fronte all’ingresso e su quella di destra sono raffigurate, riquadrate in rosso, scene dell’infanzia di Cristo: l’ADORAZIONE DEI MAGI, LA FUGA IN EGITTO, LA PRESENTAZIONE AL TEMPIO. Risalgono all’ultimo decennio del XIII secolo e sono opere decisamente arcaiche, di un artista dal tratto ingenuo, semplice, di chiara influenza bizantina, che potrebbe essere venuto da Salerno, perchè in quel periodo sono accertati collegamenti tra gli abitanti del Castello e quella città. La presenza di dipinti così antichi conferma l’ipotesi, già avanzata in passato, che sull’isolotto vi fosse un luogo sacro preesistente all’edificazione della Cattedrale e dunque al radicale cambiamento della funzione del Castello, con il conseguente popolamento in massa, avvenuto nel 1302. E la Cappella sotto la cripta è il nucleo più antico di tutto il complesso sacro che culmina nell’edificio della Chiesa madre, di stile gotico, della nuova città. Sulla sinistra della Cappella, in basso, a sinistra su un basamento di pietra, resta una statua in stucco della Madonna con Bambino, con entrambe le figure acefale, mentre sulla destra vi è un buco a cui doveva corrispondere un’altra statua. Sulla parete, al centro, in un riquadro sempre contornato di rosso, si trova un affresco completamente diverso dagli altri, che raffigura un CRISTO TRA LA MADONNA E SAN GIOVANNI che risale agli anni ’40 del Trecento. Serena Pilato, con lo stesso metodo utilizzato per studiare gli altri affreschi, ha compiuto un ampio e complesso lavoro di ricerca, ha fatto confronti

con artisti e opere della capitale del regno angioino e con le altre realtà artistiche del Sud ed è arrivata alla conclusione, supportata da prove decisamente convincenti, che quell’opera sia riconducibile agli ambienti giotteschi attivi a Napoli a partire dalla fabbrica di Castel Nuovo. Ma, entrando più nello specifico, ha trovato molti tratti comuni alle opere del cosiddetto MAESTRO DI GIOVANNI BARRILE, artefice della Cappella Barrile in San Lorenzo Maggiore e attivo anche nel chiostro di Santa Chiara. E siccome l’affresco ischitano è di fattura molto pregevole, c’è da ritenere che possa essere proprio opera del Maestro o di un suo allievo molto bravo. La storia di quel dipinto conferma, come ha sottolineato Ascione, che Ischia non è mai stata un territorio “di periferia” rispetto a Napoli, bensì una realtà organica a quella cittadina, anche a livello culturale, e malgrado l’insularità. Il Maestro di Giovanni Barrile, per esempio, potrebbe essere arrivato a Ischia grazie alla FAMIGLIA COSSA, giacché Marino Cossa aveva sposato una Barrile. L’affresco è al centro di una parete forse sormontata da un sarcofago, ma spoglia. Probabilmente quel dipinto è il fulcro di un’opera incompiuta. E anche le stranezze delle statue lasciano pensare ad un evento che dovette cambiare in fretta la situazione nella Cappella. Dove, al contrario che nella cripta, nella quale vi sono testimonianze di interventi di varia natura in tutte le epoche successive, nella Cappella non vi sono tracce posteriori a quell’affresco. E questo potrebbe spiegarlo, secondo Serena Pilato, l’EPIDEMIA DI PESTE NERA, che nel 1347 falcidiò la popolazione a Napoli e che probabilmente mieté vittime anche a Ischia. Perciò fu necessario trovare d’urgenza una FOSSA COMUNE per quell’emergenza sanitaria e le ossa trovate nello scavo confermano quell’utilizzo. D’altra parte, in quel periodo la Cattedrale già era stata costruita (e nella Cattedrale è riemersa anni fa una cappella trecentesca sconosciuta, affrescata secondo uno stile anch’es-

