Funboard 145

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Antoine Albeau

Julien Quentel

www.robertoriccidesigns.com 路 info@robertoriccidesigns.com


“ L’ e f f i c i e n z a g e n e r a l a p e r f o r m a n c e ” RRD ha sviluppato la gamma di tavole slalom più eccitante e mirata alla pura performance che sia mai stata lanciata sul mercato. Le nuove tavole X-Fire LTD V4 rappresentano un nuovo standard per la disciplina dello slalom grazie all’introduzione della “poppa TT” (Toro Tail), la prossima generazione del design che detterà presto la sua legge sui più importanti campi di regata. Il lavoro di sviluppo completo e meticoloso del team RRD ha portato alla produzione di 5 nuovi shape che diventeranno il riferimento del mercato nel 2012. Vi basterà dare una semplice occhiata a queste macchine da regata per concordare con noi!

Disponibile in : 90 Lts - 240x59 cm - 5,6 Kg (+/- 6%) 98 Lts - 235x62 cm - 6,0 Kg (+/- 6%) 105 Lts - 235x65 cm - 6,3 Kg (+/- 6%)

114 Lts - 235x70 cm - 6,32 Kg (+/- 6%) 122 Lts - 228x81 cm - 6,7 Kg (+/- 6%) 129 Lts - 228x85 cm - 7,25 Kg (+/- 6%)

RRD X-Fire 114 V4

PROGRAMMA: Speed slalom


6 Cover Story

ANNO XVIII - NUMERO 145 APRILE 2012

Francisco Goya rimane uno dei rider più stilosi di Maui ed è dotato di un talento indescrivibile che solo vedendolo dal vivo in azione si può comprendere. Passione, concentrazione, determinazione e grinta di un ragazzo argentino che tanto tempo fa decise che forse avrebbe fatto bene a trasferirsi alle Hawaii…

DIRETTORE RESPONSABILE • cristiano@jmag.it

Cristiano Zanni

REDATTORE CAPO Fabio Calò • fabio@hipow.com ART DIRECTOR Gianpaolo Ragno

Francisco Goya Maui Hookipa FOTO Berthuot Visual RIDER

ragno@hipow.com

LOCATION

GRAFICA E DTP Carlo Alfieri • carloa@hipow.com IN REDAZIONE Marco Melloni

marcom@hipow.com

FOTOGRAFO SENIOR Raffaello Bastiani

raffaellob@hipow.com Inside

INOLTRE HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

testi: Fabio Calò, Ricardo Campello, Valentina Crugnola, Sylvain Demercastel, Ovidio Ferrari, Raimondo Gasperini, Francisco Goya, Federico Infantino, Luigi Madeddu, Massimmo Mannucci, Matteo Iachino, Angelo Pecere, Mattia Pedrani, Jason Polakow, Kevin Pritchard, Axel Reese, Matteo Righetti, Nils Rosenblad, Michi Schweiger, Nicola Spadea, Barry Spanier, Keith Teboul, Alessandro Venezia, Klaas Voget. immagini: Robert Almqvist, Franck Berthuot, John Carter, Claudio Cazzara, Adele Frola, Jimmie Hepp, Francesca LaCroce, Tracy Kraft-Leboe, Maghi, Monica (X-Ray), Giuseppe Natalini, Angelo Pecere, Valerio Pedrani, Kevin Pritchard, Axel Reese, Mateo Righetti, Benjamin Thouard, Dave White, Darrell Wong.

EDITORE E PUBBLICITÀ Johnsons Media srl via Valparaiso 4 - 20144 Milano - tel +39.02.43990087 fax +39.02.48022901 - info@hipow.com - www.johnsonsmedia.it AMMINISTRATORE DELEGATO Cristiano Zanni • cristianoz@hipow.com SERVIZI GENERALI Luisa Pagano • luisap@hipow.com DISTRIBUTORE ESCLUSIVO PER L’ITALIA Press-di Distribuzione Stampa e Multimedia s.r.l. 20090 Segrate (MI) DISTRIBUTORE ESCLUSIVO PER L’ESTERO Johnsons International News Italia - via Valparaiso 4 - Milano SERVIZIO ABBONAMENTI E ARRETRATI ITALIA & ESTERO Johnsons Media - Via Valparaiso, 4 - 20144 Milano tel +39.02.43990087 - fax +39.02.48022901 - adv@jmag.it www.johnsonsmedia.com Servizio attivo dal Lunedì al Venerdì dalle 14:00 alle 18:00.

La passione, penso sia la caratteristica principale che ci contraddistingue e che ci fa fare scelte che molti, al di fuori del nostro sport, faticano a comprendere. Per esempio la scelta di entrare comunque in acqua con condizioni invernali proibitive, come durante le due settimane straordinarie di Bora che ha colpito l’Alto Adriatico a fine gennaio, in cui i vari local nonostante la laguna ghiacciata, l’acqua a 5-6 gradi, la temperatura dell’aria che non arrivava allo 0… e vento da 3.3 o 3.7 (provate a immaginarvi ora l’effetto wind chill e la temperatura percepita in acqua…), hanno continuato senza indugi ad uscire, anche quando il grigio del cielo si fondeva in un tutt’uno con il grigio del mare. Solo con tanta passione è possibile sopportare queste condizioni. O ancora tutti noi che maciniamo chilometri su chilometri sulle nostre strade e autostrade (mentre la benzina sta toccando prezzi davvero preoccupanti) per trovare la condizione tanto sperata durante la settimana lavorativa. Oppure la passione di un ragazzo che per fare windsurf nel week-end e partire insieme ai suoi amici il venerdì sera ha affrontato per un anno intero un viaggio allucinante ogni settimana! Capirete meglio di cosa sto parlando leggendo lo spot guide di pag. 92. E cosa possiamo dire della passione di Francisco Goya che da decenni dedica la sua vita al windsurf e ancora oggi tratta come se fosse suo amico di sempre chiunque entri nel suo negozio/factory? Anche noi siamo stati accolti da Francisco in questo modo e ci ha accompagnato in un’entusiasmante tour all’interno delle stanze da cui escono gli shape che fanno da sempre tendenza e sono fonte di ispirazione per tutti noi. Leggerete questo articolo nelle prossime pagine. Avrei voluto intitolarlo The Factory, per identificare l’attività di Francisco e Keith Teboul all’interno della Cannery di Haiku. Poi il nostro amico e collaboratore Matteo (alcune foto dell’articolo sono sue) ci ha consigliato il titolo Ohana, che significa famiglia, nel senso esteso del termine, che include la relazione stretta, adottiva o intenzionale. Essa enfatizza l'idea che famiglia e amici sono uniti assieme e che devono cooperare e ricordarsi gli uni degli altri. Non ci poteva essere titolo più appropriato! Questa parola identifica alla perfezione la filosofia con cui lavorano nella Factory di Haiku. E la passione ha sicuramente portato in acqua per la sua ultima session anche Vincent Mellouet, ci piace ricordarlo mentre surfa down the line un’onda infinita nel nord della Francia. Buona lettura. Funboard 100% passione pura! ALOHA Have fun!

Fabio I-720

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ISSN 1124-0261 registrazione Tribunale di Milano n.5 del 14.01.1995 ROC - Registro Operatori di Comunicazione - 1234

Funboard è una testata della casa editrice JOHNSONS MEDIA, che pubblica anche gli annuari Surfing (surf, windsurf, kite), Snowb (snowboard) e le riviste Surf Latino (surf), Kite Magazine Stance (kite), Entry (snowboard), 4Skiers (sci freestyle), 6:00AM (skateboard), SupTime (stand up paddle).

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Sommario

RIDER Keith Teboul | LOCATION Haiku, Maui (Hawaii) | FOTO courtesy Quatro/Goya

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64 OHANA… TUTTI I SEGRETI DELLA FAMIGLIA QUATRO/GOYA DI Fabio Calò Ci siamo addentrati nelle stanze più segrete della factory di Haiku per documentarvi come nascono dalle sapienti mani di Keith Teboul alcuni degli shape più famosi al mondo, il tutto sotto la supervisione di Francisco Goya.

16 FUERTEVENTURA WAVE CLASSIC 2012 DI Federico Infantino Anche quest’anno si è svolta una nuova edizione della mitica FWC, l’organizzatore e alcuni rider ci raccontano come è andata.

28 NAISH CHOPPER DI Michi Schweiger Il brand manager di Naish Sails ci spiega tutto sulla nuovissima super compatta Chopper dalla sua idealizzazione fino alla messa in produzione.

40 EVOLUZIONE DELLA SPECIE DI Massimo Mannucci Da Maui si iniziano a vedere i rider più forti del momento tornare ad utilizzare i single fin. Il Manna ci aiuta a capire i motivi dei vari cambiamenti di set-up delle tavole wave negli ultimi anni.

46 RRD R&D A CAPE TOWN DI R. Ricci, J. Skye Abbiamo intervistato in esclusiva Roberto Ricci e John Skye mentre sono al lavoro sulle nuove tavole e vele RRD nel quartier generale in Sudafrica.

74 SVEZIA DI Klaas Voget Il fortissimo waver tedesco Klaas Voget ci porta a fare una toccata e fuga in uno splendido spot dell’affascinante Svezia.

44 ONDE E CURVE Valentina Crugnola ci fa conoscere le Wave Girl: Tatiana Howard e Adele Frola.

84 FAQ La sezione di Funboard dedicata a chi vuole surfare meglio e divertirsi di più. In questo numero: • Approccio tecnico psicofisico al FS • Burner 900 • Crash of the month

92 SPOT GUIDE WITSAND SOUTH AFRICA Vi proponiamo un articolo di un nostro affezionato lettore su uno spot sudafricano in una giornata particolare.



Ecstasy, cibo per la mente! 10


RIDER Raimondo Gasperini e Claudio Marzeddu | LOCATION Jericoacoara | FOTO DI Monica XRay Photo 11


Ecstasy, cibo per la mente! 12


RIDER Federico La Croce | LOCATION Diamond Head - South Swell. Ohau, Hawaii | FOTO Darrell Wong 13


Fast news 14

THE NEW HAWAII

BUON COMPLEANNO VASCO RENNA SURF CENTER DI SAFAGA: 1992 - 2012

Funboard è stato media partner ufficiale di “The Dark Lines”, l’ultimo film di Sylvain Demercastel con la partecipazione di Fabrice Beax e altri top rider, dove è stata raccontata una storia, in parte vera e in parte pura finzione. Ora sono tornati con un nuovo film, dove questa volta riveleranno la verità! È il racconto di una loro scoperta straordinaria, di un posto che potrebbe essere chiamato “le nuove Hawaii”… Presto saprete come, dove e quando… saprete la vera storia di una scoperta storica, che potrebbe cambiare la vostra percezione di viaggiare per il windsurf! Stay tuned… www.planetblow.com

Quest’anno il Centro windsurf di Vasco Renna a Safaga in Egitto sul Mar Rosso compie vent’anni. I festeggiamenti per il ventennale del Centro sono iniziati durante le vacanze Natalizie e continueranno per tutto il 2012. Grandi surfate in compagnia, feste e mega cene (con specialità portate dagli amici di tutto il mondo) si moltiplicheranno in questi mesi nel Centro di Vasco per la festa dei vent’anni. A festeggiare Safaga all’inizio dell’anno è arrivato anche un ospite speciale ed inatteso che è stato per tre giorni la gioia e il divertimento di grandi e bambini: uno splendido delfino che ha nuotato, saltato e, si dice, anche surfato davanti alla scuola. Insieme a lui vento, sole, un mare incantevole, corsi di windsurf e vela personalizzati e planate a stecca hanno regalato giornate indimenticabili a tutti gli ospiti del Vasco Renna Surf Center che si sono anche sfidati in una straordinaria e divertentissima windsurf Marathon con sorprendenti premi finali. L’appuntamento per tutti per continuare la festa con divertentissime scorribande surfistiche è rinnovato per Pasqua 2012. Safaga senza dubbio offre una vacanza speciale e indimenticabile adatta a ogni età e a ogni livello surfistico. Coppie, single, famiglie a poche ore di volo possono trovare: vento, caldo, un mare spettacolare, windsurf, vela, canoa, snorkeling, possibilità di fare escursioni in città o nel deserto, professionalità e simpatia. Vasco Renna con la collaborazione di Sun and Fun Italia vi può organizzare tutto: volo - soggiorno - affitto e corsi di windsurf e vela. Non vi resta che unirvi al team di Vasco e volare a Safaga per continuare la festa. Attenzione si dice che a Pasqua oltre che al delfino sia attesa una gigantesca tartaruga che è una vecchia amica del Vasco Renna Surf Center di Safaga. Buon compleanno Safaga! La festa continua… Per Info: Vasco Renna Professional Surf Center - Parco della Pavese, 9 - 38069 Torbole sl Garda (TN) - Tel. 0464/505993 - Fax 0464/ 506254 - E-mail: info@vascorenna.com - www.vascorenna.com. Per Info e prenotazioni: Sun and Fun Italia, Anneliese Wanke, Tel. 0365/953204 - 918700 - Fax 0365/953526 - E-mail: marta@vacanzewindsurf.com - www.vacanzewindsurf.it


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SURFSEGNANA, UN NUOVO CENTRO AL CAMPING MAROADI Inizia il 15 maggio la 33a stagione al SurfSegnana, anche quest’anno all’insegna dello sport e del divertimento, con tante novità e proposte per tutti. La news più significativa è l’apertura, il 15 di aprile, di un nuovo centro all’interno dell’attrezzatissimo camping Maroadi, proprio di fianco alla sede del centro principale SurfSegnana di Torbole sul Lago di Garda. Il SurfSegnana Maroadi disporrà di 150 tavole Hi Fly e rig ideali per i principianti che potranno facilmente imparare a navigare con il windsurf nello specchio d’acqua antistante la scuola, accarezzato da una leggera brezza mattutina da Nord che mantiene l’acqua particolarmente piatta, garantendo le condizioni migliori per l’apprendimento dei neofiti. Il SurfSegnana, riconosciuto a livello internazionale come la migliore e più attrezzata scuola di windsurf d’Europa, è pronto a ricevere gli appassionati ed i neofiti windsurfisti e velisti di tutte le età, dai 5 anni in su. La professionalità e la competenza degli istruttori, la disponibilità del miglior materiale presente sul mercato e le soluzioni didattiche nuove ed estremamente efficaci, concorrono alla realizzazione di una formula vincente che consente ad ognuno di imparare divertendosi. Oltre 500 nuove tavole Fanatic 2012 e Hifly, equipaggiate con vele North Sails 2012, a noleggio e a disposizione dei partecipanti ai corsi. Per tutti, anche non surfisti, una superficie di 10.000 mq di prato in riva al lago con a disposizione il bar, la tavola calda, docce (tutto rinnovato per la stagione 2012), connessione gratuita Wi-Fi e l’ampio parcheggio, a dimostrazione che al SurfSegnana nulla è lasciato al caso. Importanti accordi con i migliori hotel, residence e campeggi della zona, consentono inoltre di usufruire di condizioni speciali per week-end (a partire da 169euro per 2 notti con prima colazione, 2 giorni di corso e 3 di noleggio surf e bike) o intere settimane (a partire da 299 euro per 6 notti con prima colazione, 3 giorni di corso e 7 di noleggio surf e bike). La segreteria è sempre a vostra disposizione, per qualsiasi informazione e preventivi su misura: tel. 0464.505963; fax 0464.505498; e-mail info@surfsegnana.it; web www.surfsegnana.it

SHAKA NEWS • Si apre la nuova stagione con tante novità a Torbole, il Shaka Windsurf Center si trova nella baia della Conca d’Oro ed è lo spot ideale sia per i surfisti esperti che per i principianti. La nuova fantastica struttura vi farà passare delle splendide giornate nell’ambiente migliore possibile. Con poco impegno economico avrete a disposizione tutte le tavole JP e le vele Naish montate da mani esperte. • Dopo 10 anni si svolgerà di nuovo dal 2 al 6 luglio il camp Young Guns in collaborazione con la Jp. Steven Van Broeckhoven attuale campione del mondo di freestyle e Andy Champers insegneranno alle giovani promesse tutti i trucchi più radicali. Inoltre i più bravi avranno la possibilità di partecipare alla Bump&Jump che si terrà il 7 e 8 luglio. Per info e prenotazioni tel 0464 506347 o info@shakasurfcenter.com • Il negozio più cool del Lago di Garda, Shaka Surf a Torbole, ha riaperto con un sito tutto nuovo www.shaka.it dove troverete un mercatino con la vendita del materiale a ottimi prezzi. Potrete trovare una vasta gamma di prodotti Naish, JP, HotSails, F2, 99Custom Boards, Gaastra. Mute e accessori della Quiksilver, Roxy, Mystic, RipCurl, ION e Neil Pryde. Per l’abbigliamento troverete tutte le nuove collezioni per uomo, donna e bambino: Volcom, Quiksilver, Roxy, DC, Protest, Hurley, RipCurl, 55DSL, Oakley, Vans, Miss Bikini, Burton. • Rip Curl Store: in posizione centralissima a Torbole ha aperto il primo RIP CURL STORE in Italia, questo grazie alla collaborazione tra Mike di Shaka e Oberalp. L’inaugurazione con concerto è prevista per il 21 aprile, se passate da Torbole questo negozio molto surf oriented merita una visitina.


World Events 16 © Claudio Cazzara

DAL 17 AL 23 MARZO SI È SVOLTA A FUERTEVENTURA, NEGLI SPOT DEL NORD DELLʼISOLA, LA COMPETIZIONE INTERNAZIONALE AD INVITO FUERTE WAVE CLASSIC ʼ12. AVREI DOVUTO PARTECIPARE COME RIDER A QUESTA GARA MA A MALINCUORE HO DOVUTO DISDIRE PER UN IMPEGNO NON POSTICIPABILE. DOPO UNʼALTERNANZA DI SOSTITUZIONI E DISDETTE VARIE, ALLʼULTIMO MOMENTO CʼERA ANCORA UN POSTO DISPONIBILE E GRAZIE AD UNO DEGLI SPONSOR DELLʼEVENTO, MAVERX, È RIUSCITO AD ENTRARE A FAR PARTE DEI RIDER SELEZIONATI, FEDERICO INFANTINO. LA GARA SI È SVOLTA SOLAMENTE IN UN UNICO GIORNO, EFFETTUANDO UN SOLO ROUND DA QUATTRO HEAT, PER MANCANZA DI CONDIZIONI ADATTE NEL RESTO DEL PERIODO PREVISTO PER LA COMPETIZIONE. FEDE CI RACCONTA COME È ANDATA. Federico nelle onde di shore break di El Cotillio. © Francesca LaCroce

Amanda Beenen durante il beach cleaning del day 6. © Francesca LaCroce

INTRO Era nell’aria da qualche settimana la mia possibile partecipazione al FWC 2012 ma fino a qualche giorno prima della gara sembrava che tutti i rider avessero già confermato la loro presenza di conseguenza i posti erano già tutti stati assegnati! 16 atleti convocati per uno degli eventi più estremi dell’anno! È giovedì sera quando il direttore Marketing MaverX Claudio Cazzara mi chiama e al volo mi grida: “Muoviti mettiti in contatto con Orlando (organizzatore dell’evento), un posto è tuo!”, Dany Bruch per problemi personali non è riuscito a prendere parte all’evento! Non nascondo che subito ero un po’ indeciso sul fatto di prendere parte all’evento visti i video e il materiale che hanno disintegrato i rider della scorsa edizione, ma poi gasato un po’ dagli sponsor e amici in meno di un’ora dalla chiamata ricevuta ero On line iscritto ufficialmente sul sito web dell’evento! Il posto libero disponibile però non era destinato solo a me, era in ballo anche con la new entry del team MaverX Andrea Franchini che per motivi di lavoro, favori personali e soprattutto amicizia ha lasciato andare me senza tanti fastidi ad un patto: “Spaccare i culi e surfare anche per lui!”.


TESTO DI Federico Infantino | FOTO DI Francesca LaCroce, Eric Bellande / FWC 17 Dario Ojeda, uno dei top rider internazionali presenti al FWC’ 12.

velocemente possibile ma sento che qualcosa sta cambiando, il vento gira in modo strano, e ricordandomi ciò che mi era stato detto dai local sapevo che non era un buon segno, a quel punto mi sono detto: “Ok devo prendere più onde possibili!”. In 10 minuti il vento è sparito ma eravamo solo a metà heat, pesando poco e avendo una buona preparazione nel saper far galleggiare la tavola sono riuscito a prendere ancora 5/6 onde abbastanza grosse, ma a 5 minuti dalla fine il vento ha detto basta e quasi tutti gli atleti sono rientrati a nuoto o con la moto d’acqua, io prendendo le raffichette giuste sono riuscito in tempo ad arrivare a terra, dove Orlando e Chris di Continentseven mi aspettavano per darmi la notizia: “Compliments man, you won!”, e grazie anche alle buone posizioni ottenute dai miei compagni di squadra (tutti e 3 finiti al 2° posto nelle loro heat) il mio team è al comando!

DAY 3 Volo comprato giovedì sera, check del materiale, e venerdì mattina si parte: BordigheraPisa. Volo Rayanar con 3 sacche extra bagaglio per un totale di 90.4 kg (30.4 kg fuori peso ovvero 600 euro di extra, ma anche stavolta “è andata bene!”). Venerdì sera atterro a Fuerteventura con Claudio per la mia prima volta, Orlando Lavandera era già li che ci aspettava insieme a Francisco Garcia atterrato qualche ora prima. Arrivati allo splendido Hotel “Oasis Papagayo” ci precipitiamo nella hall dove ci attendevano tutti gli altri rider per il primo skipper’s meeting ufficiale; ci vengono comunicate brevi info sulla gara e sugli spot, poi la suddivisione in categorie (teste di serie, local, donne e giovani) per la formazione ad estrazione dei 4 team. Team 1: Iballa Moreno, Dario Ojeda, Tom Hartmann, Justin Denel Team 2: Nicole Boronat, Andrew Fawcett, Yannick Anton, Federico Infantino Team 3: Fanny Aubert, Will Ward, Jules Denel, Jose Romeo Team 4: Francisco Gracia, Albert Ferroni, Stephane Etienne, Amanda Beenen.

DAY 1 Colazione e skipper’s meeting ore 10:00, ci dirigiamo poi immediatamente a Majanicho, dove troviamo vento leggero e onda sui 2 metri nei set buoni, non abbastanza radicale però per far partire il contest ufficiale, ma buon pretesto per prendere confidenza con il posto. Entro con la 4.6mt e il 76lt, vento side off. Questo spot è molto impegnativo e il giorno prima purtroppo si erano visti un femore rotto e 2 caviglie slogate. Inoltre le rocce laviche non perdonano e mi lasciano un bel ricordo sotto al piede.

DAY 2 Dopo un check degli spot per valutare le condizioni, viene presa una decisione: Majanicho! 4 heat con 4 atleti per ciascuna, vento side off molto forte e rafficato, onde sui 3 metri nei set grossi. Sono nella heat numero 4, l’ultima della giornata, ogni heat ha una durata di 30 minuti con 5 minuti tra una e l’altra, e in 2 ore di attesa le condizioni possono cambiare completamente! Non c’è molto tempo in quanto i rider che non prendono parte alla heat in acqua sono chiamati a fare i giudici! Così senza pensarci troppo monto 3 vele: 3.9 4.3 e 4.6! Arriva il mio turno ed entro in acqua, il vento è forte ma rafficato, scelgo la 4.3 e il 76lt, e mentre sale la bandiera verde mi trovo già sul picco. Prendo la mia prima onda, feeling perfetto con il materiale: back side, cut back, bottom turn e il lip è li che mi chiama. Era la prima onda e non volevo esagerare subito ma il timing era perfetto quindi perché non provarci: Aerial… il cuore si ferma e… dentro, poi un altro bottom e cut back tranquillo per concludere l’onda. Torno sul picco il più

Solito check mattutino, ma oggi si cambia spot! Ne avevo solo sentito parlare e visto qualche video, quel posto con solo sabbia ma con uno shore break devastante: El Cotillo! Ancora prima di arrivare sullo spot la giornata era già stata rinominata: The Broken Mast Party! Anche oggi vento super forte ma sempre rafficato, le condizioni sono veramente radicali e i set non sono costanti, ma quando arrivano fanno paura: muri d’acqua che si alzano a riva lasciandoti come fondale 3 cm! L’organizzazione decide a quel punto di non far partire il contest ma di dedicare la giornata a photo&video shooting per i best wipe out! A fine giornata sono esausto, tutti i rider in acqua avevano dato il massimo riuscendo a dare spettacolo, soprattutto nei wipe out!

DAY 4 Il vento non manca ma le onde si fanno desiderare, lo staff degli organizzatori si è diviso per controllare i vari spot della north shore, alla fine l’unica opzione era lo spot di Agostino. Bandiere issate e parte la prima heat, ma i set di onda sono veramente rari e lo staff e i giudici decidono di sospendere la competizione nell’attesa di condizioni migliori. Altra buona occasione per un photoshooting con la maggior parte degli atleti in acqua. Ho dovuto “sacrificare” l’uscita lasciando riposare le ferite del piede e un callo esploso nella mano… Iballa Moreno


18 Yannick Anton

piattaforme petrolifere davanti all’isola! Armati di guanti, sacchetti e secchi, tutti noi, fotografi e turisti compresi, ci siamo dati da fare per “limpiare” un po’ la spiaggia di Majanicho. Spero che abbiate visto le foto perché se non si vede non si può credere al petrolio che arriva su queste isole lasciato dalle navi di passaggio! Mega barbecue sulla spiaggia e poi SupTime, tutti in acqua a giocare con le ondine da reef di Majanicho!

DAY 7

DAY 5 Vento e onde sembrano scomparsi, lo staff però non vuole mollare e ci fa dirigere tutti sullo spot di Punta Blanca, il più esposto della costa. Ci attende un vento veramente leggero sui 7\9 nodi e onde da reef sui 2 metri. Justin e io proviamo comunque ad entrare. Con la 4.9 e il 95lt di Tom Hartmann esco al galleggio per un check delle condizioni: il vento è veramente troppo poco ma qualche onda si riesce a prendere. Su una delle onde più grosse della giornata mi trovo davanti alla faccia un bel lip, alzatosi improvvisamente a causa dell’abbassarsi della marea, decido comunque di entrarci. Il lip mi spara in avanti ma la vela a causa della mancanza di vento non mi sostiene mentre cerco di rimanere in piedi sulla schiuma. Il piede mi rimane incastrato nella strap, regolata sul “piedino” di Tom, e mi gira completamente la gamba. Capisco subito di averla combinata grossa. Il mio materiale si spiaggia immediatamente sulle rocce, mentre io sono ancora a 50 metri da riva e non riesco per il dolore ad appoggiare la gamba. Vengo soccorso da due surfisti che mi caricano su un loro longbord per tornare vicino alla spiaggia e poi lo staff e Francesca LaCroce mi aiutano ad uscire dall’acqua… riesco comunque a chiedere a Francesca se aveva fatto la foto… Doccia veloce e poi subito dal fisioterapista: legamento sinistro posteriore lesionato e stirato! Dal dolore in acqua pensavo veramente peggio! A questo punto non sono sicuro di poter continuare a gareggiare ed essendo il nostro team in prima posizione, con anche Yannick out a causa di un taglio molto profondo sul piede (6 punti interni e 6 esterni), la classifica poteva essere ribaltata, ma le previsioni per i giorni seguenti non sono delle migliori!

DAY 6 Come da previsione il vento è completamente assente. Per la giornata di oggi è prevista però la pulizia della spiaggia con Ocean Project per la lotta canaria contro le

Final day, svegliato dal vento molto forte alle 10:00 siamo nella hall dell’hotel per lo skipper’s meeting. Partono i furgoni per controllare i vari spot mentre noi rimaniamo in attesa della chiamata, ma niente da fare… l’acqua è “asfaltata” in tutti gli spot e la competizione è quindi terminata! Premiazione e interviste e alle 2 del pomeriggio nel giardino dell’hotel, sono sul gradino più alto del podio con i miei compagni di team. Sono veramente soddisfatto di aver potuto prendere parte a questo evento internazionale ed essere riuscito, grazie naturalmente all’aiuto del team, a vincere, non poteva andare meglio! Un’altra grande esperienza! Ringrazio gli organizzatori, Orlando Lavandera, Claudio Cazzara, Francesca La Croce, tutti i rider in gara e spero di poter essere presente anche il prossimo anno!

