Viaggio a Ixtlan - Castaneda

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Introduzione

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Sabato 22 maggio l97l andai a Sonora, in Messico, a rovare ,lon Juan Matus, uno stregone indiano yaqui con cui ero stato in raplrorto fin dal L961. Pensavoche la mia visita di quel giorno non sarebbe stata diversa dalle tante altre dei dieci anni in cui ero stato suo disce1:olo.Gli avvenimenti di quel giorno e dei seguenti, invece, furono per rne molto importanti. In quell'occasioneil mio noviziato giunse alla fine. Non si trattd di un mio arbitrario ritiro, bensi di una conclusione in buona fede. Ho gii esposto il mio noviziato in due libri precedenti: Tbe Teatbings ol Don f uan e A SeparateReality.x In entrambi i libri mia assunzionedi base era che i punti cruciali rlel tirocinio di stregone fossero gli stati di realti non ordinaria prodotti ,lall'ingerimentodi piante psicotrope. Da questo punto di vista don Juan era un esperto nell'uso di tre lriante: Datura inoxia, nota anche come erba del diavolo; Lophophora u,illiamsii, nota come peyote; e un fungo allucinogeno del genere l'rilocybe. La mia percezione del mondo attraverso gli efietti di quelle piante psicotrope era stata cosl bizzarra e impressionante da cosringermi a \ul)porre che fossero le sole vie per comunicare e imparare cid che ,1,'n Ju4n tentava di insegnarmi. Ma era una supposizioneerrata. Al fine di evitare qualsiasi fraintendimento sul mio lavoro con ,1,'rrJuan vorrei chiarire a questo punto le seguenti questioni. Finora non ho fatto alcun tentativo di situare don Juan in un milieu , rrltrrrale.Il fatto che egli si consideri uno stregone yaqui non significa italiana:A scuoladallo stegone,una uia yaqui alla conoscettza, "' Lr,clizione nuoai ixcontri \.,rr,,lrrbio- Ubaldini Editore,Roma 1970; Una realti separuta, ,,,rt Jon lrcn, Astrolabio- UbaldiniEditore,Roma,1972.


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che la sua conoscenzadella stregoneria sia nota agli yaqui in genere o sia da essi praticata. Tutte le conversazioni che avemmo durante tutto il noviziato si svolsero in spagnolo,e solo grazie all'assoluta padronanzache don Juan aveva di quella lingua riuscii a ottenere spiegazioni complessedel suo sistema di convinzioni. Ho mantenuto la pratica di indicare quel sistema come stregoneria e ho anche mantenuto la pratica di indicare don Juan come stregone, infatti erano quelle le categorie da lui usate. Avendo potuto trascrivere la maggior parte di cib che fu detto al principio del noviziato e turto cid che fu detto nelle fasi successive,ho raccolto vsluminosi appunti sul campo; ma per renderli leggibili e preservare tutt^via I'uniti drammatica degli insegnamenridi don Juan, ho dovuto rimaneggiarli e limarli; credo perd che le parti cancellare non abbiano importanza per le questioni che voglio trattare. Nel caso del mio lavoro con don Juan ho limitato i miei sforzi esclusivamentea vederlo come stregonc e ad enrare come menbro nella sua conoscenza. Al fine di presentarela mia trattazionedevo innar-rzituttospiegare Ie premessedi base della stregoneriacome don Iuan le ha presentatea me. Don Juan mi disseche per uno sregone il mondo della vita quotidiana non B reale, o qui intorno a noi, come crediamo.Per lo stresone la realti, o il mondo che noi tutti conosciamo,d solo una descrizine. Per convalidare questa premessa,don Juan concentrb i suoi sforzi migliori per convincermi oltre ogni possibiliti di dubbio che il mondo da me ritenuto reale era semplicemente una descrizione del mondo: una descrizione inculcatami fin dal momento della mia nascita. Don Juan osservb che chiunque venga in contatto con un bambino b un maestro che gli descriveincessantementeil mondo, fino al momento in cui il bambino b capacedi percepire il mondo come gli d stato descritto. Secondo don Juan, non abbiamo alcun ricordo di quel portentoso momento, semplicementeperch6 nessunodi noi potrebbe mai aver avuto un qualsiasi punto di riferimento per confronrarlo. Da quel momento in avanti, tuttavia, il bambino d. un membro. Conosce la descrizione del mondo; e la sua qualitd di membro diventa completa, suppongo, quando b capacedi trarre tutte le.appropriate interpretazioni percettualiche, conformandosia quella descrizione,la convalidano. Per don Juan, quindi, la realti della nostra vita clrrotidianaconsiste in un interminabileflussodi interpretazionipercettualiche noi, gli indi'iilparato vidui che condividono ,rn^ ,p..ifi.u appartcnenza, abbiamo in comune a trarre. L'idea che le interpretazioni concettuali che costitr-risconoil mondo

Introduzione 7 rrlrbiano un flusso b conforme al fatto che esse scorrono ininterottal)tente e sono raramente, o mai, suscettibili di discussione.In effetti, la rcalt) del mondo che conosciamob data a tal punto per scontata che ln premessadi base della stregoneria, che la nosna realt) b semplicemcnte una delle tante descrizioni, potrebbe difficilmente venir presa ('()me una proposizione seria. Per buona sorte, nel caso del mio noviziato, don Juan non si curb rrffatto se io prendevo o no sul serio la sua proposizione, e procedette rr chiarire cib che intendeva a dispetto della mia opposizione,incredulit) t' incapaciti di comprendere cid che diceva. Percib, nella sua qualit) <li maestro di stregoneria, don Juan si sforzb di descrivermi il mondo fin dalla prima volta in cui parlammo insieme. La mia difficolti di afierrrrre i suoi concetti e i suoi metodi nasceva dal fatto che Ie unit) della trrir descrizioneerano estraneee incompatibili con le mie. Sua aflermazione era che egli mi insegnava a 'vedere' in quanto ()l)l)osto al semplice 'guardare', e che 'fermate il mondo' era il primo rt,rssodel 'vedere'. Per anni avevo considerato I'idea del 'fermare il mondo' come rrr'oscura metafora priva in realti di significato. Fu solo durante una ,,,nversazione informale svoltasi' verso la fine del mio noviziato che rrr:scii a comprendernein pieno lo scopo e I'importanz^ come una delle di don Juan. 1'rincipaliproposizionidella conoscenza (lon don j.tan avevamo parlato di cose disparate in tono rilassato , t',rsuale.Gli avevo detto di un mio amico e del problema che aveva l,('f sr.rofiglio di nove anni. Il bambino era vissuto con la madre negli rrlrinri quattro anni e ora viveva col mio amico, e il ptoblema era cosa l.rrrrc?Secondoil mio amico, il bambino era uno spostato a scuola: rr;rr)c2lvadi concentrazionee non,si interessavaa nulla. Era facilmente rrrtirnn di attacchi di collera, di comportamentodissociato,e in quei nrotrl (' l l tifugg iVadi casa. " l, ."rto un bel problema per il tuo amico", disse don Juan ridendo. \',rlli continuare a raccontargli tutte le 'terribili' cose che il bambino ,,,,r';r frltto, ma don Juan mi interruppe. "lll inutile parlare ancora di quel povero bambino", disse. "Per te ,, l'( r nrc b inuiile considerarele sue azioni in un modo o in un altro". /\\'('vrl parlato bruscamentee in tono fefmo, ma subito dopo sorrise. "t .lrc pub farc il mio amico?", chiesi. '' l..r c,,sa peggiore sarebbecostringere il bambino a esser d'accordo , ' ,r, l rri" . ri soose. " ( l rt' voiete dire? ". "\',,1ilio clire che quel bambino non dovrebbe esseresculacciatoo t,r\, rr.rr()rlrrl padre qlando non si comporta come il padre vorrebbe".


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"Ma come potrebbeinsegnargliqualcosase non E severocon lui?" "Il tuo amico dovrebbe fare in modo che sia un altro a sculacciare il figlio". "Ma non permetterebbea nessunodi toccare suo figliol", esclamai, sorpreso da quel suggerimento. Don Juan sembrb divertito dalla mia reazionee ridacchid. "Il tuo amico non b un guerriero", disse."Se lo fosse,saprebbeche afirontare gli esseri umani bruscamenteb la peggior cosa da^fare',. "Cosa fa un guerriero,don Juan?". "Un guerriero si comporta strategicamente". "Ancora non capisco quello che volete dire". dire che se il tuo arnico fosse un guerriero aiuterebbesuo ^.."Voglio figlio a f ernzareil mondo". "Come potrebbc farlo il mio amico?". "Avrebbe bisogno di potere personale.Dovrebbe essereuno stregone". " M a non lo d " . "In tal caso deve usare mezzi normali per aiutare suo 6glio a cambiare la sua idea del mondo. Non d comelermare il mondo,"ma funzionerebbealtrettanto". GIi chiesi di spicgarsi. "Se fossi il tuo amic_o",disse don Juan,,,incomincereicol prezzo_ lare qualcuno perch6 sculacciil bambino. Andrei nei bassifondi e urrumerei l'individuo pii brutto che potessitrovare". "Per spaventareun bambino?". "Non solo per. spaventare,unbambino, sciocco. etel ragazzinodeve essere_ fermaro, ed esseresculacciatoda suo padre non seriirebbe. '.S:.si vuole ferm,arei nostri simili, bisogna sempre essereal di " fuori del cerchio che li comprime. In tai mod6 si pub sempre dirigere la pressione". Era un'idea strampalata,ma in certo qual modo mi attirava. Don Juan stava col mento reclinato suf palmo della mano sinistra, . . il braccio sinistro appoggiatodavanti al peito su una cassadi legno che tungevada tavolino basso.Teneva gli occhi chiusi ma le pupille si muovevano. sentii che mi guardava aitraverso le palpebre -chiuse e questo mi spaventd. "Ditemi che altro dovrebbe fare il mio amico col suo bambino,,, chiesi. . "Digli di andare nei bassifondie sceglierecon molta attenzioneun derelitto molto brutto'), riprese. "Digli Ji sceglierne,rno giovane, uno che abbia ancoraforza". Quindi don Juan prospettb una strana strategia.Dovevo spiegare

Introduzione 9 .rl rnio amico di fare in modo che I'uomo lo seguissee lo aspettassein ,rn luogo dove sarebbe andato con suo 6gli9. L'uomo, seguendo un rcgnale prestabilito, da dare dopo un comportamento sconvenienteda lrrrrte del bambino, avrebbe dovuto balzar fuori da un nascondiglio, .r{fcrrareil bambino e sculacciarlodi santa ragione. "Quando I'uomo ha spaventato il bambino, il tuo amico 1o deve ;rirrtarea riacquistarela sua fiducia,con qualsiasimezzo.Se seguequesto 1'rocedimentotre o quatro volte, ti assicuro che il bambino cambieri rl suo atteggiamento nei confronti di tutto. Cambieri la sua idea del il rr )tlLlO

"Il se lo spaventogli fa male?". "Uno spavento non fa mai male a nessuno.Quello che fa male allo .,1,rlitoB avere semprequalcunoalle costole,che ti picchia,che ti inseI'rr;rcluelloche devi e non devi fare. "Quando il bambino d piil obbediente,devi dire al tuo amico di l,rlt'1;er lui un'ultima cosa. Deve trovare il modo di arrivare a un l'.rrrrlrinomorto, magari in un ospedale o nello studio di un medico. | )r'r,c portarci suo figlio e fargli vedere il bambino morto. Deve fargli r,,((ilre il cadavereuna sola volta con la mano sinistra, in qualsiasi y,,rnloclelcorpo tranne la pancia.Quando il bambino avr) fatto cib sari ,.rrrrbi ato, per l ui il m ondo non sar i m ai pii lo st esso". ( ,ompresi allora che negli ultimi anni passati insieme don Juan .,,,,r,,r impiegatocon me, sebbenesu scala differente,le stessetattiche ,l',' il rnio amico avrebbe dovuto usare con suo figlio. Glielo chiesi. l(r..1'osc che aveva sempre cercatodi insegnarmia'fermare il mondo'. "Non ci sei ancora riuscito", disse sorridendo."Sembra che non ci .,, nr,ttl6,perchdsei molto ostinato.Se tu fossi meno ostinato, tuttavia, ',rn;ri avresti probabilmentelerrnato il tnondo con una qualunquedelle r, , rri r' l rcche ti ho insegnat o". " ( lrc tecniche,don Juan? " . '"|'utto quello che ti ho detto <ii fare era ulta tecnica per lermare .'tr ,'':t) t| ( to

(.)rr:rlche mese dopo questa conversazione don Juan portb a compi,. , ,,r, tluello che si era proposto di fare, insegnarmi a 'fermare il ' " ,,,;1,11;'

t.trrt'll'importantissimo avvenimentomi cosrinse a riesaminaredet,,, lr.rr,rnrcnte il mio lavoro di dieci anni. N{i fu evidente che la mia ,,r.rr.rrirrsupposizionecirca il ruolo delle piante psicotropeera erronea. | , t,r.r)r('non erano I'elementoessenzialedella descrizionedel mondo ', ll ' ,n('ll()ne,erano solo un aiuto per, diciamo cosi, cementareparti .'lr ,l,.,trizione che altrimenti sarei stato incapacedi percepire. La | )r',r\l(:r)zasulla mia versionestandarddella realt) mi rendevaquasi


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cieco e sordo agli scopi di don .Iuan. Quella cl-reIi aveva impediti era stata percib semplicementela mia mancanzadi sensibiliti. Riesaminando tutti i miei appunti sul campo mi accorsi che don Juan, proprio al principio del nostro sodalizio,mi aveva dato la maggior parte della nuova descrizionein quelle che chiamava 'tecniche per fermare il mondo'. Nei primi libri avevo scarrato quelle parti dei miei appunti sul campo perch6 non avevano attinenza con I'uso delle piante psicotrope. Ora ho doverosamente reinsediato quelle parti enrro la portata degli insegnamentidi don Juan, e comprendono i primi diciassette capitoli di questo libro. Gli ultimi tre capitoli sono gli appunti sul campo che abbraccianogli avvenimenticulminati nel mio 'fermare il mondo'. Riassumendo,posso dire che quando incominciai il noviziato c'era un'altra realti, per cosi <lirc,c'er:l una descrizionestrcgonesca del mondo che io non conosccv(). Don J uan, c o m e s tre g ()n cc m fl c s tr(),rrri inscgrrocl rrel l adescri zi one. I miei dieci anni di noviziato consistcmcr() cluindi ncl cosruire quella realti sconosciutasvelandoncla descrizione,lggiLrngenclo pal'ti sempre pii complessea mano a mano che proceclcvo. Il termine del noviziato significavache avcvo imDaratouna nuova descrizionedel mondo in mnnierl convincenre ,ut"nii., ed ero percid capacedi suscitareuna nuova percezionedel " mondo, che si adattava alla sua nuova descrizione.In altre parole, ero diventato membro. Don Juan afretmava che per poter arivare a 'vedere' si doveva prima 'fermare il mondo'. 'Fermare il mondo' era davvero una traduzione appropriata di certi stati di consapevolezzain cui la realt) della vita quotidiana d alterata perch6 il flusso di interpretazione, che d'ordinario score ininterrottamente, E stato fermato da una serie di circostanze estraneea quel flusso. Nel mio caso la serie di circostanzeestranee al mio normale flussodi interpretazioneera la descrizionedel mondo secondola stregoneria.La condizione preliminare di don Juan per 'fermare il mondo' era che si doveva essereconvinti: in altre oarole. si doveva impararela nuova descrizionein sensototale, al fine ii opporla alla vecchia, e in quel modo infrangere la certezzadogmatica, da noi tutti condivisa,che la validit) delle nostre percezionio la nostra realta del mondo non deve esser messa in discusiione. Dopo aver 'fermato il mondo', il passo successivoera 'vedere'; parola con cui don Juan intendeva cid che vorrei definire "rispondere alle sollecitazioni percettuali di un mondo esrerno alla descrizioneche abbiamo imparato a chiamare realti". Voglio sostenereche tutti questi passi possono esserecompresi solo in termini della descrizionea cui appartengono;e poichdera una descri-

I ntrcduzione 1l zione che don Juan si sforzb di darmi fin dal principio, devo quindi lasciarecbe i suoi insegnamenrine siano la sola via d'ricerro. Ho oercid lasciatoche le parole di don Juan parlasseroda sole.

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P R IMA P A R TE

FERMARE IL MONDO


1 Conferme dal mondo intorno a nol "Ho sentito dire che sapetemolte cose sulle piante, signore", dissi ,rl vecchio indiano davanti a me. Un amico mi aveva appena messo in contatto con lui, poi se n'era ;rrrrlatoe avevamo dovuto presentarcida soli. Il vecchio aveva detto ,li chiamarsiTuan Matus. "E stato il tuo amico a dirtelo?". domandd in tono indifierente.

"sl".

"Raccolgo le piante, o meglio le piante si lasciano raccogliere da rrrr"',disse dolcemente. I'.ravamo nella sala d'aspetto di una stazione di autobus dell'Ari z.rrir. Gli chiesi in uno spagnolo molto formale se mi permetteva di rlrt('rrogarlo.Dissi: "Mi permettereste,signore lcaballerol, di farvi , 1,r,rlclre domanda?", 'Caballero', che deriva dalla parola 'caballo', cavallo, significava in ,,ri1iineuomo a cavallo o un nobile sul cavallo. lv{i guardb interrogativamente. "Sono un cavalieresenzacavallo", disse poi con un largo sorriso, ,1,,rn,laggi i uns e:"Ti ho det t o che il m io nom e d Juan M at us". | | suo sorriso mi piacque. Pensai che certo sapeva apprezzarcla ' lt r ttcz,zo,e decisi arditamente di affrontarlo con una richiesta. t ili dissi che mi interessavoalla raccolta e allo studio delle piante ' ",1r,inali, e in particolaremi interessavanogli usi del cactus allucinor, ,,,, il peyote, che avevo studiato estesamenteall'universiti di Los \rr),(

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I'r'nsaiche la mia presentazionefosse stata molto seria. Ero molto ,,'t'(,\r() e sembravo a me stessoperfettamentecredibile. ll ,,r'r'chioscosseil capo lentamente; incoraggiatodal suo silenzio ',, ',r^i che senza dubbio sarebbeconvenuto a entrambi incontrarci , , I l ' .rrl rrrcdel peyot e. l'r(!l)rio in quel momento il vecchio sollevb il capo e mi guardd


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Conlernteda! mondointornoa noi Conlermedal mondointorno a noi

dritto negli occhi. Fu uno sguardo formidabile, eppure non era afratto minaccioso nd incuteva sgomento: era uno sguardo che mi passavada parte a parte. La lingua mi si inceppd all'istante e non potei proseguire con le mie lodi su di me. Quella fu la fine del nostro incontro. Tuttavia don Juan lascid una nota di speranza,disse che forse un giorno o I'altro avrei potuto andare a trovarlo a casa sua. Sarebbe difficile valutare I'effetto dello sguardo di don Juan senza confrontare in qualche modo il mio inventario di esperienzecon I'uniciti di quell'episodio. Quando incominciai a studiare antropologia e quindi incontrai don Juan, ero gi) un esperto di 'espedienti'. Ero andato via da casa da molti anni e secondoil mio modo di vedere cib significava che ero capacedi badare a me stesso.Ogni volta che venivo mortificato sapevo di solito persuaderea modo mio o far concessioni,discutere, arrabbiarmi oppure, se non succedevanulla, lagnarmi o commiserarmi; in altre parole, c'era sempregualcosache sapevodi poter fare nella determinatacircostanza,e mai nella mia vita nessunessereumano aveva fermato il mio slancio con la prontez.zaela decisionedi don Juan quel pomeriggio.Ma non era solo il fatto di esserestato messoa tacere; altre volte non avevo potuto ribattere nulla al mio antagonistaper via del rispetto che provavo per lui, perd la mia collera o frustrazione si 'era manifestatanei miei pensieri. Invece lo sguardodi don Juan mi aveva annichilito al punto che non potevo nemmeno pensare coerentemente. Ero rimasto completamente affascinato da quel suo sguardo stupendo e decisi di andarlo a cercare. Dopo quel primo incontro mi preparai per sei mesi, leggendo degli usi del peyote tra gli indiani americani, in particolare del culto del peyote tra gli indiani delle pianure. Studiai ogni opera disponibile e quando mi sentii pronto tornai in Arizona. Sabato 17 dicembre.1960 , Trovai la casa dopo lunghe e spossanriricerche tra gli indiani del luogo. Quando arrivai e mi parcheggiai era primo pomeriggio. Vidi don Juan seduto su una cassetradi legno per il latte. Semb-roriconoscermi e mi salutb mentre scendevodall'automobile. Ci scambiammoi convenevoli di pramn'taticae quindi gli confessai francamenteche la prima volta che ci iravamo incontiati ero-staro molto falso. Mi ero vantato di sapere molte cose sul pevote menfe in realt) non ne sapevo nulla. Don .Iuan mi fissd, i sr.,oiocihi erano molto dolci. Gli dissi che avevo studiato sei mesi per prepararmi al nostro incontro e che questa volta ne sapevo davvero molto di pii.

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l)rrrr .|uan rise. Ovviamente nella mia afiermazione c'era qualcosa t lrc gli scmbrava bufto. Rideva di me e mi sentii un po' confuso e ( ) l I ( 'S( ) .

Evidentemente si accorsedel mio disasio e mi assicurdche sebbene rrvcssiavuto buone intenzioni, in realti n"onc'era modo di prepararmi rrl nostro incontro. Mi domandai se sarebbestato coltvenientechiedereli se la sua afferfcrmazione avesseun significato nascosto,ma non 1o ieci ; tuttavia sembrd che don Juan avessecaptato i miei sentimenti perch6 incomincib a spiegarequello che intendeva. Disse che i miei sforzi gli rammentavano una storia di certe personeche un re aveva persegtritatoe ucciso tanto tempo fa. Disse che nella storia le persone perscguitate erano indistinguibili dai loro persecutori,solo che insistevanoa pronunciare certe parole in una maniera particolare che era caratteristica soltanto loro; quell'errore, naturalmentl, Ii tradiva. Il re aveva piazzatodei blocchi stradali nei punti strategici, dove un ufficiale faceva pronunciare una parola chiave a tutti quelli che passavano.Chi la sapeva dire come la pronunciava il re viveva, ma chi non sapevaera immediatamentemesso a morte. Il centro della storia era che un giorno un giovane decise di prepararsi a passareil blocco stradale imparando a proriunciare la parola esattamente nel modo che piaceva al re. Con un largo sorriso don Juan disse che il giovane impiegd ben 'sei mesi' per imparare alla perfezione quella pronr-rncia.Venne quindi il giorno della grande prova; il giovane si imbatt6 pieno di fiducia nel blocco stradale e aspetd che I'ufficiale gli chiedessedi pronunciare la parola. A questo punto don Juan si interruppe molto drammaticamentee mi guardd. La pausaera molto studiata e mi sembrd un poco scadente, ma stetti al gioco. Avevo gii sentito quella storia. Riguardava gli ebrei in Germania e il modo in cui si poteva riconoscereun ebreo da come pronunciava certe parole. Sapevoinche come andavaa finire: il giovane sarebbestato preso perchâ‚Źl'u{frciale aveva dimenticato la parola chiave e gli avrebbe chiesto di pronunciarneun'alrra molto simile ma che il giovanenon aveva imparato a dire correttametlte. Don Juan sembrava aspettare che gli chiedessi che cosa era accaduto; cosi feci. "Che cosa gli accadde?",chiesi, cercando di apparire ingenuo e interessatoalla storia. :Il giovane,che era davvero astuto", riprese don Juan, "capi che l'i-rfficialeaveva dimenticato la parola chiave, e prima ihe potesse dire qualcosaconfessbdi essersipreparatoper sei mesi". Fece un'alua pausa e mi guardd con gli occhi che scintillavano ma-

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Conlerme dal mondo intorno a noi

liziosamente.Questa volta mi aveva messoin imbarazzo.La confessione def giovane era un elemento nuovo e non sapevo piil come sarebbe andataa finire la storia. "Allora, cosa d successo?",chiesi, veramente interessato. "Il giovane fu ucciso-sull'istante, naturalmente,', rispose don Juan scoppiandoin una risata fragorosa. Mi piacque molto il modo in cui aveva catturato il mio interesse: soprattutto.mi era piaciuto come aveva collegato la storia al mio caso. Sembrava davvero che I'avessecostruita perct6 si adattassea me. Don Juan_si prendeva gioco di me in modo sottilissimo e artistifo. Riri con lui. Subito dopo gli dissi che per quanto stupido potessi apparire, ero . davvero interessato ad apprendere qualcosa sulle iiante. "Mi piace camminaremolto", disse. Pensaiche cambiassedeliberatamentediscorsoper evitare di rispondermi. Non volli oppormi con la mia insistenza. Mi chiesese volevo andarecon lui a fare trna breve gita nel deserto. Gli risposi con slancio che mi sarebbepiaciuto molto'passegg;r.! n"l deserto. " Non d u n p i c n i c " , d i s s ei n to n o d i a vverti mento. Gli dissi che ero seriamenteinteressatoa lavorarecon lui. Dissi che avevo bisogno di informazioni, di qualunque tipo, sugli usi delle erbe medicinali, e che ero disposto a pagarlo-per il suo"tempo e la sua fatica. "Lavorerete per me", dissi. "E vi pagherb". "Quanto mi pagheresti?",chiese. Individuai nella sua voce una nota di aviditi. "Qualsiasi somma pensiatesia appropriata". "Pagami per il mio tempo... col tuo tempo,,, disse. Pensai che fosse un tipo molto bizzano.-Gli dissi che non capivo quello che voleva dire. Mi risposeche sulle piante non c'era nulla da dire, percid sarebbe stato per lui impensabile prendere ir mio denaro. Mi lancid un'occhiata Denetrante. "Che stai facendo nelia,_tuatasce?", chiese aggrottandole ciglia. "Stai giocandocol tuo uccello?". si riferiva ar fatto che io prendevo appunti su piccorissimo tac'n cuino dentro Ie enormi tasche della mia siacca a venro. gli dissi quello che facevo scoppid a ridere di gusto. Qgando Gli spiegai che non volevo disturbarlo-sirivendo davantl a lui. "Se vuoi scrivere,scrivi", disse. "Non mi disturbi afratto,,. Camminammo nel deserto fino a quando fu quasi buio. Don Juan

dal nondo intorno a noi ConJerme

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non mi mosud nessunapianta nd parlb affatto di piante. Ci fermammo un momento a riposare vicino a certi grandi cespugli. "Le piante sono molto strane", disse senzaguardarmi. "Sono vive e sentono". Proptio mentre pronunciava quelle parole una forte raffica di vento agitb la bassavegetazionedel deserto intorno a noi. I cespugli stormirono, "Hai sentito?", mi chiese, portando la mano destra all'orecchio come per udire meglio. "Le foglie e il vento sono d'accordo con me". Risi. L'amico che ci aveva melsi in contatto mi aveva gi) avvertito di stare attento, perch6 il vecchio era molto eccentrico. Pensai che questo 'consenso delle foglie' fosse una delle sue eccenhicit). Camminammo ancora un pd ma don Juan non mi mostrd n6 colse nessuna pianta. Si limitd a passare attraverso i cespugli toccandoli delicatamente.Quindi si fermb, si mise a sederesu un sassoe mi disse di riposarmi e guardarmi intorno. Insistei a patlate. Ancora una volta gli dissi che volevo tanto sapere delle piante, specialmentedel peyote. Lo supplicai di diventare il mio informatore in cambio di qualche forma di ricompensa. "Non mi devi pagare", rispose. "Puoi chiedermi tutto quello che vuoi. Ti dird quello che so e ooi ti dird che cosa farne". Mi chiese se I'accordo mi andava bene. Ne ero felice. Quindi aggiunse un'affermazione sibillina: "Forse sulle piante non c'b nulla da imparare, perch6 su di essenon c'd nulla da dire". Non compresi quello che aveva detto o aveva voluto dire. "Che avete detto?", domandai. Ripetd tre volte la sua afiermazione,e quindi tutta la zona fu scossa dal rombo di un reattote militare che volava a bassa quota. "Ecco! Il mondo mi ha appena dato ragione", disse, portando la mano sinistra all'orecchio. ' Lo trovai molto divertente. La sua risata era conrasiosa. "Siete dell'Arizona, don Juan?", chiesi, sforzandomidi mantenere la conversazioneintorno al fatto che esli avrebbe dovuto essereil mio informatore. Mi guardb e fece un cenno affermativo col capo. I suoi occhi parevano stanchi. Potei vedere il bianco sotto le sue pr-rpille. "Siete nato in questa localiti?". Accennd di nuovo col capo senza rispondere. Sembrava un gesto affermativo, ma sembrava anche lo scatto nervoso di una persona che l)cnsa. " E tu da dove vieni?", chiese. "Vengo dall'America del sud", risposi.


Conlerme dal mondo intorno a floi

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Conlermedal mondointotno a noi

"E un posto molto grande. Vieni da tutto quanto quel .posto?"' I suoi occhi erano ridiventati peneffanti mentre mi guardava' Incominciai a spiegargli le circostanze della mia nascita, ma mi interruppe. "Da^questo punto di vista siamo uguali", disse. "Io vivo qui ora, ma in realt) sono uno yaqui di Sonora". "Proprio cosl! Io invece sono di.'.". Non mi lascid terminare. "Lo so, lo so", disse."Tu sei chi sei, da qualsiasiparte tu provenga' come io sono uno yaqui di Sonora". I suoi occhi si erano fatti molto scintillanti e la sua risata mi turbava stranamente.Mi fece sentire come se fossi stato colto a mentire, provai un particolare senso di colpa, ebbi la sensazioneche sapesse qualcosa chi io non sapevo o non volcvo dire. ' Il mio strano imbarazzo crebbe. Don Juan cloveva averlo notato perchd si alzb in piedi e mi chiesese volcvo andare a mangiarein un ristorante in citt). Ritornare a casa sua e quindi guidarc fino in citti mi fece sentire meslio. ma non ero ancora rilassatodel tutto. Mi sentivo in certo qual moio minacciato,sebbenenon potessi indivicluarnela ragione. Al ristorantevolli comprareper lui deila birra, ma risposeche non beveva mai, nemmenobirra. Risi tra me. Non gli credevo; l'amico chc ci aveva messi in contatto mi aveva detto che "per Ia maggior parte del tempo il vecchionon era in s6 e parlava a vanvera". In realtl non mi importava se mi mentiva sulla sua abitudine di non bere. Mi piaceva; nella iua Dersonac'era qualcosadi molto confortante. Dovevo avere sul uolto un'".pressione di dubbio perch6 don Juan spiegd subito che da giovane era abituato a bere, ma che un giorno aveva semplicementesmesso. "La gente quasi mai capisceche possiamotagliar via clalla nostra vita qualsiasi cosa, in qualsiasi momento' proprio cosi". Schioccblc dit a. " Pensate che si possa smettere di fumare o di bere cosi facilmente?", chiesi. "sicuro!", rispose con grande convinzione. "Fumare e bere non sono nulla se vogliamo smettere". Proprio in quel momento l'acqua che bolliva nella macchinetta del caffb emise un forte suono impertinente. "Senti!", esclambdon Juan con gli occhi che brillavano. "L'acgua bollente b d'accordo con me". Poi, dopo una pausa, aggiunse: "IJn ttomo pud ottenere consensi da tutto cid che lo circonda".

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Proprio in quell'istante cruciale la macchinetta del cafits mandd un \u()no gorgogliante davvero osceno. Don Juan la guardb e disse dolcemente: "Grazie"; accenndcol capo .' scoppidin una tonante risata. Fui preso alla sprovvista. La sua risata era un po' troppo forte, ma ( r() veramente divertito da tutto quanto. La mia prima vera seduta col mio 'informatore' termind cosl. Mi ,lisse arivederci sulla porta del ristorante. Gli dissi che dovevo far visita ad alcuni amici e che avrei voluto tornare a trovarlo alla fine tlclla settimana seguente. "Quando sarete a casa?", chiesi. Mi guardb con aria indagatrice. "Ogni volta che verai", rispose. "Non so esattamentequando potrb venire". "Allora vieni e non ti preoccupare". "E se non ci sarete?" "Ci sard", disse sorridendo e si allontand. Lo rincorsi e gli chiesi se mi permetteva di portare una macchina l()tograficaper fotografare lui e la casa. "Questo B fuori discussione", disse aggrottando le sopracciglia. "E un registratore,vi darebbefastidio?". "Temo che neanche questo sia possibile". Mi infastidii e incominciai ad arrabbiarmi. Dissi che non vedevo rrlcunaragione logica per il suo rifiuto. Don Juan scossela testa negativamente. "Scordatene", disse con forza. "E se vuoi vedermi ancora non parlrrrnepir)". Inscenai un'ultima debole lamentela. Dissi che le fotoerafie e le lcgistrazioni erano indispensabili per il mio lavoro. Don Jrian rispose the c'era una sola cosa indispensabile per tutto cid che facevamo. La t lriamb 'lo spirito'. "Non si-pub fare a meno dello spirito", disse. "E tu non ce I'hai. I)reoccupati di questo e non delle fotografie". ? " C he cosa. . .". Mi interruppe con un gesto della mano e arretrd di qualche passo. "Fai in modo di tornare". disse dolcemente e mi salutd.


Cancellazionedella storia personale 23

2 Cancellazionedella storia personale Giouedi 22 dicembre, 1960 Don Juan era seduto per terra accanto alla porta di casa, con la al muro. Capovolseuna cassettadi legno per il latte schiena ^ppoggiata a sederee a sentirmi come a casa mia. Gli ofirii delle sigae mi invitb rette, ne avevo portato una stecca.Rispose che non fumava, ma accettb il dono. Parlammo del freddo delie notti nel deserto e di altri normali soggetti di conversazione. Gli chiesi se interferivo con le sue abitudini. Mi guardb con una specie di cipiglio e rispose che non aveva abitudini fisse e che potevo restare con lui tutto il pomeriggio, se volevo. Avevo preparato delle schede genealogichee di parentela che volevo riempire col suo aiuto. Avevo anche compilato, basandomi sulla letteratura etnografica,un lungo elenco di tratti culturali che si presumeva appartenessero agli indiani di quella regione. Volevo scorrere I'elenco insieme a lui e segnaretutte le voci che gli fossero familiari. Incominciai con le schede di oarentela. "Come chiamavatevostro padre?", chiesi. "Lo chiamavo Papi", rispose in tono molto serio. Mi sentii un po' seccato,ma pensai che non avessecapito bene. Gli mostai la schedae spiegai che uno spazio era per il padre e un altro pet la madre. Come esempio gli dissi le difierenti parole usate in inglese e in spagnolo per indicare padre e madre. Pensai che forse avrei dovuto incominciare dalla madre. "Come chiamavatevostra madre?", chiesi. "La chiamavo Mamma", rispose in tono candido. "Voglio dire, quali altre parole usavate per chiamare vostro padre e vostra madre? Come li chiamavate?". dissi. cercando di essere paziente ed educato. Si grattb il capo e mi guardb con un'espressionesciocca.

"Perdinci!", esclamb."Hai ragione. Fammi pensare". Dopo un istante di esitazione sembrb ricordare qualcosa e io mi preparai a scrivere. ,.in quale _ "Bene", disse, come se fosse immerso in gravi pensieri, altro modo li chiamavo? Li chiamavo Ehi, ehi, Papal Ehi,'ehi, Mamma!" . Scoppiai a ridere pur non volendo. La sua espressioneera veramente comica e in quel momento non sapevo se fosse un vecchio strampalato che si prendeva gioco di me o si fosse dawero un sempliciotto. Facendo ricorso a tutta la mia pazienza gli spiegai che erano tlomande serissime e che la compilazione di quelle rih.d. era molto inrportante per il mio lavoro. Cercai di fargli capire I'idea di una genealogia e di una storia personale. "Quali erano i nomi di vosffo padre e di vostra madre?", chiesi. Don Juan mi guardb con occhi dolci e limpidi. "\on perdere tempo con questa merda', disse dolcemente ma con , r()rza lnsospettata. Non sapevoche dire; era come se fosse stato un altro a pronunciare .luelle parole. Un momento prima era stato un gofio stupido indiano che si grattava la testa, poi aveva invertito le parti in un istante; lo stupido eto io, e lui mi fissavacon uno sguardo indescrivibile che non ('fa uno sguardo di atoganza, o di sfida, o di odio, o di disprezzo. I srroi occhi erano dolci, limpidi e penetranti. "Non ho nessuna storia petsonale", disse dopo una lunga pausa. "l/n giorno ho scoperto che la storia personale non mi era pit necess:rriae l'ho abbandonata,come il bere". Non capivo bene quello che voleva dire; improwisamente mi senrivo a disagio, minacciato. Gli ricordai che mi aveva assicurato che l)()tcvofargli domande con tutta tranquilliti. Ripetd che non gli import;tva affatto. "Non ho pii una storia personale", disse, lanciandomi un'occhiata rntlrrgatrice."L'ho abbandonataun giorno quando ho sentito che non lr':r piil necessaria". [,o fissai, cercando di scoprire i significati nascosti delle sue parole. "Come si pub abbandonarela propria storia personale?", domandai rr tono oolemico. "Innanzitutto bisogna desiderare di abbandonarla", disse. "Quindi I'i'trgna procedere armoniosamentea tagliafla via, a poco a poco'. "Ma perchd si dovrebbe avere un simile desiderio?", esclamai. l'lro attaccatissimo alla mia storia personale. I miei legami con la l.rrrrigliaerano profondi, sentivo onest;mente che senza di-essi la mia \'rl,r non avrebbe ayuto continuit) n6 scooo.


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Cancellazione tlella storia personale

"Forse dovreste dirmi cosa intendete per abbandonare la propria storia personale",dissi. "Toglierla di mezzo,B questo che voglio dire", rispose seccamente. Insistei che probabilmente non avevo capito. "Prendete il vostro caso,per esempio", dissi. "Voi siete uno yaqui. Questo non lo potete cambiare". "Davvero lo sono?", chiesesorridendo. "Come lo sai?". "E vero!", esclamai. "Non posso saperlo con certezza a questo punto; ma voi lo sapete ed b questo che conta. E questo che lo rende storia personale". Sentii di aver colpito qualcosa. "Il fatto che io sappia se sono o no uno yaqui non ne fa una storia personale", rispose. "Solo quando lo sa un altro diventa storia personale. E ti a'ssicuroche nessuno 1o saprh mai con cettezza". Avevo trascritto rozzamente tutto cib che aveva detto; smisi di scrivere e 1o guardai. Non riuscivo a figurarmi che tipo fosse. Ripercorsi mentalmente le mie impressioni su di lui: il modo misterioso e senza precedenti in cui mi aveva guardato nel nostro primo incontro, il suo fascino quando aveva afiermato di ricevere consensi da tutto cid che lo circondava, il suo irritante umorismo e la sua prontezza, la sua aria di stupiditi in buona fede quando gli avevo chiesto del padre e della madre, e infine la forza insospettata delle sue asserzioni che mi avevano sconvolto. "Tu non sai chi sono io, non d vero?", disse come se mi leggesse nel pensiero. "Non saprai mai chi o cosa sono, perch6 non ho una storia personale". Mi chiese se avevo un padre. Risposi di sl. Disse che mio padre era un esemDiodi cib che lui intendeva. Mi esortb a ricordare cosa Densava di me mio padre. ' "Tuo padre conoscetutto di te", disse. "Percib si i immaginato tutto di te. Sa quel che sei e cib che fai, e non c'b potere sulla terra che possa fargli cambiare la sua opinione di te". Don luan disse che tutti quelli che mi conoscevanoavevano un'idea di me. e- che io continuavo rli-.ntu.e tale idea con tutto cid che "d in tono drammatico. "Tu devi rinnofacevo. "Non capisci?", chiese vare la tua storia personale raccontando ai genitori, ai parenti e agli amici tutto cib che f.ai. D'altra parte, se tu non avessi storia personale, non ci satebbe bisogno di spiegazioni; nessuno sarebbe in collera o deluso per i tuoi atti. E soprattutto nessu?oti inchioderebbecon i suoi pensieri". Improvvisamente I'idea mi fu chiara nella mente. Lo avevo quasi saputo da me, ma non I'avevo mai esaminato. Non avere storia perso-

Cancellazione della storia Dersonalc 2j nale era davvero utl concetto attraente, per lo meno al livello intellettrrale; mi dava perd un senso di solitudine che trovavo minaccioso e sgradevole.Volli discutere con lui i miei sentimenti, ma mi trattenni: nclla situazione c'era qualcosadi terribilmente assurdo. Mi pareva ridicolo cercaredi impegnarmi in una discussionefilosofica con un vecchio indiano che ovviamente non aveva La'sofisticazione' di uno studente trniversitario. In qualche modo mi aveva distolto dalla mia intenzione originaria di interrogarlo sulla genealogia. "Non so come siamo arrivati a questi discorsi, quando tutto quello che volevo era qualche nome per le mie schede", dissi, cercando di ricondurre Ia conversazionesull'argomento che volevo. "E semplicissimo", rispose. "Siimo finiti a parlare di questo perchd lxr detto che far domande sul passato di qualcuno d un mucchio di tnerda", Il suo tono era fermo. Sentii che non c'era modo di smuoverlo. l,crcid cambiai tattica. "Questa idea di non avere storia personale E una cosa che fanno 11l iyaqui ?" , chiesi. "E una cosa che faccio io". "Dove l'avete imoarata?". "L'ho impar"tu .t"l corso della mia vita". "Ve I'ha insegnatavostro padre?". "No. Diciamo che I'ho imparata da me e ora te ne comunico il :icgreto, cosi oggi non te ne andrai a mani vuote". Abbassb il tono della voce fino a un drammatico bisbiglio. Risi del srro istrionismo. Dovetti ammettere che recitava stupendamente.Per un ;rttimo pensai di esserein presenzadi un attore nato. "Scrivi", mi disse in tono di protezione. "Perchd no? Sembri piil :r tuo agio quando scrivi". Lo guardai, e probabilmente gli occhi tradirono la mia confusrone. I)on Juan si battd le mani sulle cosce e rise con gran gusto. "E meglio cancellare tutta la storia personale", disse lentamente, (()me per darmi il tempo di scrivere nel mio goflo modo, "perch6 cid , i libererebbe dall'ostacolo dei pensieri alrui". Non riuscii a credere che lo avesse detto veramente. Provai un istante di grande imbaruzzo. Don Juan doveva avermi letto sul viso l;r mia confusione interiore e la sfruttb immediatamente. "Prendi te stesso, per esempio", riprese. "Proprio in questo mon)cnto non riesci a raccapezzarti,e questo perch6 ho cancellato la mia \r()ria personale. A poco a poco ho creato una nebbia intorno a me , irlla mia vita, e ora nessuno sa con cettezzachi sono o cosa faccio". "Ma voi, proprio voi, sapete chi siete, non d vero?", interloquii.


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Cancellazione della storie personale

"Puoi scommetterci che.., no", esclamb e si rotold a terra, ridendo della mia esptessionedi sorpresa. La sua pausa era stata abbastanzalunga da farmi credere che avrebbe detto di saperlo, come io prevedevo. Il suo sotterfugio mi pareva molto minaccioso; mi spaventai veramente. "Ecco il piccolo segreto che oggi ti voglio confidare", disse a bassa voce. "Nessuno conosce la mia storia personale; nessuno sa chi sono o cosa faccio, nemmeno io", Socchiusegli occhi. Non guardava me ma al di li di me, sopra alla mia spalla destta. Eta seduto a gambe incrociate, con la schienadiritta, e tuttavia sembrava molto rilassato. fn quel momento era il riratto stessodella ferocia. Fantasticai che fosse un capo indiano, un'guerriero pellerossa' dei romantici racconti di frontiera della mia giovinezza. Mi lasciai trasportare dal mio romanticismo e mi sentii avvolgere da un'insidiosissima sensazionedi ambivalenza. Potevo dire sinceramente che mi oiaceva moltissimo e al tempo stessodire che ne avevo un terrore moitale. Don Juan conservb quell'espressioneancora un po'. "Come posso saperechi sono, quando sono tutto questo?", disse poi, accennandointorno a s6 col capo. Quindi mi guardd e sorrise. "A poco a poco devi creare intorno a te una nebbia; devi cancellare tutto cid che ti circonda finchd non si possadare pit nulla per scontato, finchd piil nulla d certo o reale. Ora il tuo problema E che sei troppo reale, I tuoi sforzi sono troppo reali; i tuoi umori sono troppo teali. Non dar tanto per scontate le cose. Devi incominciare a cancellare te stesso". "A che pro'?", chiesi in tono bellicoso. Allora mi fu chiaro che mi stava prescrivendo un comportamento. Per tutta la vita ero sempre andato in collera ogni volta che qualcuno tentav^ di dirmi quello che dovevo fare; il solo pensiero di sentirmi dire cosa dovevo fare mi metteva immediatamente sulla difensiva. "Hai detto che volevi imparare a conoscerele piante", disse don Juan in tono calmo. "Vuoi avere qualcosa in cambio di nulla? Cosa pensi che sia questo? Eravamo d'accordo che tu mi avresti fatto delle domande e io ti avrei detto quello che so. Se non ti piace, non c'b altro che possiamodirci". La sua terribile schiettezza mi fece sentire importuno, e a malincuore ammisi che aveva ragione. "Allora diciamo cosl", riprese. "Se vuoi imparare a conoscere le piante, siccome in realt) su di esse non c'e nulla da dire, tra le altre cose devi cancellarela tua storia personale".

Cancellazione della storia personale 27 "In che modo?", chiesi. "Parti dalle cose semplici, come il non rivelare quello che fai veramente. Poi devi abbandonaretutti quelli che ti conosconobene. cosl creerai intorno a te una nebbia". "Ma b. assurdo", protestai. "Perch6 la gente non dovrebbe cono_ scermi? Che c'b di male?". "C'A di male che una volta che ti conoscono tu sei una cosa data per scontata e da quel momento in avanti non sarai piil capacedi rom_ pere i legami dei loro pensieri. ro personalmenteam; la libert) ultima di essere sconosciuto. Nessuno mi conosce con ceftezz costante. il modo in cui la gente conoscete, per esempio". "Ma sarebbementire". "fo non mi curo di bugie o verit)", rispose gravemente. ,,Le bugie sor.robugie solo se si ha una storia personale". Dissi che non mi piaceva mistificare o fuorviare di proposito. Mi rispose che comunque fuorviavo tutti. Il vecchio aveva toccato una piaga dolorosa della mia vita. Non mi fermai a chiedere che cosa intendesse o come sapesseche avevo s.elnpr-e mistificato la gente. Reagii semplicemente alla sua asserzione, clifendendomi con una spiegazione.Dissi di esseredolorosamente consapevoledel fatto che la mia famiglia e i miei amici mi consideravano inattendibile, mentre in realt) non avevo mai detto una sola busia nella mia vita. "Hai sempre saputo come si fa a mentire", disse don Juan.,,;a sola cosa che ti mancava era che non sapevi perch6 farlo. Oia lo sai,,. Protestai. "Non vedete che sono veramente stufo e stanco di sentirmi considerare inattendibile?", dissi. "Ma tu sei inattendibile", rispose in tono convinto. "Nol Porca miseria!", esclamai. Il mio umore, invece di costringerlo a diventar serio lo fece ridere istericamente.Lo disprezzaisinceramenteper tutta la sua impertinenza; purtroppo, perd, aveva ragione; Dopo un po' mi calmai e don Juan riprese a parlare. "Quando non si ha una storia personale", spiigb, "nulla di cib che si dice pub esserepreso per una bugia. Il tuo problema b che devi spiegare tutto a tutti, in modo coatto, e al tempo stesso vuoi conservare la tua freschezzae la novit) di cid che fai. Percib, non potendo conservare il tuo entusiasmo dopo aver spiegato tutto quello che hai faco, rnentisci per poter tirare avanti". Ero veramentesconcertatodalla piega della conversazione.Trascrissi rneglio possibile tutti i dettagli del nostro colloquio, concentrandomi su


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della storiapersonale Cancellazione

quello che {i...}u invece di sofiermarmi a riflettere sui miei pregiudizi o sul suol slgnlncatl. ..D,ora ii avanti", disse, "devi semplicementemostrare alla gente solo cid che ti importa mostrare, ma senza mai dire esattamentecome I'hai fatto". ,,Non sono capacedi conservarei segreti!", esclamai,"Quello che mi dite b inutile". ,,Allora cambia!", disse seccamentecon un lampo di ferocia negli occhi. Sembrava uno strano animale selvatico. Eppure_era cosl co_erente nei suoi pensieri e cosi appropriato nella scelta delle parole. ,Il mto r.nro Ji iastidio lascib il potio u uno stato di irritante confusione. "Vedi", riprese don Juan, "noi abbramo due sole alternative: o prendiamo trrtto p.t certo e reale, o 1o. Se seguiamola prima',alla fine 'ri"-o annoiati a morte del mondo e di noi stessi.Se seguiamola seconda, creiamo intorno a noi una nebbia, uno stilto molto eccitantee misteriosoin cui nessunosa in che punto salterirfuori il coniglio' nemmeno noi". Sostenni che cancellarela storia personale avrebbe solo accresciuto il nostro sensodi insicurezza. ,,Quando nulla b certo rimaniamo sul chi vive, perennementeattivi",leplicb. "E piir eccitantenon saperedietro a quale cespugliosi nus.onde il conigiio piuttosto che comportarci comc se sapessimo tutto " . Per molto tempo non pronLlncib pii una parcla passb forse un'ora di silenzio totale.^Non sapevo cosa chiedere. Alla fine don Juan si alzd e mi chiese di uccomprgnarlo in automobile alla citt) vicina. *-ff-;"p.". p...ne, .u iu no.,t, conversazionemi aveva inaridito. Lungo la via don Juan mi chiese dj fermarmi e".rr r"gt'iu di io.-ii.. . dirr. .li" ," volevo rilassarmi dovevo salire sulla cima pianeggiante collinetta a fianco della strada e distendermi sulla pancia con ai ""u rivolta a est. la testa -- -rvri,"-brb di avvertire nella sua voce un tono di urgenza. Non volli discutere, o forse ero troppo stanco anche per parlare' Mi arrampicai sulla collinetta e feci come aveva detto' ''--b"i-il;6 a"; o tre minuti, ma furono suficienti a ridarmi le enetgie. mie Arrivfmmo in macchinafino al centro della citti, dove don Juan mt di fatlo scendere' disse ----iRitorn"", disse scendendodall'automobile."Fai in modo di tornar e" ,

3 Perdita della presunzione Mi capitb di parlare delle mie precedenti visite a don Juan con l'amico.checi aveva messi in contatto. La sua opinione fu che perdevo tempo. Gli riferii in dettaglio turte le noste conversazioni;lui pensd tuttavia che esagerassie romanticizzassiun povero vecchio svanito. Non ero molto disposto a romanticizzare un vecchio cosi bizzarro. Sentivo sinceramenteche le sue critiche alla mia personalit) avevano minato gravemente la mia capacith di apprezzamentoper lui; dovevo perd ammettere che le sue osservazionierano sempre state appropriate, precise e vere alla lettera. A quel punto la croce del mio dilemma era che non volevo accettare clre don Juan fosse capacissimodi distruggeretutti i miei preconcetri sul mondo, e al tempo stessonon volevo essered'accordo col mio amico il quele credevache "il vecchio indiano era proprio matto". Prima di prendereuna risoluzionemi sentii tostretto a fare a don un'alffa visita. .TLran

,\lcrcoledi 28 dicembre, 1960 Lnmediatamente dopo il mio arrivo a casa sua don Juan mi portb ,r fare una camminata attraverso la bassa vegetazionedel deserto. Non .rvcv:rdegnato di uno sguardo il sacco di provviste che gli avevo porr;rlo. Sembravache mi fosse stato ad asDettare. Camminammoper ore. Don Juan non mi mostrd n6 colse nessuna pi:rnta. Tuttavia mi insegnb una 'forma appropriata per camminare'. l)issc che dovevo piegaredelicatamentele dita mentre camminavo,cosi ,rvrci mantenuto la mia attenzionesul sentiero e sull'ambiente circo..r:uitc.Afiermb che il mio normale modo di camminareera debilitanre , <'hcnon si dovrebbe mai tenere nulla in mano. Se si volevano portare ,l, llc cose si doveva usare un tascapaneo qualsiasitipo di sporta o di


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Perditadella Presunztone

zaino. La sua idea era che costringendo le mani in una posizione specifica si era capaci di maggior resistenzae maggior consapevolezza. Mi sembid inutile discutere, percid piegai le dita come aveva detto e continuai a camminare. La mia consapevolezzanQr' era minimamente diversa,e nemmenoIa mia resistenza. Incominciammo la nostra escursioneal mattino e ci fermammo a riposare verso mezzogiorno.Sudavo e cercai di bere alla mia boraccia, do.r Juan mi fermd dicendo che era meglio prendere solo un- sorso -a d'acqua. Staccb delle foglie da un piccolo cespuglio giallastro e le masticb. Me ne diede un po' e osservd che erano eccellenti, se le masticavo lentamentela mia sete sarebbesvanita.Non svani, ma comunque non era sgradevole. Sembib che don Juan mi avesseletto nel pensiero,infatti spiegb che non avevo sentito i benefici del 'giusto modo di camminare'o del masticarele foglie perch6 ero giovane c forte e il mio corpo non notava nulla perch6 era un po' stupido. Riie. Non avevo voglia di ridcre e (ltrcsto scmbrt\ divertirlo ancor pii. Corressela sua precedentc asserzionedicendo che il mio corpo non era veramentestupido, ma Lln po' addormentato. In quel momento un corvo enorme vold proprio sopra di noi gracchiando. Trasalii e scoppiai a ridere. Pensavoche la circostanzarichiedesseuna risata,ma con mio gran stuporedon Juan mi scosseil braccio vigorosamentee mi fece alzare. Aveva un'espressionemolto seria' "Non c'B niente da ridere", disse gravemente,come se sapessidi cosa parlava. Gli chiesi una spiegazione.Gli dissi che era assurdo che la mia risata nel vedere il corvo lo facessearrabbiare mentre lui aveva riso della macchinettadel caffd. "Quello che hai visto non era un semplice corvol", esclamd. "Ma I'ho visto, ed era un corvo", insistei. "Non hai visto niente, sciocco!", disse con vocc aspra. La sua durezzaera ingiustificata.Gli dissi che non mi piacevafar arrabbiare la gente e che forse avrei fatto meglio ad anclarmene,poichâ‚Ź non mi sembravache lui fosse dell'umore aclattoper avere compagnia' Don Juan scoppib a ridere fragorosamente,come se fossi stato un pagliaccioche si esibiva per lui. La mia iritazione e il mio imbanzzo crebbero in proporzione. "Sei molto violento", commentb con aria indifferente. "Ti prendi troppo sul serio". "Ma forse che voi non facevatelo stesso?", interloquii. "Non vi prendevate sul serio quando vi siete arrabbiato con me?".

Perdita della presunzione )L l)isse che arabbiarsi con me era I'ultima cosa che gli passavaper l.r rrrcnte. Mi trapassd con lo sguardo. "Quello che hai visto non era un consensodel mondo", disse. "I ,,trvi che volano o gracchiano non sono mai un consenso, Quello era rrrr l trcsagi o!" . " tJn presagiodi cosa?". " (ln'importantissima indicazione su di te", rispose in tono sibillino. l)roprio in quell'istante il vento agitb il ramo seccodi un cespuglio ,rr rrostri piedi. "Questo era un consenso!", esclamd guardandomi con gli occhi '.,irrtillanti e scoppiandoin una grassarisata. libbi la sensazioneche volesse stuzzicarmi costruendo le regole ,ltl suo strano gioco a mano a mano che seguitavamo,percib ridere .rrr,lavabenissimo per lui, ma non per me. La mia stizza crebbe ancora .' gli dissi quello che pensavo di lui. Non ne fu minimamente irritato o offeso. Rise, e Ia sua risata mi ,lictlc ancor piir angoscia e frustrazione. Pensai che volesse umiliarmi ,li lrroposito. Decisi allora che ne avevo avuto abbastanza di'ricerca .rrl camD o' . Mi ilzai in piedi e dissi che volevo tornare a casa sua perch6 dovevo l)rlrtireper Los Angeles. "Siediti!", mi ordinb imperiosamente."Ti stizziscicome una vectlrirr signora. Non te ne puoi andare ora,.perchâ‚Ź non abbiamo ancora l l nrtO".

Lo odiai. Pensai che fosse un uomo sbrezzante. Allora don Juan incomincib a cantare una stupida canzonepopolare rncssicana.Imitava palesementeun cantante famoso: allungava certe sillabe e ne contraeva altre, trasformando 7a canzone in una specie rli farsa. Era cosl comico che finii col ridere. "Vedi, ridi di questa stupida canzone", disse. "Ma I'uomo che la canta in questo modo e quelli che pagano per ascoltarlo non rioono; l)ensanoche sia seria". "Che intendete dire?", chiesi. Pensai che avesse costruito I'esempio di proposito per dirmi che avevo riso del corvo perch6 non lo avevo preso sul serio. Ma mi sconcertd di nuovo. Disse che ero come quel cantante e la gente che amava lc sue canzoni,presuntuosoe serissimoper delle assurdit) cui nessuno con la mente a posto darebbe la minima importanza. Poi ricapitolb, come perrinfrescarmi la memoria, tutto cib che aveva detto sulla questione dell"imparare a conoscere le piante'. Disse con enfasi che se volevo davvero imparare, dovevo rimodellare la maggior parte del mio comportamento.


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Perdita della presunzione

Il mio senso di fastidio crebbe, fino al punto che dovevo fare uno sforzo supremo anche per prendere aoounti. prendi troppo-sul serio",.diise lentamente. ,,Ti senti troppo ,"Ti maledettamente importante, ma dovrai cambiare! sei cosl maledetiamente importante che ti senti in diritto di irritarti di tutto. Sei cosl maledettamente importante che ti puoi permettere di andartene se Ie cose non vanno a modo tuo..Immagino che penserai.che sia prova di carattere. E assurdo! Tu sei debole, e presuntuosol,'. cercai di inscenareuna protest;, ma don Juan non si smosse.Mi fece osservareche nel corso-della mia vita non avevo mai finito nulla a causadi quel sensodi sproporzionataimportanza che attribr,rivo a me stesso. Ero sbalordito dalla sicurezzadelle sue affermazioni. Erano v'ere, naturalmente,e cib mi fece sentire non solo in collera ma anche minacciato. "La presunzioneb un'altra cosache deve essereabbandonata,come . la storia personale",disse in tono drammatico. Non volevo certo mettermi a discuterecon lui. Era ovvio che la mia posizionefosseassaisvantaggiosa; don.fuan non sarebbetornaro a casa sua finch6 non ne. avesseavuto voglia, e io non sapevo la stracla. Dovevo restarecon lui. Fece un movimento strano e improvviso, come se fir_rtasse l,aria intorno; la sua testa si scosseleggerh.nte e ritmicamente, sembrava in uno stato di insolita. vigilanza. Sr gira e mi fissd .on un'.rpr..rion" di sconcerto e curiositi. con gli o..hi o,i esamind il corpo iu e git comâ‚Ź se cercassequalcosadi specifico; quindi si alzb br,_,scamente mettendosi a camminare in fretta, quasi coriendo. Lo segtrii. coniinrra p", quasi un'ora ad andatura molto accelerata. . 411" fine si fermd presso una collinetta sassosae ci sedemmoall'ornbra dr un cespuglio. Quella veloce camminata mi aveva esauLito completamente,sebbeneil mio umore fossemigliorato. Il cambiamento era strano_:mi sentivo quasi euforico, ma q.,ando avevamdincominciato a camminare, dopo la nostra discussione,ero furioso coir lui. "E molto strano", dissi, "ma mi sento \reramentebene". S.rrji. un corvo gracchiarein lontananza.Don .Iuan portb il dito ,,,,oreccnto au clestroe sornse. "Era un presagio",disse. un sassolino rotolb gii dalla collina e produsse rr rumore scoppiettante atterrando ffa i cespugli. Don Juan rise forte e indicb nella direzione del suono. "E quello efa un consenso". Quindi mi chiesese ero disposto a parlare deila mia presunzione.

Perdita della presunzione )) Scoppiai a ridere; il mio sensodi rabbia sembravacosi lontano che non riuscivo nemmeno a immaginare come avessi potuto prendermela tanto con lui. "Non riesco a capire che cosa mi succede", dissi. "Mi sono arrabbiato e ora, non so perch6, non lo sono piil". "Il mondo intorno a noi b molto misterioso", rispose. "Non cede facilmentei suoi segreti". Mi piacevano le sue affermazioni sibilline. Erano molto provocanti c misteriose. Non riuscivo a decidere se erano piene di significati nascosti o soltanto banali assurditi. "Se mai tornerai qui nel deserto", riprese, "stai lontano da quella collina sassosadove ci siamo fermati oggi. Evitala come la peste". " P erchd?Che c'd?". "Non b questo il momento di spiegado", disse. "Ora ci occupiamo .lclla perdita della presunzione. Finchd penserai di essere la cosa piil irnportante del mondo non potrai apptezzare veramente il mondo int()rno a te. Sei come un cavallo coi paraocchi, tutto quello che vedi b r(' stessodistinto da tutto il resto". Mi esnminbper un istante. "Ora voglio parlare a questo mio piccolo amico", disse poi, indi(;rr(l o una pi an t icella. Si inginocchib davanti alla pianta mettendosi ad accarezzarlae a t'irrl.rrle. Dapprima non capii quello che diceva, ma poi cambid lingua r' lrarlb alla pianta in spagnolo. Per un po' balbettb cose senza senso, 1,,' isi al zd. "Quello che dici a una pianta non impotta", disse. "Potresti benis"irrrrrinventarti le parole; I'importante d sentire di amarla e trattarla ( ( rl rl cun ugual e ". Spiegb che un uomo che raccoglie piante deve scusarsi ogni volta t', r' ,rverle colte e deve assicurarleche un giorno il suo corpo servir) l ,' r,' tl n nutri ment o. "Cosi, tutto considerato,le piante e noi siamo pari", disse. "N6 1,,r, rrd noi siamo piil o meno importanti. " r\vanti, paila alla pianticella", mi esortb. "Dille che non ti senti 1' :r i rrrl ' rortant e". r\rrivai fino a inginocchiarmi davanti alla pianta, ma non riuscii ., ,rr,lrrfrnia parlarle.Mi sentivo ridicolo . scoppiri a ridere. Perb non , r,' .rrrrrbbi ato. l).s1 .f11s1mi diede un colpetto sulla schiena e disse che andava 1,,r,,, tlrc- per lo meno avevo controllato il mio carattere. " l)'ora in poi parla alle pianticelle", disse. "Parla fino a perdere


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Pcrdila della presunztone

tutto il tuo senso di importanza. Parla finch6 ti riuscir) di farlo in Dresenzadi altri. "Vai su quelle colline lassi ed esercitati". Gli domandai se potevo parlare alle piante in silenzio, nella mia mente. "No!", disse. "Devi parlare a voce alta e chian se vuoi che ti rispondano". Mi avviai verso Ia zona indicata, ridendo tra me delle sue eccentricit). Cercai anche di parlare alle piante, ma la sensazionedi ridicolo mi sopraffaceva. Dopo un periodo di tempo che mi parve appropriato tornai dove mi aspettava don Juan. Ero certo che sapesseche non avevo parlato alle piante. Non mi guardb. Mi fece segno di sedermi accanto a lui. "Osservami attentamente", disse. "Sto per fare una chiacchierata col mio piccolo amico". Si inginocchid davanti a una pianticella e per qualche minuto mosse e contorse il corpo, parlando e ridendo. Pensai che fosse uscito di senno. "Questa pianticellami ha detto di dirti che b buona da mangiate", disse alzandosi dalla sua posizione inginocchiata. "Ha detto che una sua manciata manterrebbe sano un uomo. Ha detto anche che qui ne cresceuna quantita". Indicb un punto su un pendio a circa duecento meri di distanza. "Andiamo a cercare", disse. Risi dei suoi isrionismi. Ero sicuro che avremmo trovato le piante, perchd eta un esperto del terreno e sapeva dove crescevanole piante commestibili e medicinali. Menre ci incamminavamoverso quel punto mi disse con aria indifferente che avrei dovuto prendere nota della pianta perch6 era a un tempo cibo e medicina. Gli domandai, un po' per scherzo, se glielo aveva appena detto la pianta. Smise di camminare e mi squadrb con aria incredula. Scosse il capo da parte a parte. "Ah!", esclamd ridendo. "La tua furbizia ti fa pii sciocco di quel che pensassi.Come potrebbe quella pianticella dirmi ora cib che ho saputo per tutta la vita?". Si mise quindi a spiegareche conoscevatutte le differenti proprieti di quella specifica pianta, e che la pianta gli aveva appena detto che c'era un mucchio di piante come lei che crescevanonel punto da lui indicato, e che alla pianta non importava se me lo diceva. Arrivando sul pendio della collina trovai tutto un gruppo delle

Perditadella prcsunzione 35 .r(ssc piante. Volevo ridere ma don Juan non mi diede il tempo. Volle ,lr,' r'ingraziassi tutte le piante. Mi sentivo tormentosamenteimpacciato , rorr riuscii a indurmi a farlo. I)on Juan sorrise con benevolenzae fece un'altra delle sue afferrrr,rzionisibilline. La ripetd tre o quattro volre come per darmi il tempo ,lr inrmaginarneil significato. "Il mondo intorno a noi b un mistero", disse. "E gli uomini non ",,r..migliori di tutte le alre cose. Se una pianticella=bgentile con rr,'i clobbiamo ingraziarla, altrimenti forse non ci lascerebb=e andare". Don Juan scoppid a ridere con sussulti controllati e calmi. (lamminammo un'altra ora e poi riprendemmo la via del ritorno. ,\ rrn ,certo punto rimasi indietro e don Juan dovette aspettarmi.Mi ,,rntrolld le dita per vederese le avevo piegate.Non le uu.uo. Mi disse rruixjlis5amsnte che ogni volta che camminavocon lui dovevo osservare r' (()piarei suoi atteggiamenti,oppure non venire afratto. "Non posso starti ad aspettarecome con un bambino", disse in t,r1111 dj ri mbr ot t o. La sua afrermazione mi riempi di imbarazzo e confusione. Com'era 1',,ssibileche un uomo cosi anziano camminassemolto meslio di me? I't.savo di essereatletico e forte, eppure don Juan aveva"dovuto letrt'rrrlmenteaspettareche lo raggiunglssi. Piegai le dita, e stranamenteriuscii a mantenere senza sforzo il suo tr,'rnendoritmo. In effetti, in certi momenti sentivo che le mani mi ti rrrvanoi n av ant i. Mi sentii euforico. Ero contentissimo di camminare senza scoDocon ,;rrcllo strano vecchio indiano. Incominciai a parlare e gli chiesi di rrr.srfanni qualche pianta di peyote. Mi guardb non disse una -, i t:l f 0l a.


