L'IRCOCERVO N.7 - MARZO 2021

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una zuppa sgradevole, ma non ci lamentammo. I pochi presenti ci osservavano con diffidenza, forse perché abituati ad avere a che fare con criminali fuggiti dalle rispettive condanne o dalle loro vite. Decisi però di farmi avanti, chiedendo ragioni sulla desolazione del paese. Uno di loro raccontò che dalle terre oltre la soglia del deserto spirava un vento assassino, caldo e velenoso, come una peste. Ci disse che le lievi escoriazioni che ci eravamo procurati nel salire al paese erano niente al confronto di ciò che succedeva agli avventurieri di Acrirca. Un’aria che bruciava i campi e gli alberi, che non permetteva all’uomo di disegnare i suoi paesaggi, di coltivare i suoi campi, che toglieva il respiro. Per quella ragione, Pontalto si era progressivamente disabitato. Erano anni, ormai, che quel vento si era come risvegliato, non lasciando altra scelta che l’esodo verso valle. Ci consigliò di non andare in quelle terre. Altri ci avevano provato e mai nessuno aveva fatto ritorno. Qualcuno diceva di aver visto uomini rantolare e trascinarsi verso le creste, con la pelle a brandelli. Si fermavano esausti ai piedi del crinale e scomparivano in pochi giorni, mangiati dai venti e dalla sabbia. Ci consigliò di rifugiarci nelle belle valli a ovest, di fermarci lì, fingendo che non fossimo mai partiti. Ma il nostro orgoglio non acconsentì. I deserti divorano le menti, diceva, ma solo dopo essersi insinuati nei corpi. E così è stato. Scavalcato il crinale, alle soglie di Acrirca, i nostri corpi cominciarono già a disfarsi. La pelle escoriata fino alla carne dai venti, che insaziabili consumavano per primo quanto era scoperto dagli indumenti. E ugualmente breve era il tempo per lacerare le vesti. Pareva che il deserto esigesse la nudità al suo cospetto, imponesse la miseria tra i suoi domini. Cercammo disperatamente rifugio, poiché le tende e gli armamentari si erano rivelati inutili. E mentre la tempesta ci privava della vista e i piedi si torcevano tra i piccoli avvallamenti rocciosi, tutti pensammo di essere già stati sconfitti. Fu un giorno terribile. Il coraggio non tiene presa in queste terre. Non c’è fuga

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