EXPOSED °1

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GENNAIO 2009

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EXPOSED ISIA URBINO

4/Quattro scatti per un tema

DIANA F+

La Principessa di Plastica

Portphoto

Andy Massaccesi Xavier Marcelo Cabrera Giulia Gioacchini Elettra Paolinelli

X process

AGFA RSXII FREE EDITION

vs

C41



EXPOSED 01 Gennaio 2008

X Process

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Sul finire degli anni Settanta, ancora studente al liceo, rimasi affascinato da alcune immagini delle Action Paintings di Jackson Pollock e delle combustioni di Alberto Burri, scoperte in un libro trafugato nell’ufficio del direttore durante una occupazione della scuola.

Portfolio

ISIA Urbino

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Sul finire degli anni Settanta, ancora studente al liceo, rimasi affascinato da alcune immagini delle Action Paintings di Jackson Pollock e delle combustioni di Alberto Burri..

16 Andy Massaccesi Sul finire degli anni settanta, ancora studente al liceo, rimasi affascinato da alcune immagini delle Action Paintings di Jackson

20 Giulia Gioacchini Sul finire degli anni settanta, ancora studente al liceo, rimasi affascinato da alcune immagini delle Action Paintings.

24 Elettra Paolinelli Sul finire degli anni setDirettore e responsabile Angola Caracora

Redazione

Adriano Pappalardo

Photo editor

Jerry McCartney

Responsabile distribuzione Lisa Simpson, Matteo Ancolla

Pubbliche Relazioni

Emanuele Fiorini, Gallo Cedrone

Hanno Collaborato

C’era una volta trallallero tralllallà, ma probabilmente aveva dimenticato il cappello a casa ed era un freddo incredibile.

tanta, ancora studente al liceo, rimasi affascinato da alcune immagini delle Action Paintings di Jackson Pollock.

30 Marcelo Cabrera

Un vero turbamento che in giovanissima età ha fatto scattare in me il desiderio sfrenato di approfondire.

Revival 40 Diana F+ La principessa di plastica.. Andiamo tutti al mare a prendere.

Didattica 51 Ecte velismod scattare in me il desiderio sfrenato di approfondire e verificare.

70 Laboratorio Fotografico Tutti insieme appassoniatamenti in camera oscura.



Editoriale

Jones Peter, Seagulls and Boy, (anno sconosciuto) realizzata con pellicola SX-70 Time zero

Sebbene l’arte si evidenzi come fondamentale risorsa culturale e come uno dei principali fattori per lo sviluppo economico del nostro paese, la formazione in questo ambito è scarsamente riconosciuta e valorizzata. Viceversa è proprio l’arte intesa nella sua accezione più ampia di “attività di produzione estetica” che ha favorito il successo internazionale del “made in Italy”. Non è certo un caso che in tutti i settori merceologici trainanti dell’economia italiana (moda, arredamento, design, etc.) il contenuto estetico rappresenti il principale fattore di competitività e di successo. Inoltre, lo stratificato patrimonio artistico presen-

te nel nostro paese, oltre ad essere un’inestimabile risorsa culturale, si configura come il più importante fattore di sviluppo per l’industria turistica nazionale. La formazione in questi settori, sia in quelli più tradizionali delle arti figurative e dello spettacolo (pittura, scultura, scenografia, musica, danza, arte drammatica), sia in quelli della conservazione, tutela e valorizzazione dei beni artistici; sia ancora in quelli più orientati al design e all’innovazione (moda, arredamento, design, grafica, multimedialità, etc.), richiede un modello didattico che garantisca una reale “esperienza del fare”.

Carlo Rossi 5 I.S.I.A URBINO


PORTPHOTO intervista Anna Barbera

ANDY MASSACCESI, sim irit praesse feu faccum do odipit lorper iusci tat ulla feuipsusto od eriure cor ipsumsa ndrerostrud min ut acilla faci enibh estie diam. Quiscilit aut nulla faciduis eros non utpat. Raessed mi-

nim endre ent vent dolesed ex exerat la con ero commy nos alis augue tisit eum zzrit lortinc illuptatum ea con volendio er si etummy nummy nulput luptat inim venibh eriustrud tion heniam zzrilis do odit accum dipsuscidunt augiamet, core venim venisi blaortie magna facidunt pratin vulput ad tion volore facing euisci tat illa commodi onsequam, sustrud magnim in eugue modolobore delessi et veraese velesse quisis augiam zzriusc illaor sed tat. Equatue raesto odolortie veliquametue dunt dio erat at pratuerilla consed tisi. Obore vel ulput ero commy nim iusto odo eummodio odipsum sandreraessi tie dunt utet ut eniamcore ero erit wissi estisim vero dolore dolobor se magnibh ea am, vel ut lor iuscip esto erit dipit luptatummy nit voluptat utpat.