La rnorle? un consiglierc t7 ,,rllr rrsi clellepiante, percib gli avevo chiesto di farmi da infonnatore. t,lr ;rvcvo anche offerto di pagarlo per il suo tempo e il suo disturbo. " l)ovreste accettareil denaro", dissi. "In questo modo ci sentiremrrr,r rrrcglio tutti e due. Allora potrei chiedervi tutto quello che voglio 1',r,lr[ voi lavoreresteper me e io vi paghereiper questo. Che ve ne l '.l tt'/

.t,

L a morte l un co nsiglier e Mercoledi 25 gennaio, 1961 "lVIi insegneretemai qualcosasul pelzote?",domar.rdai. Don Juan.nonrisposee, come avevafatto prima, si limitd a guardar. ml come se rossl pazzo. Gii molte volte glielo avevo domandato durante le nostre normali conversazioni,e ogni volta si era accigliatoe aveva scossoil capo. Non era un gesto di afiermazioneo negazione,era piuttosto un gesto di disperazionee increduliti. Si alzb in piedi bruscamente.Eravamo a sedereper terra davanti a casasua. Mi invitd a seguirlo con un cenno impercettibiledel capo. Ci inoltrammo tra i cespr:gli del deserto in direzione sud. Mentre camminavamo don Juan osservb ripetutamente che dovevo rendermi conto dell'inutilit) della mia presunzione e della storia personale. "f tuoi amici", disse volgendosidi scatto verso di me. "Quelli che ti hanno conosciuto per molto tempo, li devi abbandonarein fretta". Pensai che fosse pazzo e la sua insistenzaidiota, ma non dissi nulla. Don Juan mi scrutb e scoppib a ridere. Dopo una lunga camminata ci fermammo. Stavo per mettermi a sedere per riposarmi quando mi disse di arivare ancora venti metri pii in l) e parlare a un gruppo di piante a voce alta e chiara. Mi sentivo a disagio e apprensivo. Le sue strane richieste erano pin di quanto potessi tollerare e gli dissi ancora una volta che non potevo parlare alle piante, perch6 mi sentivo ridicolo. Il suo solo commento fu che iI mio sensodi presunzioneera immenso. Sembrb prendereuna decisioneimprowisa e disse che non dovevo cercar di parlare alle piante finchd non mi sentivo a mio agio e naturale. "Vuoi imparare a conoscerle,perd non vuoi fare nessuna fatica", disse in tono accusatote."Che cosa cerchi di fare?". La mia spiegazioneera che volevo sinceramentedelle informazioni

".

l\li guardd sprezzantementee fece con la bocca un verso osceno, l.rrcntlo vibrare il labbro inferiore e la lingua soffiando con gran forza. " Ircco che me ne pare", rispose, e rise istericamentedell'espressione ,lr t<rtalesorpresa che dovevo avere dipinta sulla faccia. Mi era ovvio che con un simile uomo non si poteva combattere l.rr'ilnrente.Nonostante la sua et), era focoso e incredibilmente{orte. ,'\r't'voavuto l'idea che, essendocosi vecchio,sarebbestato per me un l)(r'lctto 'informatore'. I vecchi, ero portato a credere,erano gli infornr:rtori migliori perch6 troppo deboli per fare qualsiasialtra cosa che n')n fosseparlare.Don Juan, perd, era un pessimoelemento,lo sentivo rrrrrlttabilee pericoloso.L'amico che ci avevapresentatiaveva ragione: ('r':r un vecchio indiano eccentrico; e sebbene non fosse sempre nelle ,r,rvtrle,come mi aveva detto il mio amico, era ancorapeggio, ir^ p^rro. I'rovai il tertibile sensodi dubbio e apprensioneche avevo avuto prima. l)t'nsrVodi averlo superato.In realt) non avevo faticato a convincermi ,lrc dovevo tornare a faryli visita. Tuttavia mi si era insinuato nella rrrt'nteil pensiero che io stessofossi un poco pazzo quando mi ero reso t onto châ‚Ź mi piaceva stare con lui. La sua idea che il mio senso di I'r'csunzionefosse un ostacolo mi aveva veramente fatto eftetto. Ma in .rl)l)arenza en da parte mia soltanto tutto un eserciziointellettuale; nel rn()nrentoin cui mi trovai davanti al suo bizzatro combortamentoincorrrinciaia provare un sensodi apprensionee volli andarmene. Dissi che credevo che fossimo cosi differenti che non c'era Ia pos' i l ri l i t) di con t inuar einsiem e. "Uno di noi deve cambiare",mi risposedon Juan fissandoil suolo. " l'l tu sai chi". Incomincid a canticchiareuna canzone popolare messicana,poi solk'vd bruscamenteil capo e mi guardd. I suoi-occhi erano feroci e brut ianti. Volli distogliere o chiudere gli occhi, ma con mio completo \tul)ore non riuscivo a staccarmidal suo sguardo. Mi chiese di dirgli che cosa avessi visto nei suoi occhi. Risposi che n()n avevo visto nulla, ma Iui insist6 che dovevo descrivere la sensa;ione che i suoi occhi mi avevano procurato. Mi sforzai di fargli capire ,lrc la sola cosa che i suoi occhi mi avevano fatto sentire era il mio in'tbarazzo,e che il modo in cui mi suardava mi metteva a disasio. ""." Non smise, ma continud a fisJarmi ostinatamente.Non ,no


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un consigliere

sguardo apertamenteminacciosoo sinistro, cra piuttosto misterioso e sgradevole. Mi chiese se mi faceva venire in mente un uccello. "Un uccello?", esclamai. Gorgoglid come un bambino e distolse gli occhi. "Si", disse dolcemente."Un uccello,un uccello molto bufio". Fissb ancora lo sguardo su di me e mi ordir-rddi ricordare. Disse con straordinaia convinzionedi'sapere'che io avevo visto prima quelI'espressione. Sul momento la mia sensazioneera che il veccl-riomi provocasse, contro il mio sincero desiderio, ogni volta che apriva la bocca. Gli restituii lo sguardo con un'ovvia espressionedi sfida, ma invece di arrabbiarsi scoppib a ridere. Si batt6 sulla coscia e urld come se fosse in sella a un cavallo selvaggio. Poi tornb serio e mi disse che era importantissimo che smettessi di fargli resistenzae ricordassi il buffo uccello di cui parlava. "Guardami negli occhi", disse. I suoi occhi erano straordinariamentcferoci. C'era in essi una sensazione che mi ricordava davvero qualcosa, ma non ero sicuro cosa f os s e.M edit ai u n m o m e n to e q u i n d i ' e b b i un' i mprovvi sai l l umi nazi one; non la forma degli occhi n6 quella della testa, ma una cerra fredda ferocia del suo sguardo mi ricordava gli occhi di un falco. Proprio nel momento di quell'illuminazione don Juan mi guardava di traverso e per un istante la mia mente fu nel caos pii totale. Pensai di aver visto le sembianze di un falco invece di queile di don Juan. L'immagine era stata troppo fugace e io ero troppo turbato per prestarvi molta attenzione. Gli dissi concitatamenteche avrei potuto giurare di aver visto sulla sua faccia le sembianze di un falco. Ebbe un alro accessodi riso. Conosco I'espressionedegli occhi dei falchi; da ragazzo davo loro spesso la caccia e, secondo I'opinione di mio nonno, ci sapevo fare. Mio nonno aveva un allevamento di galline livorr-resie i falchi erano una minaccia per il suo lavoro. Prenderli a fucilate non era solo utile ma anche 'giusto'. Fino a quel momento avevo dimenticato che la ferocia dei loro occhi mi aveva ossessionatoper anni, ma era cosi lontano nel passatoche pensavodi averne p.rco il ricordo. "IJn tempo andavo a cacciadi falchi", dissi. "Lo so", asseridon Tuan. fl suo tono esprimeva una tale certezzache scoppiai a ridere. Pensai che fosse un personaggioassurdo. Aveva la sfrontaiezza di volermi far credere di sapere che io andavo a caccia di falchi. Provai per lui un supremo disprezzo.

"Perch6 ti anabbi tanto?", mi chiese in tono di autentica preocr ttpazi one.

Non sapevo perch6. Don Juan incomincib a esaminarmi in modo rrrolto insolito. Mi chiese di guardarlo ancora e di padargli del 'buffistirno uccello' che lui mi aveva fatto venire in mente. Mi opposi e gli ,lissi sprezzantementeche non c'era nulla da dire. Allora mi sentii (()stretto a domandargli perch6 aveva detto di sapere che andavo a trrccia di falchi. Invece di rispondermi fece un'altra osservazionesul rrrio comportamento: disse che ero un tipo violento, capace di farmi vcnire'la bava alla bocca' per un nonnulla. Protestaiche non era vero; :rvcvo sempre pensato di essere abbastanzaaccomodante e di buon (lrrattere. Dissi che era colpa sua perch6 mi costringeva a perdere il ttrntrollo con le sue parole e azioni insospettate. "Perch6 questa rabbia?", chiese. Passaiin rassegnai miei sentimentie le mie reazioni.In realti non r''era necessitidi arrabbiarmicon lui. Insist6 ancora che dovevo guardarlo negli occhi e dirgli dello'strano l.rrlco'.Aveva cambiato definizione; prima aveva detto 'un uccello molto l'rrffo', poi lo sostitui con'strano falco'. Il cambiamentodi definizione corrisposea un cambiamentodel mio umore. Ero improvvisamente .l i ventato tri st e. Don Juan socchiusegli occhi fino a farli diventare due fessure e tluindi, in tono assai drammatico, disse di 'vedere' uno stranissimo f,rlco. Ripet6 tre volte la sua afiermazione come se vedessedavvero il f,rlco davanti a s6. "Non te lo ricordi?", chiese. Non ricordavo nulla del genere. "Che c'b di strano nel falco?", domandai. "Me lo devi dire tu", rispose. Insistei che non potevo sapere a cosa alludeva, percib non potevo < l i re nul l a. "Non far resistenzaa me!", disse. "Resisti contro la tua pigrizia c ri corda" . Per un momento mi sforzai seriamente di immaginare che cosa volesse. Non mi venne in mente che invece avrei Dotuto cercar di licordare. "C'b stata una volta in cui hai visto moltissimi falchi", disse don JLrancome per suggerirmi. Gli dissi che da bambino vivevo in una fattoria e avevo dato la c:rcciaa centinaia di uccelli. Don Juan disse che in tal caso non mi sarebbestato difficile ricortlare tutti gli srani uccelli che avevo cacciato.


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La morte t un consigliere

Mi guardd con un'espressioneinterrogativa negli occhi, come se mi avesseappena dato I'ultimo indizio. "Ho dato la caccia a tanti di quegli uccelli", dissi, "che non mi posso ricordare niente". "Questo uccello b speciale", rispose quasi con un bisbiglio. "Questo uccello d un falco". Di nuovo mi concentrai cercando di caoire dove voleva arrivare. Mi stava stuzzicando?Parlava sul serio? Dopo un lungo intervallo mi esortd di nuovo a ricordare. Sentii che era inutile cercar di mettere fine al suo gioco; non mi restava alffa alternativa che collaborare con lui. "Parlate di un falco cui ho dato la caccia?". chiesi. "S1", bisbiglib con gli occhi chiusi. "Allora b successoquando ero un tagazzo?".

" si".

"Ma avete detto che vedete un falco di fronte a voi, ora?". " Lo v edo " . "Che cosa cercatedi farmi tare?". "Sto cercandodi farti ricordare". "Cosa? Per amor del cielo!". "Un falco rapido come la luce", disse, guardandomi negli occhi. Sentii che il cuore mi si era fermato. "Ora guardami", disse. Ma non lo guardai. Sentivo la sua voce come un debole suono. Ero completamente preso da ricordi stupendi. Il falco bianco! Tutto era cominciato con l'esDlosionedi collera di mio nonno una volta che aveva contato i suoi puicini livornesi. Scomoarivanoin modo regolate e sconcertante.Mio nonno aueu. personalmente organizzato e condotto una meticolosa sorveglianza,e dopo giorni di assidua vigilanza vedemmo finalmente un grande uccello bianco che volava via con un pulcino livornese negli artigli. L'uccello volava rapido ed evidentemente conoscevala sua stfada. Era piombato giil da dietro alcuni alberi, aveva afrcrcatoil pulcino volando poi via attraverso un varco tra due rami. Era accaduto cosl in fretta ihe mio nonno non l'aveva quasi visto, ma io I'avevo visto e sapevoche era davvero un falco. Mio nonno disse che se era cosl si tattava di un albino. Incominciammo una campagna contro il falco albino, e per due volte pensai di averlo preso. Lascib anche cadere la preda, ma vold via. Era troppo veloce per me. Era anche molto intelligente; non tornd pit a razziarc nella fattoria di mio nonno. Lo avrei dimenticato se mio nonno non mi avessestimolato a dare la caccia all'uccello. Per due mesi inseguii il falco albino per tutta la

La morte i un consigliere 4l r,rllt' in cui viveva. Imparai le sue abitudini e sapevoquasi intuirc la t()ltil del suo volo, tuttavia la sua velociti e la fulmineit) delle sue .rl,prrrizionimi eludevanosempre.Potevo vantarmi di avergli impedito ,lr prsndgls la sua preda, forse ogni volta che ci eravamoincontrati, ma n()n ero mai riuscito a catturarlo. Nei due mesi della mia strana guerfa contro il falco albino riuscii ,r,l rrrrivargli vicino solo una volta. Avevo cacciato tutto il giorno ed ('r'()stanco,mi ero seduto a riposare e mi ero addormentatosotto un ,rlto eucalipto. Improvvisamentefui risvegliato dal grido di un falco. Aprii gli occhi senza fare nessun altro movimento e vidi un uccello l,iancastroappollaiato sui rami pit alti dell'eucalipto. Era il falco albino. l.a caccia era finita. Sarebbe stato un colpo difficile; ero disteso sulla schienae l'uccello era voltato dall'altra oarte. Sfruttai un'imorovvisa lrrlrrtadi vento per nascondereil rumore del mio 22 a canna lunga rr)entre prendevo la mira. Volli attendere che si fosse girato o incorninciassi a volare cosi che non lo potessi mancare, ma ltccello albino rimaneva immobile. Per orendere una mira mieliore avrei dovuto muovermi, ma il falco era t;oppo veloce per consentirmi di farlo. Pensai che la mia migliore alternativa fosse aspettare. E aspettai, a lungo, interminabilmente. Forse cid che mi influenzd fu la lunga attesa, o forse la solitudine del luogo; fatto sta che improvvisamente sentii un brivido su per la spina dorsale e mi comportai in modo assolutamenteassurdo: mi alzai e me ne andai. Non guardai neppure per vedere se I'uccello cra volato via. Non avevo mai attribuito alcun significato a quel n'rio ultimo atto col falco albino. Tuttavia era molto strano che non gli avessi sparato. Prima di allora avevo sparato a dozzine di falchi. Nella nostra fattoria era normalissimo sparare agli uccelli o dare la caccia a qualsiasi tipo di animale. Don Juan aveva ascoltato attentamente la storia del falco albino. "Come avete fatto a saperedel falco bianco", gli domandai quando ebbi terminato. "L'ho visto", rispose. " D ove?" . "Proprio qui davanti a te". Non avevo pii voglia di discutere. "Che significatutto cid?", chiesi. Don Juan disse che un uccello bianco come quello era un presagio, e che non sparargli era la sola cosa giusta da fare. "La tua morte ti ha dato un piccolo avvertimento", disse in tono misterioso."Arriva sempre come un brivido'". "Di che state oarlando?". chiesi nervosamente.


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La morte i un consigliere

Mi faceva davvero innervosire con quei suoi lugubri discorsi. "Tu sai moltissime cose sugli ucce1li", disse.,,Ne hai uccisi fin troppi. sai aspettare. Hai aspettato pazientemente per ore. Lo so. Lo vedo". . Le sue parole fecero nascerein me una grande agitazione. pensavo che ci6 che mi infastidiva maggiormente di-lui fosr"el, .uu ..ir.rr". Non potevo sopportarela sua dogmatica sicurezzain cose della mia vita di cui non ero sicuro nemmeno lo. Mi immersi nei miei sentimenti di d-epressionee non Io vidi piegarsi su di me finchâ‚Ź non mi ebbe bisbigliato-qualcosaall'orecchio.-Da principio non capii, e lo ripet6. Mi dirr. di. voltarm.icome per caso e di guariare un macigno alra mia ,lnirtru. .lJisseche la mia morte era li che mi fissavae che Je mi voltavo quando lui mi faceva segno sarei riuscito a vederla. . Mi fece segno con gli occhi. Mi voltai e mi parve di vedere un guizzo.sopraal macigno. Un brivido mi corse per il corpo, i muscoli del mlo addome si contrassero involontariamente e sentii una scossa. uno spasmo..Dopo un istante recuperai il mio sangue freddo e mi spiegai- I'ombra guizzante come ufill.,sione ottica .nurrtu dall'aver girato la testa cosl bruscamente. "La morte d la nostra compagna", disse don Juan in tono -eterna molto grave. "E sempre alla nostra rlnirt.r, a un passo di distanza. Ti stava osservandomentre spiavi il falco bianco; ti' h, ,"rr"ii.io ,rI'orecchio e hai sentito il suo gelo, come lo hai sentito oggi.-ii-l ,..npre stata a osservare.Ti osserver) sempre fino al giorno in cui ti toccher) " . Protese il braccio e mi toccb lievemente sulla spalla e al tempo stesso produsse con la lingua un profondo s.rono sriduro. L'effetto fu disastroso; fui sul punto di dar di stomaco. "Tu sei il rugazzoche inseguivala selvagginae aspettavapazientetemente, come aspetta la morte; tu sai benGimo che la morie i alla nostra sinistra, al modo stesso in cui tu eri alla sinistra del falco bianc o" . parole ebbero lo strano potere di sprofondarmi in un terrore . .Le sue ingiustificato; la mia sola difesa era che mi sentivo costretto a scrivere tutto cib che diceva. "Copg ci si pud sentire tanto importanti quando sappiamo che la morte ci di la caccia?",chiese. Ebbi la sensazioneche in realt) non era necessariorispondere. comunque non avrei potuto dire nulla. un nuovo stato d'animo si era impadronito di me. "La cosa da farc quando sei impaziente", continub don Tuan, ,,i

La morte i un consigliere 4t rrrl1"11ia sinistra e chiedereconsiglio alla tua morte. Ti sbanzzi di ilr)'enormequantit) di meschiniti se la tua morte ti fa un gesto, o se rr, cogli una breve visione, o se soltanto hai la sensazionelh. i, ,u" (.rnpagna d li che ti sorveglia". Si piegd ancora in avanti e mi bisbiglid all'orecchioche se mi volt,r'. improvvisamente_asinistra, al suo segnale,avrei potuto vedere irncorala mia morte sul macisno. I suoi occhi mi diedero-un segnalequasi impercettibile, ma non <,r,riguardare. Gli dissi che gli credevo e che non c'era bisosno di insistere ulteperchd ero atterrito. Scoppid in una delle sue grasserisate 'i.rmente, ' fl l gorose.

Quindi risposeche non si insistevamai abbastanzasulla quesrione tlella nostra morte. Sostenniche per me non al'rebbe avuto significato rlilungarmi sulla mia morte, perchd un tale pensiero mi avrebte dato soltanto disagio e paura. "Sei proprio un disastro!", esclamb. "La morte d il solo saggio consigliereche abbiamo.ogni volta che senti, come a te capita sempre, che tutto va male e che stai per essereannientato,voltati verso la tua morte e chiedile se b vero. La tua morte ti dir) che hai torto; che nulla corlta veramenteal di fuori del suo tocco. La tua morte ti dir): ,Non ti ho ancora toccato"'. Don Juan scosseil capo e sembrb aspettarela mia risposta. Non avevo nulla da rispondere. I miei pensieriiorrevano all,impizzata. Don l.ua.naveva sferrato un tremendo colpo al mio egotismo. La meschiniti della mia irritazione nei suoi confronti era moitruosa alla luce della mia morte. Ebbi la sensazioneche si rendesse perfettamente conto del mio qambiamentodi. umore. Aveva invertito la situazionea suo vantaggio. Sorrise e incomincid a canticchiareuna canzone messicana. "Si", disse dolcementedopo una lunga pausa. "Uno di noi deve cambiare, e presto. Uno di noi due devi imparare di nuovo che la morte e il cacciatoree che b sempre alla nosra sinistra. uno di noi due deve chiedere consiglio alla morte e sbarazzarsidelle maledette meschinerie proprie degli uomini che vivono come se la morte non dovesse mai toccarli". Rimanemmo in silenzio per piil di un'ora, quindi riprendemmo a camminare. Girovagammo per ore tra i bassi cespugli del-deserto. Non gli domandai se nel nostro vagabondaggioci fosse uno rcopo, non importava. In qualche modo don -Juanmi aveva fatto fecuperare un'antica sensazione,qualcosa che avevo completamente dimenticato, la pura gioia del semplice movimento senza nessuno scopo intellettuale.


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La morte i

un cortsigliere

Volli che mi lasciassedare un'occhiata a quello che, qualunque cosa fosse, avevo visto sul macigno. "Lasciatemi vedere ancora quell'ombra", dissi. "Vuoi dire la tua morte, non d vero?", risposecon una sfumatura di ironia nella voce. Per un attimo mi sentii riluttante a pronunciare la oarola. "Si", dissi alla fine. "Lasciatemi u.i... ancora una uolta la mia m or t e" . "Non ora", disse. "Sei ffoppo compatto". "Come avete detto?'. Scoppid a ridere, e per qualche ragione sconosciuta la sua risata non era pii ofiensiva e insidiosa come in precedenza.Non pensai che fosse difierente, dal punto di vita del tono, o della forza, o dello spirito; I'elemento nuovo era il mio stato d'animo. Davanti alla mia morte che incombeva, le mie paure e la mia irfitazione apparivano assurde. "Allora lasciatemiparlare alle piante", dissi. Scoppid a ridere fragorosamente. "Ora sei troppo buono", disse,sempreridendo. "Yai da un estremo all'alro. Stai calmo. Non c'd alcun bisogno di parlare alle piante se non si vogliono conoscerei loro segreti, I per faie questo hai bisogno di un intento inflessibile. Percib risparmia i tuoi buoni propositi. Non c'd nemmeno bisogno che tu veda la tua morte. ii sufficiente che ne senta la presenzaintorno a te",

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Assumersi la resoonsabilira Martedi 11 aprile, 1961 Arrivai a casa di don Juan domenica 9 aprile, di buon mattino. "Buon giorno, don Juan", dissi. "Sono felice di vedervi!". IMi gLrardde scoppid in una risatina. Si era avvicinato all'automobile e mi teneva aperto lo sportello mentre raccoglievo dei pacchi di provviste acquistateper lui. Ci avviammo verso la casa e ci mettemmo a sedere accanto alla porta. Era la prima volta che mi rendevo veramente conto di quello che facevo ll. Per tre mesi avevo veramente sperato di poter ritornare sul 'campo'. Era come se dentro di me fosse esplosa una bomba a orologeriir e avessiimprovvisamentericordato qualcosadi importantissimo. Avevo ricordato che una volta nella mia vita ero stato molto oaziente e molto efHciente. Prima che don Juan potessedire una sola parola gli posi la domanda che mi aveva assillatoIa mente. Per tre mesi ero staio ossessionato dal ricordo del falco albino. Come aveva fatto don .Iuan a sapere di quell'episodioquando io stessoI'avevo dimenticato? Don Juan rise ma non rispose. Lo supplicai di dirmi come aveva l-atto. "Non era niente", disse col suo solito tono convinto. "Chiunctue potrebbecapire che sei srano. Sei soltanto intorpidito, tutto qui". Sentii che mi stava di nuovo disorientando,sospingendomiin un aneolo in cui non volevo andare a finire. "E possibile vedere la nostra morre?", domandai, cercando di restare in argomento. "Certo", risposeridendo. "E qui con noi". "Come fate a saperlo?". "Sono vecchio; con I'et) si impara ogni tipo di cose".


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"Conoscomoltissimi vecchi,ma non hanno mai imparato. Voi come avete fatto? ". "Bene, diciamo che conoscoogni tipo di cose perchd non ho una storia personale,e perchd non mi sento pii importante di nessunaaltra cosa, e perchd la mia morte d seduta con me proprio qui". Protese il braccio sinistro e mosse le dita come se stesseveramente accarezzando qu alcosa. Scoppiai a ridere. Sapevo dove mi voleva portare. Quel vecchio demonio stava per tormentarmi ancora, probabilmente a motivo della mia presunzione,ma questa volta non mi importava. Il ricordo di aver avuto una volta un'enorme pazienzami riempiva di una strana e tranquilla euforia che aveva scacciatoquasi tutti i miei sentimenti di nervosismo e intolleranza verso don Juan; quella che provavo invece era di meravigliaper i suoi atti. una sensazione "Chi siete veramente?", chiesi. Sembrb sorpreso. Spalancdenormemente gli occhi e ammiccb come un uccello, chiudendo le palpebre come una saracinesca.Le palpebre continuavano ad andare su e giil, ma i suoi occhi rimanevano a fuoco. Quella manovra mi fece sobbalzaree indietreggiare, mentre don Juan rideva lasciandosi andare come un bambino. "Per te io sono Juan Matus e sono al tuo servizio", rispose con esageratacortesia. Allora formulai la mia seconda domanda bruciante: "Che cosa mi avete fatto il primo giorno che ci siamo incontrati?". Mi riferivo allo sguardo che mi aveva lanciato quella volta. "Io? Niente", rispose con aria innocente. Gli descrissi quel che avevo provato quando mi aveva guardato e come fosse stato assurdo Der me che il suo ssuardo mi avesse inceppato la lingua. Rise fino a farsi scenderele lacrime git per le guance. Provai di nuovo un impeto di animosit) verso di lui, pensai che io ero cosl serio e riflessivo e lui cosl 'indiano' nei suoi modi grossolani. Evidentemente si era accorto del mio stato d'animo e smise improvvisamente di ridere. Dopo una lunga esitazionegli dissi che la sua risata mi aveva irritato perchâ‚Ź volevo capire sul serio quello che mi era capitato. "Non c'd niente da capire", mi rispose imperturbabile. Ricapitolai per lui la successionedi awenimenti insoliti che erano accaduti da quando lo avevo incontrato, a partire dallo sguardo misterioso che mi aveva lanciato. fino a ricordare il falco albino e la visione dell'ombra sul macigno, che lui aveva detto esserela mia morte. "Perchâ‚Źmi avete fatto tutto questo?", domandai.

la rcsponsabilitd47 Assumersi Non c'era bellicosit) nella mia domanda. Ero solo curioso di sapere l,erchd proprio a me. "Mi hai chiesto di dirti quello che so sulle piante", rispose. Notai nella sua voce una sfumatura di sarcasmo. Sembrava che volesse assecondarmi. "Ma quello che mi avete detto finora non ha nulla a che fare con le piante", protestai. La sua risposta fu che ci voleva tempo per imparare. Ebbi la sensazione che discutere con lui fosse inutile. Allora mi resi conto della totale idiozia delle facili e assurderisoluzioni che avevo preso. A casa nria mi ero ripromesso di non perdere mai la calma e di non irritarmi con don Juan. Nella realt) della situazione, invece, nell'istante in cui mi aveva mortificato avevo avuto un altro attacco di stizza. Sentivo che per me non c'era modo di enfare in rapporto con lui, e questo mi mandava in collera. "Ora pensa alla tua morte", mi disse don Juan improwisamente. "E a un metro di distanza.Ti pub toccare in qualsiasi momento, percib non hai proprio tempo per pensieri e umori stupidi. Nessuno di noi ne ha il tempo. "Vuoi sapere cosa ti ho fatto.il primo giorno che ti ho incontrato? Ti ho uisto, e ho uisto che pensavi che mi stavi mentendo. Ma in realt) non mi stavi mentendo". Gli dissi che la sua spiegazionemi confondeva ancor pii. Rispose che era quella la ragione per cui non voleva spiegare i suoi atti, e le spiegazioni non erano necessarie.Disse che la sola cosa che contava cra I'azione, agire invece di padare. Tird fuori una stuoia di paglia e si stese, appoggiando la testa a un fagotto. Si mise comodo e quindi mi disse che c'era un'altra cosa che dovevo fare se volevo dawero imparare a conoscerele piante. "Quello che non andavain te quando tiho uisto, e quello che non va in te ora, e che non ti piace prenderti la responsabiliti di cib che fai ", disse lentamente, come per darmi il tempo di capire le sue parole. "Quando mi dicevi tutte quelle cose, lA neila stazione d'autobus, ti rendevi conto che erano bugie. Perchd mentivi?". Gli spiegai che il mio obiettivo era stato di trovare un 'informatore' per il mio lavoro. Don Juan sorrise e si mise a canticchiare una canzone messicana. "Quando un uomo decide di fare una determinata cosa, deve andare fino in fondo", disse, "ma deve prendersi la responsabilit) di quello che fa. Qualunque cosa faccia, deve prima sapere perchâ‚Ź lo fa, e poi tleve andare a\ranti con le sue azioni senza dubbi o rimorsi".


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Mi scrutb. Non sapevo cosa dire. Alla fine azz^rdai un'opinione, quasi-comeuna protesta. "E una cosa impossibile!", dissi. Mi chiese perch6; gli risposi che forse, idealmente, era quello che tutti pensavanodi dover fare. In pt^tica, perd, non c'era moio di evitare dubbi o rimorsi. "E ovvio che un modo c'd", mi rispose con convinzione. _ "Guardami", disse. "fo non ho dubbi o rimorsi. Tutto quello che faccio d mia decisione e mia responsabiliti. La cosa pit semplice che faccio, portarti a farc ,-,n" par.eggiata nel deserto, p.r esempio, pub benissimo significare 7a mia moriJ. La morte mi di la caccia, percid non mi resta spazio per dubbi o rimorso. se devo morirc per averti portato a fare una passeggiata,allora devo morire. "Tu, d'altra parte, ti senti immortale, e le decisioni di un uomo immortale possono essere cancellate o rimpiante o dubitate. In un mondo in cui la morte d_il cacciatore,amico mio, non c'd tcmpo per rimpianti o dubbi. C'd solo tempo per le decisioni,'. sostenni sinceramenteche a mio parere era un mondo irreare, perch6 era costruito arbitrariamente prendendo una forma di comportamento idealizzata e aflermando che quello era il modo di procedere. Gli raccontaila storia di mio padre, il quale era solito farmi discorsi interminabili sulle meraviglie di una m..tt. .anu in un corpo sano, dicendo che i giovani dovrebbero temprare i propri corpi nelle fatiche e nelle competizioni atletiche. Era un ,romo giovr.re; quando io avevo otto anni lui ne aveva soltanto ventisette. Durante I'estate, di regola, veniva dalla citt), dove insegnava in una scuola, a passarealmeno un mese con me nella fattoria dei miei nonni, dove vivevo. per me era un mese d'inferno. Raccontai a don Juan un esempio del comportamento di mio padre che pensavo sarebbestato adatto alla situazione di cui parlavamo. Quasi immediatamente dopo il suo anivo alla fattoria, mio padre insisteva a fare una lunga passeggiatacon me al fianco, cosr pote^vamo parlarc; e menre parlavamo faceva progetti per andare a nuotare insieme, ogni giorno alle sei del mattino. La sera metteva la sveglia alle cinque e mezz^per avere tempo in abbondanza,perchl alle sei in punto dovevamo esserein acqua. E quando la mattina la sveglia suonava',mio pa<ke balzava dal letto, si metteva gli occhiali, andaia alla finesira e guardava fuori. "Uhum... Un po' di nuvole oggi. Senti, ora mi rimetto git ancora per cinque minuti. Va bene? Solo cinque e non di pii! Solo per stirarmi i muscoli e svegliarmi del tutto".

Assamersila responsabilitd 49 Invariabilm-ente_ ripiombava nel sonno e non si svegliava fino alle .. dieci, certe volte fino a mezzogiorno. .. Dissi a don_Juanche quello che mi irritava di mio padre era il rifiuto di rinunciare alle sue risoluzioni false. Ripeteu" qrr..io rituale tutte le mattine finchd io alla fine ferivo i suoi sentimenti rifiutandomi di mettere la sveslia. "Non erano false risoluzioni" , disse don Juan, schierandosiowiamente dalla parte di mio padre. "Semplicemente non sapeva alzarci dal letto, tutto qui". "In ogni caso", dissi, "le risoluzioni irreali mi mettono semDre in sospetto". "Ma quale sarebbeuna risoluzione reale?", chiese don luan con un sorriso malizioso. "Se mio padre avessedetto a se stesso che non poteva andare a nuotare alle sei di mattina, ma che forse avrebbe potuto andarci alle tre del pomeriggio". "Le tue risoluzioni fanno torto allo spirito", disse don Juan con aria di grande seriet). Pensai anche di aver individuato nella sua voce una nota di tristezza.Rimanemmo in silenzio a lungo. Il mio cattivo umore era svanito. Pensavo a mio padre. "Non voleva andare a nuotare alle tre del pomeriggio. Capisci?", disse don Juan. Le sue parole mi fecero sussultare. Gli dissi che mio padre era debole, e debole era il suo mondo di atti ideali mai realizzati. Quasi gridavo. Don Juan non disse una parola. Scosseil capo lentamente in modo ritmico. Mi sentii terribilmente triste. Pensarea mio padre mi di sempre una sensazionestruggente. "Tu pensi di esserestato pit forte, non b vero?", chiese don Juan in tono casuale. Dissi di si, quindi presi a raccontargli tutto lo scompiglio emorivo che mio padre mi aveva fatto passare. Ma don -Juan mi interruppe. "Per te era spregevole?",chiese. ttN ott.

"Era meschinocon te?".

ttN ott.

"Ha fatto per te tutto quello che poteva?".

"si".

"Allora cosa c'eta in lui che non andava?". Ricominciai a gridare che mio padre era debole, ma mi ripresi e


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Ia resPonsabiliti Assumersi

abbassaiil tono della voce. Mi sentivo un po' ridicolo a essereesaminato a quel modo da don Juan. "A ihe servono tutte queste domande?", dissi. "Non dovevamo parlare di piante?". Mi sentivo pii irritato e scoraggiatoche mai' Gli dissi che non toccava lui giudicare il mio comportamento, che non aveva la minima ^ per farlo. Don qualifica Juan scoppid in una grassarisata. ti senti semprevirtuoso, non d vero?", disse, ti arrabbi "Quando e ammiccd come un uccello. Aveva ragione. Avevo la tendenza di sentirmi giustificato nella mia collera. "Non parliamo di mio padre", dissi, simulando un umore allegro. "Parliamo di piante". "No, parliamo di tuo padre", insistddon Juan. "E da qui che.dobbiamo incbminciare oggi. Se pensi di esserestato tanto pir) forte di lui, perch6 non te ne sei andato a nuotare alle sei di mattina al suc posto? ". Gli dissi che non riuscivo a credere che me lo domandasseseriamente. Avevo sempre pensato che nuotare alle sei del mattino fosse una cosa che riguardava mio padre, non me. "Riguardava anche te, dal momento che accettavi la sua idea"' mi investi don Juan. Dissi chi non I'avevo mai accettata,che avevo sempre saputo che mio padre non era sincero con se stesso. Don Juan mi chiese senza mezzi termini perchd non avevo espressoallora le mie opinioni a mio oadre. "Non si possonodire cose del genereal proprio padre", dissi, come debole spiegazione. "Perchd no?". "A casa mia non si faceva, tutto qui". "A casatua hai fatto cose peggiori", dichiarb, come un giudice dal suo seggio. "La sola cosa che non hai mai fatto d stato iiluminare il tuo sDirito". Li sue parole erano cariche di una tale forza devastanteche mi rimbombarono-nella mente. Abbatterono tutte le mie difese. Non potevo discutere con lui. Mi rifugiai negli appunti che prendevo nel mio taccuino. Tentai un'ultima debole spiegazionee dissi che in tutta la mia vita avevo incontrato persone del tipo di mio padre, che, come mio padre, mi avevano in cetto qual modo inchiodato nei loro schemi, e di regola ero sempre lasciato a meta. "Ti stai lamentando", disse don Juan dolcemente."Ti sei lamentato per tutta la vita perchd non ti assumi la responsabilit) delle tue

Assumersila responsabilitd jl decisioni. Se ti fossi assunto la responsabilit) dell'idea di tuo padre di andare a nuotare alle sei del mattino, saresti andato a nuotare; da solo se,necessario,oppure gli avresti detto di andare all'inferno la prima volta che apriva bocca dopo che avevi imparato a conoscere i suoi espedienti. Ma non hai mai detto nulla. Percib, eri debole come tuo padre. "Assumersi la responsabilit) delle proprie decisioni significa essere pronti a morire per esseo. "IJn momento, un momento!", dissi. "State cambiandole carte in tavola". Non mi lascib terminare. Volevo dirgli che avevo usato mio padre solo come esempio di un modo di agire non realistico, e che nessuno sano di mente sarebbe disposto a morire per una cosa cosi idiota. "Non importa quale sia la decisione",disse. "Non c'i cosa che sia pii o meno seria di un'altra. Non capisci? In un mondo in cui la morte d il cacciatorenon ci sono decisioni grandi o piccole. Ci sono solo decisioni che prendiamo di fronte alla nostra morte inevitabile". Non potei dire nulla. Passd forse un'ora. Don Juan era perfettamente immobile sulla sua stuoia. sebbene non dormisse. "Perchd mi dite tutto questo, don Juan?", chiesi. "Perch6 mi fate questo?". "Sei venuto da me", rispose."No, non d stato cosi. Tu sei stato poftato a me. E io ti ho fatto un gesto". "Come dite?". "Tu avresti potuto fare un gesto con tuo padre nuotando per lui, ma non I'hai fatto, forse perchd eri [oppo giovane. Io sono vissuto pit a lungo di te. Non ho nulla in sospeso.Non c'd fretta nella mia vita, percid posso ben compiere un gesto con te". Nel pomeriggio uscimmo a camminare. Mantenni facilmente il suo passo e di nuovo fui meravigliato della sua stupenda destezza frsica. Camminava cosl agevolmente e con passi cosl sicuri che accanto a lui ero come un bambino. Andammo in direzione est. Mi accorsi che non gli piaceva parlare mentre camminava; se gli parlavo, smetteva di camminare per rispondermi. Dopo un paio d'ore arrivammo a una collina; don Juan si mise a sedere e mi fece scgno di sedermi accanto a lui. In tono falsamente drammatico annuncib che mi avrebbe raccontato una storia. C'era una volta un giovane, disse, un povero indiano che viveva tra gli uomini bianchi in una citt). Non au.u. casa,parenti, amici. Era venuto in citt) a cercar fortuna e aveva trovato solo infelicith e dolore. Di quando in quando, lavorando come un mulo, guadagnavapochi cen-


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Assumersi la responsabiliti

tesimi che a stento gli bastavano per un boccone di cibo; alrimenti doveva mendicare o rubare per mangiare. Don Juan disse che un giorno il giovane andb nella piazza del mercato. Passeggidconfuso su e gii per la pi^zz^, con gli occhi che impazzivano alla vista di tutte le cose buone li riunite. Era cosi frenetico che non vide dove metteva i piedi e fini coll'inciampare in certi canestri cadendo addosso a un vecchio. Il vecchio trasportava quattro enormi zucche e si era appena seduto per riposare e mangiare. Don Juan sorrise intenzionalmente e disse che al_vecchio era parso molto strano che il giovane fosse inciampato su di lui. Non era arrabbiato per essere stato disturbato, ma stupito che proprio quel giovane fosse caduto su di lui. Il giovane, d,ikra parte, era arrabbiato e disse al vecchio di togliersi dai piedi. N6n si preoccupava affatto della causa del loro incontro. Non Ji era accorto che le loro vie si erano veramente incrociate. Don Juan imitd i movimenti di una persona che corre dietro a qualcosache rotola. Disse che le zucche del vecchio si erano rovesciate e rotolavano gii per la strada. Quando il giovane le vide pensb di aver trovato il cibo per la giornata. Aiutd il vecchio a tirar su le pesanti zucche e insistd ad aiutarlo a trasportarle. Il vecchio gli disse che andava a casa sua sulle monragne e il_giovane insistd ad accompagnarlo, almeno per una parte della strada. Il vecchio prese la via delle montagne, e mentre camminavanodiede al giovane parte del cibo che aveva acquistato al mercato. Il giovane mangib di gusto e quando fu pienamente soddisfatto incomincib ad accorgersidi quanto pesasserole zucche e le afierrb ben sffette. Don Juan aprl gli occhi, sorrise con un ghigno diabolico e disse che il giovane domandd: "Che cosa trasportate in queste zucche?". fl vecchio non rispose, ma disse che gli avrebbe mostrato un compagno o amico che poteva alleviare le sue pene e dargli consiglio e sagfezia sulle cose del mondo. Don Juan fece un gesto maestosocon entrambe le mani e disse che il vecchio evocb il cervo pit bello che il giovane avesse mai visto. Il cervo era cosl mansueto che andd da lui e sli camminb intorno. I1 cervo scintillava e splendeva. Il giovane rimasJaffascinato e capl immediatamente che era uno 'spirito cervo'. Il vecchio gli disse che se voleva avere come amico quel cervo e la sua saggezza,tutto quello che doveva Iare eru lasciar andare le zucche. Il ghigno di don Juan esprimeva un sentimento di ambizione; disse che nel sentire una simile richiesta I'aviditi del giovane si risveglib. Gli occhi di don Juan divennero piccoli e diabolici mentre ripetev-a la

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,lomandi del giovane: "Cosa avete in queste quattro enormi zucche?". Don Juan disse che il vecchio aveva risposto molto serenamentedi trasportare crbo: pinole * e acqua. A questo punto don Juan interruppe il raccontoe si mise a camminarein cerchio un paio di volte. Non sapcvo cosa faceva, ma evidentemente era parte della storia. Il cerchio raffigurava le meditazioni del giovane. Don Juan disse poi che naturalmente il giovane non aveva creduto rrna sola parola. Immagind che se il vecchio,ovviamenteuno stregonecra dispoito a dare un6'spirito cervo'per le sue zucche,allora le"ruC\ che dovevano esserepiene di un potere impensabile. Don Juan contorse di nuovo la faccia in un ghigno diabolico e disse che il giovane dichiarb che voleva avere le zucche. Ci fu una lunga pausache sembrd segnarela fine della storia. Don Juan rimase in silenzio, eppure ero certo che voleva che lo interrogassi, e lo interrogai. "Che B successoal giovane?". "Si prese le zucche", rispose con un soniso di soddisfazione. Ci fu un'altra lunga pausa. Risi. Pensai che quella fosse una vera 'storia indiana'. Gli occhi di don Juan scintillavano mentre mi sorrideva. In lui c'era un'aria di innocenza. Incomincid a ric'lerecon lierri sussulti e mi clomandd: "Non vuoi saperedelle zucche?". "Certo che lo voglio sapere.Pensavo che la storia fosse finita". "Oh, no", disse con una luce maliziosa negli occhi. "Il giovane prese le sue zucche, se ne fuggi in un luogo isolato e le apri". " Cosa trovb ? " . Don Juan mi guardb di sottecchi ed ebbi la sensazioneche si renclesseconto delle mie ginnastichementali. Scosseil capo e ridacchib. "Allora", lo incalzai."Ilrano vuote?". "Dentro le zucchec'era soltanto cibo e acqua", rispose. "E il giovane, in un impeto di collera, le schiaccibcontro le rocce". Dissi che la sua reazioneera stata pir) che naturale: chiunoue al srro posto avrebbe fatto lo stesso. La risposta di don Juan fu che il giovane era uno sciocco che non sapevache cosa cercava.Non sapevacosa fosse il'potere', percid non poteva capire se I'aveva trovato o no. Non si era preso la responsabiliti della propria decisione, percib era furente per la propria stupidit). Si aspettava di ottenere qualcosa e invece non aveva avuto nulla. Don Juan considerb che se io fossi stato al posto di quel giovane e avessi seguito le mie inclinazioni sarei stato furente e pieno di rimorso e senza '! Grano (o altri ccreali) secco, tritato e dolcificato, di solito con farina di nresqui te tN .d.T.l .


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dubbio avrâ‚Źi passatoil resto della vita a compiangermi per quelio che avevo perduto. Quindi spiegd il comportamento del vecchio. Aveva accortamente nutrito il giovane cosl da dargli la 'baldanza di uno stomaco soddisfatto', percid il giovane, trovando solo cibo nelle zucche. le a'eva schiacciatein un impeto di collera. "Se fosse stato consapevoledella propria decisione, assumendosene la responsabilitd", disse don Juan, "avrebbe preso il .ibo ne sarebbe " capire che stat_opiil che soddisfatto. E forse avrebbe perfino poturo quel cibo era anche potere".

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I 6 Diventare un cacciatore Venerdi 23 giugno, 1961 Appena fui seduto bombardai don .Tuandi domande.Non mi rispose e fece con la mano un gesto di irnpazienzaperchd tacessi.Sembrava di trrnore serio. "Stavo pensandoche non sei cambiato aftatto in tutto questo tempo in cui hai cercato di imparare a conoscerele piante", mi disse in tono cli accusa. Incomincid a passarein rassegnaa voce alta tutti i i)f,rbiamenti di personalit) che aveva raccom.ndrto. Gli risposi .h. f?.uo conside-i molto seriamente e avevo scoDerto che non mi era rato la questione possibile- rcalizzare quei cambiamenti petchd ognuno di essi andava contro ai miei impulsi pii intimi. Mi rispose che considerarli semplicemente non era abbastanza,e che tutto quello che mi aveva detto non I'aveva detto solo pet scherzo.Insistei ancora che, sebbeneavessi fatto pochissimoper adattare la mia vita personalealle sue idee, volevo veramente imparare gli usi delle piante. Dopo un lungo silenzio, in cui. mi sentii a disagio, mi feci coraggio e gli domandai: "Don Juan, vorreste insegnarmigli usi del peyote?". ' Risoose che le mie intenzioni da sole non erano abbastanza.e che .ono...i. il peyote - lo chiamd pet la prima volta 'Mescalito' - era una faccendaseria. Sembrava non ci fosse altro da dire. Nelle prime ote della sera, tuttavia, don Juan mi sottopose a un esame; mi propose un problema senzadarmi alcun indizio per la soluzione: trovare un posto o luogo benefico proprio davanti alla sua porta, li dove eravamo sempre seduti a parlare, un posto dove si presumeva che avrei potuto sentirmi perfettamente felice e pieno di forza. Nel corso della notte, mentre tentavo di trovare il 'posto' rotolando sul terreno, individuai per due volte un cambiamento di colore nello spiazzo di terra battuta uniformemente scura della zona designata.


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Dixentare

un cacciatofe

Diuentarean cacciatore 57

Il problema mi aveva spossato e piombai nel sonno in uno dei punti in cui avevo individuato un cambiamento di colore. Al martino don Juan mi sveglib e mi annunzib che Ia mia esperienza era srata coronata d,a successo.Non solo avevo trovato il posto benefico che cercavo, ma avevo anche trovato il_suo opposto, un posto nemico o negativo, e i colori associati a entrambi. Sabato 24 giugno, 1961 Ci inoltrammo tra i cespugli del deserto di prima mattina. Mentre camminavamo don Juan mi spiegd che per un uomo che vive in un ambiente-selvaggio era molto importanti saper individuare un posto' 'benefico' o 'nemico'. Volevo poriare la conversazionesul peyote, ma don Juan rifiutb chiaramentedi parlarne. Mi awerti che non io ,i doveva nemmeno menzionare,a meno che lui stesso non avesseproposto I'argomento. . Ci sedemmo a riposare all'ombra di alcuni alti cespugli in una zona in cui la vegetazionecresceva folta. La bassa vegetaiione d.l deserto intorno a noi non era ancora del tutto inaridita; eia una giornata calda e le mosche mi molestavano con insistenza ma non semlravano infastidire don Juan. Mi domandai se le ignorava semplicemente,ma quindi notai che non si posavanoafiatto sulla sua faccia. "Qualche volta d necessariotrovare in fretta un Dosto benefico. quando si d fuori all'aperto", riprese don Juan.,.O {orse b necessario determinare in fretta se il posto su cui stiamo per metterci a riposare d cattivo o no. Una volta ci siamo seduti a ripoiare presso un" .ollina, e tu ti sei sentito molto arrabbiato e turbato. Quel posto era tuo nemico. Un piccolo corvo ti ha dato un avvertimento, iicordi?". Ricordai che si era preoccupatodi avvertirmi di evitare quella zona in futuro. Ricordai anche che mi ero arrabbiato perch6 non mi aveva permesso di ridere. _"Av-evopensato che il corvo che volava sopra di noi fosse un presagio-solo per me", disse. "Non avrei mai rosp.ttrto che i corvi fossero amichevoli anche con te". "Di che state parlando?". "fl corvo era un presagio", prosegui. "Se tu conoscessii corvi avresti evitato quel luogo come la peste. I iorvi, perd, non sono sempre li a dare avvertimenti, e devi imparare da solo a trovare lrn posto adatto per accamparti o riposare". _ Dopo una lunga pausa si volse improvvisamente verso di me e disse che per trovare il posto adatto per riposare dovevo soltanto incrociare

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gli occhi. Mi guardb con aria saputa e aggiunse in tono confidenziale che proprio quello avevo fatto quando mi ero rotolato sotto il portico di casa sua, percib ero riuscito a trovare i due posti e i loro colori. Mi fece capire che era stato impressionatodal mio successo. "Davvero non so cosa ho fatto", dissi. "Hai incrociato gli occhi", mi rispose con enfasi. "La tecnica d questa; devi averlo fatto, anche se non ricordi". Don Juan descrissequindi la tecnica, che, disse, richiedeva anni per essere perfetta e consisteva nel forzare gradualmente gli occhi a vedere separatamentela stessaimmagine. L'assenzadi conversione delI'immagine comportava una duplice percezionedel mondo; tale duplice percezione, secondo don Juan, dava I'opportuniti di giudicare quei cambiamenti dell'ambiente circostante che gli occhi erano ordinariamente incapaci di percepire. Don Juan mi esortb a provare. N{i assicurb che non faceva male alla vista. Disse che avrei dovuto incominciare a guardare con brevi occhiate, quasi con la coda dell'occhio. Mi indicb un grosso cespuglio e mi mostrb come dovevo fare. Provavo una strana sensazionenel vedere gli occhi di don Juan che lanciavano al cespuglio occhiate incredibilmente rapide. I suoi occhi mi ricordavano quelli di un animale sfuggente che non pub guardare diritto. Camminammo per un'ora circa, e camminando cercavo di non mettere a fuoco Ia vista su nulla. Quindi don Juan mi disse di incominciare a separarele immagini percepite da ciascun occhio. Dopo un'alra ora mi prese un terribile mal di testa e dovetti smettere. "Pensi di poter trovare, da solo, un posto adatto per riposarci?", mi chiesedon Juan. ^l Non avevo alcuna idea del criterio da usare perftovare un 'posto adatto'. Don Juan mi spiegb pazientementeche guirdare con brevi occhiate permetteva agli occhi di cogliere visioni insolite. "Di che genere?", chiesi. "Non sono propriamente visioni", rispose. "Assomigliano pit a sensazioni.Se guardi un cespuglio o un albero o una roccia dove potresti voler riposare, i tuoi occhi possono farti sentire se quello d o no il posto migliore per riposare". Di nuovo lo supplicai di descrivermi come fossero quelle sensazioni, ma o non le poteva descrivereo semplicementenon voleva. Disse che dovevo esercitarmi scegliendo un posto e quindi lui mi avrebbe detto se i miei occhi funzionavano o no. A un certo momento vidi quello che pensai essereun ciottolo che rifletteva la luce. Non lo potevo vedere se mettevo eli occhi a fuoco su di esso,ma se spazzavola zona con rapide occhiatJpotevo individuare


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una specie di debole luccichio' Indicai il punto a don Juan. -Era in mezzo uno spazlo pianeggiante senza ombra e senza cespugli folti' ^ rise fragorosamentee quindi mi chiese perchd avessi scelto Don Juan proprio quel posto-.Gli spiegai che vedevo un luccichio. ' i'No.r mi importa quello che vedi", disse. "Potresti vedere un elefante. L'importante b quello che senti"' Non sentivo proprio nulla. Don Juan mi lancib uno- sguardo misterioso e disse che desiderava potermi assecondaree sddersi a riposare li con me, ma che si sarebbe seduto da un'alta parte menre io mettevo alla prova la mia scelta. Mi misi a sedere e intanto lui mi guardava curiosamente da una decina di metri di distanza.Dopo qualche minuto incomincid a ridere forte. In certo modo la sua risata mi rendeva nervoso' mi irritava. Sentivo che si prendeva gioco di me e andai in colleta. Incominciai a domandarmi coia facevo la. C'era qualcosadi nettamente sbagliato nel modo in cui procedeva tutto il mio sforzo con don Juan. Sentivo di esseresolo una pedina nelle sue mani. All'imptowiso don Juan mi caricd, a tutta velocit), e mi tirb per il braccio trascinandomi i forza pet tre o quattro metri' Mi aiutb ad alzarmi e si asciugd qualche goccia di sudore dalla fronte. Mi accorsi che si era sforzatb all'esremo. Mi diede un colpetto sulla schiena e disse che avevo scelto il posto sbagliato e che lui aveva dovuto precipitarsi a salvarmi perch6 aveva visto che il posto su cui sedevo _stava per prendere il sopravvento sui miei sentimenti. Scoppiai a ridere' L'immagine di don Juan che mi caricava eta molto buffa: si era messo a correre come un glovanotto, i suoi piedi si erano mossi come se artigliasseroil soffice terriccio rossastrb del deserto per catapultarsi su di me. Lo avevo visto ridere di me e qualche istante dopo mi stava trascinando oer il braccio. Dopo un po' don Juan mi esortd a continuare a cercare un posto adatto per riposare. Continuammo a camminare ma non scoprii n6 'sentii' nulla. Forse se fossi stato piil rilassato avrei notato o sentito qualcosa.Tuttavia non ero pii in collera con lui. Alla fine don Juan mi indicd alcune rocce e ci fermammo. "Non sentirti deluso", mi disse. "Ci vuole molto tempo per allenare gli occhi". Non dissi nulla. Non sarei stato certo deluso da una cosa che non comprendevo afratto. Tuttavia dovevo ammettere che gii tre volte, da quando avevo incominciato a far visita a don -fuan, mi ero sentito molto in collera e mi ero turbato fino quasi a sentirmi male mentre sedevo su posti che lui chiamava cattivi.

Diuentareun cacciatore 59 "Il trucco sta nel sentire con gli occhi", prosegul don Juan. "Il tuo problema ora d che non sai che cosa sentire. Ma ci riuscirai, con la pratica". "Forse, don Juan, dovreste dirmi cosa dovrei sentire." " Impossibile". " Peich6?" "Nessuno potrebbe dirti quello che dovtesti sentire. Non d calore, o luce, o riverbero, o colore. E qualcos'altro". " Potete descriverlo?". "No. Tutto quello che posso fare d comunicarti la tecnica. Una volta che hai imparato a separarele immagini e a vedere tutto sdoppiato, devi concentrare I'attenzione nel punto tra le due immagini. Qualsiasi cambiamento degno di nota avverr) li, in quel punto". "Che tipo di cambiamentisono?". " Questo non B importante, quella che conta B la tua sensazione. Ogni uomo E diverso. Oggi hai visto un lucciclrio, ma quello non significava nulla perch6 mancava la sensazione.Non ti posso dire come si fa a sentire,io devi imparareda solo". Riposammo in silenzio per un po' di tempo. Don Juan si copri la faccia col cappello e rimase immobile come se dormisse. Mi concentrai sugli appunti che stavo scrivendo, finch6 un improvviso movimento di don Juan mi fece sobbalzare.Si era tirato su a sedere bruscamente e mi guardava con aria accigliata. "Tu hai un talento per la caccia",disse. "Ed b questo che dovresti imparare, la caccia.Non parleremo pid di piante". Sbufib tra i denti per un istante, quindi aggiunsecon aria candida: "Mi sembra comunque che non ne abbiamo mai patlato, non d vero?", e nse. Passammo il resto della giornata camminando in ogni direzione mentre don Juan mi dava spiegazioni incredibilmente dettagliate sui serpenti a sonagli: il modo in cui fanno il nido, come si muovono, le loro abitudini stagionali, i loro sbalzi di comportamento. Quindi si dedicb a mettere alla prova tutto cib che aveq insegnato e alla ,1i fine catturd e uccise un grosso serpente; gli taglidp testa, ne ripuli i visceri, lo spellb e ne arrosti la carne. I suoi movii,ienti avevano una tale grazia e abilit) che il solo essergli accantomi dava un puro piacere. Ero stato ad ascoltado e osservarlo, affascinato.La mia concentrazione era cosi completa che avevo praticamente dimenticato il resto del mondo. Ripiombai bruscamente nel mondo di sempre quando si trattd di mangiare il serpente. Appena incominciai a masticore un pezzetto di quella carne fui colto dalla nausea.La mia ripugnanza non aveva fon-


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damento perchd la carne era deliziosa, ma sembravache il mio stomaco fosseun'unit) del tutto indipendente.Quasi non riuscivo a inghiottire. Pensai che dal gran ridere don Juan stesse per avere un attacco di cuore. Dopo mangiato ci sedemmo comodamente a riposare all'ombra di alcune rocce. Mi misi a lavorare ai miei appunti e dalla loro mole mi resi conto della stupefacentequantiti di informazioni che don Juan mi aveva dato sui serpenti a sonagli. "Ti b tornato il tuo spirito di cacciatore", mi disse a un tratto don Juan con volto serio. "Ora sei inchiodato". "Come sarebbea dire?". Volevo che spiegassela sua afr.ermazione,che io ero inchiodato, ma si limitd a ridere e la ripet6. "Come sono inchiodate?", insistei. "I cacciatori vanno sempre a caccia", rispose. "Anch'io sono un cacciatore". "Volete dire che cacciateper vivere?". "Io vado a caccia per vivere. Posso vivere all'aperto, dovunque". Indicb con la mano tutta la regione circostante.. "Essere un cacciatoresignificaconosceremoltissime cose", riprese. "Significa che si pud vedere il mondo in difierenti maniere. Per essere un cacciatorebisogna esserein perfetto equilibrio con ogni altra cosa, altrimenti cacciare diventerebbe un lavoro senza senso. Per esempio, oggi abbiamo preso un serpentello. Ho dovuto chiedergli scusa di avergli tolto la vita cosi improvvisamente e definitivamente; ho fatto quel che ho fatto sapendoche anche la mia vita mi sar) tolta un giorno in modo molto simile, improvvisamente e definitivamente. Percib, tutto sommato,noi e i serpenti siamo pari. C)ggi un serpenteci ha fatto da ci b o". "Quando andavo a caccia non avevo mai immaginato un equilibrio di questo tipo", dissi. "Non b vero. Quello che facevi non era solo uccidere animali. Tu e tutta la tua famiglia mangiavatela cacciagione". Le sue afrermazioniavevano il tono convinto di uno che fosse staro presente. Natutalmente aveva ragione. C'erano state delle volte in cui avevo fornito alla mia famiglia iarne di selvaggina. Dopo un attimo di esitazionechiesi: "Come lo sapevate?". "Ci sono certe cose che io so", rispose. "Ma non ti posso dire come le so". Gli dissi che le mie zie e i miei z1i chiamavanomolto seriamente 'fagiani'tutti gli uccelli che acchiappavo. Don Juan disse che poteva benissimo immaginarseli a chiamare

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'piccolo fagiano' un passero,e aggiunseuna comica imitazione di come lo avrebbero masticato. Gli straordinari movimenti delle sue mascelle mi davano la sensazioneche stesse veramente masticando un uccello tutto intero, ossae tutto. " "Penso davvero che tu abbia un'attitudine per la caccia", disse fissandomi. "E finora abbiamo battuto il sentiero sbagliato. Forse sarai pii disposto a cambiare il tuo modo di vita per diventare un cacciatore " . Mi rammentd che avevo scoperto, cotl solo un piccolo sforzo da parte mia, che nel mondo c'erano per me posti buoni e cattivi; e aggiunse che avevo anche trovato i rispettivi colori loro associati. "Questo significache hai un talento per la caccia",dichiarb. "Non tutti quelli che tentano trovano nello stesso tempo i loro colori e i l oro posti " . Essere un cacciatore sembrava molto bello e romalltico, ma a rne sembrava un'assurditi, dal momento che cacciare non mi imoortava particolarmente. "Non devi preoccuparti di cacciare o di amare la caccia", ribattd don Juan. "Tu hai un'inclinazione naturale. Penso che ai migliori cacciatori non piacciamai cacciare;lo fanno bene, tutto qui". Avevo la sensazioneche don Juan fosse sempre capacedi far trionfare il proprio punto di vista in qualsiasi discussione, e tuttavia sostenne che non gli piaceva parlare. "8, come quello che ti ho detto dei cacciatori", afiermb. "Non mi piace necessariamenteparlare. Ho solo un- talento per parlare, e 10 faccio bene". Trovai davvero divertente Ia sua agiliti mentale. "I cacciatori devono essereindividui eccezionalmenteduri" riprese. "Un cacciatorelascia pochissimo al caso. Ho cercato continuamente di convincerti che devi imparare a vivere in modo diverso. Finora non ci sono riuscito, non c'era nulla a cui tu avresti potuto aggrapparti. Ora B diverso. Ti ho restituito il tuo vecchio spirito di cacciatore, forse servir) a fatti cambiare". Protestai che non volevo diventare un cacciatore. Gli rammentai che al principio avevo solo voluto che mi parlasse delle piante medicinali, ma lui mi aveva fatto talmente deviare dal mio proposito originario che non sapevo piil ricordare con chlaezza se avevo o no veramente voluto imiarare'gli usi delle piante. .ll "Molto bene", disse. "Molto bene davvero. Se non hai un'idea chiara di quello che vuoi veramente, puoi diventare piil umile. "Diciamo cosl. Per i tuoi scopi non importa veramente se impari a conoscerele piante o se impari a cacciare.Me lo hai detto proprio tu.


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A te interessa tutro quello che una qualsiasi persona pud dire. E vero?", Questo glielo avevo detto per cercare di definire la portata dell'antropologia e per ingaggiarlo come mio informatore. Don Juan ridacchid, ovviamente consapevoledi aver messo sorro controllo la situazione "Io sono un cacciatote", disse, come se mi leggessenel pensiero. "Io lascio pochissimo al caso. Forse ti dovrei spiegare che ho impa.ato a essereun cacciatore,Non sono sempre vissuto come vivo ora. A un certo momento della vita ho dovuto iambiare. ora ti sto indicando la direzione. Ti 1to guidando. So di cosa parlo; qualcuno mi ha insegnato tutto questo.Non me lo sono immaginato per conto mio". "fntendete dire che avete avuto un maestro, don fs2n2". "Diciamo che qualcuno mi ha insegnato a cacisiare nel modo che ora voglio insegnarea te", disse e cambib argomento rapidamente. "Penso che un tempo cacciare fosse uno degli atti piil grandi che un uomo potesse compiere", disse. "Tutti i cacciatori erano uomini potenti. Irr efietti, un caccia'toredoveva essereporenre per sopportare le durezzedi quella vita". Tutto a un tratto mi sentii incuriosito. Si riferiva a un temoo forse ^ antecedentealla conquista spagnola? Incominciai a sondarlo. "Quando era il tempo di cui parlate?". "IJn tempo". "Quando? Che significa 'un tempo'?". "Significa un tempo, o forse significa ora, oggi. Non importa. Un tj-po tutti sapevano che un cacciatore era il migliore degli uomini. ora non tutti lo sanno, ma c'a un numero sufficifnte di p-ersoneche Io sa..-Iolo so,-un giorno,lo saprai tu. Capisciguello che voglio dire?". "-E guesta I'idea che hanno dei cacciatori gli indiani yrq,rit E questo che voglio sapere". "Non necessariamente". "E gli indiani pima?". "Non tutti. Ma qualcuno". Nominai vari gruppi di indiani che vivevano nelle vicinanze. VoIevo che don Juan si impegnassead aflermare che la caccia era una fede e una pratica condivisa da qualche specificapopolazione. Ma evitd di rispondermi direttamente, percid cambiri argomenro. "Perchd fate tutto questo per me, don Juan?", chiesi. Si tolse il cappello e si grattb le tempit fingendo di essere imbatazzato. "S,9 compiendoun gesto con te", dissedolcemente.,,Altre persone , hanno tatto con te un gesto simile; un giorno tu stesso farai il mede-

Diuentareun cacciatore 63 simo gesto con altri. Diciamo che questa b la mia volta. Un giorno ho scoperto che se volevo essere un cacciatore degno di autorispetto dovevo cambiare il mio modo di vita. Ero solito lagnarmi e lamentarmi molto. Avevo buoni motivi per sentirmi defraudato: sono un indiano c gli indiani sono trattati come cani. Non potevo farci niente, percid rimanevo col mio dolore. Ma poi la mia buona sorte mi risparmib e qualcuno mi insegnb a cacciare.E capii che la vita che conducevo non meritava di esserevissuta... percid la cambiai". "N{a io sono contento della mia vita, don Juan. Perch6 dovrei camhi arl a?" . Don Juan si mise a cantare una canzone messicana,molto dolcemente, quindi ne canticchib il motivo a bocca chiusa. Il capo gli dondolava su e giil mentre seguiva il ritmo della canzone. "Pensi che tu e io siamo uguali?", chiese con voce brusca. La sua domanda mi colse di sorpresa.Avevo sentito un brusio nelle orecchie come se don Juan avesseurlato quelle parole, ma in realti non aveva urlato; nella sua voce c'era stato perb un suono metallico che mi era rimbombato nelle orecchie. Mi grattai I'interno dell'orecchio sinistro col mignolo della mano sinistra. Le orecchie mi prudevano sempre e avevo preso I'abitudine di strofinarmi ritmicamente e nervosamenteI'interno dell'orecchio col mignolo di una mano. Il movimento era pii propriamente una scossadi tutto il mio braccio. Don Juan mi osservava,apparentementeaffascinato. "Allora... siamo uguali?", chiese. "Certo che siamo uguali", risposi. Era ovvio che mi sentissi condiscendente.Provavo molto calore nei suoi confronti, anche se a volte non sapevo cosa pensar€di lui; tuttavia nella mia mente ritenevo sempre, anche se non lo avevo mai detto, che io, studente universitario, uomo del sofisticato mondo occidentale,fossi suoeriore a un indiano. "No", disse calmo, "non lo siamo". "Perch6?", protestai. "Lo siamo certamente". "No", disse con voce dolce. "Non siamo uguali. Io sono un cacciatore e un guerriero, e tu sei un ruffiano". Rimasi a bocca aperta. Non riuscivo a credere che don Juan l'avesse veramente detto. Lasciai cadere il taccuino e lo fissai sbalordito, poi, naturalmente, mi infuriai. Don Juan mi guardava con occhi calmi e composti. Evitai il suo sguardo. Allora incomincid a parlarc. Pronunciava le parole chiaramente, gli scivolavano dalla bocca limpide e implacabili. Disse che facevo il ruffiano per conto di qualcun affo. Che non combattevo le mie bat-

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taglie ma le battaglie di qualche persona sconosciuta.che non volevo imparare a conoscerele piante, nd a cacciare,nd niente. E che il suo mondo di precisi atti, sentimenti e decisioni era infiniramenre piil efficace di quella gofia idiozia che chiamavo 'la mia vita'. Quando fini di padare ero panlizzato. Aveva parlato senza bellicosit) o sicumera,ma con una tale forza, e tuttavia ion una tale calma, che non ero pit in collera. Rimanemmo in silenzio. Mi sentivo imbaruzzato e non riuscivo a pensarenulla di appropriato da dire. Aspettai che fosse lui a rompere il silenzio. Passaronole ore. Don Juar diventd immobile per giadi, finch6 il suo-corpo acquistb una rigidit) strana, quasi terrificrnt"'; .r" sempre piil dificile distinguere il suo profilo a m"no a mano che calava I'oscurit),-e alla fine, qrrando intorno a noi fu buio come Ia pece, sembrb che don Juan si fosse fuso nel nero delle rocce. Il suo stato di immobilit) era cosi totale da far pensare che non esistessepit. Era mezzanotte quando alla fine mi resi conro che don Iuin avrebbe potuto rimanere ll immobile in quel deserto, su quelle- rocce, forse per- sempfe, se avessedovuto. Il suo mondo di precisi atti, sentimenti e decisioni era veramente superiore. Lo toccai pian piano sul braccio e le lacrime mi inondarono la faccia.