La presentazione del libro

so riconducibile alla scuola giottesca) e nella nuova chiesa i Calosirto avevano una nuova cappella. Perciò, quella più antica, che era diventata un corpo non omogeneo alla cripta e che si prestava per il suo livello ancora più in basso, fu sacrificata all’emergenza. IL LEONE RAMPANTE DEI CALOSIRTO Ma come si è arrivati a individuare nei CALOSIRTO I PROPRIETARI DELLA CAPPELLA? Decisivi sono stati gli STEMMI riemersi dal restauro: uno sulla parete centrale in basso e un altro sull’arco all’ingresso. Vi sono raffigurati un leone rampante a sinistra e delle onde a destra. C’è voluta molta pazienza, a Serena Pilato, per arrivare a identificare a chi appartenesse. La risposta è arrivata in uno dei tanti archivi consultati, in un documento che riporta gli stemmi di tutte le famiglie nobili dei epoca angioina a Napoli e dintorni, Ischia compresa. E grande è stata l’emozione nel trovare quel cognome così familiare a ogni ischitano, perchè legato al Santo patrono e concittadino, Giovan Giuseppe della Croce. Un altro tassello che si aggiunge ad una storia straordinariamente affascinante. Che getta nuova luce sul passato del principale monumento isolano e ci restituisce un altro prezioso scrigno di arte.


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Attualità 9 gennaio 2016

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LACCO AMENO

A Villa Arbusto la festa del mandarino dei Campi Flegrei Di Graziano Petrucci

M

etti che un giorno di luglio a Lacco Ameno nasce la Proloco con l’intento di valorizzare il territorio. Metti che per farlo gli associati, per gran parte attivisti volontari e commercianti di sesso femminile, si adoperano per realizzare eventi e teatro per bambini chiedendo la collaborazione delle scuole isolane, e manifestazioni all’insegna di storia, identità, cultura, saperi e sapori a Villa Arbusto con “Mi manda Rino” e li concentrano nell’ultimo mese che li separa dal nuovo anno. Se alla prima kermesse i partecipanti sono stati circa mille, la seconda segue il successo previsto ed entrambe rappresentano la prova che con la collaborazione e il coinvolgimento delle risorse umane si ottengono risultati notevoli. «Mi Manda Rino», ha disegnato un percorso enogastronomico e si è inserita nella Festa del mandarino dei Campi Flegrei, ideata dall’associazione “L’immagine del mito”. Il suo presidente, Domenico Ferrante, con l’intento di unire cultura, cibo e tradizione, la terra ferma e le isole, ha chiesto la partecipazione della neonata Pro-

loco e il comune di Lacco Ameno grazie al lavoro dei suoi associati è diventato per tre giorni la seconda tappa del tour nel circuito della zona metropolitana in cui si celebra il frutto, il mandarino appunto, che da giugno 2015 è stato inserito nell’elenco dei prodotti tradizionali della Campania. Con lo slogan “Porta un mandarino e riceverai uno sconto al botteghino” è stato possibile l’ingresso a 1€ al Museo Pithecusae di Villa Arbusto, centro nevralgico della manifestazione, e partecipare alle visite in programma il 28, 29 e 30 dicembre: alle 10.30 con “l’artigianato nel mondo antico” e alle 16 con i “racconti pithecusani” recitati dai bravissimi attori Milena Cassano e

Leonardo Bilardi. Numerosi i visitatori tra turisti e cittadini provenienti dagli altri cinque comuni dell’isola guidati dall’archeologa Maria Angela Catuogno. Tra reperti archeologici d’inestimabile valore storico e accompagnati dai brani recitati, tratti dai classici dell’Iliade e l’Odissea, a Plinio e a Dante, fino agli scritti di Giorgio Buchner, l’archeologo a cui si devono i ritrovamenti che oggi occupano le teche del museo a cominciare dalla “Coppa di Nestore”, sono diventati i protagonisti di un racconto lungo migliaia di anni cominciato dagli usi e costumi della prima colonia greca del Mediterraneo. Durante i tre giorni, in quella che fu la dépendance della Villa di

Angelo Rizzoli, i commercianti locali hanno allestito presentazioni dei più vari prodotti artigianali, ceramiche, cestini di paglia, borse, oltre ai tipici liquori dell’isola e le creme di bellezza ricavate dalle acque termali. Una sala di Villa Gingerò è poi diventata una mostra permanente per i ragazzi delle scuole medie dell’Istituto V. Mennella di Lacco Ameno i cui lavori che hanno rappresentato la storia, l’immagine e gli usi del mandarino hanno affrescato le pareti con i colori della festa. L’originale mandaperitivo, curato dagli alunni dell’istituto alberghiero “ V. Telese” è stato il contorno che ha amplificato l’animo conviviale, mentre il palato è stato soddisfatto da piacevoli assaggi di salumi e formaggi campani, oltre alle caratteristiche zeppole e polpettine fritte al mandarino, sorseggiando non solo il tipico aperitivo ma anche i vini locali della rinomata cantina di Tommasone. La passione ardente che unisce i Campi Flegrei e l’isola d’Ischia, nel corso di una festa che ha trasmesso sin da subito ambizioni e ampie prospettive ha trovato la propria relazione nella cultura, a un tempo, del cibo e del sapere.

