Una sosta per Gerusalemme

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In copertina: In alto: la Chiesa del Santo Sepolcro in Gerusalemme, luogo della crocifissione e della tomba dove fu deposto il Corpo di Gesù e da dove risuscitò. In basso: la Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Padreterno) in Cerignola affidata dal Vescovo S.E.R. Mons. Felice di Molfetta all’O.E.S.S.G. Delegazione di Cerignola il 19 novembre 2005. Progetto e realizzazione grafica dell’Autore

In quarta di copertina: Titolo lapideo in pietra di Trani raffigurante l’emblema dell’Ordine apposto nell’anno 2006 sul sagrato della Chiesa di Santa Maria delle Grazie in memoria del Cav. Gr. Cr. Vincenzo Ladogana. Foto di Pio Paolicelli


SALVATORE E CARLO PAOLICELLI

UNA SOSTA PER GERUSALEMME Origini ed Evoluzione dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme della Delegazione e della Sede in Cerignola

Con il contributo di

S.E.R. MONS. FELICE DI MOLFETTA

Cerignola 2008


La stampa del volume è stata realizzata con il contributo del Comm. Dott. Francesco CAROPRESE

© Copyright 2008

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PRESENTAZIONE

La sovrapposizione e la mutua interconnessione di due immagini che ornano la copertina di questa pubblicazione curata da appassionati ricercatori di Ceriniolae res, Salvatore e Carlo Paolicelli, sta ad evidenziare graficamente, a mio sommesso avviso, un orientamento di pensiero quanto mai significativo nell’attuale storiografia: quello intento a prendere in considerazione fatti, eventi e persone che nel loro insieme si attestano sullo scenario delle piccole entità geografiche e che, a loro volta, danno vita a un interessante capitolo della cosiddetta microstoria. Capitolo, questo, un tempo guardato con sospetto e con scarso interesse scientifico, oggi invece guardato con interesse e attenzione dagli stessi assertori di quella corrente fenomenologica di pensiero che ha sorretto l’impianto storiografico della macrostoria. Una sosta per Gerusalemme. Origini ed Evoluzione dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, della Delegazione e della Sede in Cerignola. È questo il titolo di uno studio che ho il piacere di presentare e che costituisce un esempio concreto dell’assunto sopra appena accennato. La ricerca infatti, pur prendendo le mosse da due fuochi di storia locale, conduce l’attento lettore verso orizzonti molto più ampi rispetto alle due entità 5


FELICE DI MOLFETTA

dichiaratamente localistiche: ossia una Delegazione e una Sede in cui detta delegazione è allogata. Cosa può rappresentare un nucleo sia pure consistente di persone facenti parte dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro rispetto alle grandi aggregazioni e movimenti di uomini e donne operanti su un vasto territorio geografico? Cosa potrebbe vantare la nostra Chiesa del Padreterno rispetto a manufatti di ben altro prestigio storico artistico qual è la famosa Basilica dell’Anastasis di Gerusalemme? Sì, le nostre sono indubbiamente due piccole entità. Ma la perizia dei due Autori è stata tale da permettere al lettore di superare le auguste barriere spazio-temporali della cultura cerignolana che le avvolge per immetterlo nella fervida corrente di gemmazione, nota caratteristica di processi evolutivi di ogni fenomeno storico. Sicché le due entità, oggetto delle indagini storiografiche, pur esprimendo i tipici connotati della realtà territoriale su cui insistono, ci rimandano indietro di secoli, riannodando l’oggi allo ieri; uno ieri gravido di eventi e fervido di operazioni degne di essere conosciute. È quanto ha compiuto il Gr. Uff. Salvatore Paolicelli nel redigere la prima unità tematica del presente lavoro. Egli, pur nella sua essenziale sinteticità espositiva, offre al lettore la genesi e gli eventi che hanno caratterizzato la storia dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme nei suoi circa novecento anni di servizio alla Terra Santa attraverso le sue varie e complesse vicissitudini. Nel suo saggio il nostro Gr. Uff. Paolicelli fa scorrere davanti agli occhi del lettore come tanti fotogrammi di una vicenda contrassegnata nella sua storia dai toni epici e drammatici, senza però entrare nella complessità storico-critica degli eventi. 6


Presentazione

Fondamentalmente, la sua è una narrazione dal tono familiare, volta a far conoscere ai più, e soprattutto ai sodali, la genesi e gli eventi dell’Ordine del Santo Sepolcro, fino ad arrivare all’oggi con il richiamo agli avvenimenti istitutivi, alle autorità gerarchiche dell’Ordine e alle persone che hanno dato vita alla Delegazione Cerignolana: in primis, all’amato Cav. Gr. Cr. Vincenzo Ladogana. Di ben altro profilo è invece la seconda unità tematica curata dal dott. Carlo Paolicelli, il quale si è assunto l’arduo compito di fare luce sulla Chiesa di Santa Maria delle Grazie, vulgo Padreterno, sede dell’attuale Delegazione dell’Ordine. Il suo vuol essere un viaggio nel passato in cui l’Autore coglie la Chiesa del Padreterno come “ponte fra Oriente e Occidente”, “Santuario della Memoria” e “collegamento fra una secolare storia di presenza cristianocattolica in terra di Puglia e la Città Santa di Gerusalemme”. A tali impegnative e solenni affermazioni, il dott. Carlo Paolicelli ritiene di essere giunto attraverso un rigoroso esame delle fonti storico-geografico-artistiche, legate e iscritte nello stesso manufatto di Santa Maria delle Grazie; fonti – al dire dell’Autore – non sempre prese in considerazione dagli storici locali anche recenti. Tant’è che non manca perfino di annotare, dopo una sua puntigliosa indagine sull’assetto viario del passato che ha coinvolto ovviamente il nostro territorio, quanto segue: «Diamo come dato storico anche l’assenza dalla terra di Cerignola delle mappe tradizionali della presenza degli Ordini religioso-cavallereschi, anche questo dato è da correggere, perché recuperando questo segmento storico incisivo nella storia della Chiesa di Puglia, possiamo recuperare anche una visione più completa delle origini della Chiesa e della Città di Cerignola». Un auspicio, quello dell’Autore, che ben volentieri faccio mio, 7


FELICE DI MOLFETTA

dal momento in cui ho voluto restituire alla Città e al suo patrimonio di arte e di fede la Chiesa del Padreterno. Il suo restauro, realizzato dalle maestranze della Sedir s.r.l. del Comm. Gerardo Biancofiore, mentre ha consolidato le preesistenze artistico-architettoniche, ha permesso al Dott. Carlo Paolicelli di indagare e di approfondire i filoni culturali ivi presenti, non sufficientemente valorizzati e approfonditi sotto il profilo educativo e turistico. Ciò potrà contribuire a costruire un ideale percorso seguendo la via della Terra Santa. È quanto mi attendo da coloro cui è stata affidata la Chiesa, nella loro qualità di nativi custodi e solerti promotori di quei valori che lo scrigno di Santa Maria delle Grazie racchiude in sé. E non solo in sé. Ma anche per gli altri. † Felice di Molfetta Vescovo

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ORDINE EQUESTRE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME GR. UFF. SALVATORE PAOLICELLI


GENESI ED EVENTI Considerata la complessità del fenomeno che in circa novecento anni di storia ha entusiasmato gli studiosi della materia con interpretazioni più o meno attendibili e tenuto conto che nel corso dei secoli alcuni documenti dell’Ordine sono andati dispersi, principalmente a causa degli spostamenti che l’archivio ha dovuto subire, vi è più di una tesi sulla sua origine. Accingendoci a scrivere questi brevi cenni storici, dopo vari approfondimenti e ripensamenti, abbiamo ritenuto opportuno riferirci ad un’autorevole fonte, quale quella del Patriarca Valerga, considerato esperto orientalista ed estimatore dell’Ordine e delle sue tradizioni1, che ricostituì il Patriarcato Latino di Gerusalemme e restaurò l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, convinti come siamo che la tradizione storica diviene memoria e la memoria assurge a testimonianza.

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l Patriarca Valerga, nel Diploma solito a rilasciarsi ai Cavalieri, pubblicato nel libro del Cav. Ercolano conte Gaddi Hercolani2, scrive che il Capitano Goffredo di Buglione3 di memoria degno, nell’anno del Parto della Vergine 1099, nell’espugnazione della Santa Città, allestito un copioso esercito di trecentomila soldati crocesegnati 4 sotto gli auspici di Urbano II Pontefice Massimo 5, 11


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al di là di trecentomila nemici, coll’aiuto di Dio sconfisse: per la qual cosa, presa Gerusalemme, alle ore 21 di venerdì 15 luglio 10996, con l’unanime voto di tutti, il lodato Goffredo fu solennemente proclamato Re di Gerusalemme (in effetti assunse il titolo di “Difensore del Santo Sepolcro” rifiutando per umiltà il regno della Città Santa affermando «non posso accettare una corona da re nella Città dove il Re dei re fu coronato di spine»). Nel quale uffizio, niun indugio frapposto, con quella stessa ardenza di coraggio di cui era acceso pose sotto la sua tutela il Mausoleo di Cristo Signore 7. Ed acciocché convenientemente venisse custodito, fu sollecito nel ristaurare con santissime leggi il Sacro Ordine dei Cavalieri del medesimo Santo Sepolcro, creò parecchi nobilissimi personaggi Cavalieri del Sepolcro del Risorgente Signore, li armò e decorò di croci rosse 8 scolpite in scudo d’argento, decretando che le stesse, da indi in poi, tanto in guerra che nelle aule de’ re, come pure nelle assemblee de’ fedeli di ogni classe, sarebbero obbligati a portare in cambio dello stemma gentilizio. Non a caso viene usato il termine “ristaurare”, in quanto, come recita il citato diploma, oltre a Goffredo, il quale ha avuto il merito di aver dato all’Ordine una sua propria specificità, vi sono altri capi storici dell’Ordine che, in qualità di zelatori non solo, ma altresì strenuissimi difensori dell’onore di Dio e della Cattolica sede, spontaneamente abbiano obbligati se stessi e i loro beni al Dio immortale, e che li abbiano di bel nuovo alienati, e che in diversi tempi abbiano creati dei fortissimi Cavalieri sotto certune regole a tal fine, che, sconfitti gli scellerati infedeli, fossero valevoli di liberamente custodire e di difendere a tutt’uomo la Santa Città di Gerusalemme ed il Sepolcro del risorgente Signore. Essi sono gli invittissimi eroi Carlo Magno9 Imperatore sempre Augusto, 12


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Ludovico VI, Filippo il Saggio, S. Ludovico IX, Filippo Re di Spagna ed altri molti magnanimi Re e Principi della Repubblica Cristiana. Goffredo, stremato dalle fatiche della prima crociata, morì l’anno successivo alla liberazione di Gerusalemme, il 18 luglio 1100; gli succedette suo fratello minore Balduino10, che assunse il titolo di primo sovrano del Regno latino di GerusaAdvocatus Sancti Sepulchri lemme. Sino a Goffredo, tutti i cristianissimi re, sia in qualità di istitutori che di Rettori di questo Sacro Ordine, riservarono a sé la prerogativa di nominare i Cavalieri. Il piissimo Balduino, invece, nell’anno del cristiano nome 1103, costituì supremo moderatore e Maestro dello stesso il Patriarca di rito latino, dandogli la facoltà che coloro i quali conoscesse idonei a questa sacra milizia, li creasse, armasse ed istituisse Cavalieri del Santissimo Sepolcro, e loro consegnasse patenti lettere munite del suggello formato di cera bianca, a quel modo che erano stati soliti servire i Re Gerosolimitani nelle loro lettere e diplomi. Per l’ammissione all’Ordine, sia i militi che i prelati dovevano fornire la prova di nobiltà. Dopo la prima crociata, il ritorno dei Cavalieri ai Paesi d’origine determinò in tutta Europa 11 la creazione di Priorati dell’Ordine, Goffredo di Buglione (Godefroy de Bouillon)

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che operavano sotto la giurisdizione locale di quei Cavalieri, nobili o prelati, che avevano ricevuto l’investitura sul Santo Sepolcro e continuavano a far parte dell’Ordine, anche se non più impegnati a vegliare sul Mausoleo del Cristo Risorto. I Priorati si posero l’obiettivo12 di raccogliere fondi da destinare per la ricostruzione delle Città Sante, per il sostentamento degli indigenti e per la cura degli infermi. I Crociati rimasti in Terra Santa furono molto attivi nel ricostruire, in poco meno di cento anni, i Santuari danneggiati, distrutti o abbandonati in epoca precedente. Grazie al loro impegno la Terrasanta riprese il suo volto cristiano, realizzando un secondo periodo di splendore che eguagliò quello dell’epoca bizantina. Questo, però, fu anche un secolo di lotte, che culminarono con la sconfitta dei Crociati ad opera del Sultano Salah al-Din, detto Saladino, nel 1187 nella battaglia di Hattin, presso il lago di Tiberiade. In conseguenza della disfatta i Cristiani persero il controllo della Terra Santa. Negli anni successivi, poichè tutte le altre Crociate non ebbero dato esito positivo, con la caduta di S. Giovanni d’Acri (1291), ultimo avamposto cristiano in Palestina in mani musulmane, coloro che furono in grado di fare ritorno rientrarono nei loro Paesi di origine. La caduta del Regno di Gerusalemme interruppe il primo scopo della costituzione dell’Ordine, la difesa del Santo Sepolcro e di tutti gli altri Luoghi Santi. Ad esso, però, se ne andava sostituendo uno altrettanto nobile e più duraturo nel tempo, la difesa spirituale dei valori del Cristianesimo in Terra Santa e la conservazione dei suoi Santuari. Rimasero in Terra Santa solo i Frati Minori di San Francesco che vi approdarono nel 1217 13, ai quali i musulmani concessero di poter continuare la loro missione come cappellani dei prigionieri 14


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e dei mercanti occidentali. La sede della Provincia d’Oriente divenne Cipro. Papa Giovanni XXII diede facoltà al Ministro provinciale di Terrasanta di inviare ogni anno due suoi frati nei Luoghi Santi. È certa la loro presenza al servizio del Santo Sepolcro nel periodo fra il 1322 e il 132714. Nel 1333 i Reali di Napoli, Roberto d’Angiò e Sancia di Maiorca, con la mediazione del frate minore Ruggero Garini, comprarono dal sultano mamelucco del Cairo il Santo Cenacolo15 e il diritto a svolgere celebrazioni al Santo Sepolcro16, stabilendo che fossero i Frati Minori a godere di tali diritti in nome e per conto della Cristianità. Nel 1342 Papa Clemente VI, con le Bolle Gratias Agimus e Nuper Carissimae, approvò l’operato dei Reali di Napoli e diede disposizioni per la nuova entità, stabilendo che i frati addetti alla Terra Santa potevano provenire da tutte le Province dell’Ordine e, una volta a servizio della Terra Santa, erano sotto la giurisdizione del Padre Guardiano del Monte Sion in Gerusalemme17. Il 28 marzo 1489 Papa Innocenzo VIII, che prediligeva l’Ordine Ospitaliero di San Giovanni in Gerusalemme18, con Bolla Cum solerti meditatione, unificò l’Ordine Militare del Santo Sepolcro con quello di San Giovanni. In effetti, doveva trattarsi di una fusione per incorporazione in favore dell’Ordine di San Giovanni. Tale disposizione fu avviata solo in Italia, in quanto negli altri Paesi europei ci fu una forte resistenza, tanto da convincere Papa Alessandro VI, nell’anno 1496, ad avocare a sé e ai suoi successori il Gran Magistero dell’Ordine e ad annullare la Bolla di Papa Innocenzo VIII. Inoltre, per conservare la memoria dell’Ordine, accrescere la fede verso il Sepolcro del Signore e recuperare i SS. Luoghi, Papa Alessandro VI conferì al Superiore di Terra Santa, Guardiano del Monte Sion, Commissario Apostolico 15


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dell’Oriente e Custode del Santo Sepolcro, la facoltà di creare nuovi Cavalieri del Santo Sepolcro di Cristo Risorto, estesa anche ai suoi successori. Prima di questa data tale facoltà non era né definita, né regolamentata, ma riconosciuta ed accettata da tutti. Il Papa Leone X ed altri Sommi Pontefici, con Apostoliche bolle e costituzioni, confermarono le disposizioni di Papa Alessandro VI. I frati di San Francesco, nella loro missione, erano sempre sostenuti e coadiuvati dai Cavalieri dell’Ordine, i quali continuarono ad accogliere nei loro ranghi i coraggiosi fedeli che, recatisi in pellegrinaggio a Gerusalemme, contribuivano con il proprio impegno caritativo a sostenere la comunità francescana di Terra Santa e che, proprio al Santo Sepolcro, ricevevano l’investitura dal Custode di Terra Santa. Con il passaggio della Palestina sotto il governo turco, nel 1552, i frati furono obbligati ad abbandonare il convento di Sion e a stabilirsi nel convento di San Salvatore, a tutt’oggi ancora sede del guardiano del Monte Sion. Nella nuova sede del convento di San Salvatore, che andò espandendosi nei secoli fino a diventare una piccola cittadella all’interno delle mura di Gerusalemme, nell’angolo di nord-ovest, i frati ricrearono lo spazio per la comunità e per i servizi esercitati nella sede precedente a favore dei pellegrini e della comunità cristiana della città19. Se si riuscì ad ottenere tutto ciò che avvenne dal 1847 in poi, lo si deve alla costante presenza dei Francescani in Terrasanta e al loro impegno per l’evangelizzazione e per la promozione dei valori cristiani nella stessa. 16


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l periodo moderno dell’Ordine iniziò con Papa Pio IX che, in seguito alla stipula del Concordato tra la Santa Sede e l’Impero turco, sotto la cui dominazione si trovava allora la Terra Santa, il 23 luglio 1847 promulgò la Lettera Apostolica Nulla Celebrior, con la quale ripristinò il Patriarcato Latino di Gerusalemme e creò i presupposti per una (Giovanni Maria Mastai Ferretti) restaurazione dell’OrPapa dal 1846 al 1878 dine Equestre del Santo Sepolcro in quanto, dal momento che esisteva il Patriarca Latino di Gerusalemme e questi era il capo storico dell’Ordine, a Lui veniva nuovamente affidata la collatio secondo l’antica tradizione crociata, interrompendo la prassi che, per qualche secolo, aveva attribuito ai Guardiani della Custodia francescana in Terrasanta il privilegio dell’investitura. Le norme di attuazione, sotto forma di “istruzione” della Congregazione Propaganda Fide, furono pubblicate il 10 dicembre dello stesso anno. Esse rivestirono, nella loro globalità, rilevante importanza per la storia costituzionale dell’Ordine; in particolare al punto VIII stabilirono che, pur rimanendo in vigore le disposizioni precedentemente sancite Beato Pio IX

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riguardanti i Cavalieri, la collazione di tali gradi spettasse esclusivamente al Patriarca, il quale doveva usare quella potestà soltanto in favore di coloro che si fossero distinti per integrità di vita, fossero benemeriti nell’impegno religioso e mostrassero gli altri requisiti atti ad ottenere tale onore. Titolare del Patriarcato Latino 20 dal 17 gennaio 1848 fu Sua Beatitudine Monsignor Giuseppe Valerga. L’ultimo cavaliere a cui il Custode Francescano di Terra Santa, padre Bernardino Trionfetti da Montefranco, accordò l’investitura il 16 gennaio 1848 fu lo stesso Patriarca Valerga che con “squisito tatto” gliene aveva fatto richiesta. Un ventennio dopo il Breve Pontificio Nulla Celebrior, Papa Pio IX, accogliendo le proposte del Patriarca Valerga per il rinnovamento dell’Ordine e dopo aver interpellato una commissione cardinalizia, con il Breve Cum Multa Sapienter del 24 gennaio 1868, considerato la “carta della rinascita”, riformò l’Ordine del Santo Sepolcro istituendo in esso tre gradi distinti di cavalieri: Cavalieri di Prima Classe o di Gran Croce, Cavalieri di Seconda Classe o Commendatori, Cavalieri di Terza Classe, distinguendone Patriarca Giuseppe Valerga

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le insegne, confermando l’antico uso della Croce di Goffredo di Buglione e dell’abito, e stabilendo anche la forma delle decorazioni. Nel Breve l’Ordine fu denominato “Ordine Equestre del Santo Sepolcro”. Il termine equestre sta per cavalleresco e militare21 e, quindi, l’Ordine riformato era inequivocabilmente quello che discendeva dalla Santa Milizia, che Goffredo di Buglione creò per proteggere il Santo Sepolcro. In detto Breve, inoltre, il Papa, ricordando che «dal secolo XV il Custode di Terra Santa, ovvero il Guardiano della famiglia religiosa dei Minori Osservanti di San Francesco residenti in Gerusalemme, per concessione Apostolica ascrivesse all’Ordine uomini meritevoli», con la Lettera Nulla Celebrior, precisava che aveva trasferito al Patriarca Latino di Gerusalemme il diritto di creare Cavalieri e che gli aveva concesso il titolo di legittimo Rettore e amministratore dell’Ordine stesso. A Papa Pio IX si deve anche la costituzione del “terzo ramo” dell’Ordine, quello femminile, in seguito alle istanze della nobildonna contessa Mary Francis Lommax che, quale zelatrice delle Opere in Terrasanta, chiese ed ottenne il diritto di portare la decorazione del Santo Sepolcro come dama zelatrice del medesimo Ordine. Tale denominazione aprì il capitolo delle Dame, nel “libro d’oro” dell’Ordine, custodito ancor oggi nel Patriarcato Latino. Era l’anno 1871. Sarà poi Papa Leone XIII, con il Breve Venerabilis Frater del 3 agosto 1888, a sancire ufficialmente la decisione di Pio IX, autorizzando il Patriarca ad estendere il conferimento delle insegne in relazione ai gradi: Dama di Prima Classe o Dama di Gran Croce, Dama di Seconda Classe o Dama di Commenda, Dama di Terza Classe. Papa Pio X, con Lettera Quam Multa del 3 maggio 1907, indirizzata al Patriarca Latino di Gerusalemme Mons. Filippo 19


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Maria Camassei, affermò che il Patriarca Latino poteva continuare a nominare Cavalieri e Dame in forza dell’autorità concessagli, ma il Sommo Pontefice riservava a sè il Gran Magistero assumendo il titolo di Gran Maestro, portato sino a quel momento dai patriarchi, i quali avrebbero assunto quello di Luogotenente dell’Ordine. Quest’ultimo, pertanto, fu posto sotto la diretta autorità della Santa Sede. Il Pontefice istituì il grado onorifico di Commendatore con Placca o Grand’Ufficiale, da conferirsi «a coloro che si fossero distinti per meriti speciali» e soppresse, per l’ammissione all’Ordine, la condizione di nobiltà dei natali. San Pio X, inoltre, considerando il carattere militare che l’Ordine aveva avuto in passato, permise che gli ascritti potessero adornare l’insegna dell’Ordine con il trofeo militare, da porsi nella parte superiore in modo che da esso pendesse la croce propria dell’Ordine, attaccata al nastro di seta marezzata. Nel 1920, il Patriarca Latino di Gerusalemme Mons. Luigi Barlassina fondò, con l’approvazione di Papa Benedetto XV, l’Opera per la Preservazione della Fede in Palestina con lo scopo di diffondere e difendere la religione cattolica nei Luoghi Santi. Tale Opera fu affidata ai Cavalieri del Santo Sepolcro. Papa Pio XI, con Lettera Apostolica Decessores Nostri del 6 gennaio 1928, decretò la fusione dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro con l’Opera per la Preservazione della Fede in Palestina Dignitario dell’Ordine,

particolare di un quadro di Serra, Genova XVIII sec.