7 Essere inaccessibile Giouedi 29 giagno, 1961 Di nuovo don Juan, come aveva fatto per quasi una settimana, mi affascindcon la sua conoscenzadi specifici dettagli sul comportamento della selvaggina.Dapprima spiegb e poi mise in pratica ,rn certo numero di tattiche venatorie basate su quelli che chiamava "i guizzi delle quaglie". Ero cosl preso dalle sue spiegazioniche trascorseuna giornata intera e non mi accorsi del passardel tempo. Avevo anche dimenticato di pranzare.Don Juan osservd scherzandoche era molto insolito che io saltassiun Dasto. Alla fini della giornata avev^ catturato cinque quaglie con una trappola ingegnosissima,che mi aveva insegnato a costruire e montare. "Due bastano per noi", disse, e ne lascib libere tre. Mi insegnd quindi come si arostisce una quaglia. Io volevo tagliarc degli arbusti e preparare un forno da campo, come mi aveva insegnato mio nonno, rivestito di rami verdi e foglie e spalmato di terra, ma don .fuan disse che non c'era bisogno di danneggiare i cespugli, dal momento che avevamo gi) fatto del male alle quaglie. Una volta finito di mangiare ci avviammo senza fretta verso una zona rocciosa. Ci sedemmo su un pendio di arenaria e io dissi che se mi avesselasciato farc awei cucinato tutte e cinque le quaglie, e che cucinate nel mio forno avrebbero avuto un sapore molto migliore del suo arrosto. "Senza dubbio", rispose. "Ma se lo avessifatto, avremmo potuto non uscire da qui tutti interip "Che volete dire?", chiesifYCosace lo avrebbeimpedito?". "I cespugli, le quaglie, tutto quello che ci sta intorno avrebbe potuto contribuire". "Non so mai quand'b che parlate sul serio", dissi. Don Juan fece un gesto di simulata impazienza e schioccb le labbra. "Hai una strana nozione di cib che significhi parlare sul serio",

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disse."Io rido molto perchd mi piace ridere, eppure tutto cib che dico d terribilmente serio, anche se tu non lo capisci. perch6 il mondo -ti dovrebbe esseresolo come pensi che sia? chi ha dato I'autoriti di ". dirlo? "Non esisteprova che il mondo sia altrimenti,', risposi. stava calando l'oscurit). Mi chiedevoie .r, ora di 'tornare a cas^, ma don Juan sembravanon avere fretta e io mi divertivo. Il vento era freddo. Improwisamente don Juan si alzd e mi disse che dovevamo arrampicarci sulla cima della colfina e rimanere in oiedi in una zona Llben dai cespugli. "Non aver palrra", mi disse. "Sono tuo amico e baderb che non ti accadanulla di male". "Che intendete dire?", chiesi allarmato. Don Juan riusciva nel modo pii insidioso possibile a farmi passare - - piil puro dal godimento al pii puro terrore. "Il mondo B molto_stranoin questo momento del giorno,', disse. "E questo che intendo dire. eualunque cosa tu veda, ;.;;;;; ia,rra". "Cosa vedrb?". "Ancora non 1o so", rispose scrutando in lontananza verso sud. preoccupato.Anch'io continuai a guardare nella me, .Non ,sembrava oeslma dltezlone. rmprovvisamente don Juan si drizzb su se stesso e con ra mano sinistra indicb una zona oscura tra i cespugli del deserto. "Ecco", disse, come se avesseatteso qualcosa che dovesseapparire . improwisamente. "Cos'b?", chiesi. "Ecco", ripetd. "Guarda! Guarda!,'. ' Non vedevo niente, tranne i cesoueli. "E-gui ora", disse don Juan .on u"n tono di grande premura nella voce. "E qui". In quell'istante un'improwisa folata di vento mi colpl e mi fece -bru-ciaregli occhi. Fissai la zona in questione, non c'era a;solutamente nulla di fuori dell'ordinario. "Non vedo niente", dissi. ,,proprio ora. Ti d entrato negli ."L'ha.i .appena sentito", rispose. occhi e ti ha impedito di vedeie". "Di che state parlando?". "Ti ho condotto deliberatamente sulla cima di una collina", disse. "Qui siamo molto visibili e qualcosa sta venendo da noi". " Cos a? f l v en to ? " _ "Non solo il vento", disse severamente."pub sembrarti il venro perch6 il vento E tutto quello che conosci',.

Essereinaccessibile67 N{i. sforzai gli occhi fissando tra gli arbusti der deserto. Don Juan stette in silenzio accanto a me per un momento, quindi si avvib verso la .bassavegetazioneche crescevaIi intorno e incomincid a strappare rlci- grossi rami dai cespugli; ne riunl otto e ne fece ,_rnfascio. Mi .rclind di fare lo stesso e- di scusarmi a voce alta con l; p., ;;;;;; :rverlemutilate. Quando avemmo due fasci me li {ece prendere e correre sulla cima .lclla collina, quindi mi fece stendere sulla schiena t., d.r. jrrrri c'igni. con grandissimarapidit) dispose i rami der mio fasciJ in modo -"tla coprirmi tutto il corpo, poi copii se stessoalro stessomodo e attavcrso le foglie mi sussurrddi osservarecome il cosiddetto vento avrebbe cessatodi sofiare una volta che fosse diventato impercettibile. A un certo momento, con mio assoluto stupore, il vento cessbvera_ me'te di soffare come don Juan aveva p..d.tto. Era avvenuto cosl gradualmente che non avrei osservatoil cambiamento se non lo avessi aspettato deliberatamente.Per un po' il vento aveva sibilato attraverso le foglie sulla mia faccia, e quindi tutto si era graduarm.nt" "lq.ri","to intorno a noi. Bisbigliai a don Juan che il vento era cessatoe lui mi mormord di rimando che non dovevo far nessunrumore o movimento, perchd quello che chiamavo vento non era afratto un vento ma qrralco.a che aveva una sua volont) e poteva veramente riconoscerci. Risi nervosamente. con voce attutita don Juan richiamd la mia attenzione sulla calma intorno a noi e mormorb che stava per alzarsi in piedi e che dovevo imitarlo, scansandomolto delicatamente i rami .on l^ mano sinistra. Ci alzammo in piedi contemporaneamente.Don Juan fissd per un momento in lontananzaverso sud, quindi si volse bruscamentee guardb a ovest. " Sospetto. Veramente sospetto", borbottb, indicando un punto verso sud-ovest. " Guarda! Guar da! ", m i esor t b. Fissai con tutta l'intensiti di cui ero capace.Volevo vedere quello di cui parlava, ma non notai nulla. O piuttosto non notai nulla che non avessi visto prima; c'erano solo cespugli che sembravano agitati da un leggero vento; i cespugli ondeggiavano. "E qui", disse don Juan. In quel momenio sentii una ventata d'aria sulla faccia. Sembrava che il vento avesseveramente incominciato a sofiare dopo che ci eravamo alzati in piedi. Non pflpvo crederlo; ci doveva essereuna spiep,azionelogica. h


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Don Juan ridacchid dolcemente e disse di non sforzarmi il cervello per trovare una ragione. "Raccogliamoun'altra volta gli arbusti", disse. "Non mi piace far cid a queste pianticelle, ma dobbiamo fernarti". Raccolsei rami che avevamo usato per coprirci e ci ammonticchib sopra piccoli sassie terra. Poi, ripetendo gli stessi movimenti di prima, raccogliemmo altri otto rami ciascuno. Intanto il vento continuava a soffare senza tregua. Don Tuan mormord che una volta che mi avesse coperto non dovevo fare il minimo movimento o rumore. Mi mise i rami sul corpo in tutta fretta, quindi si distesee si copr) a sua volta. Rimanemmo in quella posizione per circa venti minuti e in quel periodo di tempo accaddeun fenomeno sraordinario: il vento cambid ancora da una continua rafica violenta a una lieve vibrazione. Trattenni il fiato, aspettandoil segnaledi don Juan. A un certo momento don Juan scansddelicatamentei rami. Lo imitai e ci alzammo in piedi. La sommiti della collina era molto tranquilla. C'era solo una lieve, dolce vibrazione di foglie nei cespuglicircostanti. Gli occhi di don Juan guardavanofissamenteun punto ra i cespugli a sud di noi. "Eccolo di nuovo!", esclamba voce alta. Sobbalzai involontariamente, perdendo quasi I'equilibrio, e don Juan, con voce alta e imperiosa,mi ordind di guardare. "Cosa dovrei vedere?", chiesi disperatamente. Disse che quello, il vento o qualunque cosa fosse, era come una nuvola o una spirale molto in alto al di sopra dei cespugli, che turbinava e avanzavaverso la cima della collina dove eravamo noi. Vidi incresparsi i cespugli in lontananza. "Eccolo che arriva", mi disse don Juan all'orecchio."Guarda come ci cerca". Proprio in quell'istante una forte raffica di vento mi colpi la faccia, come me I'avbva colpita prima. Questa volta, perb, la mia reazione fu diversa. Ero atterrito. Non avevo visto ouello che don Tuan aveva descritto, ma avevo visto una misteriosissimaonda piegare i cespugli. Non volevo soccombere alla pauta e cercai deliberatamente Llna qualsiasi spiegazione.Mi dicevo che in quella zona dovevano esserci continue correnti d'aria e don Juan, conoscendo alla perfezione tutta la tegione, non solo ne era al corrente ma sapevaancl-recalcolare mentalmente quando si sarebberoprodotte. Tutto quello che doveva fare era stendersi, contare e aspettareche il vento scemasse;e una vulta che si era alzato in piedi doveva solo aspettare che si producessedt nuovo. La voce di don Juan mi riscosse dalle mie elucubrazioni mentali.

l!{i diceva che era ora di andare via. Tergiversai; volevo rimanere per :rccertarmi che il vento scemasse. "Non ho visto niente, don Juan", dissi. "Perd hai notato qualcosadi insolito". "Forse dovreste dirmi ancora che cosa avrei dovuto vedere". "Te I'ho gi) detto", rispose."Qualcosa che si nascondenel vento t' assomiglia a una spirale, a una nuvola, a una nebbia, a una faccia c'hc turbina", Don Juan fece con le mani un gesto per descrivere un moto orizzontale e verticale. "Si muove in una direzione specifica", riprese. "Avanza disordinatamente o turbina. Un cacciatore deve conoscere tutto questo pef muoversi corfettamente". Volevo assecondarlo,ma sembravacosi preso dal tentativo di afiermare cid cl-reintendeva che non osai. Mi guardd per Lln istante e io distolsi gli occhi. "Credere che il mondo sia soltanto come pensi tu d stupido", disse. "Il mondo b un luogo misterioso.Specialmenteal crepuscolo". Indicd col mento nella direzione del vento. "Ci pub seguire", disse. "Pub stancarci o potrebbe anche ucciderci". "Quel vento?". "In questo momento della giornata, al crepuscolo,non c'd vento. In questo momento c'd solo potere", Rimanemmo un'ora seduti sulla cima della .collina. Il vento soffib forte e costante per tutto il tempo. V enerdi 30 gi ugno , 1961' Nel tardo pomeriggio, dopo aver mangiato, ci trasferimmo sullo spiazzodavanti alla q1sa. Io mi misi a sedere sul mio 'posto' e mi dedicai ai miei appuntlpon Juan si distese.sulla schiena con le mani ripiegate sullo stomacol)Eravamo rimasti tutto il giorno vicino alla casa per via del 'vento'; rdon Juan mi spiegb che lo avevamo disturbato deliberatamentee che era meqlio non starsenein eiro a oziare. Mi era anche toccato dormire copert; di rami. Un'improvvisa folata di vento fece alzarc don Juan con un balzo incredibilmente agile. . I "Maledizione", disse. "Il vento ti sta cercando". "Questa non la bevo, don Juan", dissi ridendo. "Proprio non la bevo".


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Non mi stavo intestardendo,solo mi era impossibile accettareI'idea che il vento avesseuna sua volont) e mi stessecercando,o che ci aveva veramenteindividuati e si era precipitatocontro di noi sulla cima della (venro collina. Dissi che I'idea di un dotato di intenzionalit)' denotava un'idea del mondo un po' semplicistica. "Allora che cosa b il vento?", mi chiesedon Juan in tono provocatorio. Gli spiegai pazientementeche le massedi aria calda e fredda producevano difierenti pressioni e che la pressionefaceva muovere le masse d'aria verticalmente e orizzontalmente.Mi ci volle molto per spiegargli tutti i particolari della meteorologia elementare. "Vuoi dire che tutto quello che c'd nel venro d aria caldae fredda?", chiese in tono confuso. "Temo di si", risposi, godendomi in silenzio il mio trionfo. Don Juan sembravaammutolito dalla sorpresa.Ma poi mi guardd e scoppib a ridere fragorosamente. "Le tue opinioni sono opinioni definitive", disse con una nota di sarcasmo."Sono I'ultima parola, non B vero? Per un cacciatore,invece, le tue opinioni non valgono una cicca. Non fa nessunadifierenza se la pressioneb uno, o due o dieci; se tu vivessi qr-rifuori nel deserto sapresti che al crepuscolo il vento diventa potere. Un cacciatoreche vale il pane che mangia lo sa, e agiscein conseguenza". "Come agisce?". "Usa il crepuscolo e quel potere nascosto nel vento". " Come?". "Se gli conviene, il cacciatore si nasconde al potere coprendosi e rimanendo immobile fino a che il crepuscolose ne B andato e il potere lo ha sigillato nella sua protezione". Don Juan fece un gesto come se volesse racchiudere qualcosa con le mani. "La sua protezione d come un...". Si fermb cercando la parola e io suggerii 'bozzolo'. "Giusto", disse."La protezionedel potere ti racchiudecome in un bozzolo, Un cacciatorepud rimanere fuori allo scoperto e nessun puma o coyote o verme che sia lo pub toccare. Un leone di montagna pub arrivare fin sotto il naso del cacciatore e annusarlo, e se il cacciatore non si muove il leone se ne andri. Te lo posso sarantire. "Se invece il cacciatorevuole esserenotrtol rutto quello che deve fare d mettersi in piedi sulli cima di una collina al momento del crepuscolo,e il potere lo tormenteri e lo cercheri per tutta la notte. Percib, se un cacciatorevuole viaggiare di notte o vuole rimanere sveglio deve esporsi al vento.

Essereinaccessibile 7l "Qui sta il segreto dei grandi cacciatori. Esporsi e sottrarsi a ogni tvolta della strada". Mi sentivo un po' confuso e gli chiesi di ricapitolare. Don Juan slricgb con molta pazienza che aveva usato il crepuscoloe il vento per inclicareI'importanza cruciale del rapporto reciproco tra il nascondersi t' il mostrarsi. "Devi imparare a esporti e sottrarti deliberatamente", disse. "Cosi come E ora la tua vita, sei continuamente esposto senza volerlo". Protestai. La mia sensazioneera che la mia vita stessediventando scmpre piil segregata.Mi rispose che non 1o avevo capito, e che sottlirrsi non significava nascondersio essere segregati, ma essere inacccssibili. "In altre parole", continub pazientemente."Non fa nessuna difiercnza nascondersise tutti sanno che ti nascondi. "I tuoi problemi di ora nascono proprio da questo. Quando ti nascondi, tutti sanno che ti nascondi, e quando non ti nascondi, sei csposto a tutti quelli che ti vogliono mettere le mani addosso". Incominciavo a sentirmi minacciato e cercai in ftetta di difendermi. "Non spiegarti", mi disse don Juan seccamente."Non ce n'b bisogno. Siamodegli sciocchi, tutti, e tu non puoi esserediflerente. A un ccrto momento della mia vita, come te, mi sono esposto sempre piil {inchd di me non restava nulla per nulla tranne forse che per piangere. ll questo ho fatto, proprio come te". Don Juan mi misurb con lo sguardo per un minuto e quindi emise tun profondo sospiro. "Ero perb piil giovane di te", riprese, "ma un giorno ne ho avuto abbastanzae ho cambiato. Diciamo che un giorno, quando stavo diventando un cacciatore,ho imparato il segreto dell'esporsi e del sottrarsi". Gli dissi che il senso delle sue parole mi sfuggiva. Non riuscivo veramente a capire cosa intendesseper esporsi. Aveva usato le espressioni spagnole ponerse al alcance e ponerse en el medio del camino: mettersi fuori della portata e mettersi nel mezzo di una strada piena di raffico. "Devi toglierti di mezzo", spiegb. "Devi toglierti dal centro di una strada piena di trafico. Tutto il tuo essered qui, percib d inutile nascondersi; potrestil'soltanto immaginare di esserenascosto. Essere nel mezzo delli stradalgnifica che tu"tti quelli che passano possono osservare il tuo andare e venire", La sua metafora era interessante,ma al tempo stessoanche oscura. "Parlate per enigmi", dissi. Mi guardd fissamente a lungo e quindi incomincib a canticchiare una canzone.Raddrizzai la schienae mi sedetti ad ascoltarecon atten-


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zione. Quando don Juan canticchiavauna canzonemessicana,lo sapevo, stava per inttappolarmi. "Ehi", disse sorridendoe mi scrutd. "Che ne b stato di quella tua amica bionda? Quella ragazza che ti piaceva veramente". Dovevo averlo guardato con un'espressioneidiota e disorientata perchd scoppib a ridere con grande piacere. Non sapevo cosa dire. "Me ne avevi parlato", disse in tono rassicurante. Io perb non ricordavo di avergli mai raccontato nulla di nessuno, tanto meno di una bionda. "Non vi ho mai raccontato nulla del genere", dissi. "Certo che me ne hai parlato", disse come per rifiutare la discussione. Volevo protestare, ma don Juan mi interruppe dicendo che non importava come avessefatto a sapere della ragazza,che l'importante era che mi fosse piaciuta Sentii crescere dentro di me un'onda di animositi nei suoi confronti. "Non tergiversare",disse don Juan seccamente."Questo d un momento in cui dovresti tagliar via i tuoi sentimenti di importanza. "Una volta hai avuto una donna, una donna che ti era molto cara, e poi un giorno I'hai perduta". Incominciai a chiedermi se avessi mai parlato di quella donna a don Juan. Conclusi che non c'era mai stata occasionedi padarne. Eppure dovevo avergliene parlato. Ogni volta che viaggiavamo in macchina insieme avevamo sempre parlato incessantementedi tutto. Non ricordavo tutte le cose di cui avevamo parlato perch6 non potevo prendere appunti guidando. Mi sentivo un po' tranqujllizzato dalle mie conclusioni. Gli dissi che aveva ragione. Nella mia vita c'era stata una bionda molto importante. "Perch6 non E con te?", chiese. "Se ne d andata". " P er c h6?" . "Per tante ragioni". "Non erano poi tante, era una ragionesola: ti sei espostotroppo". Volevo saperesinceramenteche cosa intendeva. Di nuovo mi aveva colpito. Sembtb rendersi conto dell'efietto del suo colpo e spinse in avanti le labbra per nascondereun sorriso malizioso. "Tutti sapevanodi voi due", disse con aria di convinzioneincrollabile. " Che c ' era d i m a l e ? " . "Era terribilmente male. Era una bella ragazza". Espressi il sincero sentimento che il suo tirate a indovinare alla

Essereinaccessibile7) cieca mi era odioso, in particolare detestavo che facessesempre le sue irflermazionicol tono sicuro di una Dersonache fosse stata oresente alla scenae I'avessevista tutta. "Ma d vero", disse con un candore disarmante."Ho uisto tu(.to. lira una bella ragazza". Sapevoche discuterenon sarebbeservito a niente, ma mi sentivo in collera con lui perchd aveva toccato quella piaga dolorosa della mia vita, percid dissi che la ragazzain questione non era dopo tutto cosl lrella,che a mio parere non era un gran che. "Anche tu", mi disse don Juan calmo. "Ma questo non importa. Quello che conta â‚Ź che I'hai cercatadappertutto; questo fa di lei una l)ersona specialedel tuo mondo, e per una persona speciale si dovrebbero avere solo buone parole". iVIi sentii imbarazzato; una grande tristezza incominciava a impadronirsi di me. " C he cosa m i f at e, don. f uan?", chiesi. "Riuscit e sem pr e a f ar m i senti retri ste. Per chd?". "Ora stai indulgendo al sentimentalismo",mi disse in tono accusatore. "Qual E lo scopo di tutto questo, don Juan?". "Essereinaccessibile d lo scopo", dichiard."Ho richiamatoil ricordo di quella personaper mostrarti direttamentecib che non ti ho potuto mostrare col vento. "L'hai qerduta perchd eri accessibile;eri sempre alla sua portata e . . | 'a la tua vlta ela meccanrca". "No!", dissi. "Vi sbagliate,la mia vita non d mai stata meccanica". "Era ed E meccanica",rispose dogmaticamente."E meccanicain modo insolito e questo ti d) I'impressioneche non Io sia, ma ti assicuro che lo b". Volevo tenergli il broncio e immergermi nel malumore, ma in certo modo i suoi occhi mi davano un senso di inquietudine; sembravano spi ngermisem pr epii avant i. "L'arte di un cacciatoree diventare inaccessibile",riprese. "Nel caso di quella bionda avrebbe significato che dovevi diventare un cacciatore e incontrarla moderatamente.Non come hai fatto tu. Sei rimasto con lei un giorno dopo I'altro, finchd il solo sentimento che restava era la noia. E vero?". Non gli risposi. Sentivo che non dovevo dire niente. Aveva ragione. "Essere^inaccessikiesignifica toccare il mondo intorno a te moderatamente.Non mangiardcinque quagiie; mangianeuna. Non danneggiare le piante solo per costruire un forno da campo. Non esporti al


Essere inaccessibile

Dotere del vento a meno che non sia inevitabile. Non usare e spremere i" g.nte fino a ridurla a nulla, specialmentele persone che ami". "Non ho mai usato nessuno", dissi sinceramente' Ma don Juan sostenneche I'avevo fatto, e percid potevo dire sinceramente di esserestanco e annoiato della gente. "Essere inaccessibile significa evitare deliberatamente di esaurire te stesso e gli alffi", prosegui. "significa non essere aflamato e disperato, come il povero bastardo che pensa che non manger) mai piL e divora tutto il cibo che pub, tutte e cinque ie quagiiel". Don Juan mi aveva tirato un vero colpo basso. Risi, e questo parve piacere. Mi toccb delicatamente sulla schiena. fargli -"Un cacciatore sa di poter sempre attirare la selvaggina nelle sue trappole, percib non si preoccupa. Preoccuparsi vuol dire diventare acclssibile, accessibilesenza volerlo. E una volta che ti preoccupi ti afferri a tutto per disperazione; e una volta che ti afferri sei destinato a esaurire tutti o tutto cid cui ti afierri". Gli dissi che nella mia vita quotidiana era inconcepibileessere inaccessibile.Volevo fargli capire che per funzionare doverto essere a portata di tutti quelli che avevano qualcosaa che fare con me. "Ti ho gii detto che essereinaccessibilenon significa nascondersio segregarsi",disse con calma. "Non significa neppure che tu-non debba auer i"pporti con gli altri. Un cacciatoreusa il mondo moderatamente e con tenerezza,seazabadare se il mondo possa esserecose, o piante, o animali, o persone, o potere. Un cacciatore tratta intimamente col proprio mondo eppure d inaccessibilea quello stesso mondo". - t'q.r.rt" E una contraddizione", dissi. "Non pub essereinaccessibile se b nel suo mondo, ora dopo ora, giorno dopo giorno". "Non hai capito", disse don .|uan pazientemente."Il cacciatored inaccessibileperchd non spreme il mondo fino a deformarlo. Lo tocca lievemente, rimane quanto deve e quindi si allontana agilmente, lasciandoappena un segno".

8 Infrangere le abitudini della vita Domenica 16 luglio, 1961 a, U Per tutta la mattina osservammo certi roditori che sembravano glassi scoiattoli; don Juan li chiamava topi d'acqua. Mi mostrd che crano molto rapidi nel somarsi al pericolo, ma quando erano sfuggiti rr un animale da preda avevano la cattiva abitudine di fermarsi, o anille cli arrampicarsi su una roccia, ergendosi sulle zampe posteriori per guirrdarsiintorno e rassettarsi. "Hanno buonissimi occhi", mi disse don Juan. "Devi muoverti solo .luando sono in fuga, quindi, devi imparare a prevedere quando e dove si fermano, perchd anche tu possa fermarti nello stesso istante". Mi dedicai all'osservazione di quei roditori ed ebbi quella che sarebbe stata una giornata campale per cacciatori, perch6 ne scoprii moltissimi. E alla fine potevo prevedere quasi ogni volta i loro movirnenti. Quindi don Juan mi insegnb a costruire trappole per catturadi. Spiegd che un cacciatoredoveva prender tempo per osservarei luoghi in cui quegli animali mangiavano o facevano il nido, per determinare il posto dove collocare le sue trappole; doveva disporle durante la notte e I'indomani non c'era che da spaventarei roditori per farli fuggire e incappare nei congegni di cattura. Raccogliemmodei bastot-lcellie ci accingemmoa costruire i dispositivi per la caccia.Avevo quasi ultimato il mio e mi stavo domandando cccitatamentese avrebbe funzionato o no, quando a un tratto don Juan si fermd e si guardd il polso sinistro, come per conrollare un orologio cl.renon aveva mai avuto, e disse che secondo il suo orologio era ora di pranzo. Avevo in mano un lungo bastone che cercavo di trasformare in un anello piegandolo in tondo; lo lasciai cadere automaticamente insicme al resto dei miei arnesi da caccia. Don Juan mi guardb con un'espressionedi curiositi, quindi emise il sr-ronolamentoso di una sirena di fabbrica all'ora di oranzo: un'imi-


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Inlrangerele abitudinidella uita

tazione perfetta. Mi diressi verso di lui e mi accorsi che mi fissava. Scosseil capo da una parte all'altra. "Che diavolo,..", disse. "Che c'b che non va?", chiesi. Emise di nuovo il lungo suono lamentoso di una sirena di fabbrica. "ll ptanzo b finito", disse. "Torna al lavoro". Per un istante mi sentii confuso, ma poi pensai che stesse scherzando,forse perch6 in realt) non avevamonulla da mangiare per pranzo. Ero stato tanto preso dai roditori che avevo dimenticato che non avevamo provviste. Ripresi in mano il bastone e cercai di piegarlo. Dopo un momento don Juan suond di nuovo la sua 'sirena'. "Ora di andarea casa". disse. Esaminb il suo orologio immaginario,quindi mi guardb e ammiccd. "Sono le cinque", disse con I'aria di uno che rivelasseun segreto. Pensai che si fosse lmprovvisamente srancato della caccia e volesse rimandare I'intera faccenda.Misi semplicementetutto siU e incominciai a prepararmi a partire. Non lo guridni, presumevoihe anche lui si preparassead andar via. Quando fui pronto guardai in su e lo vidi seduto qualche metro piil in l) a gambe incrociate. "Sono pronto", dissi. "Possiamoandare quando volete". Si alzd e sali su una roccia, dove rimase-a guardarmi a quasi due metri dal suolo. Si mise le mani ai due lati della bocca ed emise un suono molto prolungato e penetrante. Sembrava una magnifica sirena di fabbrica. Gird completamente su se stesso emettendo qr-rel strono lamentoso. "Che state facendo,don Juan?", chiesi. Disse che stava dando a tutto il mondo il segnaledi andare a casa. Ero cornpletamentedisorientato, non riuscivo a capire se scherzavao se era semplicementeuscito di senno. Lo osservai attentamente e cercai di mettere cib che stava facendo in relazione a qualcosa che poteva aver detto prima. Non avevamo quasi parlato durante la mattinata e non riuscivo a ricordarenulla di imoortante. Don Juan stava ancorain piedi in cima alla roccia. Mi guardb, sorrise e ammiccd nuovamente.All'improvviso mi spaventai.Don Juan si mise le mani ai due lati della bocca ed emise un altro lungo suono ululant e. Disse che erano le otto di mattina e che dovevo riorendere il lavoro perch6 avevamo un'intera giornata davanti a noi. Ero ormai completamente disorientato. In pochi istanti la mia paura crebbe fino a un desiderio irresistibile di fuggire dalla scena. Pensai che don Juan fosse pazzo. Stavo per scappare quando scivolb git dalla roccia e venne verso di me, sorridendo.

Inlrangerele abitildini della uita

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"Pensi che io sia pazzo,non e vero?", chiese. Gli risposi che mi stava spaventando a morte col suo comportarnento inaspettato. Rispose che eravamo pari. Non capii quello che diceva, ero profondamente turbato dal pensiero che i suoi atti sembravanocompletarnente folli. Mi spiegb che aveva cercato deliberatamentedi spaventarmi 1r morte con la pesantezzadel suo comportamento inaspettato, perchd fjo stessolo facevo andare in bestia con la pes^ntezzadel mio comporf,rrnento prevedibile. Aggiunse che le mie abitudini fisse erano pazze c()mela sua sirena. Fui turbato e protestai che in realtA non avevo nessuna abitudine fissa.Gli dissi che credevo che la mia vita fosse un ver6'ctos per la mancanzadi sane abitudini regolari. Don Juan rise e mi fece segno di mettermi a sedere accanto a lui. Di nuovo tutta la situazione era misteriosamente cambiata. La mia paura era svanita non appena si era messo a parlte. "Quali sono le mie abitudini fisse?", chiesi. "Tutto quello che fai E abitudine". " N on si amo t ut t i cosi?". "Non tutti. Io non faccio le cose per abitudine". "Da che d venuto fuori tutto questo, don Juan? Che ho fatto o detto che vi ha spinto a comportarvi in quel modo?". "Ti preoccupavi del pranzo". "Non vi ho detto nulla; come avete fatto a sapere che mi preoccupavo del pranzo?". "Ti preoccupi di mangiare ogni giorno verso mezzogiorno, e verso le sei df r.rr, . verso le otto di mattina", disse con un ghigno malizioso. "Ti preoccupi di mangiare a quelle ore anche se non hai fame. "Per mostrarti il tuo spirito abitudinario mi i bastato suonare la mia sirena. Il tuo spirito d allenato a lavorare seguendoun segnale"' Mi fissd con un'espressioneinterrogativa negli occhi. Non mi potevo difendere. "Ora ti stai preparando a trasformare la caccia in un'abitudine", riprese. "Hai gi) it"til;to il tuo ritmo nella caccia; pa{i,a un determinato momento, mangi a un determinato momento e ti addormenti a un determinatomomento". Non avevo niente da dire. Don Juan aveva descritto le mie abitudini nel mangiare secondo il modello che usavo in tutto nella mia vita. Eppure sentivo profondamente che la mia vita era meno abitudinaria di quella della maggior parte dei miei amici e conoscenti. i'Ora sai molte iose sulla caccia",continud don Juan. "Ti sari facile capire che un buon cacciatore conosce soPrattutto una cosa: conosce


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I n l r d n g e r e I e a b itu d in i d e lla tita

le abitudini della sua preda. E questo che fa di lui un buon cacciatore. "Se tu ricordassicome ti ho inse.gnatoa cacciare,forse capiresti quello che voglio dire. Innanzitutto ti ho insegnaroa cosrruire e disporre le trappole,poi ti ho insegnatoIe abitudini della selvagginache volevi prendere, e alla fine abbiamo messo alla prova Ie trappole con le abitudini della selvaggina.Queste parti sono Ie forme esterne della caccia, devo insegnarti I'ultima parte, quella di gran lunea la pii -"Oru difficile. Forse passerannodegli anni prima che tu possa dire di capirla e di essereun cacciatore". Don Juan fece una pausa come per darmi tempo. Si tolse il cappello e imitb i caratteristici movimenti dei roditori che avevamo osservaro. Mi sembrava molto buffo. La sua testa rotonda lo faceva assomieliare a uno di quegli animali. "Essere un cacciatorenon significa soltanto prendere in ftappola la selvaggina",riprese. "Un cacciatoreche vale il pane che mangia non prende la selvagginaperch6 mette trappole o perchd conoscele abitudini della sua preda, ma perch6 lui stessonon ha abitudini. E questo il suo vantaggio. Non d come tutti gli animali cui d) Ia caccia,fissato da pesanti abitudini e gttizzi prevedibili; E libero, fluido, imprevedibile". Quello che don Tuan diceva mi sembrava un'idealizzazionearbitraria e irrazionale. Non potevo immaginare una vita senzaabitudini regolari. Volevo esseremolto onesto con lui e non limitarmi a dire se ero d'accordo o no. Sentivo che la sua concezioneera impossibile da metrere in pratica per me e per chiunque altro. "Non mi importa quello che senti", disse don.|uan. "Per essere un cacciatore devi infrangere le abitudini regolari della tua vita. Sei andato bene nella caccia.Hai imparato in fretta e ora Duoi vedere che sei come la tua preda, facile da prevedere". Gli chiesi di esserespecifico e darmi esempi concreti. , "Sto parlando della iaccia", risposecon calma. "Percib mi occupo di quello che fanno gli animali; i luoghi in cui mangiano; dove, come e quando dormono; dove fanno il nido; come vanno in giro. Queste sono le abitudini che ti mosro affinch6 tu possa rendertene conto nel tuo stesso essere. "Hai osseryato le abitudini deeli animali del deserto. Mansiano o bevono in certi luoghi, fanno il niJo in posti specifici; in efiettT, tutto quello che fanno pub essereprevisto e ricostruito da un buon cacciatore. "Come ti ho detto prima, ai miei occhi ti comporti come Ia rua preda.Una volta nella mia vita qualcunomi ha fatto osservarela stessa cosa, percib non sei I'unico. Tutti noi ci comportiamo come la preda

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cui diamo la caccia.Questo, naturalmente, fa anche di noi la preda di qualcosao qualcun alro. Ora, la preoccupazionedi uu cacciatore,che sappia tutto cib, d smettere di esserelui stessouna preda. Capisci quello che voglio dire?". Espressi nuovamente I'opinione che la sua proposizione era insostenibile. "Ci vuole tempo". disse don Tuan. "Potresti incominciare col non , l4',ranzare tutti i giorni alle dodici in punto". Mi guardb sorridendo con benevolenza. La sua espressione era molto bifia e mi fece ridere. "Ci sono perb degli animali impossibili da seguire", riprese. "Ci sono certi tipi di cervi, per esempio, che un cacciatore fortunato potrebbe incontrare, per pura fortuna, una sola volta nella vita". Don Juan fece una pausa molto drammatica e mi guardb con occhi penetranti. Sembravache aspettasseuna mia domanda, ma io non avevo nulla da chiedere. "Cosa pensi li renda cosi dificili da trovare e cosl unici?", chiese. Mi strinsi nelle spalle perchd non sapevo cosa rispondere. "Non hanno abitudini", disse don Juan con tono di rivelazione. "E questo che li rende magici". "IJn cervo deve dormire la notte", dissi. "Questa non e forse un'abitudine?". "Certamente, se il cervo dorme ogni noite a un'ora specifica e in un solo specificoluogo. Ma quegli esseri magici non si comportano cosl. Anzi, un giorno te ne potrai sincerareda te stesso.Forse il tuo destino ti farA cacciareuno di quegli animali per il resto della tua vita". " Che intendete dire? ". "A te piace cacciare; forse un giorno, in qualche parte del mondo, il tuo sentiero si incontrer) con quello di un esseremagico.e tu porai inseguirlo. "IJn essere magico b una visione da contemplare. Io sono stato tanio fortunato da incrociare il cammino di uno di questi esseri. Il nostro incontro b avvenuto dopo che avevo appreso e messo in pratica molte conoscenzedi caccia.Un giorno ero in una foresta fitta di alberi nel Messico centrale, quando a un tratto udii un lieve sibilo. Quel suono mi era sconosciuto,in tutti i miei anni di vagabondaggiin zone selvagge non avevo mai udito un suono simile. Non riuscii a individuarne la provenienza sul terreno; sembtava venire da luoghi diffe' renti. Pensai che forse ero circondato da un branco o da un'orda di animali sconosciuti. "sentii ancora una volta quel sibilo assillante; sembrava venire da tutto intorno. Allora capii la mia fortuna. Seppi che era un esserema-


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Inlrcngerele abitailinidella uita Inlrangere Ie abitudini della oita

gico, un cervo. sapevo anche che un cervo magico conoscele abitudini degli comuni e quelle dei cacciatori. -uomini "E molto facile immaginare cosa farebbe un uomo comune in una situazione simile. Innanzitutto la sua paura lo trasformerebbe immediatamentâ‚Źin una preda. Una volta divinuto una preda gli ..rt^.ro du. tipi di azione:,,o scappa o si prepara a difendersi.^Se n&, d armato in gâ‚Źnerefugge.all'aperto e corre pei salvarsi la vita. Se d armato appronta arma .e qulndr sr prepara a resistere immobilizzandosi sul posto o -I Iasciandosicadere al suolo. "un cacciatore,d'altra parte, quando va a caccia nei luoghi selvaggi non si addentra mai.in posio senza immaginarsi in" anticipJ-i possibili ripari, percid si.nessun metteribbe immedi"tr..r,t. ul .op"rit. rotrebbe lasciar cadere a te*a il poncho opprlre appenderloa un ramo come esca e poi nascondersie aspettare la prossima mossa della selvaggina. "Percib, presen"a_delcervo magico, non mi sono comportato in in nessunodei due modi. Mi sono messoiapidamente a testa in giil e piedi in su e ho incominciato a.gemere piano; mi uscivano uer"ament.le lacrime e singhiozzaicosl a lungo che stavo quasi per svenire. Improvvisamente percepii^un lieve soffio; q_ualcosa .i unnuruu" i capelli dietro l'orecchio destro. cercai di voltare la testa per vedere cosa fosse e mi capovolsi tirandomi su a sedere in tempo per vedere ,-r.r" .*utrrr" risplendente che mi fissava.Il cervo mi guardava e lo lli Ji.-rl .l,L ,o" gli avrei fatto del male. E il cervo mi iarlb". .. Don. Juan- si interruppe e mi guaidd. sorrisi involontariamente. -L'id-ea-di parlare a un.cervo era quanto mai incredibil.,. Jii po.". "Yi ha parlato", disse don Juan con un ghigno. "fl cervo ha parlato?".

" si'.

D-o-nJuan si alzd in piedi e raccolse il suo fascio di arnesi d.a caccia. "Ha parlato davvero?", chiesi in tono perplesso. Don Juan scoppid a ridere. "Che cosa ha detto?", chiesi un po' per scherzo. Pensavo che mi stesse prendendo irr giro. Don Juan rimase un momento silenzioso, come se cercassedi rilordare, poi i .uoi olchi si acce.seromentre ripeteva quello che aveva detto il cervo. 'Ehi amico"', continub. ,.Io gli risposi: ,-,.,rl^.gtu9 '.. h, hrP' .oi m i. clnagico..disse:. h i e s e ,' P e rc h dp i a n g i ? ' e i o ri s posi ,,perchd,]onoti i rte' . Allora Ia magrcacreatura mi si accostdall'orecchio e mi disse cosi chia_ ramente come ti parlo ora: ,Non esseretriste,". Don-Juan,mi fissava negli occhi. Sul suo volto c'era un lampo di vera malizia. Scoppib a rideie fragorosamente.

gl

Gli dissi che il suo dialogocor cervo era staro una stupidaggine. "cosa ti aspetravi?",mi chiesesempreridendo."s;; ui'i,iJi.no". rl suo sensodell'umorismoera cosl stravagante che non potevofare a meno di ridere con lui "Tu non credi che un cervomagicoparli, non d vero?,'. "Yi spiacema proprio non posi .r.d.r..h. .or.-d"i j.n"r" u..u, dano", rrsposl. "E una delle cose .ng"Non,tibiasimo",mi dissein tono rassicurante. pf, matedettamente strane".


L'ultima battagliasulla terra

9 L'ultima battaglia sulla tema Lunedi 24 luglio, 1961 Verso la meti del pomeriggio, dopo aver girovagato per ore nel deserto, don Juan scelseun posto per riposare in una zona ombreggiata. Non appena fummo seduti incomincid a parlare. Disse che rato moltissime cose sulla caccia, ma che non ero cambiato"veno-i-ouquanto iui desiderava. "Non basta saper costruire e collocare trappole", disse. ,,IJn cacciatore deve vivere come un cacciatore per otienere il massimo dalla propria vita. Purtroppo, i cambiamenti sono difficili e molto lenti: a volte ci vogliono anni prima che un uomo si convinca del bisosno di cambiare.A me ci sono voluti degli anni, ma forse non avevo un i-alento per la caccia. Penso che per me la cosa pii difficile fosse voler veramente cambiare". Lo rassicurai che avevo capito quello che intendeva. In efietti, fin da quando aveva incominciato a insegnarmi a cacciare,avevo incominciato anch'io a riconsiderarele mie azioni. Forse la scoperta per me pit drammatica era stato accorgermi che i modi di don Juan mi^piacevano. Mi piaceva don Juan come persona. C'era qualcosa di solidb nel suo comportamento; il modo in cui si conducevanon lasciava dubbi quanto al]a srta supremazia,eppure non aveva mai esercirato il suo vaniaggio per esigere nulla da me. Il suo interesse per il cambiamenro del mio modo di vita, sentivo, era simile a un suggerimentoimpersonale,o forse era come un autorevole commento sui miei fallimenti. Mi aveva fatto prendere coscienza dei_miei fallimenti, eppure non riuscivo a capire come i suoi modi avrebbero potuto rimediare a nulla in me. Credevo sinceramenteche, alla luce di quanto volevo fare nella vita, i suoi modi mi avrebbero pr_ocuratosoltanto infeliciti e privazioni, p...ib .i sentivo in un vicolo cielo. Avevo perb imparato a rispettare la sua supremazia, sempre esDressain termini di bellezza e precisione. "Ho deciso di cambiare tattica". disie.

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Gli chiesi di spiegarsi;la sua affermaziond.eravaga e non ero sicuro se alludeva a me o no. "Un buon cacciatore cambia i propri modi ogni volta che i necessario", replicb, "Lo sai anche tu", "Cosa intendete,don Juan?". "Un cacciatore deve conoscere non solo le abitudini della preda, deve anche sapere che su questa terra ci sono dei poteri che guidano gli uomini e gli animali e tutto cid che vive". Si interruppe. Aspettai, ma pareva che fosse arrivato alla fine di quello che voleva dire. itrX che tipo di poteri state parlando?", chiesi dopo una lunga pa,&. "Poteri che guidano la nostra vita e la nostra morte". Don Juan si interruppe ancora, sembrava che gli fosse terribilmente dificile decidere quello che doveva dire. Si stropiccib le mani e scosse il capo, spingendo in fuori le mascelle. Per due volte mi fece cenno di tacere mentre stavo per chiedergli di spiegare le sue affermazioni sibilline. "Non sei capacedi fermarti facilmente", mi disse alla fine. "So che sei ostinato, ma questo non importa. Quanto piil sei ostinato, tanto meglio sari quando alla 6ne riuscirai a cambiare te stesso". "Cerco di farc del mio meglio", dissi. "No. Non son d'accordo. Non cerchi di fare del tuo meglio. Lo hai appena detto perch6 ti sembra bene; in realt) hai detto la stessacosa di tutto quello che fai.}Jai cercato per anni di far del tuo meglio senza alcun vantaggio. Bisogna far qualcosaper rimediare". Come al solito mi sentii costretto a difendermi. Don Juan sembrava mirare, di regola, ai miei punti pii deboli. Ricordai allora che ogni volta che avevo tentato di difendermi contro le sue critiche mi ero sentito alla fine uno sciocco, e mi arrestai nel bel mezzo di un lungo discorso di spiegazione. Don Juan mi esamind con curiosit) e rise. In tono molto dolce disse di avermi gii spiegato che tutti noi siamo sciocchi: io non facevo eccezione. "Ti senti sempre obbligato a spiegare i tuoi atti, come se sulla terra tu fossi il solo uomo che sbaglia", disse. "E il tuo antico senso di importanza. Ne hai troppa; hai anche troppa storia personale.D'altra parte, non ti assumi la responsabiliti dei tuoi atti; non usi la morte come tuo consigliere, e soprattutto sei ffoppo accessibile.In altre parole, la tua vita d nella stessaconfusione in cui era prima che ti incontrassi".


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Provai di nuovo un vero impeto di orgoglio e volli sostenereche aveva torto. Con un gesto mi avverti di tacere. "Bisogna assumersila responsabiliti di esistere in un mondo strano", disse."Siamo in un mondo strano. lo sai". Feci cenno di si col capo. "Non stiamo parlando della stessacosa", disse. "Per te il mondo E strano perch6 se non ti irrita sei con esso in disaccordo. Per me il mondo b strano perchd d stupendo, imponente, misterioso, insondabile; ho cercato di convincerti che ti devi assumerela responsabilit) dell'essere qui, in questo mondo meraviglioso,in questo tempo mefaviglioso. Ho voluto convincerti che devi imparare a far contare ogni atto, dal momento che resterai in questo mondo solo per breve tempo, troppo breve in verit) per assisterea tutte le sue meraviglie". Insistei che essereannoiato dal mondo o non essered'accordo col mondo era la condizione umana. "Allora cambiala", rispose seccamente."Se non rispondi a questa sfida d come se tu fossi morto". Mi sfidb a nominare una cosa qr-ralsiasidella mia vita che avesse assorbito tutti i miei pensieri. L'arte, dissi. Avevo sempre voluto essere un artista e per anni avevo esercitato la mano a quello scopo. Conservavo ancora il ricordo doloroso del mio fallimento. "ljon ti sei mai preso la responsabiliti di esisterein questo mondo", disse in tono accusatore."Perch6 non sei mai stato un artista. e forse non sarai mai un cacciatore". "Faccio del mio meglio, don Juan". "No. Tu non sai cosa sia il tuo meglio". "Faccio tutto quello che posso". "Hai ancora torto. Puoi fare di meglio. fn te c'b una sola semplice cosa sbagliata: pensi di avere tempo in abbondanza". Fece una pausa e mi guardd come se aspettassela mia reazione. "Pensi di avere tempo in abbondanza", tipet6. "Abbondanza di tempo per cosa, don Juan?". "Tu pensi che la tua vita debba durare per sempre". "No. Non lo penso". "Allora, se non pensi che la tua vita debba durare per sempre, che cosa aspetti? Perchd questa esitazione davanti al cambiamento?;. "Don Juan, vi E mai venuto in mente che io potrei non voler cambiare?". "Si, mi b venuto in mente. Anch'io non volevo cambiare, DroDrio come te. Tuttavia non mi piaceva la mia vita; ne ero stanco, proprio come te. Ora non ne sono pii stufo". Assetii con veemenzache la sua insistenzasul cambiamento del mio

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rnodo di vita era spaventosae arbitraria. Dissi che in realti ero d'accordo con lui, a un certo livello, ma il semplice fatto che fosse sempre Irri a comandare le mosse mi rendeva la situazione insostenibile. "Non hai tempo per questa esibizione, sciocco", disse in tono sevcro. "Questo, qualunque cosa tu stia facendo ora, pud essere il tuo ultimo atto sulla tetra. Pud essere benissimo la tua ultima battaglia. Nessun potere potrebbe garantirti che vivrai un altro minuto". "Lo so", dissi, trattenendoun sensodi collera. "No. Non lo sai. Se lo sapessisaresti un cacciatore". Sostenni che ero .orrr"p.uble della mia morte incombente ma che era inutile parlarne o pensarci,dal momento che non potevo far niente per evitarla. Don Juan rise e disse che gli sembravo un commediante che ripete meccanicamentegli stessi atti. "Se questa fosse la tua ultima battaglia sulla tema, direi che sei y1nidiota", disse con calma. "Stai sprecandoil tuo ultimo atto sulla ilerra in qualchestupido umore". Rimanemmo in silenzio per un momento. I miei pensieri correvano all'impazzata. Naturalmente don Juan aveva ragione. "Non hai tempo, amico mio, non hai tempo. Nessuno di noi ha tempo", disse. "Sono d'accordo,don Tuan. ma...". "Non basta essered'aciordo con me", mi investl. "fnvece di essere d'accordocon tanta facilit), devi agire. Accetta la s6da. Cambia". " E come?". "Giusto. Il cambiamento di cui parlo non awiene mai per gradi; accade improvvisamente. E tu non ti stai preparando a qrrell'atto improvviso che recheri un cambiamento totale". Credetti che stesseesprimendo una conraddizione. Gli spiegai che se mi fossi preparato al cambiamento sarei certo cambiato per gradi. "Tu non sei cambiato afratto", disse. "E, per questo ihe iredi di cambiare a poco a poco. Tuttavia, forse un giorno ti accorgeraicon sorpresa di esserecambiato improvvisamente e senza un singolo avvertimento. So che b cosl, e percid non perdo di vista il mio inreressenel convincerti ". Non potevo petsistere nella mia argomentazione; non ero sicuro di quello che volevo dire veramente. Dofo un momento di pausa don Juan riprese a spiegare quello che intendeva. "Forse dovrei esprimermi diversamente", disse. "Quello che ti raccomando d osservare che non abbiamo nessuna garanzia che le nostre vite debbano continuare indefinitamente. Ho appena detto che il cambiamento arriva improvvisamente e inaspettatamente,e altrettanto fa la morte. Cosa pensi che ci possiamo fare?".


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Pensai che la sua fosse una domanda retorica, ma fece un movimento.con Ie sopr-accigliaper esortarmi a rispondere. "Vivere piil felicemente possibile", risposi. "Giusto! Ma tu conosciqualcuno che viva felicemente?,,. Il mio primo impulso fu di rispondere di,i; ji pot.r.itu.. ;;;;r;' un buolrumero di persone.Ripensandoci,tutiauia, seppi :lT?"::Tpt: cre ll,mro sforzo sarebbestato soltanto un vuoto tentativo di scansare lr probtema. "No", dissi, "Non ne conoscodavvero,'. "Io.si", disse don Juan. "ci sono delle personeche sono attentissime alla natura dei propri atti. La loro felicita e agire-.,ella pi.n^ conoscenzadi non avere tempo; percid i loro atti h"nni ,rn p.iri.ot... potere; i loro atti hanno un senio di...,'. Sembrava che don ,Juan fosse rimasto a corto di parole. Si grattd le tempie e sorrise. Poi improvvisamente si alzd i. pl.ii-;;."r. uu.* simo concluso la nostra conversazione.Lo suppri."i ii t..mi*.. q,.,.llo che mi stava dicendo. Si mise a sedere . ,rri..ib le labbra. "Gli atti hanno potere", disse. "speciarmentequando la persona che agiscesa che quegli atti sono la sua ultima battrgiia. uni rr.rn, e struggente feliciti nell'agire perfettamenie che quello tutto lfp5ndo che si fa pud esserebenisslmo I'ultimo atto sulla ,...r. Ti ,r..orn.nao -;a di riconsiderarela tua vita e forse i tuoi atti in questa luce,,. Non ero d'accordo con lui. per me la feliciti era immasinare che ci fosse una continuiti intrinseca ai miei atti e che .u..i ,iuio'.-"pr.. ai continuare a ,fare, a volonti, tutto quello che stavo facendo ,l mento' specialmentese,lo godevo. Gli dissi che il mio disaccordo non -onascevada un motivo banale ma dalla convinzione che il mondo-" stesso avesserouna continuit) determinabile. -. . Don Juan sembrava divertirsi ai miei sforzi di cercare una spiega_ zione ragionevole. Rideva, s.cuotevail capo, si grattava i .o[.iii,-'. utt" fine, q'ando parlai di una 'continuiti determin"abile',buttJ'in t.rra il cappello e lo calpestd. Non potei evitare di ridere delle sue bufionate. "Non hai amico mio", disse. ,,E questa la disgrazia degli esseri umani. -t_empo, Nessuno di noi ha tempo sufficiente, e la t,_,a'continuit) non ha senso in questo mondo imponente e misterioso. "La tua continuiti ti fa soltanto timoroso", continub. "r tuoi atti non possono avere il gusto, .il potâ‚Źre, \a forza imperativa degli atti compiuti da un uomo che sa di combattere la sua ultima battaglia sulla terra.. rn.altre parole, la tua continuit) non ti rende felice o p"otente". Ammisi di aver paura di pensare che sarei morto e lo accusai di

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provocare in me una grande apprensione con i suoi costanti discorsi e interessamentiper la morte. "Ma tutti dobbiamo morire", disse. Indicb delle colline in lontananza. qui.fuori qualcosa che mi aspetta, questo b sicuro; e io Io ,"C'i andrd a raggiungere, anche questo B sicuro. Ma forse tu sei difierente e f a morte non ti aspetta affatto". Rise del mio gesto di disperazione. "Non_ ci voglio pensare, don Juan',. " P erchdno?". I Non ha r"nro7f" b qui fuori che mi aspetta, perchd dovrei preoccuparmene?". "Non ho detto che te ne devi pfeoccupare". "Allora che dovrei fare)". " Usala. Concentra la tua attenzione sul legame tra te e la tua morte' senza rimorso, tristezza o inquietudine. Metti a fuoco la tua attenzione sul fatto che non hai tempo e lascia che i tuoi atti scorrano in conseguenza.Lascia che ciascuno dei tuoi atti sia la tua ultima battaglia sulla tema. Solo a queste condizioni i tuoi atti avranno il loro legittimo potere. Altrimenti saranno, finchd vivrai, gli atti di un timoroso". "E cosl terribile essereun timoroso?". "No. Non lo sarebbe se tu fossi immonale, ma se devi morire non c'b tempo per il timore, semplicemente perchd il timote ti fa afrerarc a q 'alcosa che esiste solo nei tuoi pensieii. Ti tranquillizza finch6 tutto b calmo, _ma poi il mondo imponente e misterioso apriri la sua bocca per prenderti, come si apriri per ptendere ognuno di-noi, e allora comprenderai che i tuoi modi sicuri non erano afratto sicuri. Essere timorosi ci impedisce di esaminaree sfruttare la nostra sorte di uomini". "Non d naturale vivere con I'idea costante della nostra morte, don Juan" . "La nostra morte ci aspetta e questo stesso atto che eseguiamo "replicd adesso pub_ben essere la nostra ultima battaglia sulla terra", con voce solenne. "La chiamo battaglia perchd b una lotta. Gli uomini quasi tutti passanoda atto ad atto senza alcuna lotta o pensiero. Un cacciatore, al conffario, valuta ogni atto; e poichd ha una conoscenza intima_ della propria_ morte, procede con giudizio, come se ogni atto fosse la sua ultima battaglia. Solo uno sciocco non noterebbJ it vantaggio di un cacciatore sugli altri uomini. Un cacciatore di alla sua ultima battaglia il dovuto rispetto. Percid b naturale che il suo ultimo atto sulla terra debba essereil meglio di lui stesso.In tal modo diventa piacevole. Attenua la morsa della sua pauta".


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"Avete ragione", ammisi. "E proprio difficile da accettare". "Ti ci vorranno degli anni per convincerti e poi ti ci vorranno degli anni petchd tu agiscaconformemente. Spero soltanto che te ne rimanga il tempo". "Mi spavento quando parlate cosl", dissi. Don Juan mi esaminb con un'espressioneseria sul viso. "Te I'ho detto, questo b un mondo strano", disse. "Le forze che guidano gli uomini sono imprevedibili, incutono rispetto, eppure il loro splendore b una cosa da osservare". Si interruppe e mi guardd di nuovo. Sembravasul punto di svelarmi qualcosa,rna si controllb e sorrise. "C'E qualcosache ci guida?", chiesi. "Certamente. Ci sono dei poteri che ci guidano". " Potete descriverli?". "Non esattamente, se non per chiamarli forze, spiriti, arie, venti, o qualsiasi cosa del genere". Volevo interrogarlo ulteriormente, ma prima che potessi chiedere altro si alzd in piedi. Lo fissai sbalordito. Si era alzato con un unico movimento; il suo corpo aveva fatto semplicementeuno scatto e lui era in piedi. Stavo ancora meditando sull'insolita abiliti che ci voleva per muoversi a una tale rapidit) quando in tono secco di comando mi disse di stanare un coniglio, catturarlo, ucciderlo, spellarlo e arrostirne la carne prima del crepuscolo. Guardd in alto verso il cielo e disse che potevo avere tempo a sufficienza. Mi mossi automaticamente e feci come avevo fatto tante volte. Don Juan mi camminb al fianco e segul i miei movimenti con uno sguardo indagatore. Ero calmissimo e mi muovevo con cura e non ebbi alcuna difficolt) nel catturare un conislio maschio. "Ora uccidilo", rni disse don Tuan sec&mente. Introdussi la mano nella trappoia per afferrare il coniglio. Lo tenevo per le orecchie e lo stavo tirando fuori quando fui invaso da un'improvvisa sensazionedi terrore. Per la prima volta, da quando don Juan aveva incominciato a insegnarmi a cacciare,mi veniva in mente che non mi aveva mai insegnato a uccidere la selvaggina. Nelle tante volte che avevamo sconazzato per il deserto lui stesso aveva ucciso solamente un coniglio, due quaglie e un serpente a sonagli. Lasciai cadere il coniglio e guardai don Juan. "Non lo posso uccidere", dissi. "Perch6 no?". "Non I'ho mai fatto".

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"N{a hai ucciso centinaiadi uccelli e altri animali". "Col fLrcile,non a mani nude". "Che differenza f.a? L'ora di questo conielio d venuta". ll tono di don Juan mi diede una scossa;ira cosi autoritario, cosi sicuro di s6, non mi lasciavadubbi sul fatto che lui sapesseche I'ora tli quel coniglio era venuta. "Uccidilo!", mi ordinb con un'espressionedi ferocia negli occhi. " N on posso" . Mi urld che quel coniglio doveva morire. Disse che le sue scorribande in qLrelbellissimo deserto erano arrivate alla fine. Non serviva a niente tergiversare, perchd il potere o lo spirito che guida i conigli nveva cendotto proprio quel coniglio nella mia trappola, giusto al limitare del crppuscolo. Fui sofr2fiatto da una serie di pensieri e sentimenti confusi, come se isentin{rfiti fosserostati li fuori ad aspettarmi.Sentii con angosciosa chiarczzala tragedia del coniglio, essere incappato nella mia trappoia. In un istante ripercorsicon la mente i momenti cruciali della mia vita, le molte volte in cui io stessoero stato il coniglio. Lo guardai, e il coniglio mi guardb; era rinculato contro il fianco e immobile. Ci clellagabbia; si era quasi appallottolato,silenziosissitno scambianrmoun'occhiata triste e quell'occhiata,immaginri, cementava una completa identificazione da parte mia. "All'inferno", dissi forte. "Non ucciderd niente. Questo coniglio d libero". Una pro{onda emozionemi faceva rabbrividire. Le braccia mi tremavano mentre cercavo di afferrare il coniglio per le orecchie; si mosse rapidamentee lo mancai.Tentai ancota e me lo iasciaisfuggireun'altra volta. Provai un sensodi disperazione.Ebbi una sensazionedi nausea e in fretta diedi un calcio alla gabbia per infrangerla e liberare il coniglio. La gabbia era insospettatamenterobusta e non si ruppe come Densavoche avrebbe fatto. La mia disperazionecrebbe fino a un intolierabile sentimento di angoscia.Usando tutta la mia forza pestai il piede destro sul bordo della gabbia. I legni si schiantaronocon fragore' Tirai fuori il coniglio. Ebbi un istante di sollievo, che perb fu annientato I'istante successivo.Il coniglio penzolava come uno straccio dalla mia mano; era morto. Non sapevo cosa fare. Mi preoccupai di scoprire come era morto. Mi voltai verso don Juan che mi fissava. Una sensazionedi terrore mi mandd un brivido per il corpo. Mi misi a sedire presso alcune rocce; avevo un terribile mal di testa. Don Juan mi mise la mano sul capo e mi sussurrd all'orecchio


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che dovevo spellare il coniglio e arrostirlo prima che il crepuscolofosse Passato. Mi sentivo la nausea.Don Juan mi parld con molta pazienza come a un bambino. Disse che i poteri che guidano gli uomini o gli animali avevano condotto a me quel particolare coniglio, al modo stessoin cui avrebbero condotto me alla mia morte. Disse che la morte del coniglio era stata un dono per me esattamente allo stesso modo in cui la mia morte sarebbe stata un dono per qualcosa o qualcun altro. Mi sentivo girare la testa. I semplici avvenimenti di quel giorno mi avevano schiacciato.Tentai di pensareche era solo un coniglio; ma non riuscii a scuotere I'irreale identificazione con I'animale. Don Juan disse che dovevo mangiare un po' della sua carne, anche solo un boccone, per convalidare quello che avevo scoperto. "Non posso farlo" , protestai debolmente. "Noi siamo feccia nelle mani di quelle forze", mi investi. "Percib abbandona la tua presunzione e usa appropriatamente questo dono". Raccolsi il coniglio; era ancora caldo. Don Juan si piegb in avanti e mi sussurrb all'orecchio: "La tua trappola B stata la sua ultimabattaglia sulla terra. Te I'ho detto, aveva finito le sue scorribande in questo meraviglioso deserto".

10 Diventare accessibileal potere Gioaedi 77 agosto, 1961. Appena sceso dalla macchina mi lagnai con don Juan di non sentitmi bene. "Siediti, siediti", mi disse con dolcezzaguidandomi quasi per mano fin sotto al suo portico. Sorrise e mi diede un colpetto sulla schiena. Due settimane prima, il 4 agosto, don Juan, come aveva detto, avevapambiato tattica e mi aveva permesso di ingerire alcuni boccioli di peJ$te. Nel culmine della mia esperienzaalluciiatoria avevo giocato con drf cane che stava nella casain cui si era svolta la seduta del peyote. Don Juan aveva interpretato il mio gioco col cane come un avvenimento specialissimo.Sostenneche nei momenti di potere, come quello che avevo vissuto allora, il mondo delle cose ordinarie non esiste e nulla pud esserdato per scontato,che il cane non era in realt) un cane ma I'incarnazione di Mescalito, il potere o la diviniti contenuto nel peyote. Gli effetti secondari di quell'esperienzafurono un senso general6 di stanchezzae melanconia, e inoltre sogni e incubi eccezionalmente vividi. "Dov'd il tuo attrezzo per scrivere?", mi chiese don Juan mentre mi sedevo sotto il portico. Avevo lasciato il taccuino in macchina. Don Juan tornd alla macchina e tirb fuori premurosamente la mia cartella e me la mise al fianco. Mi chiese se d'abitudine portavo in mano la cartella mentre camminavo. Risposi di sl. "Questa b follia", disse. "Ti ho detto di non tenere mai niente in mano mentre cammini. Prenditi uno zaino", Scoppiai a ridere. L'idea di portarmi appressoi miei appunti in uno zaino era grottesca. Gli dissi che ordinariamente indossavo abiti con


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giaccae panciotto, e che uno zaino su un abiro simile sarebbestato ridicolo. "Allora indossa la giacca sopra allo zaino", mi disse. "E meglio che la gente ti creda gobbo piuttosto che rovinarti il corpo portando in giro tutta questa roba". Mi esortd a tirar fuori il taccuino e a scrivere. Sembrava faccsse uno sforzo deliberatoDer mettermi a mio asio. Mi lagnai ancoradel se.rsodi disagiofisilo e della strana sensazione di infeliciti che provavo. Don Juan scoppid a ridere e disse: "Stai incon.rinciando a imparafe

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Facemmoallora una lunga conversazione. Don Tuan disse che Mei i g i * o c a re s c alit o,per m et te n d o m d c o n l rri , m i avev,ri ndi cato come l rn 'prescelto'e che, sebbenelui fossesccncertatodal presagionon essendo io un indiano, mi avrebbetrasmessouna conoscenzasegreta.Disse che anchelui aveva avuto un 'benefattorc'chc cli aveva inscsnatoa divent ar e un ' uom o d i c o n o s c e n z a ' . Sentii che stava per accadercqualcosadi terrificantc.La rivelazione che io fossi il suo prescelto,unita all'indiscutibilc sranezza clei suoi modi e all'efietto disastrosodel peyote su di me, creavanouno stato di intollerabileapprensionee indecisione.Ma don Juan non renneconto dei miei sentimentie mi raccomandbdi pensaresoltanto alla meravielia di Mescalitoche sioccvacon me. "Non devi p.nrur. a nient'altro", mi dissc. "Il resto ti arriver) oa se Si alzd in piedi e mi diede un colpetto sulla testa dicendo con voce moltg dolce: "Sto per insegnarti a diventare un guerriero allo stesso, modo in cui ti ho insegnatoa cacciare.Ti devo perb avvertire che aver imparato a cacciarenon ha fatto di te un cacciatore,n6 imparare a . diventare un gueniero fari di te un guerriero". Provai un sensodi frustrazione,un disagio fisico affne all'angoscia. Mi lagnai dei vividi sogni e incubi che avevo. Don Juan sembrd meditare per un momento, poi si rimise a sedere. "Sono sogni strani';, dissi. "Hai sempre fatto sogni strani", ribatt6. "Vi dico che questavolta sono davvero pir) strani di qualsiasisogno che abbia mai fatto". "Non ti preoccupare, sono soltanto sogni. Come i sogni di qualsiasi sognatore, non hanno potere. Percid, a che serve preoccuparsene o par lar ne?" . "Mi disturbano, don. Juan. Non c'd qualcosa che potrei fare per farli smettere?". |"t

Dioentarcaccessibile al potere 9) "Non c'd niente da fare, lasciali passare",disse. "Ormai b ora che tu divenga accessibileal potere, e dovrai incominciare con l'affrontare 7l sognare". Il tono di voce che usd quando disse 'sognare' mi fece pensare che avesseusato la parola in un modo molto particolare. Stavo cercando una domanda appropriata quando parlb ancora. "Non ti ho mai parlato del sognare, perchd finora mi preoccupavo soltanto di insegnarti a essere un cacciatore", disse. "Un cacciatore non si cura della manipolazione del potere, percib i suoi sogni sono soltanto sogni. Possono esserevivi ma non sono sogfiare. "Un guerriero, d'altra parte, cerca il potere, e una delle principali vie che portano al potere E sognare. Potresti dire che la difierenza tra un cacciatoree un guerriero i che il glrerriero b sulla via che conduce al potere, menffe il cacciatorenon ne sa nulla o assai poco. "La decisione su chi pub essereun guerriero o chi pub essere soltanto un cacciatore non spetta a noi. Tale decisione b nel regno dei poteri che guidano gli uomini. Percid il fatto che tu abbia giocato con Mescalito B stato un presagiotanto importante. Quelle forze ti hanno guidato a me; ti hanno condotto a quella stazione di autobus, ricordi? Un bufione ti ha portato a me: un presagio perfetto, essere mostrati da un bufione. Cosi, ti ho insegnato a essere un cacciatore. E poi I'altro presagio perfetto: Mescalito stessoche ha giocato con te. Capisci ftp quello che rioglio dire?". La sua strana logica era schiacciante.Le sue parole creavano visioni di me stesso soccombentea qualcosa di imponente e ignoto, qualcosa che non mi ero aspettato e di cui non avevo immaginato I'esistenza, nemmeno nelle mie fantasie pii pazze. "Cosa proponete che dovrei fare?", chiesi. "Diventa accessibileal potere; aflronta i tuoi sogni", rispose. "Li chiami sogni perch6 non hai potere. Un guerriero, che b un uomo che cerca il potere, non li chiama sogni, li chiama reali". "Intendete dire che un guerriero prende i propri sogni come se fossero realt)?". "Non prende niente per nient'altro. Quelli che tu chiami sogni, per un guerriero sono reali. Devi capire che un guerriero non e uno iciocco. Un guerriero b un cacciatoresenzamacchia che va in cacciadel potere; non B ubriaco, o pazzo,e non ha il tempo n6 la voglia di barare, o di mentire a se stesso,o di fare una mossasbagliata.La posta B troppo alta. La posta in palio b la sua vita ben ordinata che per tanto tempo lui ha condotto cosi ordinata e perfetta. Non b disposto gettarla via ^ con qualche stupido errore di calcolo, prendendo qualcosa per qualcos'altro.


