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Tornano in aula 8,5 milioni di alunni Ma per le mense non basta

TORNANO IN AULA 8,5 MILIONI DI ALUNNI

MA PER LE MENSE NON BASTA

Manca solo un mese e anche la scuola, salvo decisioni sulla possibilità di prorogare l’anno ai mesi estivi, terminerà mettendosi alle spalle un anno a singhiozzo come lo era stato il 2020. Con la sola Valle d’Aosta in zona rossa e con le scuole superiori che possono organizzare in autonomia l’attività in presenza dal 70 al 100% degli studenti, però, il mese di maggio sarà la prova generale del ritorno alla normalità che tutti si attendono da settembre. A partire dalle aziende della ristorazione collettiva che gestiscono mense e refettori.

8,5 milioni di studenti di nuovo a scuola

Da lunedì 3 maggio, secondo le stime di Tuttoscuola, sono circa 7,7-8,5 i milioni di studenti tornati sui banchi. Molti di questi, soprattutto i più piccoli, pure al tavolo della mensa. Ma le aziende sono preparate? «Malgrado la situazione a singhiozzo, possiamo dire di essere ripartiti. Certo, il blocco patito non ci ha fatto bene ma ci siamo», commenta Carlo Scarsciotti, presidente di Angem, associazione di categoria degli operatori della collettiva. Ovviamente, protocolli e precauzioni la fanno ancora da padrona in termini di servizio: «Abbiamo un 55-60% di distribuzione dei pasti su più turni nelle aree di refettorio classiche, il 35% all’interno di spazi che i vari plessi scolastici hanno ricavato e riconvertito per la distribuzione del pasto, mentre un 5-10% avviene in aula», specifica Scarsciotti.

Evitato il distanziamento dei tavoli a due metri che «se applicato avrebbe significato la fine della collettiva nelle scuole per mancanza oggettiva di spazio, siamo pronti ad affrontare anche i mesi estivi. Nel caso in cui si decidesse di prorogare l’anno, infatti, non faremmo altro che estendere i contratti a dipendenti e fornitori proponendo un modello che già adottiamo per servire i campi estivi che di solito vengono organizzati in alcuni istituti alla fine dell’anno scolastico», conclude Scarsciotti.

Scuola d’estate? «Non ci aspettiamo grande seguito»

La decisione sull’estate degli studenti, però, è ancora al vaglio dei ministeri competenti. «Ma non ci aspettiamo abbiano grande seguito», commenta Massimiliano Fabbro, presidente di Anir-Confindustria, altra associazione di categoria delle aziende della collettiva. «La situazione delle scuole è quella di un’attività che riprende ma a numeri ridotti. Non sono quelli del capitolato di servizio con volumi ridotti rispetto a quelli sulla base dei quali le aziende hanno prodotto le offerte. Insomma, siamo in situazioni di disequilibrio economico con gravi perdite», sintetizza Fabbro.

Obiettivo: rinegoziare i contratti

La parola d’ordine, quindi, rimane “rinegoziazione”. Un tema su cui si era già espressa Anac prevedendo l’obbligo di tale passaggio alla luce del fatto che la Pubblica Amministrazione ha rivisto in modo unilaterale i contratti di servizio in essere a causa della pandemia. «Per la sopravvivenza delle imprese, per garantire qualità ed equilibrio nei vari servizi che quotidianamente eroghiamo, chiediamo al Governo che la direttiva Anac diventi una norma. Peraltro senza costi aggiuntivi per la Pubblica amministrazione che, nel frattempo, ha risparmiato e accantonato gli investimenti necessari. Cosa che non si può dire

AGGREGARSI PER RIPARTIRE LA RICETTA DEL GRUPPO LA CASCINA COOPERATIVA

«C uore da cooperativa e testa da impresa». Così, Emilio Roussier Fusco, amministratore delegato del Consorzio Gruppo La Cascina Cooperativa definisce la realtà imprenditoriale con sede a Roma e specializzata nel settore della ristorazione collettiva grazie ai marchi Vivenda e La Cascina Global Service. Ma questa è solo una parte degli interessi del Gruppo fondato nel 1978 e cresciuto per processi di aggregazione che l’hanno portato a diventare uno dei player di riferimento del mondo dei servizi alla collettività ed alla persona.

