L'IRCOCERVO - N.3 novembre 2019

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Il giorno dopo la casa sembrava un albergo pronto ad aprire i battenti. Mamma si svegliò all’alba e cominciò a passare un dito su ogni superficie, cercando di rinvigorire con le mani le corone dei fiori. Verso le undici si sedette sul divano e cominciò a lanciare occhiate alla porta in attesa che una delle cameriere introducesse l’ospite. Passò un’ora ma sembrò una mattina intera. Lei che batteva il piede, e io che mi mordevo il labbro. Guardava l’orologio e diceva che doveva essere in ritardo, che magari aveva da fare, e sarebbe arrivato per cena. Ma non si presentò nessuno. Né quel giorno né in quelli seguenti. Passò l’intera settimana ad aspettarlo sul divano, sforzandosi di sorridere ogni volta che la guardavo. Gli scrisse subito una lettera, e poi altre ancora, ogni domenica e durante la settimana, ripetendomi ogni volta di fare attenzione, che quella era più importante delle altre. Ma non ne consegnai neanche una. In poche settimane coprirono il fondo del cassettone, e nel giro di tre mesi dovevo schiacciarle con la mano per riuscire a chiuderlo. Toni non si perdeva d’animo, e continuava a scriverle ogni settimana, chiedendosi perché non gli rispondesse. La mattina andavo sempre a controllare sotto la tegola per vedere se c’era una lettera, anche durante la settimana. Ne trovavo una il venerdì o il sabato sera, quando era impaziente di scriverle, e per non farmi scoprire dalla mamma dovevo alzarmi di buon’ora e scivolare leggero nella nebbia mattutina, con le mani che mi saltavano via dal freddo e la brina che scricchiolava a ogni passo. Poi tornavo in camera, mi avvolgevo nella coperta e restavo alla finestra in attesa di vederla sollevare tutte le tegole e andarsene con le lacrime agli occhi. Una mattina mi svegliai tardi e per poco non mi sorprese. Uscì in giardino mentre stavo rientrando e prima che mi vedesse mi nascosi dietro i cespugli con la lettera in bocca per non far battere i denti. Stava diventando sempre più difficile tenerli separati. Così cominciai ad appoggiare le sue lettere sul vetro della finestra e a ricalcare le parole fino a quando non imparai a imitare la sua grafia alla perfezione. Allora presi un foglio e gli scrissi una lettera. Caro Toni, mi è sempre più difficile continuare a pensare a una vita con te al mio fianco. Se davvero tieni a me, ti prego di non scrivermi più e costringermi a rifiutarti. Non è degno

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