Il Team 2 vincitore: Nicole Boronat, Andrew Fawcett, Yannick Anton, Federico Infantino. © Francesca LaCroce



Toys 20

NEIL PRYDE EXTENSION Un oggetto sicuramente interessante sfornato in questi mesi da Neil Pryde è la nuove prolunga MXT e UXT in alluminio o carbonio. Il design di queste prolunghe è rinnovato e ancora più bello, la carrucola per tirare il caricabasso è stata ulteriormente inclinata, per migliorare la scorrevolezza della cimetta e aumentare la facilità di trim, e tutti gli spigoli sono stati smussati per la massima sicurezza dei vostri piedi. Fino ad ora queste caratteristiche erano solo prerogativa della linea esclusiva MXT, ora è disponibile anche sulle UXT. Neil Pryde ha lavorato molto sia sulla resistenza che sulla solidità del prodotto, e una volta unita la prolunga al suo piedino Neil Pryde, sia il Power-U che il nuovo Power-M, tutti i pezzi sono bloccati alla perfezione non consentendo il

minimo gioco tra i vari componenti. Tutte le prolunghe vengono fornite con la costosissima ma resistente cimetta “formulina”. Da quest’anno è anche disponibile la versione RDM UXT che gli anni scorsi non esisteva. Invece la versione in carbonio sia RDM che SDM è solo con il sistema MXT. Le nuove prolunghe sono più leggere in quanto sono state eliminate tutti le parti in plastica non necessarie ma lo spessore delle pareti interne è stato aumentato per una maggiore resistenza. Le nuove prolunghe supportano bene una trazione di oltre 900 kg di caricabasso, che è molto di più di quella generata dalla maggioranza delle vele da Race. Visitate: www.neilpryde.com

NEIL PRYDE 3D WAIST PRO HARNESS È disponibile nei surfshop il nuovo trapezio di punta di Neil Pryde, il 3D Waist Pro Harness. Ideale per un utilizzo Wave e Freestyle si caratterizza principalmente per le dimensioni ridotte e compatte, nonché per la sua leggerezza, quasi da non avvertirne il peso una volta indossato per un massimo comfort nei movimenti. Un progetto rivolto alla semplicità. Il supporto lombare è davvero eccellente grazie al NeilPryde's 3-layer 3D Shaping per non affaticare più del dovuto la schiena. Il suo peso non aumenta una volta in acqua grazie all’utilizzo del PU leather che rende impermeabile il trapezio, leggero e resistente nel tempo. Bordi rivestiti in morbido EVA per essere più comodo sulle costole durante la navigazione. 360° Powerstrap per una flessione limitata e un supporto aggiuntivo. Visitate: www.neilpryde.com


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RRD FIRESTORM La linea Firestorm è l’ultima arrivata della grande famiglia freeride RRD. Basata sulla linea scoop-rocker delle tavole da Coppa del Mondo X-Fire, la gamma Firestorm è caratterizzata da un design dallo spessore ridotto e poppa stretta che permette a queste tavole di essere altamente competitive, garantendo accelerazioni brucianti in uscita dalla strambata, pur mantenendo un incredibile comfort da macchine freeride! Si tratta degli stessi shape che già nella tecnologia W-Tech sono stati in grado di vincere i test della rivista francese Planche Mag e che nell'edizione LTD si presentano ancora più pimpanti e pronte a dispensare accelerazioni brucianti nel massimo comfort. Firestorm LTD 111 Misure: 236cm x 68cm Pinna: MFC 48 RC 2 CNC G-10 Sail range: 6.0-7.5 Firestorm LTD 120 Misure: 238cm x 72cm Pinna: MFC 48 RC 2 CNC G-10 Sail range: 7.5-8.5 Firestorm LTD 138 Misure: 240cm x 77cm Pinna: MFC 48 RC 2 CNC G-10 Sail range: 7.5-9.5


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NEIL PRYDE ATLAS VS COMBAT I modelli di Neil Pryde dedicati al wave sono 3: la Combat, l’Atlas e la The Fly2. Tralasciamo per questa volta la The Fly2, la vela a 4 stecche di Kauli Seadi. Vi ricordo che la versione 2011 era stata sviluppata esclusivamente da Jason Polakow (ndr: sarebbe meglio scrivere che il sail designer Robert Stroy aveva ascoltato maggiormente Mr. JP), che aveva preferito avere più potenza spostata sul braccio posteriore per avere la possibilità di utilizzare metrature più piccole. La 2012 invece è tornata ad essere la vela ideata e sviluppata secondo le indicazioni di Kauli Seadi, con un baricentro di spinta più neutrale, per poter utilizzare anche misure più grandi a parità di vento rispetto alla versione precedente. Soffermiamoci ora solo sulle differenze tra gli altri due modelli. Cosa dice l’azienda della Atlas: Potenza e stabilità con spinta costante, permettendo di coprire un ampio range di vento e varietà di condizioni. Plana molto velocemente ed ha la massima potenza che una vela wave possa offrire. L’Atlas è perfetta per risalire senza il minimo sforzo, passando le onde che rompono, ed accelerando immediatamente per farti volare nel cielo. Cosa dice l’azienda della Combat: È la vela wave all-round per eccellenza. Performa al top in qualsiasi condizione, da enormi schiume onshore a onda perfetta e formata con vento sideoff. È il perfetto mix tra versatilità e performance. La Combat è costruita per essere più resistente per tutti quei rider hardcore che attaccano il lip con aggressività, e che vogliono la massima longevità dal loro rig. La potenza ed il profilo sono stati leggermente abbassati in modo che la vela sia ancora più versatile, dando potenza quando necessaria e permettendo al rider di cazzarla meno di caricabasso. È stato anche aumentato lo spessore della tramatura nella finestra centrale per essere ancora più resistente agli strappi.

Quale vela scegliere tra la Combat e la Atlas? Prima di tutto bisogna ricordare che dopo il recente cambio da parte di Neil Pryde dell’azienda fornitrice del materiale, tutte le vele della linea 2012 sono molto più robuste. In generale le vele NP ’12 hanno preso qualche grammo in più, ma hanno guadagnato molto in resistenza e soprattutto in durabilità dei materiali. Premesso questo posso affermare che entrambe le vele sono molto resistenti. La Combat ha un look più “a prova di bomba” rispetto all’Atlas grazie all’utilizzo del nuovo ed esclusivo Dyneema ClearWeb, che oltre ad essere qualitativamente superiore al Kevlar (anche come resistenza contro i raggi UV) e più leggero, permette una visuale attraverso la finestra centrale decisamente migliore rispetto agli anni precedenti. Caratteristica necessaria durante la surfata dell’onda. L’Atlas invece presenta un pannello sulla finestra centrale completamente trasparente, regalando sensazioni ottiche durante la surfata davvero imparagonabili. Oltre a questi particolari, le due vele sono sostanzialmente diverse. Se è possibile usare nella maggior parte delle misure dei due modelli un albero da 370, la lunghezza del boma della Atlas è sempre di 3-5 cm maggiore rispetto a quella della Combat. Inoltre il profilo dell’Atlas è più profondo e spostato verso la bugna. Questo significa che in qualunque misura e per qualunque utilizzo (wave, freestyle, freeride con vento forte) la Atlas risulterà essere sempre un po’ più fisica rispetto alla Combat, con una pressione maggiore sul braccio posteriore che potrà generare più spinta all’occorrenza. Possiamo quindi tranquillamente affermare che l’Atlas è la vela ideale per le condizioni on-shore, dove la potenza in più ci permetterà di planare prima e di sfruttare le prime rampe per saltare. La Atlas anche nei buchi di vento, grazie al suo profilo più profondo, rimane stabile e aiuta a mantenere la planata. Nel waveriding questa vela risulta invece essere


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leggermente più tecnica in quanto la potenza della bugna in eccesso generata va comunque gestita è può essere di intralcio nella conduzione della surfata spostando l’attenzione del rider più sul controllo della vela che sulla linea della surfata. L’Atlas quindi la consiglio a tutti coloro che amano andare veloce e preferiscono saltare e che generalmente escono in condizioni on-shore. I rider esperti (e più pesanti) potranno invece sfruttare tutti i vantaggi della vela in termini di potenza maggiore e di essere anche in grado di gestirla nel waveriding in condizioni di vento side o side off. Non a caso è la scelta del Campione del Mondo Wave Philip Koster, il suo stile potente e radicale rappresenta l’assoluta compatibilità con questa vela. La Combat invece, paragonando la stessa misura dell’Atlas, necessita di un po’ più vento per il limite minimo, ma ha un maggiore controllo in soprainvelatura. Questo perché il profilo è più spostato sull’albero e si ha quindi una minore pressione sulla mano di bugna. Il feeling in acqua della Combat rispetto all’Atlas è molto più leggero. Per esempio quando passo dalla 4.7 Atlas alla 4.5 Combat mi sembra di ridurre la vela di 0.5 e non solamente di 0.2. Questo feeling si trasmette immediatamente in rapidità e maneggevolezza della vela, non risultando mai “scomoda”, sia in navigazione che in surfata. Il profilo rimane stabile, anche se meno rispetto a quello dell’Atlas, ed è completamente gestibile da ogni tipo di rider, sia esperto che meno. Durante la surfata quindi il rider si può esclusivamente concentrare sull’onda dimenticando la vela. La Combat mantiene comunque un ottimo spunto di planata anche se come scritto sopra necessita, a parità di misura, di qualche nodo in più. La vela si adatta bene quindi anche alle nostre condizioni on-shore, preferibilmente nelle misure più piccole, mentre nel waveriding esalta tutte le sue doti di neutralità. Per tutti questi motivi la Combat è anche la vela ideale da abbinare alla Firefly per fare freestyle con vento forte (dalla 4.7 in giù).

NEIL PRYDE ATLAS

NEIL PRYDE COMBAT


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THE SUPER SAIL PACKAGE Il SUPer Sail Package di Starboard è un rig leggero e facile ideale per un utilizzo con le brezze estive abbinandolo ad una tavola da Wind SUP. Il concetto che sta dietro a questo prodotto è la volontà di far tornare semplice il windsurf. I neo windsurfer e stand up paddler assembleranno il materiale senza difficoltà, sono richiesti il numero minimo necessario di passaggi per montare l’attrezzatura e non è richiesta nessuna conoscenza tecnica. Una volta in acqua la vela sarà leggera e anche abbastanza potente. Il SUPer Sail Package è ideale per tutte quelle tavole da SUP che hanno la possibilità di poter inserire il piede d’albero, e per tutte le tavole da windsurf da vento leggero. Le misure disponibili sono 6.5 e 5.5. Il SUPer Sail Package è fornito con un boma fisso, un albero e una comoda sacca per il trasporto. Visitate: www.star-board.com Starboard SUPer Sails: Misura Boma Albero 5.5 182 425 6.5 202 460

L’ex Campione del Mondo Wave Scott McKercher in azione con la SUPer Sail.

Peso 1.9 2.1


68 74 82 92

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oknow JaPsoAla 1111 K

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PHOTOS: THORSTEN INDRA - GRAPHICS: CHRISROSENBERGER.COM

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Jason &Kauli

SINGLE THRUST ER

74 82 92 99 106

77 84 92 101 111

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FREE E STYL WAVE

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Oberalp AG/SpA, Via Waltraud Gebert Deeg 4, 39100 Bolzano, Tel. 0039-0471-242874, Email: jp@oberalp.it, www.oberalp.it


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NEIL PRYDE THEFLY2 + MAVERX EVODS Andrea Mariotti ci spiega il motivo della sua scelta per l’albero SDM Evo DS di MaverX in abbinamento alla Neil Pryde TheFly2. Ho scelto la TheFly2 perché, di tutta la linea wave della Neil Pryde, è quella più soft e morbida ma anche la più adatta alla surfata down-the-line. Con un profilo compatto a quattro stecche, la vela risulta leggerissima nelle mani del rider e fornisce grande spinta e stabilità, senza esercitare eccessiva pressione sulla mano posteriore, garantendo un controllo totale durante tutta la surfata. Per queste sue caratteristiche la TheFly2 è a mio parere la vela ideale per le tavole multi-fin. Riepilogando le caratteristiche di questa vela sono: - Pura vela da wave disegnata per essere leggera, stabile e di facile conduzione. - Super maneggevole, fluida sull'acqua e nelle manovre aeree. - Perfetta per il new school waveriding, la TheFly2 può facilmente caricare un botton stretto e depotenziarsi immediatamente per il cambio di direzione nel off the lip. - Profilo super compatto, leggera e duratura. - Morbida e facile con un profilo neutro. Per quanto riguarda il mio utilizzo sulla Thefly2 dell’albero Evo DS “drop shape” di Maverx e la mia preferenza rispetto agli alberi skinny (come lo Stilo 300), spesso consigliati dalle aziende, vi spiego in breve che la vela, dopo diverse mie prove e test, armata con l’Evo DS, risulta avere, rispetto a quanto avviene con l’albero RDM, il profilo più profondo nella parte bassa della vela ed il punto massimo del profilo molto vicino all’albero. Questa differenza tra i due alberi nel determinare la forma della vela, comporta l’avere, in surfata con l’Evo DS, una spinta costante verso il basso del centro velico, tale da spostare in automatico il baricentro del rider in avanti, aiutandolo così in facilità a far lavorare bene il rail della tavola nel bottom. Ne consegue una maggiore velocità della tavola nel bottom e un attacco al lip dell’onda alla massima velocità, per ritrovarsi più verticali e incisivi rispetto alle vele armate con gli skinny. Con questi alberi infatti la vela risulta essere uniformemente più piatta, in modo tale da assumere sempre un profilo neutro, sia nel bottom che nell’attacco al lip, non aiutando il rider, come invece avviene con gli alberi “drop shape”, ad essere veloce e verticale sulle onde con più facilità. Quindi usando l’Evo DS è la vela stessa, nell’attacco al lip, a portarti con potenza sulla cresta dell’onda, gonfiandosi in basso al centro nel momento in qui serve la massima spinta della vela, per poi depotenziarsi consentendo un veloce rientro nell’onda. Ritengo che questi fattori siano importantissimi per la surfata new school perché generano stile e aggressività nelle onde. Se proverete questi alberi con queste vele avrete delle grandi soddisfazioni. Andrea Mariotti I- 81, sponsored by: MaverX, JP, Neil Pryde, Fox, Windsurf Millenium Surf Shop Sassari. Neil Pryde TheFly2 4.8 + MaverX Evo DS Neil Pryde Atlas 4.7 + MaverX Stilo 300

NEIL PRYDE ATLAS + MAVERX STILO 300 Fabio Calò spiega il motivo della sua scelta per l’albero RDM Stilo 300 di MaverX in abbinamento alla Neil Pryde Atlas. Premesso che su una vela Neil Pryde potete armare sia l’albero RDM che SDM vi spiego il perché della mia scelta per un albero a sezione ridotta (RDM) in abbinamento alla Atlas. Per la caratteristica principale di questo modello, ovvero la potenza, utilizzando un albero SDM avrei tra le mani una vela troppo potente, che tende a spingere sul braccio posteriore e che a seconda delle capacità del rider farebbe ulteriormente aumentare la velocità. Questi fattori sono in contrapposizione con uno stile di surfata fluido, la troppa potenza della vela toglierebbe il focus del rider sulla surfata e sprecherebbe troppe energie per gestire la vela. Per non rinunciare alla potenza e velocità della Atlas e per avere una vela comunque gestibile ho scelto quindi di utilizzare un albero RDM, nel caso specifico lo Stilo 300 di Maverx. Con questo tipo di albero, all’occorrenza il profilo si appiattisce di più rispetto all’utilizzo di un SDM, dove le stecche rimangono sempre “profilate” in quanto più vicine all’albero. Con lo Stilo 300 le stecche sono più distanziate dall’albero, ovvero c’è più tessuto libero di tasca d’albero. In questo modo la caratteristica potenza della Atlas viene mantenuta più sotto controllo, specialmente per un utilizzo tra le onde, dove a volte la troppa potenza non è un fattore positivo. Dal punto di vista tecnico questi due alberi di Maverx, l’Evo DS e lo Stilo 300, si assomigliano molto, sia come curva che come rigidità. Brevemente: ogni vela è progettata con differenti curve di tasca d’albero, a cui poi vanno abbinati gli alberi con certi tipi di curve che meglio rispecchiano i parametri imposti dalla veleria; se nel caso di albero/vela della stessa marca questo parametro è maggiormente rispettato, bisogna fare più attenzione quando si prende un albero di un’altra azienda rispetto alla vela. Esistono essenzialmente tre tipi di curve: hard top, costant curve e flex top. Neil Pryde da diversi anni, in particolare sui modelli di cui stiamo parlando in questo articolo (TheFly2 e Atlas), dichiara di prediligere alberi più flex top. L’Evo DS e soprattutto lo Stilo 300 sono i due modelli più flex top dell’intera gamma di MaverX. I dati ufficiali dichiarati da Maverx per questi due alberi nella misura di 400 sono: Stilo 300 400 curva 12, imcs 18,7 EVO DS 400 curva 12,5 imcs 19,4 Per curva (o bend curve) si intende la differenza tra la curva del top e quella del bottom (calcolo della flessione dell’albero sotto un peso di 30 kg); se questo valore è inferiore a 12 l’albero per definizione sarà più hard top, per valori superiori a 12 l’albero sarà più flex top, mentre il valore 12 identifica alberi costant curve. Fatta questa premessa si può dedurre che i due alberi sono praticamente uguali, considerando in oltre che viene accettata una


TESTO DI Fabio Calò, Andrea Mariotti | FOTO DI Giuseppe Natalini | LOCATION Cape Point, Sudafrica 27

tolleranza di +/- 1 in questi valori. La differenza di rigidità però la si dovrebbe sentire nella maggiore sezione di un SDM, anche se ibrido (drop shape) come l’Evo DS, per due ragioni principali: sezione maggiore del tubo e minore tasca d’albero libera. Quindi l’albero SDM blocca la vela nella sua posizione e dà una sensazione (poi effettiva) di feeling più diretto, quindi a seconda dei casi anche più brusco.

Andrea Mariotti

Per tutti questi motivi e per il mio modo di surfare tra le onde, dove spesso unisco manovre freestyle a salti e surfate, ho scelto di utilizzare l’albero RDM Stilo 300. Spero che questo articolo vi abbia chiarito un po’ di più le idee su quale albero abbinare alle diverse tipologie di vele!

Fabio Calò


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DA QUANDO SI SONO VISTE LE PRIME FOTO SUL WEB DI QUESTA NUOVISSIMA SUPER COMPATTA DI CASA NAISH LE VOCI SI SONO RINCORSE VELOCEMENTE. SAPEVAMO CHE ERA UNA VELA CON UN CONCETTO RIVOLUZIONARIO, CON UNA TIPOLOGIA DI MISURAZIONE PARTICOLARE E CHE DOVREBBE ESSERE DEDICATA ESCLUSIVAMENTE AL WAVE, AVENDOLA ANCHE VISTA NELLE MANI DELLO ZIO ROBBY. MA A PARTE IL PRESS RELEASE DELLA NAISH TANTE ALTRE INFORMAZIONI NON SONO MAI GIRATE. ABBIAMO QUINDI INTERVISTATO MICHI SCHWEIGER, PRODUCT MANAGER NAISH, E NILS ROSENBLAD, SAIL DESIGNER, CHE CI HANNO SPIEGATO ALCUNE COSE INTERESSANTI SU QUESTO NUOVO GIOCATTOLINO.

Puoi spiegarci meglio il concetto che sta alla base dello sviluppo della Chopper? Nils: È molto semplice. Abbiamo preso la nostra vela preferita in assoluto (Naish Force), lasciato intatta la parte che genera circa il 98% della spinta e tagliato la zona superiore che principalmente arrotondava il bordo d’uscita e gestiva le turbolenze. In poche parole abbiamo trasformato una vela stabile ed elegante in una macchina da corsa furibonda che va matta per le curve strettissime e ha potenza ed esplosività in ogni trick sull’onda. Il risultato finale, piuttosto inaspettato, è che la vela è anche molto più comoda e gestibile, il sogno di ogni waver. S, M, L ed XL... a che misure tradizionali corrispondono? Nils: La S rimpiazza la 4.2; M la 4.7; L la 5.3; e XL la 5.7. L’aspetto migliore è che il controllo è così preciso e facile che ti permette di usare una XL anche in condizioni da L o addirittura M. Hanno un range di vento davvero eccezionale e, quindi, tutte le condizioni vengono coperte da queste 4 misure. Michi: Quasi tutti i nostri team rider ora utilizzano un quiver wave composto da solo 3 misure della Chopper. In spot consistenti come Maui, dove le condizioni sono più o meno sempre di vento side – side off sui 20-25 nodi, alcuni ragazzi caricano una sola misura in macchina.

CHOPPER SIZE Small LUFF 345 BOOM 152 MAST RDM 370

Medium 352 157 RDM 370

Large 374 168 RDM 370

X-Large 390 178 RDM 370

Perchè avete deciso di adottare questo strano e innovativo sistema di misurazione della vela? Nils: 4.7, per esempio, è una dicitura che funziona solamente se si confrontano vele simili. La scelta della dimensione effettiva della Chopper da utilizzare potrebbe essere un po’ difficoltosa inizialmente. Se le condizioni sono da 4.7, allora devi prendere la M. Potresti anche utilizzarne una più grossa ma sarebbe inutile doversi portare dietro tutto quel materiale in più senza motivo. Abbiamo quindi cercato di risolvere questo problema introducendo appunto questo nuovo sistema di misure. Michi: L’idea principale è di semplificare la scelta ed evitare confusione. Come dice Nils, ci siamo basati sulle metrature più utilizzate dai rider. I rider sono abituati ad esprimere la metratura utilizzata in quel modo. Per questa ragione abbiamo deciso di creare un sistema parallelo, in modo che la gente si abitui a pensare che alla 4.7 corrisponde la M, fino ad arrivare a trascurare completamente la metratura effettiva della vela utilizzata. Specialmente sapendo che non è l’area della vela a generare spinta e potenza bensì la portanza che creano i materiali utilizzati. Potresti dirci come e quando avete pensato alla realizzazione di questo progetto? E perchè? Nils: Mark Angulo è venuto da noi nel gennaio 2011 con una vela che era stata mutilata in un gigantesco wipe-out ad Ho'okipa, e voleva che la riparassimo alla buona per poter tornare in acqua. Poco dopo averla sistemata in qualche modo, è tornato in acqua ed ha cominciato a fare manovre spaventose che hanno lasciato tutti increduli in spiaggia. Era un fenomeno interessante, ma per quanto ne sapevamo, poteva solo essere Mark o la combinazione col suo materiale secondo il suo stile unico. Abbiamo però continuato a pensarci ed una volta finiti tutti i progetti verso fine febbraio, abbiamo realizzato un paio di prototipi. Le prime vele sono arrivate verso marzo 2011, e siamo immediatamente rimasti shockati da quanto fossero performanti, già dalla prima serie! Michi: quando Mark è tornato in acqua avevamo pensato che avrebbe funzionato solo con vento più forte. La vela però dava il meglio anche in condizioni di vento meno forte e rafficato, e già questa è stata una scoperta degna di nota. Da qui allora abbiamo deciso di lavorare su svariati prototipi da testare con condizioni diverse. Abbiamo utilizzato un sacco di diverse versioni e perfino una con solo 3 stecche. Potete descriverci le varie fasi di ricerca e sviluppo della vela? I rider coinvolti nello sviluppo ecc…? Nils: Abbiamo cominciato col realizzare una vela di metratura paragonabile ad una 4.7, in versione sia a 3 che a 4 stecche. Le abbiamo poi testate attentamente con il nostro test team composto da Dave Wissink e Michi Schweiger. Nel giro di qualche settimana, ci siamo resi conto di avere qualcosa di grosso tra le mani e quindi siamo passati a progettare vele più rifinite ed anche un’altra misura più piccola ed una più grande, sempre in 3 e 4 stecche. Le vele a 4 stecche hanno velocemente avuto la meglio ed abbiamo coinvolto anche Mark Angulo e Kai Lenny. Ovviamente ne sono rimasti


INTERVISTA RACCOLTA DA Fabio Calò | FOTO DI Erik Aeder 29

Mr. Robby Naish con la sua nuova creatura, la Chopper.

entusiasti da subito e ci hanno anche dato un feedback molto interessante che abbiamo poi applicato nella generazione successiva. Il test finale è stato fatto da Mr. Robby in persona, che appena è tornato a riva ha detto: “Voglio tutto il set!”. We have a winner! Dopo l’approvazione finale, siamo tornati sui progetti a sistemare gli ultimi dettagli, modificando leggermente la curva della tasca dell’albero e sperimentando ancora un po’ a computer con la superficie a disposizione. Una volta finito, la “L” che abbiamo ottenuto era così spettacolare che abbiamo anche pensato di introdurre una “XL” (circa 5.7). Due soli prototipi dopo, anche quella misura lavorava alla perfezione su un 370 ed eravamo pronti a rivelare al mondo la nostra scoperta! Michi: è stato piuttosto interessante. Noi organizziamo le nostre session di test a tavolino, in modo che ogni rider possa scegliere la misura che preferisce e ovviamente tutti ne sono rimasti entusiasti. Che sia Robby, Mark Angulo o Dave Wissink sulla Force, Kai sulla Boxer ed io sulla Session. Continuiamo a confrontarci con gli altri rider che non stanno utilizzando la nostra stessa vela. La Chopper è stata quella più apprezzata in generale e sembra quindi incorporare tutti gli aspetti positivi delle varie vele wave, tutti in un unico design che si adatta perfettamente ai singoli stili di surfata. La nuova Chopper andrà a rimpiazzare la Boxer? Forse questo potrà creare un po’ di confusione tra i clienti? O nel 2013 presenterete entrambi i modelli? Nils: La Boxer è stata la prima prova effettiva di riduzione dell’high aspect ratio delle vele wave, abbiamo tolto molta superficie dalla penna, aggiungendola nella zona tra la bugna e la penna. La curva dell’albero è stata accentuata per incrementare la tensione superficiale, mentre il boma è rimasto il più corto possibile. Questa combinazione ha prodotto un risultato immediato di leggerezza e reattività senza precedenti, specialmente sulle misure più piccole. È stato necessario qualche anno però per rendere la vela l’eccellente all-rounder di oggi (a 4 stecche, con meno tensione superficiale, ed una curvatura d’albero leggermente modificata, sempre per utilizzare l’albero più piccolo possibile.) La Boxer, comunque, continua a funzionare come una vela tradizionale. Quando ci sono condizioni da 4.7, armi la Boxer 4.7. Stessa cosa per l’intero range dalla 3.6 alla 6.2. È una vela completamente diversa dalla Chopper. Riassumendo, la Boxer è un’ottima vela che garantisce un’ottima

performance per un ampia categoria di rider, ed è più versatile e disponibile anche in misure più grosse. La gente poi la ama e la prova tangibile è che molti altri marchi hanno poi seguito questa stessa strada, introducendo vele simili, quindi, sicuramente continueremo a produrla. Michi: La Boxer ha ancora il suo posto. La Chopper è una vela molto specializzata. Non la consiglio per il solo bump and jump, che è il pane della Boxer. Abbiamo anche constatato che questa vela si addice maggiormente ai rider di misura media, in quanto quelli più pesanti tendono a sovraccaricarla. Quali potrebbero essere gli utilizzi della Chopper (waveriding, jump, freestyle...)? Michi: è nata come pura vela Wave e sicuramente i suoi punti di forza sono quelli. Le distinzioni tra Freestyle/Wave e wave sailing però stanno diventando sempre meno marcate e quindi delle potenzialità si possono sfruttare anche per il Freestyle. Quali tipi di rider sono più indicati per sfruttare al massimo una Chopper? Michi: Per ora, la raccomandiamo soprattutto ai rider sotto i 75 kg, ma sono sicuro che anche i rider più pensati la apprezzerebbero molto. Essendo un nuovo modello e concetto, con un unico albero molto corto, non vogliamo esagerare elogiandone troppo le qualità. Ne riparliamo tra 6 mesi! Che tipologia di tavola è consigliata per la Chopper (single fin, multi fin etc...)? Michi: abbiamo testato le varie vele con tutti gli assetti di tavole disponibili: single fin, thruster, Quad… chi più ne ha più ne metta. Abbiamo anche tenuto conto delle varie differenze di stile dei rider, però non siamo ancora riusciti a trovare una tipologia di tavole che non vada d’accordo con la Chopper. In questo periodo in cui le tavole con raggio di curva strettissimo vanno per la maggiore, il timing per la Chopper non poteva essere migliore, in quanto stringe ulteriormente il raggio. La vela è molto leggera tra le mani ed è molto manovrabile tra le mani del rider. Il baricentro della spinta è così vicino al rider che la vela perdona facilmente. La maggior parte dei rider si ritroveranno a far curve più strette e verticali senza nemmeno rendersi conto, con qualsiasi tavola sotto i piedi.


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TESTO DI Fabio Calò, Raimondo Gasperini | FOTO DI XRay/Tom Reynolds

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UN OGGETTO INTERESSANTE DEGLI ULTIMI MESI È IL NUOVO BOMA CARBON DI AL360 DAL DIAMETRO DI 25 MM. ALTRE AZIENDE AVEVANO DI RECENTE MESSO IN COMMERCIO BOMA IN CARBONIO DELLO STESSO DIAMETRO, DOVENDO POI PERÒ RITORNARE SUI PROPRI PASSI PER EVIDENTI PROBLEMI DI AFFIDABILITÀ. LA SFIDA QUINDI DI AL360 ERA IMPEGNATIVA E POSSIAMO ORA DIRE CHE È STATA VINTA GRAZIE AD UN ACCURATO PROCESSO DI RICERCA E SVILUPPO PER RENDERE QUESTO BOMA TOTALMENTE AFFIDABILE. Dani Bruch, uno dei saltatori più radicali del pianeta, ha collaborato a stretto contatto con l’azienda di Provaglio d’Iseo di Francesco Cominardi per mettere a punto l’affidabilità di un boma con un diametro di soli 25 mm. È stato coinvolto in questo processo anche Valter Scotto che insieme a Dani hanno torturato per bene il boma al Cabezo (Tenerife) prima del lancio ufficiale. Il boma è disponibile ora in tutti i surf shop. Ho testato per voi il Carbon Slim e qui sotto potete leggere le mie impressioni. Anche Raimondo Gasperini sta usando da diverso tempo il nuovo boma Carbon di AL360 e ci aiuterà a capire meglio le sue caratteristiche e i punti di forza.

IMPRESSIONI DI GUIDA by Fabio Calò

anche per le ragazze che fanno windsurf; ma non solo, con i guanti, durante l'inverno, non si ha più quella sensazione d’ingombro e dolori agli avambracci. Slim Carbon monocoque è disponibile solo nelle misure 140-200 o 150-210. Prova in acqua. Ho messo a dura prova questo boma, testandolo durante i miei allenamenti invernali in Brasile in condizioni Wave Freestyle e a Capo Verde in Wave, affrontando le durissime e radicali onde di Punta Preta! In Freestyle i vantaggi sono notevoli, la cosa più impressionante è la sensazione di rigidità che il boma conferisce a tutto il rig, inoltre, in manovra non sfugge mai dalle mani. In wave il controllo del rig è ancora maggiore e, combinato alla leggerezza e rigidità, aiuta ad essere più reattivi planando prima tra le onde e ad avere più sicurezza soprattutto negli aerial dove la vela non ti scappa mai dalle mani! Anche in condizioni di sovrainvelatura, quando la vela diventa incontrollabile, con il boma dal diametro così ridotto riesci ad afferrarlo meglio e ad avere più forza nelle mani, un maggiore controllo nei salti ed un minore affaticamento degli avambracci. Il nuovo Slim 25 offre il top delle performance e segna l’inizio di una nuova generazione di boma ad altissime prestazioni… Nella scelta di questo prodotto investirete nel migliorare le vostre prestazioni.

Partiamo dal punto più importante per un boma di tale diametro: l’affidabilità. I feedback di Dani Bruch e di Valter Scotto, che già da un anno maltrattano questo boma a Tenerife senza romperlo, penso che possano essere un valido motivo di certezza della sicurezza assoluta del prodotto. La curva ergonomia e la sezione dei tubi ovalizzata, presenti anche in questo modello, sono una caratteristica di confort e performance dei boma carbon by AL360. Anche se la curva del Carbon Slim è rimasta invariata rispetto a quella del Carbon Boom E3, devo ammettere che la sensazione del primo bordo è decisamente strana, sembra letteralmente di Raimondo Gasperini a Jeri con il nuovo boma AL360 Carbon Slim. avere tra le mani una matita, fa quasi impressione. Ma già dal secondo bordo ti abitui al diametro ed inizi a comprendere il comfort che ti possono dare questi 25mm di tubi in carbonio di ottima qualità. Gli avambracci fanno meno fatica, ti stanchi meno ed il boma non perde nulla in termini di rigidità rispetto al normale Carbon E3 (diametro 28mm), ti godi in pieno la surfata, anzi sembra essere addirittura più rigido! Stringere il boma tra le mani con un diametro così piccolo ti da una sensazione di controllo del rig ancora maggiore. Avevo dei dubbi iniziali sul diametro poiché ho le mani grosse e pensavo di non trovarmi bene, ma dopo qualche mese che uso questo boma posso affermare che tutti i miei dubbi sono stati spazzati via definitivamente. Al nuovo diametro mi sono abituato fin dalle prime uscite e l’ho particolarmente apprezzato in questo ultimo periodo nelle fredde uscite invernali quando è necessario l’utilizzo dei guanti. Il diametro ridotto permette un minore affaticamento degli avambracci aumentando il tempo di resistenza in acqua!