Con che numeri avete chiuso quello che possiamo definire “l’anno nero della ristorazione”?

Il 2020 è stato un anno assolutamente unico che per noi ha impattato su due bilanci dal momento che la maggior parte delle aziende che fanno parte del network di Cascina Cooperativa chiudono il proprio esercizio al 30 giugno. I ricavi sono calati in prima battuta per lo stop del canale scolastico e universitario e, in aggiunta, per quanto riguarda il settore ospedaliero, a causa della riconversione di molti reparti ordinari in terapie intensive e subintensive. Sintetizzando, abbiamo riscontrato un calo del 20% per la sola ristorazione collettiva che equivale a perdite di circa 60-70 milioni di euro. Numeri che, se paragonati a quelli del 2019, fanno capire l’impatto dell’emergenza sanitaria. PreCovid, infatti, registravamo un fatturato complessivo di 400 milioni di euro derivanti da tutte le attività del gruppo.

Quali sono state le conseguenze a livello operativo della pandemia?

Innanzitutto, mi lasci dire che i servizi di ristorazione collettiva sono in quasi tutti i casi di pubblica utilità, strumentali di servizi essenziali. In un ospedale, in una scuola, c’è una mensa che consente che queste attività vengano assolte in modo ordinario. Anzi, sono parte integrante del percorso di cura e riabilitazione del paziente oppure del processo di formazione, socialità ed educazione alimentare degli studenti. Per onorare questo ruolo abbiamo continuato a erogare il nostro servizio all’interno di situazioni molto diverse dalla normalità in cui l’imprevedibile era all’ordine del giorno. Questo ha determinato maggiori costi

Emilio Roussier Fusco

per implementare diverse modalità organizzative, e non mi riferisco solo ai Dpi. Si tratta di una diversa articolazione del servizio che in ambito scolastico, per esempio, ha portato a incrementare i turni di somministrazione, con tempi allungati per servire postazioni distanziate oppure all’adozione di nuove tipologie di confezionamento del cibo. Il tutto a fronte di un perimetro contrattuale in cui le quantità non erano più quelle di prima tanto da far venir meno quelle economie di scala che, in situa«Delivery zioni normali, avremed eCommerce mo potuto sfruttare sono poco per gestire le fluttuaapplicabili zioni di servizio. nel canale Quindi ci avete riscolastico e messo. ospedaliero. Forse nell’aziendale, dove lo smart working Tutte queste modifiche ci hanno sicuramente esposto a perdicontinuerà, ci sarà te che solo in alcuni meno bisogno casi sono state remudi mense nerate o remunerabili. tradizionali » In alcuni casi, infatti, siamo riusciti a instauEmilio rare un dialogo con gli

Roussier Fusco enti locali committenti che ha portato a una rimodulazione del contratto in essere nell’ambito delle previsioni normative vigenti. In altri casi, ciò non è stato possibile. Al di là di tutto ciò, però, abbiamo dovuto comunque sopportare costi incomprimibili, quali quelli della struttura aziendale che è comunque rimasta operativa e che a fronte di ricavi ridotti non ha potuto adeguarsi più di tanto al mutato scenario. Tenuto presente che comunque il nostro è un settore “labour intensive”, il costo del personale, prevalentemente al femminile, incide per circa il 50% sui nostri ricavi. Il capitale umano nelle imprese del nostro settore è uno degli asset più importanti sul quale si fonda l’attività di impresa. �� cod 76660

per le aziende che, a fronte di una caduta dei ricavi, hanno dovuto sostenere costi fissi insopprimibili», puntualizza Fabbro. Sul tema, il 4 maggio si è tenuto un incontro con il ministro competente Renato Brunetta.