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" Sognare B reale per il guerriero perchd nel sognare pub agire deliberatamente, pud sceglieree tespingere, pub scegliere ffa una varieti di cose quelle che portano al potere, e quindi le pud manipolare e usare, mentre in un sogno ordinario non si pub agire deliberatamente". "Allora volete dire, don Juan, che sognare d reale?". "Naturalmente b reale". "Reale come quello che stiamo facendo ora?". "Se vuoi fare un confronto, ti posso dire che forse E piil reale. Nel sognate tu hai potere; puoi cambiare le cose; puoi scoprire innumerevoli fatti nascosti; puoi controllare tutto quello che vuoi". Le premessedi don Juan mi avevano sempre atffatto a un certo livello. Potevo capire facilmente come gli piacesseI'idea che nei sogni si potesse fare qualsiasi cosa, ma non lo potevo prendete sul sefio. Il salto era troppo grande. Ci guardammo a vicenda per un momento. Le sue asserzionierano folli eppure lui era, per quel che ne sapevo,uno degli uomini piir equilibrati che avessi mai incontrato. Gli dissi che non riuscivo a credere che prendessei propri sogni per la realti. Ridacchid, come se sapessebene quanto fosse insosteni' bile l" mia posizione, poi si alzb in piedi senza dire una parola ed entrd in casa. Rimasi seduto a lungo in uno stato di torpore finchd don Juan mi chiamb da dietro la casa.Aveva preparato della farinata di grano e me ne porse una scodella. Gli chiesi del momento in cui si b svegli. Volevo sapere se lo chiamava in qualche modo in particolare. Ma non mi rispose o non volle rispondere. "Come lo chiamate questo, questo che stiamo facendo ota?", chiesi, intendendo che cid che stavamo facendo era tealt), in contrapposizione ai sogni. "Lo chiamo mangiare", rispose trattenendo la sua risata. "Io lo chiamo realti", dissi. "Perch6 il nostro mangiaresta avendo luogo realmente". "Anche sognare ha luogo realmente", rispose ridacchiando. "E lo stesso d per cacciare,camminare, ridere". Non insistei a discutere. Tuttavia non potevo, nemmeno sforzandomi oltre i miei limiti, accettare la sua premessa.Don Juan sembrava deliziato della mia disperazione. Appena finito di mangiare don Juan disse come Per caso che saremmo andati a fare una camminata, ma non avremmo girovagato per il deserto come avevamo fatto Prima.

Diaentareaccessibile al potere )j "Questa volta E differente", disse. "D'ora in avanti andremo in luoghi di potere; tu imparerai a renderti accessibileal potere". Espressi nuovamente il mio turbamento. Dissi che non ero qualificato per quel compito. "Suvvia, stai indulgendo a sciocchepaure", disse a bassavoce, dandomi dei colpetti sulla schienae sonidendo con benevolenza."Ho soddisfatto il tuo spirito di cacciatore. Ti piace scorrazzare con me in questo bellissimo deserto. Per te d troppo tardi per smettere". Si incammind tra i cespugli del deserto facendomi segno col capo di seguirlo. Avrei potuto dirigermi verso la macchina e andarmene, senonchdmi piaceva scert^zzarecon lui in quel bellissimo deserto. Mi piaceva Ia sensazione,che provavo solo in sua compagnia, che questo mondo era davvero un mondo imponente, misterioso e tuttavia bellissimo. Come aveva detto lui, ero inchiodato. Don Juan mi condusse fino alle colline a esr. Fu una lunga camminata. Era una giotnata calda; tuttavia, mentre ordinariamente il caldo mi sarebbestato insopportabile, questa volta in certo modo non me ne accorgevo. Caq;ninammo molto a lungo in un canyon finch6 don Juan si fermb e si rillr. a sedere all'ombra di alcuni macigni. Tolsi dei crackers dal mio zaino, ma don Juan mi disse di lasciarft stare. Disse che dovevo sedere in un posto ben visibile. Mi indicd un macigno isolato quasi rotondo, a tre o quattro metri di distanza, e mi aiutb ad arrampicarmi sulla sua sommit). Pensai che anche lui si sarebbe seduto lassr),ma invece si arrampicb solo a met) per porgermi qualche pezzo di carne secca.Con espressioneterribilmente seria mi disse che era carne di potete e che doveva essere masticata molto lentamenre e non mescolata con altro cibo. Poi refoced6 fino alla zona ombreggiata e si mise a sedere, con la schiena contro un sasso.Pareva rilassato, quasi assonnato. Rimase in quella stessa posizione finchd non ebbi finito di mangiare. Poi si tird su a sedere diritto e piegb il capo verso destra. Sembrava ascoltarecon attenzione. Mi suardd due o tre volte, si alzb in piedi bruscamente e si mise a rcruta.. i dintorni con gli occhi, come farebbe un cacciatore.Mi irrigidii automaticamentesul posto e mossi solamente gli occhi per seguire i suoi movimenti. Con molta cautela don Juan gird dieffo ad alcune rocce,come se si aspettasse della selvaggina che dovesse uscire fuori nella zona in cui eravamo. Allora mi accorsi che eravamo in un'ansa concava del canyon asciutto, circondata da macigni di arenaria. Don Juan uscl improvvisamente da dietro alle rocce e mi sorrise. Protese le braccia, sbadiglib e si incammind verso il macigno su cui ero. Mi rilassai e mi misi a sedere.


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al potele Diuenlareaccessibile

"Che ts successo?",chiesi in un bisbiglio. Urlando mi rispose che li intorno non c'era nulla di cui dovessimo preoccuparci. Sentii immediatamenteun sussultonello stomaco.La sua risposta era inappropriata e mi pareva inconcepibileche urlasse,a meno che non avesseun motivo specifico. Incominciai a lasciarmi scivolare giir dal macigno, ma don Juan mi urlb che dovevo rimanere lassi ancora per un poco. "Che state facendo?", chiesi. Si mise a sederee si nascosetra due sassi alla base del macigno su cui ero, quindi a voce molto alta disse che era stato solo a dare un'occhiata in giro, perch6 gli pareva ili aver udito qualcosa. Gli chiesi se gli era parso di udire un grosso animale. Si mise la mano all'orecchioe mi gridb che non riusciva a sentirmi e che dovevo urlare le mie parole. Mi sentivo a disagio a gridare, ma a voce alta don Juan mi esortd a gridare forte. Urlai che volevo sapere cosa succedeva,lui mi gridd in risposta che ll intorno non c'era proprio nulla. Urlando mi chiese se riuscivo a vedere nulla di insolito dalla sommiti del macigno. Dissi di no, allora mi chiese di descrivergli il terreno verso sud, Per un po' ci parlammo a vicenda urlando, quindi don Juan mi fece segno di scendere.Lo raggiunsi e lui mi sussurrb all'orecchio che urlare era necessarioper far conoscerela nostra presenza,perchd mi dovevo rendere accessibileal potere di quella specificapozza d'acqta. Guatdai in giro ma non vidi la pozza d'acqua.Don Juan mi indicb che c'eravamo sopra. "Qui c'b acqua", disse in un bisbiglio, "e anche potere. QLri c'd uno spirito e noi dobbiamo attirarlo fuori; forse ti seguiri". Volli saperne di piil sul presunto spirito, ma don Juan insistâ‚Ź in un silenzio totale. Mi consiglib di rimanere perfettamente immobile e di non emettere un bisbiglio n6 fare il minimo movimento per radire la nostra presenza. Evidentemente per lui era facile rimanere per ore in perfetta immobiliti; per me, invece, era una vera tortura: le gambe mi si addormentavano, la schiena mi faceva male e la tensione mi si concentrava intorno alla nuca e alle spalle. Tutto il mio corpo si intorpidiva e si raffreddava. Ero terribilmente a disagio quando finalmente don Juan si alzb. Non fece che balzarc in piedi e tendermi la mano per aiutarmi ad alzarmi. Mentre cercavo di distendere Ie gambe mi resi conto dell'inconcepibile faciliti con cui don Juan en balzato in piedi dopo ore di immo-

biliti. Ci volle un bel po' di tempo prima che i miei muscoli riacquistassero I'elasticiti necessariaper camminare. Don Juan prese la via del ritorno a casa. Camminava con estrema lentezza. Stabili che nel seguirlo dovevo osservare una distanza di tre passi. Procedd serpeggiando intorno alla direzione regolare e la incrocib quatto o cinque volte in differenti direzioni; quando alla fine arrivammo era pomeriggio inolmato. _ Cercai di interrogarlo sugli avvenimenti della giornata. Mi spiegb che parlare non era necessario.Per il momento dovevo a.stenermidal far domande 6nch6 eravamo in un posto di potere. Morivo dalla voglia di sapere che cosa voleva intendere e cercai di mormorare una domanda, ma lui mi ricordb, con un'occhiata fredda e severa, che faceva sul serio. Rimanemmo per ore seduti sotto il portico. Io lavoravo ai miei appunti. Di quando in quando don Juan mi porgeva un pezzo di carne secca; alla fine fu troppo buio per scrivere. Cercai di pensare ai nuovi sviluppi, ma una parte di me stessosi rifiutava e mi addormentai. S abat4' agosto, 196t r La mattina del giorno precedenteandammo in citt) con la macchina a fate la ptima colazione in un ristorante. Don Juan mi aveva consigliato. di non cambiare troppo drasticamente le mie abitudini nel mangrare, "Il tuo corpo non b abituato alla carne di potere", aveva detto. "Ti ammaleresti se non mangiassi il tuo solito cibo". Anche lui mangib di gusto. Quando scherzai sul suo appetito mi rispose semplicemente: "Al mio corpo piace tutto". Verso mezzogiorno ritornammo a piedi al canyon dell'acqua. Incominciammo a farci notare dallo spirito con 'discorsi rumorosi' e con un silenzio forzato che durd per ore. Quando lasciammo quel luogo, invece di dirigersi verso casa don Juan prese la direzione delle montagne. Raggiungemmoprima dei lievi pendii e quindi salimmo sulla cima di alcune alte colline. L) don Juan scelse un posto per riposare all'aperto, in una zona senza ombra. Mi disse che dovevamo attendere il crepuscoloe che mi dovevo comporrare nel modo pii naturale, il che includeva fare tutte le domande ih. uolevo. "So che lo spirito si nascondequi intorno", disse a voce molto bassa. "Dove? " "Qui intorno, nei cespugli". "Che tipo di spirito A?".

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Diuentare acccssibile al potere

Mi guardb con espressionecanzonatoriae ribatt6: "Quanti tipi ce ne s ono?" . Scoppiammo tutti e due a ridere. Facevo domande solo perch6 ero nervoso. "Usciri fuori al crepuscolo", disse don Juan. "Dobbiamo soltanto ". aspettare Rimasi in silenzio; avevo esaurito le mie domande. "Questo b il momento in cui dobbiamo continuare a parlare", disse don Juan. "La voce umana attira gli spiriti. Ora ce n'E uno che si nasconde qui intorno. Dobbiamo renderci accessibilia quello spirito, percid continua a patlate". Provai uno scioccosenso di vuoto. Non riuscivo a pensare a nulla da dire. Don Juan scoppida ridere e nri diede un colpetto sulla schiena. "Sei un vero impiasffo", disse. "Quando devi parlare ti va via la lingua. Avanti, sbatti le gengive". Fece allegramenteil gesto di sbattere insieme le gengive, aprendo e chiudendo la bocca a grande rapiditi. "Ci sono certe cose di cui parleremo d'ora in avanti solo nei luoghi di potere", riprese. "Ti ho portato qui perch6 questa d la tua prima prova. Questo E un posto di potere e qui possiamo parlare solo di potere". "Veramente non so cosa sia il potere", dissi. "Il potere b qualcosacon cui ha a che fare un guerriero",rispose. "Da principio b una cosa incredibile, approssimativa; d difficile anche da immaginare. E questo che ti sta accadendoora. Poi il potere diventa una cosa seria; si pud non averlo, oppure non rendersi nemmeno pienamente conto che esista, e tuttavia si sa che c'b qualcosa,qualcosa che prima non era percettibile. Successivamenteil potere si manifesta come qualcosa che ci arriva incontrollabilmente. Non mi d possibile dire come viene o come d veramente. Non E nulla, eppure fa apparire meraviglie proprio davanti ai tuoi occhi. E infine il potere d qualcosa in se stesso,qualcosache controlla i tuoi atti eppure obbedisce al tuo comando". Ci fu una breve pausa. Don Juan mi chiese se avevo capito. Mi pareva ridicolo rispondere di sl. Sembrd che avessenotato il mio imbarazzo, perchd ridacchib. "Adesso, ptoprio qui, ti insegnerb il primo passo che conduce al potefe", disse come se mi stesse dettando una lettera. "Ti insegnerd come soilappare il sognare". Mi guardb e di nuovo mi chiese se sapevo che cosa intendeva. Non lo sapevo. Facevo fatica a seguirlo. Spiegd che 'sviluppare il sognare' significava avere un conffollo conciso e pragmatico sulla situazione

Diuentareaccessibile al potere 99 generale di,un sogno, paragonabile al controllo che si ha su qualsiasi scelta nel deserto, come scalare una collina o rimanere all'ombra di un canyon. "Devi incominciare con qualcosa di molto semplice", disse. "Stanotte, nei tuoi sogni, devi guardarti le mani". Scoppiai a ridere forte. Il suo tono era stato cosl positivo da fat pensare che avessedetto qualcosa di ovvio. "Perchd ridi?", mi chiesecon sorpresa. "Come posso guardarmi le mani nii sogni?". "Semplicissimo, metti a fuoco gli occhi sulle mani, proprio cosi". Piegb in avanti il capo e si fissd le mani a bocca apefta. La sua espressioneera cosi comica che non potei fare a meno di ridere. "Sul serio, come potete aspettarvi che lo faccia?", chiesi. "Devi fare come ti ho detto", mi investi. "Naturalmentepuoi guardare tutto quello che diavolo ti pare: le dita dei piedi, o la-pancia, o il naso, quanto a questo. Ti ho detto di guardarti le mani perchd b stata per me la cosa pii facile da guardare. Non pensare che sia uno scherzo.Sognare E serio quanto uedere o morire o qualsiasi altra cosa di questo mondo imponentee misterioso. "Pensalo come qualcosadi piacevole. Immagina tutte le cose inconcepibili che hai saputo compiere. Un uomo che va in caccia del potere 'qnon.haquasi limiti nel suo sognare". chiesi di darmi qualchcindicazione. a<Gli '''Non ci sono indicazioni", disse."Devi soltanto guardarti le mani". "Deve essercialtro che mi pofeste dire". insiJrei. Scosseil capo e socchiusegli occhi, fissandomicon brevi occhiate. "Ognuno di noi B diverso", disse alla fine. "Quelle che tu chiami indicazioni sarebberosoltanto quello che ho fatto io sressoquando imparavo. Non siamo uguali; non siamo neppure vagamentesimili". "Forse qualunque cosa voi diciate potrebbe aiutarmi". "Sarebbe pii semplice se ti limitassi a incominciare a guardarti l e mani " . Sembrd otganizzarei suoi pensieri e mosse la testa su e giil. "Ogni volta che guardi una cosa nei tuoi sogni questa cambia forma", disse dopo un lungo silenzio. "Il trucco dell'imparare a soiluppare il sognare consiste ovviamente non solo nel guardare le cose ma nel continuare a guardarle. Sognareb reale quando si d riusciti a mettere tutto a fuoco. Quindi non c'b difietenza tra cib che fai quando dormi e quando non dormi. Capisci quello che intendo? ". Confessaiche sebbene capissi quello che aveva detto, tuttavia non potevo accettarela sua premessa.Sostenni che in un mondo civilizzato c'erano moltissime persone che avevano allucinazioni e non sapevano


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It

Diucn!are acccssibile al polere

distinguere tra cid che accadevanel mondo reale e cib che accadeva nelle loro fantasie. Dissi che queste persone erano senzadubbio malate di mente, e il mio disagio crescevaogni volta che lui mi raccomandava di agire come un pazzo. Dopo la mia lunga spiegazionedon Juan fece un comico gesto di disperazione mettendosi le mani sulle guance e sospirando rumorosamente. "Lascia in pace il tuo mondo civilizzato", disse. "Cosl sia! Nessuno ti chiede di comportarti come Dn pazzo. Te I'ho gi) detto, un guerrieto der,e essere.perfetto per.poter ftattaje col potere .ai ..tl va in caccia; come puor rmmaglnare che un guerriero non saprebbe distinguere una cosa dall'altra? "D'altra parte, tu, amico mio, che sai cosa d il mondo reale, annaspcrestie moriresti in un istante se dovessidipenderedalla tua abiliti nel giudicarecid cbe â‚Ź reale e cid che uon lo 8". Ovviamente non avevo espressoquello che intendevo veramente. Ogni volta che protestavo non facevo altro che esprimere I'insopportabile frustrazione della mia posizione insostenibile. "Non sto tentando di trasformarti in un uomo malato e pazzo", riprese don Juan. "Lo puoi fare da solo senzail mio aiuto. Ma le forze che ci guidano ti hanno condotto a me e io mi sono sforzato di insegn^rti cambiare i tuoi stupidi modi e a vivere la vita forte e schiette ^ Poi le forze ti hanno guidato ancora e mi hanno detto del gue*eiero. che dovresti imparare a vivere la vita impeccabile del guerriero. Apparentementenon puoi. Ma chi pub dido? Noi siamo misteriosi e imponenti come questo mondo insondabile, percib chi pub dire di cosa sei ". caoace? ^ In fondo alla sua voce c'era un tono di tistezza. Volli scusarmi, ma lui riprese a parlare. "Non devi necessariamenteguardarti le mani", disse. "Come ti ho " detto, scegli qualunque cosa. Ma scegli una cosa in anticipo e trovala nei tuoi sogni. Avevo detto di guardarti le mani perch6 saranno selrlpre li. "Quando incominciano a cambiar forma devi distogliere la vista e scegliere qualcos'altro, e quindi guardarti ancora le mani. Ci vuole molto tempo per perfezionare questa tecnica". Ero cosi immerso nella scrittura dei miei appunti da non accorgermi che si stava facendo buio. Il sole era gii scomparsoall'orizzonte. Il cielo era nuvoloso e il crepuscolo imminente. Don Juan si alzb in piedi e lancib occhiate furtive verso sud. "Andiamo", disse. "Dobbiamo camminare verso sud fino a quando lo spirito della pozza d'acqua non si mostra".

Diuentareaccessibile al potere l0l Camminammo per forse mezz'ora. Il terreno cambib bruscamente e giungemmo in una zona spoglia. C'era una grande collina rotonda su cui la vegetazioneera bruciata, sembravauna testa calva. Ci ditigemmo verso quella collina. Pensai che don Juan volesse salire su per il lieve pendio, ma invece si fermd e rimase immobile con un'espressionemolto attenta. Il suo capo sembrd tendersi come una singola uniti e vibrd per un istante. Quindi don Juan si rilassd ancora e rimase in piedi, rilasciato. Non potevo immaginare come il suo corpo potesse rimanere cosl eretto mentre i muscoli erano cosi rilassati. In quel momento una fortissima raffica di vento mi fece sussultare. Il corpo di don Juan si volse nella direzione del vento, verso ovest. Non usb i muscoli per voltarsi, o per lo meno non li usb nel modo in cui io avrei usato i miei per voltarmi. Sembravapiuttosto che il suo corpo fosse stato spinto dall'esterno. Era come se un altro gli avesse sistemato il corpo per fargli guardare in una nuova direzione. Continuai a fissarlo. Mi guardava con la coda dell'occhio. Aveva sul volto un'espressionedi determinazione,di risolutezza. Tutto il suo essereera attento e lo fissai pieno di meraviglia. Non mi ero mai trovato in nessuna situazione che richiedesseuna simile smana concenfazione. Improvvisamente il suo corpo rabbrividi come se fosse stato investito da un'improvvisa doccia fredda. Ebbe un alrro sussultoe quindi si mise a camminare come se non fosse successonulla. Lo seguii. Fiancheggiammole aride colline a est finch6 ci tovammo in mezzo; li don Juan si fermd, rivolto a ovest. Da dove eravamo. la sommiti della collina non era cosi rotonda e levigata come era parsa da lontano. Vicino alla sommit) c'era nna caverna, o un buco. Lo guardai fissamente perchd don Juan stava facendo Io stesso.Un'alra forte rafiica di vento mi fece correre un brivido per la spina dorsale. Don Juan si voltd verso sud ed esamind la zona con 1o sguardo. "Ecco!", disse in un sussurroe indicd un oggetto sul terreno. Mi sforzai di vedere cosa fosse. C'era qualcosasul terreno, a sei o sette metri di distanza. Era di colore marrone chiaro e mentre lo guardavo vibrava. Mi concentrai con tutta la mia attenzione. L'oggetto era ' quasi rotondo e sembrava raggomitolato; in efietti sembrava un cane accovacciato. " C os' b?" , sussuf r aia don Juan. "Non lo so", mi sussurrb in risposta mentre scrutava I'oggetto. "Cosa ti pare che sia?". Gli dissi che sembrava un cane. "Troppo grande per essereun calte", risposepositivamente. Feci un paio di passi verso l'oggetto, ma don Juan mi arrestb dol-


al poterc 102 Diucntareacccssibile cemente. Lo fissai di nuovo. Era senzadubbio un animale addormentato o morto. Potevo quasi vederne la testa; le orecchie sporgevano come quelle di un lupo. In quel momento fui certissimo che fosse un animale raggomitolato. Pensai che potesse essereun vitello bruno. Lo sussurrai a don Juan. Rispose che era troppo massiccio per essereun vitello, inoltre aveva le orecchie a punta. L'animale tremd ancora e allora^mi accorsiche era vivo. Potei efiettivamente vedere che stava respirando, tuttavia non sembrava respirare ritmicamente. I respiri che mandava assomigliavanopit a brividi irregolari. In quel momento ebbi un'improvvisa intuizione. "E un animale che sta morendo", sussurrai a don Juan. "Hai ragione", mi sussurrbin rispost^. "Ma che tipo di animale?". Non riuscivo a distinguere i lineamenti specifici. Don Juan fece un paio di cauti passi verso I'animale.Lo seguii. Era ormai buio e dovemmo fare alri due passi per osservarlo. " Stai in guardia", mi sussurrd don Juan all'orecchio. " Se d un animale morente ci pud saltare addosso con le sue ultime forze". L'animale, quale che fosse, sembrava all'estremo: il suo respiro era irregolare, il corpo si scuoteva spasmodicamente,ma non cambiava la sua posizione raggomitolata.A un certo momento, tuttavia, uno spasmo remendo lo sollevb letteralmente dal suolo. Udii un urlo inumano e I'animale protese le zampe; gli artigli non erano soltanto spaventosi, erano nauseanti.L'animale piombb sul fianco dopo aver disteso le zampe e quindi totolb sulla schiena. Udii un grugnito formidabile e la voce di don Juan che urlava: "Scappa! Scappa!". E fu proprio quello che feci. Arrancai verso la sommiti della collina con una velociti e agilit) incredibile. Quando fui a mezza via guardai indietro e vidi don Juan fermo allo stessoposto. Mi fece segno di scenderee corsi gii per la collina. "Che b successo?",chiesi senzafiato. "Penso che I'animale sia morto", disse. Avanzammo con cautela verso I'animale. Era disteso sulla schiena. Mentre mi avvicinavo quasi urlai dalla patrra mi parve che non fosse ancofa completamente morto. Il suo corpo tremava ancora, le gambe, diritte in aria, si agitavano selvaggiamente.L'animale era senza dubbio negli ultimi spasimi. Avanzai precedendo don .fuan. Un nuovo sussulto mosse il corpo dell'animale e potei vederne la testa. Mi voltai inorridito verso don Juan. A giudicare dal cotpo I'animale era owiamente un mammifero, tuttavia, aveva un becco, come un uccello. Lo fissai in preda a un orrore assoluto e completo. La mia mente

Diuentareaccessibile aI potere

LO)

rifiutava di crederlo. Ero sbigottito. Non riuscivo nemmeno ad articolare una parola. Mai in tutta la mia esistenzaavevo contemolato nulla del--genere-Li davanti ai miei occhi c'era qualcosa di inconcepibile. Volli chiedere a don Juan di spiegarmi I'incridibile animale, ma potei solamentefarfugliare. Don f_uanmi fissava.Guardai verso di lui e guard-?i I'animale, e allora qualcosa in me ricompose il mondo e Jeppi all'istante cos'era l'animale. Mi diressi verso J'animalee lo tirai su. Eia un grosso-ramo di un albero. Era bruciato, e probabilmente il vento aveva sofiato dei detriti bruciati che si erano ittaccati al ramo secco dandogli cosl l'apparenza di un grosso animale accovacciato.Il colore dei detriti bruciati lo faceva apparire marrone chiaro in contrasto con la vegetazioneverde. Risi della mia idiozia e concitatamente spiegai a don Juan che il vento che soffiava attravefso il ramo lo aveva fatto sembrare un animale vivo. Pensai che don Juan sarebbe stato lieto del modo in cui avevo risolto il mistero, invece gird su se stesso e si avvib verso la sommit) della collina. Lo seguii. Striscid denuo la depressione che sembrava una caverna. Non era un buco ma una leggera cavit) nell'arenatia. Don Juan prese dei ramoscelli e se ne servl per spazzarvia il terriccio che si era accumulato al fondo della deDressione. "Dobbiamo sbarazzarctdelle zecche", disse-. Mi fece segno di mettermi a sederee mi drssedi mettermi comodo perch6 avremmo passato ll la notte. 'Incominciai a parlare del ramo, ma lui mi zittl. "Quello che hai fatto non d un trionfo", disse. "Hai sprecato un bellissimo potere, un potere che sofEavala vita in quel ramo secco". Disse che pet me un vero trionfo sarebbe stato liberare e seguire il potere finchd il mondo avessecessatodi esistere. Non sembrava in colleta con me n6 deluso da quanto avevo fatto. Afiermd ripetutamente che quello era solo il principio, che per maneggiareil potere ci voleva tempo. Mi diede un colpetto sulla spalla e in tono scherzosodisse che solo il giorno prima io ero la petsona che sapeva cosa fosse realc e cosa no. Mi sentii imbarazzato. Incominciai a scusarmi della mia tendenza di esseresempre cosi sicuro di quello che dicevo o facevo. "Non importa", disse. "Quel ramo era un animale vero ed era v,,-c al momento in cui lo ha toccato il potere. Dal momento che cib che lo teneva in vita era il potere, il trucco era, come nel sognare, sosto nerne la vista. Capisci cosa voglio dire?". Volevo chiedere ancora qualcosa,ma don Juan mi zittl e disse che


10.1 Diuentareaccessibile al potere dovevo rimanere in perfetto silenzio ma sveglio per tutta la notre, e che lui soltanto avrebbe parlato un po'. Disse che lo spirito avrebbe potuto essere ammansito dal suono della sua voce, che conosceva,e ci avrebbe lasciati in pace. Spiegb che l'idea di rendersi accessibili al potere aveva delle connotazioni Jerie. Il potere era una forza distruttriie che poteva facilmente condurre alla morte e andava tr^ttato con gran cura. Bisognava rendersi accessibili al potere in modo sistematico,ma sempre con gran cautela. Cib comportava il rendere ovvia la propria presenza con una contenuta esibizione di chiacchiere ad aha voce o qualsiasi altro tipo di attivita rumorosa, e poi era obbligatorio osservare un silenzio prolungato e totale. Uno scoppio controllato e una quiete controllata erano il segno che contraCdistinguevail guerriero. Disse che in realti avrei dovuto sostenereun po' pii a lungo la vista del mostro vivo. In modo controllato, senza perdermi d'animo o sconvolgermi per l'eccitazione o la paura, avrei dovuto sfozarmi di 'fermare il mondo'. Mi fece osservare che dopo che ero fuggito a gambe levate su per la collina ero nello stato perfetto per 'fermare il mondo'. In quello stato si cornbinavano paura, rispetto, potere e morte; disse che un tale stato era assai difficile da ripetere. Gli sussurrai all'orecchio: "Che cosa intendete oer'fermare il mondo'?". Mi lancib un'occhiata feroce, prinih di rispondermi che era una tecnica praticata da coloro che vanno iif caccia del potere, una tecnica in virtil della quale il mondo cosi come lo conosciamo veniva fatto crollare.

11 Lo stato d'animo del guerriero Arrivai con la macchinaa casadi don Juan giovedi 31 agosto 1961; prima che avessiavuto I'opportunit) di salutarlo lui in6l6 iL capo attraverso il finestrino dell'automobile, mi sorrise e disse: "Abbiamo molta srada da fare in macchina per arrivare a un posto di potere, ed b quasi mezzogiorno". Apri lo sportello, si mise a sedereaccanto a me sul sedile anteriore e mi guidb in direzione sud per circa settanta miglia; voltammo quindi a est per una strada bianca e la seguimmo fino a raggiungerele pindici delle montagne. Parcheggiai fuori della strada in una depressioneche don Juan aveva scelto perchâ‚Ź abbastanzaprofonda da nascondere la macchina alla vista. Di l) andammo direttamente sulla cima delle basse colline, attraversando una vasta regione pianeggiante e desolata. Quando calb l'oscuriti don Juan scelseun posto per dormire. Pretese un silenzio completo. Il giorno dopo facemmo un pasto frugale e continuammo il nostro viaggio in direzione est. La vegetazione non era pir) costituita dagli arbusti del deserto ma da fitti cespugli verdi di montagna e alberi. Verso Ia meti del pomeriggio ci inerpicammo sulla cima di una gigantescabamiera di conglomerato che pafeva un muro. Don Juan si mise a sedere e mi fece sesno di imitarlo. _ "Questo d un luogo di potere", disse dopo un momento di pausa. "E il posto in cui tanto tempo fa venivano sepolti i guerrieri". In quell'istante un corvo vold sulle nostre teste gracchiando. Don Juan ne segui il volo con lo sguardo fisso. Esaminai la roccia e mi stavo domandando come e dove fossero stati seppelliti i guenieri, quando don Juan mi batt6 leggermente sulla spalla. "Non qui, sciocco", diss,esorridendo. "Laggiil". Indicd il terreno sotto di noi ai piedi della barriera, verso est; spiegd che quel terteno era circondato da un recinto naturale di maci-


Lo statod'animodel guerrieto 107

106 Lo statod'animodel guerriero gni. Da dove ero seduto vedevo una zon^ di forse cento metri di diametro, in appatenzadi forma perfettamente circolare. Fitti cespugli ne coprivano la superficie, dissimulando i macigni. Non ne avrei notato la forma perfettamente rotonda se don Juan non me I'avessemostrata. Disse che di posti come quello ce n'erano moltissimi sparsi nel vecchio mondo degli indiani. Non erano esattamente posti di potere, come certe colline o formazioni geologichein cui dimoravano gli spiriti, ma piuttosto luoghi di illuminazione dove si poteva ricevere un insegnamento, dove si poteva trovare la soluzione dei dilemmi. "Tutto quello che devi fare b venire qui", disse. "O passare la notte su questa roccia per ricomporre i tuoi sentimenti". "Passeremola notte qui?". "Pensavo di si, ma un piccolo corvo mi ha appena detto di non farlo ", Cercai di saperne di pit sul corvo, ma don Juan mi zitti con un cenno impaziente della mano. "Guarda quel cerchio di macigni", disse. "Fissatelo nella memoria e poi un giorno un corvo ti condurr) a un altro di questi luoghi. Quanto piil b perfetta la sua forma rotonda, tanto d maggiore il suo potere". "Le ossa dei guerrieri sono ancora seppellite qui?". Don Juan assunseuna comica espressionedi sgomento e quindi fece un largo sorriso. "Questo non b un cimitero", disse."Non c'b sepolto nessuno.Ho detto che un tempo qui c'erano sepolti i guerrieri. Volevo intendere che i guerrieri usavanovenire qui a seppellirsi per una notte, o per due giorni o per qualsiasi periodo di tempo volessero.Non intendevo dire che qui siano sepolte le ossa di persone morte. Non mi interesso dei cimiteri, in essi non c'd potere. C'd potere nelle ossa dei guerrieri, comunque, ma non sono mai nei cimiteri. E c'b anche pir) potere nelle ossa di un uomo di conoscenza,tuttavi^ sarebbe praticamente impossibile trovarle". "Chi a un uomo di conoscenza,don Tuan?". "Qualunque guerriero pottebbe-dinentare un uomo di conoscenza. Come ti ho detto, un guerriero b un cacciatore impeccabile che va in caccia del potete; se ha successonella sua caccia pub essereun uomo di conoscenza". " Che c os a..." . Don Juan interruppe la mia domanda con un cenno della mano. Si alzb in piedi, mi fece segno di seguirlo e incomincib a discendere il ripido pendio orientale della barriera. Nella faccia quasi perpendicolare c'era un sentiero ben visibile che conduceva alla sottostante spianata circolare.

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Lentamente e a {atica discendemmo per il pericoloso sentiero e quando raggiungemmo il fondo don Juan, senza fermarsi affatto, mi condusseattraverso i fitti cespugli fino al centro del cerchio. Li prese dei rami secchi e ripuli uno spiazzo perch6 mi potessi sedere. Anche lo spiazzo che aveva ripulito era perfettamente rotondo. "Avevo intenzione di seppellirti qui per tutta la notte", disse. "Ma adessoso che non B ancora ora. Tu non hai potere. Ti seppellird solo per poco". L'idea di essererinchiuso mi rendeva molto nervoso e eli domandai come intendeva seppellirmi. Ridacchib come un bambino e si mise a raccogliererami secchi. Non permise che lo aiutassi e disse che dovevo sedermi e aspettare. Don Juan gettb i rami che andava raccogliendo dentro il cerchio che aveva pulito. Poi mi fece stendere, con la testa rivolta a est, mettendomi la giaccasotto la testa, e mi costrui un'impalcatura intorno al corpo. La costrui conficcando nel temeno sofice pezzi di rami lunghi un'ottantina di centimeffi; i rami, che terminavano con una biforcazione, servivano da supporto a certi iunghi bastoni che davano alla gabbia un'ossatura e I'apparenza di una bara aperta. Chiuse la gabbia come una scatola ponendo ramoscelli e foglie sui lunghi bastoni, rinchiudendomi dalle spalle in giil. Mi lascid sporgere fuori la testa con la giaccacome cuscino. Prese quindi un grosso pezzo di legno secco e, usandolo come un bastone da scavo, sbriciolb il tefficcio intorno a me e se ne servl oer coprire la gabbia. L'intelaiatura era cosi solida e le foqlie cosi ben sistemateche nella gabbia non cadde neanche un granell6 di terra. Potevo muovere le gambe liberamente e potevo realmente scivolare dentro e fuori. , Don Juan disse che ordinariamente un guerriero costruiva \a gabbia, poi vi scivolava denro e la sigillava dall'interno. "E gli animali?", domandai. "Non possoiro grattar via la superficie di terriccio, introdursi nella gabbia e far del male all'uomo?". "No, non b una cosa che preoccupi un guerriero. E, una cosa che preoccupa te perchd non hai potere. Il guerriero, d'altra parte, E guidato dal suo scopo inflessibile e pub difendersi da tutto. Nulla lo pub importunare, nd un topo, n6 un serpente,n6 un leone di montagna". "Perch6 si seppelliscono,don Jr:an?". "Per ottenefe I'illuminazionee il ootere". Provai una piacevolissimasensazionedi pace e di soddisfazione;il mondo in quel momento sembrava sereno. La quiete era perfetta e al tempo stessosnervante.Non ero abituato a quel tipo di silenzio. Cercai di parlare ma don Juan mi zittl. Dopo un po' la tranquillit) del luogo


108 Lo statod'anino del guerriero influenzb il mio umore. Incominciai a pensare alla mia vita e alla mia storia personale e provai una familiare sensazionedi ttistezza e rimorso. Dissi a don Juan che non ero degno di stare ll, che il suo mondo era forte e leale e io debole, e che il mio spirito era stato deformato dalle circostanzedella mia vita. Don Juan rise e minaccib di coprirmi la testa di terra se continuavo a parlarc su quel tono. Disse che ero un uomo, e come ogni uomo meritavo tutto cib che era sorte dell'uomo - gioia, dolore, ffistezza e lotta - e che la natura dei nostri atti non contava finchd si agiva come un guerriero, Abbassandola voce fin quasi a un mormorio disse che se veramente sentivo che il mio spirito era deformato dovevo semplicementefissarlo - purgarlo, renderlo perfetto - perchd in tutta la nosila vita non c'era altro compito che fosse pii degno. Non fissare1o spirito significavacercare la morte, ed era lo stessoche non cercare nulla, dal momento che la morte ci avrebbe soprafiatti senza tener conto di nulla. Rimase a lungo silenziodo,quindi, in tono di profonda convinzione, disse: "Cercarcla pefiezione dello spirito del guerriero d il solo degno compito della nostra condizione di uomini". Le sue parole ebbero l'efietto di un catalizzatore.Sentii il peso delle mie azioni passatecome un fardello intollerabile e fastidioso. Ammisi che per me non c'era speranza.Incominciai a piangere, parlando della mia vita. Dissi che era da tanto tempo che me ne andavo in siro per il mondo da solo che ero diventato insensibile al dolore e alla iriste)za, tranne certe occasioni in cui mi rendevo conto della mia solitudine e impotenza. Don Juan non disse nulla; mi afierrd per le ascellee mi tird fuori dalla gabbia. Mi misi a sedere quando mi lascid andare. Anche lui si mise a sedere. Tra noi si stabill un silenzio Desante. Pensai che volessedarmi il tempo di ricompormi. Presi il mio taccuino e ir;cominciai scribacchiarenervosamente. "Ti senti come una foglia in balia del vento, non d vero?", disse alla fine guardandomi fisso. Era esattamentecome mi sentivo. Don Juan sembrava provar comprensione per me. Disse che il mio umore gli rammentava quello di una canzonee incomincid a cantatla in tono sommesso;la sua voce era molto piacevole e i versi mi rapirono: "Sono tanto lontano dal cielo sotto il quale sono nato. Un'immensa nostalgia invade i miei pensieri. Ora che sono cosl solo e triste come una foglia al vento, qualche volta voglio piangere, qualche volta voglio rideie di struggimento" (Q.ae lejos estoy del cielo donde be nacido. Inmensa nostalgia inuade mi

Lo statod'anino del guerriero 109 l,('nsaffiiento. Ahora que estoy tan solo y triste cual hoia al uiexto, tlttisieru llorar, quisiera reir de sentirniento). Rimanemmo a lungo senza parlare. Alla fine don Juan ruppe il silcr-rzio. "Dal giorno in cui sei nato, in un modo o I'altro, qualcuno ti ha fatto qualcosa",disse. "Giusto", risposi. "E ti hanno fatto qualcosacontro la tua volont)". " E vero" , "E adesso ti senti impotente, come una foglia al vento". " Gi usto. E c osi". Dissi che alcune volte le circostanzedella mia vita erano state disastrose.Mi ascoltb attentamentema non riuscii a caDirese era soltanto consenzienteo veramente interessato,finchd non nri accorsi che cercava di nascondereun sorriso. "Non importa quanto ti piaccia provare dolore per te stesso,E una cosa che devi cambiare", disse in tono dolce. "Non si addice alla vita di un guerriero". Rise e cantd di nuovo la sua canzone, distorcendo perd I'intonazione di alcune parole; il risultato fu un lamento ridicolo. Mi fece osservareche il motivo per cui mi era piaciuta la canzoneera che in tutta la mia vita non avevo fatto altro che cercare difetti in tutto e lamentarmi. Non potevo discutere con lui, aveva ragione. Tuttavia credevo di avere motivi sufficienti per giustificare la mia sensazionedi esserecome una foglia al vento. "La cosa pit difficile al mondo b assumerelo stato d'animo di un glreniero", disse."Non serve a nulla esseretristi, lagnarsie sentire di essere.giustificatinel farlo, credere che qualcuno ci faccia sempre qualcosa. Nessuno fa nulla a nessuno,tanto meno a un guerriero. "Tu sei qui, con me, perch6 vuoi esserequi. Dovresti ormai esserterle assuntola piena responsabiliti; percib I'idea che tu sia in balia del vento d inammissibile". Si alzd in piedi e incomincib a smontare la gabbia. Riportb il terriccio dove lo aveva preso e sparpaglibcon cura tutti i legni tra i cespugli. Poi ricopri di detriti il cerchio che aveva pulito, lasciando la zona come se nulla I'avessemai toccata. Lodai la sua perizia. Risposeche un buon cacciatoreavrebbe saputo che eravamo stati li, per quanto accurato egli fosse, perchd le tracce degli uomini non potevano esserecancellate completamente. Si mise seduto a gambe incrociate e mi disse di sedermi il piil comodamente possibile, fronteggiando il punto in cui mi aveva sepolto, e di


110 Lo statod'animodel gucrriero rimanere immobile finch6 il mio stato d'animo triste non si fosse dissipato. "Un gueriero si seppellisceper trovare il potere, non per piangere di autocommiserazione", disse. Tentai di spiegarema mi arrestd con Lln cenno impaziente del capo. Disse che aveva dovuto tirarmi fuori in fretta dalla gabbia perchd il mio umore era diventato intollerabile e aveva temuto che il luoeo si irritasse per la mia debolezzae poressefarmi del male. "L'autocommiserazionenon si addice al potere", disse. "Lo stato d'animo di un guerriero richiede il controllo su se stesso e al tempo medesimotichiede I'abbandonodi se stesso". "Come pub essere?",chiesi. "Come ci si pud controllare e abbrndonare al temoo stesso?". ri " . b una t ec nr c ad1 'lrffi c i l e " ,d i s s e . Sembravache stessedecidendo se continrrareo no a parlare. Per due volte fu sul punto di dire qualcosa,ma si controlld e ioruise. "Non hai ancora vinto la tua ttistezza", disse. "Ti senti ancora debole e non servirebbea nientc parlarc ora dello stato d'anirno cli un guerriero". Trascorsequasi un'ora di silenzio complero. Quindi'don Juan mi chiesebruscamentese ero riuscito a imparare le tecnichedel 'sosnare' che lui mi aveva insellnato.Mi ero esercitatoassiduamentee dopo r.,no sforzo monumentaleero riuscito a ottenere una certa misura di controllo sui miei sogni. Don Juan aveva ben ragione quando aveva detto che si potevano interpretare gli esercizi come se fossero un ciivertimento. Fra la prima volta nella miavita che non vedevo I'ora di andare a oormlre. Gli feci Lrn resoconto dettagliato dei miei progressi. Mi era stato relativamentefacile impar.area mantenereI'immagine delle mie mani dopo che avevo imparaio a comandarmi di guardarle. Le mie visioni, sebbenenon sempre delle mie mani, duravano un tempo apparentementelungo, finchd alla fine perdevo il controllo e mi immergevo nei comuni sogni irnprevedibili. Il momento in cui davo a me stessoil comando di guardarmi le mani, o di guardare qual-"iasialtro dettaglio del sogno, non dipendeva dalla mia volont). Accadeva soltanto. A un certo momento ricordavo che dovevo guardarmi le. mani e quindi guardare cid che mi circondava. C'erano poi delle notti in cui non potevo ricordare assolutamentedi averlo fatto. Don Juan parve soddisfatto e volle sapere quali fossero i dettagli - incontravo che di solito ndi miei sogni. Non riuscii a ricordare nuiia in particolaree incominciai a dilungarmi su un sogno da incubo che avevo fatto la notte prima.

Lo stato d'anino del guerriero

"Sii meno fantasioso",mi disse seccamente. Gli dissi che avevo registrato tutti i dettagli dei miei sogni. Da t;rrando avevo incominciato a esercitarmi a guardarmi le mani i miei sogni erano diventati quanto mai irresistibili e la mia capaciti di ricordareera aumentataal punto che potevo ricordaredettagli minimi. Mi disse che seguirli era una perdita di tempo, perch6 dettagli e nititlezza non erano allatto imoortanti. "I sogni ordinari diventano molto nitidi non appena incominci a sDiluppareil sognare", disse. "Quella nitidezza e quella chiarezzacostituiscono una barriera formidabile, e tu sei peggio di tutti quelli che ho mai incontrato nella mia vita. Hai la mania peggiore, scrivi tutto quello che puoi". Credevo in tutta oneste che quello che facevo fosse approprirrto. Tenere una meticolosa registrazione dei miei sogni mi consentiva un certo grado di chiarezzasulla natura delle visioni che avevo dormendo. "Piantalal", mi disse imperiosamente."Non serve a niente. Tutto quello che fai b distrarti dallo scopo del sognare, che b controllo e potere". Si mise disteso coprendosi gli occhi col cappello e mi parlb senza guardarmi. "Ora ti rammcnter6 tutte le tecniche che devi esercitare",disse. "Innanzituttq come punto di patterva, devi mettere a fuoco lo sguardo sulle mani. Quindi devi spostare lo sguardo su altri dettagli e guardarli con brevi occhiate.Metti a fuoco lo ssuardosu quante cose vuoi. Ricorda che se dai soltanto brevi occhiatelJ immagini non si muovono. Poi torna alle tue mani. "Ogni volta che ti guardi le mani rinnovi il potere necessarioper sognare, percib al principio non guardare troppe cose. Saranno sufEcienti quattro dettagli ogni volta. PiU tardi puoi progredire fino ad abbracciare tutto quello che vuoi, ma non appena le immagini incominciano a muoversi e senti che stai perdendo il controllo, torna alle tue mani. " Quando sentirai di poter contemplare le cose indefinitamente sarai pronto per una nuova tecnica. Ota ti insegnerd questa nuova tecnica, voglio perd che tu la metta in atto solo quando sarai pronto". Rimase in silenzio per circa quindici nlinuti. Alla fine si tird su a sedere e mi guardd. "Il passo successivodello suiluppare il sognare consiste nell'imparare a viaggiare", disse. "Nello stesso modo in cui hai imparato a guardarti le mani potrai desiderare di muoverti, di andare nei luoghi. fnnanzitutto devi stabilire un luogo in cui vuoi andare. Scegli un luogo


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Lo stato d'animodel guerriero

che conosci bene - per esempio la tua scuola, o un giardino, o la casa di un amico - quindi devi voler intensamente andare li. "Questa tecnica i molto difficile. Devi eseguire due compiti: devi desiderareintensamentedi andare nella specificalocalith; e poi, quando hai padroneggiato quella tecnica, devi imparare a conuollare la durata esatta del tuo viaggio". Mentre trascrivevo le sue parole avevo la sensazionedi essereveramente pazzo. Stavo realmente inghiottendo istruzioni folli, riducendomi a mal partito per seguirle. Provai un'ondata di rimorso e di imbarazzo. "Che mi state facendo, don Juan?", domandai senza averne veramente I'intenzione. Don Juan parve sorpreso. Mi gtrardd fisso per un istante e quindi sorrise. "Mi fai sempre la stessadomanda", disse. "fo non ti sto facendo niente, sei tu che ti rendi accessibileal potere; gli dai la caccia e io ti sto solo guidando". Chinb la testa di lato e mi studid. Mi prese il mento con una mano e la nuca con I'altra e quindi mi mossela iesta avanti e indietro. Avevo i muscoli del collo molto tesi e quel movimento ridusse la tensrone. Don Juan guardd il cielo per un momento e sembrb vederci qualcosa. Camminammo in direzione est finchd giungemmo a un gruppo di alberelli, in una valle tra due grandi colline. Erano ormai quasi le cinque del pomeriggio; don Juan disse come per caso che avremmo potuto passarela notte in quel luogo, indicb gli alberi e disse che li intorno c'era dell'acqua. Tese il corpo e si mise a fiutare I'aria come un animale. Potevo vedere i muscoli del suo stomaco contrarsi in brevi velocissimi spasmi mentre soffiava e inalava attfaverso il naso in rapida successiont.Mi esortd a fare altrettanto e a scoprire da me dove fosse I'acqua. Cercai con riluttanza di imitarlo. Dopo cinque o sei minuti di rapiia respirazione mi girava \a testa, ma le narici si erano aperte straordinariamente e potei veramente individuare I'odore dei salici acquatici, non riuscivo perb a indovinare dove fossero. Don Juan mi disse di riposarmi qualche minuto e quindi mi fece ricominciare a fiutare. Questa seconda volta fiutai piil intensamente e potei efiettivamente distinguere I'odorE dei salici acquatici che veniva dalla mia destra. Avanzammo in quella direzione e dopo un buon quarto di miglio incontfammo una zona paludosa con acqua stagnante. Costeggiammo I'acqua giungendo a lna lnesa pianeggiante che si elevava di poco sul terreno circostante. Sopra e intorno alle ntesa la vegetazione era molto fitta.

Lo statod'anitnodel gueniero ll3 "Questo posto pullula di leoni di montagna e altri gatti minori", _ tlisse don Juan in tono casuale,come se fosse un'ossetvazionebanale. Corsi al suo fianco e lui scoppid a ridere. "Di solito non vengo affatto qui", disse. "Ma il corvo lra indicato questa direzione. Ci deve esserequalcosa di speciale". "Dobbiamo davvero stare qui, don Juan?". "Dobbiamo. Altrimenti avrei evitato questo posto". Mi sentivo estremamentenervoso.Don Juan mi disse di ascoltare attentamente quello che diceva. "La sola cosa che si possafare in questo posto d cacciarei leoni", disse. "Percib ora ti insegnerd come si fa. "C'E un modo specialeper costruire una ffappola per i topi acquatici che vivono intorno alle pozze d'acqua. I topi servono da esca. Si cosruisce una gabbia coi fianchi ribaltabili e lungo i lati si memono delle punte molto aguzze.Quando la trappola b montata le punre sono nascoste e innocue finchd qualcosa non cade sulla trappola, nel qual caso i fianchi si abbattono e le punte trafiggono cib che ha urtato la trappola". Non riuscivo a capire, ma don Juan disegnd sul terreno un diagr^mma mostrandomi che se i paletti laterali della gabbia erano posri su appoggi cavi che fungevano da perno, la gabbia sarebbe crollata da entrambi i lati se qualcosaavessepremuto sulla sua sommiti. Le punte erano scheggeaguzzedi legno duro, poste e fissate tlttto intorno all'intelaiatura. Don Juan disse che di solito si metteva un pesante carico di sassi su un graticcio di bastoni, connessi alla gabbia e sospesiin alto sopra di essa. Quando il leone di montagna affivav^ alla trappola innescata coi topi d'acqua, di solito cercava di sfondarla colpendola con rutta la sua forza; allora le scheggegli avrebbero trafitto le zampe e il gatto, furibondo, sarebbe balzato in alto facendosi precipitare addosso una valanga di sassi. "Un giorno o I'altro potrai dover catturare un leone di montagna", mi disse. "Hanno speciali poteri. Sono terribilmente furbi e il solo modo di catturarli b ingannarli col dolore e con I'odore dei salici acquati ci " . Con rapiditi e abilit) sorprendenti don Tuan mise insieme una rappola e dopo una lunga attesa catturd tre roditori grassottelli simili a scoiattoli. Mi disse di prendere una manciatadi foglie di salice dal bordo della palude e mi ci fece strofinare gli abiti. Lo stesso fece lui. Quindi, rapidamente e con grande abilit), intreccib due semplici reti di giunco,


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Lo stdto d'animo del guerriero

trasse dalla palude un grosso malloppo di piante verdi e fango e 1o portd alla mesa, dove si nascose. Nel frattempo i roditori simili a scoiattoli si erano messi a squittire forte. Dal suo nascondiglio don Juan mi disse di prendere I'altra rete e raccogliereuna buona porzione di fango e piante, e quindi di arrampicarmi sui rami inferiori di un albero vicino alla trappola che racchiudeva i roditori. Disse che non voleva far del male al gatto n6 ai roditori, percib avrebbe lanciato del fango sul leone se fosse venuto alla trappola. Mi disse di stare all'erta e di scagliareil mio fagotto sul gatto dopo di lui, per spaventado e farlo fuggire. Mi raccomandbdi fare molta attenzione a non cadere dall'albero. Le sue ultime istruzioni furono di rimanere cosi immobile da fondermi coi rami. Non riuscivo a vedere dove fosse don Juan. I roditori squittivano sempre piil forte e alla fine fu cosi buio che a stento potevo distinguere i contorni generali del terreno. Udii il rumore improvviso e vicino di morbidi passi e un'attutita esalazionefelina, poi un grugnito molto lieve; i toditori tacquero immediatamente. Fu in quell'istante che vidi la massa oscura di un animale proprio sotto il mio albero. Prima ancora che fossi sicuro che si trattava di un leone di montagna, I'ombra caricb contro la trappola, ma prima che la raggiungessequalcosa la colpl e la fece rinculare. Scagliaiil mio fagotto come don Juan mi aveva detto di fare. Mancai il colpo, ma I'animale ruggl molto forte. In quell'istante don Juan lancid una serie di urli penetranti che mi mandarono un brivido per la spina dorsale, e il gatto, con agilit) straordinaria, balzb sulla mesa e scomparve. Don Juan continub ancora per un po' a emettere i suoi urli penetranti, q;indi mi disse di scendere dall'albero, raccogliere la gabbia con gli scoiattoli, correre alla mesa e salire a raggiungerlo piil presto che potevo. Impiegai un tempo incredibilmente breve e fui di nuovo accanto a lui. Mi disse di imitare le sue uda meglio che potevo per tenere lontano il leone mentre lui smontava la gabbia e liberava i roditori. Incominciai a udare ma non riuscivo a produrre lo stesso efietto. Avevo la voce rauca per I'eccitazione. Don Juan disse che dovevo abbandonarmi e gridare con vero sentimento, petchd il leone era ancora in giro. All'improvviso mi resi pienamente conto della situazione: il leone era reale. Emisi una magnifica serie di urla laceranti. Don Juan rideva fragorosamente. Mi lascib urlare ancora per un momento e quindi disse che dove-

Lo stato rl'animo tlel guctriero

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r',rrr. abbandonare il luogo piil silenziosamentepossibile, perchd il l('()'c .on era uno sciocco e probabilmente stava ritotnunjo'sui suoi l):lssil)cr venire dove eravamonoi. "ci seguir) di sicuro", disse. "Possiamo stare attenti finch6 vogrialn(), ma lasceremosempre una traccia grande come un'autostrada,'. Gli camminai vicinissimo; di quando in quando si fermava per un istante e ascoltava. A un certo momento si mise a correre .ral b,.rio t' i. lo seguii con le braccia protese davanti agli occhi per difendermi (l al raml .

Alla fine giungemmo ai piedi della barriera sulla cui sommiti eravamo stati in precedenza.Don Juan disse che se fossimo riusciti a salire in cima senzavenir molestati dal leone saremmo stati salvi. Sall lui-per primo mostrandomi-la strada, e incominciammo ad arrampicarci al buio. Non so come, ma lo seguii con passi sicurissimi. euando fummo vicini alla cima udii uno strano grido di un animari; sembrava quasi il muggito di una mucca, solo che era un po, pii piol.rngato e aspro. " S u! S ul " , url d don Juan. Mi arrampicai sulla cima al buio completo, passandodavanti a don Juan. Quando lui raggiunse a sua volta la cima pianeggiantedella barriera, io ero gii li seduto che riprendevo fiato. Don Juan rotold al suolo. Per un istante pensai che lo sforzo gli fosse stato eccessivo,invece rideva della velociti con cui mi ero arrampicato. Rimanemmo in completo silenzio per un paio d'ore e quindi ci avviammo verso I'automobile.

Domenica 3 .rettembre.1961 Don Juan non era in casa quando mi svegliai. Lavorai ai miei ap. punti e prima che tornasse ebbi il tempo di andare a raccogliere deila legna da ardere tra gli arbusti circostanti. Quando don Juan entrb in casa stavo mangiando. Si mise a ridere di quella che chiamava la mia abitudine fissa di mangiare a mezzogiorno, ma si servi dei miei panini. Gli dissi che I'episodio del leone di montagna mi sconcertava.Se ci ripensavo mi sembrava tutto irfeale: era come se tutto fosse staro messo in scena a mio beneficio; la successionedegli avvenimenti era stata cosl rapida che non avevo avuto dawero il tempo di essere spaventato; avevo avuto tempo sufficiente per agire, ma non per considerare le circostanze.Mentre scrivevo i miei appunti mi era venuto da


116 Lo stdtod'dnimodel guerriero chiedermi se avevo veramente visto il leone di montagna. Il ricordo del ramo secco era ancora vivo. "Era un leone di montagna", disse don Juan imperiosamente. "Era un vero animalein carne e ossa?". " Naturalmente". Gli dissi che la faciliti di tutto I'episodio aveva risvegliato i miei sospetti. Era come se il leone fosse stato li ad aspettarci e fossc stato add^estratoa farc esattamente quello che don Juan aveva progettato. Don Juan non si scomposeper la mia opposizione di osservazioni scettiche.Rise di me. "Sei un tipo buf[o", disse. "Hai visto e udito il gatto. Era proprio sotto il tuo albero. Non ti ha fiutato e non ti d saltato addossoper via dei salici d'acqua che annullano ogni altro odore, anche per i gatti. Tu ne avevi in gtembo una manciata". Gli dissi che non era che dubitassi di lui, ma cl-requella notte tutto era stato estremamentediverso dagli avvenimenti della mia vita quotidiana. Per un istante, mentre scrivevo i miei appunti, avevo persino avuto la sensazioneche il ruolo del leone potesse esser stato interpretato da don Juan. Tuttavia avevo dovuto scartare I'idea, perch6 ricordavo di aver visto veramente la forma scura di un animale a quattro zampe che caricava conuo la gabbia e quindi balzava sulla mesa. "Perch6 ti agiti tanto?", mi disse. "Era solo un gattone. Devono esserci migliaia di gatti su quelle montagne, che vuoi che sia? Come al solito ti concentri sui dettagli sbagliati. Non fa nessunadifierenza se era un leone o i miei calzoni, quello che contava erano i tuoi sentimenti in quel momento". In tutta la mia vita non avevo mai visto n6 sentito un gattone selvaggio in cerca di preda. Quando ci ripensavo non riuscivo a raccametro da me. -pezzarmi che fosse stato solo a un Don Juan mi ascoltb pazientemente mentre rievocavo tutta I'espetienza. "Perchd tanto timore di quel gattone?", mi chiese con un'espressione inquisitrice. "Sei stato vicino alla maggioranza degli animali cl-re vivono qui e non hai mai avuto timore di loro. Ti piacciono i gatti?". "No, non mi piacciono", "E allora dimenticatelo. Comunque la lezione non riguardava il modo di cacciare i leoni". "Cosa riguardava?". "Il piccolo corvo mi ha indicato quel punto specifico, e in quel punto ho visto l'opportunita di farti capire come si agisce mentre si e nello stato d'animo del guerriero. "L'altra notte hai fatto tutto in uno stato d'animo appropriato:

Lo statod'animodcl guerriuo

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,;uando sei saltato gii dall'albero per prendere la gabbia e correre su ..la me, eri controllato e al tempo stesso abbandonalo, non eri pa-:.lizt.ato dalla paura; e poi, vicino alla cima della barriera, quando il ieo,r. ha ruggito, ti sei mosso benissimo. Son sicuro che non crederesti a .luello che hai fatto se guardassi la barrierh alla luce del giorno. Hai rrvuto un.buon grado di abhandono, e al tempo stesso un Luon grado rli conrollo su di te. Non hai mollato e non te la sei fatta nei calzoni, ,eppure hai mollato e ti sei arampicato su quel muro nel buio completo. Avresti potuto mancare il sentiero e ucciderti. Per salire su quel muro nel buio completo bisognava che ti tenessi e ti lasciassiandare allo stessotempo. E questo che io chiamo lo stato d'animo di un gueffiero". Dissi che, qualunque cosa avessi fatto quella notte, era stato il prodotto della mia paura e non il risultato di nessuno stato d'animo di controllo e abbandono. "Lo so", disse sorridendo. "E ho voluto mostrarti che Duoi spronare te stessooltre i tuoi limiti se sei nello stato d'animo adatto. Un guerrierocostruisceil proprio stato d'animo. Tu non Io sapevi.La paura ti ha messonello stato d'animo del guerrlero, ma ora che lo sai, tutto pud servire a fartici entrare". Volli discutere con lui, ma le mie ragioni non erano chiare. provavo -un inesplicabile senso di fastidio. "E convenienteagire semprein tale stato d'animo", continub don Juan. "Ti libera da tutto e ti lasciapurificato.E stata una srande sensazi onc quando hai r aggiunt ola cim a della bar r ier a,non d"ver o?, '. Gli risposi cl-recomprendevo quello che voleva dire, perd senrivo che sarebbe stato idiota cercar di applicare quello che mi stava insegnando alla mia vita quotidiana. "Ci vuole lo stato d'animo del guerriero per ogni singolo atto", disse."Altrimenti si diventa deformati e brutti. Non c'd poiere in una vita che manchi di questo srato d'animo. Guardati: tutto ti offende e ti turba. Ti lagni e ti lamenti e senti che tutti ti fanno ballare alla loro musica.Sei una foglia in balia del vento. Non c'E potere nella tua vita. CIre brutta sensazionedeve essere! "Un guerriero, d'altra parte, b un cacciatore.Il guerriero calcola tutto. Questo b controllo. Ma una volta terminati i suoi calcoli, agisce, lascia andare. Questo E abbandono. Un guerriero non E una foglia in balia del vento. Nessuno lo pub spingere; nessunopud fargli fare nulla contro la sua volont) o contro il suo giudizio. Il guerriero b programmato per sopravvivere, e sopravvive nel migliore dei modi possibili". Mi piacque la sua affermazione,sebbene non la ritenessi realistica.


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L o s t d t o d ' a n in to d e l g u e r r ie r o

Sembravaroppo semplicisticaper il complessomondo in cui vivevo io_. Don Juan rise delle mie argomentazioni e io insistei che lo stato d'animo del guerriero non avrebbe potuto aiutarmi a vincere la sensazione di essere ofieso o realmente ferito dalle azioni dei miei simili, come nel caso ipotetico dell'esserefisicamentemolestato da una persona crudele e maligna che occupa una posizione di superioriti. Don Juan rise fragorosamentee amlnise che I'esempio era appropriato. "Un guerriero potrebbe essereferito ma non of[eso", disse. "Per il guerriero non c'E nulla di offensivo negli atti dei suoi simili finchd lui stesso agisce enffo lo stato d'animo appropriato. "L'aItra notte tu non sei stato ofieso dal leone. Il fatto che ci abbia dato la caccia non ti ha irritato. Non ti ho senrito maledirlo nd ti ho sentito dire che non aveva il diritto di inseguirci. Per quel che ne sapevi avrebbe potuto essere un leone crudele e maligno. Ma tu non hai fatto una simile considerazionementre cercavi di sfuggirgli. La sola cosa pertinente era sopravvivere,e l'hai fatto benissimo. "Se tu fossi stato solo e il leone ti avessepreso e sbranatoa morre, non ti sarebbe mai venuto in mente di lamentarti o di sentirti offeso dai suoi atti. "Lo stato d'animo del guerriero non E cosi impossibile per il tuo mondo n6 per il mondo di nessuno.Tu ne hai bisogno per sbanzzarti di tutto quanto". Gli spiegai il mio modo di ragionare. Il leone e i miei simili non erano sullo stesso piano, perch6 conoscevo gli intimi sotterfugi degli uomini mentre non sapevo nulla del leone. Quello che mi oflendeva nei miei simili era che agivano malignamente e con consapevolezza. "Lo so, lo so", dissepazientementedon.|uan. "Raggiungere1o stato d'animo del guerriero non e cosa semplice. E una rivoluzione. Considerare uguali iL leone, i topi d'acqua e i nostri simili E un magnifico atto dello spirito del guerriero. Per farlo ci vuole potere".

12 Una battaglia di potere Gioueil 28 dicembre, 1961 La mattina molto presto partimmo per un viaggio. Con la macchina ci dirigemmo a sud e quindi-a .rt ,o.rrt le montagne. Don Juan aveva portato delle zucche piene di cibo e acqua. I\4aneiammoin macchina prima di incominciare a camminare "Stammi molto vicino", mi disse don.Tuan. "Questa regione ti d sconosciutae non c'b bisogno di correre rischi. Stai andando in cerca del potere e tutto quello che fai conta. Osserva il vento, specialmente verso la fine della giomata. Osserva qLrandocambia direzione e modifica la tua posizione in modo da essere sempre protetto da me contro i l vento" . "Che cosa siamo venuti a fate in queste montagne,don Juan?". "Devi dare la cacciaal ootere". "Voglio dire, che dobbiamo fare in particolare?". "Quando si tratta di dar la cacciaal potere non esiste piano. Andare a caccia di potere o di selvagginad la stessacosa. Un cacciatore caccia tutto quello che gli si presenta, percib deve essere sempre alI'ena. "Tu sai del vento, e ora puoi dar la caccia al potere nel vento da solo. Ma ci sono altre cose di cui non sai, che, come il vento, sono il centro del potere in certi momenti e in certi luoghi. "Il potere d una faccenda molto particolare", continub. "E impossibile inchiodarlo e dire che cosa b veramente. E una sensazioneche si ha per certe cose. Il potere b impersonale,appartiene solo a se stessi. Il mio benefattore, per esempio, poteva far ammalare mortalmente una persona solo guardandola. Le donne deperivano dopo che aveva messo gli occhi su di loro. Tuttavia non faceva ammalare la gente sempre, ma solo quando c'era di mezzo il suo potere personale". "Come sceglievachi doveva far ammalare?".