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perchè fossero riuniti, come in un solo corpo, sotto l’amministrazione e la direzione del Patriarca di Gerusalemme. Abolì la riserva al Pontefice del Gran Magistero, per cui il Patriarca divenne anche Rettore e amministratore perpetuo dell’Ordine. Il 10 luglio 1930, lo Stato Italiano con R.D. n. 974 concesse l’autorizzazione all’uso delle onorificenze dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro. La Sacra Congregazione del Cerimoniale, con decreto del 5 agosto 1931, stabilì che alla denominazione ufficiale di Ordine Equestre del Santo Sepolcro, per benigna concessione di Sua Santità Papa Pio XI, fosse aggiunta l’attribuzione “di Gerusalemme”. Inoltre, nell’intento di favorire il riconoscimento ufficiale delle decorazioni da parte dei Governi che avevano relazioni diplomatiche con la Santa Sede, si prescrisse che il Patriarca Latino di Gerusalemme comunicasse i nomi dei nuovi membri dell’Ordine alla Cancelleria dei Brevi Apostolici presso la Santa Sede, affinché questa ne prendesse atto ed apponesse il suo visum e sigillo sul Diploma. Infine, si stabilì di rivedere lo statuto dell’Ordine in base alle disposizioni contenute nello stesso decreto e di sottoporlo all’approvazione della Sacra Congregazione del Cerimoniale, prima della pubblicazione. Il 2 marzo 1932 Papa Pio XI approvò lo statuto dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e il 19 marzo la Sacra Congregazione del Cerimoniale pubblicò un decreto, in virtù del quale si abrogavano tutti gli altri precedenti statuti e Regolamenti che potessero riguardare l’Ordine, promulgando lo statuto nuovo e definitivo, da osservarsi per il futuro. In conseguenza di ciò il Patriarca Barlassina, il 12 settembre 1933, dotò l’Opera per la Preservazione della Fede in Palestina di un proprio statuto. Lo stesso giorno pubblicò, pure, lo statuto 21


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delle Dame Patronesse delle Missioni Patriarcali Gerosolimitane, con l’intento che i Cavalieri si interessassero della prima Opera e le Dame della seconda. Le Opere così costituite permisero all’Ordine di gestire direttamente le risorse finanziarie che venivano raccolte in tutto il mondo, sino al 1949, anno in cui l’Ordine assunse personalità giuridica. Il Patriarca Barlassina, presagendo l’ultimo grande conflitto mondiale, per meglio tutelare l’Ordine, chiese ed ottenne dal Santo Padre di esimerlo dalla carica di Gran Maestro, ritenendo che l’Ordine potesse essere meglio tutelato se, a ricoprire la carica, fosse stato un cardinale di Santa Romana Chiesa, certo che in caso di guerra il Cardinale Patrono avrebbe potuto vigilare meglio sulle sorti dell’Ordine. Il 16 luglio 1940, Pio XII nominò il Cardinale Nicola Canali Patrono dell’Ordine, intimando a tutti, ai singoli dirigenti e agli appartenenti all’Ordine, di riconoscerlo come tale. Con Motu Proprio Cum Ordo del 15 agosto 1945, Papa Pio XII dispose il trasferimento della sede centrale dell’Ordine da Gerusalemme a Roma; i Patriarchi persero la direzione e l’amministrazione dell’Ordine ed assunsero il titolo di Gran Priore. Con decreto del 24 agosto dello stesso anno, la Sacra Congregazione dei Riti approvò le norme del Cerimoniale di investitura dei Cavalieri e Dame dell’Ordine. Con il Breve Quam Romani Pontifices del 14 settembre 1949, Pio XII approvò un nuovo statuto. L’Ordine acquisì la personalità giuridica di diritto canonico e divenne Associazione Pubblica internazionale di fedeli, aperta anche agli ecclesiastici e posta sotto la protezione della Santa Sede, unica titolata ad approvare e promulgare lo statuto; di conseguenza, fu abolita l’Opera per la 22


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Preservazione della Fede in Palestina, in quanto non più necessaria al raggiungimento degli scopi a cui tendeva. La carica di Gran Maestro fu conferita dal Papa al Cardinale Nicola Canali il 21 novembre 1949. Da quel momento in poi tutte le nomine nell’Ordine avvengono a Roma, sede del Successore di Pietro. Lo Stato italiano, con legge 3 marzo 1951 n. 178, all’art. 7 confermò le disposizioni emanate con il R.D. del 1930 circa l’autorizzazione all’uso delle onorificenze. Sua Santità Giovanni XXIII, per dare maggiore sviluppo e carattere internazionale, con Lettera Apostolica Religiosissimo a monumento victoriae dell’8 dicembre 1962, approvò un nuovo statuto redatto dal Gran Maestro Card. Eugenio Tisserant. L’innovazione consisteva nell’aver inserito i Luogotenenti nella Consulta, quali membri di diritto, e l’istituzione del Gran Magistero a cui fu deferito il governo dell’Ordine, sotto la direzione del Cardinale Gran Maestro. A conclusione del Concilio Vaticano II, Sua Santità Paolo VI22, in sintonia con il clima riformatore, revocando ogni ordinamento precedente, il 19 novembre 1967 approvò un nuovo statuto, che rinnovò ulteriormente l’8 luglio 1977. Con Rescritto dell’1 Febbraio 1996, Sua Santità Giovanni Paolo II modificò gli articoli 1 e 4, attribuendo all’Ordine la personalità giuridica vaticana, tenuto conto che non tutti gli Stati in cui esso operava consideravano la personalità giuridica di “diritto canonico” concessa da Papa Pio XII, mentre gli Stati medesimi riconoscevano comunque lo Stato del Vaticano e, conseguentemente, il suo diritto positivo. Il Gran Maestro dell’Ordine, Cardinale Carlo Furno, il 13 maggio 1999 promulgò le «Direttive per il rinnovamento dell’Ordine 23


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Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme 23 in vista del terzo Millennio». Esse costituiscono l’approfondimento delle parti fondamentali dello Statuto in vigore dal 1977 ed una sua aggiornata interpretazione alla luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II e del Magistero di S.S. Giovanni Paolo II. AGLI ALBORI DEL TERZO MILLENNIO

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o speciale mandato, affidato da Papa Giovanni Paolo II all’Ordine in vista del III millennio, è quello di rafforzare nei suoi membri la pratica della vita cristiana e favorire la presenza cristiana in Terra Santa, cioè sostenere e assistere le opere e le istituzioni cultuali, caritative, culturali e sociali della Chiesa cattolica nel territorio designato come “Terra Promessa” ed associato in particolar modo alla vita e all’insegnamento di Gesù. Fulcro della spiritualità di ogni Confratello è rappresentato dalla Resurrezione. Essere “Miles Christi” oggi significa, a differenza dei Cavalieri di un tempo, profondere la carità e l’amore per il prossimo. Ciascuno deve impegnarsi alla riscoperta del battesimo come fondamento dell’esistenza cristiana, per una testimonianza esplicita della fede «…sarete miei testimoni in Gerusalemme, attraverso la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (AT. 1,8) e nutrire filiale devozione alla Beata Vergine Maria. Inoltre, almeno una volta nella vita, deve partecipare al pellegrinaggio al Santo Sepolcro e alla Terra Santa ed assumere l’impegno sociale di fungere da catalizzatore e fermento, per promuovere la ricerca della pace e l’unione dei cristiani in Terra Santa. 24


S. PAOLICELLI Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

L’Ordine richiede dai suoi membri: – esemplare condotta morale – devozione religiosa – partecipazione alle attività della Chiesa – apostolato laico – disponibilità per il servizio alla Chiesa – cura dello spirito ecumenico, soprattutto tramite l’interesse vivo verso i problemi confessionali in Palestina. Nessuno dovrebbe proporsi o essere proposto quale candidato solo perchè consorte, congiunto o stretto amico di un membro, ma per la sua sincera aspirazione ad entrare nell’Ordine per contribuire al raggiungimento degli obiettivi “statutari”. Non può far parte dell’Ordine chi è membro di Enti, Organizzazioni ed Associazioni che abbiano carattere e programmi contrastanti con la dottrina e gli insegnamenti della Chiesa Cattolica e non solo, ma anche chi “colleziona onorificenze”. Per diventare Cavalieri e Dame è necessario un noviziato di non meno dodici mesi, al quale segue la “veglia di preghiera”, altrimenti detta “veglia delle armi”, in preparazione al giuramento di fedeltà agli ideali e agli impegni dell’Ordine. Al termine della veglia si svolge il rito della benedizione delle insegne che, dal giorno dell’investitura, Cavalieri e Dame indosseranno. L’investitura avviene durante una solenne cerimonia eucaristica. Il Cavaliere cerimoniere legge il decreto di nomina firmato dal Gran Maestro Cardinale di Santa Romana Chiesa, al termine del quale i candidati vengono accompagnati dinanzi all’investendo che, seguendo l’antico rituale, li interroga, ammonendoli che l’ideale originario fu la dedizione, anche a costo della vita, a 25


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imprese nobili e sante e che, attualmente, tale ideale si concretizza nella lotta per il Regno del Cristo e per la diffusione della Chiesa e nell’operare per la carità con lo stesso profondo spirito di fede e di amore di un tempo. Segue la consegna ai Cavalieri degli speroni, simbolo della milizia ad onore e gloria del Santo Sepolcro, e della spada, a ricordo della difesa della Santa Chiesa di Cristo, tenendo ben presente che il Regno di Dio non si conquista con la spada, ma con la fede e la carità. Si procede con la consegna della Croce, perchè essa lo protegga e gli ricordi di recitare incessantemente la seguente giaculatoria: «Noi Ti adoriamo, Cristo, e Ti benediciamo, perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo». Al termine, S.E. il Luogotenente riveste i Cavalieri del mantello bianco sormontato, sul lato sinistro, della croce potenziata di colore sanguigno, attuale uniforme in uso. L’investitura delle Dame avviene con la consegna della Croce, insegna dell’Ordine, mentre le due Dame assistenti pongono il mantello sulle spalle delle investite Dame. I sacerdoti, membri dell’Ordine, ricevono la Croce e indossano la mozzetta di lana di colore bianco con croce potenziata scarlatta sulla spalla sinistra. Cavalieri e Dame non possono usare le uniformi e i mantelli in pubbliche cerimonie, senza previa autorizzazione delle rispettive Luogotenenze o Delegazioni delle quali fanno parte e di quella ove abbia luogo la celebrazione.

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’Ordine ha una struttura gerarchica. È retto e governato dal Cardinale Gran Maestro 24; durante la vacanza o l’eventuale impedimento del Cardinale Gran Maestro l’Ordine viene retto e governato dall’Assessore, prelato nominato 26


S. P

AOLICELLI

Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

dal Cardinale Gran Maestro con l’approvazione del Sommo Pontefice. Il Cardinale Gran Maestro è coadiuvato dal Gran Magistero e dalla Consulta. Il Gran Magistero assiste e coadiuva il Cardinale Gran Maestro nel governo e nella gestione dell’Ordine. Fanno parte del Gran Magistero il Luogotenente generale (laico), che rappresenta il Cardinale Gran Maestro quando è da lui delegato; la Presidenza, che è un organo esecutivo costituito dal Governatore Generale (laico), dai Vice Governatori Generali (laici) e dal Cancelliere (laico o ecclesiastico); il Cerimoniere (ecclesiastico) e altri membri, non superiori a dodici, che vengono scelti secondo criteri ispirati a principi di internazionalità e funzionalità. Tutti i suoi membri sono di nomina cardinalizia. La Consulta prende conoscenza delle attività svolte dal Gran Magistero e dei suoi programmi, ed anche delle attività svolte dalle singole Luogotenenze e Delegazioni Magistrali. Esprime pareri sull’organizzazione e sull’attuazione delle attività dell’Ordine, delle Opere in Terrasanta, oltre che su ogni altra questione che le venga sottoposta. Fanno parte della Consulta il Patriarca Gran Priore, l’Assessore, i membri del Gran Magistero, i Luogotenenti e i Delegati Magistrali, un Rappresentante della Segreteria di Stato e un Rappresentante designato dalla Sacra Congregazione per le Chiese Orientali. Essa è convocata e presieduta dal Cardinale Gran Maestro, che ne determina l’ordine del giorno, almeno una volta ogni cinque anni.

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l più alto Dignitario dell’Ordine, subito dopo il Cardinale Gran Maestro, è il Patriarca Latino di Gerusalemme che prende il titolo di Gran Priore dell’Ordine 25. Il Patriarca Gran Priore dell’Ordine riferisce periodicamente al Cardinale Gran Maestro e al Gran Magistero sulle esigenze pastorali di Terra Santa, per 27


Una sosta per Gerusalemme

facilitare la programmazione degli aiuti e la coordinazione delle attività dell’Ordine in Terra Santa. La struttura operativa si articola in due distinte gerarchie: quella laica, cui è affidata la responsabilità gestionale dell’Ordine, sotto la guida del Governatore Generale, e quella ecclesiastica, cui è affidata la responsabilità dello sviluppo spirituale dell’Ordine, sotto la guida del Cancelliere e del Cerimoniere. L’Ordine è suddiviso, in periferia, in Luogotenenze 26 o Delegazioni MaGran Maestro S.Em. Cardinale John Patrick Foley gistrali, dalle quali dipendono le Sezioni e le Delegazioni locali. Il Luogotenente gode, durante munere, del titolo di “Eccellenza”. Detta costituzione periferica laica è affiancata da una struttura ecclesiastica parallela: il Gran Priore di Luogotenenza o di Delegazione Magistrale e i Priori, rispettivamente di Sezioni e Delegazioni. L’Ordine ha la sua sede spirituale presso la chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo 27 in Roma, dono di Sua Gran Priore Santità Pio XII del 15 agosto 1945. S.B. Mons. Fouad Twal Importanti sono i legami che uniscono l’Ordine a questo luogo memorabile. Infatti, nell’annesso Convento di Sant’Onofrio, sede degli uffici amministrativi dell’Or28


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dine, Torquato Tasso, autore della “Gerusalemme Liberata” 27, trascorse l’ultimo periodo della sua vita. Nel suo poema cavalleresco, il Tasso non celebrò tanto l’epopea della prima Crociata, quanto lo spirito di cavalleria e la vocazione del pio condottiero, Goffredo di Buglione, che mirava a liberare il Sepolcro di Cristo, rendendo così più facile e sicuro l’accesso dei pellegrini e sempre più diffusa la venerazione del Santo Sepolcro fra i fedeli. I Cavalieri sono i custodi della tomba di Torquato Tasso, che si trova nella chiesa di Sant’Onofrio, e del museo tassiano nel convento attiguo, in cui trovansi cimeli, manoscritti e prime edizioni delle opere del Tasso. Dalla fine del XVI secolo la tomba del poeta è meta di visitatori: uomini di cultura, ma anche numerosi pellegrini, Cavalieri e Dame 29


Una sosta per Gerusalemme

dell’Ordine del Santo Sepolcro di tutti i Paesi europei e di oltre Atlantico, di ritorno dalla Terra Santa, si fermano a Roma e concludono spiritualmente il loro pellegrinaggio nella Chiesa di Sant’Onofrio. La sede legale dell’Ordine si trova nello Stato della Città del Vaticano e quella operativa, dono di Papa Pio XII nel 1949, è sita nel palazzo della Rovere 29 in via della Conciliazione. L’edificio, unico bene di proprietà dell’Ordine, è il centro propulsore e organizzativo di tutte le attività. Lo Stemma dell’Ordine, attribuito al Regno Latino di Gerusalemme, è in argento; al centro campeggia la Croce Gerosolimitana smaltata in colore rosso sangue della Crocifissione, contornato dall’oro radioso della Resurrezione; il motto, in latino medievale popolare, è quello della Crociata “Deus lo vult”, scritto su lista bifida sotto la punta dello scudo; al lato due angeli, l’uno (a sinistra) con il bastone del viandante e l’altro (a destra) con la lancia del crociato; entrambi hanno sul petto “la conchiglia del pellegrino”, simbolo secolare del viaggiatore diretto a venerare il Sepolcro. Sormonta lo scudo un trofeo di guerra, un elmo d’oro da cavaliere, lì posto a ricordare la natura militare dell’Ordine, cimato della corona di spine di Nostro Signor Gesù Cristo, per non dimenticare la Sua precipua finalità religiosa. La corona di spine, d’altronde, è un elemento ricorrente nella mistica intransigente di Goffredo di Buglione. Il cimiero del globo terrestre è sormontato dalla Croce, 30


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affiancata da due bandiere d’argento con la croce di porpora gerosolimitana al centro. Il Servo di Dio S.S. Giovanni Paolo II, con Decreto Est quidem notum del 21 gennaio 1994, ha proclamato Nostra Signora Regina di Palestina30 Patrona dell’Ordine, evento che da allora Cavalieri e Dame celebrano ogni anno con speciali funzioni religiose. Con questo decreto il Santo Padre ha inteso istituzionalizzare un legame che ha avuto inizio con il Patriarca Barlassina, autore, tra l’altro, della fervente preghiera in onore della Beata Vergine Maria. San Pio X, primo Gran Maestro dei tempi moderni, ad oggi è l’unico Santo dell’Ordine. Il Beato Bartolo Longo è l’unico laico dell’Ordine asceso all’onore degli altari. Agli ascritti all’Ordine è concessa indulgenza plenaria nelle seguenti ricorrenze: – nel giorno dell’investitura; – il 18 agosto, festività di Sant’Elena; – il 21 agosto, festività di San Pio X; – il 14 settembre, memoria della Esaltazione della Santa Croce; – l’ultima domenica di ottobre, festività della Beata Vergine Maria Regina della Palestina. L’ORDINE A CERIGNOLA

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’istituzione di una Delegazione dell’Ordine a Cerignola è frutto di costante impegno profuso dal Compianto Cav. Gran Croce Vincenzo Ladogana 31 che, dopo aver operato in politica e nel sociale, negli anni più maturi della sua vita, intraprese per primo il cammino di formazione della Delegazione nella Diocesi di Cerignola - Ascoli Satriano. 31


Una sosta per Gerusalemme

Al rientro dal pellegrinaggio in Terra Santa, al quale avevano partecipato il Vescovo dell’epoca Mons. Giovan Battista Pichierri e Mons. Saverio Del Vecchio, organizzatore del pellegrinaggio, Vincenzo Ladogana, umilmente ed appassionatamente, reiterò l’istituzione a Cerignola di una Delegazione dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, avendo assicurazioni di impegno di S.E. Mons. Veda sinistra: Cav. Gr. Cr. Vincenzo Ladogana, scovo. S.E. Luogotenente Avv. Francesco Zippitelli La Presidenza del Gran Magistero, con l’assenso del Gran Maestro dell’Ordine Cardinale Carlo Furno, su proposta del Vescovo Mons. Giovan Battista Pichierri e su parere favorevole del Consiglio di Luogotenenza, in data 23 luglio 1996, decretò l’istituzione della Delegazione di Cerignola - Ascoli Satriano. Il 10 settembre 1996 S.E. Luogotenente per l’Italia Meridionale, avv. Francesco Zippitelli, nominò il Cavaliere Conte Stefano Pavoncelli Delegato e Mons. Giovan Battista Pichierri Priore della neonata Delegazione il quale, a sua volta, nominò Mons. Saverio Del Vecchio Assistente spirituale. La prima cerimonia di investitura di Cavalieri e Dame avvenne il 9 novembre 1996 nella Basilica Cattedrale di Cerignola. Il sacro rito fu presieduto dal Grand’Uff. S.E. Mons. Giuseppe Carata, Priore della Sezione di Puglia e Basilicata dell’O.E.S.S.G. 32


S. PAOLICELLI Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

Il 21 aprile 1999 Vincenzo Ladogana, che nel frattempo era stato insignito della promozione a Commendatore, venne nominato Coadiutore della Delegazione. L’8 maggio 1999, nella Basilica Cattedrale, si svolse la seconda cerimonia di investitura. A presiedere l’assemblea fu invitato il Gran Maestro dell’Ordine S.E. Cardinale Carlo Furno. Il 9 febbraio 2000 il comm. Ladogana ottenne da S.E. Luogotenente il prestigioso incarico di Consigliere della Luogotenenza dell’Ordine per l’Italia Meridionale. Fu un momento importante per la storia della Delegazione che, tramite il suo promotore, in breve tempo, rivestì un ruolo così importante in seno all’Ordine. Il 15 luglio 2000 fece l’ingresso a Cerignola il nuovo Vescovo della Diocesi S.E. Mons. Felice di Molfetta il quale, con decreto del 10 marzo 2001 a firma del Gran Priore della Luogotenenza S.E. Mons. Francesco Cacucci e di S.E. Luogotenente avv. Francesco Zippitelli, venne nominato Priore della Delegazione di CerignolaAscoli Satriano. L’11 novembre 2001, nella Basilica Diocesana, la terza cerimonia di investitura fu presieduta dal Grand’Uff. S.E. Mons. Felice di Molfetta, Vescovo della Diocesi. Gli attestati di riconoscenza e di apprezzamento per il proficuo lavoro del Coadiutore, che profuse tutta la sua esperienza e capacità per questo sodalizio, furono tali che, il 9 aprile 2003, S.E. Luogotenente lo nominò Consigliere Coordinatore della Capitanata. L’8 novembre 2003 si tenne la quarta cerimonia di investitura presieduta dal Priore della Delegazione S.E. Mons. Felice di Molfetta. Si avviavano i preparativi per la grande festa del decennale quando l’improvvisa scomparsa dell’illustre confratello Cav. Gran Croce Vincenzo Ladogana, il 5 aprile 2005, giorno della sua festa 33


Una sosta per Gerusalemme

onomastica, colpì profondamente la Delegazione e l’intera Luogotenenza. Rimarranno scolpiti nei nostri cuori l’omelia del Vescovo S.E. Mons. Felice di Molfetta e il discorso commemorativo di S.E. Luogotenente Avv. Francesco Zippitelli. Con il decreto del 10 maggio 2005 la Luogotenenza approvò l’organigramma del nuovo Consiglio di Delegazione, che vide subentrare il Comm. Matteo Paciello. Il 19 novembre 2005 la quinta cerimonia di investitura fu presieduta da S.E. Mons. Felice di Molfetta nella Basilica Cattedrale “S. Pietro Apostolo” di Cerignola, al termine della quale il Vescovo concesse all’Ordine, in uso gratuito, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, detta anche Chiesa del Padre Eterno. Sottoscrissero l’Atto di Convenzione 32 la Diocesi di Cerignola Ascoli Satriano, nella persona di S.E. Mons. Felice di Molfetta, e l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro Delegazione di Cerignola, nella persona del suo legale rappresentante pro tempore Conte Stefano Pavoncelli; controfirmò per l’Ordine S.E. Luogotenente Avv. Francesco Zippitelli. Il decennale si apriva con un importante riconoscimento, l’istituzione della Sezione Cerignola - Ascoli Satriano (2 marzo 2006), a testimonianza dell’impegno profuso da tutti ed in primis da colui che più di tutti l’ha fortemente voluta. Di conseguenza, la Presidenza del Gran Magistero approvò la nomina a Priore della Sezione per S.E. Rev.ma Mons. Gr. Uff. Felice di Molfetta, a Preside per il Comm. Conte Stefano Pavoncelli, a Priore della Delegazione per il Rev.mo Cav. Sac. Don Carmine Ladogana, a Delegato della Delegazione per il Comm. P.A. Matteo Paciello. A suggellare gli avvenimenti del decennale e dell’istituzione della Sezione, il nuovo Priore della Delegazione Don Carmine 34


S. PAOLICELLI Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

Ladogana invitò a Cerignola, il 2 dicembre 2006, il Custode di Terra Santa Padre Pier Battista Pizzaballa O.F.M., che tenne una conferenza sul tema “La chiesa di Terra Santa, testimone di un servizio” nella sala Giovanni Paolo II del Palazzo Vescovile. Al termine, S.E. Mons. Gr. Uff. Felice di Molfetta consegnò alla Signora Rosa Occhionorelli Ladogana “Attestato di Benemerenza ad memoriam” del Cav. Gr. Cr. Vincenzo Ladogana, redatto a Bari, sede di Luogotenenza Italia Meridionale Adriatica il 2 dicembre 2006, a firma del Gran Priore S.E. Mons. Francesco Cacucci e di S.E. Luogotenente Avv. Francesco Zippitelli. La significativa testimonianza del Custode di Terra Santa è servita a dare nuova linfa ai Cavalieri e Dame, che hanno ripreso il cammino con nuovo slancio, per essere goccia nel fiume che porta acqua là dove ce n’è bisogno.