IMPRESSIONI DI GUIDA by Raimondo Gasperini AL360 è riuscita a realizzare questo nuovo diametro usando fibre di carbonio unidirezionale che, oltre a conferire rigidità e robustezza, hanno consentito una sostanziale riduzione di peso. La curva ergonomica e la sezione ovale dei tubi, caratteristica dei boma carbon AL360, rendono ancora più confortevole l'impugnatura. A terra vi posso confermare che la leggerezza è davvero notevole e la sensazione di stringere un boma dal diametro così piccolo è molto piacevole. I vantaggi sono molteplici: è ideale per chi ha le mani piccole e quindi


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TESTO DI Nicola Spadea | FOTO DI Jimmie Hepp

“Da Maui o Cape Town non importa quale onda del globo stiate surfando: con la Steel avrete sempre la vela giusta per divertirvi durante le vostre session di wave!”. È così che Gun Sails inizia il paragrafo descrittivo della sua vela wave per eccellenza. Completamente rinnovata la grafica, come tutto il resto della linea 2012, la Steel conserva anche per quest’anno la tendenza all’universalità, il suo profilo sviluppato negli anni dal velaio Renato Morlotti, che la definisce una vela “camaleontica”, mira a coprire un range di utilizzo molto ampio semplicemente giostrando con le regolazioni. Tipico dell’azienda tedesca, la manifattura e la costruzione sono di alto livello, tutte le finestre sono rinforzate da materiale X-Ply e in ogni potenziale area di stress una copertura in gomma rinforza la zona. I due anelli di bugna posizionati asimmetricamente permettono di modellare la vela a seconda delle necessità: regolando la tensione di bugna all’anello superiore la vela risulterà più potente, scelta preferibile in condizioni side-side on in cui ci si può trovare ad affrontare vari frangenti o semplicemente per rider che hanno bisogno di una maggior potenza; viceversa regolando la tensione di bugna all’anello inferiore la vela risulterà più neutra fornendo i presupposti per una buona surfata dell’onda, maneggevolezza per i freestyler e un maggior controllo per coloro che a qualsiasi livello vogliano usare la Steel in un giorno di vento forte. Il pannello di Dacron posizionato vicino la tasca d’albero e un’intelligente distribuzione degli altri pannelli contribuiscono a trasmettere al rider sensazioni di comodità e controllo durante la planata cosicché si possa essere sempre pronti alla successiva manovra. Infine per quanto riguarda il caricabasso oltre le misure orientative riportate nei pressi della carrucola e della bugna la vela presenta tra l’ultima e la penultima stecca in penna il “Fred”, un ovale grigio posto ad indicare il tono ottimale di sventatura.

TIPS Nelle misure da 3.7 m2 a 5.0 m2 ho sempre scelto la Steel in questi anni, ho avuto modo di provarla in molteplici condizioni: dalle perturbazioni tirreniche di Formia alle raffiche di Fuertevenura che ti spazzano via fino al labile vento di Ho’okipa. Dal freestyle alle più svariate condizioni wave questa vela è in grado di generare ottime performance inoltre per il 2012 ha acquistato una maggior morbidezza e controllo il che rende qualsiasi movimento o manovra più fluida, ed è esattamente quello che ricerco in una vela wave! Nicola Spadea sponsored by: Starboard, Gun Sails, Maverx.

Nicola Spadea a Hookipa con la nuova Steel.


Slalom Technique

TESTO DI Matteo Iachino

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© fotofiore/canon

MATTEO IACHINO È UNA GIOVANE PROMESSA DELLO SLALOM ITALIANO, È LIGURE E VIVE AD ALBISSOLA, NEL SAVONESE, PATRIA DELLA TRAMONTANA. È DIVERSO TEMPO CHE SEGUIAMO CON ATTENZIONE QUESTO RAGAZZO E ABBIAMO NOTATO IN LUI, OLTRE AD UNA FORTE DETERMINAZIONE, UNA SPICCATA PROFESSIONALITÀ NEL DIRE SEMPRE LE COSE IN MODO CHIARO E PRECISO, ANDANDO SUBITO AL DUNQUE E NON PERDENDOSI IN CHIACCHIERE INUTILI. DALLO SCORSO NUMERO ABBIAMO INIZIATO UNA COLLABORAZIONE REDAZIONALE CON MATTEO SUI MATERIALI E SULLE TECNICHE DELLO SLALOM. F2 SLALOM SX RACING 2012 Su questo numero ci occuperemo degli F2 Slalom SX Racing 2012. Iniziamo dicendo che ne esistono 2 versioni con le stesse misure ma di diversa costruzione: la gamma SX Racing e quella in versione Silberpfeil. La differenza sta nel fatto che la Silberpfeil è più rigida e leggera della SX normale ma a parte questo le due linee sono del tutto identiche. Io vi parlerò delle 3 misure che ho scelto di utilizzare per la stagione agonistica 2012. Stiamo parlando del 58, del 69 e dell'82. I nomi dei modelli sono dovuti alla loro larghezza. Ricordiamo che è molto più importante la larghezza rispetto al volume. Una tavola larga 56 cm con un volume di 230 lt plana molto dopo (sempre che prima o poi plani) di una larga 80 cm e con un volume di 125 lt. Tornando a noi, iniziamo dall'82 che sicuramente è la misura che più interessa ai surfisti che escono d'estate durante le vacanze e che vogliono una tavola performante con vento medio-leggero. Ho scelto l'82 e non l'85 per avere una tavola controllabile anche con un vento più forte. La tavola esteticamente sembra un “biscottone”, semplice nella grafica, con il carbonio a vista, una linea scoop-rocker quasi piatta e una poppa con degli scavi ben accentuati. Le misure sono 235cm x82cm x135lt. A mio parere è la più bella della serie. È molto semplice in ogni condizione, dal vento al limite alla soprainvelatura. Logicamente sto parlando di utilizzarla con vele dalla 7.8 alla 9.5. La poppa è bella voluminosa e la strap posteriore è leggermente rialzata rispetto al resto della coperta. Questo ci permette di avere una bel feeling di sicurezza con il piede dietro che elimina quella fastidiosa sensazione di essere sull'orlo dello spin-out che spesso si ha con il vento molto leggero. Ottimo inoltre è il fatto che si careni sottovento appena partiti in planata, il che facilita la velocità nel vento leggero. La potenza data alla tavola da una poppa come questa ci permette di utilizzare pinne veramente corte. A Marsala e Calambrone nelle ultime 2 tappe del Italian Slalom Tour 2011 ho utilizzato una pinna lunga 44cm con la 9.5 e il vento leggero senza alcun problema. Il naso molto basso non è un problema per le ingavonate in quanto la prua resta abbastanza alta durante la navigazione. Invece a mio parere la prua così bassa peggiora un po’ l’entrata in planata. La tavola sembra un po’ attaccata all’acqua finchè non plana, ha forse bisogno di una paio di pompate in più, poi si libera all'improvviso e accelera fino alla velocità di punta molto in fretta. Parliamo ora della misura intermedia, il 69, classica larghezza per una tavola slalom da 110 litri. La lunghezza è sempre 235 cm. È una misura adatta a vele dalla 6.5 alla 8.5. Logicamente una 7.5 è la misura ideale. A differenza della sorella maggiore è una tavola sicuramente più tecnica. Già ad una prima occhiata colpisce la poppa stretta. Gli scavi sotto il tail sono molto ridotti. Si nota come lo shape si stringa in fretta tra le strap anteriori e la poppa. Questo rende la tavola molto veloce specialmente in acqua piatta e abbastanza facile in strambata. In andatura, come dicevo, è più tecnica. Per andare forte necessita di maggiore pressione sul piede posteriore, sulla pinna. Specialmente

con una vela grande come una 8.5 abbiamo bisogno di spingere molto per far volare bene la tavola sull'acqua e andare forte. Sicuramente una tavola ottima per un regatante e un rider avanzato, ma meno adatta dell'82 per un surfista medio. Passiamo ora al 58, la misura de ventone. Esteticamente sembra più stretta di quello che è, e da quasi l'idea di essere un modello da speed. Il tail è di nuovo strettissimo, ma è meno tecnica del 69, se si è abituati a utilizzare tavole strette. È sicuramente molto veloce e stranamente, nonostante la poppa molto stretta va forte anche con la 7 metri. La gamma di vele utilizzabili su di questa tavola va dalla 7 alla 5. Va molto bene sia con il chop che con l'acqua piatta e il controllo in strambata è buono. Non è facilissimo uscire forte dalla strambata proprio per la poppa molto fine; per uscire in velocità necessita di un po’ di allenamento e strambata dopo strambata ci si abitua e si migliora. Ricordiamo che nello slalom è fondamentale il trim. Per andare bene con una tavola è importante avere il piede d'albero in una certa posizione a seconda della vela che si sta utilizzando, non si può prescindere da questo. Altrettanto importante è la posizione delle strap. Queste due regolazioni sono fondamentali e ognuno senza problemi le può provare. Non occorre nient'altro che la propria tavola. Se non le provate non saprete mai coma va davvero la vostra attrezzatura. Inoltre riguardo a queste regolazioni ci sono particolari oggettivi che vedremo nei prossimi numeri di Funboard, ma tolti questi rimangono altri mille aspetti soggettivi dovuti alle condizioni in cui usate la tavola, alla vostra altezza, peso, capacità, e ognuno ha il suo modo di andare quindi provate tutto e non fidatevi delle regolazioni dei vostri compagni di uscite. Altro aspetto importantissimo per ogni tavola è la pinna. Per questo non basta la vostra tavola perchè è necessario dotarsi di una pinna buona per la tavola che si ha; esistono comunque pinne competitive a ottimi prezzi, o anche pinne usate. Questo per dire che ciò che ho scritto riguardo al feeling sulla propria tavola è derivato da molti test con trim differenti e da una condizione in parte anche soggettiva e non è assolutamente detto che voi alla prima uscita proviate le stesse identiche sensazioni.



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QUANTI DI VOI NON HANNO MAI DATO TROPPO PESO ALLE REGOLAZIONI DEL TRIM DELLA VELA, DICENDOSI CHE TANTO È SOLO UNA COSA CHE FANNO I “PRO”? E QUANTI DI VOI HANNO PERSO DEL TEMPO PER PROVARE REALMENTE LE DIFFERENZE DEL PROPRIO RIG QUANDO ARMATO IN UN MODO PIUTTOSTO CHE IN UN ALTRO? LEGGETE CON ATTENZIONE QUESTO ARTICOLO DI UNO SPECIALISTA DEL TRIM E MAGARI CAMBIERETE IDEA SU ALCUNI ACCORGIMENTI, QUESTIONE DI MILLIMETRI!

Barry Spanier alla macchina da cucire.

Paul Elvstrom, la leggenda della vela svedese, ha detto che ci sono 3 fattori principali da considerare in regata: la velocità dell’imbarcazione, la velocità dell’imbarcazione e la velocità dell’imbarcazione. Recentemente abbiamo assistito alla vittoria schiacciante della Oracle nell’America’s Cup, in cui è diventato evidente quasi immediatamente che la loro imbarcazione fosse molto più veloce di tutte le altre. Non c’è stato nulla da fare, anche se i favoriti erano gli svizzeri per la loro capacità di manovrare ed abilità strategica. Non c’era però nessuna manovra che potesse far loro recuperare tutta l’acqua che bruciava quella barca nera, a meno di attaccare un secchiello sotto al timone di poppa… ma anche così non sarebbe stato facile. Elvstrom è da sempre il maestro nel riuscire ad ottenere il massimo della performance sia dalla chiglia che dalle vele. Ha gareggiato in parecchie categorie di barche one design e sembrava aver sempre la meglio, sebbene non competesse con costanza nella specifica classe. È evidente che con una settimana di “preparazione” per armare l’attrezzatura correttamente, fosse in grado di vincere a qualsiasi livello. Com’è possibile? Nel caso di piccole imbarcazioni o yacht, c’è una combinazione di regolazioni che influenzano drasticamente sia equilibrio che velocità, ognuno dei quali a sua volta influenza i centri di resistenza laterale ed il rapporto e le reazioni tra le varie vele. Perfino una chiglia molto lunga e stabile come quella di una ocean racer di 50 piedi reagisce in maniera leggermente diversa, ed è proprio compito del buon trimmer riuscire a captare queste variazioni. È una questione di pochi centimetri su cime di oltre 20 metri che regolano l’apertura della randa della vela principale! E la differenza si sente anche con il peso complessivo dell’imbarcazione che è di svariate tonnellate. Nel frattempo, i windsurfisti stanno ora cercando di superare i nuovi limiti di velocità, avendo tra le mani rig di meno di 10 kg, con una vela che ha una superficie di soli 9m e 5m di albero. A causa delle dimensioni ristrette del materiale, non c’è da stupirsi che le regolazioni perfette sono molto difficili da raggiungere, in quanto sono solo questione di qualche millimetro. Se volessi spiegare e dimostrare l’importanza del fine tuning ad un rider professionista, gli farei vedere e provare la differenza che pochi millimetri provocano in una session di test. Utilizzando due rider con caratteristiche fisiche simili e gli stessi identici rig, li regoliamo singolarmente in modo che i rispettivi rider siano a loro agio. Gareggiano poi l’uno contro l’altro per stabilire le velocità relative. Poi, partendo da queste misurazioni e lasciando il primo rig immutato, andiamo a sistemare il secondo e poi proviamo nuovamente. Non dovrebbe sorprendervi sapere che i top rider del PWA usano questo procedimento in

continuazione, proprio per imparare sempre più in dettaglio il funzionamento del loro materiale. Ipotizziamo che la “regolazione comfort” sia la mediana, possiamo poi cazzare o lascare la vela e già si noterà una differenza notevole in andatura. Queste regolazioni, ovviamente, saranno minime. Davvero millimetriche. Così piccole che bisogna utilizzare un metro per rendersi effettivamente conto delle modifiche apportate, ed è quindi fondamentale sapere cosa si stia facendo. Ammetto che un solo millimetro porta differenze impercettibili ma due o tre cominciano già a funzionare. Un centimetro si dovrebbe sentire ad occhi chiusi. In generale, quando testiamo nella stanza di carico, alla massima tensione, 4-5 millimetri possono aggiungere ben 40-50kg di tensione. Un’enormità. Comincia misurando accuratamente le impostazioni del rig di riferimento, con


TESTO DI Barry Spanier 35 precisione millimetrica, sia per la bugna che per il caricabasso. Per le misurazioni, utilizza un punto che rimane nella stessa posizione sul rig, come per esempio la puleggia del caricabasso, in modo che le misurazioni siano consistenti ed accurate. Da quel punto, misura fino ad arrivare alla base dell’albero. Se possibile, utilizza una puleggia a manovella per cazzare il rig poco a poco, potendone misurare la tensione mente si cazza e si lascia ogni altra cosa invariata. Con questo sistema risulta più facile fare modifiche più minute ed accurate. Quando invece utilizzi le tue braccia ed il tallone del piede dando una cazzata secca, diventa più complesso fare piccole regolazioni sul rig. Così facendo la vela si arma, ma regolarla è tutta un’altra storia.

Phil McGain al alvoro in acqua con le nuove Maui Sails TR-8

Una vela da race moderna può richiedere una tensione di caricabasso dai 115 ai 250 kg, a seconda del design e dell’albero utilizzato. Un sistema normale di caricabasso permette una regolazione del rapporto di potenza da 4:1 a 6:1. Se viene considerato poi l’attrito che fanno i camber sull’albero o anche le pulegge, il rapporto potrebbe abbassarsi a 3:1. Ciò significa che, a seconda del modello specifico di vela, potrebbe essere necessario dover applicare una tensione diretta dai 35 ai 70 kg, a seconda dei materiali, del design e della tipologia di vela. Se pensi al tuo obiettivo, cioè aggiungere un paio di millimetri di tensione alla volta, su una vela già cazzata, dovrai applicare almeno 40kg di forza per riuscire a muovere il tutto. La tipica posizione che si assume per armare la vela, con la schiena inarcata ed il tallone sulla base del piede d’albero ti permette solo di grugnire mentre cazzi la vela ad occhio e poi rimani dubbioso a chiederti se possa bastare. È il sogno di ogni chiropratico. Se invece avete a disposizione un qualche attrezzo specifico per cazzare la vela, riesci tranquillamente ad applicare la pressione necessaria per fare piccole regolazioni e continuare a tener d’occhio i cambiamenti che essi comportano sull’intero rig. Ora entra in acqua. Confronta equilibrio, velocità e manovrabilità. Poi prova ad aumentare la tensione di altri 2 o 3 mm, sempre misurando accuratamente. Ti posso garantire che sentirai la differenza ad ogni singola modifica. Più tensione verrà applicata, più l’albero fletterà e più la vela sventerà. Questo è dovuto a due ragioni. Prima di tutto la zona inferiore sarà più tesa e quindi piatta, lasciando la zona superiore più morbida. La seconda è che l’albero si piega oltre la curvatura della tasca dell’albero, rilasciando ulteriore tensione alla penna. È per questo infatti che noi del mestiere diciamo che la tensione della penna dipende dall’equilibrio tra curvatura dell’albero in tensione e la curvatura della tasca dell’albero. Appena la vela comincia ad essere sbilanciata o non più con una reale potenza, smetti di cazzare il caricabasso e spostati sulla bugna, cazzandola con lo stesso procedimento utilizzato per il caricabasso. Continua poi a cazzare finchè ti renderai conto che la vela è troppo cazzata e scarica ed ora comincia a lavorare nuovamente sul caricabasso, mollandolo poco a poco, lasciando la bugna al massimo, ed osservando i vari cambiamenti del rig. Così facendo imparerai a capire ed apprezzare il risultato di ogni singolo cambiamento su performance ed equilibrio del rig, e una volta che hai capito e provato le varie combinazioni puoi lavorare per trovare quella perfetta per te ed il tuo materiale, utilizzando variazioni minime dall’assetto ideale all’assetto adatto alle condizioni del momento, in modo che il profilo e la tensione della penna vengano aggiustate in base alle condizioni specifiche. Dato che la performance del rig dipende quasi esclusivamente da questi due fattori proposti, dando per scontata la scelta dell’albero giusto per la vela, solo tu puoi lavorarci e trovare l’assetto e le regolazioni ideali per te. E cambieranno di volta in volta, a seconda della tavola, delle condizioni, della pinna utilizzata. Bisogna continuare a sperimentare e fare piccole regolazioni, ma queste renderanno il materiale più veloce, performante e divertente da utilizzare.

La vela, l’albero ed il boma sono come strumenti musicali. Strimpellare le corde di un violino produce comunque un suono ma per produrre musica bisogna fare delle piccole regolazioni e tutto l’insieme suonerà meglio. Il mixaggio finale del pezzo poi sarà quell’aspetto che farà la differenza e solo così si potrà passare dal far rumore a fare musica. Qualche ora passata a testare e studiare le differenze di qualsiasi rig, sia a scopo ricreativo o competitivo, sia in wave, che in race o freestyle, ti garantirà molte più ore di divertimento e soddisfazione in cui il tuo rig ti darà il 100%. L’unico modo di fare ciò è regolare il rig alla perfezione. Armare non è altro che mettere insieme meccanicamente i pezzi che compongono il rig. Ma regolare è invece l’unico sistema effettivo per ottenere il massimo dalle condizioni, dai soldi spesi e dal materiale, permettendoti anche di concentrarti più sulla tua progressione piuttosto che sui problemi del rig


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FAI FATICA A PLANARE? I TUOI AMICI TI PASSANO SEMPRE? SPESSO LA CAUSA PRINCIPALE DI QUESTO È IL POSIZIONAMENTO ERRATO DEL PIEDE DʼALBERO. KARIN JAGGI (WAVE E RACE), RICARDO CAMPELLO (WAVE), YOUP SCHMIT (FREESTYLE) E ANTOINE ALBEAU (RACE) CI AIUTANO A CAPIRE MEGLIO COME OTTENERE IL MASSIMO DALLA NOSTRA ATTREZZATURA CON LA SEMPLICE VARIAZIONE DELLA POSIZIONE DEL PIEDE DʼALBERO.

Ogni rider ha le sue preferenze riguardo ogni singola combinazione di tavole e vele, e tutte hanno punti di forza e debolezza, ma a volte capita che il rider faccia fatica a trovare il trim ottimale. Molti windsurfisti infatti, indipendentemente dalla loro voglia e passione, spesso sbagliano completamente a posizionare il piede d’albero. La regola generale è quella di posizionarlo a metà del track per il vento leggero e medio, per poi spostarlo più verso poppa quando il vento aumenta. Trovare la regolazione ideale è davvero importante perchè un materiale con il giusto assetto permette una performance migliore in acqua ed anche session più divertenti. La posizione del piede d’albero è importante per avere una buona postura rispetto alla tavola. Il punto ideale è quello che permette di stare abbastanza verticale, con entrambe le gambe in tensione per controllare la tavola mentre vola “liberamente” sull’acqua, come ci dice la nostra rider di World Cup, Karin Jaggi.

Karin Jaggi a Aruba in assetto da vento leggero. © John Carter

IL POSIZIONAMENTO IDEALE DEL PIEDE DʼALBERO DIPENDE DA SVARIATI FATTORI: • Tipo, marchio e misura della vela. Wave o race o freestyle? Dov’è il baricentro della vela? • Quanto sei alto e quanto pesi? • Posizionamento delle strap • Posizionamento del bomba • Condizioni di vento e acqua

VENTO NORMALE Come faccio a capire se il posizionamento non è ottimale? Un indicatore ideale dell’idoneità del posizionamento del piede d’albero, per me, è che quando lo metto troppo indietro, non riesco a chiudere completamente la vela quando sono di poppa. Se invece lo spingo più avanti di 1-3cm, mi risulta più facile fare quello che in gergo si chiama “Close the Gap”, cioè chiudere lo spazio che resta all’aria per scappare tra vela e tavola. Questo per me è il metodo più facile per capire se il piede d’albero è troppo arretrato! Se la prua è troppo alta, e la tavola ha troppo poca presa. Non riesci neanche a piazzare la vela correttamente rispetto alla tavola. Il caso opposto invece si verifica quando la stecca inferiore sbatte sulla coperta della tavola. Portandolo verso poppa questo non succederà più e la vela si allontanerà. La posizione ideale, in generale, è anche quella più comoda per il rider. Con condizioni di vento molto forte, conviene armare una vela più piccola piuttosto che spostarlo troppo in avanti!

Karin Jaggi a Alacati in assetto da vento forte. © John Carter


TESTO DI reemedia 37

SOVRAINVELATURA Se sei già sovrainvelato su una tavola freeride e con una 6.0, conviene spostare il piede d’albero in avanti di circa 1-3 cm. La tavola acquisterà maggior controllo e l’intero rig sarà più gestibile anche con vento forte! Cosa succede in generale con il piede d’albero in posizione più arretrata? Solitamente la tavola tende a planare dopo e a far più fatica a risalire. Questo vale però solamente per un certo range di condizioni. L’eccezione è proprio quando c’è più onda, in questo caso conviene spostarlo più indietro di 1-2 cm. Così facendo la prua è più libera e quindi la tavola entra in planata più facilmente. Il posizionamento ideale, comunque dipende molto anche dallo stile personale. La capacità di risalire viene un po’ compromessa ma la tavola risulta più libera e planante. Cosa succede se il piede viene posizionato in avanti? • La tavola risale più facilmente in quanto la superficie del rail in acqua è più lunga. • Più veloce con vento da poppa o al traverso solo in caso di condizioni di vento leggero o medio. Quando il vento aumenta, questa posizione garantisce maggiore controllo e quindi maggior velocità finale. • È più facile fare il “Close the Gap” • Migliora il controllo con vento forte!

soprattutto a poppa e sulle pinne. Il piede d’albero dev’esser più arretrato in modo da aver la vela più vicina alla tavola. Di solito chi ha questo stile di surfata, normalmente, ha anche un passo molto largo (distanza tra strap anteriore e posteriore) e quindi riesce a controllare e a far girare la tavola spostando il peso. La vela quindi ha meno importanza in questo caso, in quanto essendo così vicino al rider, è molto neutrale e non influisce tanto sulla planata della tavola.”

BARICENTRO DI SPINTA DELLA VELA E DIMENSIONI DEL RIDER Il posizionamento ideale del piede d’albero sulla tavola dipende da svariati fattori. Il punto di pressione nel baricentro della vela è uno dei fattori più influenti. Sta poi ai designer delle vele affinare e migliorare sempre più la stabilità della spinta della vela, da un anno all’altro. Solitamente più il centro di spinta è arretrato, più avanti bisognerà mettere il piede d’albero, in modo che l’albero sia il più avanzato possibile. Un altro fattore molto rilevante è la stazza del rider: i più piccoli solitamente utilizzano il piede d’albero 2-3 cm più indietro rispetto ai rider più pesanti.

WAVE SPECIAL Quali variabili intervengono invece se parliamo di wave riding? Karin Jaggi: “Dipende quasi esclusivamente dal tuo stile di surfata. Con onda grossa però ci sono due variabili principali: • Curve allungate, spesso con bottom turn aggressivo con la vela quasi in acqua, con fisico e vela pesantemente sbilanciati in avanti. La tavola carva esclusivamente sul rail. Per sviluppare la massima pressione è consigliabile spostare il piede d’albero più avanti. • Curve strette, con tavola più piatta e rider più eretto, facendo girare la tavola Karin Jaggi a Tenerife. © John Carter

Abbiamo fatto un po’ di domande a dei pro di coppa del mondo, che ci hanno dato delle dritte esclusive per voi lettori!

RICARDO CAMPELLO VICE CAMPIONE DEL MONDO WAVE 2011 Tavola fotografata: JP Single Thruster 92 Quali fattori consideri quando posizioni il piede d’albero per fare waveriding? Per ottenere un certo equilibrio tra il tuo fisico e il rig è fondamentale piazzare bene il piede d’albero. Se non lo facessi, rischieresti di impuntare la prua in un bottom turn. Anche per saltare è molto importante in modo da avere il massimo controllo. Cambi la posizione a seconda delle vele e se sì, di quanti centimetri? Dipende dalle condizioni ma se mi trovo bene, solitamente non la cambio. Cambi posizione del piede d’albero a seconda dello spot in cui ti trovi (Maui, Indonesia, Sylt)? Sicuramente, ci sono un sacco di variabili da considerare, tra cui le condizioni di vento, chop, onda, la direzione del vento etc… Ti capita mai di cambiare da una batteria all’altra? No mai! -Hai qualche indicazione per i lettori? Cerca di trovare la posizione più comoda e anche solo mezzo centimetro fa molta differenza. Ricardo Campello posiziona il piede d’albero a 130 cm da poppa sul JP Single Thruster 92.


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YOUP SCHMIT IL SEDICENNE TALENTO EMERGENTE DEL FREESTYLE Tavola fotografata: JP Freestyle 88 lt Quali fattori consideri quando posizioni il piede d’albero? Per me è tutto strettamente legato alle condizioni specifiche. Ed anche da che tavola usi. Io utilizzo un freestyle JP che è molto compatta e maneggevole. Guardo sempre quanto vento ci sia, le onde, il chop, la tavola e vela che uso. Tutti questi fattori influenzano il posizionamento del piede d’albero. Cambi la posizione a seconda delle vele e se sì, di quanti centimetri? Dipende dalla misura della vela che prendo. Se prendo una delle mie vele grosse come la 5,3 e poi il vento aumenta da 4,9, lo porto più in indietro in modo che la prua resti più alta fuori dall’acqua e la tavola sia più libera durante i miei trick. In generale arretro il piede di 1cm per ogni misura di vela più piccola che metto. Cambi posizione del piede d’albero a seconda dello spot in cui ti trovi (Bonaire, Fuerte, Sylt)? Certo che sì, tutti gli spot hanno condizioni d’acqua molto diverse ed è quindi fondamentale cambiare dall’acqua piatta di Bonaire al vento forte ed acqua choppata di Fuerte per arrivare alle onde onshore di Sylt. A Bonaire tendo a posizionare il piede più in avanti, in quanto l’acqua è così piatta che non ho problemi che la prua sbatta sui chop e la tavola plana prima. A Fuerte lo arretro un po’ un modo che fenda meglio il chop, e da aver maggior controllo con vento forte. A Sylt ci sono stato per la prima volta quest’anno ma non c’è stato vento per 11 giorni e quindi non siamo riusciti a gareggiare. Ho visto video degli anni passati ed ho notato che questo spot diventa veramente choppato all’inverosimile, con onda onshore e vento forte. Per queste condizioni, userei il piede d’albero quasi completamente indietro, e se dovessi usare vele più grosse, allora lo porterei più avanti verso metà scassa. Ti capita mai di cambiare da una batteria all’altra? No, quando sono in gara ho già numerose tavole pronte con assetti su cui ho lavorato in precedenza, in modo da coprire quasi tutte le possibili condizioni. In generale comunque, se sento che il mio peso è troppo in avanti, allora sposto il piede d’albero più indietro e viceversa. Parlando con altri pro del freestyle è chiaro che per voi è importantissimo chiudere i vostri trick al 100%. Se anche solo qualcosa cambia nelle condizioni o nelle regolazioni, diventa tutto molto più complesso. Questa è una differenza notevole rispetto al wavesailing (waveriding e saltare). Sì, è molto importante che il materiale sia preparato e armato correttamente e tutte queste piccole regolazioni fanno la differenza. Se riesci a trovare il trim perfetto, risulterà molto più facile chiudere i trick di freestyle. Youp Schmit posiziona il piede d’albero a 126 cm da poppa sul JP Freestyle 88.

Hai qualche indicazione per i lettori? Regolati tutto il materiale in modo che sia comodo e funzionante. Se ti sembra che il peso sia troppo a prua allora spostalo più indietro, se invece sei troppo a poppa, fai l’opposto. Tutto questo permette di aver performance migliori e di divertirti di più in acqua!