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PORTFOLIO

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PORTFOLIO

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W

I nuovi strumenti della comunicazione telematica, i suoi nuovi linguaggi ed effetti nell’ambito della cultura e più in generale della società, non si limitano a modificare i tradizionali modelli artistici, politici e commerciali, ma trasformano il modo di pensare e dunque la logica alla base del pensiero occidentale e globale.

A

rte dei nuovi media digitali, con oramai circa mezzo secolo di storia, è da un quarto di secolo al centro dell’attenzione delle principali istituzioni nel campo dell’arte, della scienza e della ricerca. Molte istituzioni e musei nazionali ed internazionali, come ad esempio Ars Electronica a Linz, hanno già creato al loro interno un’area specifica all’arte dei nuovi media e organizzato mostre e centri di documentazione e di ricerca in tale settore, come ad esempio UCAN il Centro di Ricerca e Documentazione sull’Arte delle Reti e le Culture Digitali nato nel 2003 e da me diretto all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, a dimostrazione della maturità di queste forme di espressione da inserire nel quadro dell’arte contemporanea.

F

ar conoscere ai futuri artisti non solo le potenzialità presenti e future dei nuovi media, ma anche la problematicità che ruota intorno al loro uso, così come il modo in cui gli artisti del passato hanno usato tali tecnologie, deve dunque essere un elemento centrale della didattica nelle istituzioni artistiche educative nazionali ed internazionali. Attraverso la didattica dell’arte dei nuovi media i nuovi artisti non imparano semplicemente ad usare tecnicamente le tecnologie più innovative, ma anche a riflettere ed intervenire criticamente sugli sviluppi della cultura contemporanea, attraverso un percorso educativo in grado di fornire coscienza e consapevolezza. Scopo della conferenza New Media Art Education, a cui parteciperanno esperti del settore e docenti sia nazionali che internazionali, è sia quello di promuovere il settore che di fare una ricognizione sulla situazione attuale dell’educazione all’arte dei nuovi media nelle istituzioni italiane. La conferenza è a cura di Marco Bazzini, Alessandro Ludovico e Tommaso Tozzi, e si terrà il 23 e 24 novembre 2007 al Centro di Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, che la organizza con la collaborazione dell’Accademia di Belle Arti di Carrara. Estetica e sociologia dei nuovi media, la sezione introduttiva della conferenza, riflettendo intorno alle nuove modalità? E conoscenza del mondo offerte dall’uso dei nuovi media nella didattica vuole porsi la domanda di quali siano le caratteristiche della nuova estetica della comunicazione e di quale possa essere il suo impatto sullo sviluppo sociale.

La seconda sezione, Educare attraverso i nuovi media: le tecnologie di supporto all’educazione? Vuole indagare su quali siano i nuovi strumenti di supporto all’educazione e di quali possono essere le nuove metodologie conseguenti all’uso di tali strumenti.

L

a terza sezione, Educare ai nuovi media: uno sguardo critico, vuole essere un momento di riflessione critica sull’educazione all’arte dei nuovi media, creando un momento di incontro tra soggetti sia del Ministero che di alcune delle principali Accademie di Belle Arti, rappresentate all’interno dal nascente Comitato di Coordinamento del settore dell’Arte dei Media nelle Accademie di Belle Arti italiane, e di ISIA italiane che stanno già svolgendo un percorso educativo in tale settore, per confrontarsi in modo propositivo su quali siano le forme critiche e metodologiche più adeguate per un’educazione all’arte dei nuovi media.

W

I nuovi strumenti della comunicazione telematica, i suoi nuovi linguaggi ed effetti nell’ambito della cultura e più in generale della società, non si limitano a modificare i tradizionali modelli artistici, politici e commerciali, ma trasformano il modo di pensare e dunque la logica alla base del pensiero occidentale e globale. W I nuovi strumenti della comunicazione telematica, i suoi nuovi linguaggi ed effetti nell’ambito della cultura e più in generale della società, non si limitano a modificare i tradizionali modelli artistici, politici e commerciali, ma trasformano il modo di pensare e dunque la logica alla base del pensiero occidentale e globale. Molte istituzioni e musei nazionali ed internazionali, come ad esempio Ars Electronica a Linz, hanno già creato al loro interno un’area specifica all’arte dei nuovi media e organizzato mostre e centri di documentazione e di ricerca in tale settore, come ad esempio UCAN il Centro di Ricerca e Documentazione sull’Arte delle Reti e le Culture Digitali nato nel 2003 e da me diretto all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, a dimostrazione della maturità di queste forme di espressione da inserire nel quadro dell’arte contemporanea. La seconda sezione, Educare attraverso i nuovi media: le tecnologie di supporto all’educazione? Vuole indagare su quali siano i nuovi strumenti di supporto all’educazione e di quali possono essere le nuove metodologie conseguenti all’uso di tali strumenti.