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Una sosta per Gerusalemme NOTE 1

Cfr. SEBASTIANO PACIOLLA, Militia Sancti Sepulcri, p. 438.

2 Cfr. Cenno Storico del Sacro Militare Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme

stampato a Napoli nel 1860, con note aggiunte da SALVATORE PISCOPO, ristampato nel 1999 a cura della Delegazione di Molfetta dell’O.E.S.S.G. 3 Goffredo di Buglione (1060 -1100) figlio di Eustachio, conte di Boulogne, e di Ida, figlia di Goffredo II il Barbuto, duca della Bassa Lorena, morì a Gerusalemme il 18 luglio 1100 all’età di quarant’anni. Dopo la conquista di Gerusalemme, i crociati e i musulmani si scontrarono nella Pianura di Ascalona il 10 agosto 1099. La grande battaglia terminò con la completa sconfitta degli infedeli e, undici mesi dopo questa brillante vittoria, il grande condottiero, stremato dalle fatiche e dai disagi sofferti durante la crociata, morì. L’eroico crociato fu sepolto nella Cappella del Calvario sita nella chiesa del Santo Sepolcro di Cristo Risorto. Nel 1808 un incendio fece andare in fiamme il monumento e le ossa del prode che «il Gran Sepolcro liberò di Cristo»; fu solo grazie allo zelo dei cristiani che fu possibile sottrarre alla voracità delle fiamme la spada, gli speroni e la collana d’oro di Goffredo di Buglione che si era soliti utilizzare nelle cerimonie d’investitura presso il Santo Sepolcro. 4 I trecentomila soldati crocesegnati, così intesi perché portavano sulle vesti e sugli stendardi la croce di Goffredo di Buglione, presero il nome di crociati e le otto guerre che furono combattute dal 1096 al 1270, in seguito all’appello di papa Urbano II, sono note nella storia come crociate. Parteciparono alla prima crociata nobili Franchi e Normanni. Essi partirono da tre direttrici diverse. La colonna guidata da Roberto, figlio di Guglielmo il Conquistatore e duca di Normandia, e da Roberto conte di Fiandra attraversò la penisola italiana fino a Bari e si imbarcò per Durazzo. La colonna guidata da Ademaro di Monteil, vescovo di Le Puy e capo religioso dell’impresa, e da Raimondo di Tolosa marciò verso Costantinopoli per via terra, lungo il litorale balcanico. Le truppe di Goffredo di Buglione, coadiuvato dai fratelli Eustachio e Balduino, passarono per Vienna e giunsero a Costantinopoli marciando attraverso le attuali Ungheria, Romania e Bulgaria. Boemondo di Taranto, figlio di Roberto il Guiscardo, e suo nipote Tancredi d’Altavilla si imbarcarono a Brindisi per Durazzo. Fu nominato capo della crociata Goffredo di Buglione che interpretò le istanze della riconquista del Sepolcro di Cristo al grido di battaglia “Deus lo vult”. Boemondo d’Altavilla, figlio maggiore di Roberto il Guiscardo, principe d’Antiochia e di Taranto (il principato si estendeva da Taranto a Siponto) e duca di Calabria, famoso per le sue gesta contro i Greci e per l’impegno profuso nella prima crociata, si dimostrò durante la sua vita grato verso la chiesa di San Sabino in Canosa di Puglia alla quale donò due spine della Corona di Cristo, andate perse nel corso dei secoli. Morì a San Marco Argentano in Calabria nel mese di febbraio del 1111, disponendo per testamento che la sua salma fosse portata a Canosa di Puglia e collocata a fianco della porta minore della Basilica, dirimpetto alla Confessione sotto la quale riposa il Sacro Corpo di San Sabino e degli altri SS. Vescovi.

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S. PAOLICELLI Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme Importanti sono le opere fatte realizzare sul territorio pugliese da Boemondo per dare degna e confortevole ospitalità ai guerrieri crociati e ai pellegrini che transitavano dalla Puglia diretti in Terrasanta o da essa provenienti. Le chiese, in questo periodo, erano adornate d’affreschi e bassirilievi che offrivano al pellegrino analfabeta la possibilità di apprendere, attraverso le immagini, le principali verità della dottrina cristiana. I luoghi della memoria di Gesù Cristo e di Sua Madre Maria sono meta di pellegrini cristiani sin dal II sec. La prima celebre pellegrina laica fu Elena, madre di Costantino, che edificò nella Palestina sontuosi templi al Dio vivente. A lei si deve la miracolosa scoperta della Santa Croce il 14 settembre dell’anno 326. All’età costantiniana risale il più antico resoconto di un pellegrinaggio cristiano ai Luoghi Santi scritto da un viaggiatore anonimo partito da Burdigala (attuale Bordeaux) e perciò detto itinerarium burdigalense. Il pellegrino arrivò a Costantinopoli con un percorso terrestre che lo portò dalla Gallia meridionale alle attuali Italia settentrionale, Slovenia, Croazia, Serbia e così fino a giungere in Terra Santa. Qui l’interesse del viandante si accese e le scarne annotazioni di luoghi e distanze divennero veri e propri appunti di viaggio. Il ritorno, invece, lo fece in parte per mare, sbarcò sulla costa pugliese diretto a Roma, tornando ad annotare solo luoghi e distanze, lasciando nel suo taccuino una testimonianza preziosa. (da Storia della Chiesa, Ed. San Paolo srl, 2000; Storia della Chiesa di Canosa, di A. A. TORTORA, Ed. Guglielmi, 1982). 5 Papa Urbano II nacque a Chatillon-sur-Marne in Francia il 1042, il suo nome di battesimo era Eudes de Lagery. Fu arcidiacono nella cattedrale di Reims e successivamente nell’abazia di Cluny. Gregorio VII lo elevò alla carica cardinalizia assegnandogli il vescovado di Ostia e tenendolo sempre in gran conto per i suoi suggerimenti nell’opera di riforma, tanto da inviarlo spesso come legato in Germania. Il 12 marzo 1088 fu eletto Papa con il nome di Urbano II. In linea con Papa Gregorio VII, si pose come obiettivo la riunificazione della Chiesa impegnandosi nella lotta per le investiture e nel superamento dello scisma con la Chiesa d’Oriente. L’occasione si presentò propizia durante il Concilio di Piacenza, tenutosi dall’1 al 7 marzo 1095, nel quale gli ambasciatori dell’imperatore d’Oriente Alessio gli chiesero apertamente aiuto nella lotta contro gli infedeli (così erano definiti i Turchi Selgiuchidi, popolo di fede musulmana originario del Turkestan, nell’Asia centrale) che conquistarono l’egemonia su una vasta parte del mondo islamico, impedendo ai cristiani di andare a pregare sulla tomba del Santo Sepolcro di Cristo. Erano presenti al Concilio duecento vescovi e cinquemila ecclesiastici d’Italia e di Francia. Il Papa, puntando su una psicosi di massa, alimentata dal rinnovato fervore religioso, per trasformare dei comuni soldati in Milites Christi, partì per la sua Francia nell’agosto 1095 e organizzò un gran Concilio a Clermont, in Alvernia, dal 18 al 27 novembre dello stesso anno. In un coinvolgente discorso, Urbano II, descrivendo la grave crisi che attraversava Gerusalemme con la profanazione dei Luoghi Santi da parte dei Turchi, e dando corpo alla sua travolgente orazione con immagini bibliche, esortò il mondo cristiano a cingere la spada contro i Turchi (da I Papi: storia e segreti, di CLAUDIO RENDINA, Newton e Compton editori, 2005).

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Una sosta per Gerusalemme Riportiamo alcuni stralci dell’appello di Urbano II, tramandato da un cronista del tempo (tratto da La civiltà del basso medioevo, di UMBERTO DIOTTI, De Agostini, 2002): «Popolo dei Franchi, popolo d’oltre i monti, popolo – come riluce in molte delle vostre azioni – eletto e amato da Dio, distinto da tutte le nazioni sia per il sito del vostro paese che per l’osservanza della fede cattolica e per l’onore prestato alla Santa Chiesa, a voi si rivolge il nostro discorso e la nostra esortazione. Vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo ci abbia condotto nelle vostre terre [in Francia], quale necessità vostra e di tutti i fedeli ci abbia qui attratti. Da Gerusalemme e da Costantinopoli è pervenuta e più d’una volta è giunta a noi una dolorosa notizia: i Persiani, gente tanto diversa da noi, popolo affatto alieno da Dio, ha invaso le terre di quei cristiani, le ha devastate col ferro, con la rapina e col fuoco e ne ha in parte condotti prigionieri gli abitanti nel proprio paese, parte ne ha uccisi con miserevole strage, e le chiese di Dio o ha distrutte dalle fondamenta o ha adibite al culto della propria religione. […] A chi dunque incombe l’onere di trarne vendetta e di riconquistarlo, se non a voi, cui più che a tutte le altre genti Dio concesse insigne gloria nelle armi, grandezza d’animo, agilità di membra, potenza d’umiliare sino in fondo coloro che vi resistono? Vi muovano, e incitino gli animi vostri ad azioni virili, le gesta dei vostri antenati, la probità e la grandezza del vostro re Carlo Magno e di Ludovico suo figlio e degli altri vostri sovrani che distrussero i regni dei pagani e a essi allargarono i confini della Chiesa. Soprattutto vi sproni il Santo Sepolcro del Signore Salvatore nostro, ch’è in mano d’una gente immonda, e i luoghi santi, che ora sono da essa vergognosamente posseduti e irriverentemente insozzati dalla sua immondezza […]. Non vi trattenga il pensiero di alcuna proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, chè questa terra che voi abitate, serrata d’ogni parte dal mare o da gioghi montani, è fatta angusta dalla vostra moltitudine, né è esuberante di ricchezza e appena somministra di che vivere a chi la coltiva. Perciò vi offendete e vi osteggiate a vicenda, vi fate guerra e tanto spesso vi uccidete tra voi. Cessino dunque i vostri odi intestini, tacciano le contese, si plachino le guerre e si acquieti ogni dissenso e ogni inimicizia. Prendete la via del Santo Sepolcro, strappate quella terra a quella gente scellerata e sottomettetela a voi: essa da Dio fu data in possessione ai figli di Israele; come dice la Scrittura, in essa scorrono latte e miele». 6 Op.cit., nota 2. 7 È stato eretto da Costantino nel luogo dove Giuseppe d’Arimatea ha posto il corpo di Gesù. È l’evangelista Matteo che ci riferisce l’avvenimento (cap. XXVII, 57-60): «E fattasi sera, venne un uomo ricco di Arimatea chiamato Giuseppe, che era anche lui discepolo di Gesù: costui, presentandosi a Pilato, gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato comandò che gli fosse consegnato il corpo. E Giuseppe, preso il corpo, l’avvolse in una bianca sindone e lo pose nella sua tomba nuova che aveva scavata nel masso; ribaltata una gran pietra all’ingresso della tomba, si ritirò» ( da La Sacra Bibbia, ed. SAIE,1976).

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Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

8 Il primo ad indossare questo tipo di croce fu proprio Goffredo di Buglione, il quale

volle che i suoi soldati la portassero sulle vesti e sugli stendardi. Essa è una croce potenziata, perché reca alle estremità di ogni braccio una traversa ed ha nei quattro cantoni altre quattro crocette. Questo tipo di croce, detta anche croce di Goffredo di Buglione o croce gerosolimitana, divenne la divisa e l’emblema dell’Ordine. Essa viene anche definita croce quintuplice, in quanto ricorda le cinque piaghe di Cristo e lo smalto rosso dell’insegna dei cavalieri rappresenta il sangue sparso sul Calvario. 9 Carlo Magno nacque nel 742 e morì per una pleurite a 72 anni, il 28 gennaio 814. All’età di 26 anni divenne re dei Franchi e avviò il sogno di ricostituire un grande impero romano-barbarico. Nel 774, distrutto il regno dei Longobardi, fu incoronato re a Pavia. Nella notte di Natale dell’800, in San Pietro, Papa Leone III lo incoronò imperatore: fu il primo in Occidente, dai tempi di Romolo Augustolo. Carlo Magno si distinse per le sue liberalità verso la Chiesa di Gerosolima a tal punto che il califfo Harun-el-Rascid, signore dell’Oriente, pregiandosi dell’amicizia di quel grande, gli cedette i suoi diritti sulla Città di Davide. Il patriarca della chiesa gerosolimitana inviò ad Aquisgrana le chiavi del Santo Sepolcro e lo stendardo, per il tramite di due monaci. L’imperatore, ricevuti quei sacri pegni di devozione e di affetto, attribuì nobili e generosi doni al patriarca di Gerusalemme. (Op. cit., nota 2). 10 Balduino (o Baldovino), figlio di Eustachio II di Boulogne, fratello minore di Goffredo e di Eustachio, fu incoronato primo re di Gerusalemme dal patriarca Daimberto a Betlemme nel giorno di Natale del 1100. Morì nel 1118 e fu sepolto, come suo fratello Goffredo, nella basilica del Santo Sepolcro. Quale re di Gerusalemme fu sovrano nominale della contea di Tripoli, del principato di Antiochia e della contea di Edessa. 11 In Italia, fin dal 1187, l’Ordine del Santo Sepolcro ebbe la sua residenza presso la chiesa di San Luca di Perugia, anche se Papa Celestino II con il breve del 12 gennaio 1144 donò una sua chiesa in Roma che, evidentemente, non doveva essere molto accogliente. Perugia fu preferita a Barletta, dove i cavalieri avevano la chiesa del Santo Sepolcro e altri possedimenti fin dal 1130, perché si trovava al centro dell’Italia. Il Priorato di Barletta fu costituito da Papa Lucio III con il Breve del 14 luglio 1182. Nel 1291, in seguito alla presa di S. Giovanni d’Acri da parte dei musulmani, alcune preziose reliquie del Santo Sepolcro di Gerusalemme, di seguito elencate, furono affidate ai canonici della Basilica del Santo Sepolcro di Barletta dove tuttora sono custodite: la Croce patriarcale binata costituita da pezzi di legno della vera Croce, rivestita di metalli e pietre preziose; il ciborio portatile a pianta quadrata, destinato a contenere la pisside; la pisside a forma di colomba (chiamata colomba eucaristica); l’ostensorio a forma di calice di cristallo a raggiera; il breviario patriarcale gerosolimitano costituito da 550 fogli scritti in carattere gotico, contenente un calendario ecclesiastico e riportante sul retro del foglio 42 la sintesi delle Crociate (da La Basilica del Santo Sepolcro di Barletta, di RENATO RUSSO, ed. Rotas, 1999). Vicino alla chiesa si erge il colosso di Eraclio, in bronzo, alto quattro metri e mezzo. Nel VII secolo

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Una sosta per Gerusalemme il basileus Eraclio, precursore dei crociati, per recuperare la Santa Croce trafugata da Schaharbarz, crudele alleato del re Corsoe di Persia, lasciò l’impero e si recò a Ctesifonte, dove era custodito il sacro legno. Una volta in possesso della Sacrosanta Reliquia fece un pellegrinaggio a Gerusalemme per ricollocarla al suo posto e salì il Calvario portandola sulle spalle, proprio come fece Gesù. 12 L’obiettivo materiale prefisso oggi dai membri dell’Ordine è indirizzato al sostegno finanziario delle attività istituzionali del Patriarcato Latino di Gerusalemme quali: la pastorale, il mantenimento del clero, il Seminario, la costruzione e manutenzione di edifici parrocchiali e scolastici, il finanziamento delle scuole, la costruzione, il restauro e finanziamento di chiese e Santuari, le Istituzioni educative, i Centri di formazione, le residenze per sacerdoti e religiose, gli istituti per l’infanzia, gli alloggi per anziani e diversamente abili, le istituzioni sanitarie e assistenziali. L’Ordine sostiene anche progetti e programmi di sviluppo umano quali alloggi, concessioni di borse di studio e di piccoli prestiti per l’inizio di attività lavorative ed altre opere sociali (da Sintesi delle disposizioni operative contenute nelle direttive “Per il rinnovamento dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme” in vista del terzo millennio, 2000). 13 Nell’anno 1217 si svolse il primo Capitolo Generale dei Frati Minori e il mondo da evangelizzare fu diviso in Province, sette in Italia e sei all’estero. Tra le sei vi era la Provincia di Siria o di Terra Santa nella quale fu inviato frate Elia come superiore del primo nucleo di frati della Provincia Ultramarina, un vasto territorio che si estendeva a tutte le regioni che gravitavano attorno al bacino sud-orientale del Mediterraneo e comprendeva la terra natale di Cristo e i luoghi della realizzazione del mistero della nostra Redenzione. Nel 1263 la Terra Santa, considerata la perla di tutte le Province, fu riorganizzata in entità più piccole, dette Custodie, per facilitare le attività dei Francescani. Si ebbero così le Custodie di Cipro, di Siria e di Terra Santa. La Custodia di Terra Santa comprendeva i conventi di Gerusalemme, Acri, Antiochia, Sidone, Tripoli, Tiro e Giaffa. Attualmente la Custodia di Terra Santa opera in Israele, Palestina, Giordania, Siria, Libano, Egitto e nelle isole di Cipro e Rodi. I Francescani prestano il loro servizio nei principali Santuari della Redenzione, tra i quali un posto di rilievo spetta al Santo Sepolcro, alla Natività di Betlemme e alla Chiesa dell’Annunciazione a Nazareth (da La presenza Francescana in Terrasanta, di Fr. P. PIZZABALLA, 2005). 14 Op. cit., nota 13. 15 Dalla distruzione della Città Santa del 70 d.C. fu risparmiata la piccola chiesa dove si svolse “l’ultima cena”, apparve Gesù Risorto e discese lo Spirito Santo sugli apostoli. Nel IV secolo, al posto della piccola chiesa, si costruì una grande basilica, “la Santa Sion”, la madre di tutte le chiese. Questo santo luogo subì distruzioni e incendi sia nel 614 da parte dei Persiani che nel 965 da parte degli Arabi. I crociati, nel XII secolo, ricostruirono la basilica col nome di “Santa Maria sul Monte Sion”. Dalla distruzione del 1219 ad opera del sultano di Damasco si salvarono la cappella medievale del cenacolo e la tomba di Davide, appartenente forse ad una sinagoga giudaico-cristiana. Nel 1333 i Francescani,

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S. PAOLICELLI Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme grazie all’interessamento dei reali di Napoli, ottennero il possesso giuridico dell’intero edificio. I religiosi edificarono sul posto un conventino con un chiostro e officiarono il Santuario per oltre due secoli, sino alla loro espulsione nel 1552. Il Cenacolo passò allora in mano ai musulmani e, dal 1948, in mano agli Israeliani (da A Gerusalemme con Gesù di Nazaret, di ADINOLFI e BUZZONE o.f.m., suppl. 2000 dell’Eco di Terrasanta). 16 EUSEBIO DI CESAREA, in De vita Constantini, riferisce che, rimosso elemento dietro elemento, apparve il venerando e santissimo testimonio della risurrezione salvifica e la grotta più santa di tutte. L’imperatore Costantino diede pie disposizioni legali e larghi finanziamenti, ordinando di costruire intorno alla grotta salvifica una casa di preghiera. Lo stesso Eusebio riferisce che, demolito il terrapieno di Adriano con il tempio alla triade capitolina di Giove, Giunone e Minerva, ricomparve inaspettatamente il giardino con la tomba di Cristo e la roccia del Golgota. La sacra tomba, così come si presentava scavata nella roccia, fu venerata finché non la distrusse, nel 1009, il Califfo Hakem. Il complesso della costruzione di Costantino del 335 comprendeva, partendo da Oriente, l’atrio orientale, il Martyrion o basilica a cinque navate, il Triportico con la roccia del Calvario o secondo portico, anch’esso a cielo aperto, e l’Anastasi (Risurrezione) del Santo Sepolcro lasciato nella sua nudità rocciosa. Alla distruzione persiana del 614 e al restauro del monaco Modesto, che coprì il Calvario con volte a crociera, seguì la sistematica e più radicale distruzione del Califfo Hakem nel 1009. Abbandonati definitivamente l’atrio orientale e il Martyrion, furono restaurati da Costantino IX Monomaco il triportico con il Calvario e l’Anastasi (1042-1048). Ai crociati, infine, si devono il rifacimento dell’Anastasi, la sostituzione del triportico con il grande coro dei canonici, l’inserimento del Calvario nel nuovo complesso architettonico, la cripta di Sant’Elena e l’atrio meridionale con funzione di ingresso alla basilica (op. cit., nota 15). 17 Op. cit. nota 13. 18 Oggi denominato Sovrano Militare Ordine di Malta, prestava soccorso e ricovero ospedaliero ai pellegrini che si recavano a pregare sul Santo Sepolcro. Adottò come insegna la croce amalfitana ad otto punte, di color bianco, simbolo delle otto beatitudini della fede, lo stendardo rosso e i mantelli neri. Gli Arabi, dopo averne conosciuto l’impeto in battaglia, identificarono i cavalieri dell’ordine con reverenziale timore “uomini neri”. Con la caduta di San Giovanni d’Acri, gli Ospitalieri (così venivano intesi) si rifugiarono a Cipro e, dopo aver conquistato Rodi, vi si stabilirono e presero il nome di Cavalieri di Rodi. Nel 1522 Rodi cadde nelle mani dei Turchi e i cavalieri superstiti vagarono tra Candia e la Sicilia, Civitavecchia e Marsiglia, fino a quando Carlo V concesse loro l’isola di Malta. Lì restarono a lungo e l’Ordine assunse la denominazione che conserva ancor oggi. Papa Leone XII, nel 1827, li fece insediare a Roma dove tuttora risiedono (da Gli Ordini cavallereschi, di FRANCO CUOMO, ed. Newton e Compton, 2001). 19 Cfr. Una grande mostra a Milano: Terrasanta. Dalla crociata alla custodia di Terrasanta, di MICHELE PICCIRILLO (SBF-Jerusalem), 2000.