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ANTOINE ALBEAU VICE CAMPIONE DEL MONDO SLALOM 2011 Tavola fotografata: RRD X-Fire 114 Quali fattori consideri quando posizioni il piede d’albero quando fai slalom? Voglio ottenere maggior portanza e che la prua sia più libera, in modo che la tavola plani prima. Cambi la posizione a seconda delle vele e se sì, di quanti centimetri? Solitamente cambio posizione su una tavola solamente se le condizioni d’acqua cambiano molto, ma comunque mai sopra il centimetro. Quali problemi possono esserci per un rider intermedio o amatore che cambiano marca di vele? Non penso che cambi poi così tanto, l’unico vero problema è che il rider usi il boma troppo basso, spostando quindi troppo indietro il piede d’albero. Cambi posizione del piede d’albero a seconda dello spot in cui ti trovi (Alacati, Fuerte, Sylt)? Sì, ad Alacati lo uso più arretrato, in quanto l’acqua è piattissima, mentre a Fuerte lo metto tutto avanti perchè è molto choppato! Ti capita mai di cambiare da una batteria all’altra? Normalmente no, a meno che le condizioni di chop cambino radicalmente, anche a seconda delle maree. Hai qualche indicazione per i lettori? In generale è meglio cercare di non metterlo troppo indietro, cerca anche di mettere il boma un po’ più alto del solito, in modo da poterlo portare un po’ più avanti, così avrai più stabilità.

Antoine Albeau posiziona il piede d’albero a 132 cm da poppa sul RRD X-Fire 114.

© Eric Bellande/RRD


Toys 40

ONCE UPON A TIME… NIENTE DI PIÙ APPROPRIATO POTREBBE APRIRE IL SIPARIO SULLʼARGOMENTO TOP DEI WINDSURFISTI DEL MOMENTO: “HAI VISTO TE LʼAVEVO DETTO CHE SI RITORNAVA AL SINGLE FIN!”. DI SICURO UNO DI QUESTI DELLA VECCHIA GUARDIA, RIMASTO ANCORATO A QUEL FAMOSO PENSIERO DEL “A ME PIACE SINGLE FIN…, TUTTE QUELLE PINNE!… NON NE PARLIAMO NEMMENO”, STARÀ TIRANDO SU LA CRESTA! VEDERE LA MITICA STAR DI HOOKIPA A MAUI, LEVI SIVER, RAIDARE CON IL MONOPINNA AVRÀ CREATO DEGLI SCOMPENSI CEREBRALI DEVASTANTI A CHI, UN POʼ PER VOGLIA E UN POʼ PER MODA, SI ERA DECISO A ENTRARE NEL MONDO DEI QUAD FIN, COME SE NON BASTASSE, ANCHE IL MASTER SHAPER E RIDER KEITH TEBOUL ATTACCA LE ONDE VERTICALI COME UN PROIETTILE CON UN TRI FINS, LASCIANDO DISEGNI SULLE ONDE CHE FORSE SOLO MICHELANGELO CON IL PENNELLO AVREBBE POTUTO FARE MEGLIO, SIA CHIARO SU TELA… NELLʼACQUA È UNʼALTRA STORIA.

INTRO

SINGLE TO TWINZER

Cerchiamo di andare per gradi e di arrivare a tirare le somme con una semplice e personale premessa. Parlare di ritorno al single fin può sembrare a molti soltanto un effetto ottico, invece, i nuovi prototipi presenti nell’isola Hawaiiana non sono altro che l’evoluzione del quad fin, quindi, paragonare il single fin dell’epoca a quello di oggi è come dire che una macchina con quattro ruote ed un motore di 20 anni fa’ è uguale a quella di ultima generazione… Concorderete con me che non è la stessa cosa! Detto questo, tutto quello che viene sperimentato ed approvato nell’isola è la pura e sola evoluzione di un lavoro metodico in costante sinergia tra top rider e top shaper, con l’immancabile elaborazione di pinne adatte a far si che il concetto possa avere senso una volta messo in acqua. L’introduzione di tavole a 5 scasse apre definitivamente la strada alla scelta personale di acquistare quello che si desidera di più, a seconda del proprio livello tecnico e del posto in cui raidare. Direi che mai si è arrivati a tanto! Inoltre, questa grande variabile dà la possibilità a molti di provare il nuovo feeling di un quad per poi passare su un bel tri fin o, addirittura, di tirare fuori dalla scatola magica la single che amavi per provarla su quel mostro appena acquistato… such a great moment!

Analizziamo questa evoluzione della specie, partendo da un bel Single fin, per me, targato anno 2008. Premesso che “most part of my windsurfing life”, ho sempre avuto la sensazione che il monopinna mi si adattasse alla perfezione e, nonostante dei piccoli periodi di prova con tre pinne, il single si è rivelata la mia tavola preferita. Giusto il 2008 fu l’anno del declino, dopo avere dato le ultime spadacciate al Cape fino ad aprile-maggio, al mio arrivo a Maui erano pronte le due bambine twinzer. Let’ talk about… monopinna, il mio feedback sul riding mi ha fatto capire la ragione per cui ho sempre scelto il single: la adattabilità a tutte le condizioni di vento e onda e la straordinaria aderenza all’acqua in tutte le condizioni, aggiungo anche che, l’evoluzione di pinne sempre più adatte e costruite con il massimo della raffinatezza in materiali e shaping ha migliorato notevolmente questo stile di tavola fino all’avvento dei primi twin fins. Quel monopinna mi ha lasciato ricordi indelebili anche perché avevo trovato due veri gioielli di pinne. Sono stato folgorato da quel feeling in quanto le prestazioni della tavola erano aumentate del 30% solo con quelle due spade da samurai; planava prima, la pinna in ridata era inesistente e per assurdo mi dava un drive devastante, con misure relativamente basse, 19 o 21 cm, potevo spingere all’infinito, lei c’era sempre, never feel


TESTO DI Massimo Mannucci 41

a certain… spin out…Quindi, a mio parere, quel monopinna con quel trimmaggio aveva raggiunto il limite di espressione… anzi, mi correggo, la tavola avrebbe potuto rendere ancora di più, il limite a quel punto ero solo io! Preso dalla crescente febbre delle due pinne, aderisco positivamente al fatto che qualunque fosse stato il responso vero lo avrei valutato solo buttandomi nelle onde, considerando anche che la sfida con il nuovo mi ha sempre creato una certa carica di adrenalina. Sinceramente, a quel tempo, parlo di settembre 2008, l’unico pensiero ricorrente era: “Con questi nuovi shape si dovrà cambiare il modo di surfare l’onda!”. Infatti, il mio approccio al twinzer è stato abbastanza divertente! Ricordo con piacere: prendo le tavole alla Cannery a Maui da Keith con una voglia dilagante di andarle a provare subito. Mi scaravento a Hookipa con un modestissimo 2mt di onda e vento da 4,7… prima onda, bottom vecchio stile con cut back senza minimo accenno e conseguente facciata nella vela. C’era sicuramente da rivedere qualcosa!!! Il twinzer è una tavola molto facile da utilizzare sulle onde, è questa la sua ragione di esistere, more easy more fun, ma devi stare sempre sull’onda perché richiede un approccio surfing style, dove il surfista non si allontana mai molto in bottom profondi dal face dell’onda. Affrontare questo nuovo modo di interpretare il riding con il windsurf richiede un certo periodo di pratica. È stato comunque divertente ed entusiasmante vedere le onde da un’altra ottica e riuscire a surfare in maniera decisamente differente da prima. Come la regola vuole, spesso tutto quello che è nuovo (avendo deciso di accettarlo) è bello, personalmente lo è stato, it was more fun than single! Ma la piccola lacuna era dietro l’angolo, bastava arrivarci… Durante il primo approccio al twin, ho avuto la fortuna di capitare in un periodo perfetto per apprendere le sue potenzialità: settembre a Maui è il periodo in cui il trade wind è costante e le onde non sono quasi mai così giganti. L’opportunità di vedere i nostri pro preferiti all’opera e di verificare la loro attitudine nell’interpretare il riding con questa nuova tavola è stato pazzesco; veloci, aggressivi, verticali… too much! Ho sempre ammirato i pro con un immenso rispetto ed ho cercato sempre di carpirne i segreti, in questo caso, ho notato la loro tenacia e frequente attenzione a non scendere molto giù nel bottom, era una surfata che in gergo tecnico si chiama nel pocket e significa l’attitudine del windsurfer a ridare il face dell’onda o leggermente più basso, creando un movimento più verticale possibile in uscita dal bottom con un forte utilizzo delle anche a volte estremizzato al massimo. Direi, personalmente, che Keith Taboul, shaper e rider di fama internazionale, si è rivelato ai miei occhi il Master di questa nuova interpretazione del riding. Due sono le ragioni per cui Keith interpreta alla perfezione questo nuovo stile: la prima è che è un grandissimo surfista da onda ancora prima di essere un windsurfista e la seconda è che la nuova era delle due pinne si può attribuire a lui come shaper e disegno di tavola. Arrivare ad evolvere un concetto così nuovo e così diverso su una generazione radicata sul single fin ha avuto un effetto bomba su tutta la comunità mondiale windsurfistica. Keith ha inserito alcuni concetti delle tavole da surf sul windsurf, sia come shape che come guida della tavola stessa, l’aiuto e la capacità poi di altri talenti a Maui ha fatto sì che il nuovo progetto avesse un senso positivo… a questo punto il single fin divenne roba Jurassica.

TWINZER TO QUAD Never Give Up. A Maui spingono forte su tutto ed in particolare sulle tendenze future per dare al windsurf sempre un’impronta innovativa. Pensare che il twin fin fosse qualcosa di definitivo o di altamente innovativo e che per un lungo periodo di tempo non ci sarebbe stato niente di nuovo, era un grave errore. Il twin fin ha lanciato un nuovo modo di esprimersi sulle onde e di interpretare il windsurf nel riding, questo concetto, così forte e vero, ha però aperto il sipario sulla domanda più contrastante di tutte: “non ci sono nuovi limiti?”. Infatti, la mia stagione twin, cominciata a Maui nell’inverno 2008, è

finita dopo la bellissima stagione al Cape nei primi mesi del 2009. Le news arrivavano dall’isola, le foto dilagavano, gli amici ne parlavano a gran voce… era tempo di 4 pinne! Francamente me lo ricordo molto bene e ne sono rimasto sconvolto! Appena ho visto i primi prototipi a 4 pinne mi sono messo a ridere, non potevo fare altro! Il mio pensiero immediatamente è andato a Keith Taboul, “quello lì mi fa paura! Ne sa una più del diavolo!”. Ragionandoci sopra cercavo di capire quale senso venisse attribuito al quad. Per fare ciò dovevo partire dal feeling twin, capire quello che mi dava per valutarne i limiti, cercare di scoprire dove il twin non funzionava, ed è proprio da qui che nasce il concetto quad. Mi sono divertito veramente tanto ad utilizzare il 2 pinne sia mure a sinistra che mure a dritta, ma se considero il mio livello tecnico e la grandezza delle onde, il mio giudizio twin ha delle variabili che si spostano dal lato superpositivo al negativo. È vero anche che una tavola che va bene in tutte le condizioni di vento e di mare probabilmente non esiste! Move forward, è proprio qui il focus point della questione. In generale, il twin mi ha sempre dato la sensazione di perdere del drive (aderenza), ma se l’onda è piccola o di media dimensione, il gioco vale la candela perché ti permette di fare degli slide esagerati nel cut back, cosa che con il single mi sognavo di notte. Di contro, su onde grandi, nei bottom il twin ha sempre avuto quell’incertezza e leggera vibrazione che, personalmente, non mi ha mai dato quella fiducia necessaria per spingere sul rail con tutta la forza possibile, come sul classico single fin dove eri sicuro della stabilità. Quindi, appena sono arrivato a Maui nell’inverno 2009 c’erano due belle tavole quad che mi aspettavano. Una volta provate in acqua ho avuto la netta sensazione di maggiore stabilità; il nuovo concetto di quattro pinne si adattava molto di più al mio stile rispetto ai twin fin. Utilizzando la stessa tecnica di ridata avevo trovato un feeling speciale e sorprendente, molto più sicuro sull’onda medio-alta, nonostante un fastidioso episodio dovuto a quelle lame taglienti sotto la tavola. Mi ero dimenticato che c’erano 4 pinne ed uscendo dalla spiaggia a Hookipa, stremato dalla session, ho appoggiato la tavola sulla sabbia e con precisione mi sono tagliato il collo del piede con la pinnetta anteriore! Da allora mi sono sempre ricordato di avere più pinne sotto la tavola!


42

Durante tutta la stagione invernale a Maui i nuovi tri fin mi hanno dato accesso ad un nuovo mondo del riding che non avevo mai appreso: le curve, quelle vere! Il concetto di curva nel windsurf sulle onde è piuttosto variopinto! E’ la verticalità su e giù dalle onde! Entrambe le tavole erano scese di 4 litri, stavo ridando con una 73lt e una 83lt, avendo comunque una galleggiabilità e confort anche superiore nonostante 4 litri fossero tanti in meno rispetto ai miei vecchi quad. Tavole con drive esagerato, dove ho utilizzato due set di pinne custom fatte da MFC; un set con centrale 19 e laterali da 10 e un set con 21 ed 11. Ho fatto molti mix&match tra le tavole e le pinne anteriori e posteriori e, come al solito, le performance della tavola sono migliorate via via che trovavo l’adattamento ottimale. Imbarazzante l’accelerazione a fine bottom con reattività e agilità su cut back al limite della stabilità. Il tri fin mi ha ridato tutta quella fiducia sulle onde grandi che avevo quasi perso dall’avvento twin, ora riesco a scendere verticale e risalire dritto sul lip. Mai come quest’anno il mio puro wave riding, fatto non di giochi da freestyler o aerieal ma di vero up and down sull’onda, è stato tanto radicale e concettualmente stiloso nella mia vita di windsurfista. Questo nuovo concetto di tri fin mi piace così tanto che posso chiaramente dire che è il primo anno della mia vita da rider che ho imparato a fare delle curve serie. Dove inizia la mia dedizione a questo sport e dove ci sia l’aiuto dei materiali, sempre più raffinati, francamente non lo so, posso solo dire, in maniera convinta, che il tri fin di Keith è quanto di meglio abbia mai usato.

CONCLUSIONE Qualunque tavola usiate e qualunque sogno abbiate… andate avanti convinti, non esiste la tavola perfetta, quella sta solo dentro di voi, in base all’esperienza fatta in acqua. Sfruttate al massimo ogni momento della vostra sessione di windsurf perchè niente e nessun materiale vi farà più felici che passare una bella giornata con il mare, il sole, il vento e gli amici. Forever in LOVE for windsurf. Manna

QUAD TO TRI FIN Da quel momento fino alla stagione sudafricana 2011 ho utilizzato 4 tavole custom quad con differenti shape e performance nell’acqua, tutte estremamente divertenti anche se molto simili. Grazie a questo ho gradualmente migliorato le mie performance ma senza un’elevazione importante nello stile, stavo ancora cercando qualcosa di speciale, qualcosa di preciso, le idee che avevo in testa erano molto chiare sulle mie future bambine shapate da Keith. Durante la stagione del Cape 2011 mi arrivano da Maui le news riguardo ad alcuni prototipi su cui Levi e Keith stavano lavorando, era arrivato il tempo delle 3 pinne! Generalmente aspetto con trepidazione la mia personale decisione riguardo alle nuove tavole della stagiona successiva e questa volta era veramente una decisione ardua da prendere. Pascal, noto rider e collaboratore full time di Quatro, mi risponde alla domanda: “Che ne pensi dei nuovi tri fin?”. “Manna, chiedi a Keith, io surfo ancora con il quad, sono solo dei prototipi e non sono definitivi al 100%, vedi tu!”. Niente di confortante! Chiedo anche a Pio Marasco, mio guru di pinne ormai da anni: “Manna, aspetta un po’ ci stanno lavorando sopra, fatti ancora un quad, poi quando sei qui le provi e vedi tu!”. Sound perfect, ma io sono uno a cui non piace fare prove, adoro prendere le decisioni e rendermi responsabile di aver scelto bene o male, però parto, comunque, da un semplice presupposto: il mio shaper preferito mi ha sempre reso felice e mi conosce alla perfezione, quindi domando a Keith. Nei giorni a seguire condivido i miei pensieri con Keith e gli espongo i miei più profondi desideri su come avrei voluto che fossero le mie future tavole, riassumendo: “Keith, mi piacerebbe che la tavola mi aiutasse da metà bottom in su fino all’approccio sul cut back, più drive, minore raggio di curva possibile, accelerazione vertiginosa e reattività imbarazzante!”. La sua risposta fu fantastica: “Ci penso io… ma rifacciamo i quad o ti faccio i nuovi tri fins?”, specificando anche, onestamente, “io farei quad, il tri fin non è pronto al 100%!”. Un giorno, un solo giorno per pensare, poi gli scrivo: “Procedi con il tri fin, mi prendo tutta la responsabilità, adoro queste sfide e sono convinto che mi farai due gioielli! Mahalo.” Arrivo a Maui in anticipo, durante l’estate 2011, proprio per avere il tempo di fare un po’ di feeling prima degli swell invernali. Fortuna volle che alla fine di agosto e per tutto settembre Hookipa fosse praticamente deserta, tutti i pro in giro per il mondo e pochi turisti, in più con condizioni a dir poco perfette. Tutti i giorni vento e dei bei metrini d’onda.

Sponsor: Goya Boards, Simmer Sail, Teva, MauiFinCompany, Maresia, David-Firenze-Italia.


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Onde e curve - Valentinaʼs Space 44

CREDO CHE QUESTO ARTICOLO POSSA IN QUALCHE MODO TOGLIERE DUBBI A QUEI RAGAZZI E RAGAZZE, PRINCIPIANTI WAVER, CHE HANNO SEMPRE VISTO MAUI QUALE META PROIBITIVA, LUOGO ESCLUSIVO SOLO PER WINDSURFISTI ESPERTI. BENE, QUESTA MULTIPLA INTERVISTA, A SEI ABILISSIME ATLETE, TRA CUI LA NOSTRA SEMPRE PIÙ FORTE ADELE FROLA, DOVREBBE SERVIRE A SFATARE QUESTO MITO. PUBBLICHIAMO SU QUESTO NUMERO LE PRIME DUE INTERVISTE, LE ALTRE SARANNO SU FUNBOARD DI MAGGIO. QUESTO ARTICOLO VORREI DEDICARLO A VINCENT MELLOUET, ATLETA FRANCESE, FORTE WAVER E SOPRATTUTTO APPASSIONATO DI ONDE E VENTO, RECENTEMENTE SCOMPARSO DURANTE UNʼULTIMA SESSION AL TRAMONTO, NELLA SUA TERRA AL NORD DELLA FRANCIA… TRA LE SUE ONDE…

TATIANA HOWARD

ADELE FROLA

Tra i navigatori si narra una leggenda… a me piace credere che sia vera. La leggenda narra che se vi trovate in mezzo all'oceano, tra mare e cielo, all'ora del tramonto, se osservate il sole, quando il lembo superiore del sole scompare, il colore rosso arancione si fonde con il blu del mare, in quello stesso istante appare un raggio verde, se esprimete un desiderio, quel desiderio si avverrà. “Non puoi attraversare il mare semplicemente stando fermo e fissando le onde. Non indulgere in vani desideri”. Rabindranath Tagore Nome, nazionalità, residenza? TATI: Tatiana Howard, americana, vivo a Maui, Hawaii. ADELE: Adele, italiana, vivo a Bordighera. Sponsor? TATI: Neil Pryde Maui, Dakine, Kaenon, Maui Fins Ultra, Go Pro, Matiko e Maui Nerd. ADELE: collaboro con North Sails e Fanatic. Età d’esordio tra le onde? TATI: 15 anni. ADELE: 24 anni. Discipline windsurf praticate? TATI: Wave, wave, wave! ADELE: Waveriding. Competizioni? TATI: A volte, ma soprattutto eventi Butterfly Effect! ADELE: Per ora solo delle bellissime free session.

Sito web? TATI: www.tatianahoward.com, www.betheeffect.com Il tuo obiettivo nella vita? TATI: Divertirsi. ADELE: Godere e sorridere ogni giorno. Obiettivi nel windsurf? TATI: Il mio obiettivo è quello di divertirmi sempre ADELE: Aveve delle forti dosi di adrenalina. Paure in acqua? TATI: Nessuna paura. ADELE: A volte penso molto agli squali. Paure fuori dall’acqua? TATI: Ragni e serpenti. ADELE: I ladri. Fidanzato windsurfer? Ama anche lui le onde grosse? TATI: Hmm... sì, no, forse sì! ADELE: Sì, windsurfer e waverider.

Chi scegliere la destinazione per le vacanze? TATI: Dove va il Butterfly Effect è chiamato a venire anche lui. ADELE: Insieme. Che lavoro fai oltre a fare windsurf? TATI: Surf e baby sitter. ADELE: Maestra di sci nella stagione invernale e istruttrice di windsurf nella stagione estiva. Ti alleni in modo particolare per uscire tra le onde? TATI: Yoga... allena la mente e il corpo. ADELE: Yoga, nuoto e trascorrere un sacco di tempo tra le onde. Come ti concentri prima di entrare in una giornata con le onde grosse? TATI: Non pensandoci, basta andare e vedere cosa succede, perché molto probabilmente ci sarà da divertirsi!


TESTO DI Valentina Crugnola 45

TATIANA HOWARD

ADELE: Focalizzando la mente su quello che sto facendo. Quando, come e dove hai capito che eri pronta per uscire in windsurf tra le onde? TATI: Sono sempre uscita tra le onde e poco alla volta diventavano sempre più grandi fino a non rappresentare più un ostacolo. ADELE: Avrei dovuto essere pronta quando sono andata a Ho’okipa per la prima volta... ma gli altri spot in cui ero già stata non erano proprio così radicali…! Il tuo spot, rider e manovra preferita? TATI: Ho’okipa, tutti i rider di Ho’okipa che surfano alzando spray enormi! ADELE: Kanaha, Levi Siver, salti. Il tuo surftrip perfetto? TATI: Tutti i giorni qui a Maui è sorprendente per il windsurf e non hai realmente bisogno di andare altrove, basta rimanere a casa! ADELE: Maui e Australia.

ADELE FROLA

Ho’okipa cosa significa per te? TATI: Il mio migliore amico. ADELE: Un luogo dove si possono provare emozioni vere. Cosa vorresti dire e che consigli daresti ad altre ragazze per Ho’okipa? TATI: Per evitare le rocce basta seguire la corrente, essere veloci nel shore break e godersi le onde! ADELE: Ogni volta che sono uscita a Ho’okipa mi sono sentita piccola, un po’ nervosa e spaventata, ma durante la navigazione ho sempre avuto grandi soddisfazione e adrenalina. Consigli Maui solo per i surfisti estremi con esperienza o anche ai dilettanti? TATI: Maui è l’ideale per tutti i livelli, di sicuro! Kanaha è ottimo per il principiante e avanzato. Ho’okipa livello avanzato, ma è anche buono per i principianti per guardare! ADELE: Per tutta la gente che ama il vento e le onde.

10 cose o luoghi che ti piacciono di più in Maui? TATI: Paia città, Ho’okipa Point, la mia casa in Haiku, le cascate, le persone, caffè al Colleens, Foods Mana a Paia, i tramonti sul lato sud, surf a Honolua Bay, l’alba sull’Haleakala, i tramonti Poli Poli, gli Alisei, lo stile di vita, i miei amici con cui sono cresciuta, gli arcobaleni, il mio camion completo di attrezzi per sport acquatici ed essere in grado di saltare in acqua tutti i giorni! ADELE: Ibiscus, tramonto, cibo da Mana, tartarughe, Paia yoga, Big Beach shore-break, cocco, ananas, i volti sorridenti delle persone e il sushi a Makawao. Ti piacerebbe vivere a Maui? Dove ti piacerebbe vivere? TATI: Amo vivere qui! Non potrei immaginarmi altrove! ADELE: Potrei vivere lì, ma al momento mi piace andareci solo per le vacanze. Per ora adoro vivere metà dell’anno in montagna e l’altra metà in mare.


Esclusivo 46

I prototipi dei prossimi Wave Cult RRD. Queste grafiche sono esclusivamente utilizzate per le tavole test e non sono quelle che andranno poi in produzione.

DA ALCUNI ANNI ROBERTO RICCI È SOLITO PASSARE GLI INVERNI IN SUDAFRICA, A CAPE TOWN, DOVE SVILUPPA E TESTA LE TAVOLE E LE VELE RRD DELLA COLLEZIONE SUCCESSIVA INSIEME AL SUO TEAM DI ATLETI INTERNAZIONALI. ROBERTO CI HA ACCOLTO NELLA SUA VILLA BIANCA IN RIVA AL MARE E CI HA SPIEGATO COME NASCONO ALCUNE DELLE TAVOLE E VELE DELLA SUA RICCHISSIMA COLLEZIONE. FEBBRAIO 2012 – BIG BAY (SUDAFRICA) Incontro Roberto Ricci quasi per caso a Big Bay mentre usciva dal suo nuovo punto vendita RRD. Era da alcuni giorni che cercavo di contattarlo senza successo e speravo in un incontro casuale in spiaggia perché volevo organizzare un’intervista con lui e il suo team per parlare del lavoro che sta facendo in Sudafrica sullo sviluppo delle tavole della prossima collezione. Ci siamo quindi dati l’appuntamento per l’indomani direttamente a casa sua. Al mattino presto, come da accordi, citofono al campanello della casa dove Roberto con la sua famiglia alloggia nei mesi della loro permanenza sudafricana. La casa è molto bella, si affaccia direttamente sul mare ed è enorme. Non appena entro inizio a vedere persone ovunque, i due bambini di Roberto, la moglie, la tata, un po’ di atleti, alcuni li conosco come Nayra (Alonso) e John (Skye), altri li conosco meno (quelli del kite), scorgo qualche collaboratore di Roberto ed anche Dave White (ex caporedattore della rivista Boards), appena arrivato dall’Inghilterra, lo si capisce immediatamente dal colore ancora bianco pallido della carnagione. Dave è andato a visitare Roberto, in quanto è appena stato assunto come Sales Manager dal distributore inglese di RRD. Poi riesco anche a vedere e salutare Roberto che sta finendo di fare colazione. Mentre gli altri iniziano le loro attività giornaliere, Roberto ed io ci soffermiamo sulla veranda a parlare del più e del meno, delle previsioni del vento per la giornata, e poi provo a chiedergli qualche indiscrezione sul loro nuovo acquisto, il super Antoine Albeau… ma non ottengo le risposte sperate. È ora di passare alle cose serie e ci dirigiamo verso il garage, Roberto mi indica quello di destra, quello dedicato al windsurf, quello a sinistra è per il kite! Ci raggiungono subito anche John Skye che farà parte integrante dell’intervista e Dave White che scatterà qualche foto.

Roberto, puoi raccontare ai lettori di Funboard qualche cosa sui nuovi Wave Cult che state sviluppando qui a Cape Town? Qui in Sudafrica stiamo lavorando attualmente sui Wave Cult che è la nostra linea di tavole on shore per le condizioni europee in generale. Vogliamo fare una tavola che sia il punto di riferimento per la tendenza delle tavole wave, sviluppando degli shape molto facili e accessibili a tutti, che però mantengano la caratteristica innata di RRD che è quella della sportività e maneggevolezza, allontanandosi da quelle tavole dritte che vanno solo veloci e che essenzialmente sono solo dei freestyle-wave con sopra l’etichetta wave. Tavole che girino ma che siano utilizzabili un po’ da tutti, questo anche perché il livello nel wave si sta alzando, non essendoci un grosso ricambio chi fa wave ogni anno diventa sempre un po’ più bravo ed abbiamo visto che anche nelle tavole on shore c’è la richiesta di avere degli outline con scoop che permettano di girare facilmente. Questa è la grande differenza tra il nuovo programma e quelli degli anni passati. Inizialmente avevamo pensato a una nuova linea molto più grande partendo dal 75, 80, 85, 90, 95 e 105 litri. Poi abbiamo visto che il 95 e il 105 avrebbero rappresentato una grande innovazione nella linea ed abbiamo deciso di aspettare, optando per un’introduzione graduale, preparando il pubblico a capire che la tavola grande da wave è una vera tavola da onda per le condizioni europee ed informando le persone attraverso il marketing e la comunicazione che potrebbero considerare l’85 come tavola più piccola e il 105 come tavola più grande per una persona con peso medio di 85-90 kg. Abbiamo quindi deciso per ora di lavorare sui 3 volumi principali, 75, 83 e 92 che sono le tavole che hanno la stessa volumetria dei Wave Cult che sono in produzione e che abbiamo sviluppato sostanzialmente solo 8 mesi fa, andando così a concentrarci sul programma più importante di queste tavole. Dopo di che, il prossimo anno a gennaio o


INTERVISTA RACCOLTA DA Fabio Calò | FOTO DI Dave White John Skye a Platboom, Sudafrica.

