Social media book

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SOCIAL MEDIA BOOK L’EDITORIA AI TEMPI DEI SOCIAL MEDIA

DI JACOPO ORLANDO



Indice Introduzione 1. Editori social: una panoramica 2. Giunti Y: creazione di una community 3. Rizzoli: la geo-localizzazione della lettura 4. Donato Carrisi: il personal branding Bibliografia

p. 6 p. 13 p. 20 p. 27


Introduzione Il 2013 è stato l’anno della definitiva consacrazione dei social network nel mondo editoriale. Nel giro di cinque abbiamo assistito alla diffusione capillare di strumenti come Facebook, Pinterest o Twittter, che hanno stravolto la natura stessa della comunicazione editoriale: da una relazione business-to-business, cioè un rapporto fra casa editrice e mass media, ad una business-to-consumer, cioè un rapporto fra casa editrice e lettori. Una rivoluzione copernicana che ha modificato il linguaggio editoriale, gli strumenti utilizzati, ma sopratutto la funzione stessa del marketing e del ufficio stampa. L’obiettivo dell’attività di media relations rimane lo stesso: «Dare ambia e buona copertura stampa alla propria organizzazione» e «Influenzare il proprio pubblico di riferimento, attraverso i mass media, per creare benevolenza e rinsaldare la reputazione» Cambiano però profondamente i paradigmi teorici e concettuali, gli strumenti, le prassi e finanche gli interlocutori, si modifica il concetto stesso di media, di mezzo di comunicazione di massa.1

Questa tesi cerca di analizzare alcuni degli aspetti che più stanno caratterizzando il rapporto fra editoria e social media, alcuni dei risultati più interessanti che ben esemplificano i prossimi sviluppi della comunicazione editoriale. Il primo capitolo compirà una breve panoramica sull’evoluzione dei social media nel mondo editoriale, avvalendosi di studi recenti eseguiti d’Associazione Itlaiana Editori e dalla società italiana specializChieffi Daniele, Online media relations: L’ufficio stampa su Internet ovvero il web raccontato ai comunicatori, Il Sole 24 Ore, Milano, 2011, p. 12. 1


zata nel social monitoring Blogmeter. Qui verranno messi in evidenza i dati di diffusione, il numero di account presenti, la preferenza per Twitter rispetto a Facebook, il modo in cui le case editrici si approcciano a questi nuovi strumenti. Gli altri tre capitoli saranno concentrati su tre case study, tre esperienze di successo che ben evidenziano le caratteristiche della comunicazione del futuro. La collana Giunti Y e la creazione della community, cioè la costruzione di un pubblico fedele e affiatato intorno ad un marchio e una collana; il caso di Rizzoli e Foursquare, cioè il fenomeno della geo-localizzazione del libro, un esperimento che ha tracciato una nuova strada nel rapporto fra lettore e testo; infine, il caso del personal branding, cioè dell’auto-promozione degli scrittori attraverso i social network, con gli esempi dell’attività di Donato Carrisi e Erri De Luca. La rete è un grande labirinto capace di tracciare la strategia verso il mondo esterno, ma allo stesso tempo di modificare il processo di costruzione della notizia. Difficile infatti per il lettore cogliere i confini tra produttori di informazione fai da te e fonti ufficiali di informazione, monitorare i rumors evitando che il passaparola minacci identità e valori. Si impone dunque un modello di comunicazione più veloce, più esteso, non per questo meno risolutivo e propulsivo, capace di coinvolgere tutti gli ambiti della comunicazione organizzativa, in primo luogo proprio quella della Media Relations [...] Un mestiere sempre più chiamato a capitalizzare e integrare gli stumenti tradizionali (comunicati stampa, interviste, ecc.) con azioni e attività strategiche innovative, le conversational media relations, come le definisce qualcuno (blog, forum, siti e social network)2.

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Comin Gianluca, Prefazione, in Daniele Chieffi, Online media relations, op. cit..


Capitolo I Editori social: una panoramica Essere editori nel XXI secolo rappresenta una sfida sempre più complessa. Affrontare un mercato vasto e variegato, libero dalle rigide regolamentazioni del passato, è una sfida spesso traumatica per molti storici editori. Una sfida che anno dopo anno diventa, però, sempre più ineluttabile e improcrastinabile. Nel 2013 è stato calcolato che in Italia il 75% della popolazione connessa fa uso di reti social1, mentre l'82% dei consumatori dichiara di scegliere un prodotto solo dopo aver consultato il web2. Questi due semplici dati aiutano a delineare uno scenario in grande movimento ma già ampiamente sviluppato. Essere editori oggi significa, inevitabilmente, essere editori social. Pur scontando ancora una certa ritrosia, gli editori italiani hanno compreso l'importanza di dotarsi di simili strumenti per avere un rapporto sempre più proficuo con i propri lettori. Due indagini pubblicate nel 2013 ci possono aiutare a comprendere il nuovo mercato italiano: lo studio condotto dall'AIE, e intitolato emblematicamente Nuove evidenze: l'uso di Twitter e dei social media in editoria3, e la ricerca portata avanti dalla società Blogmeter dal titolo Case editrici su 1 Mosta Giuditta, Utilizzo dei social network: Italia batte Usa 75 a 72, Milano, “Il Sole 24 ore”, 13/09/2013, <http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2013-09-13/utilizzo-social-network-italia-134633.shtml?uuid=AbI3DNWI>. 2 De Marzo Maria Pia, L’influenza di internet nelle decisioni d’acquisto, 28/02/2013, <http://www. webinfermento.it/influenza-di-internet-nelle-decisioni-acquisto-ricerca/>.