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Una sosta per Gerusalemme In seguito alla morte del Patriarca greco Simeone, avvenuta a Cipro il I agosto 1099 dove si era rifugiato, i crociati designarono il chierico fiammingo Arnolfo Malecorne di Rohes, già cappellano di Roberto di Normandia, primo Patriarca Latino di Gerusalemme. I Patriarchi latini rimasero a Gerusalemme fino al 1187 quando, in seguito all’occupazione della Città Santa da parte di Saladino, si trasferirono a San Giovanni d’Acri, città fortezza sulla costa, sino alla fine del suo assedio nel 1291. Con la caduta di quest’ultimo avamposto, la Santa Sede mantenne il Titolo in Europa. Nel 1847 fu ripristinato il Patriarcato latino con sede in Gerusalemme. 21 Cfr. SEBASTIANO PACIOLLA, in Militia Sancti Sepulcri. 22 S.S. Paolo VI fu il primo Papa dopo San Pietro ad andare pellegrino in Terra Santa nel 1964. 23 Si compongono di ottantanove articoli, suddivisi in cinque capitoli, in cui vengono esaminati tutti gli aspetti della vita dell’Ordine, delle sue strutture, della sua organizzazione e del suo funzionamento. 24 Attuale Gran Maestro è il Cardinale John Patrick Foley che ha ricevuto la berretta cardinalizia da Papa Benedetto XVI nel Concistoro del 24 novembre 2007. S.E.R. John Patrick Foley è nato l’11 novembre 1935. È stato ordinato sacerdote nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo in Philadelphia il 19 maggio 1962. Ha svolto studi storico-filosofici conseguendo il massimo dei voti e la lode. Dal 1963 al 1965, durante il Concilio Vaticano II, è stato a Roma per gli studi universitari e contemporaneamente lavorava come corrispondente del Catholic Standard and Times di Philadelphia. Successivamente, oltre all’incarico di vice parroco di una parrocchia del centro di Philadelphia, ha operato intensamente nel campo delle Comunicazioni, tant’è che Giovanni Paolo II il 9 aprile 1984 lo ha nominato Presidente della Pontificia Commissione (ora Pontificio Consiglio) per le Comunicazioni Sociali, elevandolo in qualità di Arcivescovo alla Sede Titolare di Neapolis in Proconsulari. Viene consacrato Arcivescovo dal Cardinale Krol, che lo aveva anche ordinato sacerdote, nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Philadelphia l’8 maggio 1984. Nell’agosto dello stesso anno gli viene affidato anche l’incarico di Presidente del Consiglio di Amministrazione del Centro Televisivo Vaticano che ricopre fino a dicembre 1989. È responsabile della Filmoteca vaticana. Ha ricevuto diverse onorificenze, tra cui nel 1991 quella di “Commendatore con Placca” dell’O.E.S.S.G. e nel 2003 quella di “Cappellano di Gran Croce” del Sovrano Militare Ordine di Malta. Papa Benedetto XVI il 27 giugno 2007 lo ha posto a capo dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ancor prima della pubblicazione cardinalizia, nominandolo Pro-Gran Maestro, succedendo al Cardinale Carlo Furno di cui il Santo Padre ha accettato la rinuncia per raggiunti limiti di età. Il 24 novembre 2007 il Pro-Gran Maestro è stato elevato a Cardinale e nominato Cardinale Diacono di San Sebastiano al Palatino (Titolo Cardinalizio istituito da Papa Paolo VI nel 1973). Il 27 novembre 2007 ha preso possesso della Basilica Titolare, retta dai frati minori dell’Ordine di San Francesco, vestendo gli 20

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S. PAOLICELLI Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme abiti liturgici dell’O.E.S.S.G.. Il 22 dicembre 2007 è stato nominato Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. La biografia è stata estrapolata principalmente dal sito internet www.vatican.va/roman_curia/institutions_connected/oessh/ 25 Domenica 22 giugno 2008 ha fatto il suo ingresso solenne a Gerusalemme il nuovo Patriarca Latino Sua Beatitudine Mons. Fouad Twal. Il suggestivo cerimoniale ha visto la partecipazione di Sua Eminenza il Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro con una delegazione di Cavalieri e Dame che, unitamente al Patriarca Emerito Sabbah ed al Custode di Terrasanta P. Pierbattista Pizzaballa O.f.m., hanno introdotto l’Eletto nella Basilica della Risurrezione, passando per la Porta di Jaffa fra due ali “incontenibili” di fedeli festanti. Riti semplici, come la processione, il bacio della Pietra dell’Unzione, l’aspersione della folla con l’acqua benedetta, hanno fatto rivivere alla comunità cristiana di Terrasanta ed ai Pellegrini, ivi numerosi radunatisi, la solennità della Domenica delle Palme. S.B. Mons. Fouad Twal è nato a Madaba, in Giordania, il 23 ottobre 1940, quinto di una famiglia di nove figli, il suo nome in arabo significa “cuore che ama”. Nell'ottobre 1959 è entrato nel Seminario Patriarcale Maggiore di Beit-Jala ed è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1966. Nell'agosto dello stesso anno è stato nominato vice parroco a Ramallah; nel gennaio 1967 ad Irbed; nel giugno 1968 a Mahatta. Nel settembre 1972, ha intrapreso gli studi di Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense e nell’ottobre del 1974 è entrato nell’Accademia Pontificia ecclesiastica. Nel 1975 si è laureato in diritto canonico. Dal 1977 al 1992 ha prestato servizio diplomatico presso la Nunziatura Apostolica dell'Honduras, il Consiglio per gli Affari Pubblici della Segreteria di Stato, la Nunziatura Apostolica in Germania e in Perù. Il 30 maggio 1992 è stato nominato Vescovo Prelato di Tunisi, ricevendo l'ordinazione il 22 luglio dello stesso anno. Il 31 maggio 1995 è stato promosso Arcivescovo. È stato anche Presidente della Conferenza Episcopale Regionale del Nord dell'Africa (C.E.R.N.A). L’8 settembre 2005, Papa Benedetto XVI lo ha nominato Coadiutore del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini. Il 21 giugno 2008 succede a S.B. Michel Sabbah di cui il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Domenica 29 giugno 2008, solennità dei Santi Pietro e Paolo, nella Basilica Vaticana, è stato insignito del Pallio da Papa Benedetto XVI. Il motto di Sua Beatitudine Mons. Fouad Twal è Paratur cor meum, “Il mio cuore è pronto”, tratto dal Salmo 108. Secondo lo Statuto dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, S.B. Mons. Fouad Twal è il nuovo Gran Priore dell'Ordine. Lo stemma del nuovo Patriarca, elaborato da Emanuele Colombo, ha al capo la Croce di Goffredo. Essa, oltre a voler indicare l’alta dignità, esprime l’intima unione, soprattutto spirituale, del titolare con tutti i membri sparsi nel mondo. 26 Sono presenti in tutto il mondo 52 Luogotenenze: Argentina, Australia New Southwales, Australia Queensland, Australia-South Australia, Australia Victoria, AustraliaWestern Australia, Austria, Belgio, Brasile-Rio de Janeiro, Canada-Atlantic, Canada-

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Una sosta per Gerusalemme Montréal, Canada-Québec, Canada-Toronto, Canada-Vancouver, Colombia, Filippine, Finlandia, Francia, Germania, Gibilterra, Gran Ducato di Lussemburgo, Inghilterra, Irlanda, Italia Centrale e Sardegna, Italia Meridionale Adriatica, Italia Meridionale Tirrenica, Italia Settentrionale, Italia Sicilia, Malta, Messico, Olanda, Polonia, Portogallo, Porto Rico, Principato di Monaco, Scozia, Slovenia, Spagna Occidentale, Spagna Orientale, Svezia, Svizzera, Taiwan, Ungheria, Usa Eastern, Usa Middle Atlantic, Usa Northeastern, Usa Northern, Usa Northcentral, Usa Northwestern, Usa Southeastern, Usa Southwestern, Usa Western. 27 La chiesa dedicata a Sant’Onofrio con l’annesso convento risale al XV secolo. È definita una preziosa gemma incastonata sulle pendici del colle gianicolense, a poche decine di metri dalla “quercia del Tasso”. Ha una suggestiva ubicazione panoramica, da cui è possibile ammirare la cupola michelangiolesca di San Pietro, il fiume Tevere con i suoi ponti e i quartieri del centro storico. Pregevoli sono le opere d’arte in essa custodite. Attualmente, in un’ala del convento, risiedono i frati del Terz’Ordine di San Francesco, mentre nell’altra, oltre agli uffici amministrativi dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, è sito il museo tassiano (da Annales, IX, 2004-2005). 28 Torquato Tasso nacque a Sorrento l’11 marzo 1544 da Bernardo, di antica e illustre famiglia bergamasca, e Porzia de’ Rossi, discendente da un’aristocratica famiglia di origine pistoiese. Morì a Roma il 25 aprile 1595 e fu sepolto nella chiesa del convento di Sant’Onofrio. Il Tasso, nel comporre il poema della liberazione di Gerusalemme che lo impegnò per oltre trent’anni, dall’esordio poetico sino alla vigilia della morte, si rifà ai ricordi dei racconti ascoltati da fanciullo a Cava de’ Tirreni, nei quali rivivevano, tra storia e leggenda, la figura di Urbano II e le imprese dei crociati. A Venezia, poi, la lettura degli antichi cronisti delle crociate, che circolava abbondantemente nel territorio veneto, e la suggestione diretta delle narrazioni orali portate dall’Oriente lo arricchirono ulteriormente e si delineò in lui il grande disegno dell’opera. L’argomento trattato era in quel periodo di attualità in Europa, in quanto il mondo cristiano guardava con crescente preoccupazione l’avanzata dei Turchi, che si erano spinti fino all’Ungheria e alla Croazia e che, dall’Africa settentrionale, effettuavano scorrerie sulle coste della nostra penisola (da Gerusalemme liberata, a cura di LANFRANCO CARETTI, Einaudi, 1993). 29 Progettato da Baccio Pontelli per il cardinale Domenico della Rovere nel 1480. Si riconoscono in esso le forme di Palazzo Venezia. Esso è uno dei pochi significativi edifici residenziali del rinascimento romano uscito indenne dal “Sacco” del 1527 e non alterato dalle mode dei secoli successivi. Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1655, l’intero edificio venne acquistato dai Penitenzieri (da qui il nuovo appellativo) che lo tennero per più di due secoli. Ha recuperato le antiche forme negli anni quaranta. Si erge su tre piani di nove finestre, su quelle del primo piano, a crociera, si legge il nome del fondatore: DO.RUVERE CARD. S. CLEM.; in quelle del secondo piano, semplicemente rettangolari, il suo motto: SOLI DEO. Sulla sinistra si innalza la torre angolare, dove troviamo un’altra iscrizione

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S. P

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Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

che ricorda la data, 1950, in cui terminarono i lavori di ristrutturazione del palazzo e la nuova destinazione. Attualmente il palazzo ospita la sede dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro e l’Hotel Columbus. La parte più prestigiosa dell’edificio è occupata dagli uffici di rappresentanza dell’O.E.S.S.G. Qui si trovano i saloni affrescati dal Pinturicchio e dalla sua scuola. Di notevole pregio è la sala dei Semidei, coperta dal soffitto a lacunari con fondo dorato, dipinti a finto mosaico, che insiste su un fregio decorato con sfingi, delfini, tritoni e anfore. Le formelle del soffitto contengono differenti figurazioni, attinte dal repertorio mitologico (da Il Rione Borgo, di LUDOVICO PRATESI, ed. Newton, 1998). 30 Il Santuario si trova a Deir Rafat. A dare inizio alla straordinaria storia religiosa fu il Patriarca Luigi Barlassina, grande devoto della Madonna, che il giorno del suo ingresso solenne nella basilica del Santo Sepolcro, il 15 luglio 1920, consacrò la diocesi alla Vergine, chiamandola “Nostra Signora Regina della Palestina”. Il quadro ad olio, che si trova nel Santuario mariano internazionale di Rafat, è opera di suor Maria Giovannina della Congregazione delle Francescane Missionarie di Maria, di origine italiana; a lei il patriarca Barlassina si rivolse per realizzare la pala d’altare. L’immagine, dice il professor Rimoldi in un opuscolo su Rafat, rappresenta la Vergine Santa nella gloria mentre stende la mano destra sulla Palestina, Sua Patria, in segno di protezione. Al lato due piccoli angeli presentano alla Madonna le insegne reali: la corona e lo scettro di regina. Ai piedi si scorge da un lato, prospiciente il mare, la città di Haifa (gr. Caifa) con il santuario del Carmelo, dall’altro la città di Gerusalemme, congiunte da una serie di colline e di montagne. I cavalieri e dame del Santo Sepolcro, riproponendo l’immagine pittorica, fecero realizzare una statua in lastre di rame che fu collocata sulla facciata del Santuario. La festa liturgica, dal 1971, con l’introduzione della riforma del Concilio Vaticano II, fu fissata il 25 ottobre (da Annales, VII, 2002). 31 A testimoniare la sua salda formazione cattolica, ci piace ricordare quanto fosse più legato alla benemerenza “Croce pro Ecclesia et Pontifice”, ricevuta l’8 maggio 1957 da Papa Pio XII su proposta del Vescovo Mons. Donato Pafundi, che all’onorificenza di Grand’Ufficiale della Repubblica Italiana che, pure, gli era stata conferita il 2 giugno 1991 dal Presidente della Repubblica On. Francesco Cossiga, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri On. Giulio Andreotti. Ed ancora, la sua devozione alla Madonna del Carmine lo vide ricoprire per molti anni l’incarico di Presidente del Comitato per i festeggiamenti. Sotto la sua Presidenza furono eseguiti importanti lavori all’antico carro trionfale della Madonna, quali la sostituzione dell’illuminazione a gas con quella elettrica, delle ruote in legno con quelle in gomma e restauri pittorici delle tele che rivestono la struttura lignea del carro; si realizzò un nuovo manto bianco con stelle e ricami in oro di fattura napoletana per l’antica e preziosa statua della Vergine del Monte Carmelo. 32 In appendice viene riportato testo integrale.

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CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE DR. CARLO PAOLICELLI


ORIGINI

L

a chiesa di Santa Maria delle Grazie, che il popolo ha identificato con il nome di Padre Eterno, è stata riaperta il 2004, dopo un accurato restauro promosso dal Vescovo di Cerignola Mons. Felice di Molfetta, che ha personalmente diretto e seguito i lavori realizzati dall’impresa SEDIR del Comm. Gerardo Biancofiore. A suggellare l’avvenimento è stata apposta lapide con epigrafe commemorativa in latino1. Il 19 novembre 2005 la Chiesa è stata affidata dallo stesso Vescovo all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Delegazione di Cerignola. Il sacro edificio ha fatto nei secoli discutere gli appassionati di storia locale circa le sue origini che affondano le radici in un tempo lontano non documentato da atti scritti. Tuttavia la chiesa stessa non ha mai smesso di fornire tracce eloquenti del suo passato che questo studio si prefigge di presentare in forma organica così da fissare alcuni dati certi, oggetto di approfondite ricerche. Allo stesso tempo, consapevoli della vastità dell’argomento, non abbiamo la 49


Una sosta per Gerusalemme

presunzione di esaurirlo in questo studio, che non intende chiudere, ma aprire un serio dibattito scientifico non solo sulla chiesa di Santa Maria delle Grazie ma sull’intero sito di sua pertinenza.

U

bicato sulla strada vecchia per Barletta, nel punto in cui si incrociano le strade per la litoranea con quelle della valle dell’Ofanto, sorge il sito di Santa Maria delle Grazie. Un inventario del 1202 2 annovera questo sito fra le proprietà templari nella valle dell’Ofanto con il nome di luna dei pozzi di 3 Cerignola, lungo l’arteria che allaccia Barletta alla Daunia , sul limitare dei possedimenti coevi degli Ospedalieri, Teutonici e dei Canonici del Santo Sepolcro. Il possedimento cerignolano era dipendenza del vescovado di Canne4, nel cui territorio rientravano anche i siti di Santa Maria de Salinis (odierna Margherita di Savoia) e San Cassiano (odierna San Ferdinando di Puglia). L’importante snodo conserva, ancora oggi, le caratteristiche di collegamento strategico fra il Basso Tavoliere e la Terra di Bari, attraversando l’Ofanto in corrispondenza del Ponte romano di Canosa. Sin dalla fine del regno di Costantino il Grande (333-334 d.C.) abbiamo testimonianza dell’uso che di questa strada facevano i pellegrini cristiani verso la Terra Santa. L’Itinerarium burdigalense annota qui la Mutatio ad Undecimum ad undici miglia dalla civitas Canusio (Canosa) ed a quindici miglia da Serdonis (Herdonia) le cui coordinate coincidono con l’attuale sito della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, seguendo il percorso pedonale che fiancheggia il corso dell’Ofanto, unica strada percorribile in epoca romana, essendo l’intero asse viario orientato in maniera perpendicolare rispetto alle attuali arterie concepite per il collegamento di centri abitati all’epoca, geograficamente collocati ai margini orientali 50


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Chiesa di Santa Maria delle Grazie

degli attuali percorsi. Il fiume Ofanto descriveva, infatti, una sorta di frontiera fra insediamenti abitati e terreni rustici, consentendo solo due punti di passaggio in terra dauna: Canosa e Salpi. La diramazione per accedere in agro di Cerignola doveva dunque sicuramente trovarsi in corrispondenza dell’attuale vicinale San Samuele. Tale sito, lungi dall’essere ristretto solamente all’attuale quartiere omonimo, insisteva su una masseria, quella nel cui complesso si trova la chiesa del Padre Eterno, in un punto strategico dove si incrociavano due importanti percorsi: la Via Franchigena, che scendeva dal Santuario di San Michele del Gargano sulla litoranea, e la Via Sacra (Longobardorum) che collegava i santuari Garganici con quelli del Tavoliere5. Un documento coevo, il frammento V della Tabula Peutingeriana, l’unica tabula picta del mondo romano, segna in corrispondenza di questo punto l’insediamento di Furfane, “caravan serraglio”, posto sul tracciato della Via Traiana a Sud-Est, dato che ci consente così di smentire la sua collocazione in corrispondenza della Masseria Pignatella.

L

e mutationes erano “soste” sul cammino del pellegrino per consentire riparo e ristoro, del corpo e dello spirito: esse potevano avere carattere di albergo o di stazione ed erano ubicate in maniera da assolvere nello stesso tempo la funzione di asilo e di controllo, espletato da dipendenti dell’Ordine principalmente sul trasporto di beni e derrate destinate alla Terra Santa. La certa attribuzione del sito all’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone (Templari), che dimostreremo attraverso la collocazione sistematica delle prove fittili conservate nella chiesa, ci consente di identificare geograficamente la direttrice 51


Una sosta per Gerusalemme

di sviluppo di Cerignola da sud-est a nord, seguendo il tracciato dell’attuale Strada Provinciale 95 Estramurale di Cerignola, partendo dalla strada vecchia per Barletta in direzione del Vallone del Castello Ducale, rasentando le antiche mura della città, passando fino alla facciata orientale della Chiesa Madre il cui ingresso era all’origine in corrispondenza dell’attuale area absidale, con orientamento concorde con quello della Chiesa del Padre Eterno. L’insediamento templare si colloca così fuori dalle mura, usanza che ritroviamo in tutti gli altri insediamenti limitrofi, di Barletta, Andria, Margherita di Savoia e Trinitapoli. Il governo della diocesi di Canne si protrasse presumibilmente fino al 1455, anno in cui quest’ultima fu unita alla sede titolare di Nazareth il cui Arcivescovo risiedeva in Barletta. Essendo quella di Canne e successivamente al 1455-56 l’Arcidiocesi di Nazareth-Canne-Monteverde una sede titolare con capitolo proprio (nazareno) ma senza una giurisdizione ordinaria (mancava infatti una mensa vescovile e l’immediata cura d’anime), anche il canone dell’“obbedienza” relativamente ad essa era “titolare” e orientato verso quelle persone (laici e sacerdoti) e beni ecclesiastici (possedimenti in terra di Bari e di Cerignola) strumentali allo svolgimento della funzione di sostegno alla presenza cristiana in Terra Santa. Pertanto, se la storiografia dell’Arcipretura di Cerignola nel 1255 fa registrare l’obbedienza del clero al vescovo di Bari quale successore di quello di Canosa, non ci si deve meravigliare che prelati cerignolani siano sotto la giurisdizione di Barletta come sede della diaspora.