120 Una battagliatli Potere "Non lo so, non lo sapevanemmeno lui. Il potcre d cosi: ti comanda e tuttavia ti obbedisce. "Un cacciatore di potere lo prende in trappola e quindi 1o mette in serbo come sua scopertapersonale.Percid, il potere personalecresce, e puoi incontrare il caso di un guerriero che abbia tanto potere personale da diventare un uomo di conoscenza". "Come si mette in serbo il potere, don Juan?". "Questa d un'altra sensazioneancora, dipende dal tipo di persona che b il guerriero. Il mio benefattore era un uomo di natura violenta; accumulavail potere con la violenza, tutto cib che faceva era forte e diretto. Mi ha lasciato il ricordo di qualcosa che si muoveva con tumulto. E tutto quello che gli accadevaavveniva in quel modo". Gli dissi che non riuscivo a capire come il potere potesse esser messo in serbo attraverso un sentimento. "Non c'd modo di spiegarlo", mi rispose dopo una lunga pausa. "Devi farlo da te", Tirb su la zuccacol cibo e se la legd sulla schiena. Mi porse uno spago cui erano legati otto pezzi di carne secca e mi disse di appendermelo al collo. "Questo b cibo di potere", disse. "Che cosa lo rende cibo di potere, don Juan?". "E la carne di un animale che aveva potere. Un cervo, un cervo unico. E stato condotto a me dal mio potere personale. Quesia carne ci sostenteri per settimane, per mesi se necessario.Masticane qualche pezzetto per volta, e masticali completamente. Lascia che il potere si immerga lentamente nel tuo corpo". fncominciammo a camminare. Erano quasi le undici di mattina. Don Juan mi ricordb ancora una volta il procedimento da seguire. "Osserva il vento", disse. "Non farti sorprendere dal vento e non permettere che ti stanchi. Mastica il tuo cibo di potere e proteggiti dietro al mio corpo. A me non pub nuocere; ci conosciamo a vicenda molto bene". Don Juan mi condussea un sentiero che saliva diritto verso le alte montagne. La giornata era nuvolosa e sembrava che stesseper piovere. Potevo vedere le basse nuvole gonfie di pioggia e la nebbia scendere vetso di noi dalle montagne. Camminammo in completo silenzio fin quasi alle tre del pomeriggio. Masticare la carne secca mi rinvigoriva vetamente. Sorvegliar gli improwisi cambiamenti di direzione del vento divenne una faccenda mi' steriosa, al punto che tutto il mio corpo sembrava sentirli prima che avessero luogo veramente. Avevo la sensazionedi poter individuare le onde del vento come una specie di pressione sulla pate superiore

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,lel torace, sui bronchi. Ogni volta che stavo per sentire una folata di vento il petto e la gola mi prudevano. Don Juan si_fermd per un momento e si guardb intorno come per .rientarsi, quindi si voltd a desra. Notai che anche lui masticavJ h carne secca.Mi sentii molto fresco e per nulla stanco. I cambiamenti tlcl vento mi avevano talmente ,rrorbito che non mi ero reso conto del passare del tempo. Ci inoltrammo in una gola profonda e quindi ne risalimmo un lato giungendo a un piccolo pianoro sul fianco nudo di un'enorme monrilgna. Eravamo molto alti, quasi sulla cima della montagna. Don Juan sali su un'enorme roccia all'estremiti del pianoro e mi aiutd a salire a mia volta. La roccia era situata in modo da guardare come-una_cupolasu una valle scoscesa.Ne facemmo lentamente il giro. Alla fine dovetti muovermi intorno alla roccia stando seduto. tenenJomi alla sua superficie con le mani e coi piedi. Ero fradicio di sudore e dovevo asciugarmile mani ripetutamentc. All'altra estremit) del pianoro potevo scorgere una grandissirna caverna poco profonda, vicino alla cima della montagna. Sembrava una grande sala scavatanella roccia; era di arenaria erosa dal tempo fino a prendere la forma di una speciedi balcone con due colonne. ,Don Juan disse che ci saremmo accampatili, che era un posto molto sicuro perchd troppo poco profondo per essereuna tana di leoni o altre bestie da preda, troppo ampio per essere un nido di topi e troppo ventoso per ospitare insetti. Rise e disse che era un posto ideale per gli uomini, dal momento che nessun'altra creatura vivente poteva resisterci. Ci si arrampicd come una capra di montagna.Rimasi meravigliato dalla sua grande aglliti. Lentamente e a fatica scivolai giL dalla roccia sulla schiena e poi cercai di correre su per il fianco della montagna per raggiungere il ciglione. Gli ultimi metri mi tolsero il fiato. fn tono faceto chiesi a don Juan quanti anni avesseveramente; pensavo che per arrampicarsi su quel ciglione come aveva fatto lui bisognasseessereestremamentein fotma e giovani. "Sono giovane quanto voglio essere", mi rispose. "Anche questo b un fatto di potere personale. Se metti in serbo il potere, il tuo corpo pud compiere imprese incredibili. D'altra parte, se dissipi il potere sarai un vecchio grasso in pochissimo tempo". Il ciglione era orientato per la lunghezza secondo una linea estovest. Il lato aperto della formazione simile a un balcone guardava a sud. Mi incamminai verso I'estremith ovest. La vista era meravigliosa.


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La pioggia ci aveva aggirati. Sembrava uno strato di materiale trasparente sospeso sulla pianura. Don Juan disse che avevamo tempo a sr,rfficienzaper costruire un riparo. Mi disse di accumulare tutti i sassi che potevo trasportare sul ciglione, mentre lui raccoglieva dei rami per costruire un tetto. In un'ora aveva innalzato sul lato otientale del ciglione un muro spesso una trentina di centimetri, lungo una sessantinadi centimetri e alto quasi un metro. Intreccib e legd dei fasci di rami che aveva raccolto e preparb un tetto, assicurandoloa due lunghi pali che terminavano a forca. Un altro palo di identica lunghezza era fissato al tetto stessoe lo sostenevadal lato opposto del muro. La struttura sembrava un grande tavolo a tre zampe. Don Juan si mise a sedere a gambe incrociate sotto Ia sua costruzione. Mi disse di sedermi accantoa lui, alla sua destra. Rimanemmo per un po' in silenzio. A un certo momento don Juan ruppe il silenzio. Mi sussurrb che dovevamo comoortarci come se nulla fosse fuori dell'ordinario. Gli domandai re ctra qualcosa che dovevo fare in particolare. Rispose che dovevo tenermi o..uputo a scrivere e farlo in modo tale che sembrasse che fossi alla mia scrivania senz altri pensieri al mondo che scrivere. A un certo momento mi avrebbe dato una gomitata e allora dovevo guardare dove lui indicava con gli occhi. Mi avvertl che qualunque cosa vedessi non dovevo pronunciare una sola parola. Lui solo poteva parlare impunemente, perch6 era conosciuto da tutti i poteri di quelle montagne. Seguii le sue istruzioni e scrissi per pii di un'ora. Mi ero sprofondato nei miei appunti. Improvvisamente sentii un colpetto sul braccio e vidi don Juan accennarecon gli occhi e col capo verso un banco di nebbia lontano circa duecento metri, che scendeva dalla cima della montagna. fn tono a stento udibile anche da cosi vicino, don Juan mi sussurrd all'orecchio: "Muovi gli occhi avanti e indietro lungo il banco di nebbia, ma non 1o guardare direttamente. Socchiudi gli occhi e non metterli a fuoco sulla nebbia. Quando vedi una macchia verde nel banco di nebbia, indicamela con gli occhi". Mossi gli occhi da destra a sinistra lungo il banco di nebbia che scendevalentamente verso di noi. Passb forse mezz'ota. Stava calando I'oscurit) e la nebbia si muoveva molto lentamente. A un certo momento ebbi I'improvvisa sensazionedi aver scoperto un debole chiarore alla mia desra. Dapprima pensai di aver visto una macchia di arbusti verdi attraverso alla nebbia. Quando guardavo direttamente non notavo

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nulla, ma quando guardavo senzamettere a fuoco gli occhi potevo distinguere una zona vagamente verdastra. La indicai a don Juan. Socchiusegli occhi e la fissd. "Metti gli occhi a fuoco su quel punto", mi sussurrball'orecchio. "()rrarda senza chiudere gli occhi frnchl, aedi". Volli chiedere che cosa avrei dovuto vedere, ma don Juan mi squaclrb con gli occhi come per ricordarmi che non dovevo parlare. Fissai ancora. La porzione di nebbia discesadall'alto pendeva come un pezzo di materia solida. Si stratificava proprio nel punto in cui avevo notato la tinta verde. Quando gli occhi mi si stancaronoe sbattei Ie palpebre, vidi dapprima la porzione di nebbia sovrapposta al banco e quindi una sottile striscia di nebbia che sembrava un'esile strutrura senza sostegno,un ponte che congiungeva la montagna sopra di me e il banco di nebbia davanti a me. Per un istante pensai di poter vedere la nebbia trasparente,sospintadal vento giil dalla cima della montagna, scorrere sul ponte senza disturbarlo. Era come se il ponte avesseuna sua soliditi. A un determinato istante il miraggio divenne cosi completo che potei realmente distinguere I'oscurit) della parte sotto al ponte vero e proprio, contrapposta al lieve colore di arenaria del suo nanco. Fissai il ponte, sbalordito.E quindi mi sollevai al suo livello, o fu il ponte che si abbassb al mio. Improvvisamente mi accorsi di guardare un trave diritto di fronte a me. Era un trave immensamentelungo, stretto e senza ringhiere, ma largo abbastanzaper camminarci sopra. Don Juan mi scossevigorosamente per il braccio. Sentii la testa che mi si scuoteva su e git e quindi mi accorsi che gli occhi mi prudevano teribilmente. Me li strofinai del tutto inconsciamente.Don Juan continub a scuotermi fino a che li riaprii. Si versd dell'acoua dalla zucca nel cavo della mano e mi soruzid la faccia. I.a sensazionefu quanto mai sgradevole,I'acqua era cosi fredda che le gocce mi bruciavano sulla pelle come tagli. Mi accorsi allora di avere il corpo molto caldo. Avevo la febbre. Don Juan mi fece bere in fretta un po' d'acqua e quindi mi spruzzb orecchie e collo. Sentii il grido di un uccello, fortissimo, misterioso e prolungato. Don Juan ascoltb attentamente per un istante e quindi spinse col piede i sassi del muro facendo crollare il tetto. Gettb il tetto nei cespugli e scaglib tutti i sassi, a uno a uno, giil per il fianco della montagna. "Bevi un po'd'acqua e mastica la tua carne secca", mi sussurrb all'orecchio. "Non possiamo rimanere pii qui. Quel grido non era di un uccello". Scendemmogii dal ciglione e ci mettemmo a camminare in dire-


121 Una battagliadi potere zione est. In pochi istanti fu cosi buio che mi pareva di avere una cortina davanti agli occhi, la nebbia era come una barriera impenetrabile. Non mi ero reso conto di quanto fosse paralizzante \a nebbia di notte e non riuscivo a immaginare come facessedon Juan a camminare; mi tenevo al suo braccio come un cieco. Avevo, non so come, la sensazionedi camminare sull'orlo di un precipizio. Le gambe si rifiutavano di muoversi. La mia ragione si fidava di don Juan e razionalmente volevo camminare, ma il mio corpo no, e don Juan dovette trascinarmi nel buio totale. Doveva conoscereil terreno alla perfezione. A un certo punto si fetmd e mi fece sedere, ma non osai lasciar andare il suo braccio. Il mio corpo sentiva, oltre ogni ombra di dubbio, di essere seduto su una nuda montagna a forma di cupola e che se mi muovevo di un centimetro a desua avrei perso irrimediabilmenteI'equilibrio precipitando in un abisso. Ero assolutamentecefto di essereseduto sul fianco cutvo di una montagna, perch6 il mio corpo si muoveva inconsciamente verso destra. Pensai che si rnuovessea quel modo Der mantenerela sua verticalit), percib cercai di compenmr. il movimento appoggiandomi a sinistra contro don Juan, pii che potevo. Don Juan si scansdda me imptovvisamente e senza il sostegnodel suo corpo caddi al suolo. Quando toccai terra rittovai il mio senso delI'equilibrio: ero steso su un terreno pianeggiante.Incominciai a esplorare a tastoni cid che mi circondava, riconobbi foglie secche e ramoscelli. Improvvisamenteun lampo illumind tutta la zona, seguito da un tremendo tuono. Vidi don .Juan seduto alla mia sinistra, vidi degli immensi alberi e una grotta a pochi passi dietro di lui. Don Juan mi dissedi entrare nella caviti. Srisciai dentro e mi misi a sedere con la schiena confto la roccia. Sentii don Juan piegarsi verso di me e sussurrarmi che dovevo rimanere in perfetto silenzio. Ci furono tre lampi, uno dopo I'altro; al loro bagliore vidi don Juan seduto alla mia sinistra con le gambe incrociate. La grotta era una formazione concava abbastanzagrande da contenere due o tre persone sedute. sembrava che il buco iosse stato scavato alla base di- un macigno. Capii che avevo fatto veramente bene a strisciarci dentro, perch6 se avessi camminato avrei urtato la testa nella roccia. Il bagliore dei lampi mi diede un'idea di quanto fosse spesso il banco di nebbia. Notai i tronchi di alberi enormi stasliarsi oscuri contro la massa opaca e grigio chiaro della nebbia Don Juan mi sussurrb che la nebbia e i lampi facevanolega tra loro e dovevo accingermi a una veglia sl)ossante,pcrch6 ero impegnato in

Una battagliadi potere 125 rLnabattaglia di potere. In quel momento un lampo stupendo rese fantasmagorica tutta la scena. La nebbia era come un filtro bianco che congelavala luce della scarica elettrica e la diffondeva uniformemente; era come una densa sostanzabiancastra sospesatra gli alti alberi, ma proprio davanti a me, al livello del terreno, la nebbia si assottigliava. Distinsi facilmentegli aspetti del terreno. Eravamo in una pineta, circondati da alberi altissimi, cosl alti che avrei potuto giurare che fossero sequoie se non avessi saputo in che regione eravamo. Ci fu una scaricadi lampi che durd alcuni minuti. Ogni lampo mi faceva distinguere meglio gli aspetti della zona che gii avevo osservato. Proprio davanti a me vidi un sentiero chiaramentetracciato, privo di vegetaiione. Sembrava sfociare in una zona senz^alberi. Ci furono tanti lampi che non potei distinguere da dove venissero. La scena, perb, si era illuminata cosi profusamente che mi sentii molto piil a mio agio. Le mie paure e incertezze erano svanite non appena ci fu abbastanzaluce da sollevare la pesantecortina di tenebre. Percid, quando ci fu una lunga pausa tra un lampo e I'altro non fui piL disorientato dal buio che mi circondava. Don Juan mi sussurrb che probabilmente avevo osservato abbastanza, e che dovevo concentrare la mia attenzione sul rumore del tuono. Con mio stupore mi accorsi che non avevo affatto prestato attenzione al tuono, sebbene fosse stato davvero tremendo. Don Juan aggiunse che dovevo seguirne il suono e guardare nella direzione da cui pensavo che provenisse. Non ci furono piil .scarichedi lampi e tuoni, ma solo sporadici balenii di luce intensa e frasori. II tuono sembravavenire semore dalla mia destra. La nebbia si soilevava e io, ormai abituato all'oscuriti nera come la pece, potevo distinguere massedi vegetazione.I lampi e i tuoni continuarono e improvvisamente tutto il lato destro si apri e potei vedere il cielo. La tempesta elettrica sembrava soostarsi verso la mia destra. Ci fu un altro lampo e vidi una *orrtrnn" in Iontananza alla mia desra. La luce del lampo illumind lo sfondo',facendo stagliare Ia massacomparra della montagna. Vidi degli alberi sulla cima; sembravano nitidi ritagli neri sovrapposti al cielo di un bianco brillante. Vidi anche dei cumuli di nuvole sulle montagne. Intorno a noi la nebbia si era diradata completamente.Soffiava un vento costante e potevo udire lo stormire delle foglie tra i grandi alberi alla mia sinisra. La tempesta elettrica era troppo lontana per illuminare gli alberi, ma se ne potevano distinguere le massescure. Tuttavia la luce del temporale mi permise di stabilire che alla mia destra c'era una catena di montagne in lontananza e che la foresta era limitata al


126 Una battagliadi potere lato sinistro. Mi sembrava di guardare in giir verso una valle oscura, che non potevo vedere afratto. Il piano su cui infuriava la tempesta elettrica era sul lato opposto della valle. Quindi incomincid a piovere. Mi spinsi piil che potei contro Ie rocce. Il cappello mi proteggeva bene, ero seduto con le ginocchia strette contro il petto e mi bagnavo solamente le caviglie e le scarpe. Piovve a lungo. La pioggia era tiepida, me la sentivo scorrere sui piedi. Poi mi addotmentai. Fui risvegliato dal canto degli uccelli. Mi guardai intorno cercando don Juan: non c'era. Ordinariamente mi sarei domandato se mi avesse lasciato li solo, ma I'ambiente che mi circondava mi diede Lrna scossa che quasi mi paralizzd. Mi alzai in piedi. Avevo le gambe bagnate fradice, la tesa del mio cappello era umida e conteneva ancora un po' d'acqua che mi piovve addosso. Non ero afratto in una grotta, ma sotto a dei fitti cespugli. Ebbi un momento di confusione senza oari. Mi trovavo in un terreno pianeggiante tra due piccole colline .op.rt. di cespugli. Non c'erano alberi alla mia sinistra n6 una valle alla mia destra. Proorio davanti a me, dove avevo visto il sentiero nella foresta, .rer..ua un cespuglio gigantesco. Mi rifiutavo di credere ai miei occhi. L'incongruenza delle mie due versioni della realti mi fece cercare disperatamente una spiegazione qualsiasi.Mi venne in mente che era possibilissimoche don Juan mi avesse trasportato sulle spalle in un altro posto senza svegliarmi. Esaminai il punto in cui avevo dormito. Il terreno sotto di me era asciutto, come pure nel punto vicino, dove era stato don Juan. Chiamai don Juan un paio di volte e in preda all'angosciaurlai il suo nome piil forte che potei. Don Juan sbucb dai cespugli e immediatamente capii che sapeva quello che stava accadendo.Il suo sorriso era cos] malizioso che finii per sorridere anch'io. Non volli perder tempo a scherzarecon lui e gli dissi senzaindugio quello che mi succedeva.Gli spiegai pii accuratamentepossibile tutti i dettagli delle mie allucinazioni della notte precedente. Don Juan mi ascoltb senzainterrompetmi, tuttavia non riusci a mantenere un'espressione seria e scoppid due volte a ridere, ma recuperb immediatamente Ia sua compostezza, Due o tre volte gli chiesi i suoi commenti; ma si limitb a scuotere la testa come se tutta la faccenda fosse incomprensibile anche per lui. Quando ebbi concluso il mio resoconto mi guardb e disse: "Hai un aspetto orribile. Forse hai bisogno di andare dietro ai cespugli"'

Una battagliadi potere I27 Ridacchib per un istante e quindi aggiunse che avrei dovuto togliermi i vestiti e strizzarli per farli asciugare. La luce del sole era brillante, c'erano pochissime nuvole, era una giornata ventosa e fizzante. Don Juan si allontanb, dicendo che sarebbe andato a raccogliere certe piante e che io dovevo ricompormi e mangiare qualcosa e non chiamarlo finchd non mi fossi sentito calmo e forre. .. Avevo i vestiti letteralmente fradici e mi misi a sedere al sole per asciugarmi. Sentivo che I'unico modo per rilassarmi sarebbe stato tirar fuori il mio taccuino e scrivere. Mentre lavoravo ai miei appunti mangiai qualcosa. Dopo un paio d'ore mi sentii piil rilassato e chiamai don |uan. Mi rispose da un punto vicino alla cima della montagna e mi disse di raccogliere le zucche e salire a raggiungerlo. Quando arcivai lo trovai seduto su un sassolevigato. Apri le zucche e si servl di cibo. Mi porse due grossi pezzi di carne. Non sapevo da che parte incominciare: le cose che volevo chiedere erano tante. Don Juan sembrd aver capito il mio stato d'animo e rise di vero piacere. "Come ti senti?", chiese.in tono faceto. Non volli dire nulla. Ero ancora turbato. Don Juan mi esortb a sedere sulla lastra di pietra levigata. Disse , che la pietra era un oggetto di potere e che se vi restavo seduto per un po' mi sarei sentito rigenerato. "Siediti". mi ordinb seccamente. Non sorrideva. I suoi occhi erano penetranti. Automaticamente mi misi a sedere. Disse che agivo con trascutatezza verso il potere con il mio comportamento tero, e che dovevo smetterla alrimenti il potere si sarebbe rivoltato contro di noi e non saremmo mai usciti vivi da quelle colline desolate. Dopo un momento di pausa mi chiese in tono casuale: "Come va il tuo sognare?". Gli spiegai quanto mi fosse diventato dificile comandarmi di guardarmi le mani. Da principio era stato relativamente facile, forse a causa della novit) del concetto. Rammentarmi di suardarmi le mani non mi aveva dato nessun problema, ma l'eccitazione mi aveva esaurito e certe notti non avevo Dotuto farlo. "Quando dormi devi portare una fascia intorno alla testa", mi disse. "Quello della fascia b un ottimo espediente.Io non te la posso dare, perchd te ne devi fare una da solo senzaaiuto. Ma non te la puoi fare finchâ‚Ź non ne hai avuto la visione sognando. Capito? La fiscia


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deve esserefattain base a una specificavisione, e deve avere un nastro che.la tenga ben stretta sulla cima della testa, oppure pub esserecome un berretto da notte. Sognare ts pit facile qrr^nio si ha in testa un oggetto di potere. Dovresti metterti il cappeilo o un cappuccio, come un frate, e andare a dormire; ma queste cose ti pro..tr.r"tt.ro soltanto sogni intensi, non ti procurerebbero il sognare". F Rimase in silenzio-per u,n momento, q"indi prese a raccontarmi, con un. fuoco di fila di parole, che la visione delia fascia poteva presentarsi non solo 'sognando' ma anche in stati di veglia e iome risultato di qualsiasi awenimento improvviso e privo di iiferimento, come osservare il volo degli uccelli, i movimenti dell'acqua, le nuvole e cosi via. "IJn cacciatoredi potere osserva tutto", prosegui.,,E tutto gli facconta qualche segreto". "Ma come si pud esseresicuri che Ie cose raccontinodei segreti?',, ,. chiesi. Pensavo che forse aveva una formula specifica che gli permetteva di trarre interpretazioni'giuste'. . :'Il s olo m odo pe ..i r.r. s i c u ri d s e g u i retu rte l e i sruzi oni che ti ho dato, a partire dal primo giorno in cui sei venuto a trovarmi", disse. "Per avere il potere si deve vivere con il pe1s1g". Mi sorrise con benevolenza. Sembrava che avesse Derduto la sua asptezz^; mi diede anche un colpetto sul braccio. "Mangia il tuo cibo di poteie", mi esortd. Incominciai a masticare un po' di- carne seccae in quer momento immaginai improvvisamente che forse la carne secca conreneva una sostanza psicotropa, da cui derivavano le mie allucinazioni. per un istante mi sentii sollevato. Se don Juan mi aveva messo qualcosa nella carne, allora i miei .miraggi erano perfetramente compiensibili. - ---- Gli chiesi di dirmi se nella 'caiie di potere' ci fosse qrut.oJu.Don. Juan . ;c_oppida ridere, ma non mi rispose direttamente. Insi_ stei, assicurandoloche non ero arrabbiato . rl.'rn..ro infastidito, ma che lo dovevo sapere per spiegare con mia soddisfazione !1i u"u."imenti della precedente.cercai di persuaderro,ro brandii e alla -notte_ hne lo supplicai di dirmi la veriti. "Sei proprio pazzo", mi disse finalmente scuotendo il caoo con un'espressione di incredulit). "Hai una tendenza ins-idiosa.i,irlrti cercar-.di spiegare tutto in modo di esserne soddisfatto. Nella-carne^ non c'B nulla, tranne il potere. Il potere non c'b stato messo da me n6 da nessuno ma dal potere stesso.E la carne seccadi un cervo e quel cervo d stato un dono per,me, al modo stessoin cui un certo conillio lo d stato per te non ^molto tempo fr, N; tu n6 io abbiamo messo

Una battagliadi potere 129 nulla nel coniglio. Non ti ho detto di far seccarela carne di quel coniglio perch6 per farlo ci voleva pii potere di quanto tu ne abbia, perb ti ho detto di mangiarla; non ne hai mangiata molta per colpa della tua stupiditi. "Quello clie ti d successola notte scorsanon b stato nd uno scherzo n6 tlra burla. La nebbia, I'oscuriti, il lampo, il tuono e la pioggia facevano tutti parte di una grande battaglia di potere. Hai avuto la classica fortuna del principiante. Un guerriero avrebbe dato chissi cosa per una simile battaglia". Sostenni che tutto I'episodio non poteva esserestato una battaglia cli potere perch6 non era reale. "E cose E reale?", mi chiesedon Juan con molta calma. "Questo, cib che stiamo guardando,d reale", dissi, additando cib cl.re ci circondava. "Ma lo era anche il ponte che hai visto la scorsa notte. e anche la foresta e tutto il resto". "Ma se erano reali dove sono ora?". "Sono qui. Se tu avessi abbastanzapotere potresti farli tornare. Adesso non puoi farlo perchd pensi che sia tanto utile continuare a dubitare e brontolare. Non serve a niente, amico mio, non serve a niente. Proprio qui di fronte a noi ci sono mondi su mondi, e non sono cosa da ridere, niente affatto. Se la notte scorsanon ti tenevo per il braccio ti mettevi a camminare su quel ponte, volente o no. E prima ho dovuto proteggerti dal vento che ti cercava". "Che sarebbesuccessose non mi avesteDrotetto?". "Il vento, siccome tu non hai abbastanra potere, ti avrebbe fatto perdere la srada e forse ti avrebbe anche ucciso spingendoti in un precipizio. Ma quello che contava la notte scorsaera la nebbia. Avresti potuto attraversare il ponte fino all'aluo capo oppufe precipitare e ammazzatti. Dal potere potevano dipendere enffambe le cose. Una, perb, sarebbe successadi sicuro: se non ti avessi protetto, avresti do. vuto camminare su quel ponte incurante di tutto. E guesta la natura del potere. Come ti ho detto prima, ti comanda eppure b al tuo comando. Ieri notte, per esempio,il potere ti avrebbe costretto ad attraversare il ponte e poi sarebbestato al tuo comando per sostenerti mentre camminavi. Ti ho fermato perchd sapevo che non hai i mezzi per usare il potere, e senzapotere il ponte sarebbecrollato". "Anche voi avete visto il ponte, don Juan?". "No io ho soltanto aisto potere. Potrebbe essere stato qualsiasi cosa. Per te, questa volta, il potere era un ponte. Perch6 un ponte non lo so. Siamo creature molto misteriose". "Avete mai visto un ponte nella nebbia, don Juan?".


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"Mai. Ma non I'ho visto perch6 non sono come te; ho visto altre cose, le mie battaglie di potere sono molto diverse dalle tue". "Cosa avete visto, don Juan? Potete dirmelo?". "Ho visto i miei nemici durante la mia prima battaglia di potere nella nebbia. Tu non hai nemici, tu non odi la gente. Io la odiavo a quel tempo, mi abbandonavo all'odio per la gente; ora non 1o faccio pii. Ho vinto il mio odio, ma a quel tempo il mio odio mi aveva quasi distrutto. "La tuabattaglia di potere, invece, e srata limpida; non ti ha consumato. Ti stai consumando ora con i tuoi stupidi dubbi e pensieri. E questo il tuo modo di abbandonafti te stesso. "La nebbia A stata impeccabile con ^te, tu hai un'afEnit) con lei. Ti ha dato un ponte stupendo e quel ponte sari nella nebbia d'ora in poi, si riveler) a te moltissime volte, finchd un giorno lo dovrai atraversare. , "Da oggi in poi ti raccomandovivamente di non andare in giro da solo nelle zone nebbiose, finchâ‚Ź non saprai quello che fai. . "Il potere B una fa'ccendamolto strana; per averlo e comandarlo bisogna avere innanzitutto il potere. E perb possibile immagazzinarlo, a poco a poco, finchd se ne ha a sufficienzaper sostenersiin una battaglia di potere". "Cos'B una battaglia di potere?". "Quello che ti d successola notte scorsaera I'inizio di una battaglia _ di potere. Le scene che hai contemplato erano la sede del pot.re. Urt giorno avranno senso per te; quelle scene sono molto significative". "Potete dirmi voi il loro significato, don Juan?". "No- Quelle scene sono una tua cohquista personale che non puoi condividere con nessuno.Ma quello che E succisso la notte scorsa era solo I'inizio,, una scaramuccia.La vera battaglia avverr) quando atffa-saprai. verserai quel ponte. Che c'B dall'altra parte? Solo tu lo E tu solo saprai cosa c'b alla fine di quel sentiero attraverso la foresta. Ma tutto questo E qualcosache pub accaderti o no. Per viaggiare per quei sentieri e ponti sconosciuti bisogna avere abbaganza potere ploprio". "Che succedese non si ha a6bast"nz" pot.r.} ". "La morte b sempre in agguato, e quando'il potere del guerriero svaniscela morte non fa altro che prenderlo. Percib, avventuiarsi nelI'ignoto senzaavere nessun potere bltupido: si incontra solo la morte". Non lo stavo ad ascoltareveramenta. Continuavo a trastullarmi con I'idea che potesseesserestata la carne seccaa causarmi le allucinazioni. e quel pensiero mi tranquillizzava. "Non sforzarti la mente a cercaredi immaginarlo", disse don Juan come se mi avesseletto nei pensieri. "Il mondo d un mistero. euesto,

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r hc stai guardando, non b tutto quello che c'8. Nel mondo c'B molto .li piir, tanto di piil, in efietti, che b senza ffne. Percid, quando cerchi .li immaginarlo, tutto quello che fai in realt) d cercare di renderti l,rmiliare il mondo. Tu e io siamo proprio qui, nel mondo che chiami lcrrle, semplicementeperch6 tutti e due lo conosciamo.Tu non conosci il rnondo del potete, quindi non te ne puoi fare una scena familiare". "Sapete benissimo che non posso discutere con voi", dissi. "Ma (()munquela mia mente non lo pud accettare". Don Juan rise e mi toccb lievemente sul capo. "Sei veramente pazzo", disse, "Ma non a'b niente di strano, so (lrranto sia dificile vivere come un guerriero. Se avessi seguito le mie istruzioni e compiuto tutti gli atti che ti ho insegnato, avfesti ormai ,rlrbastanzapotere per attraversare quel ponte. .Lbbastanzapotere per t'cdere e per f ermare il mondo" . "Ma perchd dovrei volere il potere, don Juan?". "Ora non puoi immaginare una ragione. Quando avrai immagazzir)ato potere a sufficienza,perb, il potere stesso.ti mostrer) una buona lirgione. Sembra folle, non B vero?". "Perch6 neanchevoi volevate il potere, don Juan?". "Io sono come te; non lo volevo, non riuscivo a trovare una ragione 1'cr averlo. Avevo tutti i dubbi che hai tu e non seguivo mai le istruzioni che ricevevo, o non pensavomai di averlo fatto; eppure, a dispetto ,lella mia stupidit) ho accumulato abbastanzapotere, e un giorno il rnio potere personale ha fatto crollare il mondo". "Ma perchd si dovrebbe desiderare di lermare il mondo?". "Nessuno lo desidera, questo b il punto. Capita soltanto. E una volta che sai cosa sia lermare il mondo, capirai che c'b una ragione. Vedi, una delle arti del guerriero consiste nel far crollare il mondo per rrna ragione specifica e quindi ricondurlo all'ordine, per continuare a vivere". Gli dissi che forse il modo pii sicuro per aiutarmi sarebbe stato .larmi un esempio di una specifica ragione per far crollare il mondo. Don Juan rimase itf silenzio, sembrava pensassecosa dire. "Non posso", disse alla fine. "Ci vuole troppo potere per saperlo. Un giorno vivrai come un guerriero, a dispetto di te stesso; allora forse :rvrai immagazzinato abbastanza potere personale per rispondere da solo a questa domanda. "Ti ho insegnato quasi tutto quello che un guerriero deve sapere per incominciare nel mondo, accumulando il potere da solo. Tuttavia so che non 1o puoi fare e devo esserepaziente con te. So per certo che ci vuole una battaglia di tutta una vita per trovarsi da soli nel mondo rlel Dotere".


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Don Juan guardb il cielo e le montagne. Il sole stava-gii scendendo verso ovist e sulle montagne si formavano nuvole piene di pioggia' Non saDevoche ora fosse: avevo dimenticato di caricare I'orologio. Chiesi a ion Juan se sapevaI'ora, causandogliun tale attacco di risate da farlo scivolare gii dal sassonei cespugli. Quindl si alzb in piedi e distese le braccia, sbadigliando' "E presto", disse. "Dobbiamo aspettare finchd la nebbia si raccogliet) sulla cima della montagna e allora dovrai rimanere da solo su questa lastra di pietra e tingraziate la nebbia dei suoi favori. Lascia che venga e che ti avvolga. Io ti sarb vicino per assisterti, se necessario", La prospettiva di rimanere solo nella nebbia mi terrorizzava. Mi sentivo idiota a reagire in quel modo irrazionale. "Non puoi lasciare queste montagne desolate senza fare i tuoi ringtaziamenti", disse don Juan in tono fermo. "Un guerriero non volta mai le spalle al potere senza aver ringraziato per i favori ricevuti". Si stese sulla schiena con le mani dietro alla tcsta e si copri la faccia col cappello. "Come devo aspettarel'arrivo della nebbia?", chiesi. "Che devo fare? " . "scrivi!", mi rispose attraverso il cappello. "Ma non chiudere gli occhi e non voltare la schiena". Cercai di scrivere ma non riuscivo a concentrarmi. Mi alzai in piedi e incominciai a muovermi con irrequietezza.Don Juan sollevb il cappello e mi guardb con aria seccata. "Siediti!", mi ordinb. Disse che la battaglia di potere non era ancora finita e che dovevo insegnare al mio spirito a essere impassibile. Nulla doveva tradire i miei sentimenti, a meno che non volessi rimanere intrappolato in quelle montagne. Si mise a sederee scosseil capo con un gesto di urâ‚Ź{enza.Disse che dovevo agire come se nulla fosse fuori dell'ordinario, perchd i luoghi di potere come quello potevano svuotare le persone turbate e quindi si potevano sviluppare legami strani e pericolosi con una localit). "Questi legami ancorano un uomo a un luogo di potere, qualche volta per tutta la vita", disse."E questo non d il posto per te; non Io hai trovato da solo, percid stringiti la cintura e non ti perdere i pantaloni". I suoi ammonimenti'agirono come un incantesimo. Scrissi per ore senzainterruzione. Don Juan si rimise a dormite; quando la nebbia fu lontana circa un centinaio di metri, scendendodalla cima della montagna, si sveglib,

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si alzb in piedi ed esamind i dintorni. Io guardai in giro senzamuovere lrr schiena.La nebbia aveva gi) invaso la pianura scendendodalle montagne alla mia destra. Alla mia sinistra la scena era limpida; il vento, tuttavia, sembrava soffiare dalla mia desra e sospingerela nebbia nella lrianura come per circondarci. Don Juan mormord che dovevo rimanere impassibile, restare dove cro senza chiudere gli occhi, e non voltarmi finch6 la nebbia non mi irvessecircondato completamente; solo allora era possibile incominciare la nostra discesa. Si nascoseai piedi di alcune rocce a poco pii di un metro dietro tli me. Il silenzio in quelle montagne era qualcosa di magnifico e nello stesso tempo incuteva timore. Il lieve vento che sospingevala nebbia mi dava la sensazioneche la nebbia stessami fischiassenelle orecchie. Grossi banchi scendevanocome massesolide di materia bianchiccia che rotolava su di me. Fiutai la nebbia, aveva un odore particolare, un miscuglio di profumo pungente e fragrante. E quindi ne fui avvolto. Ebbi a un tratto I'impressione che la nebbia agisse sulle mie palpebre. Me le sentivo pesanti e volli chiudere gli occhi. Avevo freddo. La gola mi prudeva e volevo tossire, ma non osai. Spinsi il mento in su e stesi il collo per dar sollievo alla gola e mentfe guardavo in alto ebbi la sensazionedi poter veramenre vedere lo spessoredel banco di nebbia. Sembravache i miei occhi potessero valutarne lo spessorepassandoci attraverso. Gli occhi incominciarono a chiudermisi e non riuscivo a scacciareil desiderio di dormire. Sentivo che stavo oer crollare al suolo. In quell'istantedon Juan balzd su, mi afferrb Ie braccia e mi scosse.Il sussultobastd a rendermi la mia lucidit). Don Juan mi mormorb all'orecchio che dovevo correre verso la pianura pid forte che potevo. Lui sarebbe venuto dietro di me perch6 non voleva farsi schiacciaredai sassi che avrei potuto far'precipitare. Disse che il capo ero io, perchd era la mia battaglia di potere, e che dovevo essere lucido e abbandonato per guidarci in salvo fuori di 11. "Cosi d", disse con voce forte. "Se non hai lo stato d'animo del guerriero, non lasceraimai la nebbia". F,sitai per un momento. Non ,:r.o sicuro di poter trovare la via che scendevada quelle montagne. "Corri, coniglio, corri!", gridb don Juan sospingendomidolcemente gii per il pendio.


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13 L'ultima danzadel guerriero Domenica 28 gennaio, 7962 Verso le dieci di mattina don Juan entrb in casa.Era uscito all'alba. Lo salutai. Ridacchib, mi strinse la mano con fare clownesco e ricambib cerimoniosamenteil mio saluto. "Faremo un viaggetto", disse. "Ci porterai con la macchinain un posto specialissimoin cerca del potere". Tirb fuori due sporte di rete e in ciascuna mise due zucche piene di cibo, le legb con una cordicella e mi porse una delle due. Corremmo senza fretta verso nord per circa quattrocento miglia, quindi abbandonammo la Pan American Higbuay e prendemmo una strada sassosache andavaverso ovest. Sembrava che la mia macchina fosse la sola su per quella strada. Mentre continuavo a guidare mi accorsi di non tiuscire a vedere attraverso il panbtezza. Mi sforzai disperatamente di guardarmi intotno, ma era troppo buio e il patabrezza era ricoperto di insetti spiaccicati e di polvere. Dissi a don Juan che mi dovevo fermare per pulire il parabrezza, ma lui mi ordinb di continuare a guidare anche a costo di strisciare a due miglia all'ora sporgendo la testa dal finestrino per vedere davanti a me. Disse che non Dotevamo fermatci finchd non fossimo siunti a destinazione A un certo momento mi fece voltare a destra. Era cosi buio e c'era tanta polvere che anche i fari non servivano a molto. Abbandonai la strada con molta trepidazione, avevo paura di rimanere impantanaro; ma il terreno era compatto. Guidai per un centinaio di meri alla minima velociti possibile, tenendo aperto lo sportello per guardare fuori. Alla fine don Juan mi disse di fermare. Disse che dovevo parcheggiarmi proprio dietro a una enorme roccia che avrebbe nascostola macchina alla vista. Scesidalla macchinae feci un giro intorno alla luce dei fari. Volevo esaminare i dintorni perch6 non avevo idea di dove fossimo, ma don

Juan spensei fari. Disse a voce alta che non c'era tempo da perdere, che dovevo chiudere la macchina cosi che potessimo avviarci. Mi porse la mia rete con le zucche. C'era una tale oscurid che inciampai e quasi le lasciai cadere. fn tono dolce don Juan mi ordind di mettermi a sedere fino a che gli occhi non mi si abituavano all'oscurit). Ma il problema non erano gli occhi: una volta uscito dalla macchina potevo vedere abbastanzabene, quello che non andava era uno strano nervosismo che mi faceva agire come se fossi stato lontano con la mente. Toglievo importanza a tutto. "Dove andiamo?", chiesi. " Cammineremo nel buio completo per arrivare a un posto speciale", mi rispose. "Perchâ‚Ź?". "Per scoprire con certezzase sei capace o no di continuare a cacciare il potere". Gli chiesi se quello che proponevaera un esame,e se fallivo I'esame se avrebbe ancora parlato con me della sua conoscenza. Mi ascoltb senza interrompermi. Disse che quello che facevamo non era un esame, che aspettavamoun presagio, e se il presagio non veniva la conclusionesarebbestata che non ero riuscito a dare la caccia al potere, nel qual caso sarei stato libero da qualsiasi ulteriore imposizione, libero di essere stupido quanto volevo. Disse che qualunque cosa mi fosse successa,lui era sempfe mio amico e avrebbe sempfe parlato con me. Sapevo in qualche modo che avrei fallito. "Il presagio non arriveri", dissi in tono scherzoso."Lo so. Ho un po' di potere" . Don Juan rise e mi diede un colpetto sulla spalla. "Non preoccuparti", ribatt6. "Il presagio aniveri. Lo so. Ho pii potere di te". Trovd divertente la sua stessa afiermazione. Si battd sulle cosce. batt6 le mani e rise rumorosamente. Poi mi legb la rete sulla schienae mi disse di camminare a un passo di distanza da lui, seguendo il pii possibile le sue orme. "Questa t una camminataper il potere", mi sussurrbin tono molto drammatico. "Percib tutto conta". Disse che se camminavo sulle orme dei suoi passi il potere che lui dissipava mentre camminava si sarebbe trasmessoa me. Guardai I'orologio: erano le undici di sera. Don Juan mi fece mettere sull'attenti come un soldato. Poi mi spinse in avanti la gamba destra e mi fece rimanere come se avessi appena fatto un passo avanti. Si mise davanti a me nella stessa posi-


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zione e guindi incomincib a camminare, dopo avermi ripetuto di cercar di calcare le sue orme alla pefiezione. In un bisbiglio, ma molto chiaramente, disse che dovevo curarmi esclusivamentedi camminare sui suoi passi. Non dovevo guardare avanti nd di lato, ma il terreno su cui cammlnavo. Parti di un passo molto rilassato e non facevo nessuna fatica a tenergli dietro; camminavamo su un terreno relativamente duro. Per circa ffenta metri mantenni il suo ritmo e mi attenni alla perfezione a-isuoi passi; poi guardai di lato per un istante e subito dopo mi accorsi di aver urtato contro di lui. T)on Juan ridacchid e mi assicurbche non gli avevo fatto male alla caviglia con le mie grosse scarpe, ma se intendevo continuare in quel modo stordito uno di noi due si sarebbe ritrovato zoppo la matrina dopo. Ridendo, a voce bassissimama ferma, disse che-non intendeva farsi ferire_per,colpa della mia stupiditi e m^nc^nza di concentrazione, e che se gli calpestavoancora una volta il calcagno avrei dovuto car.rminare scalzo. "Non posso camminare sca7zo",dissi a voce alta e stridula. Dol Juan si piegd in due per le risate e dovemmo aspettare che _ finisse di ridere. Mi assicurd ancora una volta che parlava sul serio. Eravamo alla ricerca del potere e le cose dovevano essere perfette. La_prospettivadi camminare nel deserto senzascarpemi spaventava incredibilmente. Don Juan mi prese in giro dicendo che probabilmente la mia era una famiglia di quei contadini che non si levano le scarpe nemmeno per andare a letto. Naturalmente aveva ragione. Non avevo mai camminato scalzo e camminare nel deserto ,.nr-u ,.arD. mi sembrava un suicidio. "Il deserto trasuda potere", mi mormord don Juan all'orecchio. "Non c'b tempo pef esserepaurosi". Ripartimmo. Don Juan mantenevaun ritmo agevole.Dopo un poco mi accorsi che avevamo abbandonato il terreno dr-rro e camminavamo sulla sabbia soffice. I piedi di don Juan ci aflondavano dentro lasciando tracce profonde. Camminammo per ore prima che don Juan si fermasse.Non si amestd improvvisamente ma mi avverti in anticipo che ci saremmo fermati, per evitare che inciampassiin lui. Il terreno era ridiventaro duro e sembravache salissimosu Der un declivio. , Don |uan mi disse che i" arr.uo bisogno di andare diero ai cespugli dovevo farlo, perch6 da quel momento in poi ci aspettava un'unica tirata senzapause. Guardai I'orologio: era l'una di notte. Dopo dieci o quindici minuti di riposo don Juan mi fece rimettere

L'ultimadanzadel guerriero B7 in posizionee riprendemmoil cammino. Aveva ragione, era una tirata tcrribile, non avevo mai fatto nulla che richiedesse tanta concentrazione; il ritmo era cosl rapido e la tensione che mi veniva dal sorvegliare ogni passo crebbe a tal punto che a un certo momento persi la sensazionedi camminare. Non mi potevo sentire i piedi n6 le gambe, era come se camminassi sull'aria e una fona mi sospingessesempre rrvanti. La mia concentrazioneera stata cosi totale da non farmi accorgere del graduale cambiamento di luce e all'improwiso mi resi conto di poter vedere don Juan davanti a me: potevo vedere i suoi piedi c le sue impronte invece di indovinarli a met) come avevo fatto per quasi tutta la notte. A un certo momento don Juan balzb inaspettatamentedi lato, e io continuai ad avanzareancora per una ventina di metri trasportato dallo slancio. Quando mi arrestai le gambe mi si indebolirono e presero a tremare finchd crollai a terra. Guardai in alto: don Juan mi esaminavacon calma, non sembrava stanco. Io resoiravo affannosamenteed ero madido di sudore freddo. Mi fece roteare su me stesso tirandomi per un braccio. Disse che se volevo recuDerarele fotze dovevo stendermi col caoo rivolto a est. A poco r po.o mi rilassai e riposai il mio corpo doloiante e alla fine ebbi suficiente energia per alzatmi in piedi. Volli guardare I'orologio ma don Juan me lo impedl mettendomi una mano sul polso. Mi fece girare molto dolcemente in modo che fossi rivolto verso est e disse che non c'era nessun bisogno del mio dannato orologio, che eravamo in un momento magico e che avremmo scoperto definitivamente se ero capaceo no di perseguire il potere. Mi guardai intorno. Eravamo sulla cima di un'enorme collina. Volli clirigermi verso qualcosa che sembrava una sporgenzao una fenditura nella roccia, ma don Juan mi trattenne con un balzo. Mi ordinir imperiosamente di rimanere dove ero caduto finch6 il sole non fosse uscito da dietro alcune vette oscure a poca distanza da noi. Indicd vefso est e attirb la mia attenzione su un pesante banco di nuvole sull'orizzonte. Disse che sarebbe stato un buon presagio se il vento avessespazz^to via le nuvole in tempo perch6 i primi raggi del sole colpissero il mio corpo sulla collina. Mi disse di rimanere immobile con la gamba destra in avanti, come se camminassi, e non guardare direttamente \'otizzonte ma guardare senzamettere a fuoco. Le gambe mi diventarono molto rigide e i polpacci mi dolevano. Era una posizione tormentosa e i muscoli mi facevano troppo male per sostenermi.Tenni duro finchd mi fu possibile ma eto sul punto di crol-


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lare. Le gambe mi tremavano incontrollabilmente quando don Juan interruppe tutto aiutandomi a sedere. I banchi di nuvole non si erano mossi e non avevamo visto il sole sorgere sull'orizzonte. I1 solo commento di don Juan fu: "Molto male". Non volli chiedere subito quale fosse la vera implicazione del mio fallimento, ma, conoscendodon Juan, ero sicuro che avrebbe seguito il verdetto dei suoi ptesagi; e quella mattina presagi non ce n'erano stati. Il dolore mi svani dai polpacci e sentii un'ondata di benessere. Mi misi a trotterellare per sciogliermi i muscoli. Don Juan mi disse molto dolcemente di comere su una collina adiacente, raccogliere le foglie di uno specifico cespuglio e strofinarmici 1e gambe per alleviare il dolore muscolare. Dal punto in cui ero potevo vedere benissimo un grande cespuglio verde lussureggiantele cui foglie sembravano molto umide. Le avevo usate altre volte prima di allora; non mi era mai parso che mi avessero aiutato ma don Juan aveva sempre sostenuto che I'efietto delle piante veramente amichevoli era cosi sottile che difficilmente lo si poteva notare, tuttavia producevano sempre i risultati voluti. Corsi gii dalla collina e salii sull'altra. Quando raggiunsi la cima mi accorsi che lo sforzo mi era stato quasi eccessivo.Faticavo a riprendere fiato e avevo 1o stomaco sottosopra. Mi afflosciai e poi mi tannicchiai un momento finch6 mi sentii rilassato. Quindi mi alzai in piedi e mi accinsi a cogliere le foglie che mi aveva detto don Juan, ma non riuscii a trovare il cespuglio. Mi guardai intorno; ero sicuro di essere nel posto giusto, ma in quel punto della collina non c'era nulla che rassomigliasseanche vagamente a quella particolare pianta. Eppure il punto in cui I'avevo vista doveva esserequello. Qualsiasi altro posto sarebbe stato fuori portata per chiunque guardasseda dove ero stato prima con don Juan. Abbandonai la ricerca e ritornai sull'altra collina. Don Juan sorrise con benevolenzamentre gli spiegavo il mio sbaglio. "Perchd lo chiami uno sbaglio?", chiese. "Owiamente il cespuglionon c'b", dissi. "Ma lo hai visto, non d vero?". "Pensavodi sl". "Cosa vedi ora in quel punto?". " Niente". Non c'era vegetazionenel punto in cui avevo pensato di vedere la pianta. Tentai di spiegare quel che avevo visto come una distorsione visiva, una specie di miraggio. Prima mi ero sentito veramente spos-

sato, e forse il mio esaurimento mi aveva fatto credere di vedere qualcosa che mi aspettavo che ci fosse ma che non c'era assolutamente. Don Juan ridacchid dolcemente e mi guardb per un breve istante. "Non vedo nessuno sbaglio", disse. "La pianta b l) sulla cima di quella collina". Ora toccava a me ridere. Scrutai con cura tutta la zona. Non potevo vedere nessuna pianta del genere e quel che avevo provato era stato, per quanto potevo sapere, un'allucinazione. Con molta calma don Tuan incomincid a discenderela collina e mi fece segno di seguirlo. Ci arrampicammo insieme sulla cima dell'altra collina e ci fermammo esattamente dove avevo pensato di vedere il cespuglio. Ridacchiai, con I'assoluta certezzadi avere ragione. Anche don Juan ridacchid. "Vai fino all'altra parte della collina", mi disse. "L) troverai la pianta". Eccepii che I'altra parte della collina era stata fuori del mio campo visivo, che avrebbe potuto benissimo esserci una pianta, ma questo non avrebbe significato nulla. Don Juan mi fece segno di seguirlo con un movimento del capo. Gird intorno alla cima della collina invece di valicarla direttamente e si fermb in posa drammatica davanti a un cespuglio verde, senza guardarlo. Si voltb e guardd verso di me. La sua occhiata era stranamente penetfante. - "Devono esserci centinaia di piante come questa qui intorno", i.

.

cl l ssl .

Con molta pazienzadon Juan disceseI'altro fianco della collina; lo seguii. Cercammo dovunque un cespuglio simile, ma non ne vedemmo nessuno. Camminammo per circa un quarto di miglio prima di incontrare un'altra Dianta. Senzadire-una parola don Juan mi ricondussealla cima della prima collina. Rimanemmo l) fermi per un momento e quindi mi guidd in un'altra escursione alla ricerca della pianta, ma in direzione opposta. Setacciammola zona e uovammo altri due cespugli, lontano circa un miglio. Erano cresciuti insieme e spiccavanocome una macchia di verde ricco e intenso, pit lussureggiantidi tutti gli altri cespugli dei dintorni. Don Juan mi guardb con un'espressioneseria. Non sapevo cosa Densare. "E un presagiomolto strano", disse. Ritornammo sulla cima della prima collina compiendo un ampio giro per raggiungerla da una nuova direzione. Sembrava che don Juan


110 L'ultima danzadel guerriero avessefatto quella digressioneper mostrarmi che li intorno crescevano pochissime piante di quel tipo. Non ne incontrammo nessuna sulla nostra strada. Quando fummo sulla cima della collina ci mertemmo a sedere in completo silenzio. Don Juan sciolse le sue zucche. "Dopo mangiato ti sentirai meglio", disse. Non riusciva a nascondereil suo divertimento. Aveva sul viso un ghigno raggiante e intanto mi dava dei colpetti sul capo. Mi sentivo disorientato. I nuovi sviluppi mi turbavano, ma ero troppo afiamato e stanco per meditarli veramente. Dopo mangiato mi sentivo molto assonnato.Don Juan mi esortb a cercare un posto per dormire sulla cima della collina dove avevo visto il cespuglio, usando la tecnica del guardare senza mettere a fuoco. Scelsiun posto; don Juan ripuli il terreno e traccib un cerchio delle dimensioni del mio corpo. Strappb delicatamentealcuni rami freschi dai cespugli e spazzdI'interno del cerchio. Fece solo il movimento di spazzare, non toccb realmenteil terreno coi rami. Poi tolse tutti i sassidall'interno del cerchio e li mise nel centro, meticolosamente,dividendoli secondo la grandezzain due mucchi di uguale numero. " Cos a f at e c o n q u e i s a s s i ? " ,c h i e s i . "Non sono sassi", disse. "Sono lacci. Terranno sospeso il tuo pos t o" . Prese i sassi pii piccoli e con essi segnb la circonferenza del cerchio. Li spazibuniformementee con I'aiuto di un bastoneassicurdogni sassoal terreno, come un muratore. Non mi permise di entrare nel cerchio ma mi disse di camminare intorno e. osservare quello che faceva. Contd diciotto sassi, seguendo una olrezlone antlorana. "Ora corri ai piedi della collina e aspetta",disse."Io verrb a vedere se stai sul posto giusto". " Che farete? " . "Ti lancerd tutti questi lacci", disse,indicando il mucchio di sassi piil grossi. "E dovrai porli nel terreno nel punto che ti indicherd, nello stesso modo in cui ho posto gli alri. "Devi fare infinitamente attenzione, quando si tratta col potere bisogna essereperfetti. Qui gli errori sono mortali, ognuno di questi sassi d un laccio, un laccio che potebbe ucciderci se lo lasciaisimo pendere libero; percid non puoi commettere errori. Devi fissare 1o sguardo sul punto in cui getterb il laccio. Se ti lasci disrarre da una cosa qualsiasi, il laccio diventer) un comune sasso e non riuscirai a distinguerlo dalle altre rocce intorno". Suggeriiche sarebbestato pir) facile se avessitrasportatogii i'lacci' uno alla volta.

L'ultimadanzadel gucnicro l4l Don Juan rise e scosseil capo negativamsnte. "Questi sono lacci", insist6. "E devono esserelanciati da me e rrrccoltida te". Ci vollero due ore per portare a compimento quello che aveva <letto. Il grado di concentrazionenecessarioera tormentoso. Don Juan lni ricordd ogni volta di fare attenzione e concentrarelo sguardo. Aveva raeione, riconoscereun sassospecifico che scendevaroto-iando giU per la china, spostando altri sassi sul suo cammino, era davvero una cosa da far impazzire. Quando, completato il cerchio, risalii sulla cima della collina, l)ensavo di dover cadere morto. Don Juan aveva colto dei ramoscelli e li aveva usati per ricoprire il cerchio. Mi porse Dn m zzetto di foglie dicendomi di mettermele nei pantaloni, contro la pelle della regionc ombelicale.Disse che mi avrebbero tenuto caldo e che non avrei avuto bisogno di coperta per dormire. Ruzzolai nel cerchio. I rami formavano un letto abbastanza soffice e mi addormentai istantaneamente. Quando mi svegliaiera pomeriggioinoltrato. C'era vento e si elano radunate le nuvole, che sulle nostre teste formavano cumuli compatti, rna verso ovest erano lievi cirri; il sole splendeva tr^tti sulla terra. ^ Dormire mi aveva rimessoa nuovo: mi sentivo rinvigorito e felice. Il vento non mi dava fastidio, non facevafreddo. Mi puntellai la testa con le braccia e mi guardai intorno. Non I'avevo notato prima ma la cima della collina era molto alta. La vista verso ovest ere impressionante, potevo vedere una vasta estensionedi bassecolline e quindi il deserto. Verso nord e est c'era una catena di montagne dai picchi marrone scuro, e verso sud si vedevaun'interminabiledistesadi pianura e colline e montagne aznJtre in lontananza. Mi tirai su a sedere.Non riuscii a vedere don Juan da nessuna parte. Ebbi un improwiso attaccodi paura, pensai che potesseavermi lasciatoli solo, e non sapevola strada per tornare all'automobile.Mi ridistesi sullo strato di rami e, abbastanzasranamente, la mia apprensione svani. Provai di nuovo un senso di quiete, uno squisito senso di benessere.Era una sensazioneestremamente nuova; sembrava che i miei pensieri fossero stati cancellati. Ero felice. Mi sentivo sano. Mi sentii riempire da una ranquilla effervescenza.Un dolce vento soffiava da ovest e mi accarezzavatutto il corpo senza farmi provare freddo. Me lo sentivo sulla faccia e intorno alle orecchie,come una dolce onda d'acqua calda che mi bagnava, poi recedeva e mi bagnava ancora. Ero in uno strano stato di essere,mai provato prima nella mia vita afr.accendata e disorganizzata. fncominciai a piangere, non di tristezz^ o autocommiserazionema di una eioia inefiabile, inesplicabile.


142 L'ultirna d.anzadel guerriero Volevo timanere li per sempre e lo avrei fatto se don Juan non fosse venuto a scrollarmi. "Hai riposato abbastanza",disse tirandomi su. Con molta calma mi fece camminare intorno al perimetro della collina. Camminavamo lentamente e in completo silenzio; don Juan sembravainteressatoa farmi ossetvareil paesaggiotutto intorno a noi. Mi indicava le nuvole e le montagne con un cenno degli occhi o del mento. A quell'ora del tardo pomeriggio il paesaggioera stupendo. Evocava in me sentimenti di sgomento e disperazione.Mi ricordava visioni della mia infanzia. Salimmo fino al punto pit elevato della collina, un picco di roccia vulcanica, e ci sedemmo comodamente con la schiena appoggiata alla roccia, guardando a sud. L'interminabile distesa verso sud era veramente maestosa. 'Fissati tutto questo nella memoria", mi sussurrd all'orecchio don Juan. "Questo posto d tuo. Questa mattina hai uisto, e quello era il presagio.Hai trovato questo posto uedenlo. Il presagio era inaspettato ma c'A stato. Andrai in caccia del potere, che tu. Io voglia o no. Non d una decisione umana, nd tua nd mia. "Ora, per meglio dire, questa collina d il tuo luogo, il tuo luogo caro; tutto cib che B qui intorno e sotto la tua cura. Devi badare a tutto qui, e tutto a sua volta baderi a te". Gli chiesi in tono scherzosose era tutto mio. Mi rispose di si in tono molto serio. Scoppiai a ridere e dissi che quello che facevamo mi ricordava la storia di come gli spagnoli che conquistarono il nuovo mondo avevano diviso la terra in nome del loro re. Salivano sulla cima di una montagna e si attribuivano tutta la terra che potevano vedere in ogni specifica direzione. "E una buona idea", disse don Juan. "Ti dard tutta la terra che puoi vedere, non in una sola direzione ma tutto intorno a te". Si alzd in piedi e indicb con la mano protesa, girando su se stesso per compiere un cerchio completo. "Tutta questa terra b tua", disse. Scoppiai a ridere forte. Anche don Juan ridacchid e mi chiese: "Perch6 no? Perchd non ti posso dare questa terra?". "Perchâ‚Ź non b vostra", tisposi. "E con cib? Non era neanche degli spagnoli, eppure la dividevano e la distribuivano. Perch6 non ne potresti prendere possessoallo stesso modo?". Lo scrutai cercando di scoprire il suo vero umore diero al suo

L'ultima danzadel guerriero 143 sosriso.Proruppe in uno scoppio di ilarit) e quasi cadde dalla roccia. "Tutta questa terfa, fin dove puoi vedere, E tua", riprese, sempre ridendo. "Non da usare ma da ricordare. Questa collina, invece, b tua tla usare per il resto della tua vita. Te la do perch6 tu stesso I'hai trovata. E tua. Accettala". Scoppiai a ridere, ma don Juan pareva molto serio. Se non fosse stato per il suo sorriso, sembrava che credesseveramente di potermi dare quella collina. "Perch6 no?", chiese, come se mi leggessenei pensieri. "L'accetto", dissi tra il serio e il faceto. Il suo sorriso scomparve. Socchiusegli occhi mentre mi guardava. "Ogni roccia e sasso e cespuglio di questa collina, specialmente sulla cima, a sotto la tua cura", disse. "Ogni verme che vive qui d tuo amico. Puoi usare tutto e tutto pub usare te". Rimanemmo in silenzio per qualche minuto. I miei pensieri erano insolitamente confusi. Sentivo vagamente che il suo improvviso mutamento di umore presagiva qualcosaper me, ma non ero spaventato nâ‚Ź apptensivo, semplicemente non volevo piil parlare. Mi sembrava, in certo qual modo, che le parole fossero imprecise e i significati dificili da fissare. Non avevo mai provato una sensazionesimile per quel che riguardava parlare, e quando mi resi conto del mio insolito stato d'animo mi afirettai a dire qualcosa. "Ma che ne posso fare di questa collina, don Juan?". "Fissatene nella memoria ogni aspetto. Questo b il luogo in cui verrai sogttando. Questo b il luogo in cui incontrerai i poteri, in cui un giorno ti si tiveleranno i segreti. "Tu dai la caccid,al potere e questo ts il tuo luogo, il luogo in cui metterai in serbo le tue risorse. "Ora non ha significato per te. Percid lascia che per il momento sia una cosa senzasenso". Scendemmodalla roccia e don Juan mi guidd a una piccola depressione a forma di conca sul lato ovest della collina. L) ci sedemmo a mangiare. Indubbiamente su quella collina c'era per me qualcosa di indescrivibilmente piacevole. Mangiare, come riposare, era una squisita sensazione sconosciuta. La luce del sole al ramonto aveva uno splendore ricco, quasi color di rame, e tutta la zona circostante sembrava spalmata di una tinta dorata. Mi immersi completamentenell'osservazionedel paesaggio;non volevo nemmeno pensare. Don Juan mi parl6 quasi in un bisbiglio. Mi disse di osservareogni dettaglio per quanto piccolo o apparentementeinsignificante,e di osser-


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L'ultina danzadel gucrricro

vare specialmente gli aspetti piil evidenti del paesaggio in direzione ovest. Disse che non dovevo mettere a fuoco la vista sul sole, ma guardarlo finchd non fosse scomparso all'orizzonte. Gli ultimi minuti di luce, immediatamenteprima che il sole raggiur-rgesse una cortina di nuvole basse o di nebbia, furono, in senso assoluto, magnifici. Era come se il sole incendiassela terra, accendendola come un fald. Sentivo sulla faccia una sensazionedi rosso. " Alzatit ", urld don Juan tirandomi su. Si scostd da me con un balzo e con voce imperiosa mi ordinb di trotterellare sul oosto su cui ero. Mentre salteliavoincominciai a sentire un calore che mi invadeva tutto il corpo. Era un calore come di rame. Lo sentivo nel palato e nella parte iuperiore degli occhi. Era come se la sommit) della testa mi bruciassedi un fuoco freddo che irradiava un bagliore color rame. Qualcosain me mi fece saltellaresemprepii in fretta finchi il sole incomincib a scomparire. A un certo momento mi sentii veramente cosi leggero da poter volare via. Don Juan mi af{errd saldamente il polso sinistro. La pressionedella sua mano mi ricliede un senso di sobriet) e sanguefreddo. Caddi pesantementeal suolo e don Juan si sedette accanto a me. Dopo qualche minuto di riposo si alzd tranquillamente, mi diede un colpetto sulla spalla e mi fece segno di seguirlo. Risalimmo sulla cima della roccia vulcanica dove eravamo stati a sedere prima. La roccia ci proteggevadal vento freddo. Don .Tuanruppe il silenzio. alla "E stato un buon presagio", disse. "Che stranol E sr-rccesso fine della giornata. Tu e io siamo cosi differenti. Tu sei piil una creatura della notte. Io preferisco la giovane luminositi del mattino. O piuttosto d la luminositi del sole mattr-rtinoche mi cerca,nra si scansa da te. D'altr^ p^tte, il sole morente ti ha inondato. Le sue fiamme ti hanno scottato senzabruciarti. Che srano! ". "Perchd strano?", "Non I'ho mai visto succedete.Il presagio,quanCoc'B b sempre nel campo del sole giovane". "Perch6 d cosl don Juan?". "Non b questo il momento di parlarnc", mi risltose seccamente. "La conoscenzab potere. Ci vuole molto tempo per domare abbastanza potete cosi da poterne anche solo parlare". Cercai di insistere, ma don Juan cambid bruscamente discorso. Mi chiese dei miei progressi nel 'sognare'. Avevo incominiiato a sognare luoghi specifici, come la scuola e le case di alcuni amici.