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Andrea Rosati in Goiter a Platboom, Sudafrica.

febbraio introdurremo eventualmente una linea Cult Light per il pubblico che ha già la cognizione di comprarsi un 95 o 105 litri wave. Non volevamo un lancio unico dei modelli dal 75 al 105 anche perché i Wave Cult 75, 83 e 92 verranno introdotti da luglio a settembre per il classico mercato del wave in autunno e probabilmente i volumi grossi sarebbero stati snobbati. Presenteremo poi il 95 e 105 ad inizio del prossimo anno in previsione per l’estate con un wave rinnovato magari con costruzione e tecnologie differenti e nuovi accessori. Quindi il 75, 83 e 92 Wave Cult sono le tavole su cui stiamo lavorando in questo momento e si differenziano da quelle precedenti sostanzialmente per gli outline, molto più compatti, con una lunghezza massima di 227, 228 e 230 cm, e la caratteristica principale è che abbiamo allargato molto la tavola nella parte centrale arrivando ad avere larghezze di 57cm per il 75, 59 cm per l’83 e 61 cm per il 92. Quindi abbiamo allargato considerevolmente l’83 litri e fatto degli shape moderni sfinando molto i bordi rispetto alle tavole degli anni passati. Abbassando i bordi abbiamo dovuto allargare le tavole. Inoltre i deck delle tavole sono molto più piatti, ottenendo quasi una sensazione come quando sali sopra a un freestyle. La diversità rispetto alle tavole degli altri anni è che il concetto dell’outline si basa soprattutto sul fatto di avere bordi fini, deck piatto e bordi paralleli dove abbiamo aumentato molto la larghezza all’altezza della scassa dell’albero e stretto molto il nose. I bordi paralleli cambiano poi improvvisamente inclinazione a 70 cm da poppa. Questo kink (cambio di direzione evidente) permette di avere la poppa della classica tavola wave radicale, ma nella zona tra la strap posteriore e quella anteriore, esattamente quasi a metà, hai la possibilità di scegliere come vuoi condurre la tavola. Se hai bisogno di condurre la tavola maggiormente con la gamba anteriore e quindi di appoggiare il rail sull’acqua per carvare spingendo molto, allora puoi utilizzare lo stile professionale ovvero front foot spingendo con tutta la tua forza. Se invece sei meno bravo puoi appoggiarti sul piede posteriore utilizzando una tavola molto più piccola per fare una curva meno marcata e con meno velocità. Alla fine in tutti e due i casi fai comunque waveriding ma con stili diversi e questo shape dei nuovi Wave Cult permette di rendere felici sia i rider bravi come John (Skye) e Andrea (Rosati) con una

tavola veloce e efficiente anche quando c’è il vento da mare, sia coloro che fanno meno windsurf e vanno a divertirsi sulle onde e hanno bisogno di una tavola che giri più sul piede posteriore e sostanzialmente con meno velocità. E per quanto riguarda la configurazione delle pinne dei prossimi Wave Cult? Sicuramente i nuovi Wave Cult avranno la configurazione Quad. Al momento stiamo lavorando molto con Pio Marasco di Maui Fin Company per cercare di dare al cliente un set di pinne e di scasse che gli permetta di avere una tavola sempre trimmata al 100% senza spendere dei soldi in più. Questo significa che secondo noi se hai una tavola wave Quad questa deve funzionare sia con la configurazione a 4 pinne e sia come Twinzer, per questo motivo stiamo lavorando su un nuovo tipo di pinne che si chiamano TQ (Twinzer Quad) con un outline più dritto. Le nuove pinne rispetto a quelle usate sulle tavole precedenti hanno la stessa superficie ma sviluppata con uno shape più dritto, la tavola ha così un drive leggermente inferiore, che vuol dire che ha meno tenuta ma più spinta, quindi più facilità di planata. La pinnetta sostanzialmente ha meno rake. Con questo profilo, più sottile sul tip e più proiettato in avanti, puoi aumentare la superficie e la profondità della pinna. Quindi ti permette oggi di usare un Quad con le pinne posteriori da 17 cm mentre prima dovevi usare delle 15 cm. Il Quad 85 ad esempio può essere usato con le pinne posteriori da 17 cm e quelle anteriori molto più piccole e quando lo si vuole utilizzare come Twinzer, basta togliere le pinnette anteriori continuando ad usare solo le stesse pinnete posteriori evitando l’acquisto di un set Twinzer dedicato. L’altra grande novità è sul materiale di costruzione delle pinne che non saranno più fatte in G10, che ha senso di essere utilizzato solo per pinne da 28-29 cm in su, ma in poliestere. Questo ci permetterà di avere delle pinne con delle ottime performance e più leggere in quanto il poliestere pesa circa il 30% in meno. La tavola risulterà essere anche più leggera di qualche grammo (150 gr) grazie all’utilizzo di questo nuovo materiale per le pinnette. Le scasse saranno Slot Box per quelle laterali e US per le centrali per il fatto che vogliamo avere il massimo delle possibilità di trimmaggio e la robustezza necessaria


Roberto ci spiega i nuovi shape dei Wave Cult.

Le nuove pinne (quelle blu) in poliestere con cui verranno equipaggiati i prossimi Wave Cult RRD.

Roberto e John srotolano qualche vela test del range RRD 2013.

Il particolare della bugna delle vele 2013.

con un occhio di riguardo anche al peso. Non usiamo gli Slot Box anche sulle scasse posteriori perché in questo caso nell’utilizzo Twinzer si perderebbero centimetri utili per il trimmaggio, essendo le scasse Slot Box più corte rispetto a quelle US. Su questi prototipi potete vedere anche una quinta scassa, molto più piccola e dietro alle due centrali, praticamente sulla poppa, con il sistema FCS DFS, per chi volesse usare con il Twinzer delle pinne ancora più piccole e avere un supporto di 7 cm dietro per garantire un grip maggiore. Questo sistema viene chiamato Truck in Twinzer (TT). Il sistema ti permette di avere meno effetto scodata quando vai in Cut Back, è praticamente un “rinforzino” al Twinzer ma non centra nulla con il Thruster. Quindi puoi condurre la tavola come un Twinzer rimanendo leggero sul piede posteriore, ma quando spingi per l’off the lip la terza pinnetta tiene un po’ di più. Questo sistema lo stiamo solo provando su questi prototipi e non abbiamo ancora deciso nulla se lo metteremo in produzione sui prossimi Wave Cult di serie. L’unica cosa certa è che i nuovi Wave Cult saranno dei Quad, poi vedremo se utilizzare anche questo altro sistema. Un altro punto a favore delle pinne in poliestere è il costo mantenuto, costano meno di quelle in G10, ed il nostro obiettivo è quello di non aumentare il costo delle tavole, quindi queste pinnette sono una valida alternativa. Quale tipo di costruzione avranno i nuovi Wave Cult? I nuovi Wave Cult saranno solo in costruzione Limited. Questo per i primi modelli 75, 83 e 92 che arriveranno nei negozi i primi di settembre. Poi per la costruzione del 95 e 105 prenderemo una decisione più avanti. Quanti litri bisogna avere sotto i piedi con questi nuovi Quad? Abbiamo detto che la tendenza generale dei Quad è quella di avere una tavola con più litri. Quindi un 85 lt dovrebbe essere la tavola centrale per un ragazzo di 70-75 kg. Per esempio la tavola centrale di John (Skye) è l’83 litri. Solo 3-4 anni fa la sua tavola principale era di 10 litri in meno, circa 75, ed usava l’85 solo per condizioni di vento veramente leggero ed aveva il 70 per Pozo. Ora la tavola che usa di più è l’83 litri, usa

anche molte volte il 92 ottenendo dei risultati grandiosi in termini di divertimento quando le condizioni non sono al top, mentre per Pozo usa il 75! Il mese scorso per esempio John si trovava a Maui e ha surfato ogni giorno a Ho’okipa con il 92 litri! Lo sviluppo degli shape delle nuove tavole da surf influenza anche le tendenze delle tavole da windsurf? Roberto Ricci: L’ispirazione più grande in assoluto per lo shaping della tavole da windsurf è il surf da onda. 3 anni fa c’è stata una vera e propria rivoluzione nel mondo delle tavole da surf, con l’introduzione di tavole SurfTech iperleggere in PVC. Il mercato e la popolazione in generale sono presto tornati a preferire la classica costruzione in Clark Foam, ma questa ventata d’aria fresca aveva innescato un processo inarrestabile, portando anche nuove idee nel business. Grazie al lavoro di alcuni professionisti impeccabili quali Rob Machado e Kelly Slater, si è tornati a lavorare più che mai sull’accessibilità e immediatezza d’utilizzo delle tavole, in qualsiasi spot con qualsiasi condizione. Fino a qualche anno fa, la maggioranza delle tavole si aggirava attorno ai 17 pollici di larghezza, mentre ora non meno di 19.5. Questo aspetto, in windsurf, significa un incremento della larghezza di almeno 6cm. È proprio questo aspetto infatti che rende la tavola accessibile, permettendo al rider di planare più facilmente e di prendere più onde. La gente vuole entrare in condizioni anche marginali e prendere sempre più onde. 12-15 nodi onshore, onde molli… non si può sempre aspettare che le condizioni siano perfette. John Skye: Questo discorso non vale esclusivamente per i rider comuni. Anche i veri top pro del circuito mondiale di surf ASP utilizzano tutti tavole attorno ai 19 pollici, proprio per sfruttare al meglio i vantaggi enormi legati all’aumento di larghezza. In condizioni ottimali funzionano al top, ma anche in condizioni non ottimali. Da qualche anno passi gli inverni qui a Cape Town testando e sviluppando i prodotti (windsurf, SUP e kite) che metterai poi in produzione. Quali sono le caratteristiche che ti hanno fatto scegliere il Sudafrica piuttosto che altri spot?

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John Skye al lavoro.

Roberto Ricci: Le diverse discipline del windsurf sono riconducibili singolarmente ad altri sport. Le tavole wave devono necessariamente seguire le leggi e i trend del surf da onda, per definizione. Il race e il freestyle avranno anche loro delle leggi da seguire alla lettera. Fino a quindici anni fa, quando si pensava al wavesailing, ci si limitava a spot con condizioni idilliache, come Maui o il Sudafrica. Piano piano, si è cominciato anche a surfare in Europa e nel Mediterraneo, ma, adesso più che mai, è necessario avere le tavole che ti permettano di surfare nel modo giusto. Penso che la gente e le tavole siano ancora troppo “Maui Oriented”, cioè riprendono e rivivono troppo l’impostazione hawaiiana. Bisognerebbe cambiare anche mentalità, accettando, capendo e sfruttando le condizioni del mondo reale. John è inglese ed ha girato tantissimo, quindi sa di cosa stiamo parlando. La visione del waveriding nel Pacifico, con onde perfette e potenti, è ormai obsoleta e troppo ristretta a pochi fortunati. Ho’okipa è uno spot unico. Ma è anche un unico spot, ed è troppo restrittivo basare tutti gli shape su un’onda. Noi infatti preferiamo venire a Cape Town in inverno per fare tutti i nostri test. Dall’Europa ci si arriva facilmente, il fuso è praticamente identico e c’è un’enorme varietà di condizioni, proprio nel periodo in cui Maui raramente ne offre. A gennaio e febbraio a Maui rischi di prendere due mesi di pioggia… Non sto dicendo che Maui non sia un buon posto per testare le tavole, ma è troppo unico e particolare. John Skye: L’altro giorno ho testato la 7,2 Freeride e poi sono andato in cielo con la 4.2 a Big Bay. Si passa dalle onde perfette con vento sideoff di Elands o Haakgat alle onde choppate con vento onshore nucleare di Witsands. Qui si può testare ogni singola tavola e ogni singola vela. Non parliamo poi delle 12 ore di differenza tra Maui ed Europa… Roberto ci puoi spiegare che ruolo ha John all’interno di RRD? Dal momento in cui è entrato a far parte del team 3 anni fa, lo abbiamo subito messo a capo della sezione di R&D delle vele. Il suo stile e la sua testa sono perfetti per lavorare al meglio sull’intero concetto di rig, portandolo a nuovi livelli. Durante i primi 2 anni ha

collaborato strettamente con i velai per imparare ogni singolo dettaglio del mestiere e da quest’anno disegna lui stesso, oltre che a testarle, le vele dell’intero range, dal freeride al wave. La Four, la Move, la Vogue saranno tutte progettate e realizzate su parametri decisi dal fortissimo rider inglese. Non abbiamo la pretesa di diventare una veleria vera e propria, ma vogliamo solo offrire ai clienti RRD un rig sviluppato appositamente sulle nostre tavole, in modo da poterne esaltare ulteriormente le qualità. Proprio per questo abbiamo scelto John. Avevamo bisogno di qualcuno che avesse il windsurf nel cuore, competente, tecnico, e che fosse disponibile a lavorare su ogni dettaglio per offrire un prodotto finale ottimo, per completare il nostro mercato di tavole. I dettagli fanno la differenza e il nostro motto è che ogni cosa è fatta a regola d’arte. Realizziamo ogni dettaglio collaborando strettamente con il nostro produttore in Cina, in modo da ottenere esattamente quello che vogliamo. John, cosa ci puoi dire della nuova Move? La Move è una vela completamente nuova, iniziata da zero lo scorso anno, e che punta ad essere una vera e propria vela freestyle-wave, da venir abbinata ad una tavola Freestyle-wave RRD ovviamente. Prima avevamo la Superstyle, che offriva performance accettabili sia in freestyle che in wave. Con la recente estremizzazione del freestyle però, i requisiti stanno cominciando ad essere più marcati e separati rispetto a prima, in cui bastava una vela potente per planare e maneggevole. Quest’anno quindi abbiamo deciso di realizzare una vela esclusivamente dedicata al freestyle estremo, la Style Pro sui TwinTips, lasciando alla Move un utilizzo più freestyle e soprattutto wave-freemove. Le Move e le Style Pro saranno già disponibili a giugno. Quante stecche avrà la Style Pro? Abbiamo cominciato realizzando la 4.2 e 4.7 a 4 stecche, mentre la 5.2 a 5 stecche. Durante i test però abbiamo scoperto che la versione a 4 stecche andava molto meglio e quindi abbiamo realizzato l’intero set a 4 stecche, le cui misure sono 4.2, 4.7, 5.2 e 5.7. Così tutte le condizioni sono coperte. Parlando con i vari rider del PWA e provando il loro


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materiale, ho scoperto che la new school preferisce vele più piatte, in modo da agevolare il passaggio in duck sottovento per le ultime manovre estreme. È quindi necessario realizzare una vela con profilo poco marcato, potenza avanzata e boma piuttosto corto, ma che generi comunque parecchia potenza. Per il freestyle/wave, invece è l’opposto. Si cerca di avere una distribuzione più arretrata per controllare la potenza nei bottom e planare più facilmente. Come riesci a realizzare una vela con profilo piatto ma che possa generare una buona potenza? La soluzione numero uno è l’utilizzo delle 4 stecche. Abbiamo poi ampliato la tasca dell’albero ed eliminato il profilo troppo marcato. Così facendo, quando si cazza la vela, la zona anteriore a contatto con la tasca d’albero si riempie, generando potenza nella parte avanzata della vela, lasciando la bugna piatta e neutra. Nel momento in cui si passa sottovento alla vela, quindi, diventa completamente piatta e neutra, facilitando molto il passaggio. Roberto ha detto prima che sono i dettagli a fare la differenza. Su quali dettagli state lavorando? Ci siamo anche concentrati molto sui dettagli. La cucitura della balumina, per esempio, è stata rinforzata e ripiegata non a vista, in modo che, anche sfregando sulla tavola, non si indebolisca. Stiamo anche lavorando sul nuovo anello e la nuova puleggia. Abbiamo anche pensato di fare un rinforzo del piede d’albero stampato in thermoform, in rilievo, in modo che tutto il rig sembri molto futuristico e pulito. Anche la zona di bugna è stata rinforzata e resa più efficiente e moderna, rendendo la zona di tessuto più piccola e utilizzando delle strisce in EVA per evitare che il boma, toccando sulla vela, consumi il monofilm. Abbiamo eliminato anche dei rinforzi eccessivi in zone non troppo sollecitate in modo da alleggerire l’intero rig e renderlo più maneggevole e performante. Prototipo dopo prototipo si cerca di capire le differenze derivanti da piccoli

cambiamenti, in modo da combinare più aspetti positivi possibili e da ottenere un prodotto migliore. Non basta pensarli a riva, bisogna testarli in acqua. John, ci puoi brevemente spiegare la differenza dei vari modelli delle prossime vele RRD? Se vuoi fare una burner one hand, prendi la Style Pro. Se invece vuoi fare bump and jump, surfare e saltare come quando sono a casa mia, allora punti sulla Move. La Vogue e la Four invece sono le nostre vele wave sideshore. La Vogue 2013 sarà differente? In generale la Vogue era un po’ old school, con albero piuttosto lungo e boma molto corto. Volevo riammodernarla un po’ e quindi ho deciso di ridurre la lunghezza dell’albero di 10cm, cercando però di mantenere inalterata la lunghezza ridotta del boma. Il risultato quindi è una vela molto più compatta, maneggevole e super resistente, grazie all’utilizzo di Xply nella finestra e rinforzi diffusi. Questa vela sarà disponibile verso agosto, quindi cercherò di lavorarci in modo che abbia anche un po’ più potenza, che resti comunque gestibile ed avanzata affinché sia leggerissima tra le mani ma ti permetta allo stesso tempo di spostarti senza problemi. La surfata è molto più basata sulla tavola che sulla vela, come in surf da onda. La Four invece? È una delle nostre vele migliori da vedere, molto pulita ed aggressiva. È la vela che utilizzo maggiormente e ne sono molto contento. La vela è molto più reattiva e diretta grazie alle 4 stecche, ma per quest’anno abbiamo cercato di renderla anche un po’ più polivalente, in modo che possa dare il meglio anche in condizioni non ideali, come Pozo e Klitmoller. Abbiamo quindi aumentato un po’ il profilo in modo che la potenza resti avanzata e l’intero rig sia sotto controllo in ogni momento. Penso che sia la scelta perfetta per le nuove tavole Quad, dove ti serve un po’ più potenza per spostarti sul picco e spaccare il lip.


People 52

JOSH ANGULO Numero velico: CV-1 Altezza: 183 cm Peso: 98 kg (Josh: “95kg per l’anno prossimo!”) Nato il: 12.12.1974 • Nazionalità: USA Risultati: • Campione del mondo Wave 2003 e 2009 • Coppa del mondo Slalom Corea 2011 - 3° posizione • Slalom World Cup Costa Brava 2011 - 9° posizione • Slalom World Cup Alacati 2011 - 6° posizione • Finale World Cup Slalom 2011 - 9° posizione

Josh Angulo è cresciuto tra le onde delle Hawaii. Suo papà era già il rinomato shaper delle tavole “Angulo”, già da piccolo. I suoi fratelli maggiori Andy e Mark hanno cominciato a dimostrare i loro rispettivi talenti già molto presto e poco dopo Mark è diventato uno dei pro rider più famosi degli anni 80. Josh da subito ha quindi avuto lo stesso sogno, e già a 10 anni sapeva che sarebbe diventato un pro windsurfer ed era l’unica cosa che avrebbe voluto fare. Il suo talento e il suo stile incomparabile lo hanno fatto brillare per il suo timing impeccabile e la sua fluidità. I suoi aerial tweakkati proprio sotto il lip che gli permettevano di sorvolare le sezioni più insidiose sono stati rinominate proprio Aerial alla Angulo. Pochi rider possono contrastarlo in condizioni down-the-line mure a destra. Tutto questo sembra un sogno, ma Josh ha anche dovuto lottare con tutti i problemi legati sia alla sport che alla vita: il risvolto della medaglia del suo talento eccezionale era un abuso autodistruttivo di droga ed alcol durante gli anni novanta. Era il Bad Boy del mondo windsurfistico e, se doveste chiedere ai suoi vecchi sponsor come Gun Sails o North Sails, sicuramente avrebbero un’infinità di storie interessanti. Dopo questi episodi bui, Josh ha trovato la fede in Cristo e nel 2004 si è trasferito a Capo Verde, dove ha conosciuto Claudia, sua futura moglie. Nel 2009 è riuscito ad ottenere la sua seconda vittoria mondiale in wave. All’inizio del 2010 ha però deciso di cambiare radicalmente, passando allo slalom, con il supporto di Gun Sails e delle loro vele da Slalom, abbandonando le gare di wave. Josh ora ha 37 anni e vive con la sua famiglia a Boston/USA, ma continua a gareggiare in Slalom nel PWA World Cup, gestendo il suo marchio di tavole da Windsurf e SUP.

INTERVISTA Cominciamo subito con questa: è vero che tua moglie è venuta a Sylt solo durante gli ultimi 2 giorni perchè era assolutamente convinta che saresti salito sul podio? Prima di lasciare Maui per Sylt, mi ha rivelato il suo discorso con Dio e come lui le avesse garantito la mia vittoria. Ovviamente, ho cercato di confidare nel Signore quanto più potessi, ma era una situazione piuttosto difficile anche per un credente come me. A volte faccio fatica a mantenere la mia fede, specialmente in episodi come questo. Claudia però era così sicura che ha programmato di scendere con nostro figlio Noah proprio in tempo per la chiusura dell’evento e la premiazione. È stata la vittoria contro Kauli Seadi alla Wave World Cup a Capo Verde nel 2009 che ti ha dato la spinta per cambiare? Avevo già gareggiato in slalom prima di quel momento, ma è stato nel 2009 che ho deciso di abbandonare il wave e concentrarmi al 100% sullo slalom. Affronti le sfide con la stessa voglia ed entusiasmo di quando facevi wave. Com’è possibile rinunciare alle onde per qualcuno cresciuto alle Hawaii? Ho vissuto e viaggiato un po’ dappertutto nel mondo. Ho imparato molto da molti rider europei, anche gente comune che per me non fossero eroi dello sport, ma che ammiravo per la loro dedizione e professionalità. Alle Hawaii ho imparato a conoscere l’Oceano alla perfezione e sono così riuscito a concretizzare il mio stile unico. Per vincere gli eventi però ci vuole anche ben altro, devi allenare sia il corpo, che soprattutto la mente.


TESTO E FOTO DI reemedia 53

PERCHÈ CAMBIARE? TUTTI POTREBBERO VISUALIZZARE JOSH ANGULO IN ACQUA DURANTE UNA GROSSA GIORNATA A JAWS, O TEAHUPOO O ANCHE A PONTA PRETA, SPECIALMENTE DOPO AVER REALIZZATO IL SUO SOGNO DI OTTENERE BEN 2 TITOLI MONDIALI IN WAVE. RICARDO CAMPELLO, INVECE AVREBBE SICURAMENTE POTUTO CONTINUARE A COMPETERE IN FREESTYLE, PER ACCUMULARE ALTRI TITOLI OLTRE AI 3 MONDIALI VINTI TRA IL 2003 ED IL 2005, CON UNʼENORMITÀ DI MANOVRE ORIGINALI INVENTATE DA LUI. ENTRAMBI I RIDER QUINDI ERANO AL TOP DELLE LORO RISPETTIVE DISCIPLINE, CHE FOSSE WAVE O FREESTYLE, EPPURE, ENTRAMBI, HANNO DECISO DI CAMBIARE DISCIPLINA. QUESTA MOSSA PERÒ NON È ASSOLUTAMENTE UNA FORMA DI RESA O RINUNCIARE ALLA PROPRIA CARRIERA PROFESSIONALE, MA IL METTERSI COMPLETAMENTE FUORI DALLA PROPRIA ZONA DI COMFORT. PERCHÈ? SICURAMENTE NON PER RAGIONI ECONOMICHE. VENGONO IN MENTE DOMANDE SU DOMANDE, TIPO COME AFFRONTARE UNA SCELTA COSÌ IMPORTANTE, COME HANNO REAGITO I LORO SPONSOR, IL CAMBIO DI DISCIPLINA HA INFLUENZATO IL LORO ALLENAMENTO E I LORI OBIETTIVI? ABBIAMO QUINDI CHIESTO DIRETTAMENTE A LORO DI SPIEGARCI LE LORO DECISIONI.

Sicuramente quindi le Hawaii, come Capo Verde, mi hanno aiutato tantissimo in generale, cerco di assimilare tutte le cose positive che imparo man mano venendo a contatto con le varie culture, in modo da cercare di essere la persona migliore che possa essere. Cosa ti motiva quindi a volare al lasco stringendo una vela race? Generalmente spingo seriamente sempre, in quanto in gara, in allenamento o mentre testo materiale, la motivazione è sempre quella di superare i propri limiti o di battere il tuo rivale. La voglia di vincere è la ragione che porta tutti a spingere. Siamo solamente dei bambinoni che vogliono vincere al loro gioco che amano tanto. Quello che quasi nessuno sa: tu utilizzi tavole slalom con grafica Angulo, che però sono shapate da un tedesco! Dieter “Didi” Jocham è l’originale “Horney boy”. È una leggenda vivente ed è un ragazzo tranquillissimo. È come una versione tedesca di Ed Angulo, quindi mi è piaciuto da subito. Sono davvero entusiasta del suo lavoro e mi sento davvero onorato di poterci collaborare ed è una risorsa vitale per il nostro team. Quali sono i tuoi obiettivi realistici per la prossima stagione slalom di coppa del mondo? Top 5, forse top 3 o magari addirittura primo! Se potessi tornare a quando eri più giovane cosa cambieresti? Imparerei a organizzarmi meglio e a gestire sia me stesso che i miei soldi.

Dichiarazione di Jörg Müller (general manager di Gun Sails) riguardo al suo cambiamento. “Josh Angulo è un windsurfista puro. La sua carriera ha avuto alti e bassi, ma ogni volta che ha incassato, si è rialzato più forte di prima. Ha uno stile assolutamente unico, la sua dedizione decennale allo

sport ed il suo carisma lo rendono senza dubbio uno dei pro più eccezionali di tutti i tempi. Dopo il suo secondo titolo mondiale e il successivo ritiro in wave, è sempre arrivato nei primi 20 posti in slalom ed ora ha chiuso nei primi 10 in classifica finale.”


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RICARDO CAMPELLO Numero velico: V-111 Altezza: 178 cm • Peso: 82 kg Nato il: 16.07.1985 • Nazionalità: Brasiliano Risultati: • Campione del mondo Freestyle 2003, 2004, 2005 • Vicecampione del mondo Wave 2010 • Wave World Cup Gran Canaria 2010 - 3° posizione • Wave World Cup Klitmöller 2010 - 3° posizione • Wave World Cup Gran Canaria 2011 - 4° posizione • Wave World Cup Tenerife 2011 - 6° posizione • Wave World Cup Klitmöller 2011 - 2° posizione • Vicecampione del mondo Wave 2011

Ricardo Campello è cresciuto nel paradiso del freestyle, El Yaque, dove c’erano temperature caraibiche tutto l’anno, con vento costante, acqua poco choppata e alcuni dei migliori pro al mondo come compagni d’uscita. L’opinione più comune tra i vari pro però è che Ricardo abbia un talento eccezionale, forse più di chiunque altro in coppa del mondo. È per questo che è riuscito a sbaragliare la concorrenza, guadagnando senza fatica 3 titoli mondiali consecutivi dal 2003 al 2005. Era il numero uno, senza il minimo dubbio. Il rider ventiseienne è piuttosto tranquillo, e raramente lo si vede scherzare in compagnia dei suoi amici brasiliani, ma in acqua è una storia completamente diversa. Quando le condizioni sono da 5.0 o meno, Ricardo vola. Ha inventato numerosi trick in freestyle tra cui la Shaka, Pippa e perfino la Chachoo, dal nulla. Ricardo, la cui mamma ha un ristorante a El Yaque, è comunque una forza della natura anche con vele più grosse ma sotto la 5 il suo stile esplosivo e potente fa la differenza e sprigiona tutta la sua esuberanza e talento. La sua routine d’allenamento forse è un po’ troppo rilassata, da bravo caraibico, e non ha tutta questa voglia di lavorare sulle manovre nuove, in contrasto all’attuale campione del mondo Steven Van Broeckhoeven, che è sempre il primo in acqua e l’ultimo fuori, in ogni condizione. Il belga, infatti, fa un vero e proprio lavoro, allenandosi almeno 6 ore al giorno. Il talento eccezionale di Ricardo, invece, gli permette di surfare molto meno, dovendo uscire 2 ore al giorno ed andare in qualche spot wave ogni tanto. Tenendo conto di questo, il suo passaggio dal freestyle al wave è ancora più sbalorditivo, specialmente considerando che vive ancora ad El Yaque! Onde a Isla Margherita? Zero. La sua isola non è assolutamente un buon spot per il wave, anche se c’è qualche spot a nord dell’isola. Sempre più windsurfisti in vacanza stanno dirigendosi sullo spot di El Yaque, e da qualche anno anche molti pro vengono qui ad allenarsi. Il suo compagno di team, Jason Polakow, non si perde in chiacchiere e commenta: “Se Ricardo dovesse star qui per un intero inverno, sarebbe difficile da contrastare…”. Solo tre anni fa, ha deciso di dedicarsi interamente al wave, ma all’inizio del 2009 i risultati non erano assolutamente comparabili a quelli del freestyle e stava quasi per venir eliminato dal team JP. Nel frattempo, però il brasiliano ha cambiato passo ed è riuscito poi a piazzarsi in quinta posizione finale. Continua a fare salti di livello spaventosi di anno in anno e solamente Philip Köster è riuscito a fermarlo durante la tappa di World Cup a Klitmöller, facendogli chiudere la stagione 2011 in seconda posizione, cioè Vicecampione del mondo Wave.

INTERVISTA Qual è stato il punto decisivo che ti ha portato a concentrarti sul wave al 100%? Quando ho cominciato ricordo di aver sempre ammirato i ragazzi del wave, perchè le onde mi trasmettono molta più adrenalina e quando penso alla mia idea di windsurf, penso al wave! È stato difficile per te riuscire a fare sia freestyle che wave in passato, prima di decidere? Sì, era dura perchè per concentrarti al 100%, devi essere deciso e fare una cosa sola. Era dura ma non impossibile! Alla fine però non mi piaceva più gareggiare in freestyle, solo surfare e provare i nuovi trick in freesurf. Dal punto di vista economico è stata una scelta vantaggiosa o un problema? Inizialmente avevo meno budget a disposizione dal mio sponsor, però spendevo anche meno perchè mi dovevo spostare molto meno rispetto al tour di freestyle! Oltre ad aver inventato un bel po’ di trick freestyle, per caso stai lavorando a dei nuovi salti? Ho sempre un po’ d’idee che mi frullano in testa e ne ho già chiusi un po’. Vedrete! El Yaque è dove sei cresciuto e ora ci passi solamente 6 mesi l’anno. Surfi anche quando sei a casa?

Se c’è vento e le condizioni sono buone, ovviamente si! Faccio anche un bel po’ di slalom, per allenarmi per le gare a livello nazionale! Quanto spesso hai la possibilità di allenarti in wave? Come ti prepari per la stagione? Cerco di surfare più tempo possibile, specialmente andando a Maui, oppure viaggiando in altri posti come Cabo Verde e Indonesia (per le riprese del nostro DVD “Minds wide open”) e cerco di allenarmi quanto più posso ad ogni uscita. Torniamo sui salti. I tuoi sponsor JP e Neil Pryde ti avevano offerto un incentivo di 10.000 Euro se avessi chiuso il primo Triplo Forward in gara. Quando ce lo farai vedere? Bhè ho già provato 3 volte negli ultimi 3 anni e ci sono anche andato piuttosto vicino. Quest’anno però non mi sentivo a mio agio ed ho voluto evitare, magari il 2012 sarà l’anno buono! Per competere in wave devi essere preparato sia fisicamente che mentalmente. Ti poni degli obiettivi a inizio stagione? Certo che si, in ogni sport e disciplina è fondamentale prepararsi e testare tutto il materiale, in modo da trovare la combinazione perfetta che ti permetta di dare il meglio, magari perfino di diventare campione del mondo!


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Speed Mania 56

Aspettando la marea giusta...