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3 Paresson Giovanni, “Nuove evidenze”: l’uso di Twitter e dei social media in editoria, Associazione Italiana Editori, <http://www.slideshare.net/Editoria_crossmediale/indagine-aie-torinotwitter>.


Facebook e Twitter: Performance degli account ufficiali a confronto4. Secondo lo studio dell'AIE, presentato nel 2013 alla Fiera del Libro di Torino, tra le 506 case editrici italiane con più di 16 libri all'anno ben il 58,9% è presente sui social network. Il più utilizzato è Facebook con 49,6%, mentre Twitter è stato scelto dal 39,3%; decisamente inferiori i numeri per quanto riguardano gli altri social network con Youtube utilizzato solo dal 18,8% degli editori e Pinterest scelto dal 12,6%.

Foto 1: Diffusione di Twitter fra le case editrici

Lo studio dell'AIE si concentra particolarmente su Twitter ma aiuta a comprendere, comunque, lo scenario italiano: nel 2007 la Elliot era l'unica casa editrice presente sul social network, nel 2009 gli editori presenti su Twitter erano 38 con un incremento del 89,5%. Negli 4 <http://www.blogmeter.it/blog/social-analytics-blog/2013/05/21/case-editrici-twitter-facebook/>.

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anni seguenti la tendenza ha registrato il segno positivo arrivando a 199 profili nel 2013. Il trend è significativo del grande successo avuto da Twitter in Italia a partire dal 2011 e in particolare del gradimento avuto nel mondo editoriale: post testuali piuttosto che visuali (come su Facebook); uso di battute, citazioni e aforismi; creazioni di liste e uso degli hashtag.

Figura 2: Classifica delle case editrici con più fans su Facebook

Twitter è utilizzato dal 66,8% di quelle attive (il 39,3%). Tuttavia solo un numero estremamente ridotto fa un uso intensivo e costante di Twitter: il 2,5% degli editori che usano Twitter fa 10+ Tweet/giorno (solo 2,20+), sempre il 2,5% totalizza più di 90mila followers e il 3,5% più di 1000 following. Dietro questa divaricazione (dotazione/attività) si intravedono necessita di investimenti in nuove competenze, linguaggi, paradigmi diversi, ecc. nel concepire le nuove forme di comunicazione che si vanno diffondendo accanto a quelle tradizionali5.

Sempre nel 2013 la società Blogmeter ha realizzato uno studio sull'at8

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Paresson Giovanni, op. cit..


tività online di 101 case editrici. Il 98% di esse aveva un profilo Twitter mentre solo l'85% aveva anche un profilo Facebook. Secondo gli specialisti di Blogmeter, il numero medio di fan per una pagina Facebook è di 7.300; la casa editrice con più fan è Libri Mondadori con 160.550, che distacca nettamente i concorrenti come Rizzoli con 38.330 e Feltrinelli con 28.758 fan. Interessante osservare l'analisi dell'engangment, cioè del rapporto fra editori e lettori, su Facebook: qui a prevalere sono le piccole case editrici che hanno un rapporto molto stretto con i propri lettori: in prima posizione troviamo la BAO Publishing con 37.543, seguita da Baldini Castalodi Dalai edi-

Foto 3: Classifica delle case editrici con più engagment su Facebook.

tore con 20.859 e la Topipittori con 13.889; fuori dalle prime quindici posizioni sia la Mondadori che la Rizzoli. Il dato non è sorprendente se si tiene in considerazione un aspetto basilare dei social network: l'interazione in tempo reale fra lettore e 9


azienda. Uno delle grandi rivoluzioni del Web 2.0 è la disintermediazione della comunicazione aziendale; vengono bypassati i media tradizionali – giornali, radio, tv – per costruire un legame diretto, bidirezionale fra casa editrice e lettore. A farla da padrone sono sempre meno i grandi trust mediatici e sempre più le singole persone, i singoli utenti, che con le loro scelte e i loro acquisti, determinano il valore di un’azienda. La reputazione, il valore sociale che ognuno di noi assegna ad una determinata azienda o prodotto, diverrà il vero obiettivo del marketing del futuro. Fino a non troppo tempo fa, esisteva in molte aziende la figura che non a caso era definita di responsabile immagine: gestire la reputazione consisteva infatti nel salvaguardare, migliorare e sfruttare l’immagine aziendale. Già nella definizione si ritrovava quindi il concetto di base: ciò che le aziende dovevano curare principalmente non era la sostanza, ma quello che veniva riflesso e ritrasmesso all’esterno, quasi fosse un ologramma: l’immagine, appunto. Questo era estremamente coerente in un ecosistema in cui l’opacità era la nota dominante in cui l’azienda, sfruttando le scarse capacità quantitative e qualitative di comunicazione, connessione, ripetizione del messaggio e di relazione delle proprie controparti, poteva (almeno a grandi linee) gestire tutto ciò che trasportava messaggi con il mondo esterno. La TV, la radio, i mezzi di comunicazione di massa erano influenzabili in quanto interlocutori permanenti per soddisfare il bisogno di notizie o, più prosaicamente, di inserzioni pubblicitarie ed erano soggetti ben conosciuti (spesso anche tramite relazioni personali) e dagli obiettivi chiari e costanti. Lo strumento principe era composto quindi da ferree linee guida: nulla deve uscire dai binari della comunicazione indirizzata centralmente6.