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La

Principressa Plastica di

SHOTING IN SENIGALLIA WITH GAIA AND DIANA F+

testo: ERIK FIZGHERALD foto: ANDY MASSACCESI modella: GAIA CERESI


REVIVAL

Location: Mbc-Ws Senigallia Gaia: collana SARA MAGISTRELLI, occhiali NERD,

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La Principessa di Plastica

Location: Caffè del corso Senigallia Gaia: caramelle HARIBO

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REVIVAL

Location: LUNGOMARE DI LEVANTE Senigallia Gaia: gioglielli BARBIE, riviste Cioè e TOP GIRL

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I nuovi strumenti della comunicazione telematica, i suoi nuovi linguaggi ed effetti nell’ambito della cultura e più in generale della società, non si limitano a modificare i tradizionali modelli artistici, politici e commerciali, ma trasformano il modo di pensare e dunque la logica alla base del pensiero occidentale e globale.

L’

arte dei nuovi media digitali, con oramai circa mezzo secolo di storia, è da un quarto di secolo al centro dell’attenzione delle principali istituzioni nel campo dell’arte, della scienza e della ricerca. Molte istituzioni e musei nazionali ed internazionali, come ad esempio Ars Electronica a Linz, hanno già creato al loro interno un’area specifica all’arte dei nuovi media e organizzato mostre e centri di documentazione e di ricerca in tale settore, come ad esempio UCAN il Centro di Ricerca e Documentazione sull’Arte delle Reti e le Culture Digitali nato nel 2003 e da me diretto all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, a dimostrazione della maturità di queste forme di espressione da inserire nel quadro dell’arte contemporanea.

F

ar conoscere ai futuri artisti non solo le potenzialità presenti e future dei nuovi media, ma anche la problematicità che ruota intorno al loro uso, così come il modo in cui gli artisti del passato hanno usato tali tecnologie, deve dunque essere un elemento centrale della didattica nelle istituzioni artistiche educative nazionali ed internazionali. Attraverso la didattica dell’arte dei nuovi media i nuovi artisti non imparano semplicemente ad usare tecnicamente le tecnologie più innovative, ma anche a riflettere ed intervenire criticamente sugli sviluppi della cultura contemporanea, attraverso un percorso educativo in grado di fornire coscienza e consapevolezza. Scopo della conferenza New Media Art Education, a cui parteciperanno esperti del settore e docenti sia nazionali che internazionali, è sia quello di promuovere il settore che di fare una ricognizione sulla situazione attuale dell’educazione all’arte dei nuovi media nelle istituzioni italiane. La conferenza è a cura di Marco Bazzini, Alessandro Ludovico e Tommaso Tozzi, e si terrà il 23 e 24 novembre 2007 al Centro di Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, che la organizza con la collaborazione dell’Accademia di Belle Arti di Carrara.

La seconda sezione, Educare attraverso i nuovi media: le tecnologie di supporto all’educazione? Vuole indagare su quali siano i nuovi strumenti di supporto all’educazione e di quali possono essere le nuove metodologie conseguenti all’uso di tali strumenti.

L

a terza sezione, Educare ai nuovi media: uno sguardo critico, vuole essere un momento di riflessione critica sull’educazione all’arte dei nuovi media, creando un momento di incontro tra soggetti sia del Ministero che di alcune delle principali Accademie di Belle Arti, rappresentate all’interno dal nascente Comitato di Coordinamento del settore dell’Arte dei Media nelle Accademie di Belle Arti italiane, e di ISIA italiane che stanno già svolgendo un percorso educativo in tale settore, per confrontarsi in modo propositivo su quali siano le forme critiche e metodologiche più adeguate per un’educazione all’arte dei nuovi media.

W

I nuovi strumenti della comunicazione telematica, i suoi nuovi linguaggi ed effetti nell’ambito della cultura e più in generale della società, non si limitano a modificare i tradizionali modelli artistici, politici e commerciali, ma trasformano il modo di pensare e dunque la logica alla base del pensiero occidentale e globale. W I nuovi strumenti della comunicazione telematica, i suoi nuovi linguaggi ed effetti nell’ambito della cultura e più in generale della società, non si limitano a modificare i tradizionali modelli artistici, politici e commerciali, ma trasformano il modo di pensare e dunque la logica alla base del pensiero occidentale e globale.