O

ccorre all’uopo fare una considerazione di natura metodologica: l’attuale superficie di Cerignola, 60.000 ettari che la rendono il terzo comune italiano per estensione territoriale (Roma 1285 km2, Ravenna 652,83 km2, Cerignola 593 52


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km 2), si è formata con l’acquisto e la perdita di terre non solo vicinali ma anche di notevole importanza (come ad esempio nel 1799 acquistò il Casale della Trinità, attuale Trinitapoli che inglobava le “Saline di Barletta”, odierna Margherita di Savoia, che perse nel 1813 sotto il regno di Gioacchino Murat) nel corso dei secoli ed è difficile pertanto individuare una definizione omogenea del territorio, ancor più nel medioevo ove non erano leggi statali a modificare l’assetto territoriale, ma semplici atti notarili. I confini di un territorio, infatti, non dipendevano da un catasto enumerativo, ma da una serie di diritti reali creati da contratti fra privati. Questa regola vale non solo per gli atti di diritto civile, ma anche per gli atti di diritto ecclesiastico, fatto salvo il principio di competenza territoriale di un vescovo. Tale principio dopo la prima crociata, con il fiorire in Puglia degli Ordini religioso-militari provenienti dalla Terra Santa, diventa anch’esso “elastico” perché i potenti Monaci-Cavalieri (del Santo Sepolcro, Templari, Melitensi, Teutonici) si comportano come “privati” e con l’acquisto di terre strategiche o di confine, sottraggono dalla giurisdizione dell’Ordinario competente per territorio, il pezzo di terra da loro “acquistato”, per compravendita o donazione, e lo assoggettano all’autorità prevosta del proprio Ordine, cosicché nel nostro caso il territorio che oggi identifichiamo unitariamente come “Cerignola”, per i Templari era una propaggine di Barletta, per i Teutonici di Corneto, per i Melitensi di Salapia ecc… In relazione alla sede in cui veniva rogato l’atto di acquisto (i più comuni sono il Castello di Barletta e l’Abbazia di San Leonardo di Siponto), su quelle particelle di Terra di Cerignola veniva vantato un ordinariato diverso. Cosicché nel XIII secolo i territori a Sud di Cerignola si trovarono smembrati fra le Diocesi di Canosa-Bari 53


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e Canne, comprendendo la prima il territorio d’entroterra in direzione di Melfi e la seconda il territorio della litoranea a sudest, sotto l’egemonia templare, mentre a Nord di Cerignola, dove erano insediati i Teutonici a Torre Alemanna nei pressi dell’antica Corneto, la giurisdizione appare delegata alla Diocesi di Siponto, come si evince da un documento postumo custodito nella Biblioteca del convento di San Matteo sul Gargano 6. Il principio di “competenza” dell’ordinario diocesano si collega dunque alla giurisdizione da esso esercitata sulla casa principale della commenda o del balivato, essendo relativo esclusivamente al diritto di Visita. Questo ci porta a capire anche la peculiarità della formazione della giurisdizione ecclesiastica di Cerignola che, come “terra di mezzo”, doveva per forza di cose essere connotata come “nullius” assoggettata alla Visita e non all’obbedienza.

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ra l’ottobre e il dicembre del 1307 i possedimenti templari furono incamerati dall’autorità regia, come atto dispositivo tendente a disarmare l’Ordine in ogni Paese, fra cui l’Italia, dove la sua potenza finanziaria e militare risultava essere troppo vincolante per il potere personale del sovrano. La disputa che ne nacque assunse rilevanza sul piano giuridico non solo degli Stati che intentarono vere e proprie azioni giudiziarie contro i Templari, ma anche della Chiesa e del Papato che, da parte sua, cercava di non disperdere l’immenso patrimonio del Tempio, con la giustificazione che esso costituisse una rendita per le attività dei Cristiani in Terra Santa. L’espropriazione dei fondi e delle rendite templari era solamente l’anticipazione di una ben più vasta azione di cui il sovrano francese Filippo il Bello si fece precursore nei confronti 54


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dei sovrani europei, «un insulto contro la Chiesa Romana» come lo definì il vecchio Papa Clemente V, che riunì uno speciale concistoro su questo tema a Poitiers il 15 ottobre 1307. Inizia così il periodo più oscuro del più potente ed ortodosso Ordine monasticomilitare. Il Papa, non godendo di prestigio tale da potersi contrapporre alla potente casata francese, era impotente di fronte alle trame tessute dal re di Francia che, avido di potere e di conquistare i possedimenti strategici dell’Ordine, era ricorso alla tortura per estorcere ai confratelli templari confessioni artatamente studiate per suscitare scandalo e discreditare il Tempio. Così, al solo fine di evitare la spoliazione dei beni dell’Ordine che potevano essere rivendicati alla Chiesa Romana, con bolla Pastoralis praeeminentiae del 22 novembre 1307, il Papa Clemente V ordinò l’arresto di tutti i templari e la messa sotto tutela ecclesiastica di tutti i loro beni. Quest’atto giuridico ufficiale del Papa rimetteva in ordine i rapporti fra monarchia e papato anche se consentiva ai sovrani esecutori della volontà pontificia di dilapidare le ricchezze dell’Ordine prima di consegnarle all’autorità ecclesiastica. La letteratura contemporanea ha emesso un serio e triste verdetto sulla fine dell’Ordine dei Templari rivelando la drammatica logica di potere della quale rimasero vittime i monaci-cavalieri. Il 24 gennaio 1308, Carlo II d’Angiò, re di Napoli e conte di Provenza, fa eseguire la bolla anche in Italia meridionale. È la fine della Commenda di Barletta, dei suoi cavalieri e dei suoi possedimenti. Dopo anni di indugio papale, pressioni della casata francese, inquisizioni, torture, l’Ordine del Tempio fu ufficialmente abolito da Papa Clemente V il 22 marzo 1312, nel corso del Concilio di Vienne, con bolla Vox in Excelso. I padri conciliari a conclusione dei lavori di Vienne, con bolla Ad Providam, il 2 maggio 1312, decretarono la devoluzione 55


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dei beni dell’abolito ordine all’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni (Cavalieri di Malta). Questa sorte toccò anche ai possedimenti della valle dell’Ofanto che furono trasferiti agli Ospitalieri, la cui commenda pugliese fra l’altro già possedeva i territori confinanti e probabilmente inglobò anche il clero, un tempo appartenente ai Templari. Una vertenza sorta fra l’Ordine Melitense e l’Arcivescovo di Trani, per determinare la consistenza patrimoniale dell’Ordine, ci fornisce un prezioso documento risalente al 1373 raccolto in un manoscritto del barlettano Mons. Salvatore Santeramo 7, che costituisce una preziosa fonte documentale per lo studio del medioevo ofantino: «A seguito di un processo ordinato da Papa Gregorio XI, l’Arcivescovo di Trani, Giacomo, il 24 maggio 1373 ordinò un’inchiesta circa i beni, il personale e la consistenza redditizia del Priorato che risultò come segue: il convento di S. Giovanni ha una gran casa, “que est caput totius prioratus”, nel cui principale salone come affermò Trojano Marulli potevano giocare a palla due comitive di persone; possedeva case nella città, da cui si ricava un fitto; possedeva in proprietà la masseria di S. Nicola in Baldetto; di S. Maria de Mari; di S. Maria de Salinis; di Malta; della Trinità; diversi appezzamenti con alberi di ulivi; diverse vigne appartenenti ai Templari; diverse vigne del detto ospedale dipendente da Barletta; la domus Bersentina (diocesi di Siponto); il castello di Guaragnone; la masseria Fontana de Fura; la masseria S. Giovanni (della diocesi di Acerenza); la domus di S. Maria di Sovereto; la domus di S. Nicola in Molfetta; alberi di olivi in Giovinazzo; la masseria di Valle di Cannelle; di S. Pietro in Palazzo; di Borgo Nuovo; di Ripaltano Romatula e Bona Fisca (diocesi Venosina). I frati che appartengono alla chiesa ed al convento sono: il priore fra Raimo de Labramo di anni 30; Luca di Montepiloso ospedaliere ed i preti Leonardo di Cerignola, Raimondo Guiczardo, Nicola 56


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di Venosa; 2 sacerdoti: don Eugenio de Aia, don Nicola di Tommaso di Barletta; 4 jaconi: Matteo, Guirrico, Pietruccio, Manfredes; e poi don Bertrando de Brinzatijs luogotenente, don Lodovico de Barracchio, don Giovanni de Marcono, don Giorgio de Rillano, don Guglielmo Gotta, don Pietro di Arnaldo, fra Vitale de Sanax, confratello Simone de Diano, due sorelle Cecca e Rosa. Nella casa bersentina due frati e un sacerdote già nominati; nella casa di Guaragnone il frate predetto con un sacerdote cappellano; nella casa di Molfetta un sacerdote cappellano, don Marino di Corato; nella casa di Sovereto fra Nicola cappellano, ed il cappellano don Giovanni tutt’e due di Terlizzi; nella casa di Molfetta fra Matteo. Circa i frutti la casa approssimativamente ha le seguenti entrate che oscillano secondo le annate. In Barletta censi e fitti delle case once 25; dalle terre ed ulivi presso Barletta once 3; dalla masseria di S. Maria dei Frati once 7; dalla masseria della Trinità once 17; dalla masseria di S. Maria de Salinis once 20; dalla masseria di S. Nicola in Baldetto once 4; da tutte le altre masserie date in erbaggio ducati 14; dagli erbaggi di Bersentino ducati 150; dai terraggi del Bersentino once 25; dagli erbaggi del Guaragnone once 120».

Relativamente a questa successione nell’agro di Cerignola dai Melitensi ai Templari manca una documentazione riferibile agli anni successivi all’inventario del 1373, mentre nel XVI sec. riappare un inventario che annovera possedimenti cerignolani da parte dei Canonici del Santo Sepolcro di Gerusalemme: «Aveva una estesissima proprietà, di versure 9689… e in essa era compreso il fondo di Alberona con i cittadini, la chiesa e il territorio; il feudo di S. Maria in Vulgano; una matina in Corato e diverse masserie, e cioè: S. Brescia, Spinalba seu pozzo della bagliva, Ospedale, S. Giovanni, S. Nicola, S. Pietro in Naucello, Pantanello, Lago d’Arco, Madonna del Petto, Lagacchione, Pezza della Vela, territorio del Templo che va da 57


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Barletta sino alla palude tra via Trani e il mare, il Contufo, la pesca dell’Ofanto e poi case in Barletta, Trani, Bisceglie, Giovinazzo, Rutigliano, Ceglie ecc. Altri territori in Canosa, e poi le masserie di Tupporusso, Pozzomonaco, la Torretta, Torre di Lama, Pezza della Dohanera, Pezze delle Jerole».

L’Ordine dei Canonici del Santo Sepolcro era subentrato ai Templari nella valle dell’Ofanto e i suoi possedimenti erano ora a corredo del mantenimento della Chiesa del S. Sepolcro in Barletta, che godeva di mensa autonoma e privilegio territoriale alle dirette dipendenze del Papa. Si dichiara anche che il priore dell’Ordine nominava nella chiesa del S. Sepolcro il suo vicario e gli altri ufficiali e per speciale privilegio della S. Sede aveva la giurisdizione civile, criminale e mista, propria dell’ordinario. In chiesa sedeva in “cornu evangelij” sotto il suo baldacchino ed aveva il diritto di S. Visita e conferiva i benefici. La chiesa era soggetta alla S. Sede come chiesa “nullius” e, per antico privilegio, era posta sotto il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Fra i membri dell’Ordine dei Canonici del Santo Sepolcro in Barletta è annoverato anche il Rev.mo don Nicola Cicella di Cerignola, Commendatore nel 15758. Da tutte queste informazioni raccolte risulta evidente che, ormai persa ogni funzione strategica, i possedimenti cerignolani appartenuti ai Templari, venivano considerati redditizi ai fini della mensa degli Ordini religiosi succedutisi a tal punto da costituire una prebenda per i religiosi provenienti da Cerignola. Presumibilmente il valore di tale prebenda era in stato di assicurare una prominente parte del reddito complessivo della Casa tanto da garantire la sussistenza dell’intera commenda, al punto che anche i confratelli cerignolani potessero prenderne la guida. 58


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a cultura agricola della Piana del Tavoliere poi, ancor oggi, attribuisce proprio ai Cavalieri Templari l’inserimento nei nostri vigneti di quella pregiata qualità di uva chiamata “bombino bianco” da cui si ottiene l’omonimo famoso vino, prodotto ancor oggi a Cerignola dalle Cantine Paradiso. La memoria popolare, inoltre, ha conservato una fervida immagine della presenza dei Cavalieri Crociati a Cerignola in una filastrocca recuperata agli inizi del XX sec. dal filologo cerignolano Maria Conte: «Ninna-nanne, ninna-nanne e puveredde a mme che so’ ngappeite: eire moneche e mo so’ suldeite; eire moneche du lu cunvende e mo so’ suldeite du reggemende; e eire moneche e purteive l’àbbete e mo so’ suldeite e pporte la sciaple; eire moneche e purteive u cherdòne e mo so’ suldeite du battaglione; eire moneche e purteive u cappucce e mo so’ suldeite e porte la bbugge; eire moneche de sanda Marie e mo so’ suldeite de cavallerie»9. Nel XIX secolo, la chiesa veniva annoverata fra i beni del Capitolo di Cerignola e, con la formazione della mensa vescovile, in essa inglobata. Nella seconda metà del XX secolo fu affidata ai Frati Minori Cappuccini, rientrando nel territorio della Parrocchia del Santissimo Crocifisso. In corrispondenza con l’espansione del Quartiere San Samuele, essa fu sede della nuova Parrocchia dello Spirito Santo, istituita il 23 maggio 1986 dal Vescovo Mons. Mario 59


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Tabula Peutingeriana. Codex Vindobonensis Pars V Segmentorum VII, Österreichische Nationalbibliothek, Wien. Kommentiert von E. Weber.

di Lieto e affidata all’amministrazione parrocchiale del Canonico Mons. Samuele Cioffi, al quale successe il Canonico Mons. Franco Vitulli. Dal 1992, sotto l’episcopato di S.E. Mons. Giovan Battista Pichierri, con la riorganizzazione 10 dei Riti della Settimana Santa a Cerignola, alle prime luci dell’alba muoveva dalla Chiesa di Santa Maria delle Grazie il corteo che accompagnava i Simulacri di Santa Maria Maddalena e di Santa Maria di Cleofa, che si ricongiungevano, presso la chiesa parrocchiale di Sant’Antonio da Padova, a quelli di San Giovanni Apostolo e di Santa Maria della Pietà per ricercare il Corpo del Cristo: quanto mai significativa paraliturgia che associava alla Chiesa del Padre Eterno il simbolo del “sepolcro vuoto”, prima immagine della Resurrezione. La Chiesa è stata 60


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sottoposta per la prima volta a vincolo architettonico con delibera del 30 marzo 1984 dalla Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio per la Puglia.

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l cammino della conoscenza della Chiesa del Padre Eterno non è quindi meramente descrittivo, ma è un percorso nella memoria utile a rinvenire le tracce di un lontano passato affinché ci aiutino ad inserire questo monumento in una scenografia storica di più ampio respiro. Il nostro scopo è quello di compiere un “restauro della storia” di questo sacro edificio. ELEMENTI ARCHITETTONICI

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l sito delle Mutationes si presenta oggi a noi esemplificato alla sola Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Originariamente esso era composto da una masseria di proprietà ecclesiastica con annesso monastero, di cui vi è ancora citazione nel XVII secolo nell’Apprezzo del Santino, e da vigneti. La chiesa si presenta a navata unica. In essa si possono individuare tre ambienti originari, fra loro distinti, con pilastri connessi da archi ogivali. I ambiente: l’Aula liturgica è perfetta nelle sue dimensioni che ne descrivono un massiccio rettangolo con tre contrafforti su ogni lato. La volta a botte era anticamente coperta da coppi d’argilla sostituiti nel 2000, a seguito di un totale degrado del tetto. II ambiente: il Presbiterio o Bema, a forma di trapezio isoscele con il lato più lungo aperto sull’aula liturgica, è coperto da volta a crociera. 61


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III ambiente: l’Abside, innestato al bema con arco a sesto acuto, ha forma semicircolare a catino ed ha un raggio in perfetta proporzione gotica11 con il presbiterio. L’originaria architettura gotica dalle misure auliche fu corrotta alla fine del XVIII secolo con la costruzione di un altare in muratura, a ridosso delle pareti semicircolari. Nel 1785 all’originaria struttura è stata aggiunta una cappella dedicata il I aprile di quell’anno alla Madonna dell’Incoronata, a devozione della famiglia Battaglino. All’antico cammino dei pellegrini verso la Terra Santa era subentrata la devozione all’Incoronatella, facendo della Chiesa della Madonna delle Grazie una sosta sul cammino dei nuovi pellegrini in direzione del Santuario dauno dell’Incoronata ed, allo stesso tempo, una meta di pellegrinaggi locali in occasione della festa dell’ultimo sabato di Aprile, in concomitanza con l’apertura del Santuario dell’Incoronata di Foggia che, dal secolo XI al secolo XVI, fu affidata ai monaci cistercensi, Ordine a cui i Templari erano affiliati. La devozione popolare alla Madonna nera dell’Incoronata di Foggia associa Cerignola a numerosi altri Comuni italiani in cui la storia ricorda la presenza dei Templari (come ad esempio la città di Alberona in provincia di Foggia). Quest’antico culto è associato all’usanza dei tre giri attorno al luogo sacro, reminiscenza del rito templare della circumambulazione che i monaci cavalieri importarono dal contatto con la Comunità Ebraica di Terrasanta12. A questo rito è associata la “preghiera d’invocazione” che la tradizione popolare ha trasmesso sino ai nostri giorni e che trascriviamo, secondo una versione comunicata da Cungetteine du Patraterne (Maria Concetta Mangino nata il 3 maggio 1895 e deceduta il 28 gennaio 1985), ultima sagrestana della Chiesa di Santa Maria delle Grazie: 62


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«Preghiera alla Madonna delle Grazie: Anche se tu non mi ascolterai senti che farò mamma di grazia inginocchiata a te dinanzi ti strapperò il manto ti stringerò le mani ti bacerò i piedi ti bagnerò di lacrime e tanto mi starò e tanto piangerò gridando fino a quando tu intenerita e commossa mi dirai Alzati che la grazia te l’ho fatta (. . .) Dunque da te l’aspetto e tu m la fall afforz ti prometto mamma di grazia fino a quando la mia mente avrà un pensiero la mia lingua un accento, il mio cuore un palpito sempre sempre griderò nelle ore del giorno nel silenzio della notte ti sentirai chiamare o mamma di grazia fammi la grazia e questo grido sarà l’ultimo mio respiro così restiamo mamma santa e così sia».

Nei primi anni del 1900 il complesso fu interessato da lavori di ristrutturazione che riguardarono la costruzione della nuova sacrestia e la demolizione della preesistente a ridosso della Cappella 63


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dell’Incoronatella, nonchè la costruzione del piccolo campanile la cui campana porta la data del 1904. L’orientamento13 della Chiesa a sud-est, in direzione del Tempio di Gerusalemme edificato da Salomone e di altre notevoli costruzioni sulla via per la Terrasanta (come la basilica del Santo Sepolcro di Barletta, la Chiesa di S. Agostino, già san Leonardo dei Templari di Andria, Castel del Monte, ecc.), conferma la prospettiva dell’intero sito funzionale al cammino verso la Città Santa. Tali elementi sono ripetuti in serie sulla Via verso gli imbarchi per Gerusalemme e trovano a monte e a valle dell’intersezione cerignolana due paradigmi autorevoli nel monastero di San Leonardo di Siponto e nell’Abazia di San Leonardo in Andria (attualmente inglobata nella Chiesa di sant’Agostino). In quest’ultima, ai margini del Cammino del Pellegrino, era situata la Magione dell’Ordine del Tempio ed è possibile ancor oggi rinvenire, in quella che è l’attuale chiesa di Sant’Agostino, elementi comuni alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie in Cerignola, quali l’architettura gotica e il simbolismo decorativo, fittile e pittorico. ELEMENTI DECORATIVI La tartaruga, la mano e la croce patente sono gli elementi decorativi che compongono il ciclo simbolico della Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Questo ciclo ha evidenti affinità con quello della Chiesa di Sant’Agostino in Andria 14. All’interno della cupola che sormonta il presbiterio, i bassorilievi in pietra calcarea della tartaruga e della mano sono posti in alternanza, alla base delle vele che descrivono la crociera chiusa 64


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dalla piccola chiave circolare contenente il titolo mariano “Ave Maria” e la croce templare. Il simbolo della mano descrive l’autorità del presbitero nell’esercizio del ministero sacerdotale ordinato; il simbolo della tartaruga è un’allegoria dell’uomo fra il cielo e la terra. La parte superiore della corazza, che “copre” la testuggine con la sua forma arrotondata, raffigura il cielo, la parte inferiore, appiattita, che la “sostiene”, raffigura la Terra; nell’insieme la corazza rappresenta l’Universo (secondo il principio evangelico «come in cielo, così in terra») e la tartaruga, posta fra le due parti, rappresenta l’uomo sospeso fra cielo e terra. L’intero apparato simbolico, proprio dell’Ordine del Tempio, unitamente all’architettura in proporzioni gotiche, ci consente di attribuire la Chiesa di Santa Maria delle Grazie (e l’antico monastero) ai Cavalieri Templari che l’avrebbero costruita fra il XII e il XIII secolo, di ritorno dalla prima Crociata e a servizio della Via del Pellegrino, in corrispondenza con il fiorire dell’Ordine di Puglia. Essa era legata alla casa madre 65


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templare di San Leonardo d’Andria e ne seguì le vicende storiche, fino alla prima metà del XIII secolo quando fu espropriata all’Ordine dall’imperatore Federico II. Nel suo unicum la Chiesa di Santa Maria delle Grazie è una delle più antiche presenze romano-cattoliche nella nostra Terra. Essa non appartenne alla devozione pagana nè a quella bizantina, ma fu costruita da religiosi cattolici e rimase sempre fedele al Papa e alla Terra Santa, sino ai nostri giorni, quando un nuovo lapideo titolo15, quello dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, campeggia sul sagrato della Chiesa, sede della Delegazione e della Sezione Diocesana. IL CICLO PITTORICO

I

l ciclo pittorico della Chiesa di Santa Maria delle Grazie arricchisce la nostra conoscenza sulla storia del Sacro Tempio, attraverso immagini legate alla devozione popolare che, solo nell’ogiva che apre sul presbiterio e nel catino dell’abside, conservano una concezione unitaria. Nelle restanti aree del bema (a sinistra ed a destra dell’altar maggiore) e dell’aula liturgica (in corrispondenza della porta d’ingresso), gli incompleti frammenti si inscrivono nell’usanza devozionale delle decorazioni pittoriche delle chiese rupestri pugliesi con dipinti commissionati da fedeli diversi, in diverse epoche, in corrispondenza di esigenze devozionali incapaci di rispondere ad un disegno unitario. Il complesso degli affreschi è databile fra il XIII e il XV secolo, quelli più antichi sono collocati nell’ogiva antistante il presbiterio e nell’abside.