L'ultima danzadel guerriero lqj "Eri in quei luoghi durante il giorno o durante la notte?", mi chiese. I miei sogni corrispondevanoal momento del giorno in cui ordinatiamente ero in quei luoghi: a scuola durante il giorno, a casa dei miei amici la sera. Mi suggetl di provare a 'sognare' quando facevo un sonnellino durante il giorno e scoprire se riuscivo davvero a visualizzare il luogo scelto come era all'ora in cui 'sognavo'. Se 'sognavo' di notte, le mie visioni della localit) avrebbero dovuto esserenotturne. Disse che quello che si esperimenta'sognando'doveva essereappropriato al momenro del giorno in cui si 'sognava'; alrimenti le visioni che si potevano avere non erano 'sognare' ma sogni ordinari. "Per aiutarti dovresti scegliereun oggetto specifico che appartenga al luogo in cui vuoi andare e concentrare su quell'oggetto la tua amenzione", riprese. "Su questa collina qui, per esempio,hai ora uno specifico cespuglio che devi osservare finchd non ha un posto nella tua memoria. Per tornare qui sognando devi semplicementerichiamare alla memoria quel cespuglio,o questa roccia su cui siamo a sedere,o qualsiasi altra cosa qui. Viaggiare sognando d pii facile quando ci si pub concentraresu un luogo di potere, come questo. Ma se non vuoi venire qui puoi usare qualsiasialtro luogo. Forse Ia tua scuola b per te un luogo di potere. Usala. Metti a fuoco la tua attenzione su qualsiasi oggetto che b li e quindi trovalo sognando. "Dallo specifico oggetto che rievochi, devi ritornare alle mani e quin<li a un altro oggetto e cosi via. "lVIa ora devi mettere a fuoco la tua attenzione su tutto cib che esiste sulla cima di questa collina, perch6 questo E il luogo pii importante del l a tua vit a". Mi guardb come per giudicare I'efietto delle sue parote. "Questo b il luogo dove morirai", disse con voce dolce. Mi agitai nervosamente,cambiando ripetutamente poSizione;don Juan sorrise. "Dovrd ritornare molte volte con te su questa collina". disse. "E poi dovrai venirci da solo finch6 non te ne sarai saturato,finchd la cima della collina trasuder) di te. Conoscerai il momento in cui ne sarai pieno. Questa collina, cosl come E ora, sari allora il posto della tua ultima danza". ."Cosa intendete per mia ultima danza,don Tuan?". "Questo i il luogo della tua ultima sosta', disse."Morirai qr-ri,non importa dove tu sia. Ogni guerriero ha un luogo per morire, un luogo da lui prediletto, permeato di ricordi indimenticabili, in cui gli avvenimenti di potere hanno lasciato il loro segno; un luogo in cui ha assi-


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L'ultima danzadel guerrierc

stito a eventi meravigliosi, in cui gli sono stati rivelati dei segreti, un luogo in cui ha accumulato il suo potere personale. "Il guerriero ha I'obbligo di tornare a quel suo luogo prediletto ogni volta,che attinge,il potere per mettercelo in serbo. Pub andarci cammlnanoo o sogn4noo. "E alla fine, un giorno, quando b terminato il suo tempo sulla terra e il guerriero sente sulla spalla sinistra il tocco della morte, il suo spirito, che d gii pronto, vola al suo luogo prediletto e li il guerriero danza fino alla sua morte. "Ogni guerriero ha una specifica forma, una specifica posizione di potere, che sviluppa durante tutta la vita. Un movimento che esegue sotto I'influenza del suo potere personale. "Se un guerriero morente ha potere limitato, la sua danzad breve; se il suo potere b grandioso, la danza b magnifica. Ma sia che il suo potere sia piccolo o magnifico, la morte deve fermarsi per assisterc alla sua ultima sosta sulla tena. La morte non pub cogliere il guerriero che rievoca per I'ultima volta le sue fatiche sulla tera; non lo pub cogliere finchd il guerriero non ha finito la sta danza". Le parole di don Juan mi fecero rabbrividire. La quiete, il crepuscolo, il paesaggiomagnifico, sembrava che tutto fosse stato messo ll per dar risalto all'ultima danza di potere del guerriero. "Potete insegnarmiquella danza anchese non sono un guerriero?", ,. cnlesl. "Ogni uomo che va in caccia del potere deve imparare quella danza", rispose. "Tuttavia non te la posso insegnare ora. Ben presto potresti avere un degno avversario e allora ti mostrerb il primo movimento di potere. Tu stesso dovrai aggiungere gli altri movimenti a mano a mano che vai avanti nella vita. Ogni nuovo movimento deve essereottenuto durante una battaglia di potere. Percib, in parole povere, la lorma del guerriero b la storia della sua vita, una danza che crescecol cresceredel suo potere personale". "Davvero Ia morte si ferma per veder danzarc il guerriero?". "Un guerriero b solo un uomo. Un uomo umile. Non pud cambiare i disegni della sua morte. Ma il suo spirito impeccabile, che ha immagazzinatopotere con enormi fatiche, pub certamente trattenere per un momento la propria morte, un momento abbastanzalungo da permettergli di godere per I'ultima volta di rievocare il proprio potere. Possiamo dire che E un gesto che la morte compie verso chi ha uno spirito impeccabile". Provavo un'angoscia schiacciantee mi misi a patlate solo per alleviarla. Gli chiesi se aveva conosciuto guerrieri che fossero morti, e in che modo la loro ultima danza aveva influenzato la loro morre.

L'altima danzadel guerricro

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"Piantala", mi disse seccamente."Morire a una cosa monumentale. Non d solo stendere le_gambe e diventare rigidi,'. "Anch'io danzerd alla mia morte, don Tian?,,. "certamente. Tu vai in caccia del poteie personale, anche se non vivi ancora come un gue'iero. il-sole ti^ha dato'un presagio.I *o"tterrai -oggi risultati migliori della tua vita li verso la n". J.ili nill'uru. owiamente non ti piace lo splendore giovanile delra luce viaggiare.di giorno non ti attira. Ma q*r .h. fa per t. a ii-7ii.rtrrru. *1. .,,orente, giallo e molle. Non.ti piace il .ulo.., ti piace lo,pl.nJor.. "E cosi tu danzerui qui per la tua morte, suila cima di qr.ri. .ol_ lina, alla. fine del giorno. E nella tua urtima d^"ru i^iriir"-rli"i" ,uu lotta,.le battaqlie che hai vinto e quelle che hai perso; racconterai delle tue gioie e della tua confusione nlll'incontt"t. il poi... p.rro.ui.. t" tua danza racconter) i segreti e le meraviglie che iai imi^giri""tr. e la tua morte seder) qui e ti osserveri. "Il sole morente splenderd su di te senza scottare, come ha fatto oggi. Il vento sari dolce e molle e la cima della conina ,t.-..a. e'rrrdo arriverai alla fine della tua da.nzaguarderai il sore, perch6 ti g"u.derai mai piil n6 da sveglio nE sogiando, e allora lu i", ,ori""o" l"Ji.i.ra verso sud. Vetso f immensiti".


L'and,atura del potere

14 L'andatura del potere Sabato 8 aprile, 1962 "La morte d un personaggio?", chiesi a don Juan mentre mi sedevo sotto il portico. Ci fu un'aria di sconcerto nella sua espressione.Aveva in mano un pacco di provviste che gli avevo portato; lo posd al suolo con cautela e si mise a sedere di fronte a me. Mi sentii incoraggiato e gli spiegai che volevo sapere se la morte era una persona, o come una persona, quando osservavaI'ultima danza del guerriero. "Che difierenza fa?", chiese. Gli dissi che I'immagine mi affascinavae che volevo sapere come c'era arrivato, come lo aveva saputo, "E tutto molto semplice", riipose. "IJn uomo di conoscenzasa che la motte b I'ultimo testimone, perchd aede". "fntendete dire che voi in persona avete assistito all'ultima danza di un guerriero?". "No. Questo non E possibile; solo alla morte b possibile. Ma ho uisto la mia propria morte che mi osservavae ho danzato per lei come se fossi stato per morire. Alla fine della mia danza la morre non ha indicato nessuna direzione, e il mio luogo prediletto non ha tremato dicendomi addio. Quindi la mia ultima ora sulla terra non era ancora giunta e non sono morto. Quando accaddetutto cid, avevo potere limitato e non comprendevo i disegni della mia morte, percib credetti di morire". "La vostra morte era come una persona?". "Sei dawero buffo, pensi di poter comprendere tutto facendo domande. Io non credo che ci riuscirai, ma chi sono io per giudicare? "La morte non d come una persona, d piuttosto una presenza.Ma si pub anche sceglieredi dire che non b nulla e cib nonostante d tutto, si avr) ragione in ogni caso: la morte B tutto quello che si desidera che sia.

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"Io mi trovo a mio agio con la gente, percib la morte b pet me una r)crsona. sono anche portaro per i misteii, percid la morte ha occhi yrrofondi per me; ci posso guaidme attraverso: sono come due finestre c tuttavia si muovono, come si muovono gli occhi. E quindi posso dire che la morte con i suoi occhi profondi guarda il gueiriero che- dan a per la sua ultima volta sulla terca,,. "Ma d cosl soltanto per voi, don Juan, o d la stessacosa per gli alffi guerrieri?". "E la medesimacosa per ogni guerriero che ha una danzadi potere, e tuttavia non lo d. La morte assistealla sua ultima danza,ma if modo in .cui il guerriero, vede la sua morte d una questione personale. potrebbe..esserequalsiasi cosa: un,uccello, una luce, ,r.r" parronu, u., cespuglio,un sassolino,.unbancodi nebbia o una presenzasconosciuta". . Le immagini che don Juan dava della morti mi turbavano. Non riuscii a esprimereadeguatamente le mie domande e incominciai a balbettare. Don Juan,mi fissd sorridendoe mi esortb , prrla.eGli chiesi se il modo in cui il guerriero vedeva'la propria morte dipendeva dal modo in cui era staio allevato. usai come esempi gli indiani. yum.ag yaqui. La mia idea era che la curtura dete.minn"r"-il modo rn cui si concepivala morte. ,,Cib "Il modo in cui si ts stati allevati non conta", disse don Juan. che determina il modo in cui si fa qualsiasicosa d il potere"personale. L'uomo d soltanto la somma del pro[rio potere p.rronul", tol. ,o-,nu ' determina come vivr) e come rnoriii,'. " "Cos'd il potere personale?". "Il potere personaled una sensazione",disse. ,,eualcosacome I'essere fortunati. oppure Io si pud definire uno staro i'animo. II ootere personaled.qualcosache si acquistaa prescinderedalla propria origin.. Ti ho-gii detto che il guerrierob un cacciatoredi potere, e ti sto inse. gnarrdo come cacciarlo e immagazzinarlo. La diffcolti in te, che B ra stessadi tutti noi, d lasciarti convincere. Tu hai bisogno di credere che il potere personalepub essereusato e che b possibile"metterloin serbo, ma finora non sei stato convinto". Gli dissi che aveva ottenuto lo scopo e che ero quanto mai convinto. Scoppida ridere. "Non ts questo il tipo di convinzionedi cui parlo". disse. Mi.colpi .sulla spalla con due o tre pugnetti leggeri e aggiunsecon un risolino: "Non c'b bisogno che mi asieiondi, lo"Jai bene""l Mi sentii obbligato ad assicurarlo che dicevo sul serio. "Non ne dubito", disse. "Ma essereconvinto significa che puoi agire tu stâ‚Źsso. Ti ci vorr) ancora molto sforzo per farlo. c'â‚Ź ancora molto da fare, hai appena incominciato".


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L'andaturadel potetc

Rimase in silenzio per un momento. La sua faccia assunseun'espressione placida. "E buffo il modo in cui certe volte mi ricordi me stesso", riprese. "Anch'io non volevo prendere il sentiero del guerriero. Credevo che fosse tutta una fatica inutile, e poichd tutti dobbiamo morire, che differenza avrebbe fatto essere un guerriero? Avevo torto, ma lo dovevo scoprire da solo. Ogni volta che capisci di avet torto, e certe volte fa un mondo di differenza, puoi dire di essere convinto. E quindi puoi procedere da solo, e da solo puoi anche diventare un uomo di conoscenza". Gli chiesi di spiegarmi che cosa intendeva per uomo di conoscenza. "LJn uomo di conoscenzad uno che ha sesuito fedelmente le fatiche dell'apprendimento",disse. "Un uomo che, senza precipitarsi e senza esitare, E andato fin dove ha potuto nello svelamento dei segreti del potere personale". Discusseil concetto in termini brevi e quindi lo scartd come un qualsiasiargomentodi conversazione, dicendo'chedovevo preoccuparmi soltanto dell'idea di mettere in serbo il ootere oersonale. " E inc om pr e n s i b i l e "p, ro te s ta i ." P ro p ri o non mi posso i mmagi nare dove volete arrivare". "Dar la cacciaal potere d un avvenimentoparticolare",disse."Deve essereprima un'idea, poi deve essetecostruita,un passodopo I'altro, e poi, bum! Succede". "Come succede? ". Don Juan si alzb in piedi. Incomincib a protendere le braccia e a inarcare il dorso come un gatto. Le sue ossa, come al solito, emisero una serie di scricchiolii. "Andiamo", disse."Abbiamo un lungo viaggio davanti a noi". "Ma ci sono tante cose che vi voglio chiedere", dissi. "Adesso andremo in un luogo di potere", mi rispose entrando in casa. "Perchd non ti risparmi le tue domande per quando saremo l)? Potremo avere I'opportuniti di parlare". Pensavo che saremmo andati con la macchina. oercid mi alzai e mi avviai verso I'auto, ma don Juan mi chiamb dalla casa dicendomi di prendere la mia rete con le zucche. Mi stava aspettando al limite del sottobosco desertico dietro alla casa. "Dobbiamo aflrettatci", disse. Verso le tre del pomeriggio raggiungemmo i pendii inferiori delle montagne occidentali della Sierra Madre. La giornata era stata calda ma verso il pomeriggio inoltrato il vento diventb freddo. Don Juan si mise a sedere su una roccia e mi fece sesno di imitarlo.

L'andaturadel potere l5l "Cosa faremo qui questavolta, don Juan?". "Sai benissimoche siamo qui per dar la cacciaal potere". "Lo so, ma cosa faremo in particolare?". "Sai che non ne ho la minima idea". "Intendete dire che non sesuite mai un Diano?". "Dar Ia cacciaal potere b uia cosa molto strana", mi rispose."Non c'b modo di progettarlo in anticipo, E questo che lo rende eccitanre. Il guerriero, perd, procede come se avesseun piano, perch6 si fida del sno potefe personale. Sa per certo che il suo potere personale 1o fari agire nel modo piil appropriato". Gli feci osservareche le sue afiermazioni erano in certo modo contraddittorie. Se il guerriero aveva gi) il potere personale, perchd gli dava la caccia? Don Juan inarcb le sopracciglia,assumendoun'espressionedi simulato disgusto. "Quello che d) la cacciaal potere personale sei tu", disse. "E io sono il guerriero che lo ha gi). Mi hai chiesto se avevo un piano e ti ho detto che confido nella guida del mio potere personale e non ho bisogno di avere un piano". Restammo in silenzio per un momento e poi riprendemmo a camminare. I pendii erano molto ripidi e salirli era per me molto difficile ed esffemamente stancante. D'altra parte, sembrava che le energie di don Juan fossero inesauribili. Non coneva n6 si afirettava, il suo incedere era costante e instancabile; mi accorsi che non sudava nemmeno, neanchedopo aver scalato un pendio enorme e quasi verticale. Quando arrivai sulla cima don Juan era gi) l) che mi aspettava. Mentre mi sedevo accanto a lui sentii che il cuore stava per esplodermi nel petto. Mi distesi sulla schiena e il sudore prese a scorrermi letteralmente dalla fronte. Don Juan scoppid a ridere forte e mi rotolb avanti e indiero per un po'. Il movimento mi aiutb a riprender fiato. Gli dissi che ero semplicementesbigottito dalla sua prestanzafisica. "Ho sempre cercato di mostrarla alla tua attenzione", mi rispose. "Non siete per niente vecchio, don Juan!". . "No, naturalmente. Ho cercato di fartene accorgere". " Come fate?" . "Non faccio niente. Il mio corpo si sente bene, i tutto qui. Io mi ffatto molto bene, dunque, non ho ragione di sentirmi stanco o a disagio. Il segreto non E in quel che fai a te stesso ma piuttosto in quel che non fai". Aspettai una spiegazione.Don .fuan sembrava essersi accorto che non riuscivo a capire. Sorrise con aria saputa e si alzb in piedi.


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152 L'andaturadel potere "Questo E un luogo di potere", disse. "Trova un posto dove ci possiamo accamparesu questa collina". Incominciai a protestare. Volevo che mi spiegassecosa non dovevo farc al mio corpo, ma mi interruppe con un gesto imperioso. "Piantala", disse a bassa voce. "Questa volta agirai diversamente. Non importa quanto ci metti a trovare un posto adatto per riposare; puoi impiegare tutta la notte. Non E nemmeno importante che trovi il posto, I'importante b che cerchi di trovarlo". Misi via il taccuino e mi alzai in piedi. Don Juan mi rammentb, come aveva fatto innumerevoli volte, ogni volta che mi aveva chiesto di trovare un posto per riposare, che dovevo guardare senza mettâ‚Źre a fuoco la vista su nessun punto in particolare, socchiudendo gli occhi fino ad avere Ia vista offuscata. Incominciai a camminare, scrutando il terreno con gli occhi socchiusi. Don Juan camminava alla mia sinistra a un paio di passi di distanza. Percorsi per prima cosa il perimetro della sommiti della collina. La mia intenzione era di procedere a spirale fino al centro, ma Llna volta compiuto il periplo della collina don Juan mi .fermd. Disse che mi stavo lasciando sopraflare dalla mia preferenza per le cose meccaniche.In tono sarcasticoaggiunse che stavo certamente percorrendo la zona sistematicamente,ma in modo cosi stagnante che non sarei stato capace di percepire il posto adatto. Disse' poi. che lui sapeva dov'era, percib da parte mia non c'era possibilitlL di improvvisazione. "Che dovrei fare invece?", chiesi. Don Juan mi fece mettere a sedere. Colse quindi una foglia per ciascuno da un certo numero di cespugli e me le diede. Mi ordinb di stendermi sulla schiena, di slacciarmi la cintura e mettermi le foglie sulla pelle della regione ombelicale. Controlld i miei movimenti e mi fece premere le foglie contro il corpo con entrambe le mani. Poi mi ordind di chiudere gli occhi e mi avvertl che se volevo risultati perfetti non dovevo lasciarmi sfuggire le foglie, n6 aprire gli occhi, n6 cercare di tirarmi su a sedere quando lui mi avrebbe spostato il corpo in una posizione di potere. ' Mi afferrb per I'ascella sinistra e mi fece ruotare. Sentivo il desiderio irresistibile di sbirciare attraverso le palpebre socchilrse,ma don Juan mi mise la mano sugli occhi. Mi ordinb di occuparmi soltanto della sensazionedi calore che sarebbe uscita dalle foglie. Rimasi disteso immobile per un momento e poi incominciai a sentire uno strano calore emanare dalle foglie. Lo sentii prima con le palme delle mani, poi il calore mi si estese all'addome e alla fine mi

L'andaturadel potere 15) ir.rvaseletteralmente tutto il corpo. In pochi minuti tutto il mio corpo bruciava di un calore che mi faceva pensare a quando avevo avuto la fcbbre alta. Dissi a don Juan della mia sgradevole sensazionee del mio desiderio di togliermi le scarpe.Rispose che mi avrebbe aiutaro ad alzarmi in piedi, ma che non dovevo aprire gli occhi fir'rchdnon me lo diceva lui e che dovevo continuare a premermi le foglie sullo stomaco finchd non avessi trovato il posto adatto per riposare. Quando fui in piedi mi sussurrb all'orecchio di aprire gli occhi e di camminare senza meta, lasciando che il potere delle foglie mi spingessee mi guidasse. Mi misi a camminare senza meta. Il calore che sentivo nel coroo era sgradevole.Pensavo di avere la febbre alta e tentai di immaginare con quali mezzi don Juan I'avesseprodotta. Don Tuan camminava diero di me. Imorovvisamente lancid un grido che-quasi mi paralizzd.Ridendo spiegd che i rumori improvvisi spaventano e fanno fuggire gli spiriti sgradevoli. Socchiusi gli occhi e camminai avanti e indietro per circa mezz'ora e il caldo sgradevole del mio corpo si trasformb in un piacevole calore. Provai una sensazione di leggerczzamentre misuravo avanti e indietro la collina. Mi sentivo perd deluso; mi ero in certo qual modo aspettato di scoprire qualche tipo di fenonreno visivo, ma non c'era stato alcun cambiamento alla periferia del mio campo visivo, nessun colore insolito, o luminositd, o masse oscure. Alla fine mi stancai di tenere gli occhi socchiusi e li aprii. Ero in piedi davanti a un piccolo ciglione di arenaria, uno dei pochi punti della collina rocciosi e privi di vegetazione; il resto era di terriccio con piccoli cespugli molto distanti ra loro. Sembrava che la vegetazione fosse bruciata qualche tempo prima e che la nuova non fosse ancora cresciqta completamente. Per qualche ragione ignota pensai che il ciglione di arenaria fosse bellissimo, gli rimasi a lungo in piedi davanti e poi mi ci sedetti semplicementesopra. "Bene! Benel", disse don Juan dandomi un colpetto sulla schiena. Quindi mi disse di togliere attentamente le foglie da sotto agli abiti e di metterle sulla roccia. Non appena ebbi tolto le foglie dalla pelle incominciai a raffreddarmi. Mi sentii il polso, sembrava normale. Don Juan scoppib a ridere e mi chiamb 'dottor Carlos' chiedendomi se volevo sentire anche il suo polso. Disse che quello che avevo provato era il potere delle foglie e che quel potere mi aveva purificato consentendomi di eseguire il mio compito. Aflermai in tutta sinceriti che non avevo fatto nulla di Darticolare


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e che mi ero seduto l) perch6 ero stanco e perch6 avevo trovato molto attraente il colore dell'arenaria. Don Juan non disse nulla. Era in piedi a poca distanzada me. Lnprovvisamente balzb indietro con incredibile agiliti e saltd al di sopra di alcuni cespugliarrivando su una crestarccciosaun po' distante. "Che c'd?", chiesi allarmato. "Osservala direzionein cui il vento soffier) le tue foglie", mi disse. "Contale in fretta, il vento sta arrivando; conservanela meti e mettitela contro la pancia". Contai venti foglie. Me ne infilai dieci sotto la camicia e quindi una forte folata di vento sparpaglid ie alre dieci in direzione ovest. Mentre le foglie venivano soffiate via ebbi la strana sensazioneche un'entitA reale le spazzassedeliberatamentenella massa amorfa di arbusti verdi. Don Juan ritornb e si mise a sederevicino a me, alla mia sinistra, guardando verso sud. Non pronunciammouna sola parola per molto tempo. Non sapevo cosa dire, ero esausto; volevo chiudere gli occhi ma non osai. Don Juan doveva aver notato il mio stato perchd disse che potevo benissimo addormentarmi.Mi disse di metteimi le mani sull'addome,sopra alle foglie, e di cercar di sentire di esseie sospesosul letto di 'lacci' che lui aveva fatto pet me nel 'luogo di mia predilezione'. Chiusi gli occhi e fui invaso dal ricordo della pace e della pienezzache avevo provato dormendo sulla cima di quell'altra collina. Volli scoprire se potevo veramentesentire di esseresospeso,ma mi addormentai. N{i svegliai immediatamente prima del tramonto. Il sonno mi aveva rinfrescato e rinvigorito. Anche don Juan si era addormentato, ma aprl gli occhi contemporaneamentea me. Il vento somava ma non sentivo freddo. Sembrava che le foglie sul mio stomaco avessero agito come una fornace, come una specie di stufa. Esaminai i dintorni. Il posto che avevo scelto per riposare assomigliava a una piccola conca. Ci si poteva veramente sedere come su un lungo divano; c'era un muro roccioso suficiente per servire da schienale. Scoprii anche che don Juan aveva portato i miei taccuini e me li aveva messi sotto la tesra. "Hai trovato il posto giusto", mi disse sorridendo. "E tutta I'operazione si b svolta come ti avevo detto io. Il potere ti ha guidato qui senza nessun piano da parte tua". "Che tipo di foglie mi avete dato?", chiesi. Il calore irradiato dalle foglie, che mi aveva fatto sentire cosl

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comodo, senzabisogno di coperte o di abiti particolarmente caldi, era per me un fenomeno davvero interessante. "Erano solo foglie", rispose don Juan. " Intendete dire che potrei prendere le foglie di qualsiasi cespuglio e che produrrebbero su di me lo stesso efietto?". "No. Non intendo dire che anche tu lo possafare, tu non hai potere p,ersonale.Intendo dire che qualsiasi tipo di foglie ti aiuterebbe, purch6 la persona che te le di abbia potere. Oggi non ti hanno aiutato le foglie ma il potere". "Il vostro potere, don Juan?". "Suppongo che tu possa dire che era il mio potere, benchd non sia veramente esatto, il potere non appartiene a nessuno.Alcuni di noi possono raccoglierlo e quindi potrebbe esseredato direttamente a qualcun altro. Vedi, la chiave del potere accumulato b che pub essereusaro solo per aiutare qualcun altro'ad accumularepotere". Gli chiesi se intendeva dire che il suo potere era limitato soltanto ad aiutare gli altri. Don .|uan spiegb pazientemente che poteva usare il suo potere personale comunque gli piacesse,in qualsiasi cosa lui stesso volesse, ma quando si trattava di darlo direttamente a un'altra persona allora era inutile, a meno che quella persona non lo utilizzasse per la propria ricerca di potere personale. "Tutto quello che un uomo fa dipende dal suo potere personale", prosegui. "Quindi, per uno che non ne ha, gli atti di un uomo potente sono incredibili. Ci vuole il potere anche per immaginare che cosa sia il potere. E, questo che ho cercato continuamente di dirti; ma so che non hai capito, non perch6 tu non voglia, ma perchd hai pochissimo potere personale". "Che dovrei fare, don Juan?". "Niente. Limitati a continuarecosl. Il Dotere trovera una via". Si alzd in piedi e girb su se stesso compiendo un giro completo, fissando ogni aspetto dei dintorni. Il suo corpo si muoveva contemporaneamente agli occhi; I'efietto totale era quello di uno ieratico giocattolo meccanico che girasse completamente su se stesso con un movimento preciso e inalterato. Lo guardai con la bocca aperta. Nascose un sorriso, rendendosi conto della mia sorpresa. "Oggi darai la cacciaal potere nel buio del giorno", disse rimettendosi a sedere. "Come avete detto?". "Stanotte ti awenturerai in queste colline sconosciute.Al buio non sono colline". "Cosa sono?".


156 L'andaturudel potere "Sono qualcos'altro. Qualcosa di impensabileper te, perch6 non ne hai mai contemplatoI'esistenza". "Che intendete dire, don Juan? Mi terrorizzatesempre con questi discorsi spetffali". Don Juan ridacchid e mi diede un calcetto sul polpaccio. "Il mondo d un mistero". disse. "E, non b afiatto come te lo inrma gini" . Sembrd riflettere per un momento. Il suo capo sobbalzavasu e giir con un movimento ritmico; poi sorrise e aggiunse: "Ciod, d anche come te lo immagini, ma non d tutto quello che c'E nel mondo; c'B molto di piil. Lo sei andato scoprendo e forse stanotte aggiungeraiun altro ancora". -Dezze Il suo tono mi fece correre un brivido per il corpo. "Che progettate di fare?", chiesi. "Non progetto niente. Tutto d stato deciso dallo stessopotere che ti ha permessodi trovare questo posto". Don Juan si alzd e indicd qualcosain lontananza.Immaginai che volesseche anch'io mi alzassiper guardaree cercai di balzarein piedi, ma prima che mi fossi alzato completamentedon Juan mi ributtb giil con una spinta. "Non ti ho chiesto di seguirmi"; dissecon voce severa.Poi adclolci il tono e aggiunse: " stanotte passeraidei momenti difficili e avrai bisognodi tutto il potere di cui puoi disporre. Resta dove sei e risparmi at i per dopo" . Spiegd che non indicava nulla ma controllava soltanto che certe cose ci fossero. Mi assicurbche tutto andava bene e che dovevo restare seduto tranquillamentee tenermi occupato,perch6 avevo molto tempo per scrivereprima che sulla terra fosse scesoil buio totale. Il suo sorriso era contagiosoe molto confortante. " M a c os a f ar e mo , d o n J u a n ? " . Don Juan scossela testa da una parte all'altra con un'esagerata espressionedi increduliti. "Scrivi!". ordinb e mi volse le soalle. Non c'era altro da fare. Lavorui ai miei appunti finchd fu troppo buio per scrivere. Don Juan mantenne sempre la stessaposizione,sembravaassorto a fissare in lontananza verso ovest. Ma non appena smisi di scrivere si volse verso di me e disse in tono scherzosoche il solo modo per farmi tacere era darmi qualcosada mangiare,o farmi scrivere,o mettermi a dormire. Tolse dallo zaino un oiccolo involto e lo aori cerimoniosamente: contenevadei pezzi di carne secca.Me ne porse un pezzo,ne prese rrn

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altro per sâ‚Ź e incomincib a masticarlo. Mi irtformd in tono casualeche era cibo di potere, di cui avevamo tutti e due bisogno in quella circostanza. Avevo troppo fame per pensare alla possibiliti che la carne secca contenesse una sostanza psicotropa. Mangiammo in completo silenzio finchd non ci fu pit carne; quando finimmo era completamente buio. Don Juan si alzd in piedi stirando le braccia e la schiena. Mi suggeri di fare alrettanto. Disse che era buona pratica stirare il corpo dopo aver dormito, esserestati a sedere o aver camminato. Seguii il suo consiglio e alcune delle foglie che avevo tenuto sotto alla camicia mi scivolarono gii per i pantaloni. Mi domandavo se avessi dovuto cercare di raccoglierle, ma don Juan disse di dimenticarmene, che non ce n'era pit bisogno e che dovevo lasciarle cadere come volevano. Poi mi venne molto vicino e mi sussurrb all'orecchio destro che avrei dovuto seguirlo a brevissima distanza imitando turto quello che faceva.Disse chi eravamo sicuri nel posto in cui stavamo,pirch6 eravamo, per cosi dire, al limite della nbtte. "Questa non b notte", mormorb battendo col piede la roccia su cui eravamo. "La notte d qui fuori". Indicd I'oscuriti tutto intorno a noi. Poi controllb la mia rete per vedere se le zucche col cibo e i miei taccuini erano ben assicurati, e con voce dolce disse che un guerriero si accerta sempre che tutto sia in ordine, non perch6 creda di sopravvivere alla prova a cui si accinge, ma perch6 cib fa parte del suo comportamento impeccabile. fnvece di farmi sentire sollevato, le sue ammonizioni mi diedero I'assoluta certezz^ che il mio fato si avvicinava. Volevo piangere, Don Juan, ne ero sicuro, si rendeva perfettamenteconto dell'efietto delle sue parole. "Fidati del tuo potere personale",mi disse all'orecchio."E, la sola cosa che si ha in tutto questo mondo misterioso". Mi spinse con dolcezza e incominciammo a camminare, poi lui prese la testa camminando di un paio di passi avanti a me. Lo seguii con gli occhi fissi al suolo. Non osavo guardarmi intorno, e concenrare la vista sul terreno mi facevasentire stranamentecalmo; quasi mi ipnotizzava. Dopo pochi passi don Juan si fermb. Mi sussurrb che il buio totale era vicino e che lui sarebbe andato avanti a me, ma mi avrebbe dato la sua posizione imitando il grido di un determinato piccolo gufo. Mi ricordd che gii sapevo che la sua particolare imitazione era sridula in principio e poi diventava molle come il gtido di un vero gufo. Mi


158 L'andaturadel potere avverti di stare terribilmente attento agli altri richiami di gufi che non avesseroquesta caratteristica. . Quando don Juan ebbe terminato di darmi tutte queste specifiche istruzioni ero praticamente in preda al panico. Lo afrercaiper il braccio e non lo volevo lasciar andare. Mi ci vollero due o r- minuti per calmarmi abbastanzada poter articolare le parole. Un fremito nervoso mi correva per lo stomaco e per I'addome impedendomi di parlare coerentemente. Con voce calma e dolce don Juan mi esortb a tornar padrone di me stesso,perchd I'oscurit) era come il vento, un'entitA iconosciuta che poteva ingannarmi se non stavo attento. E dovevo essereperfettamente calmo pei poter resistere. "Devi lasciarti andare cosi che il tuo potere personale si fonda col potere della notte", mi disse all'orecchio. Disse che avrebbe camminato davanti a me e io ebbi un altro attacco di paura furazionale. "f una cosa folle", protestai. Don Juan non andb in collera nd si spazienti. Scoppid a ridere tranquillamente e mi disse all'orecchio qualcosache non capii bene. "Che avete detto?", gridai attraverso i denti che mi battevano. Don Juan si mise la mano sulla bocca e sussurrb che un suerriero agiva come se sapessecid che faceva, menfe in realti non sapevanulla. Ripetâ‚Ź tre o quattro volte un'afiermazione, come se avessevoluto che la imparassi a memoria. Disse: "Un guerriero d impeccabile quando confida nel suo potere personalesenzabadare se sia piccolo o enorme". Dopo una breve attesa mi domandb se andava tutto bene. Quando gli feci cenno di si col capo scomparve rapidamente senza un rumore. Cercai di guardarmi intorno. Mi sembrava di essere in una zona di 6tta vegetazione.Tutto quello che riuscivo a distinguere era la massa oscura degli arbusti, o forse di piccoli alberi. Concintrai I'attenzione sui suoni, ma non c'era nulla di rilevante. Il sibilo del vento atruriva ogni altro suono eccettuati gli sporadici gridi laceranti di grossi gufi e il cinguettio di altri uccelli. Attesi per un po' in uno stato di assolutaattenzionee quindi udii il grido stridulo e prolungato di un piccolo gufo. Non ebbi dubbio che fosse don Juan. Veniva da un punto diero di me. Mi voltai e mi awiai in quella direzione. Mi muovevo lentamente perchd mi sentivo inestricabilmente oppresso dall'oscurit). Camminai per forse dieci minuti. A un tratto una massa oscura balzd davanti a me; maridai un grido e caddi a sedere per terra. Le orecchie mi incominciarono a ronzate. La Datra era stata cosl forte da mozzarmi il respiro, dovetti aprire Ia bocca per respirare.

L'andatuadel poterc 159 " Alzati", disse don Juan a bassavoce. "Non ti volevo spaventare. 'fi sono solo venuto incontro". Disse che era stato a osservareil mio stupido modo di camminare e che quando mi muovevo al buio sembravo una vecchia paralitica che cercassedi camminare in punta di piedi tra le pozzanghere.Trovd buffa questa immagine e scoppid a ridere forte. Si mise quindi a dimostrarmi un modo speciale per camminare al buio, un modo che chiamd 'l'andatura del potere'. Si piegb su se stesso davanti a me e volle che gli passassile mani sulla schiena e sulle ginocchia, per farmi un'idea della sua posizione. Aveva il tronco leggermente piegato in avanti ma la spina dorsale era tesa; anche le ginocchia erano leggermenteflesse. Si mise a camminare davanti a me perch6 potessi notare che ogni volta che faceva un passo sollevava le ginocchia quasi fino al petto. Poi scomparve letteralmente alla mia vista e ricomparve di nuovo. Non riuscivo a immaginare come facessea correre nel buio completo. "L'andatura del potere d per correre di notte", mi sussurrd alI'orecchio. Mi esortd a provare anch'io. Gli dissi che ero sicuro che mi sarei rotto le gambe precipitando in un crepaccio o urtando in una roccia. Con molta calma don Juan disse che I'andatura del potere era assolutamente sicura. Osservai che il solo modo in cui potessi comprendere i suoi atti era immaginare che conoscessequelle colline alla perfezione e quindi potesse evitarne i trabocchetti. Don Juan mi prese la testa tra le mani e mormorb con forza: "Questa d la notte! Ed E potere!". Mi lascid andare la testa e aggiunse a bassa voce che di notte il mondo era differente e che la sua caoacit) di correre nel buio non aveva nulla a che fare con la sua conosc;nzadi quelle colline. Disse che la chiave consisteva nel lasciar scorrere liberamente il proprio potere personale, perch6 potesse fondersi col potere della notte, e che una volta che il potere era intervenuto non c'era possibilitd di inciampare. Aggiunse, in tono di assoluta serieta, che se ne dubitavo dovevo considerare per un momento cid che stava accadendo.Per un uomo della sua eta correre per quelle colline, a quell'ora, sarebbestato un suicidio se non lo avesseguidato il potere della notte. "Guarda!", disse, e fuggi velocissimonell'oscurit), sparl e ricomDarve nuovamente. Il suo coroo si muoveva in modo cosl straordinario che non riuscivo a credere a quello che vedevo. Don Juan si mosse per un momento come trotterellando sul posto. Il modo in cui sollevava Ie gambe mi


160 L'andaturadel Poterc ricordava uno scattista che esegueeserciziper scaldarsi i muscoli prima della corsa. Quindi mi disse di seguirlo. Lo seguii con sforzo e molto disagio. Cercai con estrema cura di guardare dove mettevo i piedi, ma era impossibile valutare la distanza.Don Juan tornb indietro e trotterelld al mio fianco. Mi sussurrb che dovevo abbandonarmi al potere della notte e confidare in quel po' di potere personale che avevo, altrimenti non sarei mai riuscito a muovermi con libert); e che I'oscuriti mi ostacolava solo perch6 mi affidavo alla vista per tutto quello che facevo, non saoendoche un altro modo di muovermi consistevanel lasciarsi guidare dal potere. Provai varie volte senzaalcun successo;semplicementenon riuscivo a lasciarmi andare,la paura di farmi male alle gambe mi schiacciava. Don Juan mi ordind di continuare a muovermi sul posto e cercar di sentire di usare veramentel''andatura del potere'. Disse poi che sarebbe corso avanti e che dovevo aspettare il stlo richiamo di gufo. Scomparve nel buio prima che potessi dire nulla. Chiusi gli occhi a intervalli e per circa un'ora trotterellai sul posto con le ginocchiae il busto piegati. A poco a poco la mia tensione incomincid a rilassarsifinch6 mi sentii molto a mio agio. Allora udii il richiamo di don Juan. Corsi per cinque o sei metri nella direzione da cui veniva il grido, cercando di 'abbandonarmi' come aveva suggerito don .Tuan.Ma allorch6 inciampaiin un arbusto fui immediatamenteriportato ai miei sentimenti di insicurezza. Don Juan mi aspettavae corressela mia posizione. Insist6 che dovevo innanzitutto piegare le dita contro il palmo della mano, protendendo il oollice e l'indice di ciascunamano. Poi disse che a suo parere stavo solo indulgendo ai miei sentimenti di inadeguatezza,perch6 sapevo con certezzadi poter sempre vedere abbastanzabene, per quanto buia fosse la notte, se non mettevo gli occhi a fuoco su nulla ma con' tinuavo a scrutare il terreno proprio davanti a me. L"andatura del potere' era come trovare un posto per riposare. Entrambi i procedimenti comDortavano un senso di abbandono e un senso di fiducia. L"andatura del potere' esigevache si tenesserogli occhi fissi sul teneno direttamente di fronte, perchd una sola occhiata da uno dei due lati avrebbe prodotto un'alterazione del flusso del movimento. Spiegb che piegare in avanti il busto era necessarioper abbassaregli occhi, e le ginocchia dovevano essere portate fino al petto perch6 i passi dovevano essere molto corti e sicuri. Mi awertl che da principio avrei inciampato moltissimo, ma mi assicurb che con la pratica avrei potuto correre veloce e sicuro come di qiorno.

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Cercai per ore di imitare i suoi movimenti ed entrare nello staro d'animo che lui raccomandava.Don Juan continud a trotterellare molto pazientementedavanti a me, di quando in quando spiccavauna breve corsa e poi tornava da me perchâ‚Ź potessi vedere come si muoveva. Addirittura mi sospinse e mi fece correre per qualche metro. Quindi partl e mi chiamd con una serie di grida di gufo. Inesplicabilmente mi mossi con un grado di sicurezzainaspettato-.Per quanto ne sapevo non avevo fatto nulla che autorizzasseuna tale sensazione, ma sembrava che il mio corpo si rendesseconto delle cose senza che io le pensassi.Per esempio, non potevo veramente vedere le rocce frastagliate_sulmio cammino, ma il mio corpo riusciva sempre a camminare sugli orli e mai nei crepacci,tranne che per qualcheiontrattempo in cui persi l'equilibrio perch6 mi ero disratto. Il grado di concentrazione necessario per continuare a esaminare I'area direttamente di fronte a me doveva esseretotale. Come mi aveva avvertito don Tuan. qualsiasi minima occhiata laterale o troppo in avanti alterava il flusso. Individuai don Juan dopo una lunga ricerca. Era seduto vicino a delle grandi masse nere che sembravano alberi. Venne verso di me e disse che andavo molto bene, ma che era ora di andar via perchâ‚Źaveva usato il suo fischio abbastanzaa lungo ed era sicuro che oimai avrebbe potuto essereimitato da alri. Fui d'accordo che era ora di smettere. Ero quasi spossatodai miei tentativi. Mi sentivo sollevato e eli chiesi chi avrebbe Dotuto imitare il suo richiamo. "Poteri, alleati, spiriti, chiss)?", disse in un sussurro. Spiegb che di solito quelle 'entiti della notte' producevano suoni molto melodiosi, ma erano molto svantaggiatenel riprodurre i suoni aspri delle grida umane o dei cinguettii degli uccelli. Mi avvertl di smettere sempre di muovermi se mai udivo uno di quei suoni e di tenere a mente tutto quello che aveva detto, perchd una volta o I'altra avrei dovuto fare I'identificazioneappropriata. fn tono rassicurantedisse che mi ero fatto un'ottima idea di quella che era l"andatura del potere' e che per impadronirmene avevo solo bisogno di una piccola spinta, che potevo ricevere in un'altra occasione quando ci saremmo nuovamente avventufati nella notte. Mi diede un colpetto sulla spalla e annuncib che era pronto a partire. "Andiamocene di qui", disse mettendosi a correre. "Aspettate! Aspettate! ", urlai freneticamente. !'Camminiamon. Don Juan si fermb e si tolse il cappello. "Perdinci!", disse in tono di perplessit). "Siamo in un bel pasticcio. Sai che non posso camminare al buio, posso solo correre. Se camminassi mi romperei le gambe".


162 L'andaturadel Potere Ebbi la sensazioneche sogghignassementre pronunciava quelle parole, sebbenenon lo potessi vedere in faccia' Aggiunse in tono confidenziale di essere troppo vecchio per camminare, e che quel po' di 'andatura del potere' che avevo imparato quella notte doveva essere messo in pratica per sfruttare I'occasione. "Se non usiamo l"andatura del potere' saremo falciati come fili d'erba", mi sussurrd all'orecchio. "Da c hi?" . "Nella notte ci sono delle cose che agiscono sulle persone", mor' mord in un tono che mi fece correre i brividi per il corpo. Disse che non importava che mi mantenessialla sua altezza,perch6 mi avrebbe dato ripetuti segnali di quattro richiami di gufo per volta affinch6 potessi seguirlo. Suggerii di rimanere su quelle colline fino all'alba per andar via con la luce, ma in tono assai drammatico don Juan ribattd che rimanere li sarebbe stato un suicidio; e anche se ne fossimo usciti vivi, la notte avrebbe prosciugato il nosffo potere personale al punto di non poter'evitare di esser vittime dei primi rischi del giorno. "Non perdiamo piL tempo", disse con un tono di urgenza nella voce. "Andiamocene di qui". Mi assicurd nuovamente che avrebbe cercato di andare pii lentamente possibile. Le sue ultime istruzioni furono che dovevo cercare di non emettere un suono, neppure un sospiro, qualunque cosa accadesse. Mi diede la direzione generale in cui dovevamo andare e incomincib a correre a un ritmo marcatamentepiil lento. Lo seguii, ma per quanto lentamente si muovessenon riuscii a rimanere al passocon lui, e presto soad nell'oscuritd davanti a me. Quando fui solo mi accorsi di aver adottato senza accorgermene un'andatura abbastanzarapida, e fu una scossaper me. Cercai di mantenere quel ritmo ancora un po' e quindi udii il richiamo di don Juan, vicino, alla mia destra. Fischid quattro volte in successione. Dopo pochissimo tempo udii ancora il suo richiamo di gufo, questa volta piil lontano a destra. Per seguirlo dovetti girare di quarantacinque gtadi.- Incominciai a muovermi nella nuova direzione, aspettando che gli alui tre gridi della serie mi desseroun orientamento migliore. Udii un nuovo fischio, che situava don Juan quasi nella direzione da cui ero partito. Mi fermai e ascoltai. Udii a poca distanza un suono acutissimo, qualcosa come il rumore di due sassi sbattuti I'uno contro I'alro. Ci fu un alro richiamo di gufo e allora capii quello che aveva inteso dire don Juan. Nel grido c'era qualcosa di veramente melodioso; era chiaramente pii lungo e anche piil molle di quello di un vero gufo.

L'andaturadel potere 16) Provai una strana sensazionedi paura. Il mio stomaco si contrasse come s_equalcosami tirasse verso il bassodalla parte centrale del corpo. Mi voltai e mi misi a semi-trotterellare nella direzione opposta. Udii in lontananza un debole grido. Ci fu una rapida successione di altri tre richiami. Erano di don Juan; corsi nella loro direzione. Sentivo che doveva esserelontano un buon quarto di miglio e se continuavo a quel passo sarei rimasto irrimediabilmente solo in quelle colline. Non riuscivo a capire perchâ‚Ź don Juan corresse in avanti, quando avrebbe potuto correre intorno a me, se aveva bisogno di mantenere quel passo. Mi accorsi allora che pareva che qualcosa si muovessecon me alla mia sinistra, lo potevo quasi vedere all'estremiti del mio campo visivo. Fui sul punto di lasciarmi prendere dal panico, ma un penriero tranquillizzante mi attraversb la mente. Al buio non avrei poturo vedere nulla. Volli guardare in quella direzione, ma avevo paura di perdere il mio slancio. Un altro richiamo di gufo mi riscossedalle mie meditazioni; veniva dalla mia sinistra. Non lo seguii perch6 era senza dubbio il grido pii dolce e melodioso che avessi mai udito. Tuttavia non mi ipaventb. Nel grido c'era qualcosa di attraente, o forse di assillante, o anche di triste. Quindi una massaoscura velocissimaattraversd il sentiero da destra a sinistra davanti a me. La subitaneit) dei suoi movimenti mi fece guardare in avanti, persi I'equilibrio e andai a urtare rumorosamente contro alcuni cespugli. Caddi di fianco e quindi udii lo stesso grido melodioso a pochi passi alla mia sinistra. Mi alzai in piedi, ma prima che potessi ricominciare ad avanzareci fu un altro grido, piil imperioso e irresistibile del primo. Era come se qualcuno volesseche mi fermassi e ascoltassi.Il grido del gufo era cosl prolungato e lieve che sciolse le mie paure. Mi sarei davvero fermato se proprio in quel momento non avessi udito quattro richiami stridenti di don Juan. Sembravano pii vicini. Balzai in piedi e partii in quella direzione. Dopo un momento notai un certo tremolio o un'onda nel buio alla mia sinistra.Non era una visione vera e propria, ma piuttosto una sensazione,e tuttavia ero quasi sicuro di percepirla con gli occhi. Si muoveva piil velocementedi me e di nuovo atraversd da sinistra a destra, facendomi perdere I'equilibrio. Questa volta non caddi, e stranamente, il fatto di non esserecaduto mi irritb. Improvvisamente mi arrabbiai e I'assurdit) dei miei sentimenti mi gettd in un vero panico. Cercai di accelerareil passo, volevo emettere a mia volta un richiamo di gufo per far sapere a don Juan dov'ero, ma non osai disobbedire alle sue istruzioni.


164 L'andaturadel potue In quel momento qualcosa di raccapriccianteattirb la mia attenzione. Alla mia sinistra, vicino quasi fino a toccarmi, c'era veramente qualcosa come un animale. Lo spavento quasi mi soffocb. Ero cosi intensamente preso dalla paura che non avevo pensieri nella mente mentre al buio mi muovevo pii presto che potevo. La mia paura sembrava una sensazionefisica che non aveva nulla a che fare coi miei pensieri. Trovai molto insolita quella condizione. Nel corso della mia vita le mie paure si erano sempre costruite slr una matrice intellettuale ed erano state generate da situazioni sociali minacciose, o da persone che si comportavano pericolosamentenei miei confronti. Questa volta, invece, la mia paura era una vera noviti. Veniva da una parte sconosciuta del mondo e colpiva una parte sconosciutadi me stesso. Udii il grido di un gufo molto vicino e leggermentealla mia sinistra. Non potei afferrare i particolari del timbro, ma sembrava quello di don Juan, non era melodioso. Rallentai. Ci fu un altro grido, in esso c'era I'asprezza del fischio di don Jtran, percid accelerai. Un terzo fischio venne da brevissima distanza. Potei distinguere una massaoscura di rocce, o forse di alberi. Udii un altro grido di gufo e pensai che don Juan mi aspettasseperchd eravamo fuori della zona pericolosa. Ero quasi al limite della zona piL buia quando un quinto grido mi lascib impietrito. Mi sforzai di guardare davanti a me nella zona buia, ma un improvviso suono frusciante alla mia sinistra mi fece voltare in tempo per vedere una forma nera, pit nera dell'ambiente circostante, che rotolava o scivolava al mio fianco. Ansimai e balzai via. Udii un suono secco, come di qualcuno che schioccassele labbra, e quindi un'enorme massa scura sbucb dalla zona piil buia. Era quadrata, come una porta, alta quasi tre metri. La subitaneit) dell'apparizione mi fece urlare. Per un momento la mia paura fu sproporzionata,ma un secondopiil tardi mi scoprii meravigliosamente calmo a fissare la forma nera. Per quanto mi riguardava, le mie reazioni furono un'altra totale novit). Una parte di me sembrava spingermi verso \a zona buia con una misteriosa insistenza,mentre un'altra parte di me resisteva.Era come se da una parte volessi sincerarmi e dall'altra volessi fuggirmene istericamente. Udii a stento le grida di gufo di don -]uan, sembravanomolto vicine e frenetiche; erano pit lunghe e piil aspre, come se fischiassementre correva verso di me. fmprowisamente mi sembrb di riacquistareil controllo di me stesso e riuscii a girarmi e pet un momento corsi proprio come don Juan aveva voluto che facessi. "Don Juan!", urlai quando lo trovai.

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Mi mise la mano sulla bocca facendomi segno di seguirlo ed entrambi trotterellammo a un ritmo molto tranquillo finch6 arrivammo al ciglione di arenaria sul quale eravamo stati prima. Sedemmo sul ciglione in silenzio assoluto per circa un'ora, fino all'alba. Poi mangiammo un po' del cibo che avevamo nelle zucche.Don Juan disse che dovevamo rimanere sul ciglione fino a metd della giorData, e che non dovevamo dormire ma parlare, come se non ci fosse nulla fuori del normale. Mi chiese di riferirgli dettagliatamentetutto quello che mi era successo dal momento in cui mi aveva lasciato. Quando conclusi il mio racconto rimase in silenzio a lungo, sembrava immerso in profondi pensieri. "Non sembra che sia andata ffoppo bene", disse alla fine. "Quello che ti b successostanotte d stato molto grave, cosl grave che non puoi piir avventurarti da solo nella notte. D'ora in poi le entit) della notte non ti lascerebberoin pace". "Cosa mi b successostanotte, don Juan?". "Ti sei imbattuto in certe entiti che sono nel mondo e che asiscono sulla gente. Non ne sai niente perchd non le hai mai incontratel Forse sarebbe piil appropriato chiamarle entiti delle montagne, infatti non appartengono propriamente alla notte. Le chiamo entiti della notte perchd si possono percepire molto pit facilmente nell'oscurit). Sono qui, sempre intorno a noi. Alla luce del giorno, perb, b pii drficile percepirle, semplicementeperchâ‚Ź il mondo ci d familiare e bid che E familiare prende la precedenza. Nell'oscuriti, d'alra parte, tutto E ugualmente sffano e pochissime cose prendono la precedenza,percid siamo pit suscettibili a quelle entitd della notte". "Ma sono reali, don Juan?". "Naturalmente! Sono cosl teali che ordinariamente uccidono le persone, specialmentequelle che si smarriscono nei luoghi deserti e non hanno potere personale". "Se sapevateche sono cosi pericolose, perchd mi avete lasciato I) da solo?". "C'd un solo modo per imparare, e consiste nell'andare fino in fondo alle cose. Limitarsi a parlare del potere b inutile. Se vuoi sapere cos'b e se lo vuoi immaga'zzinare,devi affrontare tutto da solo. "La strada della conoscenzae del potere B molto difficile e molto lunga. Forse avrai notato che fino a stanotte non ti avevo mai permessodi avventurarti da solo nell'oscurit), non avevi abbastanzapotere per farlo. Ora ne hai a suficienza per ingaggiare una buona battag.lia, ma non abbastanzaDer restare al buio da solo". "Che succederebtese 1o facessi?".


166 L'andaturud.elpotere "Moriresti. Le entid della notte ti schiaccerebberocome uno scarafaggio". "Significa che non posso passareuna notte da solo?". "Puoi passarela notte da solo nel tuo letto, ma non nelle montag ne" . "E le pianure?". "Questo. si applica-solo ai luoghi selvaggi, dove non ci sono persone, specialmente i luoghi selvaggi sulle alte montagne. poich6 le dimore naturali delle entiti della notte sono rocce e irepacci, d'ora in avanti non potrai andare sulle rnontagne finch6 non aviai accumulato abbastanzapotere personale". "Ma come posso accumulare potere personale?". "Lo farui vivendo come ti ho raccomandato.A poco a poco tamponerai tutti i punti da cui pud fuggire il potere. Non lo dovrai fare deliberatamente, perch6 il potere trova sernpre una via. Prendi me come esempio, quando incominciai a imparare i modi di un querriero lon sapevo di accumulare potere, proprio come te; penrauJ di non far nulla di particolare, ma non era cosl. Il potere ha ia peculiariti di esseteinosservatoquando viene accumulato". Gli chiesi di spiegare come fosse arrivato alla conclusione che per me era pericoloso rimanere da solo nell'oscuriti. " Le entitd della notte si muovevano alla tua sinistra". disse. "Cercavano di fondersi con la tua morte; specialmente la porta che hai visto. Era un'apertura, sai, e ti avrebbe attirato fino a cosrineerti ad attraversarla, e quella sarebbe stata Ia tua fine". Mi sforzai di dirgli che mi pareva molto strano che le cose accadessero sempre quando c'era lui intorno, e che era come se lui stesso avesse architettato tutti gli avvenimenti particolari. Non avevo mai visto ombre n6 sentito strani rumori. In realti non ero mai stato soaventato da nulla. Don Juan ridacchib sottovoce e disse che tutto era prova der fatto che lui aveva abbastanzapotere personaleper convocaie in suo aiuto una miriade di cose. Ebbi la sensazioneche forse volesse alludere di aver veramenre chiamato dei complici. Don Juan sembrb avermi letto nel pensiero e scoppid a ridere , Iofte.

"Non sforzarti a cercare spiegazioni", disse. "euello che ho detto non ha senso per te, semplicementeperch6 ancora non hai abbastanza potere personale..Eppure ne hai piil di quando hai incominciato, percib adesso incominciano a capitarti le cose. Hai gii avuto un pot.nte incontro con la nebbia e col lampo. Non d importante che tu com-

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prenda quello che ti b capitato quella notte, I'importante E che ne abbia acquistato il ricordo. Il ponte e tutte le altre-cose che hai visto quella notte si ripeteranno un giorno quando avrai abbastanzapotere personale". "A che scopo si ripeteri tutto cid, don Juan?". _ "Non lo so, io non sono te, tu solo puoi rispondere. Siamo tutti diversi. Per questo ti ho lasciato solo stanotte, sebbenesapessiche era mortalmente pericoloso; hai dovuto metterti alla prova conuo quelle entite- La ragione qer cui ho scelto il richiamo del gufo d perch6 i gufi sono.i messaggeridelle entiti. Quando si imita il grido di un gufo, le entiti vengono fuori. Per te son diventate pericolose non perchd siano naturalmente malevole ma perch6 tu non sei impeccabile.C'd in te qualcosadi molto falso e io so cos'd: tu mi stai solo assecondando. Hai sempre,assecondatotutti, e naturalmente questo ti pone automaticamente al di sopra di tutto e di tutti. Ma tu stessosai che non pud esserecosi. Sei soltanto un uomo e la tua vita d troppo breve per racchiudere tutte le meraviglie e tutti gli orrori di queiio mondo meraviglioso. Percid, la tua abitudine di assecondaretutti ts falsa; ti merte in una condizione infima". Volevo protestare. Don Juan mi aveva inchiodato come aveva gii fatto dozzinedi volte. Per un momento andai in collera. Ma. come era gii successo,scrivere mi dava un sufficiente senso di distacco cosi che potevo rimanere impassibile. "Penso di avere una cura per questo", riprese don Juan dopo un lungo intervallo. " Anche tu saresti d'accordo con me se ricordassi quello che hai.fatto stanotte. Sei corso veloce come qualsiasi stregone solo quando il tuo avversario i diventato irresistibile. Lo sappiamo tutti e due e credo di aver gi) trovato un degno avversario per te". "Che farete, don Jsan2". Non rispose, si alzd in piedi e si stirb, sembrava che confaesse ogni muscolo. Mi ordinb di fare come lui. "Devi stirarti molte volte durante il giorno". disse. "Piil volte lo fai meglio d, ma solo dopo un lungo periodo di lavoro o di riposo". "Che tipo di avversario intendete ftovare per me?", domandai. "Purtroppo solo i nostri simili, gli uomini, sono i nosri degni avversari", disse. "Le altre entiti non hanno una loro volont) e bisogna andare a incontrarle e adescarle.I nosri simili, al contrario, sono i nesorabi l i . " Abbiamo parlato abbastanza" , disse improvvisamente in tono brusco e si volse verso di me. "Prima di andar via devi fare ancora una cosa, la pii importante di tutte. Adesso ti dirb qualcosache ti metter) in pace la mente sul perch6 sei qui. La ragione per cui continui a venire


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a vedermi i molto semplice; ogni volta che mi hai visto il tuo corpo ha imparato certe cose, anche contro il tuo desiderio. E alla fine il tuo corpo ha bisogno di tornare da me per imparare ancora. Diciamo che il tuo corpo sa che morira, anche se tu non ci pensi mai. Percid ho detto al tuo corpo che anch'io morirb e prima di farlo vorrei mostrare al tuo corpo certe cose, cose che tu non puoi dare al tuo corpo. Per esempio, il tuo corpo ha bisogno di spavento, gli piace. Il tuo corpo ha bisogno dell'oscuriti e del vento. Il tuo corpo ora conosce I'andatura del potere e non pud aspettafe per provarla. Il tuo corpo ha bisogno di potere personalee non pub aspettareper averlo. Perci6 diciamo allora che il tuo corpo ritorna da me perchd io sono suo amico". Quindi don Juan rimase a lungo in silenzio, sembravache combattesse con i suoi pensieri. "Ti ho detto che il segreto di un corpo forte non b in quello che fai ma in quello che non fai", disse alla fine. "Ormai B ora che tu non faccia quello che fai sempre. Siediti qui finchd non ce ne andremo e non-fare". "Non vi seguo, don Juan". Mise le mani sui miei appunti e me li tolse. Chiuse con cura le pagine del taccuino, lo assicurbcon la sua chiusura di gomma e quindi lo lancid come un disco lontano tra i cespugli. Mi turbai e incominciai a protestare, ma lui mi mise la mano sulla bocca. Indicb un grosso cespuglio e mi disse di fissare la mia attenzione non sulle foglie ma sulle ombre delle foglie. Disse che correre al buio non doveva. essere macchiato dalla palrra ma poteva essere Ia reazionenaturalissima di un corpo che sapeva 'non fare'. Mi mormorb ripetutamente all'orecchio destro che "non fare quello che sapevo fare" era la chiave del potere. Nel caso del guardare un albero, guello che sapevo fare en mettere immediatamente a fuoco la vista sulle foglie, ma non mi curavo mai delle ombre o degli spazi tra le foglie. Le sue ultime ammonizioni furono di incominciare a mettere a fuoco gli occhi sulle ombre delle foglie di un singolo ramo e poi finalmente arrivare a tutta la pianta, e non permettere che gli occhi tornassero alle foglie, perchd il primo passo deliberato per accumulare potere personaleconsistevanel permettere al corpo di 'non-fare'. Forse fu per la stanchezz o per l'eccitamento nervoso, ma mi immersi a tal punto nella contemplazione delle ombre delle foelie che quando don-Juan si alzb potevo quasi classificarele masse"nere di ombre con la stessaefficaciacon cui normalmente classificavoil fosliame. L'efietto totale era sconvolgente.Dissi a don Juan che mi sarebbe pia_ciutorimanere piil a lungo. Rise e mi diede un colpetto sul cappello.

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"Te I'avevo detto", disse. "Al corpo piacciono le cose come questa". Disse poi che dovevo lasciare che il mio potere accumulato mi guidasse attraverso i cespugli fino al taccuino, e mi spinse dolcemente nel sottobosco; camminai senza meta per un momento e quindi me lo trovai davanti ai piedi. Pensai di essermi inconsciamente impresso nella memoria la direzione in cui era stato scagliato, ma don Juan spiegd il fatto dicendo che ero andato direttamente verso il taccuino p-rche il mio corpo si era imbevuto per ore del 'non-fare'.


NonJare

15 Non-fare Mercoledi 11 aprile, 7962 Tornando a casa don Juan mi raccomandbdi lavorare ai miei appunti come se non mi fosse successonulla e di non parlare e nemmeno preoccuparmi di nessuno degli awenimenti che mi erano capitati. Dopo un giorno di riposo annuncid che dovevamo lasciarela regione per un po' di tempo, perch6 era consigliabile mettere ra noi e quelle 'entiti' una certa distanza. Spiegb che avevano avuto un profondo e{Ietto su di me, sebbenenon me ne fossi ancora reso conto perch6 il mio corpo non era abbastanzasensibile. Mi sarei perd ammalato in breve tempo sâ‚Ź non fossi andato al mio 'luogo di predilezione' pet esserepurlncato e rlstorato. Partimmo in automobile prima dell'alba dirigendoci a nord, e dopo un viaggio spossantee una rapida camminata amivammo sulla collina nel tardo pomeriggio. Don Juan, come aveva fatto allora, coprl di ramoscelli e foglie il punto dove avevo dormito la volta prima. Poi mi diede una manciata di foglie da mettere sulla pelle dell'addome e mi disse di stendermi a riposare. Preparb per s6 un altro posto alla mia sinistra, a circa un metro e mezzo dalla mia testa. e si stese anche lui. In pochi minuti incominciai a sentire un calore meraviglioso e un senso di supremo benessere.Era un senso di conforto fisico, una sensazione di essere sospesoa mezz'atia. Ero Certo completamente d'accordo con I'affermazionedi don Tuan. che il 'letto di lacci' mi avrebbe fatto galleggiare.Commentai I'incredibile qualit) della mia esperienza sensorialee don Juan rispose in tono positivo che il 'letto' era fatto per quello scopo. "Non riesco a credereche sia possibile!", esclamai. Don Juan prese alla lettera la mia afrermazionee mi rimproverb. Disse che era stanco del mio comportamento da persona che si ritiene definitivamente importante, cui si deve dare ripetutamente ia prova che il mondo b sconosciutoe meravislioso.

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Cercai_di spiegare che un'affermazione retorica non aveva signi6cato, ma lui ribattd che se fosse stato cosl avrei scelto un'altru ifrer mazione. Sembrava seriamente irritato con me. Mi tirai su a sedere a meti e incominciai a scusarmi, ma lui rise e, imitando il mio modo di parlare, suggerl una serie di ridicole esclamazioniche avrei potuto usare al posto di quella. Scoppiai anch'io a ridere della calcolata assurdit) di alcune delle alternative che proponeva. Don Juan ridacchid e mi ricordb in tono sommesso che dovevo abbandonarmi alla sensazionedi galleggiare. La dolce sensazione di pace e pienezza che provavo in quel luogo misterioso risveglid in me alcune emozioni profondamente sepolte. Incominciai a parlare della mia vita: confessai di non aver mai rispettato nd amato nessuno, nemmeno me stesso, e che avevo sempre sentito di essereintrinsecamente malvagio, e percib il mio atteggiamento verso gli altri era sempre velato da un certo comportamento smargiasso e temerario. "E vero", disse don Juan. "Tu non ti piaci afiatto". Ridacchid e disse che mentre padavo aveva 'visto'. Mi raccomandb di non provare alcun rimorso pef nulla di quanto avevo fatto, perchd isolarei propri atti come se fosseromeschini,o brutti, o malvagi, significava dare a se stessi un'importanza ingiustificata. Mi mossi nervosamente e il letto di foglie emise un suono frusciante.Don Juan osservb che se volevo riposare non dovevo far sentire agitate le mie foglie, e che dovevo fare come lui e giacere senza compiere alcun movimento. Aggiunse che nel suo 'vedere' aveva inconfato uno dei miei stati d'animo. Si arrestb un momento, come se faticasse a trovare la pada siusta, e disse che 1o stato d'animo in questione era uno schema mentale in cui cadevo continuamente. Lo descrissecome una speciedi botola che si apriva di quando in quando e mi inghiottiva inaspettatamente. Gli chiesi di esserepii specifico; rispose che era impossibile essere specifici per quel che riguardava il 'vedere'. Prima che potessi aggiungerealtro mi disse di rilassarmi ma di non addormentarmi e rimanere pit a lungo possibile in uno stato di consapevolezza. Disse che il 'letto di lacci' era fatto esclusivamente per permettere a un guerriero di arrivare a certi stati di pace e benessere. Afiermd in tono drammatico che il benessereera una condizione che bisognava sviluppare con cura, una condizione cui ci si doveva abituare per poterla cercare. "Tu non sai cosa sia il benessereperch6 non lo hai mai sperimentato" . di sse. Non ero d'accordo. ma lui insistd che il benessereera una meta


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Non-fare

da cercare deliberatamente.Disse che la sola cosa che sapevo cercnre era un senso di disorientamento, malesscree confusione. Scoppid in una risata canzonatoria e mi assicurd che per riuscire a rendermi infelice dovevo faticare moltissimo. ed era assurdo che non alessi mai c-apitoche potevo fare esattamenteIa stessafatica per rendermi completo e forte. "Il trucco sta in cid a cui si d) importanza". disse. "O ci rendiamo infelici o ci rendiamo forti. La quantit) di fatica E la stessa". Chiusi gli occhi e mi rilassai nuovamente e incominciai a sentire di galleggiare; per un po' fu come se davvero mi muovessi attraverso lo spazio, come una foglia. Quella sensazione, sebbene assolutamente piacevole, mi faceva pensare in certo qual modo a quando mi ero sentito male, a quando avevo avuto le vertigini e avevo provato la sensazione di ruotare su me stesso. Pensai che forse avevo mangiato qualcosa di guasto. Udii don Juan che mi parlava, ma proprio non riuscii a fate Io sforzo di ascoltarlo. Stavo cercando di passarementalmente in rassegna quello che avevo mangiato, ma non riuscivo a interessarmene,Sembrava che non importasse. "Guarda come cambia la luce del sole", disse don Juan. La sua voce era chiara, pensai che fosse come I'acqua, liquida e calda. A ovest il cielo era completamente privo di nuvole e il sole brillava di una luce spettacolare.Forse lo splendore giallastro del sole pomeridiano mi appariva cosi magnifico solo per via dei suggerimenti di don Juan. "Lascia che quello splendoreti accenda",disse. "Prima che il sole sia scesodevi essereperfettamente calmo e ristorato, perch6 domani o dopodomani dovrai imparare a non-fare". "ImDarare a non fare cosa?". domandai, "Ora non ha importanza", rni rispose. "Aspetta finchd saremo su quelle montagne di lava". Indicb verso nord, in direzione di alcuni lontani picchi dentellati, neri e dall'aspettominaccioso.