Estetica e sociologia dei nuovi media, la sezione introduttiva della conferenza, riflettendo intorno alle nuove modalità? E conoscenza del mondo offerte dall’uso dei nuovi media nella didattica vuole porsi la domanda di quali siano le caratteristiche della nuova estetica della comunicazione e di quale possa essere il suo impatto sullo sviluppo sociale.

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REVIVAL

Location: LUNGOMARE DI LEVANTE Senigallia Gaia: Abito e mantello SFIZIO

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La Principessa di Plastica

Location: Mbc-Ws Senigallia Gaia: Gioglielli BARBIE, telefono YUKI, pantofole HELLO KITTY

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DIDATTICA

RSXII vs C41 Stringi i denti e preparati ad essere schiaffeggiato da intensi quanto irreversibili spruzzi di ciano, giallo e magenta.

Foto realizzata da Andy Massaccesi con Fotocamera “Lubitel 166B”

I nuovi strumenti della comunicazione telematica, i suoi nuovi linguaggi ed effetti nell’ambito della cultura e più in generale della società, non si limitano a modificare i tradizionali modelli artistici, politici e commerciali, ma trasformano il modo di pensare e dunque la logica alla base. Del pensiero occidentale e globale. L’arte dei nuovi media digitali, con oramai circa mezzo secolo di storia, è da un quarto di secolo al centro dell’attenzione delle principali istituzioni nel campo dell’arte, della scienza e della ricerca. Molte istituzioni e musei nazionali ed internazionali, come ad esempio Ars Electronica a Linz, hanno già creato al loro interno un’area specifica all’arte dei nuovi media e or-

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ganizzato mostre e centri di documentazione e di ricerca in tale settore, come ad esempio UCAN il Centro di Ricerca e Documentazione sull’Arte delle Reti e le Culture Digitali nato nel 2003 e da me diretto all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, a dimostrazione della maturità di queste forme di espressione da inserire nel quadro dell’arte contemporanea.


I nuovi strumenti della comunicazione telematica, i suoi nuovi linguaggi ed effetti nell’ambito della cultura e più in generale della società, non si limitano a modificare i tradizionali modelli artistici, politici e commerciali, ma trasformano il modo di pensare e dunque la logica alla base del pensiero occidentale e globale. L’arte dei nuovi media digitali, con oramai circa mezzo secolo di storia, è da un quarto di secolo al centro dell’attenzione delle principali istituzioni nel campo dell’arte, della scienza e della ricerca. Molte istituzioni e musei nazionali ed internazionali, come ad esempio Ars Electronica a Linz, hanno già creato al loro interno un’area specifica all’arte dei nuovi media e organizzato mostre e centri di documentazione e di ricerca in tale settore, come ad esempio UCAN il Centro di Ricerca e Documentazione sull’Arte delle Reti e le Culture Digitali nato nel 2003 e da me diretto all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, a dimostrazione della maturità di queste forme di espressione da inserire nel quadro dell’arte contemporanea. Far conoscere ai futuri artisti non solo le potenzialità presenti e future dei nuovi media, ma anche la problematicità che ruota intorno al loro uso, così come il modo in cui gli artisti del passato

hanno usato tali tecnologie, deve dunque essere un elemento centrale della didattica nelle istituzioni artistiche educative nazionali ed internazionali. Attraverso la didattica dell’arte dei nuovi media i nuovi artisti non imparano semplicemente ad usare tecnicamente le tecnologie più innovative, ma anche a riflettere ed intervenire criticamente sugli sviluppi della cultura contemporanea, attraverso un percorso educativo in grado di fornire coscienza e consapevolezza. Far conoscere ai futuri artisti non solo le potenzialità presenti e future dei nuovi media, ma anche la problematicità che ruota intorno al loro uso, così come il modo in cui gli artisti del passato hanno usato tali tecnologie, deve dunque essere un elemento centrale della didattica nelle istituzioni artistiche educative nazionali ed internazionali. Attraverso la didattica dell’arte dei nuovi media i nuovi artisti non imparano semplicemente ad usare tecnicamente le tecnologie più innovative, ma anche a riflettere ed intervenire criticamente sugli sviluppi della cultura contemporanea, attraverso un percorso educativo in grado di fornire coscienza e consapevolezza.

