L'IRCOCERVO - N. 4 marzo 2020

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LA VERGINE MARIA Alice Bassi

Il mattino in cui prese la sua decisione, si alzò dalla scrivania nel call center in cui lavorava, posò le cuffie sul tavolo, mise in pausa la barra telefonica e raccolse la borsa. Era grande, un po’ sbucciata sui lati, perché ai nuovi acquisti lei preferiva sempre risparmiare i soldi per realizzare il suo sogno: andare in America, un giorno. A casa, aveva ricavato un salvadanaio da una bottiglia del latte e dentro ci conservava tutti gli spiccioli su cui riusciva a mettere le mani: i resti dei caffè, le monetine che scovava nelle tasche dei pantaloni di suo marito prima di infilarli in lavatrice, perfino i centesimi che trovava per strada. Anche quella era diventata un’abitudine: guardare per terra invece che in alto, verso il cielo. Ma quel giorno tutto sarebbe cambiato. Quel giorno se ne sarebbe andata. La sua collega la guardò vestirsi e le domandò cosa stesse facendo. Lei si girò. L’altra teneva la mano attorno al microfono delle cuffie, così che la cliente non potesse sentirla. Erano rosa, ornate da strass che formavano il suo nome. Di recente ne aveva aggiunto anche un secondo: Federica. Vado via, rispose, abbassando la fronte. Dove, a casa? È successo qualcosa a Elia? Lei fece di no con la testa. Sorrise e ripeté, semplicemente: vado via. La sua amica sbatté le palpebre, ma quando lei si alzò non fece niente per inseguirla. Non la biasimò. Mancavano solo quattro giorni alla valutazione di fine mese. Presto i supervisori avrebbero scelto le migliori operatrici di maggio, che

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