Come dimostra lo studio, questa caratteristica è stata sfruttata abilmente dalle piccole case editrici, con un mercato di nicchia ma, anche, con un pubblico motivato, appassionato, interessato a determinati argomenti. Riuscire per l’editore ad essere sempre presente, a mostrarsi disponibile, socievole, a diventare un punto di riferimento su tutto quello che riguarda l’argomento e il settore specifico, è il vero 6 Diegoli Gianluca, Web & Brand reputation, in Di Fraia Guido (a cura di), Social media marketing: manuale di comunicazione 2.0, Milano, Hoepli, 2011, p. 84. 10


obiettivo da raggiungere per ottenere maggiore visibilità, un miglior sentiment, quindi, un maggiore incremento delle vendite . Per quanto riguarda l'utilizzo di Twitter l'indagine rivela come in media le case editrici abbiano più followers su Twitter che su Facebook mettendo in luce, anche qui, un interessante tendenza del settore e del proprio target di riferimento. Il numero medio di followers è 9.000 per account; le case editrici migliori in questo settore sono la Libri Mondadori con 207.351 e Einaudi con 120.398, seguite da Feltrinelli con 90.438 e Il Saggiatore con 39.390 follower. Oltre ad essere molto seguita, Einaudi risulta di gran lunga la casa editrice più citata e menzionata ottenendo ben 17.132 mention, una media di 311 al giorno. Le case editrici si distinguono anche per la grande quantità di tweet prodotti al giorno: Einaudi è sempre in testa con una media di 60 tweet e una produzione totale di 3.303, Minimum Fax segue con 1.717 e una media di 31.

Foto 4: Classifica degli hasgtag più utilizzati fra le case editrici.

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“I lettori, siano essi su Facebook o su Twitter, mostrano una grande propensione all'interazione con le case editrici – soprattutto quando i contenuti proposti non sono smaccatamente commerciali. Sui social network come in libreria, il libro percepito come un prodotto diverso da un semplice bene di consumo e forme di promozione alternativa risultano le più efficaci”7.

Molto interessante l'analisi del fenomeno degli hashtag. Strumento sempre più abusato ma che racchiude ancora grandissime possibilità comunicative, in particolare per i fenomeni di viral marketing, con la possibilità di creare tendenze e promuovendo più rapidamente prodotti e idee. L’hashtag più utilizzato è #InTerritorionemico di Minum Fax, seguito da #Montalbano lanciato da Sellerio e #facciolamiaparte di Mondadori. In questa particolare classifica Minimum Fax è sicuramente la casa editrice più presente con altri hashtag di grande successo come: #lettureinpausaprazo e #StregatidaSofia. Fra gli hashtag più utilizzati, invece, dai lettori per interagire con gli editori il più usato è #accaddeoggi ideato da Mondadori, seguito da #ilwebcirendeliberi di Einaudi. In questo particolare caso emerge come i lettori preferiscano maggiormente hashtag non commerciali, più generici, (bisogna ricordare che la pubblicità su Twitter viene vista ancora come un'intrusione) hashgtag che consentano una maggiore creatività, dei call to action che spingano i lettori a interagire, a partecipare, a prendere una posizione. “Su Twitter gli editori hanno la possibilità di ascoltare, rispondere, alimen-

tare la discussione. Attraverso hashtag come #FridayReads, #libridaleggere, #ilprimolibrodel2013 (ne citiamo solo tre, ma sono molti di più) si creano piccole community di lettori che si scambiano pareri, opinioni, consigli. L’editore attraverso Twitter parla con voce umana, conversa e non solo promuove il proprio catalogo, ma narra di sé e rende l’esperienza di lettura più curiosa e completa. Twitter è sicuramente uno strumento di comunicazione formidabile, stimola il dibattito e lo scambio”8. 7 <http://www.blogmeter.it/blog/social-analytics-blog/2013/05/21/case-editrici-twitter-facebook/>. 8 Carrai Giusi, Neri Alessio (a cura di), Editori sul web: un anno di osservatorio sull’innovazione nell’editoria, Roma, Astericks edizioni, 2013, p. 46. 12


Capitolo II

Giunti Y: creazione di una community

Giunti Y è il contenitore editoriale di Giunti Editore fondato nel 2009. Si rivolge al cosiddetto pubblico Young Adult – giovani fra i 12 e 18 anni – e raccoglie romanzi che affrontano tematiche come l’amore, la morte, la sessualità, spesso declinate in chiave fantastica e avendo come punto di vista quello di giovani adolescenti. Il fenomeno Young Adult è scoppiato in America negli ultimi anni grazie ai grandi successi commerciali come Twlight e Hunger Games, bestseller da milioni di copie che ha spinto gli editori di tutto il mondo ad investire in questo settore con nuove collane, riedizioni e nuove traduzioni. Giunti Y rappresenta nel panorama editoriale italiano il punto di riferimento per quanto riguarda questo genere. Il primo libro pubblicato dalla collana è stato, nell’ottobre del 2009, Speak di Laurie Halse Anderson, romanzo di formazione di una giovane teenager, successo internazionale e considerato uno dei romanzi di culto della generazione Young Adult; altri titoli di successo sono stati Obsidian, Onix, Opal, e Shadow, della saga Lux, della scrittrice Jennifer L. Armentrout e i romanzi di Marta Palazzesi Il sogno dell’incubo e Il marchio di Damian. Una caratteristica importante di Giunti Y, che la distingue nettamente dagli altri competitor, è la sua natura spiccatamente multimediale. Fin dall’origine la collana è stata pensata come un contenitore, un progetto web, che fosse in grado di integrare la produzione editoriale