SS Quarantore nella Parrocchia di S. Maria delle Grazie Di Mena Alvi

S

ono state un cammino interiore, le SS Quarantore, attraverso le lettere proclamate di San Giovanni apostolo; un percorso dell’amore, perché negli scritti di Giovanni se c’è una parola che risalta su tutto, questa parola è “amore”. Padre J. Ean Serge, che ha curato queste Quarantore, afferma che l’amore non è una trattazione astratta, teologica o filosofica, ma è l’amore di cui ci parla Gesù e quindi tutta l’attività di Dio nasce dall’amore ed è improntata all’amore, tutto quello che fa Dio è per amore e con amore, anche se non sempre capiamo subito che questo è amore, il vero amore. In virtù di questo amore continua il padre - il verbo si fece carne e scese in mezzo a noi, e a questo punto interloquisce con l’assemblea chiedendo chi è Dio per loro. L’ assemblea risponde vivamente e Don Serge sottolinea che “stasera Gesù è qui in mezzo a noi”. Poi ricorda le parole di Papa Francesco, che ci invita a lottare contro il cinismo e l’indifferenza; tante volte capita di stare in chiesa seduti a fianco con qualcuno che neanche vediamo. Si è indifferenti al nostro prossimo; il Papa - dice il predicatore - dopo l’elezione si recò subito a Lampedusa, proprio per non rimanere indifferente nei confronti di questi nostri fratelli sfortunati, a portare una parola di conforto e un po’ di luce; “Accogliete questa luce che dona speranza, solo così potrete cambiare la vostra vita, è vero che ci sono tante difficoltà come la famiglia, i giovani che non hanno lavoro, gli anziani, eppure quel bambino cresciuto è sceso in mezzo a noi e condivide con l’umanità le miserie e la fragilità, manifesta gioia e pace per il mondo; quando uscirete da questa chiesa è questo il messaggio che porterete agli altri, fate passa-parola come si faceva una volta. La parola si tramandava oralmente ed è così che nel pomeriggio stupisce i bambini, proponendo loro di passare da orecchio a orecchio la frase Dio ti ama”.


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Attualità

9 gennaio 2016

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ASD CULTURALE “FORMA E CONTENUTO”

MISSIONE FELICITà «A me pare bello sempre e facile sempre» Di Gesualda Schiano

Q

uesta frase riferita durante l’intervista, all’atteggiamento mentale da tenere nell’insegnare ai figli a crescere, la dice lunga anche sul modo di essere e pensare di Maria Cristina Moresco, Fondatrice e Presidente dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Culturale “Forma e Contenuto”. La sua Associazione nasce in risposta al desiderio della stessa Fondatrice di creare un contenitore di tutte le sue idee sul benessere raggiungibile, interessando tutti gli ambiti in cui le persone possano aver bisogno di aiuto per vivere meglio. Forma e Contenuto è un luogo, virtuale e fisico, ove Maria Cristina Moresco diffonde la sua idea di felicità sostenibile “che passa attraverso consapevolezza e responsabilità personale” dichiara con tono entusiasta, “non piangersi addosso, dire, va bene, sono stato male, mi han fatto male, da oggi in avanti come posso fare con le mie mani per tirarmi fuori ed andare avanti per star bene io e far star bene gli altri” cioè come agire affinché le cose migliorino e siano più vicine a come le deside-