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frammenti a noi pervenuti sono stati salvati dall’usura del tempo grazie ad una serie di interventi di conservazione e restauro16, i più significativi dei quali sono stati realizzati negli ultimi tre secoli e completati nel grande restauro del 2000 eseguito a cura di S.E. Rev.ma Mons. Felice di Molfetta, Priore della Sezione dell’O.E.S.S.G. e Ordinario Diocesano di Cerignola-Ascoli Satriano. A completamento di questi interventi possiamo distinguere tre aree affrescate in corrispondenza dell’aula liturgica, del presbiterio e dell’abside. Nel tamburo dell’aula liturgica, a sinistra di chi entra, è collocato un frammento di un originario più vasto affresco devozionale (ill. 1) nel quale è possibile individuare a destra la figura di San Leonardo, titolare dell’Abazia Templare di Andria e protettore dell’Ordine dei Templari, in coppia con Sant’Antonio da Padova, taumaturgo di Dio. Entrambe le devozioni sono ancor oggi radicate nel cuore dei Cerignolani, come da un’ininterrotta tradizione nella nostra terra. L’ogiva a croce , che chiude l’aula liturgica proiettandola sul presbiterio, era riccamente decorata con scene della passione, morte e resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo di cui sono ill. 1

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ill. 2

pervenuti a noi solamente due segmenti di notevole bellezza artistica: la flagellazione del Cristo (ill. 2) e Gesù Risorto (ill. 3). Quest’ultimo frammento contiene sullo sfondo in alto a destra una raffigurazione del tempio di Salomone (part. 4) che ci conferma l’età di realizzazione dell’affresco all’epoca dell’Ordine del Tempio, che ivi aveva la propria Sede, nostalgia ed insieme aspirazione dei Cavalieri che servivano l’Ordine in Italia.

part. 4

ill. 3

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L’unitarietà del tema cristologico dichiara che esso fu eseguito non come elemento devozionale, al pari delle figure dei Santi, ma come elemento didascalico liturgico.

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ttraversato l’arco accediamo all’area presbiterale che custodisce due frammenti di affreschi un tempo probabilmente più estesi. Dall’esame delle raffigurazioni desumiamo un dato metodologico: le figure rappresentate furono nel corso degli anni più volte rimaneggiate, fino ad essere confuse. L’esame digitale delle stesse ci consente oggi di darne un’interpretazione più aderente all’originaria concezione, anche se solamente un restauro critico, atto a rimuovere i rimaneggiamenti postumi, consentirebbe di interpretarli definitivamente. Alla man sinistra dell’altare maggiore è collocato un frammento che raffigura il quadrittico che, meglio di ogni altro elemento pittorico in questa Chiesa, manifesta una corruzione dovuta alla parziale rovina dell’originario intonaco affrescato e ai successivi sforzi di mettere rimedio all’usura del tempo, con tecniche purtroppo non sempre appropriate. Tale corruzione è alla base anche della teoria delle iscrizioni riportate sui dipinti che vogliono indicarne il soggetto ivi raffigurato. Se per il primo di essi, collocato all’estrema sinistra, Santa Lucia, gli elementi iconografici sono ampiamente concordi negli attributi, non lo stesso si può evidenziare riguardo il presunto San Leonardo. L’esame digitale a rilievo di 135 gradi ci consegna infatti una incisione i cui caratteri sono evidentemente non concordi facendo evidenziare una omogeneità nella parte finale e una certa confusione e diversità stilistica in quella iniziale. Probabilmente si tratta di una sovrapposizione in epoca successiva a quella della sua realizzazione, fatto 69


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che ci porta a considerare forzata anche l’identificazione di San Leonardo in questa sede. Gli attributi tipici dell’iconografia medievale ci consentono con buona sicurezza di affermare che il Santo qui raffigurato sia invece da identificare con il legislatore dell’Ordine Esame del rilievo sull’intestazione frontale. Al valore medio di 135° ci restituisce il valore della prima lettera pari a B

del Tempio, il Santo Bernardo (Bernardus) da Chiaravalle, la cui Regola è raffigurata dal libro di color rosso che regge nella mano. A partire da sinistra identifichiamo le figure di Santa Lucia17, Santa Margherita d’Antiochia18, San Bernardo di Chiaravalle 19, Santa Veronica20. L’elemento comune a questi illustri Santi è che la Loro devozione è fortemente radicata in Francia, o perchè originari di quelle terre (come San Bernardo), dove sono custodite loro contese reliquie (è il caso di Santa Lucia e Santa Margherita) o addirittura Patroni della Nazione (come Santa Veronica). Questo

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elemento conferma la connessione del Sacro Edificio con i primi crociati che furono proprio francesi. Alla man destra dell’altare maggiore, in Cornu Evangelii, è collocato un trittico, unico frammento dell’affresco, che anticamente doveva essere più esteso. In esso, da sinistra, è individuabile l’effigie di Sant’Agostino d’Ippona 21 (non può trattarsi di San Nicola in quanto privo dell’usuale pallio e di ogni altro attributo nicolaiano, anche nelle povere rappresentazioni rurali tipiche degli ipogei pugliesi) caratterizzato dal collo monacale che fuoriesce dalla casula secondo la tradizione iconografica propria del Santo22, la Beata Vergine Maria delle Grazie23 e Sant’Anna24. Nell’Abazia di San Leonardo d’Andria, che più volte abbiamo citato, è presente un frammento dell’affresco della Madonna delle Grazie molto simile a quello custodito nella chiesa cerignolana. La Madonna delle Grazie era infatti Compagna di strada e Protettrice del Pellegrino; la sua raffigurazione, dal Gargano al Barese, accompagna il cammino verso la Terra Santa. 71


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L’area presbiterale converge, nella sua forma trapezoidale, nell’abside a catino. L’abside, un tempo interamente affrescata, negli ultimi anni del secolo XVIII fu interessata dalla costruzione di un altare in muratura, di fattura simile a quello della nuova cappella dell’Incoronata che, addossato completamente alla parete, deturpò la base dell’affresco. Anche questo affresco, pur mirabile nella sua unitarietà tematica, rivela posposizioni e rifacimenti in epoche diverse. Oggi si presenta diviso in due parti: la Deesis, che è quella più antica, e la pala d’altare in tre tavole che raffigurano rispettivamente un gruppo di sei apostoli25, la Madonna del Latte in trono 26, ancora 72


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un altro gruppo di apostoli. La figura del Cristo, dominante su tutto l’apparato iconografico della Chiesa, è avvolta da un cerchio di fuoco. Purtroppo è andata rovinata la base di questo affresco ma, ancor oggi, all’osservatore attento si rivela un trono sul quale è assiso un Gesù regnante e umile, vestito con la tunica rossa, con le braccia spalancate come ad accogliere chi a Lui si rivolge nella preghiera. Lo sfondo di questo trono folgorante è composto dalla più pietosa e più alta scena della storia della salvezza: Maria e Giovanni, dipinti in un delicato atteggiamento di tristezza, come sotto la croce. Ai piedi del Figlio dell’Uomo, si fanno carico di intercedere per noi anche i colori di questa scenografia, spenti, quasi scuri, comunque in secondo piano rispetto alla figura del Cristo Pantocreatore. Una tale impostazione iconografica è diffusa nelle chiese e ipogei pugliesi sparsi nella parte meridionale della Puglia. Per affinità di elementi possiamo attribuirli al XIII-XIV secolo. L’intero palinsesto, che si inserisce in quella che possiamo a buon diritto considerare la “scuola pugliese”, che si rivela così fortemente epistemologica, ci conferma allora alcuni dati desunti dalla simbologia della Chiesa e ci apre a nuove mete di conoscenza con il trittico agostiniano, di fondamentale importanza perché ci aiutano a datare sia la dedicazione della Chiesa a Santa Maria delle Grazie in un’epoca successiva a quella della costruzione della chiesa e presumibilmente intorno al XIV-XV sec., sia perché inseriscono questo sacro edificio nella scenografia pugliese delle chiese che, appartenute inizialmente agli Ordini religiosocavallereschi crociati, ospitarono poi eremiti riuniti sotto la regola agostiniana. Le differenze chiaramente sono legate alle dimensioni del fenomeno storico-religioso. Nei più vasti possedimenti, come 73


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quello di Andria, la successione degli ordini cavallereschi con quelli agostiniani è in documentata continuità. In un territorio rupestre, come quello del sito della Madonna delle Grazie, questa documentabilità manca proprio perché tale sito non godeva di autonomia che possiamo definire di significato, ma solo di relazione ad altri aventi storici come le sorti del Casale della Trinità (odierna Trinitapoli), delle civitates di Siponto e Salapia, delle commende ofantine. Sono due le fonti agostiniane che ci consentono di derivare il dato relativamente alla presenza di questi eremiti a Cerignola: il Monasticum del Crusenio 27 e il padre Augustino Lubin autore dell’Orbis Augustinianus sive conventuum O. Erem. S. A. chorographica et topographica descriptio, pubblicata in Parigi, nel 1659; entrambi sono concordi nell’affermare la dedicazione a Santa Caterina del convento degli Eremiti di Sant’Agostino in Cerignola (detta Ciconiola in Terra d’Apulia) nel 1475. Mentre il primo assume questa data senza commentarla, il secondo aggiunge e sottolinea che la presenza degli Eremiti agostiniani a Cerignola era risalente a tale data e, probabilmente, una delle prime in Puglia. Quello di Santa Caterina, ancor oggi in buono stato di conservazione, ed annesso alla Chiesa di Sant’Agostino all’interno del Borgo Medievale, era dunque un “nuovo” convento, fatto che ci consente di attribuirne una precedente presenza lì dove c’è maggiore traccia di influsso agostiniano e cioè nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. Alla data del 1475, con la dedicazione del nuovo convento, possiamo far risalire la perdita di interesse strategico del sito di Santa Maria delle Grazie e, probabilmente, un lento decadimento che lo portò al rango di chiesa rurale nella quale sopravvivevano alcune devozioni ancora di tradizione cistercense-templare, come 74


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Chiesa di Santa Maria delle Grazie

La mappa pugliese degli insediamenti degli Eremiti di Sant’Agostino.

quella alla Madonna Incoronata di Foggia, unitamente ad una ininterrotta funzione di accoglienza esercitata probabilmente da un unico eremita insieme al mantenimento di pie sepolture. Il Tavolario Sabatini, nell’Apprezzo di Cerignola del 1672, ci fornisce fra le altre anche la definizione di questo sito come “monastero soppresso”. L’eremitismo agostiniano aveva nelle proprie Costituzioni, fra l’altro, lo scopo di animare la vita liturgica e di preghiera degli edifici di culto in stato di abbandono. Gli Agostiniani erano dunque una sorta di amministratori spirituali, condividevano con gli ordini 75


Una sosta per Gerusalemme

crociati dei Teutonici e dei Melitensi la Regola agostiniana e per questo stanno a questi Ordini come i Templari ai Cistercensi. Questa “delega pastorale” è presente in altre realtà poste in agro di Cerignola, prima fra tutte Santa Maria di Ripalta: 14 giugno 1550, notaio G. de Geraldinis 28. «Leonardo Caracciolo, conte di S. Angelo dei Lombardi, e la moglie Giustiniana Caracciolo, come veri padroni avevano il “jus patronatus” sulla cappella “seu Ecclesia sub titolo S. Maria de Ripalta, in territorio Ciciniole”. La chiesa era in “strata Ecclesie S. Caterine”, presso i beni di Fusco de Fusco. Per detto “jus patronatus” in quest’anno nominarono rettore e cappellano il Rev.mo don Aurelio de Urso di Piombino dell’Ordine degli Eremitani, dottore in S. Teologia, e come aiuto seu offerto un fraticello dello stesso ordine per la custodia della cappella. Il conte dotava la cappella con 30 ducati, rilevati da censi di case e la signora con ducati 20. Venendo meno detti beni impiegavano le entrate della defensa, nominata Pesco del Drago, bene burgensatico presso Monteverde. Il cappellano aveva l’obbligo di celebrare tutti i giorni la S. Messa».

UN GRAFFITO

L

a ricostruzione delle origini della Chiesa, senza poterne determinare con esattezza gli anni, è stata resa possibile dall’interpretazione di una eloquente serie di elementi decorativi in essa conservati. Tali elementi sono stati decifrati alla luce di altre fonti scritte contemporanee ed in prevalenza con il metodo della comparazione. A partire dal XVI secolo la Chiesa stessa custodisce “fonti” scritte: “i graffiti” che descrivono eventi, pellegrinaggi, devozioni. Il più antico di essi29 è collocato sull’ogiva 76


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Chiesa di Santa Maria delle Grazie

del presbiterio, a destra di chi guarda, all’altezza della base della figura del Gesù Risorto. Ricorda la Battaglia di Cerignola, combattuta fra Francesi e Spagnoli il 28 aprile del 1503, in cui il viceré di Napoli e condottiero dei Francesi, Louis d’Armagnac duca di Nemours, perse la vita. In questa Chiesa fu composto il suo corpo prima di essere portato a Barletta 30. La letteratura si è affidata ad interpretazioni di pietà popolare sul perché il corpo dello sconfitto viceré fosse stato composto proprio in questa chiesetta fuori mano, ma alla luce delle nuove acquisizioni la motivazione più plausibile è da ritrovarsi proprio nella posizione geografica della Chiesa del Padre Eterno, mutatio posta sulla strada di Barletta, sullo stesso percorso compiuto dai Francesi per pervenire a Cerignola e, dopo la sconfitta, per capitolare a Barletta. La famiglia d’Armagnac, di conti e duchi, era poi storicamente legata ai Cavalieri templari, condizione che dovette essere determinante pure nella scelta del luogo esequiale del Viceré di Francia. Il percorso storico della chiesa del Padre Eterno, ancor oggi, parla di questi eventi, rimasti immortalati nel sacro edificio; ammirabile è in esso considerare che le sue devozioni ai Santi Agostino, Leonardo, Antonio, Lucia, Anna… si sono radicate nella tradizione cerignolana al punto di “generare” consacrazioni particolari e dedicazioni di Chiese intra moenia di Cerignola. Quello del Padre Eterno rimane, dunque, un Santuario della memoria, il luogo “ponte fra oriente e occidente” della nostra città, collegamento fra una secolare storia di presenza cristiano-cattolica in 77


Una sosta per Gerusalemme

terra di Puglia e la Città Santa Gerusalemme. Così l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro che, per ispirata decisione del Suo attuale Priore e Pastore della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano S.E. Rev.ma Mons. Felice di Molfetta, qui risiede, vuole conservarLo, farLo conoscere e tramandarLo nella storia della nostra Città. CONCLUSIONI

O

gni singola voce di questo studio può aprire appassionate ricerche sul territorio e necessari approfondimenti che ne possano valorizzare la sua collocazione spazio-temporale. È auspicabile che gli elementi, sinora valutati e sinteticamente esposti in questo studio, contribuiscano a costruire un percorso, principalmente educativo, storico e religioso ma anche appropriatamente turistico, ripercorrendo le orme dei pellegrini sulla Via di Terra Santa in cui i Custodi di questi luoghi siano protagonisti della loro riscoperta e della loro usufruibilità. Diamo come dato storico anche l’assenza della Terra di Cerignola dalle mappe tradizionali della presenza degli Ordini religioso-cavallereschi, anche questo dato è da correggere perché, recuperando questo segmento storico incisivo nella storia della Chiesa in Puglia, possiamo recuperare anche una visione più completa delle origini della Chiesa e della Città di Cerignola e risvegliare per questi studi un interesse sempre più internazionale. Concludiamo questo viaggio nel passato augurando allora buon viaggio ai nuovi pellegrini verso Gerusalemme e proponendo a tutti una sosta, qui a Cerignola, dove rinfrancare lo spirito ed arricchire dal “vivo” la propria conoscenza di una storia affascinante e sempre attuale. 78


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Chiesa di Santa Maria delle Grazie NOTE

1 Si riporta il testo latino della lapide commemorativa composto da S.E. Mons. Felice

di Molfetta e relativa traduzione:

TEMPLUM HOC OMNIPOTENTI SEMPITERNO DEO PATRI ET DEIPARAE VIRGINI SUB VULGARI TITULO GRATIARUM SANCTAE MARIAE DICATUM AB INIURIA EDACITATEQUE TEMPORIS EXSESUM AB EPISCOPO FELICE DI MOLFETTA AD LAUDEM DEI AC CHRISTIFIDELIUM GAUDIUM RESTITUTUM EST ANNO REPARATAE SALUTIS MMIV Questo tempio / dedicato / a Dio Padre Onnipotente ed Eterno / e alla Vergine Madre di Dio dal titolo popolare / di Santa Maria delle Grazie / è stato restituito / dal Vescovo Felice di Molfetta / a lode di Dio / e alla gioia dei fedeli / dopo uno stato di abbandono dall’ingiuria del tempo / nell’anno della Redenzione / 2004. 2 Si veda R. IORIO, Uomini e sedi a Barletta di Ospedalieri e Templari come soggetti di organizzazione storica, in «Barletta crocevia degli Ordini religioso-cavallereschi medioevali» (Centro Studi Melitensi-Taranto, 1996). 3 Per approfondimenti suggeriamo la consultazione del sito internet: www.crsec.it. 4 La diocesi di Canne fu costituita sui resti della diocesi di Canosa dividendosi il territorio con le Diocesi confinanti di Bari e Trani. Nel 1456 fu unita a quella di Barletta e Nazareth con sede a Barletta. 5 Legata intimamente al Santuario di San Michele è anche la strada, chiamata in documenti del sec. XVII “Strada di Puglia” che, innestandosi nei pressi di Benevento alla Via Appia, percorre l’Irpinia e s’inserisce nel Subappennino dauno verso Bovino e Troia. Questa era la via che portava al Santuario di San Michele sul Gargano i pellegrini campani e tutti quelli che provenivano dalle regioni tirreniche. La strada, dopo aver attraversato tutto il Tavoliere delle Puglie, arrivava nei pressi di Manfredonia, al Monastero di San Leonardo, e poi proseguiva verso la montagna del Gargano. Anche questo percorso è intensamente costellato di strutture per i pellegrini e abbondantemente documentato. Nell’anno 849 un documento longobardo contenuto nel Codice Casinense 353 ed anche nel Codice Vaticano lat. 5001, la Redolasi et Siginulfì Divido Ducatus Beneventani, afferma

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Una sosta per Gerusalemme che Redelgiso s’impegnava a permettere ai pellegrini un agevole cammino verso Monte Sant’Angelo. Il grande monastero di San Leonardo di Siponto fu fondato nel sec XII «iuxta stradam peregrinorum inter Sipontum et Candelarium», così afferma un documento del 1132 riportato nel Regesto di S. Leonardo di Siponto, a cura di F. CAMOBRECO, Roma, 1913, p. 6. A fondarlo furono i Canonici agostiniani provenienti dal monastero francese di San Laeonardo, nei pressi di Limoges. A Limoges gli Agostiniani accudivano i pellegrini e fu con lo stesso intento che diedero vita alla nuova casa nei pressi di Siponto. Infatti, in quel luogo confluivano i pellegrini provenienti da occidente, lungo il percorso che s’innestava alla via Appia nei pressi di Benevento, e quelli che, provenienti dal nord lungo la Via Litoranea, preferivano avvicinarsi al Gargano dal versante meridionale; il monastero di San Leonardo è stato fondato, quindi, perché fosse ospizio dei pellegrini. L’ospizio del Piccolo San Bernardo sulle Alpi, capace di accogliere circa 700 pellegrini, è stato fondato ed è tuttora condotto dai Canonici agostiniani. Nel sec. XIII a Bovino fu fondato l’ospedale di Sant’Angelo per accogliere i pellegrini diretti alla Grotta dell’Arcangelo. Altro documento importante, che attesta l’esistenza su questa strada di un intenso traffico di pellegrini, è il diario scritto nel 1345 da un pio pellegrino inglese. Visitata Avignone, in omaggio al Papa ivi dimorante, prosegue per Roma; raggiunge poi Napoli e s’incammina verso Benevento, da dove prosegue «per vie serpeggianti, profondissime e molto fangose» verso Bovino e Troia. Arriva a Foggia, oltrepassa la Salsola e il Candelaro, e finalmente giunge a San Leonardo di Siponto. Fatta la debita sosta, prosegue per Manfredonia e infine arriva a Monte Sant’Angelo percorrendo un sentiero di gradini profondamente incisi nella dura pietra. Compiuto il pellegrinaggio alla Grotta dell’Arcangelo il pellegrino scende la montagna e, passando per Manfredonia, prosegue per Barletta. Dopo qualche giorno è a Bari dove visita San Nicola e, infine, a Brindisi s’imbarca per la Terra Santa (Golubovich, Biblioteca biobibliografica della Terra Santa, IV, p. 442, cit. in D. FORTE, Testimonianze Francescane nella Puglia Dauna, Foggia, 1985, p. 27-28). 6 AGOSTINO BARBOSA, Collectanea Bullarii aliarumve Summorum Pontificum constitutionum necnon praecipuarum decisionum quae ab apostolica sede et sacris Congregationibus S.R.E. Cardinalium Romae celebratis usque ad annum 1633 emanarunt, SardinaVenezia, 1636. 7 Il manoscritto è pubblicato dal Centro Regionale Servizi Educativi e Culturali di Barletta. 8 Barletta nel ’500, Manoscritto di MONS. SALVATORE SANTERAMO, CRSEC, Barletta. 9 Ninna-nanna, Ninna-nanna / e poveretto me che sono capitato / ero monaco ed ora son soldato; / ero monaco del Convento / ed ora son soldato del reggimento; / ero monaco e portavo l’abito / e ora son soldato e porto la spada; / ero monaco e portavo il cordone / ed ora son soldato del battaglione; / ero monaco e portavo il cappuccio / ed ora son soldato e porto il berretto; / ero monaco di Santa Maria / ora son soldato di cavalleria. Da MARIA CONTE, Tradizioni popolari di Cerignola, Arnaldo Forni ed., 1986.