Nei canali di Amsterdam, la vita continua fino a notte fonda. È da quattro anni che, la sera, mi rilasso nella cabina di pilotaggio della house-boat dove vivo quando sono in questa città, per lavoro o per il vento. Fare windsurf qui è diverso, le condizioni sono ottimali per lo speed: acqua piatta, vento costante e forte, disponibilità di buona attrezzatura speed in ogni negozio del paese e soprattutto per l’amicizia. Ci si conosce tutti nelle spiagge e i local sono organizzati in Speed Team, che si sfidano giornalmente in acqua e registrano le velocità con i piccoli gps waterproof. Vedo passare un piccolo rimorchiatore, impegnato a consegnare un’enorme chiatta piena di sabbia, con i motori a tutta per manovrare ed infilarsi nel piccolo canale laterale e fa sbandare un po’ la nostra barca, mi culla mentre scarabocchio una storyboard del film che sto girando qui in Olanda, proprio sullo speedsurfing. Controllo il vento su windguru nel cellulare e mi perdo nei colori fucsia e blu delle previsioni per dopodomani. Sorrido, il ghiaccio si è sciolto e, anche se l’acqua è freddissima, sono sicuro che qualcuno andrà in acqua a breve e potrò iniziare le riprese. Il film si chiama Ghosts of Speed, i fantasmi della velocità, e racconta di come siano invisibili i più veloci surfisti d’Olanda, non li vedi mai dalla spiaggia, camminano per chilometri nel fango quando la marea va giù o surfano fino a banchi di sabbia perfetti, che garantiscono l’acqua più piatta. Anche nelle spiagge, più belle e facili da raggiungere, non li vedi mai; surfano le raffiche lontano dalle altre scie, dove l’acqua ha meno turbolenze e tracciano circuiti invisibili, ripetuti a rotazione uno alla volta, come i surfisti sulle onde, come gli aerei sulla landing line. Sono perso tra il blu e il fucsia, complice il bicchiere di un buon Rhum agricolo. Trenta nodi con raffiche fino a 45/50, da sudovest. Perfetto! I colori spariscono dal telefono e appare il viso dell’amico Jan Hendrik che mi chiama per avvisarmi di un tentativo di record nei prossimi giorni. Ci siamo, l’adrenalina scorre forte, azione finalmente! Seguono telefonate varie con Jurjen van der Noord e decidiamo per lo spot “The Brace”, le condizioni dovrebbero essere perfette, si combinerà la più bassa marea con il vento forte, l’acqua sarà piatta, dice.

GHOST OF SPEED, NON CI POTREBBE ESSERE TITOLO MIGLIORE PER QUESTO NUOVO FILM SU UNA DISCIPLINA COSÌ PARTICOLARE COME LO SPEED. QUESTI CAVALIERI MODERNI DELLA VELOCITÀ APPAIONO ALLʼIMPROVVISO IN SPOT CHE SONO MOLTO LONTANI DALLʼIMMAGINARIO COMUNE DELLA CLASSICA GIORNATA DI WINDSURF CON SOLE, VENTO E ONDE; LE LORO VELE SI INTRAVEDONO PER UN ATTIMO E POI SPARISCONO NELLʼOSCURITÀ DELLA PERTURBAZIONE, COME DEI FANTASMI. SOPPORTANO IL FREDDO, IL BRUTTO TEMPO, LʼACQUA MARRONE, SOLO PER LA SETE INSAZIABILE DI PROVARE A SUPERARE I PROPRI LIMITI, RUN DOPO RUN. VELOCITÀ, FANGO E GLORIA…

11:00, la marea è ancora alta e non si può andare da nessuna parte, così mi dedico a scattare foto per un timelapse, destinato a raccontare nel film l’abbassarsi della marea e l’aprirsi della via al mare, come se Mosè fosse lì a garantirci di surfare. Sono quasi due chilometri da percorrere a piedi, con tavola e vela alla mano e affondando nel fango fino alle caviglie. All’andata è bello, siamo freschi e, con trenta nodi di vento alle spalle, loro camminano, lasciando che sia la vela al lasco a spingere la tavola sul fango mentre io, ahimè, devo percorrere il tragitto con zaino pesante e macchina foto. Manca poco a raggiungere l’acqua e li vedo da lontano, raccolti in gruppo a discutere della marea, dopo aver montato le pinne alle tavole. Dylan De Jong salta in acqua e prova con cautela il percorso, gli altri guardano curiosi, il fondale è buono e i 30 cm. vicino al banco di sabbia, sono sufficienti a garantire full speed in sicurezza. Iniziano le danze con un vento tranquillo sui 25/30 nodi e un chop cattivo sulla bolina per riconquistare il punto di partenza delle speed session, motivo per cui, in molti, opteranno per camminare e recuperare così le energie, invece di farsi tartassare dal mare. Sono felice, è un onore essere qui tra loro, in uno degli spot più difficili ed esclusivi del paese. Mi rendo anche conto del disagio però; se ti ferisci qui mentre la marea monta, è impossibile tornare indietro sulle spalle di qualcuno e, per essere soccorsi dall’elicottero, può volerci un’ora buona. Tempo utile anche all’alta marea, per farti ritrovare in mezzo alle correnti del Mare del Nord che s’insinua tra le isole… Non ci penso che è meglio, respingo i pensieri e preparo il 70-200mm per i primi scatti dalla sabbia. Non è facile fare foto allo speedsurfing, sul piano visuale è uno sport abbastanza noioso, ho già provato di tutto per variare il tema e mostrare queste velocità impressionanti in scatti fotografici. Vorrei dell’altro, così sperimento dal vivo le immagini che ho pianificato di riprendere per il film. Penso alle storyboard, ai due estremi musicali che mi hanno aiutato a disegnare le linee, Eric Satie e Skrillex, al Rhum delle serate in barca. Rimango timido sulla sabbia col cannone bianco di Canon e scatto foto noiose per un’altra mezz’ora.


TESTO E FOTO DI Angelo Pecere 57 “All’andata è bello, siamo freschi e, con trenta nodi di vento alle spalle, loro camminano, lasciando che sia la vela al lasco a spingere la tavola sul fango...”


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Johan Huitema nel suo run dove supera per la prima volta la barriera dei 45 nodi!

COMMENTI DEGLI ATLETI: JURJEN VAN DER NOORD Starboard Speed Special 44w 2011, Severne Reflex Slalom III 5,6 2012 Quando abbiamo montato le vele, il vento non sembrava molto forte ma ho avuto fiducia nelle previsioni, così ho preso la mia nuova Severne ReflexIII 5,6 e la Starboard Speed Special 44w. Non ho avuto il tempo di regolarla e non ho fatto nessun aggiustamento di sorta. In totale 10 speedsurfer hanno approfittato della giornata di oggi per registrare alte velocità. Quando siamo arrivati, lo spot è apparso subito molto buono. Acqua piatta e un sacco di vento dalla direzione perfetta. Il cuore ha iniziato a battermi forte perché sapevo che questo sarebbe stato il mio giorno. Ogni session ha solo una piccola finestra di tempo utile in cui le condizioni sono migliori, ho voluto essere sicuro di approfittare di queste condizioni, così sono saltato in acqua subito per fare più run possibili. Dopo 10 minuti ho realizzato che la vela necessitava di più tensione al caricabasso per darmi un po' più di accelerazione. Con un solo centimetro di regolazione ho sentito la vela perfetta. Sapevo che avremmo potuto fare le nostre run solo per 90 minuti e dopo i primi 45, la mia velocità è aumentata sempre più. Le condizioni dello spot, la mia attrezzatura ed io eravamo pronti per la scommessa. Nei successivi 45 minuti tutte le mie run sono state tra i 45 e i 47 nodi. Sentivo che un personal record e anche un highranking sul sito www.gps-speedsurfing.com erano possibili. Con una bella botta d'adrenalina, ho fatto le mie run più veloci. E si, ce l'ho fatta, ho raggiunto una velocità media (ndr 5 run da 10 secondi) di 46,7 nodi e una velocità massima di 48,6 nodi. La più alta velocità da me raggiunta, la più alta velocità mai raggiunta in acque olandesi e un 5° posto nel ranking mondiale GPS. Anche la media sui 500 metri è stata ottima con una velocità di 46 nodi. La via del ritorno alla spiaggia è stata orribile ma grazie all'adrenalina non ho accusato più di tanto!

Sono bellissimi da vedere, perfetti nelle loro posizioni composte. Lo percepisci sul serio l’equilibrio che li distingue dagli altri, quasi odori l’adrenalina che li spinge a tener chiusa la vela. Guardali! Maestosi, fieri o spaventati, stanchi e infreddoliti ma felici. Cambio obiettivo e mi avvicino alla scena fino a bagnarmi, ho l’acqua alle ginocchia e la muta invernale tiene bene. Il vento è rinforzato, ci sono quaranta nodi adesso e il mare è bello, zebrato bianco come piace a noi. Grazie al 16 mm riesco a inquadrare l’insieme e così mi avvicino, inginocchiandomi sul fondale con l’acqua in vita. Questo è un posto così fuori dal mondo ma, sotto un certo aspetto, così simile al nostro. Surfisti in pieno lasco col sorriso o con lo sguardo del terrore in viso, altri che, camminando in acqua, recuperano terreno sulla lingua di terra di questo banco perfetto. Quando qualcuno arriva in piena velocità, gli altri si abbassano per non rubargli il vento, schiacciano le vele in acqua assumendo buffe posizioni per appiattirsi il più possibile. C’è anche chi, senza troppi problemi, estrae dal giubbotto d’appesantimento cacciavite e varie pinne. “Provo la 19 che la 21 oggi non mi convince”. Misure da marziani, penso! Jurjen è velocissimo ma anche gli altri non scherzano, si susseguono i passaggi e a volte si fermano a parlarmi. C’è rispetto, capiscono quanto sia dura, per me, non essere in acqua con loro e mi consola vederli felici, con un occhio al vento e l’altro al gps. Ottime velocità oggi a The Brace. Jurjen ha già battuto il suo record personale ed ora è impegnato ad alzare la media dei 10 secondi. Cinque sessioni da 10 secondi sono l’obiettivo da raggiungere, farlo al massimo della velocità è la barriera da infrangere. Manfred Malcorps e Johan Huitema mi sorridono passando, anche per loro bolle in pentola un PR (personal record). Che bello, è incredibile! La stagione è iniziata davvero bene e, soddisfatto delle foto, mi dedico a fare qualche ripresa con la piccola videocamera, a mano libera. Di nuovo Johan: “Angelo, è la prima volta che supero i 45 nodi, fantastico!”. Hanno già le vele del 2012 e non hanno pietà di spingerle al massimo, gli sponsor saranno felici. E lo sono anch’io, foto e girato sembrano buoni. Jurjen fa un altro passaggio, l’acqua fuma ed è così veloce da scapparmi fuori dall’inquadratura. Al ritorno calcoliamo la media delle sessioni con l’iPhone, che uso per postare qualche foto e commento “live” su Facebook e Twitter, per gli amici costretti al lavoro. Tremiamo dal freddo e devo inserire le cifre più volte nei tasti del piccolo monitor. (47,42 - 47,12 - 46,79 - 46,28 - 46,19). È record! Sia per lo spot, che per le acque olandesi! Intanto le piccole onde, che hanno già cambiato direzione segnalandoci l’inversione di marea, si fanno strada verso i due chilometri da percorrere per tornare alla spiaggia. È roba tosta adesso, ognuno da solo, con la sua sofferenza, tavola e vela alla mano contro il vento che soffia più forte di prima e, questa volta, direttamente contro. Approfitto per gli ultimi scatti panoramici mentre, lentamente, torno verso la sicurezza della spiaggia. Condivido quest’ultimo sforzo con guerrieri stanchi e senza più forze che, passo dopo passo, tornano a casa.

MANFRED MALCORPS F2 Missile XS 2007 – Ka Sails Race 5,5 2012 Dopo svariate brutte session, questo spot ed io stiamo finalmente diventando amici. Ho avuto un piccolo miglioramento del mio PB avg, ma con le braccia meno doloranti potrei spingere un po’ di più. Incredibile velocità di Jurjen e Johan! Tutto sommato una bella giornata, con Angelo a scattare foto e video di tutti gli speedsurfer in pista oggi c’è stata una buona atmosfera!

JOHAN HUITEMA Starboard Speed Special W49 2009 - The Loft Sails Racing Blade 5.6 2012 Un giorno epico a The Brace. A causa di una rottura della macchina, sono arrivato con un'ora di ritardo allo spot, logicamente seguita da una corsa di 2 km nel fango scivoloso con tavola e vela alla mano. Nonostante ciò ho rotto il magico limite degli 84 km/h (2 sec max) e anche raggiunto un buon 80,62 sui 10 sec con una media di 76 km/h. I miei obiettivi per il 2012 sono raggiunti. Sono davvero contento e mi da una bella sensazione sapere che c'è dell'altro che mi aspetta. Congratulazioni a tutti per i PR. Jurjer era ed è ancora una classe a parte e ha registrato il record dello spot a The Brace. Doppie congratulazioni! Un brindisi agli dei per questa giornata epica!

Link: Autore: www.angelopecere.com Gps-Speedsurfing: www.gps-speedsurfing.com


I guerrieri stanchi e senza piĂš forze che, passo dopo passo, tornano a casa.

Quando qualcuno arriva in piena velocitĂ , gli altri si abbassano per non rubargli il vento, schiacciano le vele in acqua assumendo buffe posizioni per appiattirsi il piĂš possibile.

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Endless Summer 60

Fede Infantino a Ho’okipa.


TESTO DI Federico Infantino | FOTO DI Franck Berthuot, Adele Frola | RIDER Federico Infantino, Andrea Franchini 61

VI PROPONGO ORA IL REPORT DELLA VACANZA DA SOGNO DI UN NOSTRO COLLABORATORE E AMICO: IL LIGURE FEDERICO INFANTINO. LA META È SEMPRE LA SOLITA… MAUI, MA QUESTA VOLTA FEDE CI DÀ QUALCHE UTILE CONSIGLIO IN PIÙ ED APPROFONDIMENTO CHE SOLO CHI HA VISSUTO VERAMENTE LʼISOLA PUÒ CONOSCERE. E SOPRATTUTTO LARGO AI GIOVANI, PERCHÉ È SEMPRE PIÙ DIFFICILE VEDERE DEGLI UNDER 30 NEI VARI SPOT IN GIRO PER IL MONDO! Hawaii, Maui, Ho’okipa, il sogno di ogni surfista è di poter surfare un giorno in quello spot perfetto, con quelle onde perfette… naturalmente lo è sempre stato anche per me! Fin da bambino guardavo foto e video di quell’isola, tutto sembrava così stupendo ma finché non lo vedi con i tuoi occhi non puoi immaginare la “magia” di quel posto! All’inizio del 2011 mi ero prefissato due obiettivi per l’anno in corso, riuscire a realizzare due miei sogni: partecipare ad una tappa del PWA e surfare ad Ho’okipa con le leggende! Tornato da Tenerife, stragasato per il mondiale, volevo concludere l’anno al top e con un po’ di sacrifici il 12 ottobre 2011 sono riuscito a coronare anche il secondo sogno salendo su un aereo con destinazione Maui!

QUATRO, GOYA Dopo un lungo e difficile viaggio, arrivato a destinazione, Life style di Maui. © Adele Frola

mi attendevano all’aeroporto Andrea Franchini e Adele Frola sbarcati sull’isola una decina di giorni prima di me. Sballato dal fuso orario e sapendo che l’indomani sarebbe stata una delle giornate più emozionanti della mia vita pensavo di non chiudere occhio quella notte, ma invece stravolto dal viaggio ho tirato dritto fino alle 10 del mattino seguente ammazzando il fuso! Arrivato sull’isola senza vele la prima cosa da fare era passare nella factory più cool di Maui ovvero in ditta Quatro\Goya ! “Sarà tutto come nei video?”, pensavo mentre mi avviavo al negozio, ma la risposta fu immediata: “No, per niente!”, quello non era un video ed anche se facevo fatica a crederci, mi ci trovavo nel mezzo! Entrato sembravo un bimbo a Disneyland, rig montati appesi, tavole custom ovunque, Francisco Goya che scendeva le scale, Keith Teboul dietro il vetro nella sua

shaping room, Levi Siver che entra subito dopo di me e per concludere in bellezza al centro del negozio su quel famoso calcetto che si vede nei video, delle vele Goya imballate con sopra scritto un nome… era il mio: Fede Infantino!

FIRST DAY IN HOʼOKIPA Conosciuti e salutati al volo Francisco e Keith, con le mie nuove Banzai Quad la seconda tappa era Ho’okipa! Tutto come me lo immaginavo, anzi meglio! Arrivati sulla spiaggia ci siamo posizionati subito sulla staccionata sopra la casetta dei bagnini; essendoci stato già anche lo scorso anno, Andrea ha subito iniziato a spiegarmi un po’ di cose sullo spot: da dove entrare, come funzionava il canale, ecc… Ma io ero ancora il bimbo a Disneyland, potete immaginarvi quanto lo stavo ad ascoltare! Mi trovavo nello spot più bello e famoso al mondo e

Fede davanti alla famosa e fotografatissima shaping room di Keith Teboul. © Adele Frola


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continuavo ad annuire a tutto quello che Andrea mi diceva fissando con il cervello spento quel paradiso! Non sapevo però che più tardi le risate se le sarebbe fatte lui! Entrato in acqua un po’ troppo gasato sono riuscito a prendere 5-6 onde poi Ho’okipa mi ha fatto abbassare la cresta e con il primo mega wipe out ero dritto sugli scogli con la tavola già aperta a poppa! Andrea in quei giorni non poteva ancora entrare in acqua a causa degli 8 punti sulla tibia che si era procurato in

un incontro ravvicinato con le sue nuove pinne custom MFC durante una bella frullata, quindi tornato da Kahana, dove la mitica Adele eseguiva spruzzi da coppa del mondo, mi ha trovato seduto di fianco alla mia tavola che fissavo le onde e con un sorrisino bastardo ha esclamato: “Te lo avevo detto!”. Dal secondo giorno il tempo sembrava volasse. Sveglia, colazione, un salto in Quatro Goya per scambiare 2 chiacchere e poi dritti ad Ho’okipa per mezzogiorno,

session fino alle 16:30-17:00 dopo di che con il calare del vento si lasciava spazio ai nostri cugini in surf da onda per concludere la giornata con una bella grigliata!

HOʼOKIPA Chi purtroppo ancora non è riuscito ad andare a Maui si chiederà se essendo tutto così perfetto sia anche più facile surfare e provare manovre. Dall’esperienza che ho avuto in questo viaggio ho capito che come in ogni spot tutto dipende dalla giornata ed in particolare dalla direzione dello swell. Il vento è side-off tutti i giorni, anche se quest’anno siamo riusciti a prendere 2 giornate on shore. La più grossa difficoltà di questo spot è passare le onde ad uscire, nella condizione perfetta (fino a 3 mt d’onda gestibili) abbiamo il canale aperto e la corrente ci porta fuori anche con la totale assenza di vento, l’unica pecca è di dover passare attaccato alla scogliera con le bombe che ti chiudono in faccia, ma prese le misure e un po’ di confidenza con gli scogli la difficoltà non è così elevata. Se frulliamo in surfata la prima cosa da fare è recuperare l’attrezzatura e lasciarci trasportare dalla corrente che ci porta sempre fuori dalle onde nel canale. La questione diventa più radicale quando il livello delle onde supera i 3-4 metri e soprattutto se entra lo swell da nord/nord ovest, il canale è praticamente sempre chiuso e passare le onde diventa molto complicato, in quel caso ci vuole pazienza nell’aspettare la fine della serie e un bel po’ di fiato. La condizione perfetta secondo i local si ha quando entra lo swell da Nord, onde dritte da mare con il canale aperto.


Andrea Franchini. © Adele Frola

TEST In due mesi di uscite e frullate ho avuto occasione di provare e testare a fondo molto materiale: in primo piano le nuove vele Banzai 4 stecche che avendo ritirato direttamente a Maui non avevo ancora provato nel mio home spot: una vela stupenda, leggerissima, potente e iper controllabile, l’unica pecca a parer mio sono le varie misure (4.9, 4.6, 4.3) perfette per Ho’okipa ma strane per le nostre condizioni europee, bisogna farci l’abitudine! Per quello che riguarda le tavole invece devo dire che il 75 Quatro LS, perfetto nelle nostre condizioni europee, è stato scavalcato dal 76 Quatro KT che nelle onde lisce si è rivelata una tavola molto più maneggevole e molto meno cattiva rispetto al modello LS. Un buon feedback positivo anche per il Goya 72. Adesso arriviamo però al “pezzo forte” ovvero la tavola Quatro custom dello shaper più famoso al mondo, Mister Keith Teboul! A prima vista sono rimasto scioccato: era un 76 litri con un mega scoop rocker da poppa fino a prua, leggerissima (intorno ai 5 kg), corta e molto larga, 5 scasse con un set di pinne custom mai visto in commercio, il primo pensiero è stato: “Domani con questa tavola farò pazzie!”. Ragazzi è stato tutto l’opposto, provando quella tavola ho capito quanto è alto il livello di Keith e Levi, la tavola non stava dritta, voleva sempre girare, una belva indomabile. Dico con sincerità di avere veramente fatto fatica a surfare! Parlandone poi con Keith sono arrivato a scoprire che, in effetti, solo lui e Levi si trovavano bene con quella “belva rossa”. Penso che Ho’okipa sia uno di quei pochi spot dove il materiale faccia veramente una grande differenza

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partendo dalle pinne, posizioni delle strap, per arrivare all’albero. Dopo il test di questa tavola però mi sono reso conto che bisogna anche saperlo controllare il nostro materiale, quindi non sempre una tavola custom è la soluzione! Dopo giorni e giorni di test sono stati ottimi anche i report finali dei MaveX X 1000 e stilo 300, portati avanti con la new entry del team X Andrea Franchini e gli altri rider italiani presenti sull’isola come Fabio e Nicola! Parlando sempre di materiali, una gran bella emozione è stata quando una mattina alla factory, Jason Diffin (velaio di Goya) con Francisco riuniti nel loro ufficio mi hanno chiamato per farmi vedere i prototipi al computer delle nuove vele 2013 e mi hanno chiesto cosa ne pensavo, beh credo che Goya stia per sfornare un capolavoro, ma non posso anticipare niente!

MAUI TIME La vita a Maui è veramente stupenda anche al di fuori del windsurf, un paradiso! Quest’anno inoltre l’isola è stata presa d’assalto dagli italiani, eravamo veramente tanti e ringrazio tutti per le risate e le mega grigliate! Ho avuto il piacere di conoscere persone stupende come i grandi fotografi Sofie e Paul di Amorphia Photography che ogni sera pubblicavano gli stupendi scatti del giorno, che tra l’altro ringrazio ancora per avermi immortalato l’aerial più alto della mia vita (naturalmente soggetto di varie discussioni sul web!). Un’altra persona stupenda è Josh Stone! Un grande, l’Aloha man, sempre con il sorriso nelle onde e a terra, quella leggenda che ti lascia prendere le onde anche se sono sue e ti gasa a dare il

massimo! Il migliore, grande Josh! Posso dire di aver vissuto veramente fino in fondo l’esperienza Maui anche grazie alla Makani Classic, tappa del campionato americano che, dopo la mia prima tappa del Pwa, è stata un’esperienza indimenticabile per il fatto di aver potuto gareggiare con le leggende. Speriamo di replicare anche quest’anno avendo preso un po’ più di confidenza con le onde di Ho’okipa! L’unica pecca di questa avventura è stata non essere riuscito a vedere Jaws in piena forma, ma solo per pochi minuti con serie abbastanza piccole e che non rompevano bene. Altra grande soddisfazione è stata la nuova collaborazione e sponsorizzazione con Maui Fin Company del mitico Pio Marasco con il quale spero di poter lavorare bene e dare il mio contributo per molto! Infine posso poter dire che è stato il viaggio e l’esperienza più bella della mia vita, un posto da visitare non solo per il windsurf (anche se Ho’okipa è sempre Ho’okipa!). Ringrazio tutte le persone che hanno condiviso con me questa avventura, tutti gli italiani, Gigi Madeddu, Matteo Spanu, Cory e Andrea Arte per avermi sopportato in casa verso la fine della vacanza, tutte le leggende del nostro sport dai quali ho imparato qualche cosa, Andrea Franchini per le heat giornaliere che sono servite a stimolarci e migliorare, e la grande Adele Frola che anche questa volta mi ha regalato scatti stupendi anche se riguardando bene il suo video di Maui, io e Andre ci stiamo iniziando a preoccupare: il suo livello in acqua sta crescendo molto rapidamente! Grande Ady! Maui No Ka O!


Esclusivo 64

A Maui la vita inizia ogni giorno molto presto, non è raro svegliarsi all’alba per una poetica surf session per poi andare a fare colazione ed iniziare la giornata reale. Anche il giorno del nostro appuntamento ad Haiku con Francisco Goya, che ci avrebbe accompagnato all’interno della Cannery, non è stato differente. Verso le 9 del mattino il mio team ed io siamo pronti a seguire una delle leggende del nostro sport che ci svelerà in esclusiva tutti i segreti delle stanze da dove escono gli shape più famosi e blasonati al mondo. Francisco Goya ci accoglie nel suo mondo con il consueto Aloha Spirit e dopo le presentazioni di rito iniziamo la nostra esplorazione guidati dalle sue spiegazioni e da quelle di Keith Teboul.

Wow, è l’unica esclamazione possibile quando si entra nel vostro quartier generale. Ci puoi spiegare come lavorate in questo paradiso del windsurf? Francisco: Nel nostro negozio tutti i windsurfer possono entrare e prendersi una tavola ed il rig che preferiscono per provarlo gratuitamente. Questo è un ottimo modo per avere feedback da ogni tipo di rider, che può quindi essere convinto al 100% del prodotto prima di mettere mano al portafoglio. Abbiamo a disposizione modelli 2010, 2011 e 2012 da provare, per chiunque entri da noi! Annessa al negozio c’è anche la shaping room, dove le nostre tavole prendono letteralmente vita. I pani di polistirolo vengono shapati col CAD, poi ritoccati a mano da Keith che li prepara definitivamente per poi mandarli in produzione. Tavole da windsurf, sup e surf vengono tutte controllate e laminate. A seconda che il sandwich sia sul deck o sui rail il numero di tavole lavorate da Keith in un giorno varia tra le 8 e le 20.


INTERVISTA RACCOLTA DA Fabio Calò | INTRO DI Matteo Righetti | FOTO DI M. Righetti, A. Gabella, courtesy Goya/Quatro 65

Keith Teboul, l’artista degli shape.


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Le dime da cui nascono le tavole Goya e Quatro e alcune fasi della lavorazione.

Questo procedimento vale sia per le tavole realizzate su misura per i clienti che per le tavole di serie? Francisco: Esattamente, le tavole vengono shapate qui e dopo essere state testate e sviluppate a fondo, vengono mandate in produzione da Cobra. Tutte le tavole del team, dei clienti ed i prototipi da approvare per la produzione vengono quindi realizzate proprio qui. È qui che succede la magia. Una volta che troviamo lo shape che ci piace veramente, allora lo mandiamo in produzione e diventa una tavola di serie del nostro range ufficiale. Per quanto riguarda gli shape ci sono novità? Keith: Cerchiamo di realizzare quante più tavole per quanti più rider possibili, in modo che le possono sfruttare al meglio in tutte le condizioni. Single, twin, thruster e quad. Non c’è più una tendenza dominante, solo preferenze soggettive a seconda dei gusti e dello stile. Quando preferisci usare il Quad o il Thruster o il Twinzer? Keith: Utilizzo il quad quando è più piccolo, pulito e offshore in modo da poter volare in down the line con il massimo controllo e presa. Quando invece è più grosso e choppato, con vento più sideshore preferisco i Thruster. Il Twinzer invece lo uso quando c’è vento leggero e le onde sono perfettamente pulite. E che cosa ci puoi dire a proposito della recente tendenza a tornare verso il Single Fin? Keith: Io non li uso tanto ma Levi sta surfando solo con quello, perché vuole prendere quante più onde possibili e così può spostarsi molto più velocemente sul picco, planando più facilmente e potendosi portare più in profondità sul picco ed avere la precedenza anche nelle giornate affollate. Grazie ai nuovi shape che abbiamo abbinato a questo assetto single fin, ora è possibile generare ancora più spinta e velocità nel bottom turn, provando sensazioni nuove. Per il mercato ed i clienti la scelta è un po’ problematica. Cosa consigliate? Francisco: Io la vedo un po’ come il colore della maglietta. Tu la puoi prendere grigia, io gialla. Abbiamo fatto progressi così grandi negli shape generali che ormai la differenza degli assetti porta variazioni minime, che possono essere soggettivamente apprezzate o meno. La scelta quindi è molto meno critica di quello che sembra e molto più personale. Gli shape funzionano tutti al meglio. Non sono quindi io a doverti dire di scegliere uno shape specifico, ma sono i tuoi stessi gusti a portarti alla scelta migliore per te. Noi siamo anche stati i primi a introdurre sia Twin che Quad sul mercato e, grazie a queste innovazioni, il windsurf in generale è cresciuto molto. Non siamo solo io e Keith, ma è l’intero mercato ad essere entusiasta degli sviluppi degli ultimi anni. Potrebbe sembrare una scelta difficile, ma è proprio per questo che diamo la possibilità di provare tutto il materiale gratuitamente. Qui a Maui sicuramente si hanno più possibilità di provare le tavole in condizioni ottimali. Come si fa però nel resto del mondo? Francisco: I negozi in generale dovrebbero agevolare i clienti a provare il materiale in quello specifico spot, con le condizioni del luogo, in modo che anche lì ognuno possa scegliere il materiale a lui più consono. Anche se il negozio dovrà lavorare maggiormente, la ricompensa finale sarà la fidelizzazione del cliente e la sua completa soddisfazione. Il tocco personale è fondamentale.

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Dai prototipi (FOTO 1), passando per i custom Quatro (FOTO 2), alle tavole di serie Goya (FOTO 3).


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Riassumendo, per scegliere devi entrare in acqua e provare! Francisco: Sì, noi comunque possiamo ovviamente darti delle dritte, a seconda dei tuoi gusti e delle tue preferenze ti possiamo consigliare la tavola ideale per le tue esigenze. Se in più avessi anche la possibilità di provarle direttamente, sarebbe ancora meglio! Keith: Anche in surf da onda ci sono mode e tendenze, ma sono comunque influenze positive e fonti d’ispirazione che permettono allo sport di arrivare a nuovi livelli. Io shapo single fins da 20 anni, e proprio come i rider, voglio provare qualcosa di diverso. Non è che sia meglio, solamente è una nuova sensazione che ti permette di ampliare ciò che sai. Francisco: La scelta dipende moltissimo dallo stile e dall’impostazione del rider. Se è uno che fa bordi lunghi, preferisce essere sempre planante, in potenza, e magari è più pesante, o se invece è un rider più leggero che surfa con curve strette su un piccolo beachbreak. Dipende da quale sia la scintilla soggettiva che accende la passione, che sia surfare con curve pennellate o saltare e surfare in velocità. Non sono quindi le condizioni a dettare la scelta della tavola, ma il tuo gusto personale. Non è concepibile pensare di dover comprare una tavola per coprire ogni singola condizione ed è per questo che, basandoci sui gusti del cliente, garantiamo un prodotto che vada altrettanto bene sia al Garda che a Ho’okipa. A seconda delle condizioni specifiche richieste, poi, decidiamo anche di provare le tavole in location appropriate. Dove in particolare fate i vostri test? Francisco: Per le tavole più freeride, bump and jump e freestyle, per esempio, andiamo dentro al porto di Kahului, dove il vento è più rafficato e l’acqua è molto più choppata e senza onda, proprio per emulare le condizioni reali che poi potrai surfare in giro per il mondo. Così facendo possiamo concentrarci maggiormente sul rocker e sulle performance di planata della tavola. Per quanto riguarda le tavole wave, invece, principalmente le testiamo a Ho’okipa ma anche a Kana’ha, Sprecks e nella zona appena fuori dal porto in cui il vento è più onshore e rafficato. A Ho’okipa, le onde sono così potenti e pulite che la tavola dà sempre e comunque il massimo della performance. È proprio per questo che scegliamo innanzitutto di testarle in location meno ottimali, in modo da comprenderne a fondo le caratteristiche effettive, tra cui anche l’ingresso in planata, la possibilità di risalita ecc. Una volta che la tavola è performante in generale, a Ho’okipa sicuramente eccellerà. È un po’ come la ciliegina sulla torta, il marchio d’approvazione, che ti permette di andare ovunque nel mondo, Pozo, Guincho, ecc.