COMUNICATO DAGLI AMICI DI CHIARA

L’ ALBERO DI CHIARA Agli amici che hanno sostenuto la campagna per piantare l’Albero di Chiara: GRAZIE! Siamo andati oltre ogni aspettativa!!! Con il contributo di tutti voi abbiamo raccolto 4000 euro così suddivisi: L’Albero di Chiara 2500 Sostegno per tenere aperto un asilo in Palestina 50 Acquisto Gasolio per riscaldamento Asilo Suore di Casamicciola 200 Acquisto proiettore e schermo per il Laboratorio Cineclub che sarà intitolato a ‘Chiara Iorio’ 1250

riamo, alla propria realizzazione personale che si riflette necessariamente su quella di chi ci sta intorno e si relaziona con noi. Ciò sposa perfettamente i principi di Civicrazia. L’Associazione, nata dunque con lo scopo di formare alla felicità, è anche sito www.formaecontenuto.it e blog su facebook (ndr forma e contenuto o contatto Maria Cristina Moresco) nei quali la Fondatrice scrive articoli sulle sue idee, propone azioni di intervento in vari ambiti, dall’azienda alla coppia allo sport, all’immagine di sé, all’autostima delle donne, l’aiuto degli animali per stare bene; e informa a riguardo delle iniziative in programma e in corso, come il corso di formazione al Counseling, di durata triennale che rilascia un diploma riconosciuto in Italia, e corsi di formazione per essere più felici e più consapevoli. Le iniziative sono rivolte solo agli associati che possono iscriversi compilando il modulo online presente sul Sito o partecipando alle iniziative pubblicizzate su Sito e Facebook. A partire da Gennaio ha inizio un corso di Pet-therapy che dura un anno, circa 140 ore. In programma anche la creazione de “L’Accademia della Famiglia” che sarà un gruppo di persone, un posto fisico dove le famiglie, le coppie, i bambini, genitori con problemi di bambini, genitori che voglio diventare genitori ma hanno alcuni problemi, possono andare per imparare come relazionarsi in famiglia, come essere felici in famiglia. La famiglia è dove il cuore trova sempre una casa, come disse Stephen Littleword. E ognuno vuole tornare in una casa dove si respira felicità. Un GRAZIE speciale a Vito Manzo che ha contribuito con l’impianto completo di illuminazione dell’albero. Di seguito segnaliamo i resoconti dei principali punti (o persone) che hanno fatto da polo di raccolta dell’iniziativa: Liceo Statale Ischia 565.00 Scuola Media Scotti 325.00 Fidapa 50.00 Inner Wheel 50.00 Lions 100.00 Garden Club 110.00 Aenaria Center 133.50 Picasso 75.00 Commissariato 110.00 Studio Di Meglio-Di Scala 150.00

Palestra fitness Colleghi Giacomo T Chic Marco B Cesare DS Silvano B Zia Rosa Marcello B Carlo L

60.00 170.00 100.00 110.00 826.50 420.00 475.00 50.00 120.00


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Liturgia 9 gennaio 2016

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Commento al Vangelo

Domenica 10 gennaio 2016

Battesimo del signore Di Angelo Sceppacerca

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iovanni è una figura così forte e fedele da indurre le persone a pensare che sia lui stesso il Cristo. Lui però reagisce spiegando che la grande differenza tra lui e Gesù è data dalla diversità del suo battezzare in acqua rispetto a quello di Gesù in Spirito Santo e fuoco. Già quello di Giovanni portava al dono del perdono dei peccati a condizione di un’autentica conversione; il Battesimo di Gesù, nello Spirito Santo e fuoco, darà una rinascita a figli di Dio. Gesù “stava in preghiera”: si mostra Figlio di Dio ed insegna a tutte le generazioni ad esserlo, chiedendo e ricevendo il dono della comunione d’amore col Padre. Questo è ciò che “apre il cielo” e ricollega l’umanità a Dio. Lo Spirito che alle origini di tutto quasi “covava” sulle acque, ora in Gesù, scende sui nuovi figli ritrovati e riconciliati nel Figlio.

Sulle rive del Giordano l’inaudito delle profondità trinitarie – il dialogo fra il Padre e il Figlio eterno – si fa udire: “Tu sei il Figlio mio, l’amato”. In questo “Tu” del Padre è accolta anche la speranza per l’intera umanità. Le parole che seguono, “in Te ho posto il mio compiacimento”, portano il significato della incarnazione del Verbo: ridare all’uomo il volto delle origini, che lo poneva al di sopra di tutte le creature. La voce dal cielo è dichiarazione del mistero e della potenza di Gesù, la sola davvero capace di innalzare l’umanità alla misura di Dio. Il serpente aveva ingannato i progenitori, offrendo una “divinizzazione” frutto di latrocinio; l’essere “come Dio”, invece è effetto del dono dell’amore del Padre che porterà il Figlio fino al dono totale di sé sulla Croce. La paternità di Dio per tutta l’umanità non nasce da una rapina, ma da un dono.