Foto realizzata da Andrea Massaccesi con fotocamera Action Sampler

Rullo DIapositiva 120mm AGFA RSX II

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English text Editorial

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In the mythological vision of the world, technology belonged to the gods and Prometheus suffered the most atrocious punishment for having given it to man through fire, thus allowing him to increase his hold over nature. Following his meeting with technology, man relinquished the sacred dimension of his body and conceived it as a biological organism, part of a dual essence: anima and corpus for Plato, or res cogitans and res extensa for Descartes, though always separating, in his self, substance from spirit, tangible from intangible. As well as lying at the core of religious thought, this dual concept has also shaped scientific thought and modern medicine, it has raised man’s hopes of avoiding his mortal destiny, in both the spiritual and the physical dimensions, through the development of technology. While there is no doubt that significant progress has been made in medicine - if an Italian born at the end of the nineteenth century could not expect to live much more than thirty years, his compatriot born a hundred years later enjoys a life expectancy of over seventy - we cannot conceal the problems and the deep lacerations caused by a perception of existence as a thing separated from a perception of one’s self as a person.

ISIA_Urbino

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Technology plays a much more important role in our lives than we realise, because we live in a world that is totally organised by technology and we have gone so far as to entrust our future to it. The increase in average life expectancy in the West not only derives from medicine, but also from developments in the food industry and improvements in hygiene and environmental conditions that have been enabled by technology. However, it is also true that, despite these successes, we experience an intense feeling of uneasiness because we see technology as the main reason for the progressive dehumanisation and denaturalisation of the world. Faced with the force of technology, nature appears fragile, vulnerable and incapable of supporting such a violent aggression.

Andy_Massaccesi

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Technology plays a much more important role in our lives than we realise, because we live in a world that is totally organised by technology and we have gone so far as to entrust our future to it. The increase in average life expectancy in the West not only derives from medicine, but also from developments in the food industry and improvements in hygiene and environmental conditions that have been enabled by technology. However, it is also true that, despite these successes, we experience an intense feeling of uneasiness because we see technology as the main reason for the progressive dehumanisation and denaturalisation of the world. Faced with the force of technology, nature appears fragile, vulnerable and incapable of supporting such a violent aggression. In questa visione, che ho appena sfiorato, può risultare già chiaro il perché ritengo cruciale che le nostre scuole artistiche, che hanno così grande tradizione, siano nel dovere di occuparsi di tutto ciò e debbano essere in prima linea in questo processo di cambiamento. The increase in average life expectancy in the West not only derives from medicine, but also from developments in the food industry and improvements?

Giulia_Gioacchini

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In the mythological vision of the world, technology belonged to the gods and Prometheus suffered the most atrocious punishment for having given it to man through fire, thus allowing him to increase his hold over nature. Following his meeting with technology, man relinquished the sacred dimension of his body and conceived it as a

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biological organism, part of a dual essence: anima and corpus for Plato, or res cogitans and res extensa for Descartes, though always separating, in his self, substance from spirit, tangible from intangible. As well as lying at the core of religious thought, this dual concept has also shaped scientific thought and modern medicine, it has raised man’s hopes of avoiding his mortal destiny, in both the spiritual and the physical dimensions, through the development of technology. While there is no doubt that significant progress has been made in medicine - if an Italian born at the end of the nineteenth century could not expect to live much more than thirty years, his compatriot born a hundred years later enjoys a life expectancy of over seventy - we cannot conceal the problems and the deep lacerations caused by a perception of existence as a thing separated from a perception of one’s self as a person. Piergiorgio Welby’s dramatic gesture, reported and highlighted by the media in December 2006, Gave our consciences a great deal of food for thought. Can man, with his horror of death, ask to be allowed to die humanely? Can he ask to be detached from machines that do not lengthen his life but just his agony and suffering, and that of his loved ones? Piergiorgio Welby’s case exposed a widespread drama, a drama we would prefer to keep in the dark, governed by rules and regulations or by schematic certitudes of good and evil. Luckily, instead, it made us aware of how fragile these rules and regulations are when compared with the subjective nature of the human drama of death and suffering. Without delving into complex and articulated moral questions. About which countless volumes have already been written, we wish to consider the problem, exposed by this drama, of redefining the limits within which an unnatural existence, made possible only by means of complex technological equipment, is acceptable. In a book written by Jorge Luis Borges and Adolfo Bioy Casares in 1967, eloquently entitled “The immortals”, the protagonist is reduced to a brain kept in life by a constant flux of magnetic currents. Though this can be dismissed as a fanciful image, at the end of the day, it is not so far away from that produced by many bodies, midway between life and death, kept alive by sophisticated technological equipment; these are the living dead, left in the solitude of individual family dramas.

Elettra_Paolinelli

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In the mythological vision of the world, technology belonged to the gods and Prometheus suffered the most atrocious punishment for having given it to man through fire, thus allowing him to increase his hold over nature. Following his meeting with technology, man relinquished the sacred dimension of his body and conceived it as a biological organism, part of a dual essence: anima and corpus for Plato, or res cogitans and res extensa for Descartes, though always separating, in his self, substance from spirit, tangible from intangible. As well as lying at the core of religious thought, this dual concept has also shaped scientific thought and modern medicine, it has raised man’s hopes of avoiding his mortal destiny, in both the spiritual and the physical dimensions, through the development of technology. While there is no doubt that significant progress has been made in medicine - if an Italian born at the end of the nineteenth century could not expect to live much more than thirty years, his compatriot born a hundred years later enjoys a life expectancy of over seventy.