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ai più moderni sistemi di web marketing e web community. Punto centrale della comunicazione editoriale è il sito online: giovanile e con colori sgargianti, alla quale si affiancano la pagina Facebook e i profili su Twitter, Anobii e Youtube, oltre al blog ufficiale. Strumenti differenti, ognuno con la propria grammatica e le proprie peculiarità, ma che vengono gestiti complementariamente, guidati da una strategia univoca: creare una community di lettori intorno al marchio Giunti Y. Una scelta che si distacca dalle solite strategie di marketing utilizzate dai grandi editori, per perseguire piuttosto una strada opposta, più “autoriale”, che valorizzi il marchio, la veste grafica, le tematiche scelte. Una scelta che ben si evince verificando il numero di titoli pubblicati da Giunti Y: in quattro anni di attività sono stati pubblicati solo quaranta titoli. La creazione della community viene portata avanti anche attraverso una strategia di content marketing, cioè la creazione di contenuti utili e interessanti da condividere con i propri lettori. Questa attività è fondamentale per instaurare quel clima di fiducia e attendibilità indispensabile per la creazione di web community. La tipologia di contenuti che si possono creare vanno da quelli più commerciali, come book trailer, nuove uscite o recensioni, a informazioni più personali e originali, come foto del team, bozze, backstage di un festival, fino a informazioni utili al proprio pubblico, come notizie o eventi di rilievo. Contenuti diversi che però hanno tutti una caratteristica comune: sono divertenti, originali e in linea con il proprio pubblico di riferimento. In questi quattro anni Giunti Y ha offerto ai propri lettori diversi contenuti:

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• regali e promozioni speciali:

Foto 5: Copie regalo del romanzo di Marina Pezzesi

• news e informazioni su argomenti di interesse comune:

Foto 6: Un post sulla Fiera del libro di Francoforte.

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• commenti e curiosità su temi affini agli interessi della comunità

Foto 7: un post su Myles Cyrus

• contenuti divertenti e simpatici

Foto 8: Un quiz per i lettori in vista di Halloween.

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L’elemento principale, però, della strategia di comunicazione messa in atto dall’azienda sono gli Y Ambassador. Gli ambasciatori di Giunti Y, ragazzi e ragazze, lettori, che si fanno portavoce della collana, promuovendone gli autori, ricevendo in cambio anteprime e regali speciali. Il sistema è chiaro e ben esplicitato dalla stessa azienda: “gli Y Ambassador saranno i primi a conoscere le novità, a leggere libri imperdibili, a scoprire autori di culto e film mai usciti in Italia… tutto questo prima ancora che entrino sul mercato e diventino fenomeni di massa. L’unico requisito fondamentale per diventare Y Ambassador è la voglia di comunicare. A voce, via mail, al telefono, tramite Sms, su Facebook, Twitter, sui muri, sulla sabbia, insomma, ovunque si possa essere letti. Niente di più semplice! Il passaparola è uno straordinario veicolo di diffusione delle informazioni, la forma di comunicazione più potente del nostro tempo. Il motto di un Y Ambassador è far sentire la propria voce e liberare la creatività. Periodicamente gli Y Ambassador riceveranno in maniera totalmente gratuita un prodotto di Y, non ancora in commercio. Avranno quindi fra le mani un’anteprima esclusiva (e ovviamente non dovranno restituire il materiale). Tutto ciò che devono fare è valutarlo. Dopodiché, basterà esprimere un parere: parlane a scuola, con gli amici, in palestra, ma soprattutto su internet, attraverso forum e blog, dando così vita a una rete di passaparola. È sul web infatti che le idee si muovono velocemente. Più tracce si lasciano, più il messaggio arriverà forte e chiaro. Per diventare Y Ambassador serve solo entusiasmo: non è un lavoro, ma un divertimento! L’unico scopo del lavoro degli Y Ambassador è quello di creare attesa e suscitare curiosità. Tra Y ed i suoi Ambassador non devono esistere incomprensioni. Ogni comunicazione avviene alla luce del sole o, per meglio dire, con la testimonianza sul web. Sia Y che i suoi Ambassador devono impegnarsi a svolgere il proprio compito basandosi sulla regola dell’onestà di opinione: è fondamentale dire sempre ciò che si pensa. Sia che il parere sia positivo che negativo, un prodotto Y deve essere sempre giudicato in maniera sincera. Per Y è ovviamente molto importante ricevere un massiccio feedback. La bravura di un Y Ambassador si misura sul volume di conversazioni generate attorno a un prodotto. Più la discussione è accesa, maggiore sarà l’attenzione che si creerà intorno a essa. Ed è proprio questo ciò che chiediamo ai nostri Y Ambassador: essere attivi e suscitare più curiosità possibile”1.

Come spiega fin troppo bene la casa editrice in questa nota, gli Ambassador sono portavoci dell’azienda, promotori online del marchio. 1 Il manifesto degli Y Ambassador: < http://y.giunti.it/team-y>.