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AOLICELLI

C. P

Chiesa di Santa Maria delle Grazie

Si riporta integralmente il punto 3. PIETÀ POPOLARE delle “Comunicazioni” pp. 68/69 del Bollettino della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano “Vita Nostra” anno XXXIV, Gennaio -Giugno 1992: «La pietà popolare che solitamente viene vissuta nella Settimana Santa non deve contrastare con l’azione liturgica e lo spirito della liturgia, ma da essa deve scaturire e con essa deve armonizzarsi. In particolare si educhino i fedeli e soprattutto gli animatori delle processioni secondo lo spirito che caratterizza i giorni del triduo pasquale. Il giovedì, dalla Messa in Coena Domini sino alla celebrazione della Passione del Signore, è caratterizzato solo dalla comunione e dalla adorazione eucaristica che è solenne fino alla mezzanotte, e privata dal mattino del venerdì sino alla celebrazione della Passione. Non è quindi consentito, nello spazio di tempo che va subito dopo la Messa in Coena Domini sino alla mezzanotte, compiere atti di pietà diversi dall’Adorazione Eucaristica pubblica. Per questo motivo in Cerignola, d’accordo con il parroco di Sant’Antonio e il relativo Consiglio pastorale, son venuto alla determinazione di spostare la processione così detta della Pietà da giovedì sera al sabato mattino, dando alla suddetta processione un volto e un significato nuovo, intonato allo spirito del sabato santo, e cioè l’attesa nella speranza della risurrezione vissuta da Maria Santissima, dall’apostolo Giovanni, e da alcune pie donne. A tale riguardo invito i parroci di Cerignola ad avvisare i propri fedeli di detta novità, motivandola, perché non rimangano sorpresi alla sera del giovedì santo, non vedendo partire la processione, e siano ben disposti a percepire il nuovo segno di pietà al sabato santo. Il parroco di Sant’Antonio avrà cura di informare la cittadinanza con un manifesto pubblico. Le processioni del venerdì santo devono essere tutte intonate al mistero della passione e morte di Gesù Cristo Nostro Signore. Si abbia cura di animarle opportunamente con spazi di silenzio e invocazioni e canti penitenziali e di fiducia e di speranza. Si ricorda che il colore liturgico del venerdì santo è il rosso. Il sacerdote che guida la processione indosserà, quindi, la stola rossa o il piviale. Non è consentito usare il colore violaceo». 11 La proporzione gotica è esprimibile in 12esimi e deve restituire il valore della lunghezza del presbiterio al rapporto del lato del trapezio che descrive la lunghezza del bema pari a 4,90 metri con il raggio del semicerchio che descrive la lunghezza dell’abside pari a 2,00 metri. Il rapporto restituisce il valore di 2,45. 12:2,45=4,90 che è il valore della lunghezza del presbiterio. Possiamo allora affermare che l’abside è collocato in proporzione gotica con il presbiterio. La proporzione templare e l’uso dell’ogiva a croce apparvero per la prima volta intorno al 1130, subito dopo il ritorno dei Cavalieri templari dalla Crociata in Terra Santa. I Templari e i loro fondatori, i Padri cistercensi, sotto la guida di San Bernardo di Chiaravalle, ebbero un ruolo determinante nell’introduzione e lo sviluppo dell’architettura gotica. 10

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Una sosta per Gerusalemme 12 Il movimento di circumambulazione ha in ebraico due radici diverse: swp (naqàf) e aaq (savàv). La prima radice ha due significati distinti: quello di “circondare” e quello di “distruggere” o “tagliare”. Da tale radice deriva il termine haqqafà, ossia circumambulazione, che non compare nella Bibbia, ma è usato per la prima volta con questo significato nel Talmùd. Esaminando i versi nei quali compare una delle due radici, si può trovare un solo caso di vera e propria circumambulazione rituale: l’episodio della conquista di Gerico in Yehoshu’à (6, 11). La Bibbia descrive in particolare i dettagli del rito ordinato da Dio a Yehoshu’à (Giosuè), per provocare la caduta miracolosa delle mura della città: un giro al giorno per sei giorni e sette giri nel settimo giorno. Nel settimo giorno, alla fine dell’ultimo giro, i sacerdoti suonarono i corni e le mura di Gerico crollarono. Un altro episodio biblico correlato alla circumambulazione è quello di Nekhemyà (12, 27), che descrive la solenne cerimonia d’inaugurazione delle ricostruite mura di Gerusalemme. La cerimonia ha luogo con due cortei che percorrono la cinta muraria, uno in direzione Sud-Est e l’altro Ovest-Nord, per incontrarsi alla fine della processione nell’area del Tempio. È interessante, inoltre, l’interpretazione del rito di aspersione degli angoli dell’altare con il sangue sacrificale, prescritto numerose volte nella Bibbia. Tale rito comportava un giro dell’altare e bisogna puntualizzare che in questo caso il giro non costituisce un atto rituale autonomo, ma segna semplicemente il percorso necessario per spruzzare i quattro angoli dell’altare. Nel culto sacrificale i sacerdoti giravano intorno all’altare non solo per aspergerne gli angoli con il sangue ma anche in altri momenti del culto, perché dovevano rispettare il principio di volgere sempre a destra e non voltare mai le spalle all’altare stesso. Tali riti non avevano un significato rituale a sé stante ma derivavano da altre necessità. Dall’esame dei brani biblici, che descrivono movimenti circolari non in rapporto con riti circumambulatori, si apprendono alcune nozioni interessanti. Il giro rievoca simboli antitetici, nella duplice valenza di aggressivoprotettivo: aggressivo nella conquista di Gerico e in altri brani in cui è sinonimo di assedio; protettivo principalmente nel senso del “circondare”. Un altro significato ancora è quello di conoscenza: il giro consente una visione degli avvenimenti da molteplici prospettive, consentendoci una maggiore comprensione anche di ciò che riguarda Dio e le Sue azioni. Una vera e propria circumambulazione rituale è quella che avveniva durante la festa di Sukkòt documentata dalla Mishnà. Il percorso di circumambulazione si svolgeva in un luogo dove normalmente potevano entrare solo i sacerdoti. Nella Mishnà non viene precisato chi fossero coloro che giravano, per cui qualcuno ipotizza che anche il popolo girasse, ammettendo in tal modo che l’obbligo della circumambulazione abolisse temporaneamente il divieto di accesso nell’area sacra. Mentre il Talmùd babilonese non spiega in alcun modo i motivi del rito, il Talmùd Yerushalmi riferisce un’opinione di rav Achà, secondo cui il

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rito viene celebrato in “ricordo di Gerico”. La spiegazione è giustificata, almeno formalmente, dal fatto che la distribuzione temporale dei giri nel Santuario è uguale a quella dell’episodio biblico: un giro per sei giorni e sette nel settimo. È importante, inoltre, notare alcune premesse comuni alle varie spiegazioni di tale tema: È presente nelle preghiere, recitate durante i giri, una richiesta di salvezza. È concomitante al rituale di circumambulazione il tema della invocazione della pioggia, sviluppato durante il rituale della festa di Sukkòt, ossia nel momento del “giudizio per l’acqua”, in cui Dio stabilisce se far scendere la pioggia sul mondo. Nella letteratura talmudica il corteo gira intorno alla nuova area consacrata all’interno del Santuario con relativa lettura dei Salmi e con significato di delimitazione rituale di uno spazio sul quale s’invocava la protezione divina da pericoli esterni. Possiamo, quindi, affermare che nel culto del Santuario la circumambulazione sviluppa ulteriormente l’opposizione biblica di significati assedio-protezione tramite un rituale che si rifà al modello biblico della storia di Gerico, da una parte, e al rituale di inaugurazione dell’area sacra con funzioni di limitazione e protezione del territorio, dall’altra. La circumambulazione è presente nell’ebraismo post talmudico in varie forme, distinguibili in due gruppi: il primo ha prevalentemente un significato di invocazione e ha per prototipo il rito della festa di Sukkòt e la storia di Gerico; il secondo ha un significato sostanzialmente protettivo per la persona o la cosa intorno a cui si gira. 13 Per approfondire il tema dell’importanza dell’orientamento delle chiese si può leggere: Uwe Michael Lang d.O., Rivolti al Signore. L’orientamento nella preghiera liturgica, con Prefazione di Joseph Ratzinger, trad. it., con Postfazione di don Nicola Bux, Cantagalli, Siena 2006. Interessante anche approfondire il tema dell’orientamento del tempio di Gerusalemme alla luce di un recente studio del Prof. Joseph Patrich dell’Istituto di Archeologia della Hebrew University of Jerusalem, per cui vi invitiamo a visitare il sito internet dello Studium Biblicum Franciscanum (SBF) della Custodia di Terra Santa (www.custodia.org). 14 La chiesa fu edificata e rimase proprietà dell’Ordine del Tempio sino al 1228/1229 quando l’imperatore Federico II di Svevia espropriò i possedimenti templari nel Regno di Sicilia. L’imperatore tedesco, legato all’ordine teutonico formato da cavalieri germanici, donò la chiesa di San Leonardo a tale ordine che la consacrò al Salvatore. I Cavalieri teutonici utilizzarono il convento abbandonato dai Templari e vi restarono sino al 1358, quando lasciarono la chiesa agli Agostiniani che la dedicarono al loro fondatore (S. Agostino) e la tennero sino al 19 settembre 1809. 15 Il titolo lapideo raffigurante la croce dell’Ordine del Santo Sepolcro, posto sul sagrato della chiesa, è stato donato dalla famiglia del Priore della Delegazione di Cerignola, Rev.mo Don Carmine Ladogana, in memoria del compianto Cav. Gr. Cr. Vincenzo Ladogana. 16 Da fonti locali sulla Chiesa di S. M. delle Grazie, riportiamo gli interventi di restauro eseguiti:

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Una sosta per Gerusalemme DATA

OGGETTO

FONTE

1888

Il municipio fa eseguire un restauro della Chiesa di Santa Maria delle Grazie: raschia e ripulisce il graffito, che contorna con una modesta cornice di legno, protetto da un vetro e libera da un velo di calce le figure dei santi. Si costruisce la cella campanaria.

«Per un graffito», articolo di Giuseppe Tortora su Napoli Nobilissima, 1888.

1969

La Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie della Puglia e alle Gallerie della Basilicata con sede in Bari fa eseguire lavori di restauro sotto la direzione del prof. D’Elia. Viene riportato alla luce, nella veste originaria, l’intero gruppo degli affreschi dell’abside, una parte di quelli del presbiterio ed altri. Dove l’affresco manca o non può essere restaurato, si preferisce rattoppare la parte di intonaco piuttosto che aggiungere parti non originali. L’edificio è riparato nel suo complesso e si prendono molti accorgimenti per evitare infiltrazioni di acqua, causa prima del deterioramento degli affreschi. Viene fatto un massetto in cemento intorno alla Chiesa, esternamente, e si provvede a riparare il tetto. Un secondo lotto di lavori doveva iniziare nell’ottobre 1970 ma non ha avuto mai inizio compromettendo così la sicurezza e la conservazione degli affreschi e della cappella stessa.

Chiese campestri, in «Cerignola Antica», Atti del 1° convegno della società di studi storici ed archeologici della Daunia Sud, Cerignola, piazza Matteotti 6-7, settembre 1974.

1985

L’Associazione di studi storici “Daunia Sud” incarica due suoi soci, l’ing. Matteo Cianci e il geologo dott. Salvatore Dileo, di effettuare gli opportuni sopralluoghi che confermano l’urgenza di creare un’idonea struttura impermeabile, con associato sistema di scolo delle acque, intorno alle pareti della chiesetta al fine di impedire l’eccessiva umidificazione del terreno argilloso su cui è sita la chiesetta. Con un accordo tecnico-finanziario tra la parrocchia del SS. Crocifisso e la Daunia Sud i lavori vengono eseguiti in breve tempo.

Articolo «Piano delle Fosse e Padre Eterno» di GINO PELLEGRINO su «Il Ponte», mensile dell’Associazione Cerignolani in Roma e nel Mondo, aprile 1985.

1904

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Incisione sulla campana.


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Chiesa di Santa Maria delle Grazie

17 Lucia da Siracusa (Siracusa, 283 c.a - Siracusa, 304 c.a), venerata come Santa dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa, morì martire durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa. 18 Margherita o Marina (Antiochia, 275 - † 20 luglio 290) è venerata come Santa, vergine e martire da diverse Chiese cristiane: la Chiesa cattolica e quella ortodossa ne celebrano la memoria il 20 luglio e la considerano patrona delle partorienti. La Santa è costantemente rappresentata col drago avvinto alla catena, a segnare la vittoria sulle tentazioni. Le sue raffigurazioni sono diffusamente presenti nelle Chiese rurali del sud-barese. 19 Bernardo di Chiaravalle o Bernard de Clairvaux (Fontaine-lès-Dijon, Dijon, Borgogna, 1090 - Ville-sous-la-Ferté, 20 agosto 1153), fondatore della celebre abbazia di Clairvaux, fu un teologo francese. 20 Santa Veronica, è venerata come Santa dalla Chiesa cattolica. Secondo la tradizione cristiana, fu la pia donna che, vedendo la passione di Gesù che trasportava la croce e il suo volto sporco di sudore e sangue, lo deterse con un panno di lino, sul quale sarebbe rimasta l’impronta del viso di Gesù (il cosiddetto “velo della Veronica”). Sempre secondo la tradizione, successivamente votò la propria vita alla diffusione della parola di Gesù e viaggiò per l’Europa. In Francia iniziò a prodigarsi per la conversione dei Galli al cristianesimo. È stata dichiarata Santa protettrice della Francia. La commemorazione liturgica ricorre il 9 luglio. 21 Augustinus Hipponensis (Tagaste, Numidia, 13 novembre 354 - Ippona, Numidia, 28 agosto 430) fu filosofo, vescovo e teologo; Padre, Dottore e Santo della Chiesa Cattolica, è conosciuto semplicemente come Sant’Agostino, ed è detto anche Doctor Gratiae. 22 Comparazioni possono essere ricercate sul sito www.augustinus.it , il sito web sulla vita, gli scritti, la santità, il pensiero e l’attualità di Sant’Agostino. Realizzato per NUOVA BIBLIOTECA AGOSTINIANA e CITTÀ NUOVA EDITRICE. 23 LA MADONNA NELL’ORDINE AGOSTINIANO dal Bollettino di S. Nicola da Tolentino, n. 5, giugno 1995.

Scheda storica

Questo è davvero un titolo raro, forse perché teologicamente tanto raffinato quanto esatto per celebrare il dono fondamentale che Dio in Cristo fa di se stesso all’umanità che magari, come dice S. Agostino, è molto più desiderosa dei doni del Signore, che non del Signore dei doni. Comunque questo è un titolo mariano agostiniano e, con ogni probabilità, da ritenersi il più antico, il più originale e il più ricco di significato. Se a Maria si addicono tanti titoli, in modo tutto particolare Le va riconosciuto quello di Madre di Gesù, da cui viene la salvezza, dono amoroso e gratuito del Padre, espresso appunto con la parola teologica “Grazia” che condensa gli avvenimenti dell’Incarnazione e della Redenzione. L’Ordine Agostiniano ha adottato questo titolo fin dalla sua origine perché corrisponde

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Una sosta per Gerusalemme a una sensibilità teologica rintracciabile nella Chiesa già dal sec. XIII. In passato ha certamente avuto maggior fortuna che nei tempi moderni; per gli Agostiniani offre anche familiari e gradite risonanze nella più alta teologia di S. Agostino, il quale ha trattato estesamente e con insuperata profondità il tema della Grazia che si identifica con la salvezza donataci e realizzata in Cristo morto e risorto. Maria, onorata come Madre della Grazia o della divina Grazia, offre l’opportunità di coniugare la Cristologia con la Mariologia. Tra gli Agostiniani la devozione a questo prestigioso titolo si è subito sviluppata trovando adeguate espressioni in alcune antifone, preghiere e inni sempre raccomandati dalle nostre Costituzioni e tuttora presenti nei nostri libri liturgici come la Benedicta tu, detta anche Vigiliae B. M. Virginis perché si recitava o cantava alla sera; l’Ave Regina coelorum, Mater regis angelorum, che ancora si canta nella prima metà del giorno, generalmente dopo l’Ora Media, o anche l’inno Maria Mater Gratiae, che si cantava al termine della nostre processioni e che ancora si usa nella nostra chiesa di S. Giacomo Maggiore a Bologna e in tutta la diocesi. Scheda liturgica

Liturgicamente il titolo Madonna della Grazia è quello che è stato più sentito fin dalle prime generazioni dell’Ordine, trovando affermazione in alcune celebri formule, tuttora a noi ben note e care. Nel 1284 il Capitolo Generale di Orvieto raccomanda la recita del Benedicta tu per onorare la Madonna della Grazia. L’espressione Tu Gratiae Mater... è contenuta nell’Ordinario del B. Clemente da Osimo (+1291) fin dal secolo XIII. Nel 1327 il Capitolo Generale dispone: «...stabiliamo che in tutto l’Ordine dopo l’inno Memento salutis auctor, si dica il versetto Maria Mater gratiae»; la stessa ingiunzione appare nel 1385 e nel 1388. Così anche veniva recitato in onore della Madonna della Grazia l’inno Ave Regina coelorum, Mater regis angelorum, che appare già nell’Ordinario del Beato Clemente da Osimo, in quello del 1549 e nelle Costituzioni del 1551; il Capitolo Generale del 1575 ripete che tale inno, da recitarsi dopo la Messa Solenne, mai si deve omettere nelle chiese del nostro Ordine, in nessun tempo. Nel 1582 il Registro del P. A. Fivizzani, Vic. Generale, contiene l’ingiunzione di cantare detta antifona; altrettanto si trova nelle Costituzioni del 1681. Nel Capitolo Generale del 1695 di nuovo si dice di cantare l’antifona Ave Regina Coelorum come anche si legifera in tal senso nelle Costituzioni del 1850. Nel Cerimoniale del 1785, con qualche variante nel versetto e nell’orazione, rimane integra l’antifona. Nel 1806, per interessamento del Ven. G. B. Menochio, l’Ordine ottenne dalla Sede Apostolica la Messa e l’Officio di questo titolo mariano. La festa venne fissata per il 1° di giugno. Nelle Costituzioni del 1895 ancora è riportata l’indicazione di recitare o cantare ogni giorno tale antifona, che nell’appendice viene ricordata nella sua relazione con il titolo della Madonna della Grazia.

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C. P

Chiesa di Santa Maria delle Grazie

Nelle Costituzioni del 1926 ritorna l’ingiunzione di onorare la Madonna della Grazia con la Benedicta tu e relativi salmi e letture, come dal Breviario dell’Ordine. Nel 1962 la revisione dei nostri libri liturgici spinse a far coincidere tale festa con quella dell’Annunciazione, spegnendo così una tradizione fortemente qualificata nel suo contenuto teologico e agostiniano. Oggi anche tra di noi si sta affermando una rinnovata sensibilità a questo titolo che, oltre ad essere celebrato dalle Litanie lauretane, è onorato nella nomenclatura di conventi, chiese e anche di qualche Provincia dell’Ordine. Nel nuovo Libro delle Messe della Beata Vergine Maria è presente la titolazione «Madre di Grazia Mediatrice di Grazia» al n. 30 (p. 99) del Messale pubblicato dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 1987. Scheda iconografica

È difficile esprimere una valutazione iconografica di questo bellissimo titolo mariano perché alla ricchezza dei testi liturgici si contrappone una impressionante povertà di espressioni figurative. Recentemente lo studio di questo titolo ha spinto anche a una possibile ricognizione iconografica, ma per ora si può citare solo un grande e bel quadro seicentesco nella Collegiata di Visso (MC), opera del Pellegrini. Questo quadro celebra Maria con il titolo «Madre della Grazia», come ben evidenziato dal cartiglio posto al centro e sorretto dagli Angeli. L’opera è di sicura provenienza agostiniana, sia perché fu commissionata dal Priore del convento di S. Agostino, sia perché circondano la Vergine quattro figure agostiniane: S. Agostino, S. Nicola, S. Chiara da Montefalco e S. Rita da Cascia. Nelle immaginette popolari o santini, benché non molto frequenti, è tuttavia possibile trovare esemplari dedicati a Maria Madre della Grazia. In ogni caso gli elementi essenziali di questo tema si possono ricondurre alla persona di Maria nel gesto di mostrare il Suo Bimbo per lo più in un atteggiamento che ne sottolinea la vitalità e l’espressione di comunicare la Sua Divina forza. 24 Secondo un’antica tradizione che risale al II secolo, è la madre della Beata Vergine Maria. È il protovangelo di Giacomo, a darne il nome unitamente a quello del Suo Sposo San Gioacchino. Il culto di Sant’Anna esisteva in oriente già nel secolo VI e si diffuse in occidente nel secolo X. L’affresco della Chiesa di Santa Maria delle Grazie in Cerignola è una delle più antiche rappresentazioni della Santa con la Bambinella (Maria Bambina), i cui colori saranno propri della successiva iconografia. La Bambinella evidenzia il bavero bianco che caratterizza tutte le immagini di Sant’Anna e simboleggia la Sua età avanzata. 25 Nettamente si distinguono gli Apostoli Maggiori, Pietro e Paolo (quest’ultimo tale ritenuto dalla liturgia romana, fatto che ci conferma l’originaria cattolicità della Chiesa di Santa Maria delle Grazie), Andrea e Giacomo il Maggiore, a partire da sinistra. 26 La devozione alla Madonna del Latte è un ulteriore documento del legame esistente fra il nostro insediamento e la Terra Santa. Il culto alla Madonna del Latte è infatti un culto “popolare” ed “iconografico” di un luogo particolare: Betlemme. Innanzitutto è

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Una sosta per Gerusalemme interessante spiegare perché definiamo questo culto “iconografico”. L’essenza di questo termine è da cogliere “in relazione” alla rappresentazione pittorica della Madonna delle Grazie alla quale per secoli l’affresco del catino dell’abside è stato assimilato: l’iconografia del titolo “delle Grazie” si compone di due manifestazioni dell’amore di Dio, il Figlio e la Maternità di Maria, come mirabile raffigurazione della preghiera di Elisabetta: «…e benedetto è il frutto del Tuo seno, Gesù»; l’iconografia della Madonna del Latte è costituita invece da un’unica scena, quella di Gesù nel momento dell’allattamento al seno di Maria. L’icona della Madonna delle Grazie è dunque l’epifania dell’Incarnazione, l’offerta di Dio all’umanità; l’icona della Madonna del Latte è il suo contrario, la donazione dell’umanità a Dio, attraverso la più alta d’ogni creatura, la Madonna che sembra ripetere «eccomi, sono la serva del Signore». Ed è questa sublimazione della maternità alla radice di quell’umanesimo dei Templari che per tanti anni è stato intenzionalmente storpiato ed ha alimentato una lettura tutto sommato estranea alla Chiesa Cattolica. È qui la chiave di interpretazione di tutto l’affresco centrale dell’abside della nostra Chiesa in cui sono raffigurati i primi servi del Signore, gli apostoli, e fra essi Paolo di Tarso. Chi ha dipinto queste figure o chi le ha commissionate doveva avere una forte esperienza della Terra Santa, avendo coscientemente importato una devozione popolare di Betlemme che è stata riportata alla luce solo il 31 dicembre 2006 da un lavoro di restauro e costruzione di un nuovo luogo di preghiera condotto dai Francescani della Custodia di Terra Santa su progetto del padre Costantino Ruggeri e con il finanziamento dei cristiani di Slovacchia. Questa la descrizione del nuovo santuario fatta dal padre Michele Piccirillo: «A ridosso della Basilica con la Grotta della Natività, sulla cima della collina si trova il santuario rupestre della Grotta del Latte molto venerato dai cristiani di Betlemme. Tra le reliquie giunte in Europa dal VI sec. in poi si sono conservati dei frammenti di roccia polverizzata e confezionata in piccole forme. Le più antiche si trovano nella cattedrale di Oviedo in Spagna. Le più recenti nel Museo dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme sono di piccole formelle con stampigliato il monogramma mariano o l’icona della Madre di Dio. Tali reliquie provengono dalla grotta venerata fino ai nostri giorni a Betlemme e officiata dai Padri Francescani a cominciare dal XIV sec. Gocce di latte cadute dal seno della Vergine Maria mentre allattava il Bambino Gesù avrebbero cambiato il colore della roccia rossastra di Betlemme. La polvere della roccia sciolta nell’acqua veniva bevuta dalle mamme prive di latte e dalle donne che intercedevano dalla Vergine il dono della maternità». Una forte devozione la cui fruibilità popolare, come più volte ricorda lo stesso Padre Piccirillo, era stata sollecitata dagli stessi abitanti di Betlemme. Durante i lavori ivi eseguiti, i Frati hanno anche scoperto in quel sito delle tombe di cavalieri crociati e di donne incinte, usanza che ritroviamo nelle cripte della nostra chiesetta del Padre Eterno. Per approfondire il tema iconografico della Madonna del Latte suggeriamo la lettura del libro Madonna del Latte. La sacralità umanizzata, a cura di PAOLO BERRUTI, Polistampa 2006 con una introduzione teologica dell’Arcivescovo Gianfranco Ravasi.