VANGELO VISSUTO

Racconti di esperienze quotidiane illuminate dalle parole di Gesù Di Gli stagionali

«N

el cantiere dove lavoro ci sono tanti “stagionali”. Era il giorno in cui dovevo pagare la settimana lavorativa, ma a conti fatti i soldi non erano sufficienti: così la somma disponibile era destinata agli operai fissi, mentre gli stagionali avrebbero dovuto aspettare. Uscendo, mi sono venute incontro le mogli di questi. Dopo aver spiegato la situazione, mi son sentito dire che sarebbero rimaste lì fino a quando non le avremmo pagate, perché a casa i bambini avevano fame. Rientrato in ufficio ho prelevato dalla mia busta paga una certa quantità di soldi, poi ho proposto agli operai che erano stati già pagati di offrire ognuno 10 boliviani, in modo da raccogliere i soldi che mancavano. Dopo un po’ di esitazione, hanno accettato. Solo uno non si è mosso, ma proprio quando consegnavo i soldi alle mogli, mi ha raggiunto anche lui per darmi i suoi 10 boliviani». F.M. -Bolivia


Ecclesia

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Il Signore ti dia pace Dell' Ordine francescano secolare di Forio

P

apa Francesco, durante l’Angelus del 1° gennaio, in piazza S. Pietro, ha augurato un buon anno nuovo usando le stesse parole con cui il Signore chiese di benedire il suo popolo: «Il Signore faccia risplendere per te il suo volto […]. Il Signore rivolga a te il suo volto» (Nm 6,25-26).” Anch’io vi auguro questo: che il Signore posi lo sguardo sopra di voi e che possiate gioire, sapendo che ogni giorno il suo volto misericordioso, più radioso del sole, risplende su di voi e non tramonta mai!... E che il Signore vi dia pace”! La pace come salvezza, risanamento e rinnovamento dell’uomo implica un riordinamento dei rapporti tra gli uomini. Perciò è detto: abbiate pace tra voi (Mc 9,50); vivete in pace (2 Cor 13,11); la pace di Cristo regni

nei vostri cuori perché ad essa siete stati chiamati (Col 3,15). Quando l’uomo sperimenta la pace con Dio, quando si sente amato e perdonato da Lui e pacificato nel suo intimo, avviene in lui un cambiamento profondo, si riveste quasi di una natura nuova, la natura di Gesù Cristo, plasmata in noi dallo Spirito Santo e veramente la pace di Cristo diventa la nostra pace e orienta i nostri pensieri e le nostre azioni all’edificazione della pace. La pace era la preoccupazione principale di S. Francesco; lo si deduce innanzitutto dal suo saluto: «Il Signore mi rivelò che dicessi questo saluto: “Il Signore ti dia pace”» (FF 121). Non si trattava di uno slogan da ripetere quasi fosse una parola d’ordine , bensì di un invito a vivere in se stessi la pace per poterla poi annunciare

agli altri. Si dedicò ad emulare la perfezione evangelica e ad invitare tutti gli altri alla penitenza. I suoi discorsi non erano vani o degni di riso, ma ripieni della potenza dello Spirito Santo: penetravano nell’intimo del cuore e suscitavano forte stupore negli ascoltatori. In ogni sua predica, all’inizio del discorso, salutava il popolo con l’augurio di pace, dicendo: “Il Signore vi dia la pace!” Aveva imparato questa forma di saluto per rivelazione del Signore, come egli stesso più tardi affermò. Fu così che, mosso anch’egli dallo spirito dei profeti, come i profeti annunciava la pace, predicava la salvezza e, con le sue ammonizioni salutari, riconciliava in un saldo patto di vera amicizia moltissimi, che prima, in discordia con Cristo, si trovavano lontani dalla

salvezza. (FF1052). Le Ammonizioni ci aiutano ad approfondire il significato della parola pace: «Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio. Sono veri pacifici quelli che di tutte le cose che sopportano in questo mondo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo» (FF 164). La pace è frutto della sofferenza, non un idillio piovuto dal cielo senza alcuna nostra partecipazione e fatica. La pace non è un destino: occorre prepararla, perseguirla, sforzarsi per averla, conquistarla, costruirla. Occorre diventare uomini e donne di pace, sopportando anche di diventare bersaglio dei violenti che non vogliono la pace, e questo per amore del Signore.