Marcelo_Cabrera

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In the mythological vision of the world, technology belonged to the gods and Prometheus suffered the most atrocious punishment for having given it to man through fire, thus allowing him to increase his hold over nature. Following his meeting with technology, man relinquished the sacred dimension of his body and conceived it as a biological organism, part of a dual essence: anima and

corpus for Plato, or res cogitans and res extensa for Descartes, though always separating, in his self, substance from spirit, tangible from intangible. As well as lying at the core of religious thought, this dual concept has also shaped scientific thought and modern medicine, it has raised man’s hopes of avoiding his mortal destiny, in both the spiritual and the physical dimensions, through the development of technology. While there is no doubt that significant progress has been made in medicine - if an Italian born at the end of the nineteenth century could not expect to live much more than thirty years, his compatriot born a hundred years later enjoys a life expectancy of over seventy - we cannot conceal the problems and the deep lacerations caused by a perception of existence as a thing separated from a perception of one’s self as a person.

Diana_F+

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Quest’epoca ha messo in crisi molti dei riferimenti cui In the mythological vision of the world, technology belonged to the gods and Prometheus suffered the most atrocious punishment for having given it to man through fire, thus allowing him to increase his hold over nature. Following his meeting with technology, man relinquished the sacred dimension of his body and conceived it as a biological organism, part of a dual essence: anima and corpus for Plato, or res cogitans and res extensa for Descartes, though always separating, in his self, substance from spirit, tangible from intangible. As well as lying at the core of religious thought, this dual concept has also shaped scientific thought and modern medicine, it has raised man’s hopes of avoiding his mortal destiny, in both the spiritual and the physical dimensions, through the development of technology. While there is no doubt that significant progress has been made in medicine - if an Italian born at the end of the nineteenth century could not expect to live much more than thirty years, his compatriot born a hundred years later enjoys a life expectancy of over seventy - we cannot conceal the problems and the deep lacerations caused by a perception of existence as a thing separated from a perception of one’s self as a person. Piergiorgio Welby’s dramatic gesture, reported and highlighted by the media in December 2006, gave our consciences a great deal of food for thought. Can man, with his horror of death, ask to be allowed to die humanely. In the mythological vision of the world, technology belonged to the gods and Prometheus suffered the most atrocious punishment for having given it to man through fire, thus allowing him to increase his hold over nature. Following his meeting with technology, man relinquished the sacred dimension of his body and conceived it as a biological organism, part of a dual essence: anima and corpus for Plato, or res cogitans and res extensa for Descartes, though always separating, in his self, substance from spirit, tangible from intangible. As well as lying at the core of religious thought, this dual concept has also shaped scientific thought and modern medicine, it has raised man’s hopes of avoiding his mortal destiny, in both the spiritual and the physical dimensions, through the development of technology. While there is no doubt that significant progress has been made in medicine - if an Italian born at the end of the nineteenth century could not expect to live much more than thirty years, his compatriot born a hundred years later enjoys a life expectancy of over seventy - we cannot conceal the problems and the deep lacerations caused by a perception of existence as a thing separated from a perception of one’s self as a person. Piergiorgio Welby’s dramatic gesture, reported and highlighted by the media in December 2006, gave our consciences a great deal of food for thought. Can man, with his horror of death, ask to be allowed to die humanely? Can he ask to be detached from machines that do not lengthen his life but just his agony and suffering, and that of his loved ones? Piergiorgio Welby’s case exposed a widespread drama, a drama we would prefer to keep in the dark, governed by rules and regulations or by schematic certitudes of good and evil. Luckily, instead, it made us


English text aware of how fragile these rules and regulations are when compared with the subjective nature of the human drama of death and suffering. Without delving into complex and articulated moral questions, about which countless volumes have already been written, we wish to consider the problem, exposed by this drama, of redefining the limits within which an unnatural existence, made possible only by means of complex technological equipment, is acceptable. In a book written by Jorge Luis Borges and Adolfo Bioy Casares in 1967, eloquently entitled “The immortals”, the protagonist is reduced to a brain kept in life by a constant flux of magnetic currents. Though this can be dismissed as a fanciful image, at the end of the day, it is not so far away from that produced by many bodies, midway between life and death, kept alive by sophisticated technological equipment; these are the living dead, left in the solitude of individual family dramas.