Smart working e Pa, primi passi verso la normalità

Sul tavolo il tema dello smart working. Con l’ultimo decreto di proroga dei termini, infatti, è saltato l’obbligo dello smart working al 50% nella Pa. Un segnale di ritorno alla normalità? «Non proprio - risponde Fabbro - Si tratta di un primo passo ma, di fatto, la realtà ci dice che il ricorso al lavoro agile è ancora ampiamente diffuso. A tal proposito, noi non vogliamo entrare nel merito delle soluzioni organizzative, ma diciamo che il Governo deve dare una risposta alle imprese che fanno questo servizio perché ha alterato unilateralmente il modello con cui veniva erogato».

Da parte del ministro Brunetta, grande disponibilità di ascolto sulle istanze presentate da Anir che ha dato la propria disponibilità a ridisegnare il settore: «Vorremmo che la recente proposta di riforma del pubblico impiego consideri il momento del pasto centrale e la ristorazione collettiva un servizio complementare nell’organizzazione del lavoro pubblico. Lo smart working e il lavoro agile, modificheranno profondamente tempi, modi e costi del servizio. Chiediamo che gli organismi datoriali, come avviene per le rappresentanze sindacali, possano dare il proprio contributo a definire delle nuove linee guida per l’erogazione del servizio, nella fase di ripresa post Covid», si legge nel comunicato post-incontro. �� cod 76523

PER DUSSMANN ORA CI VOGLIONO FLESSIBILITÀ E SERVIZI DIVERSIFICATI

Nata come azienda di sanificazione nel 1969, Dussmann non si è fatta spaventare dalla pandemia che ha pesantemente colpito il settore della ristorazione collettiva. Costretta a rivedere volumi che prima sembravano scontati, l’azienda che conta circa 17mila dipendenti ha messo a disposizione delle aziende partner un’esperienza lunga oltre quarant’anni e, ora, è pronta a rilanciare nei vari segmenti in cui è impegnata grazie a una buona dose di flessibilità; elemento imprescindibile per rispondere con efficacia alla sfida che attende il mondo delle mense. Un futuro non molto lontano, i cui prodromi li vediamo già ora e di cui abbiamo parlato con Renato Spotti, amministratore delegato della filiale italiana.

Come si è chiuso il 2020 a livello di fatturato, ricavi, pasti serviti?

Nel 2020 abbiamo registrato circa un 10% di calo dei volumi rispetto all’anno precedente dovuto principalmente alla crisi del settore della ristorazione che, durante la pandemia da Covid-19, ha investito tutto il settore della collettiva e della commerciale. Siamo tuttavia più che soddisfatti dei risultati raggiunti in un anno così complicato, grazie alla natura multiservizi di Dussmann e alla capacità dei nostri collaboratori di trovare le risorse per innovare e continuare a rimanere sul mercato.

Che impatto ha avuto il Covid sui vostri canali di attività?

L’emergenza Coronavirus ci ha messi di fronte alla necessità di ripensare l’organizzazione dei nostri servizi in maniera differente per ogni settore in cui Dussmann opera. Per quanto riguarda la ristorazione ospedaliera, per la terza età, B&I e militari, nel rispetto di tutte le misure di sicurezza abbiamo rivisto la disposizione dei posti a sedere nei ristoranti aziendali e prevediamo anche un servizio al tavolo per evitare assembramento lungo la linea del self service e garantire così il distanziamento sociale. Abbiamo inoltre ideato una lunch box che possiamo consegnare direttamente in ufficio/ reparto o che i nostri avventori possono ritirare all’interno del ristorante aziendale. Rispetto alla ristorazione scolastica, ci siamo organizzati in modo tale da garantire il servizio sia su turni che direttamente in aula. Dunque anche nel nostro caso abbiamo visto un aumento dei costi dovuti principalmente all’introduzione del monouso, all’erogazione di attività extra di sanificazione, all’impiego di procedure Covid e Dpi. Tuttavia, la capacità di adattarci a ogni situazione ha consentito a un’azienda seria e strutturata come la nostra di rispondere in maniera efficace all’emergenza e continuare a offrire un servizio di qualità. �� cod 76611

Renato Spotti