Giouedi 12 aprile, 1962 Nel tardo pomeriggio raggiungemmo il deserto che circondava le montagne di lava, il cui colore marrone scuro appariva da lontano quasi sinistro. Il sole era molto basso sull'orizzonte e splendeva sulla

Non-fare I r') faccia occidentaledella lava solidificara, tingendo il suo colore marrone scuro di un abbagliante spiegamentodi riflessi gialli. Non riuscivo a distogliere gli occhi, quei picchi mi ipnotizzavano. Verso la fine della giornata giungemmo in vista dei pendii inferiori delle montagne. Nel deserto c'era poca vegetazione, tutto quello che potevo vedere erano cactus e una specie di corta erba che irerceva a ciuffi. Don_ Juan si fermb per riposare. Si mise a sedere, appoggib con cautela le sue quattro zucche contro una roccia e disse che ii iare-mo accampati l) per la notte. Aveva scelto un luogo relativamente elevato, da dove ci trovavamo potevo spingere lo sguardo molto lontano tutto intorno a noi. Era una giornata nuvolosa e ben presto fummo avvolti dal crepuscolo. Mi misi a osservare,completamenteassorto, la rapiditi con cui le nuvole cremisi svanivano a ovest in un fitto grigio uniforme. Don Juan si alzd e andb tra i cespugli. Quando tornb il profilo delle montagne di lava era diventato una massa scura. Si mise a sedere al mio fianco e mi mostrd quella che sembrava una formazione naturale sulle montagne verso nord-est. Era un punto che spiccava per il suo colore molto pii chiaro: mentre tutta la carena di montagne di lava appariva al crepuscolo di un uniforme colore marrone scuro, il punto indicato da don Juan era invece giallastro o beige scuro. Non riuscivo a immaginare cosa potesseessere;lo fissai a lungo, sembravache si muovessee immaginai che pr-rlsasse. Quando socchiusi gli occhi ondeggib letteralmentecome mosso dal vento. "Guardalo fisso!", mi ordind don Juan. Mantenni lo sguardo fisso per trn bel po' e a un certo momento sentii che tutta la i.t.n, di montagnesi muoveva verso di me; la sensazionefu accompagnatada un'insolita agitozionealla bocca dello stomaco. Il disagio divenne cosi acuto che mi alzai. " S i edi ti !" , url d don Juan, m a er o gii in piedi. Dal mio nuovo punto di vista la formazionegiallastraappariva pii in bassosul fianco delle montagne.Mi rimisi a sederesenzadistogliere gli occhi e la formazionesi spostbin una posizionepii elevata.La fissai per un istante e improvvisamentedisposi tutto nella prospettivagiusta. Compresi che quello che guardavo non era affatto nelle montagne ma era in realti un brandello di stoffa vercle giallognolo che pendeva da un alto cactusdi fronte a me. Scoppiai a ridere forte e spiegai a don Jr-ranche il crepuscolo mi aveva dato un' i l l us ioneot t ica. Don Juan si alzd e si diresse verso il cactus da cui pendeva il brandello di stoffa, lo prese,1o piegb e se lo mise in tasca.


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"Perch6 lo fate?", chiesi. "Perch6 questo pezzo di stofia ha potere", rispose in tono indifierente. "Per un momento sei andato bene e non c'd modo di sapere cosa sarebbe successose tu fossi rimasto seduto". Venerd) L3 aprile, 1962 Ci dirigemmo verso le montagne allo spuntare dell'alba. Le montagne erano sorprendentemente lontane. A mezzogiotno camminavamo in uno dei canyon sul cui fondo c'erano delle pozze d'acqua poco profonde. Ci sedemmo a riposare all'ombra di una sporgenza. Le montagne erano state formate da un enorme fiume di lava. Col passaredei millenni 7a lava solidificata si era trasformata in una roccia porosa marrone scuro. Solo poche erbe robuste crescevanotra le rocce e nei crepacci. Guardando in alto verso le pareti quasi perpendicolari del canyon provai una strana sensazionealla bocca dello stomaco. Le pareti erano altissime e mi davano I'impressione di volersi richiudere su di me. Il sole era quasi allo zenith, leggermente spostato a sud-ovest. "Mettiti in piedi qui", disse don Juan e mi sistemb il corpo facendomi guardare verso il sole. Mi disse di guardare fissamente le pareti della montagna sopra di m e. La vista era stupenda. L'enorme altezza del fiume di lava faceva vacillare \a mia immaginazione, incominciai a pensare al gigantesco sconvolgimento vulcanico che doveva averlo prodotto. Per molte volte guardai su e giil lungo i fianchi del canyon. Rimasi assorto a conremplare la ficchezza di colore della parete rocciosa: c'erano chiazze di ogni tinta immaginabile; su ogni roccia c'erano macchie grigio chiaro di muschio o lichene. Guardai diritto sopra alla mia testa e notai che la luce del sole produceva riflessi meravigiiosi quando colpiva le chiazze brillanti di lava solidificata. Fissai un punto sulle montagne dove il sole si rifletteva. A mano a mano che il sole si muoveva I'intensit) diminuiva, poi svani completamente. Guardai dall'altra parte del canvon e vidi un altro punto con le stesse meravigliose t:ifrazioni di luce. Dissi a don Juan quello che succedeva e quindi scoprii unraltra zona di luce, e poi un'altia in un punto diverso, poi un'altra ancora,finch6 tutto il canyon fu costellato di grandi macchie di luce. Mi sentivo girare la testa; anche quando chiudevo gli occhi potevo

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ancora vedere le luci brillanti. lvli presi il capo tra le mani e cercai di strisciare sotto la sporgenza,ma don Juan r-ni strinse forte il braccio ordinandomi di guardare le pareti delle montagne e cercar di immaginare macchie di pesante oscurit) in mezzo ai campi di luce. Non volli guardare perch6 il bagliore mi dava fastidio agli occhi. Dissi che mi succedevacome quando si guarda una strada piena di sole attraverso una finestra e poi si vede la finestra sovrapporsi come un contorno oscuro su tutto il resto. Don Juan scosseil capo e incomincid a ridacchiare.Mi lascib andare il braccio e ci rimettemmo a sedere sotto la sporgenza. Stavo trascrivendo le mie impressioni quando don Juan, dopo un lungo silenzio, parld improwisamente in tono drammatico. "Ti ho portato qui per insegnarti una sola cosa", disse e tacque. "Dovrai imparare a non-fare", riprese. "Potremmo benissimo parlarne perchd per te non esiste altro modo di procedere. Pensavo che avresti potuto imparare a non-fare senzache ti dicessi nulla, ma mi sono sbagliato". "Non so di cosa parlate,don Juan". "Non importa", rispose. "Voglio dirti qualcosache d semplicissimo ma difficilissimo da eseguire: ti parlerd del non-fare, quantunque non esista modo di parlarne perchd B il corpo che lo fa". Mi fissb con brevi occhiatee quindi mi ordinb di stare molto attenro a quello che avrebbe detto. Chiusi il taccuino, ma con mio stupore don Juan insist6 che continuassi a scrivere. "Non-fare E cosi difficile e potente che non lo dovresti menzionare", riprese. "Non lo dovrai menzionarefinchâ‚Ź non avrai lermato il mondo; solo allora ne potrai parlare liberamente, se d questo che vorrai fate" . Si guardd intorno e quindi indicd una grande roccia. "Quella roccia lassi E una roccia a causa del fare", disse. Ci guardammo a vicenda e lui sorrise. Aspettai una spiegazione,ma rimase in silenzio. Alla fine fui cosretto a direli che non avevo capito. "Questo d farel", esclamb. "Come avete detto?". "Anche questo d fare". "Di che state parlando, don Juan?". "Fare d cid che fa di quella roccia una roccia e di quel cespuglio un cespuglio.Fare d quel che ti fa esserete e mi fa essereme". Gli dissi che la sua spiegazionenon spiegava niente. Scoppib a ridere e si grattb le tempie. "Questo d il problema quando si parla", disse. "Fa sempre confon-


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dere le cose. Se si incomincia ap^tlare del fare, si finisce sempre a parlare di qualcos'altro. E meglio limitarsi ad agire. "Prendi quella roccia, per esempio. Guardarla d fare, ma uederla E non-fare". Dovetti confessareche le sue parole non avevano senso per me. "Oh si che ce I'hanno!", esclamd."Ma tu sei convinto del contrario perch6 questo d il tuo fare. Questo d il modo in cui agisci verso di me e verso il mondo". Indicb nuovamente la roccia. "Quella roccia b una roccia a causa di tutte le cose che sai fare verso quella'roccia", disse. "Questo io lo chiamo fare. Un uomo di conoscenza,per esempio, sa che la roccia b una roccia solo a causa del fare,percid, se non vuole che la roccia sia una roccia, tutto quello che deve fare d non-fare. Hai capito?". Non lo capivo afratto. Don Juan scoppib a ridere e fece un altro tentativo di spiegazione. " Il mondo ts il mondo perchâ‚Ź tu conosci il f are implicito nel renderlo tale", disse. "Se tu non conoscessii\ suo fare, il mondo sarebbe difierente". Mi esaminb con curiositi. Smisi di scrivere, volevo soltanto ascoltarlo. Continud a spiegare che senza quel certo 'fare' non ci sarebbe nulla di familiare in cib che ci circonda. Si piegb in avanti, raccolseun sassolinotra il pollice e I'indice della mano sinistra e me lo tenne davanti agli occhi. "Questo b un sassolinoperchâ‚Ź tu conosci il lare implicito nel renderlo un sassolino",disse. "Cosa state dicendo?", chiesi sentendomi veramente confuso. Don Juan sorrise. Sembrava che cercassedi nascondereun piacere malizioso. "Non so perchd sei cosl confuso", disse. "Le parole sono la tua predilezione; dovresti sentirti in paradiso". Mi lancib un'occhiata misteriosa e sollevb le sopraccigliadue o tre volte. Poi indicb di nuovo il sassolino che mi teneva davanti agli occhi. "Dico che tu fai di questo un sassolinoperchd conosci il fare implicito in questo sassolino", disse. "Ora, per lermare iI mondo devi smettere di fare". Sembrb che sapesse che non avevo ancora capito perchd sorrise scuotendo il capo. Prese poi un ramoscelloe indicb l'orlo irregolare del sassolino. "Nel caso di questo sassetto", prosegul, "la prima cosa che gli fa il lare i ridurlo alle sue dimensioni. Percib la cosa giusta da fare, che

Non-fare 177 un guerriero fa se vuole,fermare il mondo, E ingrandire un sassolino,o qualsiasi altra cosa, mediante il non-fare". Si alzb in piedi e pose il sassolinosu un macigno, quindi mi disse di avvicinarmi e di esaminarlo.Mi disse di girardarei buchi e le depressoni del sassolino e cercare di distinguerne i minimi dettagli. Disse che se potevo distinguere il dettaglio, i buchi e le depressioni sarebbero scomparsi e avrei capito cosa significava 'non-fare'. "Oggi questo benedetto sassolino ti far) diventare pazzo", disse. Dovevo avere sulla faccia un'espressione sconcertata. Don Juan mi guardb e scoppid a ridere fragorosamente,poi finse di arrabbiarsi col sassolinoe lo colpl due o tre volte col cappello. Lo esortai a chiarire quello che voleva dire. Gli dissi che se faceva uno sforzo gli era possibile spiegare tutto quello che voleva. Mi lancid un'occhiata sorniona e scosseil capo come se la situazione fosse senzasDeranza. "sicuro che posso spiegaretutto", disse ridendo. "Ma tu poffesti capirlo?". La sua insinuazione mi prese alla sprovvista. "11 lare ti fa separareil sassolinodal macigno piil grosso", riprese. "Se vuoi imparare a non-fare, diciamo che devi congiungetli". Indicb Ia piccola ombra che il sassolino proiettava sul macigno e disse che non era un'ombra ma una colla che li teneva uniti. Poi si voltb e si allontanb dicendo che sarebbe tornato oiil tardi a controllarmi. Rimasi a lungo a fissare il sassolino.Non riuscii a concentrare I'attenzione sui minimi dettagli dei buchi e delle depressioni,ma la piccola ombra che il sassolinogettava sul macigno divenne un punto interessantissimo.Don Juan aveva ragione: era come una colla, si muoveva e si spostava. Ebbi I'impressione che fosse spremuta da sotto il sassolino. Quando don Juan tornb gli riferii quello che avevo osservato delI'ombra. "E un buon inizio", disse. "Dalle ombre un guerriero pub giudicare ogni tipo di cose". Poi mi suggerl di prendere il sassolinoe di seppellirlo da qualcl-re parre. " Perch6?". "Sei stato a ossetvarlomolto a lungo", disse."Ora ha qualcosadi te. Un guerriero cerca sempre di agire sulla forza del lare cambiandolo in non-t'are.Fare sarebbelasciar ll il sassolinoperchd b solo un sasso. Non-fare sarebbe comportarsi con quel sassolinocome se fosse molto di piil di un semplice sasso.In questo caso il sassolinosi t imbevuto


178 Non-fare di te per molto tempo e ora a te, percid non lo -puoi lasciare li ma lo devi seppellire. Se perb tu avessi poter. personale, non-lare significherebbe cambiare quel sassolinoin un oggetto di potere". " Potrei farlo oru?" . "La tua vita non d abbastanzacompatta per farlo. Se tu aedessi, sapresri che il tuo pesante interessamentoha cambiato quel sassolino in qualcosadi assaipoco attraente, percib la cosa.migliore che tu possa fu.. e scavare .tn buco, seppellirlo e lasciare che la terra assorba la sua pesantezza". "Questo b tutto vero, don Juan?". "Rispondere si o no alla tua domanda sarebbe fare. Ma poichd stai imparanio a non-fare ti devo dire che in realti non importa se a vero o .o. E qui che il guerriero ha un punto di vantaggio sull'uomo medio' L'uomo medio si .u.r re le cose siano vere o false, ma il guerriero no. L'uomo medio procede in modo specificocon le cose che sa esserevere e in modo diveiso con le cose che sa non esserevere. Se le cose sono dette vere, agisce e crede in quello che fa, ma se le cose sono dette non vere, non si cura di agire o non crede in quello che fa. Il guerriero, d'altra parte, agiscein entrambi i casi. Se le cosesono dette vere, agisceper faie il fai, se sono dette non vere, agisceancora per fare 1l non-lare. Hai capito?". "No, non ho capito affatto", risposi. Le sue afrermazionimi rendevano bellicoso; non riuscivo a trovare un senso in quello che diceva. Gli dissi che era incomprensibile e lui mi canzonb dicendo che non avevo uno spirito impeccabile nemmeno in quello che mi piaceva di piil, parlare. Derise letteralmente la mia padionanzaverbale e la giudicb difettosa e inadeguata "Se devi esseretutto bocca, sii un guerriero bocca", disse stoppiando a tidere. Mi sentivo scoraggiato;le orecchie mi ronzavano, sentivo un calore sgradevole alla testa, ero realmente imbanzzato e probabilmente rosso in viso. Mi alzai in piedi, mi avviai verso il sottobosco e seppellii il sassolino. "Ti ho stuzzicatoun poco", dissedon Juan quando tornai a sedere. "Eppure so che se non parli non capisci. Per te parlare d fare, ma parlare non b appropriato e se vuoi saperequello che intendo per non-fa-re devi fare un semplice esercizio. Dal momento che ci interessiamo del non-fare non importa che tu faccia I'esercizio ora o tra dieci anni". Mi fece tt.nd..e e mi prese il braccio destro piegandolo al gomito. Poi mi girb la mano finch6 ebbi il palmo rivolto in avanti; mi fece curvare ie dita come se impugnassi una maniglia, e quindi incomincid

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a muovermi il braccio avanti e indietro con un movimento circolare che assomigliavaall'atto di spingere una leva attacc^ta a una ruota. Don Juan disse che un guerriero eseguiva quel movimento ogni volta che voleva spingere qualcosa fuori del proprio corpo, qualcosa come una malattia o una sensazionesgradita. L'idea era di spingeree tirare un'immaginaria forza antagonista finch6 si sentiva un oggetto pesante,un corpo solido, che arrestavail movimento libero della mano. Nel caso di quell'esercizio, 'non-fare' consisteva nel ripeterlo finchd si sentiva con la mano il corpo pesante, a dispetto del fatto che non si potessemai credere che fosse possibile sentirlo. Incominciai a muovere il^ braccio e in poco tempo la mano mi divenne fredda come il ghiaccio. Incominciavo a sentire intorno alla mano una specie di sensazionemolliccia; era come se remassi in una pesantemateria liquida e vischiosa. Don. Juan fece un gesto improvviso e mi afierrd la mano per arrestarne il movimento. Tutto il mio corpo tremb come scosso da una forza invisibile. Don Juan mi scrutb menffe mi tiravo su a sedere e quindi mi cammind intorno prima di rimettersi seduto. "Hai fatto abbastanza", disse. "Potrai compiere questo esercizio un'altra volta, quando avrai pir) potere personale". "Ho fatto qualcosadi sbagliato?". "No. Il non-fare b solo per guerrieri molto forti e tu non hai ancora il potere sufficiente. Ora cattureresti con la mano solo cose assurde, percib fallo a poco a poco, finch6 non senti pii freddo alla mano. Ogni volta che la mano ti rimane calda puoi veramente sentire con essale linee del mondo". Fece una pausa come per darmi il tempo di chiedere delle linee, ma prima che avessi I'opportunit) di farlo incomincid a spiegare che c'era Lrn numero infinito di linee che ci congiungevanoalle cose. Disse che I'esercizio del 'non-fare' che aveva appena descritto avrebbe aiutato chiunque a sentire una linea che usciva dalla mano che si muoveva, una linea che si poteva mettere o gettare dovunque si voleva. Aggiunse che quello era solo un esercizio, perch6 le linee formate dalla mano non duravano abbastanzaa lungo per essere di valore reale in una situazione pratica. "[Jn uomo di conoscenz^ \sa altre parti del corpo per produrre l i nee durevol i " , d isse. "Che parti del corpo, don Juan?". "Le linee pit durevoli che un uomo di conoscenzapub produre vengono dal centro del corpo", disse. "Ma pud produde anche con gli occhi". " S ono vere l i nee?".


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tt. " Certo "Si possonovedere e toccare?". "Diciamo che si possono sentire. La parte pitr difficile della via del guerriero E capire che il mondo d una sensazione.Quando uno non-fa, Jente il mondo, e sente il mondo attraverso le sue linee"' Si interruppe e mi esaminb con curiosit). Sollevd le sopraccigliae spalancbgli occhi, poi ammiccb. L'efietto era quello degli occhi di un uccello che ammiccava.Quasi immediatamente sentii una sensazionedi imbaruzzoe di nausea.Era proprio come se qualcosami premessesullo stomaco. "Capisci quello che voglio dire?", chiese don Juan distogliendo gli occhi. Osservai che mi sentivo la nausea; don Juan rispose in tono positivo che lo sapeva, che stava cercando di farmi sentire le linee del mondo coi suoi occhi. Non potevo accettare che afiermassedi essere proprio lui a provocarmi quella sensazioneed espressi i miei dubbi. Non riuscivo a concepireI'idea che fosse lui a causarela mia sensazione di nausea,dal momento che non era entrato assolutamentein contatto fisico con me. "Non-fare d semplicissimo ma difficilissimo", disse. "Non d questione di comprenderlo ma di padroneggiarlo.Vedere, naturalmente, t la conquista finale dell'uomo di conoscenza,e uedere si raggiunge solo quando si riesce a lermare iI mondo attraversola tecnica del non-fare". Sorrisi involontariamente. Non avevo capito' "Quando si fa qualcosa con la gente", riprese don Juan, "la sola preoccupazionedovribbe essere di presentare il caso al loro corpo. E qrr.rto che ho fatto con te finora, lasciando che il tuo corpo sapesse. Chi se ne importa se tu capisci o no?". "Ma don Juan, questo non E giusto. Io voglio capire tutto, altrimenti venire qui sarebbe una perdita di tempo". "Una perdita di tempo!", esclamb parodiando il mio tono di voce. "Sei davvero un bel presuntuoso". Si alzd in piedi e disse che dovevamo arrivare sulla cima del picco di lava alla nostra destra. L'ascensionealla cima fu un tormento, fu una vera e propria scalata, a parte il fatto che non c'erano corde per aiutarci o proteggerci. Don Juan mi disse ripetutamente di non guardare in basso; e un paio di volte dovette letteralmente tirarmi su di peso quando stavo per scivolare gii dalla roccia. Mi sentivo terribilmente imbarazzatodal fatto che don Juan, che eta cosl vecchio, dovesseaiutarmi. Gli dissi che ero in pessime condizioni fisiche perchd ero troppo pigro per fare qualsiasi eseicizio. Risoose che una volta che si era arrivati a un certo livello di

NonJare 181 potere personale,l'esercizio o I'allenamento di qualsiasi tipo era superIluo, dal momento che tutto cib di cui si aveva bisogno per essere in forma impeccabile era impegnarsi nel 'non-fare'. Quando arrivammo sulla cima mi distesi al suolo, stavo per dare di stomaco.Don Juan mi fece rotolare avanti e indietro col piede come aveva gi) fatto un'altra volta. A poco a poco il movimento-mi ridiede I'equilibrio, ma mi sentivo nervoso. Era come se in certo modo aspettassi l'improvvisa apparizione di qualcosa. Due o tre volte guardai involontariamente a destra e a sinistra: don Tuan non disse una parola ma guardb anche lui nella stessadirezione. "Le ombre sono cose strane", disse a un tratto. "Devi esserti accorto che ce n'B una che ci segue". "Non mi sono accorto di niente del genere", protestai ad alta voce. Don Juan disse che il mio corpo aveva notato il nostro inseguitore nonostante la mia ostinata opposizione,e mi assicurd in tono confidenziale che nell'essereseguiti da un'ombra non c'era nulla di insolito. "E soltanto u., pot"ri", disse. "Queste montagne ne sono piene. E solo come una di quelle entiti che ti hanno spaventato I'altra notte" . Volli saperese la potevo veramentepercepireio stesso.Don Juan asseri che di giorno se ne poteva soltanto sentire la presenza. Volli che mi spiegasseperch6 I'aveva chiamata un'ombra quando ovviamente non era come I'ombra di un masso. Rispose che avevano entrambe le stesselinee, percib entrambe erano ombre. Indicd un grande masso proprio davanti a noi. "Guarda l'ombra di quel macigno", disse. "L'ombra d il macigno, tuttavia non lo d. Osservareil macigno per sapereche cosa sia il macigno d lare, ma osservarela sua ombra d non-fare. "Le ombre sono come le porte, le porte del non-lare. Un uomo di per esempio,pud,capirei sentimentipid intimi degli uomini conoscenza, osservandole loro ombre". "C'b del movimento nelle ombre?", chiesi. "Puoi dire che c'b del movimento, oppure puoi dire che in esse si mostrano le linee del mondo, oppure puoi dire che da esse escono i sentimenti". "Ma don -[uan, come b possibile che i sentimenti escano dalle ombre?". "Credere che le ombre siano soltanto ombre d. fare", spiegd."Tale convinzioneB un po' stupida. Pensalacosi: nel mondo c'd tanto di pin in tutto, che ovviamente deve essercidi piil anche nelle ombre. Dopo tutto, cib che le fa ombre b semplicementeil nostro fare". Ci fu un lungo silenzio.Non sapevoche altro dire.


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"Si avvicina la fine del giorno", disse don Juan guardando il cielo. "Devi usare questa brillante luce solare per eseguire un ultimo esetcizio" . Mi guidd in un punto in cui c'erano due picchi della grandezzadi un uomo che si ergevano paralleli I'uno all'altro, distanti poco piil di un mero. Don Juan si fermd dieci metri pit in l), rivolto a ovest. un punto dove dovevo mertermi in piedi e mi disse di guardare -Segnd_ le ombre dei picchi. Disse che le dovevo osservareincrociando eli occhi proprio come li incrociavo ordinariamente quando scrutavo il-terreno alla ricerca di un posto per riposare. Chiari le sue istruzioni dicendo che quando si cerca un posto per riposare si deve guardare senzamettere a _fuoco gli occhi, ma nell'osservare le ombre bisogna incrociare gli occhi e tuttavia mantenere a fr-rocoun'immagine netia. L'idea era di lasciareche un'ombra si sovrapponesseall'altra incrociando gli occhi. Spiegd che con quel procedimento si poteva accertareuna determinata sensazioneche emanavadalle ombre. Osservai che le sue istruzioni non erano molto precise, ma lui sostenne che non c'era davvero modo di descrivere quello che intendeva. Il mio tentativo di eseguire I'esercizio fu futile, mi sforzai finchd non mi venne mal di testa. Don Juan non si preoccupd minimamente del mio insuccesso,sali su un picco a forma di cupola e urlb dalla cima, dicendomi che dovevo cercare due pezzi di roccia piccoli, lunghi e stretti. Con le mani mi mostrb quanto dovevano esseregrandi le-rocce che voleva. Trovai_ due pezzi e glieli porsi. Don Juan mise ciascun pezzo di roccia in due crepacci a circa trenta centimetri di distanza. mi ci fece mettere in piedi sopra, rivolte a ovest, e mi disse di ripetere lo stesso esercizio con le loro ombre. Questa volta fu una faccenda completamente diversa. Riuscii quasi immediatamente a incrociare gli occhi e percepire le due singole ombre come se si fossero fuse in una. Notai che I'atto del guardare senzaconvergere le immagini dava alla singola ombra che ivevo formato una profondit) incredibile e una specie di trasparenza.La fissai sconcerraro: ogni buco della roccia, nel punto sul quale erano a fuoco i miei occhi. era nettamentediscernibile;e I'ombra compositasovrappostaera come una pellicola incredibilmenretrasparenre. Non volli ammiccare p.t prrriu di perdere I'immagine che trattenevo cosi precariamente,ma alTafine il bruciore degli occhi mi costrinse a battere le palpebre, tuttavia non persi la" visione del partico^fratto le immagini divennero lare., anzi, poich6 mi si era inumidita la cornea, anche piil chiare. Mi sembrava di guardare un mondo .i. non urr.uo mai visto prima, da un'altezza incommensurabile. Notai anche che po-

Non-farc 18) tevo esaminare cib che circondava I'ombra senza perdere la messa a fuoco della mia percezionevisiva. Sentii di atterrare in un mondo pit vasto di quanto avessi mai immaginato. Quella straordinaria percezione durb un secondo e poi tutto si spense.Guardai in su automaticamente e vidi don Juan che mi guardava in piedi direttamente sopra alle rocce. Aveva ostruito la luce del sole col suo corpo. Gli descrissiquell'insolita sensazionee lui spiegb che aveva dovuto interromperla perchâ‚Ź aveva 'visto' che stavo per perdermi in essa.Aggiunse che per tutti noi era una tendenza naturale quella di lasciarsi andare quando ci capitavano sensazionidi quella natura, e che lascian. domi andare in essa avevo quasi trasformato il 'non-fare' nel mio vecchio e consueto 'fare'. Disse che invece avrei dovuto mantenere la vista senza soccomberea essa, perchd in certo qual modo il 'fare' era un soccombere. Mi lamentai che avrebbe dovuto avvertirmi in anticipo di quello che mi dovevo aspettare e di quello che dovevo fare, ma lui osservb che non aveva modo di sapere se fossi riuscito o no a fondere le ombre. Dovetti confessareche sulla questione del 'non-fare' ero oii disorientato che mai. I commenti di'don Tuan furono che avrei dovuto accontentarmi di quello che avevo fatto, perch6 per una volta avevo agito correttamente, che riducendo il mondo lo avevo ampliato e che sebbene fossi stato ben lungi dal sentire le linee del mondo, avevo tuttavia usato correttamente le ombre delle rocce come una porta del 'non-fare'. La sua afiermazione,che avevo ampliato il mondo riducendolo, mi afiascinb infinitamente. I dettagli della roccia porosa, nella piccola zona su cui si erano messi a fuoco i miei occhi, erano cosl netti e precisamente definiti che la cima del picco rotondo era diventata Der me un vasto mondo; eppure in realt) era una visione ridotta della roccia. Quando don Juan aveva bloccato la luce e mi ero trovato a guardare come facevo normalmente, i dettagli precisi si erano offuscati, i piccoli buchi della roccia porosa erano diventati piil grandi, il colore bruno della lava inaridita era diventato opaco e tutto aveva perso la luminosa trasparcnza che aveva fatto di quella roccia un vero mondo. Don Juan prese allora i due pezzi di roccia, li posd delicatamente in un profondo crepaccio e si rimise a sedere a gambe incrociate, rivolto a ovest, sul punto nel quale li aveva messi prima. Quindi battd con la mano su un punto vicino a lui alla sua sinistra e mi disse di sedermi. Rimanemmo a lungo senza parlare, poi mangiammo, sempre in si-


184 NonJare lenzio. Fu soltanto dopo il tramonto che don Juan si alzd improvvisamente e mi chiese dei miei progressi nel 'sognare'. Gli dsposi che al principio mi era stato facile, ma che al momento avevo cessatocompletamentedi trovarmi le mani in sogno. "Quando hai incominciato a sognare la prima volta usavi il mio potere personale,percib era pii facile", disse. "Ora sei vuoto. Ma devi continuare a tentare fino a quando non avrai abbastanzapotere tuo. Yedi, sognare d il non-fa,redei sogni, e a mano a mano ihe progredirai nel non-fare progredirai anche nel sognare. Il trucco d non smettere di guardarti le mani, anche se non credi che quello che fai abbia un qualche significato. In efietti, come ti ho detto prima, il guemiero non ha bisogno di credere, perch6 fino a quando continua ad agire senza credere, non-\a". Ci guardammo a vicenda per un momento. "Non c'B alro che ti possadire del sognare",continud. "Tutto cid *e ti potrei dire sarebbe soltanto non-fare. Ma se affronti il non-fare direttamente, tu stesso saprai quello che dovrai fare quando sogni. Adesso, perb, B essenzialeche trovi le tue mani, e sono sicuro che lo farai". "Non so, don Juan. Non mi fido di me". "Non B questione di fidarsi di nessuno. Tutta questa faccenda riguarda la battaglia del guerriero; e tu continuerai a lotare, se non sotto_il tuo potere, allora forse sotto I'urto di un avversario degno, o con I'aiuto di qualche alleato, come quello che ti sta gi) seguindo". Feci un brusco sussultoinvolontario con il braccio destro. Don Juan disse che il mio corpo sapeva pit di quanto io sospettassi,perch6 la fotza che ci seguiva eru alla mia desra. A bassa voie mi .onfidd .h. quel giorno I'alleato mi era venuto per due volte cosi vicino che lui aveva dovuto intervenire e fermado. , "Durante il giorno le ombre sono le porte del non-t'are", disse. "Ma di notte, poich6 pochissimolare prevalenell'oscurit), iutto d un'ombra, c_oppresigli alleati. Te I'ho gi) detto quando ti ho insegnaroI'andatura del potere". Scoppiai a ridere forte e la mia stessa risata mi spaventb. "Tutto quello che ti ho insegnato finora d stato un aspetto del non-fare", riprese don Juan. "Il guerriero applica il non-fare a tutto cid che b nel mondo, e turtavia non posso dirti piil di quanto ti ho -il detto oggi. Devi lasciare che il tuo corpo scopra potere e il senso del non-fare". Ebbi un altro scoppio di riso nervoso. "E stupido dispreizare i misteri del mondo semplicementeperchd conosci il fare del disprezzare", disse don Juan con espressioneseria.

Non-lare 185 Lo assicurai che non disprezzavonulla o nessuno, ma che ero piil nervoso e incompetente di quanto lui pensasse. "Sono sempre stato cosl", dissi. "E tuttavia voglio cambiare, ma non so come; sono cosl inadeguato". "So gi) che pensi di essetemarcio", mi rispose. "Questo b il tuo fare. Ora, per in{luenzare questo tuo lare voglio raccomandarti di imparare un altro fare. D'ora in poi, e per un periodo di otto giorni, voglio che tu mentisca a te stesso. fnvece di dirti la veriti, che sei brutto, marcio e inadeguato, ti dirai invece che sei I'opposto completo, sapendo che mentisci e che sei assolutamenteal di l) della speranza". "Ma a che servirebbe mentire a questo modo, don Juan?". "Potrebbe inchiodarti a un altro lare e allora potresti comprendere che entrambi i lare sono menzogne, sono irreali, e dipendere dall'uno o dall'altro b tempo sprecato, perch6 la sola cosa vera E I'essere in te che deve morire. Arrivare a quell'essered il non-fare del s6".


L'anello di potere

16 L'anello di potere Sabato 74 aprile, 7962 Don Juan soppesdle zucchee concluseche avevamoesaurito le nostre provviste di cibo ed era ora di tornare a casa.Osservai che per arrivare a casr-sua avremmo impiegato almeno un paio di giorni, ma rispose che non tornava a Sonora ma sarebbe andato in una citti di confine dove doveva occuparsi di certi afiari. Pensavo che avremmo incominciato la nostra discesa seguendo il fondo di un canyon, ma don Juan si diresse a ovest verso gli altipiani delle montagne di lava. Dopo circa un'ora di cammino mi guidd in un profondo burrone che terminava in un punto dove due picchi quasi si congiungevano.Li c'era un pendio che arrivava fin quasi alla cima della catena montuosa, uno strano pendio che sembrava un obliquo ponte concavo tra i due picchi. Don Juan indicb un punto sul pendio. "Guarda fisso quel punto", disse. "Il sole E quasi perpendicolare". Spiegb che a mezzogiorno la luce del sole poteva aiutarmi a 'nonfare'. Mi diede quindi una serie di ordini: allentare tutti gli indumenti sffetti che avevo addosso,sedere a gambe incrociate e guardare intensamente il punto che aveva indicato. In cielo c'erano pochissimenuvole e nessunaa ovest. Era una siornata calda e i raggi del sole scintillavano sulla lava solidificata. Mi misi a osservareattentamente tutta la zona. Dopo aver osservato a lungo domandai che cosa avrei dovuto specificamente cercare. Don Juan mi fece tacere con un gesto impaziente della mano. Ero stanco e volevo mettermi a dormire. Socchiusi gli occhi; mi prudevano e me li strofinai, ma avevo le mani madide di sudore che me li fece bruciare. Guardai i picchi di lava attraverso le palpebre socchiuse e improwisamente I'intera montagna si illuminb. Dissi a don Juan che se socchiudevo gli occhi potevo vedere tutta la catena di montagne come un inricato spiegamento di fibre di luce.

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Don Juan mi disse di respirare meno possibile per conservare la visione delle fibre di luce, e di non fissare intensamente ma suardare casualmente un punto sull'orizzonte proprio sopra al pendiol Seguii le sue istruzioni e riuscii a conservarela vista di un'interminabile esrensione coperta da una rete di luce. A voce bassissimadon Juan disse che dovevo cercaredi isolare zone di buio nel campo delle fibre di luce, e che subito dopo aver trovato un punto buio dovevo aprire gli occhi e conrollare la posizione di quel punto sul pendio. Non riuscii a percepire nessuna zona di buio. Socchiusi gli occhi e li riaprii varie volte. Don Juan mi si avvicind e indicd wa zona alla mia desta e quindi un'altra proprio di fronte a me. Cercai di cambiare la posizione del corpo; pensai che forse se spostavo la prospettiva sarei riuscito a percepire quella certa zona di buio che don Juan mi indicava, ma don Juan mi scosseil braccio e in tono severo mi ordind di rimanere immobile e paziente. Socchiusi nuovamente gli occhi e ancora una volta vidi la rete di fibre di luce. La guardai per un momento e quindi spalancaigli occhi. In quell'istante udii un debole rombo - avrebbe potuto essere facilmente spiegato come il rumore lontano di un aeroplano a reazione e poi, con gli occhi spalancati,vidi tutta la catenadi montagnedavanti a me come un enorme campo di piccoli punti di luce. Era come se per un breve istante alcune particelle metalliche nella lava solidificata riflettessero all'unisono i raggi del sole. Poi la luce del sole si attenub e si spense improwisamente, le montagne divennero una massa di roccia di un monotono colore marrone scuro e nello stesso temoo si alzd il vento e incomincib a far freddo Volli girarmi per vedere se il sole fosse scomparso dietro a una nuvola, ma don Juan mi tenne ferma la testa e non mi lascid muovere. Disse che se mi voltavo potevo intravedere un'entit) delle montagne, I'alleato che ci stava seguendo.Mi assicurb che non avevo la fotza necessaria per resistere a una visione di quella natura, poi aggiunse in tono calcolato che il rombo che avevo udito indicava il modo particolare in cui un alleato annuncia la propria presenza. Quindi si alzb in piedi e disse che dovevamo incominciare a salire su per il pendio. "Dove andiamo?", chiesi. Mi indicd una delle zone che aveva isolato come una macchia di buio. Spiegb che il 'non-fare' gli aveva permesso di isolare quel punto come un possibile centro di potere, o forse come un posto in cui si potevano ffovare oggetti di potere. Raggiungemmo il punto che intendeva dopo una faticosa scalata.


188 L'aneltodi potere Don Juan rimase in piedi immobile per un momento a poca distanza di fronte a me, cercai di awicinarmi a lui ma con la mano mi fece segno di fermarmi. Sembrava che si stesseorientando. Potevo vedere la sua nuca muoversi come se facessescorrere gli occhi su e giil per la montagna;. quindi con passi sicuri si diresse verso una sporgenza. Si mise a sedere e incomincib a spazzarvia con la mano un po' di terriccio. Scavd con le dita intorno a un piccolo pezzo di roccia che emergeva.dal terreno togliendogli la terra inrorno. Poi mi ordind di tirarlo tuorl. Quande ebbi scavatofuori il pezzodi roccia mi disse di mettermelo immediatamente sotto la camicia perch6 era un oggetto di potere che mi apparteneva.Disse che me lo avrebbe dato perchd lo conservassie lo dovevo pulire e tenere da conto. Subito dopo incomir-rciammoa scendere seguendo il fondo di un canyon e in un paio d'ore eravamo nell'alto deserto che si stendevaai piedi delle montagne di lava. Don Juan camminava circa tre metri avanti a me e mantenne Lln ottimo passo. Andammo verso sud fino a poco prima del tramonto. A ovest una pesante cortina di nuvole ci impediva di vedere il sole, ma ci fermammo finch6 non fu presumibilmente scomparsodieffo L'otizzonte. Quindi don Juan cambid direzione e puntb verso sud-est. Salimmo su una collina e mentre arrivavamo alla cima vidi quattro uomini venire verso di noi da sud. Guardai don Juan. Nelle nosre escursioni non avevamo mai incontrato nessuno e non sapevo cosa fare in un caso come quello; ma don Juan non sembrava afratto preoccupato, continub a camminare come se nulla fosse. Gli uomini si muovevano apparenrementesenza fretta, avanzando pigramente verso di noi. Quando furono piir vicini notai che erano quattro giovani indiani. sembrd che riconosiesserodon Tuan che oarld loro in spagnolo. Parlavano a voce bassissima e lo irattavano con estrema deferenza. solo uno di loro mi parld. chiesi sottovoce a don Juan se anch'io potevo parlare con loro e lui mi fece cenno di sl col caDo. .Una volta impegnati nella conversazionei qllatro giovani furono molto amichevoli e comunicativi, specialmente quello.-che mi aveva -andavano parlato per primo. Mi dissero che in cerca di cristalli di q.uarzo dotati dj potere, che avevano errato per.molti giorni intorno alle montagne di lava, ma ncn avevano avuto fortuna. Don Juan si guardd intorno e indicb una zona rocciosa a circa duecento metri di distanza. "E un buon posto per accamparciun po"', disse.

L'anellodi potere 189 Si avvib verso le rocce e noi tutti lo seguimmo La zona che aveva scelto era molto irregolare e priva di cespugli. Ci mettemmo a sedere sulle rocce. Don Juan annuncid che sarebbe tornato nella macchia a raccogliererami secchi per accendereun fuoco. Mi ofirii di aiutarlo, ma mi sussurrb che era un fuoco specialepet quei valorosi giovanotti e non aveva bisogno del mio aiuto. I giovani si misero seduti intorno a me formando uno sffetto cerchiot uno di loro si sedette con la schiena contro la mia. Mi sentivo un po' imbanzzato. Quando don Juan tornb con un fascio di legna li elogid per la loro diligenza e mi disse che i giovani erano i novizi di uno stregone, e che quando si andava in caccia di oggetti di potete la regola prescriveva di sedersi in cerchio con al centro due persone schiena contro schiena. Uno dei giovani mi domandb se avevo mai trovato dei cristalli, gli risposi che don Juan non mi aveva mai portato a cercarli. Don Juan scelseun posto vicino a un grande macigno e si accinse a preparareun fuoco..Nessgnodei giovani si mosse per aiutarlo ma tutti lo osservaronoattentamente.Quando tutti i pezzi di legno presero fuoco don Juan si mise a sedere con la schiena contro il macigno. Il fuoco era alla sua destra. Evidentemente i giovani sapevanocib che stava accadendo,ma io non avevo la minima idea di come ci si dovesse comportare con dei novizi di stregone. Osservai i quattro giovani: sedevanodi fronte a don Juan formando un semicerchio perfetto. Mi accorsi allora che don Juan era seduto direttamente di fronte a me e che due dei giovani erano seduti alla mia sinistra e gli altri due alla mia destra. Don Juan incomincib a raccontare che io ero sulle montagne di lava per imparare a 'non-fare' e che un alleato ci aveva seguiti. Pensai che fosse un inizio molto drammatico e avevo ragione. I giovani cambiarono posizione e sedettero con la gamba sinistra piegata sotto il cotpo. Non avevo osservato la posizione in cui si erano seduti prima, avevo immaginato che fossero seduti come me, a gambe incrociate. Un'occhiata casualea don Juan mi riveld che anche lui era seduto con 7a gamba sinistra piegata sotto il corpo. Lo guardai e lui mi fece col mento un cenno appena percettibile indicando la mia posizione. Come per caso piegai in dentro la gamba sinista. Don Juan mi aveva detto una volta che quella era la posizione usata dagli stregoni quando le cose erano incerte, ma per me era sempre stata molto faticosa. Sentivo che rimanere seduto a quel modo per tutta la durata del suo discorso sarebbe stata per me una fatica terribile. Don Juan sembravarendersi perfettamente conto del mio svantaggioe spiegb


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succintamenteai giovani che i cristalli di quarzo potevano essere trovati in certi punti specifici di quella zona, e che una volta trovati dovevano essere p_ersuasia lasciare la loro dimora con tecniche speciali. Allora i cristalli diventavano I'uomo stesso, e il loro potere andava al di l) della nostra comprensione. Disse che ordinariamente i cristalli di quarzo si trovavano in gruppi e che I'uomo che li aveva trovati doveva scegliere cinque delle lame di quarzo pii lunghe e pit belle e separarledalla matriie. Quello che Ii aveva rovati aveva 7a responsabilit) di intagliarli e levigarli per fppuntirli_ e ,farli_ corrispondere perfettamente alla lunghezia , ill^ forma delle dita della sua mano destra. Poi ci disse che i cristalli di quarzo erano armi usate per la stregoneria, che di solito erano scagliati per uccidere e peneiravano nel corpo del nemico ritornando poi alla mano del loro proprietario come se non l'avessero mai lasciata. Quindi parld della ricerca dello spirito che avrebbe trasformato i normali cristalli in armi e disse che la prima cosa da {ate era trovare un posto propizie pef attirare lo spirito. Quel posto doveva esseresu una collina e 1o si doveva movare passandoIa mano sul terreno col palmo rivolto in basso finchd non si ientiva un certo calore nella mano. !u__quel punto si doveva accendere un fuoco. Don Juan spiegd che I'alleato era atratto dalle fiamme e si manifestava .r.r" serie di rumori coerenti. La persona che cercava un alleato doveva -. seguire la direzione dei rumori finch6 I'alleato si rivelava. poi doveva lJttare a terra con lui per soprafiarlo. Era a quel punto che si poteva riuscire a far sl che I'alleato toccassei cristalli per imbeverli di potere. . ci avvertl che_in quelle montagne di lava c'erano molte altre forze, che non rassomigliavanoagli alleati; non facevano alcun rumore ma apparivano soltanto come ombre fluttuanti e non avevano assolutamente nessun potere. Don Juan aggiunseche una piuma dai colori brillanti o un cristallo di quarzo molto levigato avrebbe attrarro I'attenzione di un alleato, ma 9h9 generale qualsiasi oggetto sarebbe stato altrertanro efEcace, -in perc-h_e I'importante non era trovare gli oggetti ma la forza che li avrebbe imbevuti di ootere. "A che servirebbe avere cristalli meravigliosamentelevigati se non si riescemai a trovare lo,spirito che di potere?,',disse. ,,Dlltra parte, se non si hanno i cristalli ma si trova lo spirito, si pud mettere sul suo cammino qualsiasi cosa perchd la tocchi. se non riuscite a trovare nient'altro potete metterci i coglioni". I giovani ridacchiarono. Il piil audace,quello che mi aveva parlato per primo, scoppib a ridere forte.

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Notai che don Juan aveva incrociato le gambe e sedeva rilassato, rrnchc tutti e quattro i giovani avevano incrociato le gambe. Cercai di frrr scivolare indifietentemente la gamba in una posizione pii rilassata, ma probabilmente mi si era accavallatoun nervo del ginocchio sinistro () avcvo il muscolo indolenzito. e fui costretto ad alzarmi in oiedi e saltellare sul posto per qualche minuto. Don Juan fece un commento ironico: disse che ero fuori esercizio, non riuscivo piil a stare in ginocchio petchd da anni non andavo pii a confessarmi,da quando avevo incominciato ad andare in giro con lui. Le sue parole divertirono i giovani che scoppiarono a ridere a scatti. Alcuni di loro si coprirono la faccia e ridacchiarono nervosamente. "Adesso vi mostterb qualcosa", disse don Juan con aria indifierente quando i giovani ebbero finito di ridere. Immaginavo che ci avrebbe fatto usare degli oggetti di potere che aveva in tasca.Per un istante pensai che i giovani stesseroper stringersi intotno a lui perch6 fecero un movimento improvviso all'unisono. Si piegarono tutti leggermente in avanti come per alzarsi in piedi, ma poi ripiegarono tutti \a garnba sinistra e ripresero quella misteriosa posizione cosi faticosa per le mie ginocchia. Piegai indietro la gamba sinistra col movimento pii naturale possibile. Mi accorsi che se non mi mettevo a sederesul piede sinistro, ciod, se mantenevo una posizione semi-inginocchiata,le ginocchia non mi facevano tanto male. Don Juan si alzd in piedi e girb intorno al grosso macigno fino a scomparire alla vista. Prima di alzarsi doveva aver alimentato il fuoco mentre io ripiegavo la gamba sinistra sotto al corpo, perch6 nuovi pezzi di legno creiit"rono- e le fiamme divamparono. L'effetto fu estremamente drammatico. Le fiamme diventarono grandi il doppio. Don Juan balzb immediatamentefuori da dietro il macigno e si fermd in piedi dove prima era stato a sedere. Per un attimo rimasi sconceftato, don Juan si era messo in testa un buffo cappello nero con delle punte ai lati, vicino alle orecchie, e rotondo sulla sommita. Mi venne in mente che era in realt) un cappello da pftata. Indossava una lunga giubba nera con le code. allacciila da un solo bottone metallico risplendente, e aveva una gamba di legno. Don Juan appariva veramente ridicolo nel suo costume Risi tr" -.. a domandarmi dove si fosse procurato quell'equida oitata.Incominciai puggi^.t".tto li nel deserto. Immaginai che dovesseesserestato nascosto iiJilo ala roccia. Commentai 6a me che gli mancava soltanto una


192 L'anellodi potere benda sull'occhio e un pappagallo sulla spalla per essere il perfetto prctotipo del pirata. Don Juan guardd tutti i membri del gruppo facendo scorrere lentamente gli occhi da destra a sinistta, poi guardd al di sopra delle nostre teste e fissb lo sguardo nell'oscuriti, dieuo di noi. Rimase in quella posizione per un momento, poi girb intorno al macigno e scomparve. Non feci caso a come camminava. Ovviamente doveva tenere il ginocchio piegato per imitare I'andatura di un uomo con la gamba di legno; quando si era girato per andare dietro al macigno avrei dovuto vedere la gamba piegata,ma ero cosl disorientato dai suoi atti che non avevo fatto nessunaattenzione ai dettagli. Le fiamme persero la loro forza ptoprio nel momento in cui don Juan girb dietro al macigno. Pensai che la sua scelta del tempo fosse superba; doveva aver calcolato il tempo che i legni aggiunti al {uoco avrebbero impiegato per bruciare, predisponendo la sua uscita in base a quel calcolo. Il cambiamento di intensiti del fuoco fu molto drammatico per il gruppo; tra i giovani passb un'ondata di nervosismo. A mano a mano che le fiamme scemavanoi giovani tornarono tutti insieme a sedersi a gambe incrociate. Mi aspettavo che don Juan uscissesubito da dietro al macigno e tornasse a sedersi, ma non uscl, rimase invisibile. Aspettai con impazienza. I giovani erano rimasti a sedere con un'espressioneimpassibile sul volto. Non riuscivo a capire che cosa avessevoluto intendere don Juan con tutti quegli istrionismi. Dopo una lunga attesa mi rivolsi al giovane seduto aTlamia destra e gli domandai sottovoce se qualcosa di cib che don Juan aveva addosso - il ridicolo cappello, Ia lunga giubba con le code e il fatto che avesseuna gamba di legno per lui un ^vev^ qualche significato. Il giovane mi guardb con una buffa espressionevuota, sembrava confuso. Ripetei la domanda e I'altro giovane accanto a lui mi guardb attentamente per ascoltate. Poi si guaidarono a vicenda con un'espressionedi assoluta confusione. Dissi che per me il cappello, la gamba di legno e la giubba avevano trasformato don Juan in un pirata. Tutti e quattro i giovani si erano intanto stretti intorno a me. Ridacchiavano sommessamentee si agitavano nervosamenre, sembravano senza parole. Alla fine il piil audace padd. Disse che don Juan non aveva aftatto un cappello, non indossava una lunga giubba e certamente non aveva una gamba di legno. ma che aveva in testa un cap-

L'anellodi potere 19) puccio nero e addosso una tonaca nera, come quella di un frate, che arrivava fino a terra. "Nol", esclamd sottovoce un altro giovane. "Non aveva un cappuccio". "Giusto", dissero gli altri. Il giovane che aveva parlato per primo mi guardb con un'espressione di completa incredulit). Dissi loro che dovevamo riesaminare attentamente e con calma cib che era successo,e che ero sicuro che don Juan aveva voluto che lo facessimo e percib ci aveva lasciati soli. Il giovane alla mia estrema destra disse che don Juan era vestito di stracci, che aveva addosso un poncho cencioso o una specie di giacca indiana e in testa un sombrero ammaccatissimo.Reggeva in mano un canestro con delle cose dentro, ma non era sicuro di quello che c'era dentro. Aggiunse che don Juan non era vestito veramente come Lrn mendicante ma piuttosto come un uomo che tornava da un viaggio interminabile carico di strani oggetti. Il giovane che aveva visto don Juan con un cappuccio nero disse che non aveva nulla in mano ma che aveva i capelli lunghi e incolti, come un selvaggioche avesseappenaucciso un frate e ne avesseindossato gli abiti, non riuscendo tuttavia a nasconderela propria natura selvaggia. Il giovane alla mia sinistra ridacchib sommessamentee osservd che era tutto molto stiano. Disse che don Juan era vestito come un uomo importante che fosse appena scesoda cavallo. Aveva gambali di cuoio per cavalcare,grandi speroni, un frustino che continuava a battere sul palmo della mano sinistra, un cappello di Chihuahua a punta e due pistole automatiche calibro 45. Disse che don Juan era I'immagine dal ranchero benestante. Il giovane alla mia estrema sinistra rise timidamente e non volle rivelare quello che aveva visto. Cercai di persuaderlo,ma gli altri non parevano interessati e lui sembrava troppo timido per parlare. Il fuoco stava per estinguersi quando don Juan uscl da dietro il macigno. "Faremmo meglio a lasciare questi giovani alle loro occupazioni", mi disse."Salutali". Non li guardd. Incomincib ad allontanarsi lentamente per darmi il tempo di salutare. I giovani mi abbracciarono. Nel fuoco non c'erano fiamme, ma le braci aciese mandavano luce sufEciente.Don Juan era come un'ombra nera poco distante e i giovani

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un cerchio di sagomestatiche nettamente definite. Sembravanouna fila di statue nere su uno sfondo di oscurit). Fu in quel momento che l'inteto episodio ebbe il suo efietto su di me. Un brivido mi corse per la spina dorsale. Raggiunsi don Juan che in tono perentorio mi disse che non mi dovevo guardare intorno per cercare i quattro giovani, perch6 in quel momento erano un cerchio di ombre. Sentivo nello stomaco una forza esterna, come una mano che mi afrerava. Urlai involontariamente. Don Juan mormord che in quella zona c'era tanto di quel potere che per me sarebbe stato facilissimo usare l''anda'tuta del potere'. Trotterellammo per qualche ora. Io caddi cinque volte e don Juan contd ad alta voce tutte le volte che persi I'equilibrio. Poi finalmente si fermd. "Siediti, raggomitolati contro le rocce e copriti Ia pancia con le mani", mi sussurrball'orecchio.

Domenica 15 aprile, 1962 La mattina, appena ci fu luce suficiente, riprendemmo a camminare. Don Juan mi guidb fino al posto dove avevamo lasciato I'automobile. Avevo fame, ma mi sentivo tuttavia riposato e rinvigorito. Mangiammo dei crackers e bevemmo dell'acqua minerale che avevo in macchina. Volevo fargli delle domande che mi premevano molto, ma lui si'mise il dito sulle labbra. A met) del pomeriggio eravamo nella citti di confine dove voleva che lo lasciassi.Andammo a mangiare in un ristorante; il locale era vuoto, sedemmo a un tavolo vicino a una finesfia che guardava sulla via principale della piccola citt) e ordinammo il nostro pranzo. Don Juan pareva rilassato; gli occhi gli brillavano di una luce maliziosa. Mi sentii incoraggiatoe incominciai a bombardarlo di domande; principalmente volevo sapere del suo travestimento. "Ti ho mosffato un po' del mio non-fare", disse, e i suoi occhi sembrarono splendere. "Ma nessuno di noi ha visto il medesimo travestimento", dissi. " Com e av et e f a tto ? " . "E semplicissimo",rispose."Erano solo travestimenti,perch6 tutto cib che facciamo E in certo modo semplicemente un travestimento. Tutto quello che facciamo, come ti ho detto, d una questione di fare. Un uomo di conoscenzaporebbe agganciarsi al lare di chiunque e

L'anellodi potere I95. trscirsenecon cose irueali. Ma non sono cose irreali, non lo sono veraj mente; sono irreali solo per chi b intrappolato nel fare. "Quei quattro giovani e anche tu non vi rendete ancora conto del non-fare, percib b stato facile illudervi tutti". "Ma come ci avete illusi?". "Non avrebbe-significato per te. Non c'd modo per te di capirlo,,. "Mettetemi alla prova, don Juan, per piacere" che ognuno di noi quando nasceporta con s6 un piccolo -"Dic-iamo anello di potere. Questo anellino E messo in uso immediatarnente. Percid ognuno di noi ts gii agganciatofin dalla nascita e i nostri anelli di potere sono uniri a quelli di tutti gli alrri. In altre parole, i nostri anelli di potere sono agganciati al lare del mondo per fabbricare il rnondo" . "Fatemi r.rnesempioperchd possacapire", dissi. "Per esenpio, i nostri anelli di potere, il tuo e il mio, sono pro. prio ora agganciati al fare in questa starza. Noi fabbrichiamo questa stanza. I nosri anelli di potere costruiscono questa stanza in questo stessomomento". "Aspettate, aspettate", dissi. "Questa stanzad qui di per s6. Io non la sto creando. Non ho niente a che fare con q.testa si.anza,'. Don Juan non sembrd curarsi delle mie p.oteit", sosrennecon molta calma che la stanzain cui'eravamo era portata in esseree mantenuta al suo posto a causadella forza dell'anellodi potere di ognuno. "Capisci", continud, "ognuno di noi conbsce1l lare delle stanie perch6, in un modo o nell'altro, abbiamopassatogran parte della nosra vita in stanze. Un uomo di conoscenza,d'alffa parte, sviluppa un altro anello di potere. Lo chiamerei l'anello del non-fare, perchd-B agganciato al non-fare. Con quell'anello, quindi, pud costruire .,n litro mondo" . Una giovane camerieraci portb i nostri piatti e sembrd guardarci con aria sospettosa.Don Juan mi disse sottovoce che dovevo pagarla per farle vedere che avevamo al>bastanzadenaro.: "Non ha torto a diffidare di te", disse scoppiandoa ridere. "Hai un aspetto spaventoso". Pagai la donna e Ie diedi una mancia, e quando ci lascid soli fissai don .fuan cercando di riprendere il filo deli,r conversazione.Ltri mi venne i n ai uto. "La tua difficolti b che ancoranon hai sviluppato il secondoanello di potere e il tuo corpo non conosce il non-fare,', disse. Non capivo quello che aveva detto. La mia mente era bloccata da una preoccupazionequanto mai prosaica: tutto quello che volevo sapere era se aveva o no indossatoun equipaggiamentoda pirata.


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Don Juan non rispose ma scoppib a ridere fragorosamente. Lo pregai di spiegarmi. "Ma te I'ho appena spiegato", ribatt6. ". "Volete dire che non avete indossato nessun travestimento? chiesi. "Tutto quello che ho fatto b stato agganciareil mio anello di potere al tuo fare", disse. "Sei stato tu a fare il resto e gli altri hanno fatto altrettanto". "E incredibile!", esclamai. "A tutti noi B stato insegnatoa esseled'accordoriguardo il fare", disse sottovoce. "Tu non hai idea del potere che tale accordo porta con s6. Ma fortunatamenteil non-farc E altrettanto miracolosoe potente". Sentii nello stomaco un brivido incontrollabile. Tra la mia esperienza diretta e la sua spiegazione c'era un abisso insormontabile. Come ultima difesa ricorsi, come avevo sempre fatto, a una sfumatura di dubbio e sfiduciae alla domanda: "E se in realt) don Juan avesse fatto comunellacon quei giovani e avessemontato tutto lui stesso?". Cambiai argomento e lo interrogai sui quattro giovani. "Mi avete detto che erano ombre?", chiesi. " G ius t o" . " E r ano allea ti ?" . "No. Erano i novizi di un uomo che conosco". "Perchd li avete chiamati ombre?". "Petch6 in quel momento erano stati toccati dal potere del nonfare, e poich6 non sono stupidi come te si sono cambiati in gualcosa di molto diverso da quello che tu conosci. Non ho voluto che li guardassi per questo motivo, ti avrebbe solo fatto male. Non avevo piil domande da fare e non avevo nemmeno piil fame. Don Juan mangid di gusto e sembrava di umore eccellente, ma io mi sentivo scoraggiato.Improvvisamente mi sentivo in preda a una stanchezzalogorante. Comprendevo che il sentiero di don Juan era troppo arduo per me. C)sservaiche non avevo i requisiti per diventare uno stregone. "Forse un altro incontro con Mescalito ti potrebbe aiutare", rispose. Lo assicurai che era I'ultima cosa che mi passasseper la mente e che non ne intendevo nemmeno considerareI'eventualiti. "Ti devono accaderecose molto violente perchd tu permetta al tuo corpo di profittare di tutto quello che hai imparato", disse. Azzardai I'opinione che'siccome non ero un indiano non ero veramente qualificato per vivere la vita insolita dello stregone. "Forse se riuscissi a districarmi da tutti i miei legami potrei viag-

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giare un po'meglio nel vostro mondo", dissi. "Oppure se andassicon voi a vivere nel deserto. Cosl come stanno ora le cose, il fatto di avere un piede in ciascuno dei due mondi mi rende inutile in entrambi". Don Juan mi fissd a lungo. "Questo b il tuo mondo", disse additando attraverso la finestra la strada piena di vita. "Tu sei un uomo di quel mondo e il tuo terreno di caccia B li fuori, in quel mondo. Non c'E modo di sfuggire al lare del nostro mondo, percid, quello che fa il guerriero b trasformare il proprio mondo nel proprio tefreno di caccia. Come un cacciatore, il guerriero sa che il mondo b fatto per essereusato, percib ne usa ogni minima parte. Il guerriero B come un pirata che non ha scrupoli a prendere e usare tutto cib che vuole, con la difierenza che il guerriero non si preoccupa e non si sente insultato quando a sua volta d preso e usato".


Un degno auuersario

17 Un degno avversario Martedi 11 dicembre, 1962 Le. mie.trappole erano perfette, la loro collocazionegiusta, vedevo conlgli, scoiattoli e altri roditori, quaglie e uccelli, ma in"tutta Ia giornata non ero riuscito a catturare nulla. Quando eravamo usciti di prima mattina don Juan aveva detto che quel giomo mi dovevo aspettaie un ,dono di ...._ t";.'.;;, ;;;;;; zionale che avrebbe potuto essere'atrirato mil'ti"oo"i.'.ii -' *i ".1i.di pot.r.i."--avrei po-tutoessiccarela carne pef'farne,cibo Sembrava di umore pensier6so; non mi ai"J. un ,.fo susserimenro nd fece commenti di sorta. Verio la nn"- a.Uu- gt;;;;;3;;i,n.r,r" parld. "Qualcuno interferiscecon la tua caccia", disse. "Chi? ", domandai sorpreso. mi guardd sbrridendo e scosseil capo con un,espressione ,, rncredullta. ,?_:l,Jy.un or ,,Eppure . "Ti comporti come se non lo sapessi,',disse. b tutto il g i o r no c he s ai c h i d ' . stavo per protestare capivo che non sarebbeservito a nrente. . -ma che don Juan. voleva alludere alla ,Catalina', e se era quello il :,1p_.": trpo dr conoscenzadi cui parlava, arrota aveva ragione, conoscevo la persona che interferiva. "o ce ne andiamo a casa su-bito",riprese don Juan, "o aspettiamo che faccia buio e sfrutiamo_ il ...pur.l1o per catturarla,,. Sepb.rlva che aspettassela mia'decisione. fo volevo . andar via e rncomlncral a raccogliere celti pezzi di una cordicella che stavo usando,

potess,i esprimere a paroleil mio J.ria.iio'Jol"';u..,

:i .TA. -cheun ordine diretto. mr rermo con "siediti ", disse. "Andarcene subito sarebbeuna decisionepiil .semplice e piir saggia,-ma in questo caso-p""i;J;";."r.' .rr.'a5ttiu,no rimanere.Questa faccendaiiguarda solo te"

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"Che volete dire?". "Qualcuno interferisce con te in particolare, percib questa d una faccendache riguarda te. Io so chi b e anche tu lo sai". "Mi fate paura". "Non sono io che ti faccio paura", rispose ridendo, "ma quella rlonna che si aggira qui intorno". Fece una pausa come se aspettassedi vedere I'efietto delle sue lrarole su di me. Dovetti ammettere di essere tenorizzato. Piil di un mese prima avevo sostenuto uno spaventevoleconfronto con una strega chiamata '7a Catalina'. L'avevo afirontata a rischio della mia vita perchd don Juan mi aveva convinto che quella strega minacciavala sua vita e lui non era capacedi difendersi dai suoi assalti.Dopo il contatto con la donna don Juan mi aveva rivelato che la strega non aveva mai rappresentato per Iui un vero pericolo e che tutta la faccendaera stata un trucco, non nel senso di uno scherzomaligno ma nel senso di una trappola per adescarmi. Il suo metodo mi era parso cosl privo di etica che mi ero infuriato con lui. Nell'udire i miei scoppi di collera don Juan si era messo a cantare delle canzoni messicaneimitando dei popolari cantanti sentimentali, e la sua parodia era stata cosl comica da cosffingermi a ridere come un bambino. Don Juan mi aveva divertito per ore, non avevo mai immaginato che conoscesseun tale repertorio di canzoni idiote. "Lascia che ti dica una cosa", aveva detto alla fine in quella circostanza. "Se non fossimo ingannati non impareremmo mai, lo stesso b successoa me e succederi a chiunque. L'atte di un benefattore consiste nel condurci fino al limite. Il benefattore pub solo indicare la via e ingannare. Io ti ho gii ingannato una volta. Ricordi il modo in cui ho ricatturato il tuo spirito di cacciatore,non d vero? Mi avevi detto tu che cacciare ti faceva dimenticare le piante, eri pronto a fare moltissimo per diventate un cacciatore,cose che non avresti fatto per imparare a conoscerele piante. Ora devi fare molto di piil per sopravvivefe ". Mi aveva guardato fisso ed era scoppiato a ridere. "E tutta una pazzia", avevo detto. "Siamo esserirazionali". "Tu sei tazionale, io no". "Ma certo che lo siete, siete uno degli uomini pi[ razionali che io abbia mai incontato". "D'accordo!", aveva esclamato."Non discutiamo piil. fo sono razionale. e con cib?". Lo avevo poi ttascinato in una discussionesul perchd fosse neces-


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sario che due esseri razionali si comportasseroin un modo cosi folle come ci comportavamo noi con quella strega. "Tu sei tazionale, d'accofdo", mi aveva risposto aspramente. "E cid significa che credi di sapere tante cose del mondo; ma ne sai davvero tanto? Tu hai solo visto gli atti della gente. Le tue esperienze sono limitate esclusivamentea cib che la gente ha fatto a te o ad alui. Tu non sai niente di questo misterioso mondo sconosciuto". Mi aveva fatto segno di seguirlo fino alla macchina, eravamo saliti e ci eravamo diretti alla vicina cittadina messicana. Non avevo chiesto cosa andavamo a fare. Don Juan mi aveva fatto parcheggiareI'automobile vicino a un ristorante, quindi avevamo girato intorno alla stazione degli autobus e all'emporio generale. Don Juan camminava alla mia destra e mi guidava. Improvvisamente mi ero reso conto che qualcun altro camminava a fianco a fianco con me alla mia sinistra, ma prima che avessi il tempo di voltarmi per guardare don Juan aveva fatto un movimento rapido e improvviso; si era piegato in avanti, come per raccoglierequalcosada terra, e poi mi aveva afierrato sotto I'ascella mentre quasi inciampavo su di lui. Mi aveva poi uascinato fino all'automobile senzalasciarmi andare il braccio nemmeno Der farmi aprire Ia serratura, menrre annaspavo con le chiavi. Mi aviva sospinto dolcementedentro la macchina-edera salito dopo di me. "Guida lentamentee fermati di fronte all'emporio". aveva derro. Quando mi fermai mi fece un cenno con Ia t;sta per farmi suardarc: 'La Catalina' era li dove don Juan mi aveva a{Teriato.Indie"treggiai involontariamente.La donna fece un paio di passiverso la macchina e si fermd con aria di sfida. La esaminaiattentamentee conclusi che era una donna molto bella: era scurissimadi carnasionee abbondante di forme, ma sembravaforte e muscolosa:aveva un volto rotondo con gli zigomi alti e due lunghe trecce di capelli nerissimi. Quello che mi sorprese maggiormente fu la sua giovinezza, doveva avere al massimo una tfentina d'anni. "Lascia che si avvicini se vuole", aveva mormorato don Juan. La donna aveva fatto tre o quatffo passi verso la macchina fermandosi a circa tre metri di distanza. Ci iuardammo. In quel momenro sentivo che in lei non c'era nulla di miiaccioso. Sorrisi e' le feci cenno con la mano. La donna fece un sorrisetto soffocato come Lrna taaazzena timida e si copri la bocca, ne fui deliziato. Mi girai verso don .Tuan per commentareil suo aspetto e il suo comportamento,ma don lrran mi spaventba morte con un urlo. "Non voltare Ia schienad quella donna, dannazione! ", aveva detto con violenza. Mi girai di scatto a guardatla: aveva fatto un altro paio di passi

Un degnoaouersario 201 ed era appena a due metri dallo sportello della macchina; sorrideva; aveva i denti grandi, bianchi e pulitissimi. Nel suo sorriso c'era tuttavia qualcosadi misterioso, non era amichevole: era un ghigno contenuto; sorrideva solo con la bocca. Gli occhi erano neri e freddi e mi guardavano fissamente. Sentii un gelo in tutto il corpo. Don Juan scoppib a ridere ritmicamente; dopo un momento di attesa la donna reftocedd lentamente e scomparve tra la gente. Misi in moto e ci allontanammo; don Juan osservd che se non indurivo la mia vita e non imparavo, la donna mi avrebbe schiacciato come uno scarafaggio. "Quella donna E il degno avversario che ti dicevo di aver trovato per te", aveva detto. Don Juan disse che dovevamo attendere un presagio prima di sapere cid che dovevamo fare con la donna che interferiva con la mia caccia. "Se vedremo o udremo un corvo, sapremo con cettezza di poter aspettare,e sapremo anche dove aspettare", aggiunse. Girb lentamente su se stesso compiendo un giro completo, scrutando tutti i di nt or ni. "Non d il posto adatto per aspettare",mormord. Ci avviammo verso est. Era gii abbastanzabuio. Improvvisamente due corvi sbucarono a volo da certi alti cespugli e scomparvero dietro una collina. Don Juan disse che quella collina era la nostra destinazione. Quando arrivammo alla collina ne fece il giro e scelse Lrn posto che guardavaa sud-estai piedi della collina stessa.Spazzdvia i ramoscelli secchi, le foglie e gli altri detriti pulendo :un^ zon circolare del diametro di quasi due metri. Tentai di aiutarlo ma mi respinse con un gesto imperioso. Si mise il dito sulle labbra facendomi segno di tacere. Quando ebbe finito mi sospinseal centro del cerchio, mi fece guardare verso sud, lontano dalla collina, e mi mormorb all'orecchio che dovevo imitare i suoi movimenti. Incomincid una specie di danza, battendo a terra ritmicamente il piede sinistro; \a danza consisteva in sette colpi regolari intervallati da una serie di tre rapidi colpi. Cercai di adattarmial suo ritmo e dopo qualche goffo tentativo fui pii o meno capacedi riprodune il suo battito. "A che serve?", gli mormorai all'orecchio. Anche lui sottovoce mi rispose che pestavo come un coniglio, e che prima o poi la creatura che si aggirava li intorno sarebbe stata atffatta dal rumore e si sarebbemostrata per vedere cosa succedeva.