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Una strategia che non nasconde il proprio fine commerciale, di promozione online, di creazione di buzz, ma che rappresenta sicuramente una delle migliori applicazioni online degli articoli 39 e 40 del Cluetrain Manifesto: • La comunità della comunicazione è il mercato • Le aziende che non appartengono a una comunità della comunicazione sono destinate a morire2

Creazione di una comunità online fedele, appassionata, motivata, che in cambio di regali e vantaggi, dell’esclusività di potersi fregiare del marchio, diffonde in rete il brand, i libri, i prodotti dell’azienda. In questo processo, i lettori si sono trasformati da semplici consumatori in prosumer, consumatori-produttori, pubblicitari; acquistano una dimensione attiva, dove possono incidere sull’attività dell’azienda, dialogare alla pari, influenzarne scelte e decisioni. Uno degli spetti più interessanti del fenomeno Ambassador è quello che ad aver risposto “alla chiamata” da parte di Giunti sono stati sopratutto blogger, blogger letterari, ragazzi appassionati alla lettura che già possedevano un blog letterario e che hanno deciso di abbracciare l’idea lanciata da Giunti. Una decisione puramente commerciale, potremmo dire, una parteneship tra interlocutori, fra due aziende diverse, ognuno interessata al proprio ritorno. Questa valorizzazione del fenomeno blogger è una delle molte conseguenze del web marketing dove viene privilegiata una comunicazione dal basso, fatta dai clienti, dagli utenti, piuttosto che dai giornali o dai media; un cambiamento antropologico della stessa figura dell’utente che sveste i panni del consumatore per assumere quelli del prosumer, 2 Levine Rick, Locke Christopher, Searls Doc e Weinberger David, The Cluetrain Manifesto: The End of Business as Usual, New York, Basic Book, 1999. 18


del consum-attore, consumatore attivo, produttore al tempo stesso di contenuti utili all’azienda. Se dovessimo, in fine, giudicare la campagna comunicativa messa in piedi da Giunti il risultato non potrebbe che essere poco piĂš che sufficiente. Infatti, pur di fronte all’impegno e alla strategia messa in campo le risposte sono state poco soddisfacenti. Su Facebook ci sono 2954 Like, con un engage scarso che si limita al semplice Like senza mai spingersi oltre; per Twitter la situazione è ancora peggiore, il profilo conta 601 follower con pochissimi post che si riducono la maggior parte a meri link verso il sito; molto meglio la situazione per quanto riguarda i blog con un discreto successo fra i blogger e gli Ambassador.

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Capitolo 3

Rizzoli: la geolocalizzazione della lettura La ragazza che toccava il cielo è un libro di Luca Di Fulvio, pubblicato da Rizzoli nel 2013. È un romanzo storico ambientato nel 1500 fra Roma e Venezia e narra le vicende di Mercurio, giovane ladro romano, che dopo aver derubato un mercante ebreo fugge a Venezia per scampare alla sua vendetta. Qui la storia di Mercurio si intreccia con le vicende dell’epoca, in particolare con la situazione degli ebrei e la nascita del primo ghetto veneziano, ma sopratutto con Giuditta, giovane ladra ebrea, di cui si innamorerà perdutamente. Il romanzo è stato un grande successo di pubblico, in particolare in Germania dove è stato in testa alle classifiche per mesi, confermando Di Fulvio come uno degli scrittori più interessanti del panorama italiano. Fra le altre cose, La ragazza che toccava il cielo è stato il primo esperimento di geo-localizzazione di un libro portata avanti da un editore italiano. Rizzoli, infatti, sfruttando la piattaforma di Foursquare – il social network basato proprio sulla geo-localizzazione – ha lanciato l’iniziativa Sulle tracce del libro primo esperimento italiano di interconnessione fra testi e luoghi. Attraverso il meccanismo delle liste i lettori possono accedere agli elenchi dei luoghi in cui sono ambientati i romanzi, vederli e fare il check-in mentre li visitano nella realtà. Allo stesso tempo può succedere che, mentre ci si trova in un posto, il social network stesso segnali un particolare luogo di un romanzo che si trovi nei pressi. Un rivoluzionario approccio alla lettura che ribalta totalmente il rapporto con il testo scritto. Il lettore viene invitato a 20


giocare, a immergersi completamente nel testo, nella storia, rivivendo in prima persona luoghi e fatti narrati nel libro, scoprendo storie aggiuntive, curiosità, approfondimenti, ripercorrendo i passi dei personaggi preferiti.

Foto 9: La pagina di Rizzoli su Foursquare dedicata al romanzo di Luca di Fulvio

Rizzoli, visto il buon successo di pubblico, ha deciso di replicare l’esperimento con altri testi: sono stati resi disponibili i romanzi erotici di Irene Cao – Io ti guardo, Io ti sento, Io ti voglio – il nuovo romanzo di Enrico Pandiani La donna di troppo, Guido Meda con il suo Il miglior tempo e il romanzo di Walter Siti Il canto del diavolo. Inoltre sono stati creati itinerari anche per due graphic novel editi da Rizzoli Lizard: Cronache di Gerusalemme di Guy Delisle e La seconda volta che ho visto Roma di Marco Corona. L’esperimento messo in atto da Rizzoli lo si può considerare come uno dei migliori esempi di colla21