Didactics

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In the mythological vision of the world, technology belonged to the gods and Prometheus suffered the most atrocious punishment for having given it to man through fire, thus allowing him to increase his hold over nature. Following his meeting with technology, man relinquished the sacred dimension of his body and conceived it as a biological organism, part of a dual essence: anima and corpus for Plato, or res cogitans and res extensa for Descartes, though always separating, in his self, substance from spirit, tangible from intangible. As well as lying at the core of religious thought, this dual concept has also shaped scientific thought and modern medicine, it has raised man’s hopes of avoiding his mortal destiny, in both the spiritual and the physical dimensions, through the development of technology. While there is no doubt that significant progress has been made in medicine - if an Italian born at the end of the nineteenth century could not expect to live much more than thirty years, his compatriot born a hundred years later enjoys a life expectancy of over seventy - we cannot conceal the problems and the deep lacerations caused by a perception of existence as a thing separated from a perception of one’s self as a person. Piergiorgio Welby’s dramatic gesture, reported and highlighted by the media in December 2006, gave our consciences a great deal of food for thought. Can man, with his horror of death, ask to be allowed to die humanely? Can he ask to be detached from machines that do not lengthen his life but just his agony and suffering, and that of his loved ones? Piergiorgio Welby’s case exposed a widespread drama, a drama we would prefer to keep in the dark, governed by rules and regulations or by schematic certitudes of good and evil. Luckily, instead, it made us aware of how fragile these rules and regulations are when compared with the subjective nature of the human drama of death and suffering. Without delving into complex and articulated moral questions, about which countless volumes have already been written, we wish to consider the problem, exposed by this drama, of redefining the limits within which an unnatural existence, made possible only by means of complex technological equipment, is acceptable. In a book written by Jorge Luis Borges and Adolfo Bioy Casares in 1967, eloquently entitled “The immortals”, the protagonist is reduced to a brain kept in life by a constant flux of magnetic currents. Though this can be dismissed as a fanciful image, at the end of the day, it is not so far away from that produced by many bodies, midway between life and death, kept alive by sophisticated technological equipment; these are the living dead, left in the solitude of individual family dramas. La prospettiva nel XV sec., che pure era strumento geometrico, quindi tecnico di In the mythological vision of the world, technology belonged to the gods and Prometheus suffered the most atrocious punishment for having given it to man through fire, thus allowing him to increase his hold over nature. Following his meeting with technology, man relinquished the sacred dimension of his body and conceived it as a biological organism, part of a dual essen-

ce: anima and corpus for Plato, or res cogitans and res extensa for Descartes, though always separating, in his self, substance from spirit, tangible from intangible. As well as lying at the core of religious thought, this dual concept has also shaped scientific thought and modern medicine, it has raised man’s hopes of avoiding his mortal destiny, in both the spiritual and the physical dimensions, through the development of technology. While there is no doubt that significant progress has been made in medicine - if an Italian born at the end of the nineteenth century could not expect to live much more than thirty years, his compatriot born a hundred years later enjoys a life expectancy of over seventy - we cannot conceal the problems and the deep lacerations caused by a perception of existence as a thing separated from a perception of one’s self as a person. Piergiorgio Welby’s dramatic gesture, reported and highlighted by the media in December 2006, gave our consciences a great deal of food for thought. Can man, with his horror of death, ask to be allowed to die humanely? Can he ask to be detached from machines that do not lengthen his life but just his agony and suffering, and that of his loved ones? Piergiorgio Welby’s case exposed a widespread drama, a drama we would prefer to keep in the dark, governed by rules and regulations or by schematic certitudes of good and evil. Luckily, instead, it made us aware of how fragile these rules and regulations are when compared with the subjective nature of the human drama of death and suffering. Without delving into complex and articulated moral questions, about which countless volumes have already been written, we wish to consider the problem, exposed by this drama, of redefining the limits within which an unnatural existence, made possible only by means of complex technological equipment, is acceptable. In a book written by Jorge Luis Borges and Adolfo Bioy Casares in 1967, eloquently entitled “The immortals”, the protagonist is reduced to a brain kept in life by a constant flux of magnetic currents. Though this can be dismissed as a fanciful image, at the end of the day, it is not so far away from that produced by many bodies, midway between life and death, kept alive by sophisticated technological equipment; these are the living dead, left in the solitude of individual family dramas.