Un nuovo sistema di fin box, ancora più leggero e sicuro dello Slot Box. Per ora disponibile solo sui prototipi.

Altra stanza, altri dipendenti e una nuova fase del processo di produzione delle tavole Goya e Quatro.

Francisco, tu ormai sei nel gioco da molti anni. Quali sono per te le differenze principali tra una tavola con un design di una decina d’anni fa e una moderna? Francisco: Ai tempi le tavole venivano definite esclusivamente in base alla lunghezza, passando dai 265 ai 255. Erano molto strette e lunghe, con linee spigolose e dritte. In andatura erano molto veloci ma più difficili da gestire e far girare, ed erano molto meno dirette e giocose. Ora invece riesci, a tuo piacimento, a fare curve più lunghe o anche strettissime sulla spalla. Le tavole ora sono più compatte, morbide e larghe e fondamentalmente molto più manovrabili e divertenti. Come shapate una tavola? Francisco: Prendiamo i pani di polistirolo e, dopo aver fatto le misurazioni opportune, cominciamo a tagliare gli avanzi con filo metallico, od anche con un taglierino. La macchina a CNC poi scolpisce il polistirolo secondo il modello computerizzato dello shape. Una volta finito questo processo, lo shape passa nelle mani esperte di Keith che fa le sue piccole magie e poi mette giù il sandwich che viene incollato sottovuoto. Il rocker e le caratteristiche primarie della tavola vengono già realizzate dalla macchina CNC. Noi, oltre a mandare lo shape a Cobra, mandiamo anche i nostri materiali scelti. In fabbrica, quindi, le tavole vengono solo assemblate effettivamente ma su modelli di shape e materiali decisi interamente da noi. Spesso la gente pensa che tutte le tavole in Cobra siano prodotte allo stesso modo e con materiali della stessa qualità, ma non è così. La Cobra fa dai kayak, alle sedie, ai pezzi di carrozzeria della Ferrari, quindi si occupa esclusivamente della realizzazione effettiva secondo le specifiche esatte del cliente. Ogni singolo prodotto che facciamo realizzare è regolamentato da un contratto che garantisce anche un controllo della qualità di altissimo livello. A volte capita che qualcuno dica che non c’è sandwich in una tavola rotta od altre lamentele, ma sono assolutamente infondate. Noi diciamo cosa fare e loro lo fanno alla lettera.

Il nuovo Quatro LS 75 2013 in lavorazione.


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JASON DIFFIN - GOYA SAILS

Per caso la Cobra vi dà anche del feedback sulle vostre specifiche, come per esempio gli abbinamenti tra design e materiali? Francisco: Sì, in Cobra hanno un sacco di materiali di riferimento che vengono usati come benchmark, per esempio per confrontare la resistenza agli impatti diretti, la longevità ed altri aspetti importanti. In un solo giorno possono testare ogni singolo materiale sotto svariati aspetti, ma poi la parola finale, comunque, spetta a noi e soprattutto alla prova pratica. A volte mi capita di pensare di avere trovato la combinazione perfetta e poi in acqua va tutto storto e si riparte quasi da zero. I prodotti migliori vengono dalle prove in acqua, non dalla teoria. Il processo di produzione effettivo, comunque, coincide con quello che facciamo qui anche noi. I pani di polistirolo vengono tagliati secondo il nostro stampo nella pressa, ma poi il sandwich e tutti i passaggi successivi sono comunque realizzati a mano. La tavola non viene stampata in serie come un prefabbricato. La differenza effettiva sta solo nel diverso costo del lavoro manuale. È tutto fatto a mano. Non è mai fatto premendo un bottone su un macchinario e voilà! Anch’io ho provato a lavorarci un po’ direttamente ma loro sono davvero eccezionali, sia come capacità che come resistenza. Lavorano anche in turni da 18 ore per 20-30 anni! Sono così specializzati ed esperti che ottengono a mano quasi la stessa precisione che a computer. Abbiamo un sacco da imparare da loro. Fanno milioni di cuciture sulle vele, con anni di pratica, e solo dopo molto tempo possono cominciare con le tavole. La cultura Thai è molto basata sull’arte e sull’esaltazione delle proprie capacità manuali e loro ne sono la prova vivente.

Ciao Jason, ci puoi raccontare la storia dietro le vele Goya? La storia è molto semplice. Io, assieme al resto del team realizziamo, testiamo, testiamo e ancora testiamo nei vari spot le vele del range Goya. Si riconduce tutto ad una sola cosa: stare in acqua più tempo possibile. In questo loft nel negozio sono in grado di realizzare e modificare qualsiasi prototipo di vela, anche parallelamente con i nostri ragazzi di fiducia della Global Creations Sports Gear in Cina, vicino ad Hong Kong. Li conosco ormai da più di 10 anni. Ci sono un sacco di possibilità in termini di scelta di costruttori, ma loro sono il nostro punto di riferimento e sono proprio come noi. In ogni momento posso farmi produrre un intero set, anche con la modifica più piccola e, dopo solo 4 giorni di spedizione, possiamo subito testare la nostra intuizione in acqua. Il processo di R&D è veramente fluido e preciso così. Quest’azienda produce anche Simmer, quindi, se sono vele abbastanza comuni le faccio realizzare a loro, se invece sono idee completamente nuove, realizzo un prototipo personalmente qui a Maui di modo che posso testarlo immediatamente. Facciamo anche un sacco di test per modelli Freerace e Flatwater al Gorge e sulla costa dell’Oregon.

Torniamo alle tavole. Cosa ci puoi dire della linea di rocker? Generalmente le tavole wave presentano linee di rocker che hanno un ciclo di vita di 7 generazioni, cioè continue piccole modifiche da un anno all’altro per arrivare al risultato ottimale. Le linee vengono disegnate e si evolvono assieme ai rider. Levi, Keith, io, abbiamo tutti dei rocker diversi a seconda del nostro stile. In generale cerco di non fare shape troppo di nicchia, in modo che sebbene siano perfettamente performanti restino comunque accessibili.

Quanti prototipi realizzate in media? Tantissimi. Prendiamo la Guru per esempio. La prima vera Guru è nata circa 15 anni fa ed ogni anno ci sono migliorie e piccole modifiche, che puntano a migliorare aspetti precisi della vela, una alla volta, in modo da ottenere il risultato perfetto. A volte poi capitano vele completamente diverse come la Banzai. Ogni vela comunque dev’essere realizzata singolarmente, anche quelle dello stesso set! Ogni vela va realizzata per quello che sarà il suo target specifico.

Jason Diffin nel suo loft all’interno del negozio-shaping room di Goya/Quatro.

Subito dopo aver finito la nostra chiacchierata con Francisco intravediamo in una stanza di fianco all’entrata del negozio Jason Diffin, velaio per Goya Sails. Entriamo nel suo loft e iniziamo a fargli qualche domanda a cui Jason non esita a rispondere con chiarezza e con la sua innata simpatia.

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Sembra che le vele più piccole siano solamente una versione ridotta della misura più utilizzata, generalmente 4.7 o 5.0, ma non è così. Se ci dovesse essere qualche problema poi, i rider e la gente mi inondano di e-mail, in quanto la maggior parte dei windsurfisti sono molto tecnici e precisi. Se c’è una debolezza, verrà scoperta. Come nasce una tua vela? Che programma utilizzi? Innanzitutto parto su un foglio con alcuni miei templates flessibili e trasparenti, in modo da realizzare curve morbide e pulite che riproducano al millimetro la mia idea della vela. Una volta realizzato questo primo disegno, il progetto viene importato in AutoCad. Ci sono circa 100 punti di confronto che sono inconfondibili e definiscono completamente le caratteristiche di una vela. Non voglio passare le giornate intere su un computer, quindi ricorro alla buona vecchia matita, penne, righelli, macchina da cucire… io sono della vecchia scuola, adoro vedere il mio lavoro creato dalle mie mani. Collaborate anche con un’azienda per la realizzazione degli alberi? Seguono delle specifiche imposte da voi per adattarsi alle vostre vele? La curva principale dell’albero che utilizziamo è sempre la stessa da ormai 10 anni. Siamo ovviamente noi a richiedere ed imporre che gli alberi rispettino i requisiti imposti dal design della vela, che si basa soprattutto su alberi RDM. Il nostro top comunque tende a essere più flessibile, un po’ come i Powerex. Tutti i nostri alberi vengono prodotti al Gorge da NoLimits e possiamo chiedere qualsiasi specifica vogliamo. Possiamo stabilirne la curvatura, la flessibilità, la percentuale di carbonio ecc, ecc. Gli alberi quindi sono ideati per le vele che rendono, comunque, anche con altri alberi con top più flessibile.

Life Style all’interno della Cannery.

Gli alberi vengono realizzati per tutto il range? Sì, per tutte le vele wave, freeride, ecc. Noi utilizziamo alberi RDM anche sulle vele Freeride, perfino sulla nostra misura più grande che è 9m2. Le ho però progettate in modo che siano comunque utilizzabili anche con alberi SDM. Gli alberi SDM in generale tendono ad essere più rigidi e più leggeri, ma anche con i moderni RDM che stiamo realizzando collaborando con NoLimits il rig, anche per misure dalla 7.5 in su, risulta molto più maneggevole, uniforme e comodo. In generale, quando si riduce la lunghezza dell’albero bisogna comunque sviluppare superficie, aumentando la lunghezza del boma o la larghezza della penna. Quando però viene aggiunto del materiale in penna, così lontano dal corpo, il peso e l’ingombro percepiti sono molto maggiori e risulta anche molto più difficile da gestire quando aumenta il vento. La prima vela a 4 stecche che ho realizzato, infatti, aveva un albero più corto e con vento leggero era eccezionale. Appena il vento aumentava, però, la penna diventava troppo instabile e ingombrante, spostando troppa pressione sul braccio posteriore. Il prototipo successivo ha visto un drastico aumento di 12cm della lunghezza dell’albero ed una riduzione della superficie in penna. La nostra vela Banzai a 4 stecche è almeno 10 cm più lunga delle altre in commercio. È quasi lunga quanto le nostre 5 stecche. Così facendo sono riuscito a preservare la potenza a bassi regimi, conferendo anche un ottimo controllo con vento più forte. L’intervista è finita e ci apprestiamo ad uscire dalla Cannery per tornare verso Ho’okipa ed iniziare la nostra giornata di windsurf, il vento e le onde ci stanno chiamando. Prima di andare via però troviamo appoggiati ad una parete un paio di tavole e qualche vela ed albero, Francisco sorridente ci dice: “È per voi, provate queste tavole e vele e poi fatemi sapere cosa ne pensate, buon divertimento!”. Mahalo…

Il team di Francisco Goya che sta dietro alla scrivania.



Winter Sessions 74

COME MOLTE VOLTE ACCADE I VIAGGI NON IN PROGRAMMA RISERVANO SPESSO PIACEVOLI SORPRESE. RISPETTO A QUALCHE ANNO FA ORA ABBIAMO GOOGLE EARTH E PREVISIONI DETTAGLIATE DI ONDA E VENTO CHE RENDONO PIÙ FACILE ANDARE ALLA SCOPERTA DI NUOVI SPOT E KLAAS VOGET HA INSEGUITO UNA FRESCA PERTURBAZIONE INVERNALE NEL NORD EUROPA SCOPRENDO UNO SPOT DAVVERO INTERESSANTE.


TESTO DI Klaas Voget | FOTO DI Robert Almqvist | RIDER Klaas Voget 75


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Dopo aver dato uno sguardo veloce a Windguru, un paio di messaggi e una controllata dello spot su Google Earth, abbiamo deciso. A volte sembra tutto così facile e immediato. In una giornata normale avrei passato molto più tempo a studiare la situazione e a pianificare meglio, ma quel giorno c’era una sola cosa da fare, prendere e andare subito in acqua! Le

previsioni per gli spot della zona ristretta tra Germania e Danimarca non promettevano nulla di buono. La perturbazione però non era tanto lontana e già poco a nord di Copenaghen, il vento avrebbe soffiato per due giorni senza tregua, quindi valeva la pena fare almeno un tentativo. Mikkel, il mio contatto danese mi ha mandato un sms sintetico ma

significativo : “Potrebbe esser epico.” Ho ricevuto quasi lo stesso identico messaggio dal rider svedese di coppa del mondo, Andreas Olandersson che già pregustava le condizioni nei sui spot. Ho ricontrollato le zone costiere interessate dal satellite per capire esattamente quali spot fossero esposti al meglio e sono poi incappato in una foto di un surfista vicino ad un piccolo villaggio svedese sperduto di nome Skäret. Ero davvero ansioso. Mi sembrava di aver trovato un tesoro nascosto ed ho immediatamente prenotato il traghetto per l’indomani all’alba. Dalla foto sembrava che vento e onde avessero l’inclinazione perfetta e sarebbero stati due giorni spettacolari. La traversata in traghetto e il tragitto in macchina sono passati velocemente e dopo poco più di 5 ore mi sono ritrovato in una spiaggia deserta in Svezia, proprio dove Andy O mi aveva dato appuntamento. Le condizioni poi si sono concretizzate proprio durante il weekend, quindi la mia fidanzata è stata più che soddisfatta di unirsi a noi in un piccolo viaggio spontaneo. Abbiamo preso due traghetti diversi, il primo dall’isola tedesca di Fehmarn a Rödby in Danimarca e poi uno più breve da Helsingör a Helsingborg. Da lì poi abbiamo percorso delle piccole strade di campagna, passando per villaggi pittoreschi con scenari mozzafiato. “Oh, questo posto sarebbe perfetto per i miei allievi che fanno errori di ortografia... ”, dice la mia ragazza dal sedile del


K.V.: “Bisogna comunque dire che questo spot non è assolutamente adatto ai waverider alle prime armi. Le onde rompono molto vicine a riva, e l’entrata è su rocce estremamente scivolose.”

passeggero. Effettivamente un po’ di parole svedesi sui cartelli in parte alla strada sembrano la trascrizione fonetica di alcune parole tedesche. Appena siamo arrivati sullo spot, da un primo sguardo, sembrava che il vento non entrasse come previsto. C’era poca aria e una sola macchina in tutto il parcheggio. Il tipo che c’era in macchina si è messo ad armare velocemente ma noi non capivamo da dove venisse tutta quell’eccitazione. Abbiamo quindi deciso di fare un giro nel piccolo paesino vicino di Torekov, trovando un’ottima e rustica cucina di pesce. Due ore dopo, tornati al parcheggio, abbiamo fatto davvero fatica a trovare un solo parcheggio. Ovviamente, i windsurfisti della zona sono a conoscenza delle potenzialità dello spot che si trovano proprio sotto casa e, quando le condizioni si presentano, tutti ne approfittano. Mi hanno accolto molto calorosamente e a braccia aperte, però più di qualcuno mi ha chiesto di non specificare il nome esatto dello spot, in modo da lasciare la riserva naturale nella tranquillità originale, senza flotte di camper tedeschi accampati per settimane. Bisogna comunque dire che questo spot non è assolutamente adatto ai waverider alle prime armi. Le onde rompono molto vicine a riva, e l’entrata è su rocce estremamente scivolose. Ci sono anche due roccioni appena sommersi che aspettano proprio in mezzo al break, quindi bisogna veramente stare

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all’occhio. A parte questi piccoli inconvenienti, la forma dello spot e l’orientamento rispetto allo swell sono perfetti. Il fondale a tavolato è estremamente liscio e regolare, e può produrre delle sinistre perfette. Se in questa zona ci fossero più swell, sicuramente questo spot sarebbe già rinomato a livello mondiale. Sfortunatamente, il mare di Kattegat

è piuttosto piccolo, quindi gli swell sono piuttosto rari e hanno tutti un breve periodo tra set a causa del fetch ridotto. C’è bisogno che il vento abbia la giusta intensità e direzione per generare movimento in questa zona. Le previsioni erano davvero buone, ma anche dopo pranzo le onde più grosse stentavano comunque a superare il metro di altezza.


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Nel frattempo sono arrivati nel parcheggio anche Andy O e suo fratello, confermandomi che le onde sarebbero aumentate velocemente, in quanto davano vento in aumento. Ha armato la sua 4.2, vedendo le prime raffiche nebulizzare, sospinte a tutta velocità da nuvole nere in lontananza che hanno creato una luce surreale. Magari poi ho anche sottovalutato la dimensione delle onde guardando dal parcheggio, che era a qualche centinaio di metri di distanza. Quando poi anch’io mi sono lasciato andare ed ho capito l’andamento delle cose, dopo 15 minuti ero in acqua su un’onda di oltre due metri e con un bel lip consistente e ben formato. Robert Almqvist, fotografo locale da Halmstadt, ha tirato fuori il suo obbiettivo da 300mm per catturare alcuni momenti nella luce dorata che squarciava le minacciose nuvole nere. Sono rimasto in acqua a surfare fino a sera, assieme ad altri 25 rider. Il giorno dopo non sono riuscito a entrare in acqua per l’ora che Robert aveva proposto, ma quando poi ho piantato il mio rail nel primo bottom turn della giornata, verso le 7 di mattina, sono rimasto positivamente impressionato dalle condizioni che Kattegat avesse prodotto durante la nottata. 4 ore spettacolari con la 4.0 e un’altra per finire con la 4.7, rendendo il viaggio davvero un gran successo. Verso ora di pranzo il vento è calato alla stessa velocità con cui era aumentato il giorno precedente e ora di sera Kattegat era completamente piatto. Se non fosse stato per quelle due scodelle da cereali su una bancarella, di cui la mia ragazza si è innamorata, sarebbe stato un weekend anche davvero economico! Sembra che abbia sbagliato a fare qualche calcolo col cambio di valuta, perchè quando ho visto l’estratto conto della carta di credito mi è venuto un colpo. Non male per una maestra di matematica… Hmm, sembra che qui in Svezia non sia solo la birra a costare di più… È possibile visualizzare un piccolo video dell’uscita qui: http://vimeo.com/28220752



Winter Sessions 80

Ogni volta che parto per un po’, me ne rendo conto. Nella mia testa continuo a rivivere dei flash di quando ero a casa. Qualsiasi cosa faccia, ovunque vada, non mi scorderò mai da dove vengo. Il sapore dell’autunno, e i colori delle ultime session di ottobre. Il pallido sole invernale che lotta con tutta la sua forza per far passare i suoi raggi attraverso le minacciose nuvole nere di perturbazione. La foresta che si tinge d’oro e rosso acceso… Ogni volta che torno nella terra dei miei antenati non vedo l’ora che arrivi la prossima perturbazione. Sempre fisso su Windguru, come penso facciano tutti i windsurfer in giro per il mondo! Al momento in cui l’ora X scocca, ci sarà sempre quel gruppetto di windsurfisti in prima linea, che senza

pensarci due volte prendono un giorno libero al lavoro e fermano qualsiasi altra attività per andare a surfare dove danno le previsioni migliori… A volte però sei così fortunato da venirlo a sapere con qualche giorno d’anticipo. Non sai mai cosa potresti perderti. È sempre meglio passare qualche minuto in più ad aspettare in riva all’Oceano, ed è proprio così che si è materializzata questa session magica e completamente inaspettata. Le previsioni davano pioggia e 10 nodi di vento in calo durante la giornata. Nulla di surfabile insomma. Grazie ai nuovi materiali, però, il range di condizioni surfabili è aumentato in maniera eccezionale. Qualche anno fa o c’erano almeno 25 nodi o non era fattibile… e più di qualche volta mi è successo di


TESTO DI Sylvain Demercastel 81

È GIÀ DA UN BEL POʼ DI TEMPO CHE CONTINUO A GIRARE IN LUNGO E IN LARGO PER I SETTE MARI, CERCANDO LE ONDE PERFETTE. A VOLTE PERÒ È OPPORTUNO RICORDARSI CHE I TESORI POTREBBERO ESSERE PROPRIO DIETRO LʼANGOLO. SI SENTE SEMPRE IL DESIDERIO DI SPINGERSI SEMPRE PIÙ IN LÀ. LA RICERCA DELLO SPOT PERFETTO TI PUÒ PERFINO PORTARE DALLA PARTE OPPOSTA DEL GLOBO… MA SE SOLO APRISSI UN POʼ GLI OCCHI, E AVESSI UN POʼ PIÙ DI PAZIENZA, ASPETTANDO E STUDIANDO CHE LE CONDIZIONI SI ALLINEINO… LA SESSION EPICA PUOI FARLA PROPRIO SUL TUO HOME SPOT, NEL TUO PAESE. ASSIEME AI TUOI MIGLIORI AMICI E NEL GIRO DI QUALCHE KM DA CASA TUA.


Yann Sorlut in Aerial sulle onde di casa.

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mettermi alla guida per ore, fiducioso, per poi venir distrutto alla visione di condizioni opposte a quelle previste. Fortunatamente per noi, però, le previsioni si sono completamente sbagliate. Il cielo è blu e il vento è costante, forte e dalla direzione perfetta. Il local per eccellenza, Yann Sorlut, inizia la giornata molto presto. Le previsioni danno il vento in calo durante il giorno, quindi non c’è tempo da perdere! Armiamo le vele 2012... Yann me ne ha prestata una che non avevo ancora ricevuto. E siamo così pronti ad assaporarci al massimo uno di quei primi giorni d’inverno in cui la Normandia regala tutto quello che può, senza fare il minimo sforzo. Ci godiamo al massimo le previsioni sbagliate. Già il giorno precedente siamo riusciti a fare una mini-session di un’ora con vento perfettamente side-offshore, venuto dal nulla. Ho molti amici in questa zona e sanno esattamente quando ogni spot potrebbe funzionare e dove sarà meglio. Invece di calare come da previsione, il vento continua ad aumentare durante il pomeriggio. Non mi sento più le braccia. Yann è super allenato e può tranquillamente affrontare session di 5 ore. Senza batter ciglio. Dispensa anche qualche consiglio importante a chiunque chieda. È un maestro di educazione fisica ed anche un ottimo sparring partner! Chiunque sia così fortunato da uscirci insieme ha il privilegio di migliorare molto più velocemente. Pianto il rail in un’altra onda blu mentre il mio corpo comincia a non rispondere più… devo tornare a riva. Il parcheggio è pieno di gente entusiasta che condivide la felicità di questa session inaspettata e spettacolare... chiunque ha la sua piccola versione di questa session. Gira tutto intorno al windsurf. È proprio lo spirito dello sport che ci ha portato qui e

ci droga delle sensazioni che solo questo nostro sport ci sa dare. Momenti indimenticabili sia in acqua che fuori. La Normandia è una zona della Francia davvero eccezionale. Può essere molto noiosa e piovosa. Gli amanti delle città sicuramente non sarebbero a loro agio in questa zona. È anche il posto perfetto per le session più estreme, pesanti e spesso inaspettate. Devi imparare a considerare e convivere con l’estrema escursione della marea, passando lunghi periodi di attesa e a volte quasi intere stagioni senza un alito di vento. A volte però capita che tutto si allinea alla perfezione e puoi avere alcune delle sorprese più eccezionali. Si può controllare la costa dall’alto di Hatainville. Controllare lo swell a Siouville. Uscire con vento più forte a Sciotot. Tutta la zona di Cherbourg offre una grande varietà di condizioni di vento e onda. Bisogna infatti andare in quella zona finchè il vento aumenta. Non c’è nessuna garanzia. Ma che garanzie si possono avere in generale quando si tratta di previsioni del tempo? Il giorno famoso che tutti sognavamo ma nessuno si aspettava si è infatti concretizzato con due giorni d’anticipo rispetto alle previsioni migliori. Sicuramente la session più eccezionale, memorabile e inaspettata dell’intero inverno. So già che ripenserò a questa session quando sarò a spasso dall’altra parte del mondo. Probabilmente mi aiuterebbe anche ad abbandonare un paradiso tropicale con meno problemi, eccitato di tornare a casa. L’unica verità però è che è sempre bello tornare a casa propria, indipendentemente da quanto si abbia girato il mondo.


Distributore Italiano: Pandora srl - info@pandorasrl.net


Faq Sommario 84

DIDATTICA

PAG. 86

DI Gigi Madeddu Il forte local di Sa Barra ci spiega alcune cose fondamentali da sapere per tutti quelli che stanno pensando di approcciarsi al freestyle e vogliono farlo nel modo giusto, senza perdite di tempo e in sicurezza.

FREESTYLE

PAG. 88

DI Mattia Pedrani Continuiamo ad alzare il tiro e se imparerete questa combinazione siete pronti per il PWA! Mattia ci spiega come arrivare a fare una manovra davvero spettacolare e tecnica.

CRASH OF THE MONTH

PAG. 90

DI Jason Polakow Un wipe out a Jaws non è mai da sottovalutare, a rischio anche della propria vita. Mr. Polakow è uno specialista di cadute e situazioni estreme e ci racconta una delle sue ultime pazzie.



Faq Didattica 86

GIGI MADEDDU, IL FORTE FREESTYLER SARDO LOCAL DI SA BARRA (VEDI SPOT GUIDE SU FUNBOARD N° 144), INIZIA DA QUESTO NUMERO UNA RUBRICA DEDICATA ALLʼAPPRENDIMENTO DELLE PRIME MANOVRE DEL FREESTYLE, SU COME APPROCCIARSI ALLA DISCIPLINA, COME ARMARE IL MATERIALE E TANTE ALTRE CURIOSITÀ INTERESSANTI. INIZIAMO ORA A CAPIRE COME CI DOBBIAMO PREPARARE ALLA NOSTRA USCITA IN FREESTYLE.

Testa e corpo. Poi la tecnica. La disciplina del freestyle si può tradurre in questi tre elementi, tutti di fondamentale importanza. La ricerca di nuove manovre sempre più radicali sta portando il windsurf a un livello incredibile. Grazie ad esso le nuove generazioni di windsurfisti trovano il divertimento nelle acque vicino casa senza il bisogno di andare a cercare le condizioni epiche. Il livello così alto, tuttavia, fa perdere motivazioni a molte di quelle persone che si avvicinano ad esso. Per vari motivi faticano a progredire, decidendo quindi di mollare. Nel corso degli anni però la tecnologia è venuta in aiuto permettendo alle aziende di produrre materiali super performanti facilitando e velocizzando l’apprendimento. Grazie ad internet, poi, è possibile vedere video di rider di qualsiasi livello, potendone studiare i movimenti al rallentatore per carpire i segreti dei trick che vogliamo imparare. Ormai ognuno di noi ha la possibilità con un pc, un tablet o uno smartphone di nuova generazione, di visualizzare i video delle singole manovre creando una sorta di “istruttore virtuale”… Ndr: e di scaricarsi le faq delle vostre manovre preferite nella sezione dedicata su funboardmag.com ASPETTO TECNICO Il trim del materiale da freestyle è uno degli elementi fondamentali per progredire. L’attrezzatura deve calzare a pennello su ognuno di noi per dare la sicurezza necessaria per provare le manovre. È molto personale, perché ci aiuta a stare più a nostro agio con il materiale e a far crescere la sintonia con esso con il passare delle uscite. Io stesso se prendo il mio materiale trimmato da un altro vado sicuramente incontro a delle difficoltà. Per trovare l’assetto ideale si deve partire da concetti chiari. L’attrezzatura di ultima generazione ci permette di partire da un trim consigliato dalla casa produttrice, soprattutto nel caso della vela, e ci indica con precisione le tensioni di bugna e caricabasso. Io amo le vele montate a “pallone”. Questo perché mi danno più stabilità, sentendo una pressione costante del boma nelle mani. Per le manovre moderne avere la balumina troppo negativa non è ideale, mentre per quelle base la tensione dipenderà da come vi sentirete voi con il vostro materiale in mano. L’idea generale è quella di avere una vela molle, motivo che ha spinto molte aziende ad orientarsi sul vele a 4 stecche anche per il freestyle. Il boma va regolato a seconda della propria altezza, in qualsiasi posizione mette in evidenza dei pro e dei contro. Ogni rider ha la sua teoria. Qui lascio a voi la scelta! Per quanto riguarda la tavola il discorso è più semplice anche se dipende dalle vostre caratteristiche fisiche. Un rider di bassa statura utilizzerà un passo tra strap di prua e strap poppa più stretto, un rider più alto ovviamente avrà un passo più largo. La cosa fondamentale è sentirsi comodi sulla propria tavola. Di norma le strap, a prescindere che si usino calzari o meno, vanno tenute larghe sul collo e strette sui lati. Questo fa sì che in cadute rovinose il piede non faccia mai perno sulla strap ma possa ruotare all’interno di essa evitando piccoli infortuni. All’inizio vi sentirete scomodi ma con il passare delle uscite vi abituerete e non potrete più farne a meno. Il piedino, ad occhio, va messo a due palmi dal tassello interno delle strap di prua, prendendo come riferimento il perno. In questo modo avrete il rig abbastanza vicino e sentirete tutto molto più compatto. Per quanto riguarda la pinna c’è l’imbarazzo della scelta. Ci sono tantissimi produttori che propongono un modello freestyle e ormai le tavole di serie offrono pinne di qualità. La misura solitamente si aggira intorno ai 18-20 cm, il giusto compromesso tra portanza e slide.

Il passo della strap: largo sul collo del piede e stretto sui lati.