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Chiesa di Santa Maria delle Grazie

NICOLAI CRUSENII (+ 1629) ORD. S. AUGUSTINI PARS TERTIA MONASTICI AUGUSTINIANI COMPLETENS EPITOMEN HISTORICAM FF. AUGUSTINENSIUM A MAGNA UNIONE USQUE AD AN. 1620 CUM ADDITAMENTIS REV.MI P. M. FR. JOSEPHI LANTERI. 28 MONS. SALVATORE SANTERAMO, op.cit. 29 Riportiamo quanto detto dal Prof. VINCENZO BUONASSISI ne La Battaglia di Cerignola, ed. Scienza e Diletto, 1908: «L’epitaffio della Madonna delle Grazie non è interamente leggibile: qualche parola o parte di parola è indecifrabile o cancellata. Sono otto righe, graffite o incavate come si voglia dire, con una punta acuminata sull’intonaco di una parete, sulla quale era dipinta ed è ancora visibile la Resurrezione di Nostro Signore; l’iscrizione occupa uno spazio di m. 0,35 di larghezza e di m. 0,25 di altezza, all’incirca. Il carattere doveva essere ben nitido e non privo di una certa eleganza, da quello che se ne vede oggi: la lingua è un italiano un po’ scorretto, come si usava, quattro secoli fa, nelle scritture comuni e da gente che amava farsi capire e null’altro. Ecco quel che ci ho letto io: Alli 1 03 alli 28 di Aprile…. not…. Consaluo ferante gran Capitanio dello Exercito del Re et Regina de Spangna quale exercito erano q.tordici milia fanti et…. milia caballi cobattio loco…., la Cerg.la collo potente Re de franza ello exercitu…. quale exercito erano…. milia…. de fato…. et fo fragassato ell campo de fran…. singnori francisi… …Come si vede… non c’è che la data dello scontro (e forse c’era segnata anche l’ora), il numero dei soldati dell’esercito spagnolo e quello dell’esercito francese e la notizia del risultato della battaglia…». 30 Questa la descrizione che Massimo d’Azeglio nell’Ettore Fieramosca fa di quell’evento: «Chi avesse detto in quel momento a questo giovane principe, e che pareva serbato a un avvenire così fortunato e glorioso, che fra pochi giorni i suoi occhi così vivaci, quelle sue membra sì adatte dovrebbero esser fredde ed immobili, composte in una povera bara nella chiesetta della Cerignola, e che una breve pietà di Consalvo sarebbe stato l’ultimo affetto che dovesse destare in un cuore umano!...». 27

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IL RESTAURO DELLA CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE VULGO PADRETERNO Di lavori, dagli affreschi alle coperture, se ne sono fatti in questi anni, grazie ai finanziamenti pubblici, intesi a salvaguardare l'intero manufatto dal degrado in cui versava. Ma non tutti, ad onor del vero però, rispondenti alle urgenti attese e a una rigorosa filologia di restauro che il monumento esigeva. Il restauro ex integro compiuto e diretto dal vescovo Felice di Molfetta ha interessato anzitutto il ciclo degli affreschi presenti sull’arca trionfale e nella parte absidale, seriamente compromessi nonostante gli interventi precedenti. Sono gli affreschi a costituire la parte nobile del manufatto nonché preziosa reliquia giunta fino ai nostri giorni di un corredo iconografico che l’edificio possedeva e che ornava l’intero suo perimetro, come ci è attestato dall’affresco presente sulla parete sinistra dell’ingresso, dopo la demolizione di una incombente superfetazione. Certo, se nel tempo ci fossero state cura e attenzione nei riguardi di questo edificio, noi oggi avremmo avuto una chiesa totalmente affrescata, come d’altronde ci ha rivelato il restauro compiuto. I lavori eseguiti in perfetta regola d’arte e passione dall’Impresa SEDIR s.r.l. del Comm. Gerardo Biancofiore hanno interessato l’involucro esterno in tutti i suoi volumi al fine di garantire il regolare deflusso delle acque meteoriche e relative infiltrazioni. Ciò ha comportato la fornitura e posa in opera di coppi in argilla secondo gli accorgimenti tecnici, tra i più accreditati nell’ambito dell’edilizia; cucitura delle lesioni esistenti sulle murature perimetrali; intonacamento in grassello di calce con sovrastanti strati di macroporoso dell’intera area 93


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esterna, avendo però avuta cura di mettere in luce quelle sobrie tracce di decori architettonici presenti sulla superficie, occultati dagli intonaci preesistenti. Particolare attenzione poi è stata posta agli elementi lapidei che ornano la facciata (rosone, portale, finestre), i quali sono stati debitamente restituiti alla loro primigenia, essenziale bellezza. Sulla sommità della facciata svetta anche una nuova croce proporzionata allo spazio e in perfetto stile con l’antichità del monumento, sulla quale sventola una banderuola con l’indicazione dell’anno. Onde evitare infiltrazioni d’acqua provenienti dalla aree esterne è stato anche creato un marciapiede sì da avvolgere l’intero perimetro dell’edificio. Nobiltà ed austerità è venuto ad assumere il percorso che conduce dalla strada alla chiesa essendo stato realizzato un viottolo con l’uso della tecnica del ciottolato, geometricamente composto e dinamicamente strutturato. Un muretto a secco, anche questo in perfetto stile con l’area extraurbana, su cui si innalza una inferriata debitamente decorata e munita di cancello, protegge l’intera area sacra su cui insiste il manufatto. Non minore attenzione è stata riservata agli interni, essendo essi destinati per loro natura ad evidenziare la bellezza delle realtà sacre e il rispetto verso i destinatari. Nel pieno codice della morfologia originaria del manufatto si è proceduto alla rimozione delle superfetazioni che nel tempo si erano addossate lungo l’intero perimetro. Durante questa delicata operazione sono emersi qua e là, sotto qualche arco della sequenza interna, frammenti di affresco irrimediabilmente perduti nel tempo per incuria o per maldestri interventi. L’impegno posto all’interno dell’edificio ha messo in luce la serie degli archi, occultati nel tempo, nonché gli elementi lapidei dell’area absidale debitamente liberati da intonaci e riportati alla loro eleganza gotica. Alle finestre poi si è ritenuto doveroso sostituire il vetro comune con un vetro tipo alabastro, al fine di creare la suggestiva atmosfera della luce calda e soffusa degli antichi edifici di culto. Lo stesso criterio è stato seguito nell’impianto illuminotecnico con relativi corpi, intesi questi a 94


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dare un dosaggio appropriato sulle varie superfici e preoccupandosi di esaltare il corredo iconografico, investito da una luce di chiara densità naturale. Onde evitare i processi di risalita dell’umidità, è stato creato il vespaio all’interno dell’area pavimentale con canali di areazione alla cripta sottostante l’abside e sovrastante la pavimentazione in cotto di Canosa. I due altari ivi presenti sono stati inoltre. sottoposti a pulitura, riproponendo il cromatismo originario. L’intero edificio, previamente spicconato sulle pareti e sulle volte, è stato rivestito di intonaco, denominato pcr la circostanza cerignolino, composto da rinzaffo di malta preconfezionata con leganti idraulici, inerti selezionati e pozzolana, con sovrastante malta preconfezionata macroporosa ad azione deumidificante a base di calce idraulica naturale cocciopesto e pozzolana. Dovendo poi l’edificio essere utilizzato nella sua nuova destinazione, esso è stato dotato di impianto idrico-fognante con opportuni elemcnti igienico-sanitari. Il portone d’ingresso, in legno massello, riproposto in perfetto stile coevo all’edificio, chiude l’operazione del restauro ex integro della Chiesa Santa Maria delle Grazie, vulgo Padreterno, invitando però il benevolo lettore a constatare anche quanto qui non è stato descritto ed è stato in essa realizzato. † Felice di Molfetta

Vescovo

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ORDO EQUESTRIS SANCTI SEPULCHRI HIEROSOLYMITANI SALUTO DEL GRAN MAESTRO EMERITO S.EM. REV.MA CARD. CARLO FURNO 27 giugno 2007

Eccellenze, Cari Cavalieri e Dame, il 16 dicembre 1995 il Santo Padre mi assegnava la responsabilità della gestione dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. In data 27 giugno 2007 il Santo Padre ha affidato tale responsabilità a S.E. Mons. John P. Foley. In questa occasione desidero ringraziare Voi tutti per l’impegno, la dedizione e la lealtà con la quale avete svolto i compiti assegnatiVi: sono certo che l’Ordine potrà continuare a contare su di Voi per le future sfide che dovranno essere affrontate. A Voi tutti e alle Vostre famiglie, che resterete sempre presenti nelle mie preghiere, vanno gli auguri più sinceri di ogni bene e la benedizione del Signore per quanto fatto e farete per i nostri fratelli Cristiani di Terra Santa. Che Maria Regina della Palestina ci sia sempre Madre e Maestra! CARLO CARDINALE FURNO

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ORDO EQUESTRIS SANCTI SEPULCHRI HIEROSOLYMITANI MESSAGGIO DEL PRO-GRAN MAESTRO S.E. MONS. JOHN PATRIK FOLEY 27 giugno 2007 Sua Santità il Papa Benedetto XVI mi ha concesso il grande onore di nominarmi Pro-Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Sono profondamente grato a Lui per questa dimostrazione di fiducia, così come al Cardinale Furno per il suo eccellente servizio come Gran Maestro dell’Ordine e per la sua benevola e completa collaborazione in questo periodo di transizione. La mia gratitudine va anche al Cardinale Giuseppe Caprio, che sedici anni fa, come Gran Maestro, mi accolse nell’Ordine. Per i mesi, anzi per gli anni a venire, chiedo a Voi tutti di pregare per me e per la nostra amata Terra Santa, consacrata dalla presenza del Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Vi assicuro che pregherò per tutti Voi, che continuate a lavorare ed a sacrificarvi per l’Ordine e per la Terra Santa con tanta generosità. Preghiamo e lavoriamo per la Pace e la Giustizia in quella Terra tormentata e per il mantenimento della viva presenza delle Comunità Cristiane nelle città e villaggi dove hanno vissuto per 2000 anni i discendenti dei primi seguaci di Cristo. Che Dio benedica tutti Voi!

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GOVERNO DELL’ORDINE GRAN MAESTRO

Sua Eminenza Reverendissima Il Signor Cardinale John Patrick FOLEY 00120 CITTÀ DEL VATICANO

GRAN MAESTRO EMERITO

Sua Eminenza Reverendissima Il Signor Cardinale Carlo FURNO 00120 CITTÀ DEL VATICANO

GRAN PRIORE

Sua Beatitudine Reverendissima Mons. Fouad TWAL Patriarca Latino di Gerusalemme P.O. Box 14152 GERUSALEMME

LUOGOTENENTE GENERALE

H.E. Graf Peter WOLFF-METTERNICH zur Gracht, Kollar-Ritter Schloss Adelebsen 37137 - ADELEBSEN - DEUTSCHLAND Tel (+49) 55067073 / (+49) 55067072 Fax (+49) 55067000

GOVERNATORE GENERALE

S.E. Cavaliere di Collare Dr. Ing. Pier Luigi PAROLA Piazza S. Onofrio al Gianicolo,2 00165 ROMA Tel. (+39) 0255182476 (Office Milan) Tel. (+39) 066869040-066877347 (Office Rome) 100


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VICE GOVERNATORE GENERALE

S.E. Chev. Gr. Cr. Baron Hubert SIMONART “Esdorenhof” Mortelstraat 77 3150 HAACHT TILDONK - BELGIQUE Tel (+32)16601288 - Fax (+32)16601288 hubert@simonart.org

VICE GOVERNATORE GENERALE

S.E. Comm. Ing. Adolfo RINALDI Piazza S. Onofrio al Gianicolo, 2 00165 ROMA Tel. (+39) 066869040-066877347 (Office Rome) adolfo.rinaldi@gmail.it

CANCELLIERE

Rev.mamo Mons. Gr. Uff. Juan José DORRONSORO Piazza S. Onofrio al Gianicolo, 2 00165 ROMA Tel. (+39) 066869040-066877347 (Office Rome)

CERIMONIERE

Rev.mamo Mons. Cav. Francis D. KELLY Piazza S. Onofrio al Gianicolo, 2 00165 ROMA Tel (+39) 0669001819 - Fax (+39) 0669001823 fkelly@pnac.org

MEMBRI

M. le Chev. Gr. Cr. Jean Marc ALLARD 10510, Avenue d’Auteuil CDN MONTREAL H3L 2K6 QUEBEC Tel (+1) 5143854477 - Fax(+1) 5143875290 oessj.allard@qc.aira.com 101


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S.E. Cav. Gr. Cr. Conte Mario CANTUTI CASTELVETRI Piazza S. Onofrio al Gianicolo, 2 00165 ROMA Cav. Gr. Cr. Conte Prof. Giuseppe DALLA TORRE del TEMPIO di SANGUINETTO Piazza S. Onofrio al Gianicolo, 2 00165 ROMA Mr. Michael R. EARTHMAN, KGCHS 2121, Sage Road, Suite 220 USA - HOUSTON, TX - 77056 Tel. 1-713-5963847 - Fax 1-713-5863850 excellency@sbcglobal.net Dr. Otto KASPAR, GKR Framsweg, 9 6020 INNSBRUCK - ÖSTERREICH Tel (+43) 512262476 - Fax (+43) 512263970 otto.kaspar1@utanet.at Sir Dennis J. LOONEY, KGCHS 27, Southgate Road USA – WELLESLEY - MA 02482-6606 Tel./Fax (+1) 7812356291 dennisjlooney@aol.com Prof. Bartholomew John Mc GETTRICK, KC*HS University of Glasgow 174 Carmunnock Road Glasgow G44 5 AJ Tel. (+44) 141637 8112 - Fax (+44) 141569 2059 b.mcgettrick1@ntlworld.com bjm@edu.gla.ac.uk 102


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Sir John RALPH, KC*HS 368, St. Kilda Road Ap. 3202 MELBOURNE VIC 3004-AUSTRALIA berdray@bigpond.com Dr. Christa von SIEMENS, LC*HS Wehrlestrasse 30 81679 MÜNCHEN - DEUTSCHLAND Tel. (+49) 89989861 - Fax (+49) 8998290896 chr.s@freenet.de Mr. Joseph E. SPINNATO, KGCHS 11 Windham Court USA – Muttontown – NY 11545

MEMBRI ONORARI VICE GOVERNATORE GENERALE D'ONORE H.E. George T. RYAN, KGCHS 12, Kenilworth Road Milton MA 02186-4827 USA Tel. (+1) 617 6963555 - Fax (+1) 617 6969680 GTRMRR@verison.net

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GOVERNO DELLA LUOGOTENENZA PER L’ITALIA MERIDIONALE ADRIATICA LUOGOTENENTE dal 3-5-82

S.E. il Cav. Gr. Cr. Avv. Francesco ZIPPITELLI Via Melo, 13 70122 - BARI Tel. 39-80-5241190 / 80-5237585 - Fax 39-80-5241190 Email: oessg@virgilio.it

GRAN PRIORE

S.E. Rev.ma Mons. Francesco CACUCCI Arcivescovo di Bari-Bitonto Curia Arcivescovile, Piazza Odegitria, 30 70122 - BARI

CONSIGLIO DI LUOGOTENENZA CANCELLIERE Cav.Gr.Cr. Avv. Michele TORTORA

SEGRETARIO

Gr.Uff. Contramm. Sipontino Antonio PUDDU

TESORIERE

Cav.Gr.Cr. Geom. Michele AVITTO

CERIMONIERI LAICI

Gr.Uff. Gen. Antonio Maria ANGIULI Cav.Gr.Cr. Gen. Salvatore CHIRIATTI

Consigliere Rapporti Diocesi e Parrocchie Cav.Gr.Cr. Franco CAMAGGIO

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Consigliere Coordinatore Assistenti Spirituali Comm. Rev.mado Don Luigi DE PALMA

Consiglieri

Cav.Gr.Cr. Francesco CAMPANALE Gr. Uff. Norberto ALESSIO Gr. Uff. Dott. Alberto CASSETTA Cav.Gr.Cr. Dr. Ing. Pasquale TELESCA Cav. Avv. Michele ZIPPITELLI

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GOVERNO DELLA SEZIONE DI CERIGNOLA-ASCOLI SATRIANO PRIORE

S.E. Rev.ma Mons. Gr. Uff. Felice DI MOLFETTA Vescovo della Diocesi di Cerignola Ascoli-Satriano

PRESIDE

Comm. Conte Stefano PAVONCELLI

DELEGAZIONE DI CERIGNOLA

Via Trinitapoli, 58 - CAP 71042 CERIGNOLA (FG) Casella Postale 23 Tel.: 0885/427733 - 425281 Email: segreteria@oessg-cerignola.net

PRIORE

Rev. Cav. Sac. Carmine LADOGANA

DELEGATO

Comm. P.A. Matteo PACIELLO

Consiglio della Delegazione

Cav. Rag. Michele Balestra, Rev. Cav. Sac. Carmine Ladogana, Cav. Rag. Giuseppe Setteducati

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Ai Cavalieri dell’Ordine del Santo Sepolcro

«Carissimi Fratelli e Sorelle! Fa parte della vostra missione venire incontro ai bisogni della Chiesa in Terra Santa; ma è ancor più necessario offrire una coerente testimonianza di fede. Prima vostra preoccupazione sia, pertanto, quella di tendere alla santità, che è la vocazione universale di tutti i cristiani. Siate costruttori di amore e di pace, ispirandovi nella vita e nelle opere al Vangelo e specialmente al mistero della passione e della risurrezione di Cristo. Vostro modello sia Maria, la Madre dei credenti, sempre pronta ad aderire con gioia alla volontà di Dio. InvocateLa ogni giorno con la bella e tradizionale preghiera del Rosario, che aiuta a contemplare Cristo con lo sguardo della sua santa Madre. Questo sarà per voi fonte di crescita, come avvenne per il beato Bartolo Longo, vostro illustre confratello». Giovanni Paolo II, 16 ottobre 2003

PREGHIERA A NOSTRA SIGNORA REGINA DELLA PALESTINA O Maria Immacolata, dolce Regina del cielo e della terra, noi qui prostrati ai piedi del Tuo trono regale, pienamente fiduciosi nella Tua bontà e nella Tua illuminata potenza, Ti supplichiamo di volgere uno sguardo compassionevole sulla Palestina,terra che è Tua più di ogni altra, perché Tu l'hai abbellita con la Tua nascita, con le Tue virtù, con i Tuoi dolori; questa terra dove Tu hai dato al mondo il Divino Redentore. Ricordati che proprio in questa terra Dio ti ha scelta nostra Madre e dispensatrice di grazie. Veglia sulla Tua patria terrena,avvolgila di una protezione tutta speciale; dissipa le tenebre dell'errore là dove ha brillato l'eterno Sole di giustizia. Fa che si realizzi presto la promessa del Tuo Figlio Divino di formare un solo gregge sotto un solo pastore. Degnati infine di ottenere per noi tutti la grazia di servire Dio in santità e giustizia tutti i giorni della nostra vita, sicché nell'ora della nostra morte, per meriti di Gesù e per la Tua materna assistenza, passiamo dalla Gerusalemme terrena a quella celeste. Così sia.

Imprimatur, Gerusalemme 1 Gennaio 1926 Aloysius, Patriarca

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PREGHIERA DEL CAVALIERE Signore, per le Tue cinque piaghe che portiamo sulle nostre insegne noi Ti preghiamo. Donaci la forza di amare tutti gli esseri del mondo che il Padre Tuo ha creato e, più degli altri, i nostri nemici. Libera la nostra mente ed il nostro cuore dal peccato, dalla parzialità, dall’egoismo e dalla viltà per essere degni del Tuo sacrificio. Fa’ scendere su di noi, Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro, il Tuo Spirito affinché ci renda convinti e sinceri ambasciatori di Pace e di Amore fra i nostri fratelli e, particolarmente, fra coloro che pensano di non credere in Te. Donaci la Fede per affrontare tutti i dolori della vita quotidiana e per meritare un giorno di giungere umilmente ma senza timore al Tuo cospetto. Amen

Beato Bartolo Longo

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Dio del perdono, Dio della salvezza, raggio che accendi le celesti aurore, lume di grazia, fiamma di valore, tèmpraci tutti nella Tua fortezza. Tu, fonte d'ogni bene e di letizia, sole rovente, mistica rugiada, nel segno della Croce e della Spada serbaci degni della Tua milizia. *** Contro l'odio de li émpi a torve età combattemmo con l'armi in Tua difesa; or combattiamo per la santa Impresa solo armati di Fede e di Pietà. Sul Tuo Sepolcro, dove ogni ferita ebbe pace nel sonno della morte, noi Cavalieri delle età risorte, custodiamo la fiamma della Vita. ***

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E Tu, benigno, sul crociato manto spargi la candidezza dei nevai; sègnalo Tu col sangue dei rosai che nacquero dal Tuo martirio santo. Sèrbaci saldi nella lunga via che alla suprema Verità conduce e confortaci in Te, nella Tua luce, per la vita e la morte. E così sia.

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INDICE Presentazione di S.E. Rev.ma Mons. Felice di Molfetta

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SALVATORE PAOLICELLI L’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme Genesi ed Eventi . . . . . . . . . . Agli albori del Terzo Millennio . . . . . . . L’Ordine a Cerignola. . . . . . . . . . Note . . . . . . . . . . . . . CARLO PAOLICELLI La Chiesa di Santa Maria delle Grazie Origini . . . . . . . . . . . . . Elementi architettonici . . . . . . . . . Elementi decorativi . . . . . . . . . . Il ciclo pittorico . . . . . . . . . . . Un graffito . . . . . . . . . . . . Conclusioni . . . . . . . . . . . . Note . . . . . . . . . . . . . Documenti Restauro della Chiesa di S. Maria delle Grazie vulgo Padreterno Atto di Convenzione Chiesa del Padreterno . . . . . Saluto del Gran Maestro Emerito . . . . . . . Messaggio del Pro-Gran Maestro . . . . . . . Governo dell’Ordine . . . . . . . . . . Governo della Luogotenenza per l’Italia Meridionale adriatica . Governo della Sezione di Cerignola-Ascoli Satriano . . . Ai Cavalieri dell’Ordine… di Giovanni Paolo II, 16 ottobre 2003 Preghiera a Nostra Signora Regina della Palestina . . . Preghiera del Cavaliere . . . . . . . . . Inno dei Cavalieri del Santo Sepolcro . . . . . .

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Finito di stampare nel mese di luglio 2008 nella Nuova Mezzina - Molfetta



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