tutto nelle sofferenze, con una grande fiducia filiale, per poter chiedere a Gesù, perdono per noi tutti peccatori; Ella desidera ardentemente donarci la gioia della Riconciliazione con il Suo Figlio, desidera conquistare le anime dei peccatori, perché Gesù possa stabilire in tutti noi il Suo Regno d’Amore. Appartenere a Maria, rivolgersi a Lei come la più semplice delle madri è avere il Paradiso assicurato, già da ora, perché Lei non desidera altro se non donarci Amore, donarci la vita vera. La vita vera è Gesù, in noi vivo e vero,

operante e forte come è nell’Eucaristia, avere Gesù in noi, è essere nel Suo Cuore con Maria nella potenza della Triade Augustissima. «Maria attesta che la Misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno. Rivolgiamo a Lei la preghiera antica e sempre nuova della Salve Regina, perché non si stanchi mai di rivolgere a noi i Suoi occhi Misericordiosi e ci renda degni di contemplare il Volto della Misericordia, Suo Figlio Gesù» (Misericordiae Vultus n°24)

Maria Madre della misericordia Di Antonio Magaldi

M

aria ci è madre, ci riempie del suo affetto paziente e misericordioso. Pensiamo che Lei sia lontana da noi, Ella non è mai lontana da noi suoi figli, ci segue con amore uno per uno, ci circonda di premure e di attenzioni; spesso non ce ne accorgiamo, perché non la invochiamo, non pensiamo a Lei, non ci rivolgiamo a Lei come persona viva e operante accanto a noi. Maria é ricchissima di tutte le esperienze della vita, escluso il peccato vissuto. Spesso siamo in peccato e pensiamo che non siamo degni di accostarci a Lei, di chiedere aiuto, e se lo facciamo, disperiamo di sentirla a noi vicino. Maria è la madre e non ci dimentica, ma è madre di misericordia, comprensiva, paziente fiduciosa, sostenitrice di chi è caduto.

Maria desidera che ognuno metta le sue forze e poi l’aiuto paziente della Grazia, del perdono del Suo Gesù, trovi la strada giusta per vivere pienamente le gioie ineffabili del Regno di Dio già da questa terra. «In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontade» (Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso XXXIII vv. 19-21) Spesso Gesù si è definito Misericordia e lo è realmente perché, con il Sacramento della Riconciliazione, non solo perdona il peccato, ma sommerge con la Sua Grazia l’anima che ricorre a Lui in modo che diventi più forte contro il proprio egoismo e contro il maligno. Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, ci chiede di affidarci a Lei, in tutte le difficoltà della vita, soprat-


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Cultura 9 gennaio 2016

TEATRO MUSICA CINEMA 'A vattut e ll'asteco

Scarium

Donna Rachele in Scarium

Di Gina Menegazzi

T

anti e belli gli spettacoli che si sono avvicendati in questo periodo natalizio: così tanti che era impossibile seguirli tutti. Vi racconto brevemente quelli che ho potuto vedere. Per finire l’anno in allegria, Facimmo ‘na canzone allera al Polifunzionale: pizzica e tammurriate, ‘a vattut e ll’asteco e ‘a Mascarata eseguite dalla Scuola del Folklore, il gruppo di Buonopane che si occupa di ricercare e valorizzare le tradizioni legate al folklore della musica popolare. Uno spettacolo che metteva voglia di ballare, finora sempre rappresentato in piazza e per la prima volta portato con successo in un teatro. Merito questo di un bravo e simpatico Pulcinella e di una compagnia ben affiatata. Una bella serata! Ad aprire l’anno nuovo, invece, presso la Basilica di S Maria di Loreto a Forio, il concerto dei Gospel Italian Singers, diretti da Francesco Finizio, con la partecipazione del bravissimo cantante di colore Will Weldon Roberson. Già venuto l’anno scorso, questo coinvolgente gruppo italiano ha dato voce con grande maestria alla migliore tradizione gospel americana, trascinando con sé tutti i presenti nella chiesa stracolma. Mi piace sempre vedere come rea-