borazione fra casa editrice e social network, di partnership strategica, di integrazione e valorizzazione di strumenti alternativi di fruizione del libro. Rizzoli segna una strada inedita, in particolare in Italia: supera i cliché e i pregiudizi tipici di una certa editoria che vede nel web e nei social network un nemico della lettura, un concorrente, una pericolosa alternativa, e allo stesso tempo liquida gli atteggiamenti superficiali e approssimativi di chi vede nel nuovi media un semplice passatempo. A determinare il successo dell’iniziativa sicuramente la scelta di puntare su una piattaforma come Foursquare, giovane e in ascesa e che integra alla perfezione le caratteristiche dei testi scelti. Ideata nel 2009 da due programmatori di New York – Dennis Crowley e Naveen Selvadurai – si basa sulla geo-localizzazione, cioè sulla condivisione della propria posizione tramite GPS con amici e conoscenti. L’applicazione, fruibile gratuitamente sia su smartphone che su Pc, ha avuto un rapido e costante successo arrivando ad avere una community di 40 milioni di utenti e un valore stimato intorno ai 100 milioni di dollari. Il funzionamento è semplice e strutturato come un gioco: ogni volta che ci si trova in un posto si può fare check-in, registrarsi e ottenere dei badge, delle medaglie premio. Più badge si ottengono più aumenta la propria posizione. Si possono rilasciare commenti sui luoghi frequentati, recensioni, giudizi, e condividerli con gli altri utenti della rete. Foursquare è utilizzato principalmente per scoprire nuovi posti, promozioni, eventi speciali; una caratteristica ampiamente sfruttata dagli ideatori che hanno deciso, con gli ultimi aggiornamenti, di puntare tutto sul marketing territoriale. Negozi e attività possono investire denaro per apparire sulla piattaforma, per essere visibili, per lanciare nuove offerte e promozioni legate al social netework. Un marketing alternativo sfruttato ampiamente dai piccoli negozi – bar, ristoranti, hotel in particolare – ma anche dai grandi marchi e catene 22


che possono lanciare in questo modo nuove campagne pubblicitarie. Un altro esempio di collaborazione con Foursquare è l’iniziativa portata avanti da BeccoGiallo. Casa editrice trevigiana, è stata fondata nel 2005 da Guido Ostanel e Federico Zaghis. Concentra la propria attività sulla pubblicazione di libri a fumetti d’impegno civile, tematiche forti, spesso scomode, che non le ha impedito però ottenere un ottimo apprezzamento di pubblico e di critica, conseguendo diversi premi e riconoscimenti. Fra i titoli di maggior successo ci sono Adriano Olivetti: un secolo troppo presto, che ha vinto il premio migliore sceneggiatura nel 2012 al Comicon di Napoli; Ilaria Alpi: il prezzo della verità, vincitore del premio miglior fumetto nel 2008 al Comicon di Napoli; Peppino Impastato: un giullare contro la mafia, vincitore del premio “Giancarlo Siani” nel 2009. In vista del XXI anniversario della Strage di Bologna, la casa editrice ha lanciato la campagna Frammenti d’Italia: riscrittura dei più grandi eventi della storia contemporanea italiana attraverso i social network. Gli utenti, utilizzando Foursquare, possono raccontare in prima persona la loro storia, suggerire nuovi luoghi, portare avanti una memoria collettiva. Una mappa dei ricordi dell’Italia, dei fatti che hanno segnato la storia nazionale come la Strage di Bologna ma anche il delitto Pasolini, la strage di Piazza Fontana, l’omicidio di Peppino Impastato. Un utilizzo creativo delle potenzialità dei social network in grado di coniugare lo spirito di condivisione tipico delle nuove piattaforme multimediali con l’impegno sociale caratteristico della casa editrice.

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Foto 10: La pagina di Foursquare di BeccoGiallo

Frammenti d’Italia rappresenta, nei fatti, una nuova pratica editoriale, che ribalta i meccanismi tipici dell’industria libraria. Gli utenti, i lettori, sono spinti a prendere parte al progetto in prima persona, a scrivere, a raccontare, a trasformarsi loro stessi in scrittori; viene ribaltato completamente il loro statuto; da semplici fruitori passivi ad agenti attivi. Frammenti d’Italia rappresenta, quindi, un grande testo interattivo lungo le strade d’Italia, scritto dalla memoria e dalla passione di centinaia di italiani, pubblicato su una piattaforma gratuita e multimediale. Un altro esempio di geo-localizzazione della lettura è stato portato avanti dalla casa editrice Rubbettino con il suo Viaggio in Calabria. Rubbettino è una casa editrice calabrese fondata nel 1972 da Rosario Rubbetino; fin dalle origine la sua proposta cultura è stata incentrata 24


su una scoperta del pensiero liberale, una ricerca di stampo socio-economico portata avanti grazie alla collaborazione di studiosi come Dario Antiseri e Lorenzo Infantino. Sempre attenta alla storia e alla letteratura del proprio territorio d’origine nel 2012 ha lanciato Viaggio in Calabria, un progetto di lettura digitale curato da Vittorio Cappelli e dalla società Flipbulbs. Il progetto raccoglie più di milleduecento frammenti provenienti dall’archivio Rubbettino, da Edward Lear a Giorgio Bocca, da Henry Swinburne ad Alberto Savinio, più di milleduecento frammenti fra racconti, diari e articoli, dedicati al territorio calabrese. Attraverso un’applicazione iPhone l’utente potrà viaggiare seguendo le parole dei grandi scrittori, guardare il paesaggio attraverso i loro occhi, lasciarsi guidare verso sorprendenti scoperte.

Foto 11: La pagina del sito Viaggio in Calabria dedicata al percorso “Storie di briganti”.

