/S. DELLA VALLE
di formazione rivolta a professionisti della relazione di aiuto sono: la scelta di adottare la complessità come sguardo, la consuetudine a leggere e a valorizzare le connessioni tra diversi pensieri ed esperienze e la relazione circolare tra teoria e pratica, la costanza nell’interpretare lo studio e la conoscenza come percorso condiviso di ricerca.
4. Danilo Dolci, Gregory Bateson, Paulo Freire L’intima concordanza che, nel pensiero e nell’esperienza educativa di Danilo Dolci, si rivela tra comunicazione ed educazione si traduce nella responsabilità del «modo di porsi nel processo educativo»25, nella «esigenza di stabilire rapporti, comunicare, assorbire, elaborare, maturare sotto tutti gli aspetti (fisici, biologici, psicologici, affettivi, culturali)»26. L’educazione non si sostanzia in trasmissione unilaterale, in una concezione riempitiva del sapere, in un’idea passiva della conoscenza, ma si nutre di circolarità, di comunicazione reciproca e multilaterale, di molteplicità, di riconoscimento, di visione sistemica, di contestualizzazione. Educare significa dare un nome, un volto, una voce al pensiero, riconoscerlo e accettare di cercare e di imparare ogni volta, in ogni incontro, consapevoli della irriducibilità e della complessità dell’esperienza di ciascuno. Lo strumento per eccellenza del reciproco adattamento creativo proposto da Dolci diviene l’ascolto, inteso come volontà di comprendere, curiosità, che si esprime attraverso la domanda: «La domanda è condizionamento […] fecondante, che favorisce il crescere […] Non è vero che chi domanda ignora del tutto la materia: interrogare è anche scienza e arte. Né risposte più valide risultano le già attese, ma quelle che illuminano l’essenza generale dei problemi»27. Ecco allora che, come afferma
25 Fornaca, R. (1985), Riflessioni su un poema educativo, in Dolci, D., Palpitare di nessi. Ricerca di educare creativo a un mondo nonviolento, Roma, Armando, p. 227. 26 Ibidem. 27 Dolci, D. (1995), La comunicazione di massa non esiste, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, p. 200.
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La scelta di adottare la complessità come sguardo