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In the mythological vision of the world, technology belonged to the gods and Prometheus suffered the most atrocious punishment for having given it to man through fire, thus allowing him to increase his hold over nature. Following his meeting with technology, man relinquished the sacred dimension of his body and conceived it as a biological organism, part of a dual essence: anima and corpus for Plato, or res cogitans and res extensa for Descartes, though always separating, in his self, substance from spirit, tangible from intangible. As well as lying at the core of religious thought, this dual concept has also shaped scientific thought and modern medicine, it has raised man’s hopes of avoiding his mortal destiny, in both the spiritual and the physical dimensions, through the development of technology. While there is no doubt that significant progress has been made in medicine - if an Italian born at the end of the nineteenth century could not expect to live much more than thirty years, his compatriot born a hundred years later enjoys a life expectancy of over seventy - we cannot conceal the problems and the deep lacerations caused by a perception of existence as a thing separated from a perception of one’s self as a person. Piergiorgio Welby’s dramatic gesture, reported and highlighted by the media in December 2006, gave our consciences a great deal of food for thought. Can man, with his horror of death, ask to be allowed to die humanely? Can he ask to be detached from machines that do not lengthen his life but just his agony and suffering, and that of his loved ones? Piergiorgio Welby’s case exposed a widespread drama, a drama we would prefer to keep in the dark, governed by rules and regulations or by schematic

certitudes of good and evil. Luckily, instead, it made us aware of how fragile these rules and regulations are when compared with the subjective nature of the human drama of death and suffering. Without delving into complex and articulated moral questions, about which countless volumes have already been written, we wish to consider the problem, exposed by this drama, of redefining the limits within which an unnatural existence, made possible only by means of complex technological equipment, is acceptable. In a book written by Jorge Luis Borges and Adolfo Bioy Casares in 1967, eloquently entitled “The immortals”, the protagonist is reduced to a brain kept in life by a constant flux of magnetic currents. Though this can be dismissed as a fanciful image, at the end of the day, it is not so far away from that produced by many bodies, midway between life and death, kept alive by sophisticated technological equipment; these are the living dead, left in the solitude of individual family dramas. quanto ci sia bisogno che, anche nella impressionante fuga della ricerca scientifica e tecnologica, si ritrovi il senso dell’equilibrio, della effettiva necessità, della felicità della scoperta utile. Innovare o inventare. L’esperienza che sto conducendo da diversi anni all’Accademia di Brera e da molti di più nella mia attività con Studio Azzurro? Mi sollecita ad alcune riflessioni sul tema del “multimediale” nell’ambito della ricerca artistica e dell’insegnamento nelle Accademie. “Multimediale”, prima di tutto, è una definizione di transito di cui dobbiamo accontentarci e di cui intuiamo la provvisorietà e il limite. Anzi proprio lo sfuggire ad una denominazione convincente e definitiva, ci rivela la natura complessa e instabile della materia che stiamo trattando, manifesta la difficoltà di comprenderne la forma e in alcuni casi l’importanza. Se la fluidità di questo mondo fatto di tecnologie e di virtualità, il suo continuo e spiazzante evolversi ci impone pensieri non definitivi, a volte persino illusori, allo stesso tempo la sua irruenza ci porta ad avvertire dei sentimenti molto impegnativi e chiari che ci fanno sentire il peso di gravose responsabilità. Abbiamo coscienza che siamo entrati in un’epoca di straordinario cambiamento, di novità che non hanno riferimento storico precedente, in cui questi “agenti” sono determinanti a modellare immaginari e comportamenti, sistemi relazionali e dinamiche sociali. Quest’epoca ha messo in crisi molti dei riferimenti cui ci siamo rifatti in precedenza dal punto di vista etico e, aggiungerei senz’altro, anche estetico; ha palesato la potenza incontrollata di un linguaggio trasversale, basato su media, reti e interattività, ormai diffuso in tutti gli spazi del nostro quotidiano oltre che largamenteespanso sulla superficie del pianeta. Inesorabilmente penetrato nelle culture al punto di forzare le diversità, appiattendole o esasperandole. Tutto ciò comporta che chi si vuole avvicinare a questo mondo dal punto di vista espressivo, ne abbia chiara la complessità e la delicatezza. Che chi si avvicina con la curiosità esplorativa e con volontà di ricerca che da sempre contraddistinguono il fare artistico, senta su di sé l’impegno di trattare una materia cruciale non solo nei confronti del sistema arte ma per la società del futuro. È una fase storica, che ci chiede infatti il coraggio sia di abbandonare l’atteggiamento euforico e spesso acritico nell’ avvicinare questi mezzi e questi linguaggi. Sia quello, presuntuoso e anacronistico, che li sottovaluta nell’uso strumentale semplicemente al servizio dell’artista o del comunicatore. E pur mantenendo l’impegno di una grande capacità esplorativa e di disponibilità al nuovo occorre intrecciarlo alla consapevolezza degli effetti, delle ricadute negative, delle conseguenze.

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Process AP 44/E 6

GENNAIO 2009

Process AP 44/E 6

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