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L’applicazione è stata sviluppata con l’obiettivo di permettere l’interazione maggiore all’utente; infatti, non si tratta di una semplice guida d’autore e nemmeno di un elenco di citazioni ma piuttosto di un testo multimediale dove il ruolo del lettore è importante quanto quello dell’editore. Ogni citazione è stata geo-localizzata e categorizzata, sono state create liste in base all’autore o al testo citato, sono stati creati percorsi tematici seguendo l’evoluzione e lo sviluppo di un particolare argomento. Questo permetterà al lettore di creare il proprio viaggio personale, di seguire il percorso a lui più congeniale, di lasciarsi guidare ma al tempo stesso di andare in cerca di nuove citazioni e suggestioni. L’esperienza di Rubbettino è molto simile a quella intrapresa da BeccoGiallo con Frammenti d’Italia: l’applicazione online viene sfruttata per creare un prodotto editoriale innovativo, per implementare le possibilità di lettura, offrendo un testo multimediale dove ogni lettore può trasformarsi nell’autore del proprio libro.

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Capitolo 4

Donato Carrisi e il personal branding Una delle conseguenze più importanti del Web 2.0, come abbiamo già visto, è la disintermediazione dei canali promozionali tipici dell'editoria classica; dove il rapporto bussines-to-bussines, fra editore e mass media, è stato sostituito dal bussines-to-consumer, cioè un legame diretto fra l'editore e il proprio lettore. Questo nuovo sistema ha portato alla nascita di nuove strategie di marketing, all'utilizzo di nuovi strumenti e alla creazione di un nuovo linguaggio. Una “rivoluzione” che ha modificato, però, non solo la comunicazione editoriale ma anche, e sopratutto, la comunicazione dei singoli scrittori. La figura dell'autore è sempre stata avvolta da un'aura mistica e autoreferenziale, di grande fascino e prestigio. Anche nel periodo dei bestseller e dei romanzi di consumo, l'autore non ha mai modificato il proprio rapporto con i lettori: è sempre stato lontano e distante, altro da noi, persona speciale e quindi fuori dagli schemi ordinari. I modi per incontrare e conoscere un autore erano sempre mediati dalla casa editrice, dai media, dagli uffici stampa; venivano organizzati incontri o conferenze ma erano sempre situazioni codificate e uniformate. Ora, con lo sviluppo dei social media, anche questa realtà è cambiata. Come la casa editrice, l'autore è immerso nel flusso comunicativo della rete, dei commenti, dei post, dei tweet, una comunicazione senza limiti e argini, dove non ci sono barriere fra l'autore e i propri lettori. In questa nuova realtà, ogni scrittore si è trovato costretto a cambiare pelle, a diventare manager della propria comunicazione, a trasformarsi nel proprio ufficio stampa. 27


Questo nuovo approccio al marketing viene comunemente chiamata personal branding. È un termine coniato nel 1997 dallo studioso statunitense Tom Peters, è indica la capacità di fare marketing di se stessi, di promuovere il proprio nome e la propria immagine attraverso il web. Con personal branding non si indica la semplice creazione di un blog o di un profilo Facebook ma, piuttosto, una vera e propria strategia complessiva di comunicazione, che punta a far emergere la propria immagine nel mare magnum del web. È l'idea di promuovere il proprio nome e la propria attività come fosse un brand commerciale, facendo emergere attraverso una constante attività di content marketing le proprie qualità e peculiarità. Nell’era del personal branding bisogna non solo saper gestire i personal account su LinkedIn, Facebook o Twitter, ma anche avere doti autobiografiche, personalità, essere capaci di parlare di se stessi, in modo autentico e trasparente, possibilmente mostrando il lato migliore o più utilizzabile dagli altri.1

Analizzando il web si può subito facilmente comprendere come gli scrittori si siano dimostrati più attenti delle case editrici nel capire il cambiamento in atto, sfruttando appieno le potenzialità della comunicazione 2.0. Si va dal blog al profilo Facebook, dall'account Twitter al profilo su Instagram, dalla creazione di un sito dedicato al proprio lavoro alla creazione di una webzine, da un forum ad un gruppo di discussione, da una rivista online ad un ebook collettivo. Il web, dove la comunicazione testuale domina ancora su quella figurativa, rappresenta un'occasione unica per gli scrittori per esprimersi e comunicare, per dialogare con altri autori o con i propri lettori, per far emergere se stessi. Tra gli scrittori che meglio hanno compreso le potenzialità del perso1 Genovese Andrea, Le nuove regole del Marketing, Di Fraia Guido (a cura di), Social media marketin: manuale di comunicazione 2.0, Milano, Hoepli, 2011, p. 65. 28