Gli spettacoli natalizi gisce la gente al suono della musica, mi piace vedere il suo coinvolgimento (che di solito giudico troppo blando…); questa volta non c’era nessuno che non battesse il tempo, con la testa, le mani o i piedi, che non canticchiasse, seguendo il ritmo, sempre mutevole, dei cantanti. Scarium è un vicolo di Forio, breve e storto, che dal corso principale conduce verso il mare. E’ emblematico di tutta la storia di questa cittadina, perché su di esso si affacciano alcuni edifici chiave: il Torrione, Palazzo D’Ascia, Palazzo Covatta. Così domenica 3 gennaio l’attuale via Torrione è stata scelta da Gli

Uomini di Mondo, in collaborazione con l’associazione Actus Tragicus, per un’affascinante visita teatralizzata che ne ha ripercorso la storia. Attratti dalla musica di alcuni elementi della banda Città di Forio e accompagnati dalla guida Pierpaolo Mandl che illustrava esaurientemente vicende e personaggi, abbiamo incontrato Giovanni Maltese, pittore, scultore, poeta, abitatore del Torrione dove c’è tuttora il museo delle sue opere e Caterina D’Ambra, vendicatrice del fratello ucciso dagli sbirri; poi Tolla, che durante la peste del 1656 raccoglieva i morti per le case, mettendosi al collo i loro gioielli, o ancora Rachele Mussolini,

che nel Palazzo Covatta fu confinata con i figli, dopo la guerra, e dove visse per tredici anni. E infine, davanti al muro dove un tempo sorgeva la cappella da lui voluta (e dove ieri è stata apposta in ricordo una composizione di maioliche artistiche del maestro Luca Patalano), Don Pietro Regine ha raccontato con passione e dolore del suo tesoro, ricchissimo di opere d’arte, stucchi, maioliche e statue… Uno spettacolo davvero bello e “vivo” che ammaliava; un modo splendido e intrigante di raccontare la storia, piccola o grande, senza cercare o volere un giudizio. Ancora una volta giovani, che con grande


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Cultura

9 gennaio 2016

kaire@chiesaischia.it

Don Pietro Regine in Scarium

ABBONAMENTO POSTALE

che affascinano entusiasmo e passione si sono impegnati per farci rivivere questi personaggi, perché queste storie non vadano perse. Grazie quindi e un bravo di cuore a Valerio Buono, un affascinante Giovanni Maltese e regista dello spettacolo, Valentina Lucilla Di Genio, coinvolgente Caterina D’Ambra, l’emozionante Tolla Alessandra Criscuolo, l’umanissima Donna Rachele Sara Migliaccio e Corrado Visone, un intenso Don Pietro, che ha curato anche i testi: è sempre un piacere seguire il vostro lavoro! Perché non citare infine anche

il film Quo Vado? di Checco Zalone che ha avuto un immediato e meritato successo di botteghino? Un’opera divertente e intelligente, che mi ha fatto venire in mente i buffoni di corte di una volta: come loro ci fa vedere, ridendo, i nostri difetti, e noi, ridendo, non possiamo non prenderne atto. Così, se da un lato mette alla berlina la mania tutta italiana per “il posto fisso” che diventa una specie di professione, con le ovvie esagerazioni e degenerazioni, dall’altra evidenzia la capacità, anche questa tutta

italiana, di adattamento, di positività; il nostro innamorarci ciecamente del modo di vivere degli altri, per poi a cedere ai sentimentalismi paesani e tornare “noi stessi”. Sempre perfettamente in bilico tra i vari aspetti (anche la scena finale è quasi giocata dietro le quinte), questo film rispecchia secondo me la voglia che tutti abbiamo di un po’ di serenità e positività. Buonismo? Forse, ma se da un film impariamo a vederci e a essere un po’ più buoni, che c’è di male? Le foto di Scarium sono di Luigi Trani

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EDICOLE DOVE POTER ACQUISTARE

Comune di Ischia Edicola di Piazza degli Eroi; Edicola di Ischia Ponte; Edicola al Bar La Violetta; Edicola di San Michele da Odilia; Edicola di Portosalvo Comune di Lacco Ameno Edicola al Bar Triangolo Edicola Minopoli sul corso Comune di Casamicicola T. Edicola di Piazza Bagni; Edicola di Piazza Marina; Comune di Forio Edicola del Porto; Edicola di Monterone



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