AndroGino

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AndroGino JURI LORENZETTI


Attraverso il gesto circolare che si fa segno, attraverso la sua ripetizione continua che si fa immagine, le opere di Juri Lorenzetti mostrano le fasi della gestazione quale punto di partenza di un’indagine sul concetto di immortalità. Dallo stato embrionale a quello fetale, il futuro uomo vive un processo concluso in se, uno "status immortale" secondo l'artista che lo riconduce ad una dimensione altra da quella terrena. Con il carboncino, la matita e l'acrilico Lorenzetti crea tale atmosfera di isolamento e sospensione, in un lavoro che vuole essere un omaggio ad un grande artista come Gino De Dominicis. La forma base di questa serie di lavori di Lorenzetti è un cerchio organico tracciato con la penna ad inchiostro. In esso (embrione) e da esso (segno circolare) si forma la vita che sia reale o immaginaria. Simbolo di perfezione, il cerchio e le forme da esso derivate sono un elemento presente in molte opere dell’artista. Nell’alchimia è raffigurato dall’Uroburo, il serpente che si morde la coda e rappresenta la continuità della vita. L’immortalità è un termine che presuppone l’idea di morte come conseguenza della dimensione terrena e materiale legata ai concetti di tempo , spazio e alla nostra individuale coscienza. “Tutte le guerre e tutti i rancori dell’uomo derivano da una inconscia paura e coscienza della morte” diceva De Dominicis. La consapevolezza di tale presentimento annebbia in tal modo la nostra percezione da condizionarne le vite. L’unica soluzione a tale malessere è la ricerca del suo superamento. De Dominicis affrontava tale questione con il paradosso ed esorcizzava l’idea della morte attraverso un punto di vista esterno come poteva essere quello del mito o quello del signor Paolo Rosa (giovane Down). In Lorenzetti l’immortalità assume un punto di vista totalmente interno. Diviene la frazione di tempo di un orgasmo, l’atto d’amore che genera vita. L’artista ne vede la compiutezza nella forma del cerchio, nella rituale ripetizione di un gesto che sfocia nell’ atto "autistico". Questo si rinchiude in se stesso e si esprime nella forma compiuta dell’androgino.


Così narrava Platone nel mito di Aristofane che in principio: "E i sessi erano tre, in quanto il maschio ebbe origine dal sole, la femmina dalla terra, e il terzo sesso, che aveva elementi in comune con gli altri due, dalla luna, che partecipa appunto della natura del sole e della terra. Ed essi erano tondi e tondo il loro modo di procedere [...] Così erano terribili per forza e per vigore”.

Lorenzetti è riuscito così a tradurre un concetto tanto complesso semplicemente attraverso una linea che, torcendosi su se stessa, arriva alla compiutezza di una figurazione essenziale di estrema potenza. La nascita e la morte sono legate indissolubilmente e sono l’atto unico di una vicenda paradossale che è la vita. Se l’embrione è l’idea in formazione, il naso becco (omaggio alla Calamita cosmica di De Dominicis) è il paradosso, l’elemento sacrale e mostruoso che terrorizza ma allo stesso tempo è anche l’agente propulsore, la spinta interiore verso la ricerca etica dell’assoluto.


La nascita e la morte sono legate indissolubilmente e sono l’atto unico di una vicenda paradossale che è la vita. Se l’embrione è l’idea in formazione, il naso becco (omaggio alla Calamita cosmica di De Dominicis) è il paradosso, l’elemento sacrale e mostruoso che terrorizza ma allo stesso tempo è anche l’agente propulsore, la spinta interiore verso la ricerca etica dell’assoluto.


“Omaggio a Gino De Dominicis” 18cmx24cm Inchiostro e acrilico su carta 300g


Attraverso il gesto circolare che si fa segno, attraverso la sua ripetizione continua che si fa immagine, le opere mostrano le fasi della gestazione quale punto di partenza di un’indagine sul concetto di immortalità .


Dallo stato embrionale a quello fetale, il futuro uomo vive un processo concluso in se, uno "status immortale" secondo l'artista che lo riconduce ad una dimensione altra da quella terrena.


IL SILENZIO DEL TESCHIO INFINITO

Un oggetto qualsiasi - una pietra del monte o uno scarabocchio tracciato per caso su un pezzo di carta, una batteria di automobile o un’edizione preziosa della Divina Commedia - acquista valenza oggettuale non appena intenzionalmente si sia posto in un contesto, o materialmente o anche soltanto acquisendo intenzionalità in modo implicito. Nel con-testo entro cui "per forza di cose" viviamo, è condizione inevitabile l’essere interpretanti, ossia il far parte della catena virtualmente infinita di inventori/traduttori di senso. Ci accade per lo più in modo automatico, con risultati molto poco dinamici, con spostamenti di senso produttori di ridondanza. Insomma diciamo e gestiamo ovvietà. Ma di sicuro non esiste comunque oggetto oggettuale che sia senza senso. Sul piano dell’arte, ossia della produzione di senso maggiormente ricca (perché più fruttuosa nell’economia del linguaggio), il discorso non è qualitativamente diverso dalla situazione comune - dove per situazione comune si può andare dalla funzione di contatto in ascensore (tipo "signora mia dove andremo a finire") fino anche al ritratto pittorico in stile «tradizionale" (ripetizione «inutile" di stili e codici espressivi straconsolidati nella storia. E così via. Della proposta di Juri Lorenzetti vista nella mostra di Arcevia colpisce lo scarto di «originalità", il rifiuto del paradosso e la ricerca del "mistero della semplicità", attraverso una lavorazione accurata e attenta alle conseguenze semiotiche e, insieme, ai pericoli della "trovata" referenziale. Un teschio non è più teschio eppure lo è, il suo oro è «prezioso" non più perché oro ma in quanto memoria archeologico/antropologica. L’oggetto è storico e a tale condizione parla un linguaggio futuro, con eleganza e perfino con leggerezza, ma con terribile (non eludibile) coinvolgimento. Si può seguire o meno il suggerimento della "ripetizione" infinita nel gioco speculare, ma vale di più il silenzio assordante che invita al discorso senza suggerirne realisticamente (oscenamente) i termini. Franco Pecori

“urna” 2016 cm 34x30x21 legno, specchi, gesso e lamina oro.





“condizione di equilibrio� (2016) Cm 180x40 legno, gesso, pianta ornamentale, annaffiatoio e acqua.



Progetto AndroGino esposto presso Centro Culturale San Francesco di Arcevia in occasione di A r [t] c e v i a. Festival internazionale di Arte Contemporanea. A cura di Laura Coppa


JURI LORENZETTI Studio 3.0 UNDERGROUND ART LAB Piazza Gaspare Spontini, 2, 60035 Jesi AN

Galleria C O L L E C T I O N via Frediani, 8A, 60123 Ancona AN www.collectiongallery.it

www.jurilorenzetti.it



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