ASPETTO PSICOLOGICO La mente è l’unica cosa che può impedire l’apprendimento. Ecco perché è importante tenerla sempre allenata e concentrata su quello che si fa. La paura di una persona di età media è sicuramente superiore rispetto a quella di un ragazzo. Ma la paura di farsi male è comune a tutti, chi più chi meno, e dobbiamo superarla. Un approccio corretto ad ogni tipo di trick è dato sicuramente dalla preparazione a terra. Anni fa le videocassette ci aiutavano a imparare. Ora tra sequenze nelle riviste, spiegazioni dei rider, video su internet e persone che le hanno imparate prima di noi, abbiamo un “istruttore virtuale” sempre al nostro fianco. Prima di lanciarvi in spettacolari cadute, quindi, è ideale studiare a casa. Usate, se possibile, un po’ del vostro tempo libero per guardare i video. Ogni rider ha un suo stile. Ogni inquadratura ha un segreto. Ogni fotogramma potrebbe aiutare il vostro cervello a far scattare la molla e trovare la vostra chiave per arrivare al risultato. Non fermatevi al primo che trovate, ma guardatene diversi. Personalmente tendo sempre suddividere le manovre in varie parti.


TESTO DI Gigi Madeddu 87

LUIGI MADEDDU – SAR 3 È un freestyler incallito, quasi maniacale nello studio delle manovre. Sempre tra i primi in Italia in tutte le competizioni, nel sud della Sardegna è divenuto ormai un guru. Il suo spot, Sa Barra, offre condizioni perfette per la disciplina più tecnica del windsurf. La sua passione sfrenata per questo sport lo ha portato ad aprirsi una scuola, il Windsurf Club Sa Barra, per fare del suo sogno la sua vita. I suoi sponsor sono: North Sails, Fanatic, Gas Fins, Arbeke, Fausat.it e www.windsurf-santantioco.com.

STUDIO: • direzione della manovra rispetto alla direzione del vento • posizione e movimenti delle mani • movimento delle gambe • movimento del busto Tutto ciò mi porta a guardare i video così tante volte da arrivare ad immedesimarmi nel rider stesso. Cercate di imparare le manovre immaginando una lunga scala di fronte a voi. Ogni manovra è un piccolo gradino. Pretendere di imparare una manovra di qualche gradino superiore rispetto al vostro può solo portarvi a perdere tempo e ottenere risultati parziali. Imparate a tenere alta la concentrazione e non mollare mai. Solo con entusiasmo e tenacia si arriva giorno dopo giorno al risultato sperato. Importante è divertirsi a cadere, ma nel modo giusto. Guardate i rider più bravi di voi per cercare di carpire i loro segreti. Chiedete senza vergogna un aiuto ai più bravi. Nei miei allenamenti all’estero i ragazzi che fanno coppa del mondo come Taty e Tonky Frans, Kiri Thode, Steven Van Broeckoven e Gollito Estredo mi hanno sempre aiutato rispondendo alle mie domande e dispensando consigli che ancora oggi mi porto dietro. Cercate di immedesimarvi nei video che avete studiato in modo da copiare inconsciamente gli stessi movimenti. In questo modo riuscirete prima a capire i vostri errori. Una volta capito dove state sbagliando cambiate immediatamente modo di provare la manovra. Sbagliare ripetutamente per mesi nello stesso modo ci porta inconsciamente a metabolizzare l’errore e quindi a ritenere che quella sia la giusta strada, ma non otterremo nulla. Quindi, meglio ricominciare da capo. ASPETTO FISICO Mens sana in corpore sano! Il vostro corpo può esservi d’aiuto nell’imparare, ma solo se sarete fisicamente pronti. Il windsurf stesso è un allenamento. Nei periodi di piatta, però, ideale sarebbe fare una qualsiasi attività fisica che ci porti a fare fiato e tenere i muscoli preparati all’uso. Ma soprattutto si prevengono infortuni, che per tutti noi rappresentano un incubo costante! Spesso si va in acqua senza la giusta preparazione fisica e il giorno dopo l’uscita si fa fatica anche solo ad alzarsi dal letto. E in caso di ulteriore vento non si ha la forza per divertirsi ancora. Durante l’anno, oltre al windsurf, vado in palestra. Faccio 3 allenamenti settimanali in sala pesi e 2 giorni li dedico ad un corso di step coreografico e totalbody. I pesi aiutano a rinforzare i muscoli, lo step a fare fiato e tenere la mente lucida nei momenti di affaticamento. Quando hai il fiatone, è questione di un attimo perdere la concentrazione e andare nel pallone. Con lo step devo ricordare la coreografia in modo lucido sottosforzo, facendo un’attività aerobica. Vi confesso che all’inizio è stato difficile, ma poi ho pensato che se riesco a fare freestyle, lo step non può essere un ostacolo così insormontabile! Adesso, passati due anni, ho iniziato a divertirmi non dimenticando mai il motivo che mi spinge a farlo. Se andate a fare windsurf, e il vento non dovesse essere ideale, sfruttate quei momenti per migliorare la vostra tecnica di base. Entrate in acqua e trickettate finché non vi viene mal di testa a forza di girare attorno al piede d’albero! Anche questo è allenamento, sia

fisico che tecnico. E vi darà sicurezza e sensibilità sulla tavola. Tante manovre si imparano con il vento leggero prima di metterle in pratica con il vento forte. Il piedino va messo a due palmi dal tassello interno delle strap di prua.

RIASSUMENDO Prima cosa fondamentale tenete il cervello sveglio, concentrato e allenato. Studiate più che potete le move fuori dall’acqua. Trimmate bene il vostro materiale e tenete attivo il vostro corpo. E cosa fondamentale DIVERTITEVI più che potete!!! Il freestyle potrebbe essere inteso anche come “passione a cadere”. Trovate gioia nel farlo. Anche nei giorni più freddi cercate in acqua il vostro sorriso! Il vostro entusiasmo è il motore che vi farà raggiungere i risultati sperati. Per le manovre moderne avere la balumina troppo negativa non è ideale.


Faq Freestyle 88

WELCOME TO COMBO-LAND! DOPO LA PRESENTAZIONE DELLA BURNER SEMPLICE SULLO SCORSO NUMERO, È ORA DI ALZARE LA POSTA IN GIOCO, RENDENDO IL MIX PIÙ APPETITOSO. IN GENERALE, UNA ROTAZIONE IN PIÙ NON GUASTA MAI, QUINDI SE CHIUDI LE BURNER TRANQUILLAMENTE, PUOI PENSARE DI ATTACCARE UN ALTRO 360 ALLA ROTAZIONE DI 540 GRADI, OTTENENDO UNA BURNER 900. IDEALMENTE, SAREBBE ANCORA MEGLIO FARE UNA BURNER INTO FUNNELL, CIOÈ RISALTANDO ALLʼATTERRAGGIO E NON SLASHANDO LA SECONDA PARTE DELLA COMBINAZIONE. QUESTA IN SEQUENZA, IN VERITÀ, È UNA BURNER INTO FUNNELL, MA DATO CHE NON SI VEDE TANTO BENE IL SECONDO STACCO, LA DOWNGRADDO SPONTANEAMENTE A BURNER 900. 2 REGOLE AUREE: MAI RUBARE I TRICK E CHIAMARE LE COSE COL LORO NOME.

HOW TO DO La rotazione dopo il passaggio in duck ricorda molto lo Switchy 900 che avevo spiegato nel numero scorso, però il passaggio, personalmente è una difficoltà notevole, specialmente in queste condizioni così avverse e il rinomato chop da motocross a Malcesine. Sparati al traverso a tutta velocità e appena trovi una zona d’acqua un po’ più liscia, lasca leggermente per metterti in switch stance e, appena ripreso il controllo, esegui il passaggio in duck sottovento alla vela. Infila l’albero nel vento con il braccio anteriore per poi lasciarlo andare e prendere il terminale. Molla poi anche quello posteriore e tira la bugna della vela verso poppa oltre la tua testa, cercando di proiettarti in avanti col corpo e ritrovarti in planata piena in switch controvento, preparandoti allo stacco. Il passaggio in duck è particolarmente critico, in quanto la vela deve restare in piena potenza, in modo da generare abbastanza spinta e momento non solo per farti girare la parte aerea della Burner, ma per poterti poi permettere di ristaccare una volta atterrato. Porta l’albero in avanti col braccio anteriore, mentre spingi con forza sulla bugna per far letteralmente sollevare la tavola dall’acqua. Appena la tavola comincia a staccare, spingi sulle gambe e porta l’albero verso poppa con violenza, girando testa e spalle sottovento come per un Ponch, o in questo caso una normale Burner. È

fondamentale cercare di staccare quasi al traverso pieno, in modo da riatterrare ancora in potenza e poter staccare nuovamente. Una volta che la vela passa nel vento e la rotazione aerea sta per finire, cerca di piegare le gambe sia per ammorbidire l’atterraggio che soprattutto per caricare nuovamente la tavola e farla schizzare nella seconda rotazione. Tieni il peso il più centrale possibile, atterrando nella stessa identica posizione in cui avevi cominciato la Burner. Se hai fatto tutto correttamente, a questo punto, la vela sarà ancora piena e avrai ancora inerzia sufficiente a staccare nuovamente. Se così non fosse, a meno di non essere completamente impiantato, puoi comunque innescare la seconda parte della combinazione facendo andare la tavola in spinout e girando gli altri 360°. Cerca di spingere sulle gambe per staccare nuovamente into Funnell, male che vada finirai comunque per scalciare la tavola sottovento, facendola slidare per il passaggio della bugna nel vento e l’alleggerimento sulla pinna. Infila ora l’albero nel vento, aspettando che la vela riprenda potenza controvento e ti permetta di ultimare la rotazione slashata o risaltata di 360°. Stendi le gambe verso poppa e scarica il peso nel boma, continuando a girare testa e spalle sottovento per completare il trick come una backwind jibe. Burner 540 + 360 o meglio Funnell = Burner 900 o into Funnell.


TESTO DI Mattia Pedrani | FOTO DI Valerio Pedrani | RIDER Mattia Pedrani | LOCATION Malcesine, Lago di Garda 89

MATTIA PEDRANI I-00 Freestyler e waver dalle indiscusse capacità tecniche, i suoi video lo dimostrano chiaramente. Campione Italiano Freestyle 2008 e appassionato di Rap, le sue canzoni fanno da colonna sonora ai sui cliccatissimi video. Trasferitosi al Lago di Garda ormai da alcuni anni è un assiduo frequentatore di Malcesine e del Pier, anche quando le temperature sarebbero più appropriate ad uscite sulla neve con lo snowboard. I suoi sponsor sono: Starboard, Simmer Sails, MaverX, AL360, Scorpion Bay, PierWindsurf, Windcatcher, Circolo Surf Torbole, Residence VerdeBlu.

Io consiglio sempre di andare a palla e convinti per la Burner into Funnell, poi male che vada si downgradda a Burner 900. In ogni caso è una combinazione FU PAWA! STEP BY STEP Foto 1-2: Vai a tutta velocità al traverso e passa sottovento alla vela, cercando di farlo con precisione chirurgica, in modo da mantenere la massima potenza e proiezione necessarie per completare correttamente il trick. Foto 3-4: Una volta che impatti il choppino a tutta velocità, stendi le gambe per far staccare la tavola, cominciando portare l’albero verso poppa e spingendo con forza sulla bugna col braccio posteriore. Gira testa e spalle verso poppa, ed esplodi nella rotazione aerea della combo. Foto 5: Buttati col corpo sopra alla vela, come in un Ponch, e scalcia la poppa sottovento, cercando di non far toccare la prua della tavola, che potrebbe fermare la rotazione e farti perdere troppo velocità ed inerzia. Resta sopra al materiale e ritirati la tavola sotto per prepararti all’atterraggio. Foto 6-7: Questa fase di atterraggio è molto delicata ed è proprio qui che hai un centesimo di secondo per decidere se risaltare nuovamente into Funnell o slidare into

900. In generale, io cerco sempre di risaltare into Funnell, così se mi dovesse andar male il colpo, come in questo caso, avrò comunque abbastanza momento ed inerzia per innescare la slidata. Foto 8-9: Porta poi il peso da poppa a prua, appendendoti nel boma e lasciando che la bugna passi nel vento. Cerca di alleggerire la pinna in modo che la tavola slashi liberamente, dato che ormai non riesci più a risaltare, allora la rotazione slashata dovrà essere fluida. Spingi l’albero nel vento e stendi le gambe verso poppa, portando il peso a prua. Foto 10-12: Resta centrale col peso e controlla la potenza della vela controvento col braccio posteriore, continuando a girare la testa sottovento nel senso di rotazione e completa il trick come una Flaka, o una normale backwind jibe. Stavolta ci sei veramente andato giù pesante! DRITTE ED ERRORI Per questa manovra è importante trovare le condizioni di acqua giuste, possibilmente con vento costante e piuttosto forte, in quanto è facile perdere velocità durante il passaggio, lo stacco e l’atterraggio. Cerca di staccare alto e veloce, in modo da poterti concentrare sulla seconda parte del trick, fino a risaltare più alto del primo.


F@#K Crash of the month 90

QUESTO MESE SI AGGIUDICA QUESTA RUBRICA IL PAZZO SCATENATO JASON POLAKOW. CHE SIA FUORI DI TESTA LO ABBIAMO SEMPRE SAPUTO E I SUOI ULTIMI ARTICOLI PUBBLICATI SULLE PAGINE DI FUNBOARD LO DIMOSTRANO CHIARAMENTE. QUESTA VOLTA PERÒ MR. JP SI È SUPERATO, NON TANTO PER IL BELLISSIMO WIPE OUT DELLA SEQUENZA, BENSÌ PER COME HA RISCHIATO DI FINIRE MOLTO MALE PER UN SEMPLICE PROBLEMA TECNICO…

JAWS TURNS ON AGAIN: Jaws torna a lavorare ancora una volta prima dell’arrivo di febbraio. Il 30 gennaio mi trovavo in palestra verso le 10:30 del mattino quando ho ricevuto la chiamata di Erik Aeder che mi informava che gli avevano detto che c’erano dei paddle surfer sul line up di Jaws. Lo swel era previsto che arrivasse solo l’indomani mattina così ho deciso comunque di finire il mio allenamento e dopo vedere cosa sarebbe successo. Ho chiamato Erik intorno alle 11:00 per chiedergli se aveva qualche nuova informazione su quello che stavano facendo i paddler. Mi ha risposto dicendomi che c’erano onde che rompevano sui 15-18 piedi (50 piedi di face…) e che stavano pulendo il line up. Sono subito entrato in panico e ho guidato più veloce che potevo per tornare a casa per organizzare il mio materiale e andare poi giù alla spiaggia per prendere il mio jet ski al rimessaggio. Nell’agitazione del momento ho dimenticato di controllare il pieno di benzina del jet ski. Avevo 45 minuti di navigazione che mi aspettavano e dopo solo 5 minuti la benzina stava già per finire. Ho dovuto prendere una decisione veloce su cosa fare, se

tornare in dietro per rifare il pieno, oppure rischiare e proseguire verso Jaws. I set più grossi stavano iniziando a rompere sul reef così ho deciso di proseguire. Mi sono detto che se al massimo fossi rimasto senza benzina potevo ancorare il jet ski fuori e ritornare in spiaggia a nuoto. La fortuna è stata dalla mia parte e sono riuscito ad arrivare sano e salvo fino a Jaws. C’erano fuori solo 5 paddle surfer. Brawzinho ed io abbiamo avuto due ore in solitudine di action insieme ai paddler che affollavano il take off. Molti di loro li conoscevo bene, così eravamo tutti molto rilassati e potevamo droppare l’onda il più profondo possibile. È stata una delle mie session con le onde più pulite che mi ricordo da diverso tempo. Le onde erano così lisce che potevi fare dei bottom perfetti. È una delle sensazioni più belle al mondo poter andare giù da una parte di 50 piedi e poter schiacciare sui rail con il massimo della tua forza. È come fare snowboard su una meravigliosa parete di una montagna perfettamente innevata con solo neve fresca da solcare! Uno degli highlight del giorno è stato un aerial che ho provato. È molto spaventoso posizionarsi così


TESTO DI Jason Polakow | FOTO DI Tracy Kraft-Leboe | RIDER Jason Polakow | LOCATION Jaws, Maui, Hawaii 91

JASON POLAKOW KA 1111 Un Peter Pan del nostro sport, di origini australiane vive da anni a Maui-Hawaii in una bellissima villa tra Paia e Spreckelsville. Malato terminale di sport adrenalinici, nel suo DNA c’è il motocross, specialmente i big air dalla rampa, e il waveriding su onde gigantesche. Attualmente sta portando il livello del big waveriding dove non si era mai visto, con entrate sempre più profonde e aerial vertiginosi. Quando lo swell non è adeguato e le piste da cross sono chiuse, passa le sue giornate in palestra e alla sera si diletta con interminabili downwind con il SUP da Peahi fino davanti a casa sua, tanto per rimanere in forma! I suoi sponsor sono: JP, Neil Pryde, Oxbow, RedBull.

in profondità specialmente con lo swell da ovest. Devi posizionarti perfettamente per poter colpire il lip e volare in un grande aerial. Ho provato a entrare nell’inside ma con la direzione così da ovest e il vento rafficato ho colpito il lip e sono volato in aria troppo in alto, ho perso il materiale e ci sono atterrato sopra. Posizionarsi bene per un grande aerial a Jaws per me è una delle cose più spaventose ma che mi da una scarica di adrenalina indescrivibile. Ho preso altre 5 buone onde prima che il vento cambiasse direzione nel tardo pomeriggio. Altri windsurfer hanno raggiunto il line up verso le 16:30 ma il vento è diventato troppo off shore rendendo molto difficile prendere le onde. Con una buona session di due ore già nelle mani ho deciso di fermarmi intorno alle 17:30 e di affrontare quindi il mio altro piccolo problema. La poca benzina nel serbatoio del mio jet ski! Ho iniziato a impacchettare il materiale per tornare prima del tramonto ma l’ancora del jet ski si era bloccata sul fondale. Ho dovuto così tagliare la cima dell’ancora, la situazione si è fatta ancora più pericolosa perché a quel punto non avrei avuto modo di ancorare il jet

ski se fossi rimasto senza benzina durante il tragitto del ritorno. Sono tornato indietro lentamente con il supporto di un altro jet ski fino a Maliko, dopo di che sono rimasto da solo con ancora 7 miglia da fare nell’oceano. Ho pensato di rientrare a Maliko con lui ma ancora una volta ho deciso di proseguire. Ho pensato che se fossi riuscito ad arrivare fino a Mama’s Fish House ero salvo. Ho proseguito lungo la costa e i set erano sempre più grossi. Ho visto onde da 20 piedi rompere da Turtle Bay fino a quando potevo vedere in lontananza verso l’aeroporto. Queste ultime miglia sono state molto spaventose e stava iniziando a diventare buio, non avevo l’ancora e i set erano enormi. Se avessi finito la benzina probabilmente non sarei riuscito a tornare in spiaggia a nuoto. Con molta fortuna sono entrato nel reef interno all’altezza di Mama’s Fish House e ho proseguito nel buio fino a Camp One dove avevo il rimessaggio del jet ski. Ogni giorno imparo qualche cosa e questa volta ho ricevuto una grande lezione, che posso tornare ancora a Jaws con il serbatoio vuoto, prossima volta magari potrei fare ancora meglio!


Spot guide 92

Passione pura, ecco come definirei questo wave rider piemontese. In qualche riga, se possibile, vi voglio presentare Alessandro, un ragazzo che solo da qualche anno ha iniziato a fare windsurf e che in breve tempo ha raggiunto un livello di tutto rispetto, soprattutto tenendo presente che è un “lavoratore normale”, ovvero che ha a disposizione per il windsurf solo il week-end e le ferie. Prima di lasciarvi alle sue parole dove da ogni riga si può intuire la sua enorme passione verso questo sport vi racconto una breve storia. Qualche anno fa il buon Alessandro era stato trasferito per lavoro a Bursa in Turchia, in un posto talmente lontano che ci metteva un giorno intero per tornare a casa, perché nel weekend era d’obbligo fare windsurf! Quindi Ale partiva da Bursa venerdì mattina e dopo aver preso nell’ordine, macchina, battello, macchina, due aerei e il taxi, arrivava alla sera tardi a Torino dove c’erano pronti con la macchina carica i suoi amici per andare insieme o in Francia o al Lago di Garda. Due giorni di windsurf, rientro domenica sera e ripartenza per Bursa il lunedì mattina. Martedì Ale era al lavoro in giacca e cravatta pronto a rifare tutto questo il venerdì successivo. E così è stato per un anno dove Alessandro ha surfato quasi ogni weekend. Per fortuna ora è tornato a lavorare a Torino… “Ahia, è molto più grossa dell’altra. Romperà prima! Al lasco e inizia a pompare: subito!!!”. Questo è stato quello che il mio istinto mi ha detto di fare. E l’ho fatto subito. L’ho fatto senza mai guardarla. Un po’ per paura. Ma soprattutto per rispetto. Ma quel subito, a causa del pochissimo vento che non mi ha fatto prendere la planata rapidamente, è

durato un’eternità. Ecco. Ora ci sono. Ho infilato il secondo piede nella strap e sto cercando la massima velocità. Ora mi sento più tranquillo e posso finalmente guardarla. È elegante, pulita e veloce. Pensare che sia solo veloce mi pare riduttivo. Non ho mai visto una tale massa d’acqua così da vicino avanzare così rapidamente. Lo spessore del lip è impressionante. L’espressione stessa della potenza. Come direbbero gli inglesi: “massive”. Mi sembra di essere su una pista da sci, di quelle larghissime e appena fresate, ma anziché in discesa sono in salita. La bellezza di quest’onda che mi si srotola davanti, mi ha completamente distratto dalla situazione in cui sono finito. “Se all’ultimo momento non riesci a passare buttati sopravento e allontana il più possibile il rig da te”. Il mio istinto torna a farsi sentire e mi fa ritornare con i piedi per terra… ehm, nelle strap! Altro che doccia gelata. Sono passato dall’ammirare un’opera d’arte della natura con il sorriso sulle labbra a guardarla come un nemico della mia attrezzatura, il tutto in un respiro. Paura. Questa è l’unica sensazione che riesco a distinguere da tutte le altre dentro di me. Paura di non riuscire a passare l’onda. Paura della frullata. Paura di spaccare tutto il rig. Paura di nuotare per mezz’ora inseguendo l’attrezzatura nella baia come avevo visto fare a Marcilio Browne l’anno prima al Capo. Ho fissato un punto sul lip e ho cercato di essere il più veloce possibile. Meno male che sono mura a destra. Forse ho qualche probabilità in più di farcela. Mura a destra nel bordo a uscire in Sudafrica? Che fortuna per Alessio! Fin dalla mia prima vacanza in Sudafrica nel 2009 ho provato la sensazione di fare un


TESTO DI Ale Venice | FOTO DI Maghi 93 Il Bottom di Ale in un’epica giornata di inizio anno in Sudafrica... mentre gli amici lo tengono sotto stretta sorveglianza.

altro sport rispetto a quello che fino a quel momento avevo considerato windsurf. Le onde con la “O” maiuscola, la loro velocità e l’emozione del down-the-line “a fuoco”. Ed è stato questo che mi ha spinto a tornarci per tre anni consecutivi, cercando di convincere ogni volta il mio “fratello d’onda” Alessio a fare un’uscita insieme nelle onde sudafricane. “Mah, non so, tutta quella strada… se poi non fa condizione… e poi lo sai, surfare destro avanti non è la mia posizione preferita”. Alla fine si decide a venire anche lui a Cape Town. Anche se le date non coincidono riusciremo comunque a passare una settimana insieme. Atterra il primo dell’anno e le previsioni per il giorno dopo danno NW: sono sempre uscito col SE, ho visto tanti spot diversi… ma è la prima volta che mi capita il NW! E così, come sempre succede quando le previsioni “chiamano”, ci si sente per definire quale spot lavorerà meglio. Miki dice Whitsand e, come sempre ho fatto in Sudafrica, mi affido alla sua decisione. La mattina seguente, mentre percorro la bellissima e suggestiva strada che da Cape Town porta allo spot scelto, cerco di immaginare come si presenteranno le condizioni con il vento girato dall’altra parte. Quando arrivo sono già tutti lì, compreso Alessio, atterrato la notte prima. “Hai fatto cambiare direzione al vento… maledetto… !”, gli dico ridendo. Le macchine sono tutte parcheggiate sul ciglio della strada, tantissime, tutte a strapiombo sulla costa. Proprio sotto di noi un sentiero ripido porta alla spiaggia, mentre all’altezza del nostro sguardo l’oceano si stende fino all’orizzonte, con onde belle grosse, a set, ben distinguibili anche al largo. Sulla destra si trova un promontorio, una lingua di terra che pare messa lì apposta per girarle e distenderle bene. Sulla sinistra la spiaggia non esiste: solo rocce che pian piano salgono su in verticale. Proprio lì,


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sottovento, 200 metri fuori, ci sono le onde più grosse e pulite che abbia mai visto né tantomeno surfato. Le vele in acqua sono poche rispetto al numero di windsurfisti presenti sullo spot. La maggior parte si concentra sopravento, vicino al promontorio. Che condizioni!!! Continuo a guardare le onde sottovento, ne sono attratto e voglio provare ad andare proprio lì. Non so se sarò in grado di divertirmi in quelle condizioni, o se farò solo una gran fatica, ma ci voglio ugualmente provare. Presa la decisione, mi metto ad armare guardando con molta attenzione a ciò che succede nella wave-zone sottovento, ma non c’è nessuno che ci surfa e che mi possa fare da riferimento. Lì le onde non hanno un canale d’uscita regolare. Ogni tanto qualcuna si spacca verso la fine e ti permette di uscire. In tutti gli altri casi bisogna lasciarla prima che rompa altrimenti le schiume ti portano troppo vicino a riva, dove non c’è neanche un nodo di vento e si finisce a rocce. Alla fine, anche se per Alessio è il primo giorno in Sudafrica, ci troviamo in uno spot nuovo per entrambi e, a differenza mia, con le sue mure preferite.


Alessandro in full down the line a Witsands.

WITSAND – SPOT GUIDE COME ARRIVARE: Da Cape Town prendere la M5 fino a Muizenberg, poi M4 direzione Sud (Cape Point); arrivati a Fish Hoek girare a destra sulla Kommetjie Rd (M65) e seguire le indicazioni per Table Mountain National Park. Superato Imhoff’s Gift, dopo circa 5km, si trova lo spot, un attimo prima di Misty Cliffs. Al rientro invece consiglio la litorale della West Cost, la M6, molto suggestiva per il panorama e lo skyline su Hout Bay, teatro di alcuni film. Tappa obbligatoria è Camps Bay, dall’aperitivo fino a notte fonda.

QUANDO ANDARE: Il periodo migliore è da metà dicembre a metà marzo, quando il SE soffia bene e arrivano gli swell. Ogni tanto però regala condizioni molto belle col NW mure a dritta.

ATTREZZATURA: Wave e dalla 5 in giù. ONDE: Con il NW entrano a set abbastanza regolari, quasi sempre close-out su tutta la baia. Sopravento più piccole ma ancora più pulite e tubanti, sottovento più grosse. Non c’è un canale di entrata/uscita, per cui prestare molta attenzione quando si decide di lasciare l’onda che si sta surfando.

RACCOMANDAZIONI: Con il NW entrare in acqua dal lato sopravento, per poi scendere progressivamente sul lato sottovento; qui fare attenzione a non avvicinarsi troppo a riva e a non sbagliare. Il vento è bucatissimo e molto debole e si rischia di finire a rocce. ACCOMODATION: Per la vostra vacanza a Cape Town rivolgetevi alla mitica Sheree Brown di capetownguru.com (e-mail: sheree@capetownguru.com), vi organizzerà tutto: macchina, casa (diverse possibilità a seconda del budget, dalla guest house alla villa sul mare), noleggio surf e SUP e qualunque altra cosa di cui avrete bisogno. Fortemente consigliata!

Entriamo in acqua dal lato sopravento, dove sembra essere più facile e riusciamo a superare i frangenti solo al secondo tentativo. Facendo i primi bordi cerco di prendere confidenza con lo spot nella zona sopravento per capire come lavorano le onde e solo dopo mi avvicino con cautela alla parte sottovento. Quando faccio il bordo ad uscire ne approfitto per recuperare energia, scaricare l’adrenalina per la surfata appena fatta e riposizionarmi sulla line-up. Per recuperare tutta l’acqua che si perde surfando devo andare molto fuori, in mare aperto. Una volta riposizionato non posso sbagliare strategia: devo scegliere l’onda giusta del set, quella che non abbia una sorella maggiore dietro pronta a mangiarmi, controllare chi sta uscendo, valutare anche gli imprevisti. Una partita a scacchi. Tutto questo per i pro, come Tilo Eber (G-414) che si è messo a surfare insieme a noi, è naturale. Per me no. E se a questo aggiungete la paura che ho di sbagliare (perché in quelle condizioni significa rompere e finire la giornata), vi assicuro che la stanchezza diventa una componente non indifferente. Ci siamo: la sento che cresce sotto di me. In

un attimo sono così in alto come non lo sono mai stato prima. Capisco che quello è il momento giusto per partire e mi lancio giù dall’onda. Vado veloce. E l’onda pure. Un muro d’acqua che avanza dietro di me. Quando arrivo nella sua pancia e abbasso la vela per fare il bottom mi ritrovo davanti più di un albero pronto a rompere. Mi rendo conto dello spessore del lip mentre sto facendo il cut back e ripiombo giù dall’onda ancora più veloce. Bellissimo. Questa emozione me la ricorderò per tutta la vita. Nel bordo a uscire incontro Alessio e G-414 e realizzo che ci siamo solo noi nella zona sottovento. Mentre noi di Torino abbiamo un’espressione a metà tra la gioia e il timore, Tilo sembra solo divertirsi, come se per lui fosse tutto “normale”. A casa, qualche ora più tardi, mentre sto facendo vedere a Simone le foto dell’uscita, Luca mi chiede: “Immagina il più grande frullone che tu abbia mai fatto in vita tua, moltiplicalo per due. Pensi che ne saresti uscito?”. Ci penso un attimo e gli rispondo sorridendo: “Il rig no di sicuro!”.

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Next Ride

RIDER Ricardo Campello, Robby Swift | LOCATION Maui, Hawaii | FOTO remedia

96 Jump special: 4 specialisti dei salti,

Una delle pi첫 grandi leggende del

Diony Gudagnino ci propone un

E come sempre, tanti altri articoli

Ricardo Campello, Kauli Seadi, Robby

nostro sport, Mark Angulo, si

interessante report da Los Roques,

esclusivi, approfondimenti,

Swift e Jason Polakow, ci sveleranno

racconta in esclusiva per Funboard:

Venezuela, con onde perfette per il

didattica, la rubrica per le ragazze

in diverse puntate tutti i trucchi per

dagli esordi fino ai giorni nostri

wave sailing e lagune piattissime

Onde e Curve, i gossip pi첫 hot da

imparare pi첫 velocemente la vostra

passando per i successi e fallimenti

per il freestyle e il cruising.

Maui e tanto altro ancora...

manovra dei sogni.

di una vita dedicata al windsurf.




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