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Leggi! D. Pennac

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Il verbo partire

Il verbo partire

Leggi!

«Leggi! Ma insomma, leggi! Diamine, ti ordino di leggere! Sali in camera tua e leggi!».

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Risultato? Niente. Il verbo leggere non sopporta l’imperativo.

All’improvviso la finestra gli è apparsa spalancata su qualcosa di desiderabile, e da lì è volato via, per sfuggire al libro. E ora eccolo, di fronte a un libro che non legge. Tutta la voglia di essere altrove forma tra lui e le pagine aperte uno schermo che confonde le righe. Se almeno ci fossero dei dialoghi. Figurati! Pagine zeppe di righe strettissime, neri paragrafi ammassati gli uni sugli altri, e, qua e là, l’elemosina di un dialogo, due virgolette, come un’oasi, a indicare che un personaggio parla a un altro personaggio. Ma l’altro non gli risponde. Segue un blocco compatto di dodici pagine! Dodici pagine di inchiostro nero! Manca l’aria! Uh, se manca l’aria! All’inizio dell’anno, il ragazzo è approdato qui, in questa scuola, insieme a molti altri. Naturalmente non amano leggere. Almeno, questo è ciò che si desume dalla selva di mani alzate quando l’insegnante chiede:

«A chi non piace leggere?».

«Bene,» dice l’insegnante «visto che non vi piace leggere… sarò io a leggervi dei libri».

Apre la cartella tira fuori un libro: «Mettetevi comodi, rilassatevi».

«Ma… ci leggerà quel libro… a voce alta?».

«Non vedo come potreste sentire se leggessi a voce bassa».

«Abbiamo passato l’età…» pregiudizio abbastanza diffuso, soprattutto fra coloro che non hanno mai ricevuto il vero dono di una lettura. Gli altri sanno che non c’è età per questo genere di regali.

«Se fra dieci minuti sarai ancora dell’idea di aver passato l’età, alzi la mano e facciamo qualcos’altro. D’accordo?». Passano i giorni. Un’insegnante legge alcune pagine ogni settimana. Ma perché rimandare alla settimana prossima un piacere che ci si può concedere in una serata?

«Chi l’ha scritto questo libro?».

«Dove posso comprarlo?».

«Cos’altro ha scritto?». Non uno, tra gli alunni, aspetta che l’insegnante arrivi alla fine del libro: terminano prima di lui. Cos’è successo di tanto straordinario? Il merito dell’insegnante è nullo in tutta la vicenda. Il fatto è che il piacere di leggere era vicinissimo, imprigionato da una paura segreta: la paura di annoiarsi.

Quei ragazzi avevano semplicemente dimenticato che cos’era un libro, cos’aveva da offrire. Avevano dimenticato, per esempio, che un romanzo racconta prima di tutto una storia. Non sapevano che un romanzo deve essere letto come un romanzo: placare prima di tutto la nostra sete di racconto.

Scoprire che l’autore si rivolge a me, racconta la sua storia per me.

Daniel Pennac, Come un romanzo, Feltrinelli

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