nal branding c'è sicuramente Donato Carrisi. Autore pugliese, esperto criminologo, collaboratore del “Corriere della sera”, ha firmato come sceneggiatore diversi film e fiction-tv. Carrisi ha pubblicato quattro romanzi, tutti con Longanesi, Il Tribunale delle anime, La donna dai fiori di carta, Il Suggeritore, L'ipotesi del male, riscuotendo un grande successo di pubblico in Italia e all'estero. Grazie al suo lavoro come narratore ha ottenuto diversi premi come il Premio Bancarella, il Premio letterario Massarosa, il prestigioso Prix SNCF du Polar nel 2011. Attualmente Carrisi conta fra la sua batteria di comunicazione un sito personale, un profilo ufficiale su Facebook, una pagina ufficiale in italiano e uno in francese, e un profilo su Twitter. L'attività online viene gestita da Carrisi in prima persona con la collaborazione dell'ufficio marketing della Longanesi. Il suo sito internet ha un Pagarank di 3/10 e un Alexa rank di 2694966; su Facebook, sommando tutti i suoi profili ha più di 11000 fans mentre su Twitter conta 2097 follower. Numeri importanti, che indicano il successo di Carrisi ma sopratutto la sua popolarità fra il pubblico online. Analizzando brevemente l'andamento nel web possiamo riscontrare come Carrisi ottenga anche nell'ultimo mese, periodo fuori dalla promozione del suo ultimo romanzo, una discreta attenzione mediatica. 174 menzioni sui social network, in particolare su Twitter dove per 12 volte è stato accostato al festival di Bookcity Milano. Il sentiment nell'ultimo mese è in larga misura neutrale con 9 post positivi, 11 negativi e 54 neutrali. Fra gli utenti più attivi, oltre alla casa editrice madre Longanesei, troviamo i blogger francese BeckyleJeune e Blowiamind, il musicista Saturnino, i siti Il Librario e La Lettura.

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Foto 12: L’analisi dell’attività di Donato Carrisi su Twitter.

Su Facebook la comunicazione è unidirezionale; pur avendo un gran numero di fan i suoi post hanno una scarsa frequenza e si limitano a rilanciare eventi legati alla sua attività editoriale, eventi promozionali, recensioni, uscite all'estero, interagendo poco con gli altri utenti. Tutt'altro discorso su Twitter dove Carrisi risulta più a suo agio, acquisendo un tono più amichevole e famigliare; i tweet diventano molto più frequenti e trattano anche temi extra-letterari; troviamo impressioni, suggerimenti, eventi della vita personale, e anche il dialogo con gli utenti è migliore e costante.

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Foto 13: Uno scambio di tweet fra Carrisi e il bassista Saturino.

Un esempio opposto a Carrisi è Erri De Luca. Lo scrittore napoletano, 63 anni lo scorso maggio, è uno degli scrittori più attivi sui social network. Autore di diversi bestseller come Tu, mio e Il giorno prima della felicità, Erri De Luca è uno scrittore militante, impegnato politicamente, da sempre al centro della scena culturale; il suo impegno come pacifista e ambientalista lo hanno trasformato in un paladino, in un punto di riferimento per giovani e attivisti. Questa sua capacità di catalizzare l'attenzione mediatica viene implementata dal web, i suoi post possono raggiungere in pochissimo tempo migliaia di utenti, trasformandolo in un vero e proprio influencer.

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Foto 14: L’attività di Erri De Luca su Twitter.

De Luca non ha un sito ufficiale ma può contare una pagina Facebook con 92.198 seguaci più altre svariate pagine non ufficiali a lui dedicate con migliaia di fan ognuna, mentre su Twitter il suo profilo conta 47420 follower. Il suo utilizzo dei social network è puramente autoreferenziale, non c'è nessun rapporto con i lettori; sia Facebook che Twitter rappresentano delle semplice vetrine, semplici strumenti per diffondere maggiormente i propri pensieri. I suoi tweet, in particolar modo se trattano fatti di cronaca, possono raggiungere migliaia di visualizzazioni, stessa cosa accade ai tweet a lui dedicati.

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Foto 15: Una serie di tweet di Erri De Luca.

Carrisi e De Luca rappresentano due diverse generazioni di scrittori, due generazioni che si sono confrontate in maniera differente con il web. De Luca è ancora legato ai vecchi meccanismi degli old media, l'utilizzo dei social network per lui è puramente autoreferenziale, un discorso a senso unico, non molto differente da un editoriale o un articolo sui quotidiani. Carrisi, invece, ha compreso le nuove regole del gioco, l'importanza di un rapporto paritario con gli utenti, un utilizzo dinamico dei social network che ha come obiettivo quello di costruire un dialogo con i propri lettori. Specialmente su Twitter ogni post ha come obiettivo quello di stringere un legame con gli utenti in grado di creare valore sociale intorno al proprio nome, di incrementare, quindi, il valore del proprio personal branding: 33


La reputazione di un brand, da sempre, dipende da due fattori collegati e interconnessi l’un l’altro: ciò che viene comunicato dall’azienda (cioè la propria identità in rete) e ciò che viene percepito e condiviso dalla audience, spesso causato da un’esperienza di contatto con il prodotto o con il servizio di assistenza aziendale. Le aziende, come le persone, hanno sempre compreso che una reputazione eccellente porta a maggiori possibilità di espansione, connessione e fatturato, in quanto facilita il passaparola e di conseguenza influenza positivamente il ciclo di vendita in ogni sua fase2. Nello scenario comunicativo tradizionale la comunicazione aziendale era preponderante, per forza e diffusione, rispetto all’interconnessione dell’audience. Nello scenario digitale dominato dalle reti sociali e dalle interconnessioni tra individui, questo rapporto di forza viene rovesciato3. Per questo la digital reputation assume un significato peculiare, da cui discendono strategie e tattiche operative assolutamente inedite e a volte determinate più dall’esperienza pratica e dalla sperimentazione che da consolidate e condivise “best practices”, in cui è più facile indicare ciò che non funziona, rispetto a “ciò che funziona”2 .

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Diegoli Gianluca, Web & brand reputation, op. cit., p. 84.


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