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202 Un degnoauuersario Una volta che ebbi imparato il ritmo don Juan cessbdi battere, ma mi fece continuare dandomi il tempo con la mano. Di quando in quando ascoltava con attenzione, piegando leggermente il capo a destra, come se cogliessedei rumori provenienti dalla boscaglia.A un certo momento mi fece cenno di fermarmi e rimase in una posizione di estrema vigilanza; era come se fosse pronto a scattare in piedi e balzarc addossoa un assalitoresconosciutoe invisibile. Poi mi fece segno di continuare a pestare e dopo un po' mi interruppe nuovamente. Ogni volta che mi {ermavo ascoltava con una tale concentrazioneche ogni fibra del suo corpo sembrava tesa fino a scopplare. Improvvisamente balzb al mio fianco e mormorb che il crepuscolo era al colmo della sua forza. Mi guardai intorno. La boscaglia era una massa oscura, come pure le colline e le rocce. Il cielo era azzorto scuro e non riuscivo oiil a vedere le nuvole. Tutto il mondo sembrava una massa uniforme di sagome scure senza contorni visibili. Udii in lontananza il grido raccapricciantedi un animale, un coyote o forse un uccello notturno. Era risuonato cosi all'imorovviso che non gli avevo fatto attenzione; ma il corpo di don Juan sussultb leggermente, ne sentii la vibrazione menfe si alzava in piedi vicino a me. "Ci siamo", mormorb. "Continua a pestaree tienti pronto. E qui". Incominciai a battere furiosamente, ma don Juan mise il suo piede sul mio facendomi segno freneticamente di rilassarmi e battere ritmicamente. "Non la spaventare", mi sussurrb all'orecchio. "Calmati e non perdere il tuo sangue freddo". Ricomincid a darmi il tempo e dopo che mi ebbe fatto fermare la seconda volta udii ancora lo stesso grido. Questa volta sembrava il grido di un uccello che volava sopra alla collina. Don Juan mi fece battere ancora una volta e proprio quando mi fermai udii uno strano fruscio alla mia sinistra. Era il rumore che un animale pesante avrebbe potuto produrre muovendosi nel secco sottobosco. Per un istante pensai che potesseessereun orso, ma poi ricordai che nel deserto non c'erano orsi. Afierrai il braccio di don Juan e lui mi sorrise mettendosi il dito sulle labbra ner farmi tacere. Fissai lo sguardo nel buio alla mia sinistra, ma lui mi fece segno di non farlo. Indicd ripetutamente sopra di me e quindi mi fece girare lentamente e in silenzio finchd mi trovai a suardare la massa oscura della collina. Don Juan teneva il dito prot.rJ verso un punto della collina. Tenni gli occhi incollati su quel punto e improvvisamente,come in un incubo, un'ombra nera balzb contro di me. Urlai e caddi a terra sulla schrena.

Pcr un momento la sagoma nera si era sovfapposta alI'azzurro scuro clcl cielo e poi era volata atraverso I'aria atterrando dietro di noi, tra i cespugli. Udii il rumore di un corpo pesante che schiantavai cespugli e poi un grido raccapricciante. Don Juan mi aiutb ad alzarmi e al buio mi guidd 6no al posto dove avevo lasciato le mie trappole. Me le fece raccoglieree smontare e poi sparpaglib i pezzi in tutte le direzioni. Esegui il tutto senza pronunciare una sola parola. Non parlammo afiatto mentre ritornavamo a casa. "Cosa vuoi che dica?", mi chiesedon Juan dopo che lo ebbi ripetutamente esortato a spiegaregli avvenimenti cui avevo assistitoqualche ora prima. " C osa era2" . chiesi. "Sai maledettamentebene chi era", rispose."Non stare a chiedere 'cosa efa?', L'importante b chi era". Avevo elaborato una spiegazioneche rni sembrava soddisfacente. La fig:.:l:ache avevo visto assomigliavamoltissimo a un aquilone che qualcuno poteva aver fatto volare sopra alla collina mentre qualcun altro, dietro di noi, lo aveva tirato al suolo, creando cosi I'efietto di una sagbma nera che navigava per I'aria per circa quindici o venti metri. Don Juan ascoltb attentamente la mia spiegazionee poi rise fino alle lacrime. "Smettila di tergiversare",disse. "Vieni al punto. Era o no una donna?". Fui costretto ad ammettere che, quando ero caduto e avevo guardato in alto, avevo visto la sagoma nera di una donna con una lunga sottana saltare sopra di me con un movimento lentissimo; poi mi era sembrato che qualcuno avessetirato la sagoma nera che mi aveva sorgr^rr velociti ricadendo tra i cespugli. In realti, quello che volato ^ dato I'idea di un aquilone era stato il suo movimento. mi aveva Don Juan rifiutd di discutere ulteriormente l'episodio. Il giorno dopo se ne andb a sbrigare certe su; misteriose commissioni e io andai a far visita a dei miei amici vaqui di un'altra comuniti. Mercoledi 12 dicembre, 1962 Non appena arrivai nella comunit) yaqui, il gestore messicanodell'emporio mi disse di aver affi,ttatoun giradischi e venti dischi a Ciudad Obregon, per la fiesta che aveva in programma di dare quella sera in


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onore della Vergine di Guadalupe. Aveva gii annunciato di aver fatto tutti i preparativi necessariramite Julio, il commessoviaggiatore che veniva due volte al mese nella colonia yaqui a riscuorere le rate del pagamento di certi abiti a buon mercato che era riuscito a vendere ad alcuni indiani yaqui. Julio portd il giradischi prâ‚Źsto nel pomeriggio e lo collegd alla dinamo che forniva l'eletriciti al locale. Si assicurb che funzionasse,poi girb il volume al massimo, ricordd al gestore di non toccare nessun bottone e incomincib a sceglierei dischi. ' "Conosco tutti i graffi di ognuno di questi discl.ri",disse Julio al gestore. "Dillo a mia figlia", il gestore replicb. "Il responsabilesei tu, non tua figlia". "E la stessacosa, d mia figlia che cambierh i dischi". Julio insistd che per lui non faceva nessuna difierenza se era la figlia o qualcun altro a maneggiare effettivamente il giradischi, purchd il gestorepagasseogni disco danneggiato.Il gestoreincomincib a-discutere e Julio divenne rosso in faccia. Di volta in volta si sirava verso il folto gruppo di indiani )'aqui raccolti davanti all'empoiio e faceva segni di disperazioneo frustrazionemuovendo le mani e contorcendo Ia faccia in una smorfia. Come ultima risorsa domandd un depos.ito. Questa richiesta originb un'altra discussionesu cid che costituiva un disco danneggiato.Julio asseri con autorira che ogni disco rotto doveva esserepagatoper intero, come se fossenuovo. Il gestoresi infurid ancor pit e tird fuori i suoi argomenti pii forti. Sembrava che volesse sraccare il giradischi e annullare la fiesta. Fece capire ai suoi clienti raccolti davanti al locale che lui aveva cercato di fare del suo meglio per mettersi d'accordo con Julio. Per un momento sembrd che la fiesti dovesse fallire prima di incominciare. Blas, il vecchio indiano yaqui in casa del quale mi ero fermaro, fece a voce alta alcuni sprezzanticommenti sulla triste condizione deeli yaqui, che non potevano nemmeno celebrare la loro pi[ importanle festivit) religiosa, il giorno della Vergine di Guadalupe. Volevo intervenire e offrire il mio aiuto ma Blas mi fermd. Disse che se avessipagato io il deposito, il gestorein personaavrebbe rotto .

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_ 'E il peggiore di tutti", disse. "Lascia che paghi Iui il deposito. Ci dissangua,perchd non dovrebbe pagare?". Dopo una lunga discussione nella quale, abbast^nza sftan^menre, tutti i presenti erano a favore di Julio, il gestore venne a termini recipr_ocamente piD accettabili. Non pagd deposito ma accettb la responsabilit) dei dischi e del siradischi.

Un degnoaauersario 205 La motocicletta di Tulio lascid una scia di polvere mentre si dirigcva verso alcune delle case piil remote della iocaliti. Blas disse che cercava di raggiungere i suoi clienti prima che arrivassero all'emporio e spendesserotutto il loro denaro in alcool di pessima qualiti. Mentre diceva queste parole un gruppo di indiani emerse da dietro all'emporio; BIas li guardd e scoppid a ridere imitato da tutti i presenti. Mi spiegd che quegli indiani erano i clienti di _Julio e si erano tenuti nascosti dietro all'emporio in attesa che Julio se ne andasse. La fiesta incomincib presto. La figlia del gestore mise un disco sul piatto e ci appoggid sopra il braccio del giradischi; sentimmo prima un raschio terribilmente stridente e un fruscio molto forte, poi venne un'assordantemusica di tromba e chitarre. La festa consistevanel suonare i dischi a tutto volume. C'erano quattro giovani messicaniche ballavano con le due figlie del gestore e con me altre giovani donne messicane.Gli yaqui non ballavano; osservavano con evidente piacere ogni movimento dei danzatori. Sembrava che tutto il loro godimento consistessenel guardare e inghiottire sorsate di tequila a buon mercato. Pagai da bere a tutti quelli che conoscevo,volevo evitare ogni possibile risentimento.Girai tra i numerosi indiani, parlai con loro e poi ofirii loro da bere. La mia linea di condotta andd benissimo finch6 non si accorseroche non bevevo afr^tto. Sembrarono irritarsi tutti contemporaneamente,era ceme se avesseroscoperto collettivamente che non ero dei loro. Gli indiani incominciarono a incupirsi e a guardarmi di traverso. Intanto i messicani,ubriachi come gli indiani, si accorseroa loro volta che non avevo ballato, e questo sembrb ofienderli ancor pii. Diventarono molto aggressivi.Uno di loro mi aflerrd violentemente per il braccioe mi rascinb vicino al giradischi;un almo mi versb un t^zza piena di tequila e voleva che la bevessi tutta in un fiato per dimostrare che ero un macho. Cercai di tenerli buoni e risi stupidamente, come se davvero mi stessi godendo la situazione.Dissi che prima avrei ballato e poi avrei bevuto. Uno dei giovani gridb il nome di una canzone e la rugazza incaricata della musica incomincib a cercare nella nila di dischi. Sembrava un po' alticcia, sebbenenessunadelle donne a'uessebevuto apertamente, e non riusciva a sistemare un disco sul piatto. Un giovane disse che il disco che aveva scelto non era un twist; la r^gazza armeggid con la pila di dischi, cercando di trovare quello adatto, e tutti si strinsero attorno a lei lasciandomi solo. Non mi lasciai sfuggire l'occasione e fuggii dietro all'emporio, lontano dalla zona illurninata e fuori di vista.


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Mi fermai una trenrina di_metri pin li, protetto dai cespugli, e cercai di decidere cosa fare. Ero stanco. T sentivo che era or, a tare in macchinae tornare a c^sa mia, percid mi avviai u.rso-lu-on.rr" di Blas dove avevo parcheggiato l'automobile. p.;;;; .'h"."1.''ru.rri guidato lentamente nessuno si sarebbe accorto .h" .,riu. Evidentemente Ie persone incaricate der giradischi "nd"uo ;;;";;; ancora cercando il disco qiyttg - tutto queilo che poievo sentire era ir rumorosissimo fruscio dell'altoparlant. - m. poi venne il suono ,rrtrd"nt. di un twist. scoppiai in una risata, pensando.he a..trLir;;;rl.]'.r.no voltatr,per cercarmi e si erano accorti che ero scomparso. . vrdr le sagome scure di alcune persone che si avviavano nela direzione opposta, dirette verso--I'empoiio. e,rando .i rno._ morarono: "Buenas noches". Le riconobbi e parlammo, "tii.prrrr--o di.ri loro ch. era una grande fiesta. Prima di a'ivare a una brusca curva della strada incontrai al*e due personeche non riconobbi, ma Ie salutai comunque. Il fragore assordante del, giradischi era quasi pii forte la fuori suil, ,iir"J"".rr. ai rronte all empo'o. La notte era buia e senza stelle, .ma l'arone delre lucr dell'emporromi permettevadi vedere abbastanza bene.i dintorni. I'a casa di Blas era molto vicina e acceleraiil passo. Alr;;; notri I" forma scura di una persona seduta o fo.r. u..ouaiciata alla mia sinis*a, alla curva della strada. per un irroni.'l** .fr"-p.t.r;"^^;;;;; ,no dei partecipa'ti alla festa che se n'era andato p.ima di ,.rl.ouu che stessedefecandosul margine della stracla.Mi pr.u. ,*nno, -.;- ir^g.n," della comunit) andava a co'mpiere l. p.op.i. f"rri;r;-.;;;or}i n.t folto dei cesprrgli.pensai che'chiunqu.'fo'rr. d.;.;;; ;r;;r5"utrir.o. Arrivai alla curva e dissi: "Buenas noches". r" p".ronr--i-.-irpor. co! i peli dei corpo lrn.g.rugnitomisterioso,corrucciato,inuma-no.Tutti 'ptrrJu^ro, mi si drizzarono letteralmente; per un secondo .;-n.i poi incominciai a camminarein fretta. Lanciai una rapida occhiata e vidi che la s.agoma oscura sieoizzata a met), era una donna. Si era chinata --",ro, piegandosiin avanti e cammind in quella posizionep.. qrut.t-r" poi si mise a saltare.Mi misi , .or.".. ,n*rr. la donna i;i;;;; ,i .io flanco, come un uccello, alla mia stessavelocit). Quando arrivai a casadi Blas la donna srava tagriancromila s'ada e mi avevaguasi toccato. scavalcaid'un salto un fossatelloasciutto davanti alla casa e arrraversai di schianto la porta. Blas era gii rienrato e non sembrd dar molta importanza alla mia storia. "Ti hanno fatto uno scherzo", disse in tono rassic.rante.,,Gri indiani si divertono a stuzzicarei forestierii.

Un degnoauuersario 207 La mia esperienzaera stata cosi snervanteche il giorno dopo presi la macchinae andai a casadi don Juan invece di andarmenea casamia come avevo intenzione. Don Juan ritornd nel tardo pomeriggio.Non gli lasciaiil tempo di dite nulla ma tirai fuori tutta la storia, compresoil commento di Blas. La faccia di don Juan divenne cupa; forse era solo la mia immaginazione, ma pensai che fosse preoccupato. "Non dar tanto peso a quello che ti ha detto Blas", disse in tono serio. "Lui non sa nulla delle battaglie tra srregoni. "Avresti dovuto capire che c'era qualcosadi grave nel momento in cui hai notato che I'ombra era alla tua sinistra; e inoltre non dovevi metterti a correre". "Ma che avrei dovuto fare? Restare li?". " Sicuro. Quando un guerriero incontra il suo avversarioe I'avversario non b un comune essere umano, deve imnrobilizzarsi: E la sola cosa che 1o rende invulnerarbile". " C he cosa di te, don Tuan?". "Dico che hai avuto il terzo incontro col tuo degno avversario. Quella donna ti sta seguendo, aspettando ulr momento di debolezza da parte tua. Questa volta ti aveva quasi messo nel sacco". Sentii un impeto di angosciae lo accusaidi farmi correre inutili pericoli. Mi lamentai che il gioco che giocavacon me era crudele. "Sarebbe crudele se questo fosse successoa un uomo qualsiasi", ri spose." Ma dal l ' i st ant ein cui si incom inciaa viver e com e un guer r ier o non si d pir) un uomo qualsiasi.Inoltre, non ti ho trovato un degno avversario perch6 volessi che giocassecon te, o ti stuzzicasseo ti infastidisse.Ur-r degno avversariodovrebbe spronarti: sotto I'influsso di un avversariocome 'la Catalina' potresti dover fare uso di tutto quello che ti ho insegnato.Non hai altra alternativa". Rimanemmo in silenzio per un po'. Le sue parole avevano risvegl i ato i n me una t em enda appr ensione. Poi don Juan volle che imitassi meglio possibileil grido che avevo udito dopo aver detto "Buenas noches". Cercaidi riprodurre quel suono e me ne uscii con dei grugniti innaturali che mi spaventarono.Don Juan doveva aver trovato divertente la mia imitazione perchd scoppid a ridere quasi senza ritegno. lrr distanza In seguito mi chiesedi ricostruire tutta la successione: che avevo percorso correndo, la distanza della donna da me al momento in cui I'avevo incontrata,la sua distanzada me al momento in cui ero arrivato alla casae il oosto in cui la donna aveva incominciato a saltare.


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"Nessuna grassa indiana potrebbe saltare a quel modo", concluse dopo aver valutato tutti gli elemend. "Non potrebbe nemmeno correre per tutto quel tratto". Mi fece saltare. I miei salti non arrivavano pii in l) di un metro ogni volta, e se quello che avevo visto era giusto, la donna copriva almeno tre metri a ogni salto. "Naturalmente sai che d'ora in avanti devi stare sul chi vive", mi disse don Juan in tono di grande premura. "La donna cercher) di toccarti sulla spalla sinistra in un momento in cui sarai distratto e debole". "Che dovrei fare?", chiesi. "Lamentarsi d inutile", rispose. "D'ora in poi I'importante b la srategia della tua vita". Non riuscivo assolutamentea concentrarmi su quello che diceva, prendevo appunti automaticamente.Dopo un lungo silenzio mi chiese se sentivo dolore dietro alle orecchie o nella nuca. Risposi di no, allora mi spiegb che una sensazionesgradevolein uno di quei punti avrebbe significato che ero stato gofio e che 'la Catalina' mi aveva ferito. "Tutto cib che hai fatto quella sera B stato gofio", disse. "Innanzitutto, sei andato alla fiesta pet amm zzare il tempo, come se ci fosse stato del tempo da ammazzare.Questo ti ha indebolito". "Volete dire che non devo andare alle feste?". "No, non b questo che voglio dire. Puoi andare dovunque vuoi ma se lo fai devi assumerti tutta la responsabilit) del tuo atto. Un guerriero vive la propria vita strategicamente.Andrebbe a una festa o a una riunione del genere solo se la sua strategia lo richiedesse.Cib significa, naturalmente, che avrebbe il completo controllo ed eseguirebbe tutti gli atti che ritiene necessari". Mi guardd fissamente e sorrise, poi si copri la faccia e ridacchib sommessamente. "Sei in una gran brutta situazione",disse."Il tuo avversarioE sulle tue tracce e per la prima volta nella vita non ti puoi permettere di comportarti a casaccio.Questa volta dovrai imparare un lare completamente differente, il lare della strategia. Ragiona cosi: se sopravvivi agli assalti della 'Catalina' dovrai ringtaziarla un giorno o I'altro per averti costretto a cambiare il tuo fare" . "Che modo terribile di ragionare!", esclamai. "E se non sopravvivessi?". "Il guertieto non indulge mai a pensieri di questo tipo". rispose. "Quando deve agire con i suoi simili, il guemiero segue il fare della strategia,e in quel lare non ci sono vittorie o sconfitte ma solo azioni". Gli chiesi che cosa comportava il 'fare' della strategia. "Comporta che non si d alla mercd della gente', rispose. "A quella

fcsta, per esempio,sei stato un pagliaccio,non perchd essefeun pagliaccio servisseai tuoi scopi ma perch6 ti sei lnesso da solo alla mercâ‚Ź di quella gente. Non hai mai avuto nessun controllo e percid hai dovuto fuggirtenevia". "Che avrei dovuto fare?". "Non andarci afr.atto,oppure andarci per eseguire un atto specifico. "Dopo aver fatto il cretino coi messicanieri debole, e'la Catalina' ha sfruttato I'occasione, si d. piazzata sulla strada ad aspettarti. " Il tuo corpo sapevaperb che c'era qualcosafuori posto, e tuttavia le hai parlato. E stato terribile. In un incontro come quello non devi dire una sola parola al tuo avversario.Poi le hai voltato la schiena,ed d stato.ancorapeggio. Poi te ne sei fuggito via, ed d stata la cosa peggiore che potessi fare! Evidentemente quella donna d goffa, uno stregone che vale qualcosa ti avrebbe falciato immediatamente, nell'istante in cui hai girato la schiena e sei fuggito. "Percib finora la tua sola difesa b rimanere immobile ed esesuire 7a tua danza". "Di che danza parlate?", chiesi. Rispose che il 'battito del coniglio' che mi aveva insegnato era il primo movimento della danza che il guerriero perfezionava e accrescevaper tutta la vita, e poi la eseguivanella sua ultima danza sulla terra. Provai un momento di strana sobrietlr e mi venne in mente una serie di pensieri. A un livello era chiaro che quanto era avvenuto tra me e 'la Catalina' la prima volta che I'avevo afirontata era reale. 'La Catalina' stessa era reale e non potevo scartare I'eventualiti che mi seguisserealmente.A un altro livello non potevo capire come mi seguisse, e questo faceva nascereil debole sospetto che don Juan potesse ingannarmi e che fosse stato lui a prodLrrrein qualche modo gli strani effetti cui avevo assistito. Improvvisamente don .fuan guardb il cielo e disse che c'era ancora tempo per andar a controllare la strega. Mi rassicurd dicendo che non correvamo nessun pericolo perch6 saremmo solo andati con la macchina fino alla sua casa. "Devi confermarela sua forma", disse."Allora non avrai pii dubbi nella mente, in un modo o nell'altro". Le mani mi incominciarono a sudare profusamente e dovetti asciugarle con un fazzoletto. Salimmo in macchina e don Juan mi fece dirigere verso la strada principale e poi mi fece prendere una larga strada non asfal tata.Gui d ai nel cent r o della st r ada; pesant i car r i e t r at t or i avevano scavato profondi solchi e la mia automobile era troppo bassa

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per camminaresul lato sinistro o su quello destro. Procedemmolentamente in mezzoa una fitta nuvola di polvere. La ghiaia grossolanausata per livellare il fclndo stradale si era mescolata alla terra con la pioggia, e srosse zolle indurite di terra e sassi rimbalzavanocontro il fondo melailico dell'automobile producendo forti rimbombi. Don Juan mi disse di rallentarementre arrivavamo a un ponticello dove erano seduti quattro indiani che ci salutarono.Non ero sicuro di conoscerli.Olrepassammoil ponte e la strada fece una dolce curva. "Ecco la casa della donna", trrormorb don Juan accennandocon gli occhi a una casa bianca circondatada un alto steccatodi bambil. Mi disse di fare una conversionea U e fermarmi in mezzo alla strada aspettandoche la donna si insospettisseabbastanzada mostrare la faccia. "Eccola", disse,e il suo corpo fece uno scatto improvviso. Vidi la scurasagomadi una donna in piedi dentro la casa,che guardava attraversola porta aperta. La stanzaera buia e la sua penombra non facevache accentuareI'oscuriti della figura della donna. Dopo qualche minuto la donna uscl dalla penombra della stanza e si piazzd sulla porta a osservarci.La guardammo un istante e quindi don Juan mi disse di mettere in moto e andar via. Ero senzaparole, avrei potuto giurare che si ftattava della stessadonna che avevo visto saltarelungo la strada nel buio. Cftca mezz'oradopo, quando fummo sulla strada asfaltata,don Juan parlb. "Cosa dici?", chiese. "Hai riconosciutola forma?". Esitai a lungo prima di rispondere.Avevo paura dell'impegno che avrebbe comDortato una risposta aflermativa. Formulai con cura la mia rispostae dissi che pensavofosse stato troppo buio per esserecompletamente sicuro. Don Juan rise e mi diede un colpetto sulla testa. "Era lei, non d vero?", chiese. Non mi diede il tempo di rispondere. Si mise il dito sulla bocca per farmi tacere e mi mormorb all'orecchio che parlare non aveva senso e che per sopravvivere agli assalti della 'Catalina' dovevo far uso di tutto quello che mi aveva insegnato.

S E C ON D A

P A R TE

VIAGGIO A IXTLAN


18 L'anello di potere dello stregone Nel maggio l97L feci a don Juan I'ultima visita del mio noviziato. In quell'occasioneandai a trovarlo nello stesso spirito di tutti i dieci anni del nostro sodalizio; vale a dire, ancora una volta andavo a cercare la piacevolezzadella sua compagnia. Con lui c'era il suo amico don Genaro, uno stregone indiano mazatec. Li avevo visti tutti e due nella mia visita precedente, sei mesi prima. Mentre consideravo se chiedere o no se erano stati sempre insieme, don Genaro spiegd che gli piaceva il deserto settentrionale, gli piaceva tanto che era tornato giusto in tempo per vedermi. Scoppiarono a ridere tutti e due come se avesseroun sesreto. "Sono tornato proprio per te", disse do"n Genaro. "E vero", fece eco don Juan. Ricordai a don Genaro che I'ultima volta che ero stato l) i suoi tentativi di aiutarmi a 'fermare il mondo' erano stati disastrosi.Era da parte mia un modo amichevole di fargli capire che avevo paura di lui. Don Genaro scoppid a ridere senzacontrollo, scuotendo il capo e scalciando come un bambino. Don Juan evitb di guardarmi e scoppib a ridere anche lui. "Non vorrete cercar di aiutarmi ancora una volta. non d vero don Genaro?" , di ssi . La mia domandali fece scoppiaretutti e due in risate spasmodiche. Don Genaro rotold al tuolo rliendo, poi si sdraib sulla pancia e incomincib a nuotare. Quando vidi i suoi movimenti seppi di essere perduto. In quel momento il mio corpo si rese conto in un modo o nelI'altro che ero arrivato alla fine. Non sapevo cosa fosse quella fine. La mia personale tendenza alla drammatizzazionee Ja mia precedente esperienzacon don Genaro mi fecero credere che quella avrebbe potuto esserela fine della mia vita. Durante la mia ultima visita don Genaro aveva cercato di portarmi fin sul punto di 'fermare il mondo'. I suoi sforzi erano stati cosl bizzarri e diretti che lo stesso don Tuan aveva dovuto dirmi di andar via.


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di poterc dello stregone

Le dimostrazioni di 'potere' di don Genaro erano state cosi straordinarie e sconcertanti da costringermi a una totale rivalutazione di me stesso.Ero tornato a casa mia, avevo rivisto gli appunti presi nei primissimi tempi del mio noviziato, e in me si era stubilito un sentimento del tutto nuovo, sebbenenon me ne fossi reso pienamente conto fino a quando avevo visto don Genaro nuotare p.r i.rrr. L'atto del riuotare per terra, coerente con altri atti strani e sconcertanti che don Genaro aveva eseguito davanti ai miei stessi occhi, incomincid quando don Genaro si stese a pancia in gii. Da principio rideva cosi forte che tutto il suo corpo si scuotevacome preso'da una convulsione, poi incomincib a scalciare e alla fine il movimento delle sambe si coordind con un movimento natatorio delle braccia, e don Genaro incomincib a scivolare sul terreno come se fosse steso su un'asse munita di cuscinetti a sfere. cambib varie volte direzione e coDri turta la superficie davanti alla casa, manovrando intorno a me e don luan. Gi) alre volte don Genaro si era esibito in simili esercizi buffoneschi,_eogni volta don Juan aveva affermato che ero stato sul punto di 'vedere'. La mia incapaciti di 'vedere' era il risultato della mia insistenza di cercar di spiegareogni azione di don Genaro da un punto di vista ruzionale. Questa volta perd stavo in guardia e quando don Genaro incomincid a nuotare non tentai di spiegareo comprendereI'avvenimento, mi limitai a osservarlo. Tuttavia non Dotei evitare una sensazione di confusione, don Genaro scivolava letteralmente sulla pancia e sul petto. Gli occhi mi incominciaronoa incrociarsimentre lo osservavo. sentii un impeto di apprensione,ero convinto ehe se non avessi spiegato quello che accadevaavrei 'visto', e questo pensiero mi riempl di straordinaria angoscia.La mia aspettativa nervosa-fr, cosl grande che in certo modo mi ritrovai al punto di prima, bloccato uncora una volta in uno sforzo razionale. Don Juan doveva avermi osservato. Improvvisamente mi diede un colpetto sulla spalla; mi voltai automaticamenteverso di lui e per un istante distolsi gli occhi da don Genaro. Quando lo guardai di-nuovo era in piedi accanto a me con il capo leggermente pilgato e il mento appoggiato sulla mia spalla destra. Ebbi una reazione ritardata: lo suardai per un secondo e balzai indietro. _ - La'sua espressionedi finta sorpresa fu cosi comica che scoppiai a ridere istericamente. Tuttavia non potevo evitare di rendermi ionto che la mia risata era insolita. Il mio corpo si scuoteva con sDasminervosi che partivano dalla parte centrale dello sromaco.Don Genaro mi mise la mano sullo stomaco e i brividi ilmili a convulsioni scomDarvero.

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"Questo piccolo Carlos d semprecosi esageratol",esclambin tono molto oedante. Poi, imitando voce e modi di don Juan, aggiunse:"Non sai che un guerrieronon ride mai cosi?". La sua caricatura di don Juan era cosi perfetta che risi ancora piil forte. Poi tutti e due se ne andarono insieme e non tornarono per piil di due ore, fino quasi a mezzogiorno. Quando tornarono si misero a sedere davanti alla casa senza dire una parola. Sembravanoassonnati,stanchi, quasi distratti. Restarono immobili a lungo, tuttavia sembravanoesffemamentecomodi e rilassati. La bocca di don Juan era leggermenteaperta, come se fosse veramente addormentato,ma tenevale mani incrociatesul petto e muoveva ritmicamente i pollici. Per un po' mi agitai e cambiai posizione, poi incominciai a sentire una confortante placiditi e probabilmente mi addormentai perch6 fui risvegliato dal ridacchiare di don Juan. Aprii gli occhi: i due stregoni ml flssavano. "Se non parli ti addormenti", disse don Juan ridendo. "Ho paura di si", risposi. Don Genaro si stese sulla schiena e incomincib a scalciarein aria. Per un momento pensai che avrebbe ricominciato col suo fastidioso comportamento buffonesco, r.na immediatamente tornb a sedere nella sua poslzlone a gamDe lncfoclate. "C'E qualcosache ormai dovresti conoscere",disse don Juan. "fo lo chiamo il centimetro cubo di opportunit). Tutti noi, guerrieri o no, abbiamo un centimetro cubo di opportunit) che di quando in quando ci spLrntadavanti agli occhi. La difrerenzatra I'uomo medio e il guerriero b che il guerriero se ne rende conto e uno dei suoi compiti consiste nello stare all'erta, aspettando deliberatamente,cosi che quando il sllo centimetro cubo spunta, il guerriero ha la velocit) necessaria,I'abiliti richiesta,per coglierlo. "Il caso, la fortuna, il potere personaleo comunque lo si voglia chiamare,B uno stato di coie particolare.E come un piccolissimobastoncello che sbuca davanti a noi e ci invita a tirarlo su. Di solito siamo troppo occupati, o preoccupati, o semplicementetroppo stupidi cubo di fortuna. e pigri pef -il capire che quello d il nostro centimetro guerriero b sempre all'erta e compatto, e ha I'agilit) e la Minlre capacit) necessarieper aflerrarlo". "La tua vita b molto compatta?", mi domandd bruscamentedon Genaro. "Penso di si", risposi con convinzione.


216 L'anellodi poteredello stregone "Pensi di saper afferrareil tuo centimetro cubo di fortuna?", mi chiese don Juan in tono incredulo. "Credo di farlo sempre", risposi. , "Io penso che tu stai all'erta solo per le cose che conosci", disse don Juan. "Forse mi illudo, ma io credo oggi di esseremolto pir) consapevole di quanto lo sia mai stato in tutta la mia vita", dissi veramentl convinto di quello che dicevo. Don Genaro approvb con un cenno del capo. "Si", disse sottovoce,come parlando tra s6. "Il piccolo Carlos d veramenteiompatto e assolutamenteall'erta". Mi parve che mi assecondassero deliberatamente per prendermi in giro. Pensai che forse la mia asserzionesulle mie presunte condizioni di dvezza potesse averli infastiditi. "Non volevo vantarmi", dissi. Don Genaro inarcb le sopraccigliae dilatb le narici. Lancid un,occhiata al mio taccuino e finse di scrivere. "Penso che Carlos sia piil compatto che mai", disse don Juan a don Genaro. "Forse E troppo compatto", ribattd don Genaro. "Probabilissimo", ammise don fuan. A quel punto non seppi cosa interloguire, percib rimasi in silenzio. "Ti ricordi di quella volta cbe ti ho bloccato la macchina?",chiese don Juan in tono indifierente. La domanda era stata improvvisa e non aveva alcun riferimento a cib di cui stavamo parlando. Si riferiva a una volta in cui non ero riuscito a mettere in moto la macchina finch6 don Tuan non rni aveva detto che potevo farlo. Osservai che nessuno avrebbe potuto dimenticare un episodio con.re quello. "Non b stato niente", affermb don Juan in tono positivo. "Proprio niente. Vero, Genaro?". "Vero", rispose don Genaro con indifierenza. "Che intendete dire?", protestai. "Quello che avete fatto quel giorno B stato veramente al di li della mia capaciti di comrrrender.e". "Questo non significamolto", ribattd don Genaro Scoppiarono tutti â‚Ź due a ridere forte e don Iuan mi diede un colpetto sulla schiena. _ "Genaro pub fare qualcosa di molto meglio che bloccarti la macchina", riprese. "Vero Genaro?". uE veroo, rispose don Genaro, protendendo Ie labbra come un bam. bino.

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"Che potrebbe fare?", chiesi cercandodi apparire imperturbabile. "Genaro ti pud portar via tutta la macchina!", esclamddon Juan con voce tonante; poi aggiunsenello stesso tono: "Vero Genaro?". "E verol", ribattd don Genaro nel tono di voce piil forte che avessi mai udito. Sobbalzai involontariamente; tre o quattro spasmi nervosi mi scossero il corpo. "Che intendete dire? Che significache mi pud portar via tutta la macchina?", domandai. "Che intendevodire, Genaro?", chiesedon Juan. "Intendevi dire che potrei salire nella sr-ramacchina, metterla in moto e andarmene", rispose don Genaro con un tono di serieta poco convincente. "Porta via la macchina,Genaro", Io esortb don Juan in tono scherzoso. "Fatto!", risposedon Genaro aggrottandola fronte e guardandomi di ftaverso. Notai che qr-randoaggrottava la fronte le sopraccigliagli si corrugavano, dando ai suoi occhi un'espressionemaliziosae penetrante. "D'accordo!", dissedon Juan con calma. "Andiamo la.ggii a esami nare la macchina". "Si", gli fece eco don Genaro. "Andiamo laggii a esanrinareIa macchina". Si alzaronoin piedi con estremalentezza.Per un istante non seppi cosa fare, ma don Tuan mi fece segno di e.lzarmi. Ci incamminammosu oer la collinetta di fronte alla casa di don Juan. I dne stregoni mi affiancavano,don .|uan a destra e don Genaro a sinistra. Camminavanoun paio di metri avanti a me, sempre interamcnte nel mi o cam po visivo. "Esaminiamo la macchina", disse ancora don Genaro. Don juan mossele mani come se dipanasseun filo invisibile; don Genaro fece altrettanto e ripet6: "Esaminiamo la macchina". I due camminavano come rimbalzando; i loro passi erano pir) lunghi del solito e muovevano le mani come se frustasseroo battesserodegli oggetti invisibili di fronte a loro. Non avevo mai visto don Juan fare il buffone a quel modo e mi sentivo molto imbarazzato guarCarlo. ^ verso il Raggiungemmo la cima della collina e glrardai in basso punto ai piedi della collina stessa,a una cinquantina di metri da noi, dove avevo parcheggiatola macchina.Lo stomaco mi si contrcssecon una scossa:la macchinanon c'era! Corsi giil per la collina. La macchina non c'era proprio! Per un momento mi sentii enormementeconfuso, disorientato.


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La macchina era rimasta parcheggiatal) da quando ero arrivato la mattina presto. Forse mezz'ora ptima ero sceso a prendere un nuovo blocco di carta per scriveree avevo pensatodi lasciar aperti i finestrini per via del caldo eccessivo, ma Ia gran quantita di zanzarce altri insetti alati mi aveva fatto cambiare idea e avevo chiuso a chiave gli sportelli come al solito. Guardai tutto intorno; mi rifiutavo di credere che la mia macchina se ne fosse andata.Camminai fino al margine della zona priva di vegetazione.Don Juan e don Genaro mi seguironoe si misero accanto a me, facendoesattamentequello che facevo io, scrutandoin lontanenza per vedere se la macchinafosse in vista da qualche parte. Provai un momento di srana euforia che lascid il posto a uno sconcertantesenso di irritazione. Sembravache i due se ne fossero accorti oerchd incominciarono a camminarmi intorno muovendo le mani come se stesseroimpastandoil pane. "Cosa pensi che sia successoalla macchina,Genaro?", chiese don Juan in tono umile. "L'ho portaLa via", disse don Genaro imitando con stupefacente abiliti i gesti di una personache cambia le marce e sterza. Piegb le gambe come se fosse seduto e rimase per qualche momento in quella posizione, sostenuto ovviamente solo dai muscoli delle gambe; poi spostb il peso del corpo sulla gamba destra e stese il piede sinistro per imitare I'azione sul pedale della frizione. Riprodusse con le labbra il rumore del motore e per finire, come colmo, finse di aver preso una cunetta lungo la strada e sobbalzb su e git, dando la perfetta sensazione di un guidatore inesperto che rimbalza sul sedile senza lasciar andare lo sterzo. La pantomima di don Genaro era stata stupenda.Don -|uan rise fino a rimanere senza fiato. Volevo unirmi alla loro allegria ma non potevo rilassarmi,mi sentivo minacciatoe a disagio.Un'angosciasenza precedenti nella mia vita si era impadronita di me. Mi senrivo bruciare e mi misi a prendere a calci i sassie finii con lo scagliarli con una furia inconscia e imprevedibile. Era come se la mia rabbia fosse stata davvero fuori di me e mi avesse avvolto all'improvviso. Poi il senso di fastidio mi abbandonb misteriosamentecome mi aveva rrreso. Tirai un profondo respiro e mi sentii meglio. Non osai guardare. Ero imbarazzato per aver dato spettacolo con la' mia collera, ma al tempo stesso volevo ridere. Don Juan mi venne al fianco e mi batt6 sulla schiena. Don Genaro mi mise il braccio sulla spalla. "Benissimo", disse don Genaro. "Lasciati andare. Datti un pugno sul naso e fatti uscire il sangue.Poi puoi prendere un sassoe romper-

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tici i denti, ti fari sentire meglio. E se non basra, con quello stesso sassoti ci puoi schiacciarele palle su qrrel masso laggii". Don Juan ridacchid.Dissi loro che mi vergognavodi essermicomportato cosi male, non sapevo cosa nri avessepreso. Don .Tuandisse che era certo_che sapevo esattamentequello che succe<.leva, che fingevo di. non saperloe che quel che mi aveva fato andare in collera era la mla nnzlone. Don Genaro fLr insolitamenteconsolante,mi diede ripetuti colpetti sulla schiena. "Capita a tutri", disse don Juan. "Che intendete dire con questo, don Juan?", chiese don Genaro imitando la mia voce e canzonandola mia abitLrdinedi farc domande a don Juan. Don Juan disse alcune cose assurdecome: "Quando il mondo b a testa in gii noi siamo a testa in srr, ma quando il mondo E a testa in su noi siamo a testa in gir). Ora, quando il mondo d a testa in su, noi pensiamo di esserea testa in gir)...", e continub su guesto tono a dire sciocchezzementre don Genaro mi faceva il verso fingendo di prendereappunti. Scrivevasu un taccuinoinvisibile, dilatando le narici mentre muoveva le mani, con gli occhi spalancatie fissi su don .Tuan. Imitava alla perfezione i miei sforzi di scrivere senza guardare il taccuiuo per non alterare il naturale flusso dcllr conver;zione. La sua caricaturaera veramentebuffa. Improvvisamentemi sentii molto a mio agio, felice. La risata di quei due mi confortava; per un momento mi lasciai andare e risi di tutto cuore. Ma poi la mia mente entr,) in un nuovo stato di apprensione, confusione e fastidio. Pensai che quanto avveniva, qualunque cosa fosse,era impossibile; in effetti, era inconcepibilesecondoI'ordine logico mediante il quale sono solito giudicare il mondo. Tuttavia, io che percepivo quel mondo, percepivo che la mia macchina non c'era. Mi venne in mente, come sempre eril successoquando don Juan mi aveva messo di fronte a fenomeni inesplicabili,di esserestato ingannato con mezzi ordinad. La mia mente aveva sempre,nei momenti di tensione,involontariamentee coerentementeripetuto lo stessocostrutto. Incominciai a considerareqLranticomplici avrebberodovuto avere don Juan e don Genaro per sollevarela mia macchinae spostarlada dove I'avevo parcheggiata.Ero assolutamentecerto di aver chiuso a chiave gli sportelli; il freno a mano era tirato, Ia marcia ingranatae il bloccasterzo chiuso. Per spostarlaavrebberodovuto sollevarladi peso e per farlo ci sarebbevoluta una forza che, ero convinto, nessuno di loro due avrebbe potuto avere. Un'alra possibilit) era che qualcuno d'accordo con loro fosse penerato neli'automobile dopo averla forzata,


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avessemessoi fili in contatto e I'avesseportata via. Per farlo ci sarebbe voluta una conoscenza specializzataal di li dei loro mezzi. La sola altra spiegazionepossibileera che forse mi sravanoipnotizzando.I loro movimenti mi erano cosi nuovi e sospetti da spingermi in una catena di razionalizzazioni.Pensai che se mi stavano ipnotizzando allora ero in uno stato di coscienzaalterata.Nella mia esperienzacon don Tuanavevo notato c he in s im ili s ta ti s i d i n c a p a c id i c o n s e rv a r.unu .oe..nte rcgi strazionementale del passardel tempo. In tutti gli stati di realti non ordinaria da me sperimentatinon c'era mai stato un ordine durevole per quel che riguardavail passaredel tempo, e la n.riaconclusionefu che se rimanevo all'erta sarebbevenuto un momento jn cui avrei perso il mio ordine di successionetemporale. Come, per esempio, se a Lln certo momento fossi stato a guardareuna montagna e poi, nel successivo istante di consapevolezz.a, mi fossi trovato a guardare una valle nella direzione opposta ma senza ricordare di essermi voltato. Sentii che se mi accadevaqualcosadi quella natura allora avrei potuto spiegare quanto accadevaalla mia macchinacome, forse, un caso di ipnosi. Decisi che Ia sola cosada fare era osservareoqni dettarlio con tormentosa a ttenz ione. "Dov'd la mia macchina?", chiesi rivolto a entrambi. "Dov ' b la m ac c h i n a Ge , n a ro ? " , c h i e s ed o n .ftra n con un' espressi one d i n ss olut as er iet ) . Don Genaro si mise a sollevaredei piccoli sassi guardando sotto. Lavoro febbrilntente,per tutta la zona piancggiantedove avevo prrcheggiato,I'automobile; rivoltd letteralmenteogni sasso.Di quando in quando fingeva di arabbiarsi e scagliavail sassonei cespugli. Don Juan sembravagodersi enormementela scena.Ridacchiavae gorgogliavae sembrava aver completamentedimenticato la mia presenza. Don Genaro aveva appena6nito di scagliareun sassoin un'esibizione_ di finta colera quando si imbattâ‚Ź in un macignopiuttosto grosso, il solo sasso abbastanza grande e pesante della iona'dove era srata parcheggiatal_amacchina.Cercd di capovolgerlo, ma era troppo pesante e moppo profondamente conficcato nel terreno. Si sforzb e sbuffb fino a sudare,poi si mise seduto sul sassoe chiamb in aiuto don Juan. . Don Juan si rivolse a me e mi clissecon un sorriso raggiante: "Avanti, diamo una mano a Genaro". " Cosa fa ? " , chiesi. "Sta cercandola tua macchina",dichiarb don Tuan con aria indifterente. "Per I'amor del cielo! Come la pud trovare sotto ai sassi?',,protestai.

L'anellodi poteredello stregone 221 "Per I'amor del cielo, perchd no?", ribattd don Genaro e tutti e due scoppiarono a ridere fragorosamente. Non riuscimmo a smuovere il sasso.Don Juan suggeri di ritornare a casa a cercare un grosso pezzo di legno da usare come leva. Menfte ci dirigevamo verso casa dissi che i loro atti erano assurdi e che qualunque cosa facesseroper me era supefflua. Don Genaro mi strizzb I'occhio. "Genaro E un uomo molto preciso", disse don Juan con un'espressione seria."E precisoe attento quanto te. Tu stessohai detto che non lascerestimai una cosaa met). Lui b come te". Don Genaro mi diede un colpetto sulla spalla e disse che don Juan aveva assolutamenteragione e che veramente lui voleva essere come me. Mi lancid uno sguardo folle e dilatd le narici. Don Juan batt6 le mani e buttd in terra il cappello. Dopo una lunga ricerca, don Genaro trovb un pezzo di legno lungo e abbastanzagrosso, un pezzo di trave. Se lo mise sulle spalle e ripartimmo per il posto dove era stata la mia macchina. Mentre arrivavamo sulla collinetta e stavamo per raggiungere una curva del sentiero da cui avrei dovuto vedere la radura dove avevo parcheggiato la macchina, ebbi un'improvvisa intuizione. Mi venne in mente che avrei trovato la macchina prima di loro, ma quando guardai in bassonon c'era nessunamacchinaai piedi della collina. Don Juan e don Genaro dovevano aver capito quello che pensavo e mi corsero dietro ridendo fragorosamente. Quando arrivammo ai piedi della collina si misero immediatamente al lavoro. Li osservai per qualche minuto, i loro atti erano incomprensibili. Non fingevano di lauo.a.e, erano realmente immersi nella fatica di capovolgereun macigno per vedere se sotto c'era la mia macchina. Era troppo per me e mi unii a loro; sbuffavano e urlavano e don Genaro ululava come un coyote. Notai quanto fossero incredibilmente forti i loro corpi, specialmentequello di don Juan; accantoa loro facevo la figura di uno smidollato. Ben presto sudavo anch'io copiosamente. Alla fine tiuscimmo a rivoltare il macigno e don Genaro esamind il terriccio che c'era sotto con la pit esasperantepazienz e meticolosite. "No, non c'b", annuncid. Questa affermazioneli fece cadere tutti e due in terra dal ridere. Risi nervosamente. Don Juan sembrava in preda a veri spasmi dolorosi e si copri il volto stendendosi a terra, col corpo che si scuoteva dal ridere. "In che direzioneandiamo adesso?",chiesedon Genaro dopo una lunga sosta.


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Don Juan fece un cenno col caDo. "D ov c andiam o ?" , c h i e s i . "A cercare la tua macchina", rispose don Juan con espressione imperturbabile. Mi si misero di nuovo ai fianchi. Avevamo fatto soro pochi metri tra i cespugliquando don Genaro ci fece segnodi fermarci.'si avvici.,d in punta.di piedi a un cespugliorotondo l"ont.no pochi passi, guardd per qualcheistante tra i rami lnterni e disse.h" h continuammo per un po' a camminaree quindi -"..hilr-norr'.'..u. dor c*u.o f... con la mano u_ngesto per .tarci tacefe. I'arcb Ia schiena alzandosi sulla punta dei pi:qi . prorese le braccia sopra al .upo .on i" diiu .lnrrr,," come un artiglio. Dal punto in cui ero il suo corpo aveva Ia forma di una lettera s. Don Genaro conservd_ per un istante qu.tt" forlron. quindi si tufid lerteralmentea capofiito su un lungo'.u-o'.of.ito di" foglie secche.Lo sollevb.on .u* e lo esamind,i ancora uio-uolt^ osservd che la macchina non era ll. Mentre camminavam,o nella.fitta boscagliaguardd dietro ai cespugli su piccoli alberi di patoueide."guardandot.r l. fogri., l_,rl per 1r*rpico solo concludereche la macchina non era neancheli. Intanto io tenevo una meticolosissima registrazionementaledi rurto quello che toccavoo vedevo.La mia visione"sequenziale e ordinata del mondo intorno a me era continua come sempre.in..ouo sassi, lespugli, alberi. Spostavo.lavista dal primo piano allo rf"n.lo gur.duido-3u,un occhio.e poi dall'altro. secondo ogni calcolo stavo ci-mminando neila boscaglia come avevo fatto tante ,iolte nella vita. Poi don Genaro si-stese sulla pancia e ci invitb a fare come rui. -iutti $rnoggid il mento sulle mani incrociate,don Juan to i-ita. e due fissaronouna serie di piccole prot.rb.rrnz. Jul terreno J" ,.-urrvano minuscole colline. Improvvisamentedon Genaro fece un movimento rotarorio col braccio destro e afferrb qualcosa. Si alzb in irerta imitato da don Juan, ci mostrd il pugno serratoe ci fece sesno ii avvicinarci e guardare,ooi incomincib ad.aprire lentamente l, .iuno. gu"rrdo fu aperta a met) ne volb via un grande oggetto nero. Il mouiriento era. stato cosl improvyir" g,l'oggetto volanti cosl grosso che balzai rndietro e quasi persi ,l'equilibrio; don .Tuanmi ,o...rr.. "N on er a la m ac c h i n a " ,d i s s e d o n ' Ge n a ro d i s pi aci uto." E ra una maledetta mosca. Mi sDiace!". Tutti e due mi scr.riarono.Stavanodi fronte a me e non mi guardirettamente ma con la coda dell'occhio. r'"-r"'...'r-,ilir'p.ot'1_t11. lunsata. _i'Eauun, mosca, non b vero?,,, mi chiese don Genaro. "Penso di sl", risposi.

L'anelLodi potercdello sttegonc 22) "Non pensare!", mi ordind don Juan imperiosamente."Che cosa hai vi sto?" . "Ho visto una cosa grande come un corvo volare via dalla sua mano" , di ssi . La mia afrermazione era coerente con quello che avevo percepito e non era intesa come uno scherzo,ma tutti e due la preseroprobabilmente come I'afiermazione pii bufia che uno di noi avessefatto quel giorno. Tutti e due saltaronosu e giir fino a soffocare. "Penso che Carlos ne abbia avuto abbastanza", disse don Juan; aveva \a voce rauca dal gran ridere. Don Genaro disse che stava per trovare Ia mia macchina, che la sensazionestava diventando sempre pii calda. Don Juan disse che eravamo in un zona accidentatae che ffovare la macchina l) non era una cosa desiderabile.Don Genaro si tolse il capoello e ne sistemd il nastro con un pezzo di spago che aveva in tasca,'poi attaccb la sua cintura di lana a una nappa gialla fissataalla tesa del cappello. "Sto facendo un aquilone col cappello", mi disse. Lo guardai e capii che stava scherzando;mi ero sempre considerato un esperto di aquiloni, da bambino cosruivo gli aquiloni piil complicati e sapevo che la tesa del suo cappello di paglia era troppo fragile per resistere al vento. La cupola, inoltre, era troppo profonda, e il vento vi avrebbe circolato dentro rendendo impossibile sollevare il cappello da terra. "Pensi che non voler), non b vero?", mi chiesedon Juan. "So che non voleri", risposi. Don Genaro non se ne diede per inteso e finl di attaccareal suo aquilone una lunga cordicella. Era una giornata ventosa e don Genaro corse gir) per la collina mentre don Juan teneva il suo cappello, poi don Genaro tirb lo spago e quel maledetto coso vold davvero. "Guarda, guarda I'aquilone!", urld dorr Genaro. Il cappello sobbalzb un paio di volte ma rimase in aria. "Non distoglieregli occhi dall'aquilone", disse don Juan con fermezz , Per un momento mi sentii girare la testa. Mentre guardavo I'aquilone mi era tornato il ricordo di tanti anni prima; era come se fossi io a farlo volare, come facevo quando tirava vento sulle colline della mia citti natale. Per nn attimo fui avvolto dal ricordo e persi la consapevolezzadel passare del tempo. Udii don Genaro udare qualcosa e vidi il cappello sobbalzare su e gii e poi cadere a terra, dove c'era la mia macchina.Tutto era awe-


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nuto con una tale rapidita che non ero riuscito ad averne una chiara immagine. Fui preso dalle vertigini e mi distrassi. La mia mente si afrerravaa un'immagine molto sconcertante.O avevo visto il cappello di don Genaro trasformarsi nella mia automobile, o avevo , visto il cappello cadere sul tetto della macchina. Volevo credere alla seconda possibilit), che don Genaro avesse usato il suo cappello per indicare la macchina. Non che contasseveramente, I'una cosa era stupefacente quanto I'altra, ma cib nonostantela mia mente si afierravaa quel particolare arbitrario per conservare il mio originale equilibrio mentale. Udii don Juan che diceva: "Non lo ostacolare". Sentii che qualcosa stava per affiorare dentro di me. Pensieri e immacini affluirono a ondate incontrollabili come se mi stessi addorment;do. Fissai lh macchina stupefatto: era posra su una superficie sassosapianeggiantea un centinaio di metti da me; sembrava davvero che qualcuno I'avesseproprio posata ld. Corsi verso la macchina e incominciai a esaminarla. "Maledizionel", esclambdon Juan. "Non fissarela macchina.Ferma i l tn ondot " . Poi, come in un sogno, lo udii gridare: "Il cappello di Genaro! Il cappello di Genaro!". Li guardai: tutti e due mi fissavanodirettamente. I loro occhi erano penetranti. Sentii un dolore allo stomaco, ebbi un improvviso mal di te sta e m i s ent ii m ale . Don Juan e don Genaro mi guardavano con curiositi. Mi sedetti per un po' vicino alla macchina e quindi aprii automaticamentela serratlrra e feci sedere don Genaro sul sedile posteriore. Don .|uan lo segui e si sedette accanto a lui. Pensai che fosse strano perchd di solito si sedevadavanti. Guidai fino a casadi don Juan in una speciedi confusione mentale. Non mi sentivo afratto me stesso: avevo 10 stomaco sconvolto e la sensazionedi nauseademoliva tutta Ia mia luciditi. Guidavo meccanicamente. Sentivo sul sedile posteriore don Juan e don Genaro ridere e gorgogliare come bambini. Udii don Juan che mi chiedeva: "Ci stiamo avvicinando?". Fu a quel punto che guardai deliberatamentela strada. Eravamo dar. vero molto vicini a casa sua. "Stiamo per arrivare", borbottai. Scoppiaronotutti e due in una risata ululante battendosi le mani sulle cosce. Quando arrivammo saltai gii automaticamenree aprii loro lo sportello. Don Genaro sceseper primo e si congratulb con me per quella

L'anellodi poteredello stregone Z2j che de6ni la gita in macchina piL dolce e senza scosseche avesse mai fatto. Don Juan disse lo stesso.Non feci loro molta attenzione. Chiusi a chiave la macchina e per poco non me la portai in casa. Prima di addormentarmi sentii don Juan e don Genato ridere fragoiosamente.


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Fermareil nondo

19 Fermare il mondo Il giorno dopo appena sveglio trovai don Juan diero alla casa occr:pato a tagliire legna da ardere, e incominciai a faryli domande, ma no.r vidi don Genaro da nessuna parte. Don Juan disse che non c'era nulla di cui parlare. Insistei, ricordandogli che il giorno prima ero riuscito a rimanere distaccato e avevo osservato don Genaro 'nuoma cid tare per terra' senza volere o pretendere nessuna spiegaz.ione,_ non mi aveva aiutato a capire quello che succedeva.Poi, dopo la scomparsa della macchina, mi ero bloccato automaticamentenella ricerca di una spiegazionelogica, ma neanche quello mi aveva aiutato. Dissi che insistevJa cercare spiegazioninon perchi lo volessi io, tanto per fare il dificile, ma perch6 il bisogno di spiegazionisi era radicato cosl profondamente in me da annullare ogni altra considerazione. "E come una malattia". dissi. "Non ci sono malattie", rispose don Juan con calma. "C'8 solo abbandono, e tu ti abbandoni a te stesso quando cerchi di spiegare tutto. Nel tuo caso le spiegazioni non sono piil necessarie". Insistei che potevo funzionare solo in condizioni di ordine e razionalit). Gli ricordai che durante il nostro sodalizio avevo cambiato radicalmente la mia personalitb e che la condizione che aveva reso possibile il cambiamento nascevadalla mia capaciti di spiegarea me stesso tale cambiamento. Don Juan rise piano. Non parld per molto tempo. . "Sei molto furbo", disse alla fine. "Ritorni sempre li dove sei sempre stato. Ma questa volta hai finito, non hai piil un posto a cui tornare. Non ti spiegherb piil niente. Quello che ti ha fatto ieri Genaro, qualunque co." {otse, I'ha fatto al tuo corpo; percib lascia che sia il tuo corpo a decidere cos'era". Il suo tono era amichevole ma insolitamente distaccato e mi diede un senso di opprimente solitudine. Espressi i miei sentimenti di tristezza e don Juan sorrise e mi afierrb delicatamente il dorso della mano,

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"Siamo tutti e due esseri che devono morire", disse sottovoce. "Non c'b pir) tempo per quello che siamo abituati a farc. Ora devi impiegare tutto il non-fare che ti ho insegnato e lermare il mondo". Mi afferrd di nuovo la mano, il suo tocco era fermo e amichevole;. era come se mi rassicurassedi pfovare interesse e afietto per me, e al tempo stesso mi dava I'impressione di una intenzionalit) incrollabile. "Questo d il mio gesto per te", disse conservandoper un istante la sua stretta sulla mia mano. "Ora devi andare da solo in quelle montagne amichevoli". Indicb col mento la lontana c^tena di montagne verso sud-est. Disse che dovevo rimanere 1) finchâ‚Ź il mio corpo non mi avrebbe detto di andar via e allora dovevo tornare , .rr^ ,rr. Mi fece capire che non voleva che dicessi nulla o aspettassipii e mi sospinsedolcemente verso la macchina. "Che dovrei fare laggit?", chiesi. Don Juan non risposema mi guardd scuotendoil capo. "Non aggiungerealtro", disse alla fine. Poi indicb verso sud-est. "Vai laggii!", mi ordind seccamente. Salii in macchinae mi diressi verso sud e poi verso est, seguendo le strade che avevo semprepreso viaggiandocon don luan. Parcheggiai dove terminava la strada sterrata e mi avviai a piedi per un senriero che conoscevobene, fino a raggiungereun altipiano. Non avevo idea di quello che avrei dovuto fare li e gironzolai in cerca di un posto per riposare. Improvvisamente notai una piccola superficie alla mia sinistra. Sembravache in quel punto la cornposizionechimica del terreno fosse diversa, tuttavia quando mettevo a fuoco gli occhi non vedevo nulla che potessespiegarequella differenza.Mi avvicinai e cercai di 'sentire', come mi aveva sempreraccomandatodon Juan. Rin-rasiimmobile per circC un'ora. I miei pensieridiminuivano gradualmentefinch6 cessaidel tutto di parlare a me stesso.Allora provai una sensazionedi fastidio che sembravalimitata allo stomaco ecl era pii acuta quando guardavo quella particolare superficie.Mi sentivo respinto e costretto ad allontanarmene. Incominciai a scorrere la zona con gli occhi incrociati e dopo una breve camminatami fetmai davanti a una grande roccia piatta. In quella roccia non c'era niente di particolare che mi attirasse,non ci vedevo nessunospecificocolore n6 splendore, e tuttavia mi piaceva,il mio corpo si sentiva bene. Provai una sensazionedi conforto fisico e sedetti per un po'. Girai tutto il giorno per I'altipiano e per Ie montagne circostanti senza saper che fare o che aspettare. Al crepuscolo tornai alla roccia piatta, sapevo che se avessi passatoIi la notte sarei stato al sicuro.


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Fernare il nondo

Il giorno dopo mi spinsi piL a est sulle montagne. Nel tardo pomeriggio arrivai.a un altipiano ancora pii elevato. Pensavo di esserci gii stato prima, mi guardai intorno per orientarmi ma non riuscivo a riconosceie ne.ssunodei picchi circostanti. Scelsi con cura un posto adatto e mi misi' seduto u iipot.t" sul bordo di una ,o.ra ,arsosa priva di vegetazione.Li mi sentii molto caldo e provai un gran senso di pace. Cercai del cibo nella mia zucca, ma era vuota. Bewi un po' d'acqua, era calda e sapeva di stantio. Pensai che non avevo altro da fare che tornare a casadi don Juan e incominciai a domandarmi se avessidovuto o no riprendere subito la via del ritorno. Mi distesi sulla pancia e appoggiai la testa sul braccio. Mi sentivo a disagio e cambiai posizione varie volte finch6 mi trovai a guardare a ovest. Il sole era gii basso. Avevo gli occhi stanchi. Guardai in terra e vidi un grosso scarabeo sbucare da dietro un sasso sospingendo una palla di sterco grande il doppio di lui. Seguii a lungo i suoi movimenti, I'insetto non sembrava curarsi della mia presenza e continub a spingere il suo carico, superando sassi, radici, depressioni e protuberanze del terreno. Per quanto ne sapevo, lo scarabeonon si rendeva conto della mia presenza.Mi venne in mente che non potevo esseresicuro che I'insetto non si rendesse conto di me, e questo pensiero scatenb tutta una serie di valutazioni razionali sulla natura del mondo dell'insetto contrapposto al mio. Io e lo scarabeoeravamo nello stesso mondo ma ovviamente il mondo non era lo stesso per tutti e due. Lo osservai intensamente meravigliandomi della forza gigantescanecessariaper trasportare il suo catico sui sassie nei crepacci. Osservai I'insetto a lungo e quindi mi accorsi del silenzio che mi circondava. Solo il vento fischiava tr^ i rami e le foglie della boscaglia. Guardai in alto, mi voltai a sinistra con un movimento rapido e involontario, e intravidi una debole ombra, o un guizzo, su una roccia a pochi passi di distanza. Dapprima non feci attenzione, ma poi mi resi conto che quel gtizzo era stato alla mia sinisra. Mi voltai di scatto e riuscii a percepire chiaramente un'ombra sulla roccia. Ebbi la strana sensazioneche I'ombra scivolassea terra e il suolo I'assorbissecome una macchiad'inchiostro sulla carta assorbente.Un brivido mi corse per la schiena; mi venne iri mente che la morte stava osservando me e lo scarabeo. Cercai ancora I'insetto ma non riuscii a trovarlo. Pensai che fosse arrivato alla sua destinazione e avesselasciato cadere il carico in una cavitd del terreno. Appoggiai la faccia contro un sassolevigato. Lo scarabeoemerseda un buco profondo e si fermb a qualche centimetro dalla mia faccia. Sembravache mi guatdassee per un momento sentii che si era reso conto della mia presenza,forse come io mi ren-

Fermareil mondo 229 devo conto della presenza ,Jella mia morte. Sentii un brivido, dopo tutto io e lo scarabeonon eravamo cosi diversi; la morte, come un'ombra, ci spiava tutti e due da dietro un masso. Provai uno straordinario momento di euforia: io e 1o scarabeoeravamo pari, nessuno dei due era migliore dell'altro, la nostra morte ci rendeva uguali. L'euforia e la gioia furono cosi prepotenti che scoppiai a piangere. Don Juan aveva ragione, aveva sempre avuto ragione: vivevo in un mondo misteriosissimoe, come ogni altro, efo un esseremisteriosissimo, eppure non ero pir) importante di uno scarabeo.NIi asciugai gli occhi e mentre me li strofinavo col dorso della mano vidi un uomo, o qualcosa che aveva la forma di un uomo. Era alla mia destra, a una cinquantina di metri. Mi tirai su a sederee mi sforzai di guardare. Il iole era quasi sull'orizzonte e il suo bagliore giallastro mi irripediva di vedere chiaramente. In quel momento udii uno strano rombo, come il rumore lontano di un aeroplano a reazione. Mentre concentravo I'attenzione - stil rumore questo crebbe diventando un atuto sibilo metallico prolungato e poi si addolcl fino a trasformarsi in un suono ipnotizzanie e melodioso. La melodia era come la vibrazione di una corrente elettrica. L'immagine che mi venne in mente fu quella di due sfere elettizzate che si iongiungevano, o due blocchi di-metallo elettrizzato strofinati l'uno conffo I'altro e poi fermati con un colpetto quando erano l'uno perfettamente al livello dell'altro. Di nuovo mi sforzai di vedere se riuscivo a distinguere la persona che sembrava nascondersi,ma potei solo scorgere un'ombra nera contro i cespugli. Mi feci schermo agli occhi con le mani. In quel momento il bagliore del sole cambib e allora mi resi conto che guello che vedevo era solo un'illusione ottica, un gioco di ombre e foglie. Distolsi gli occhi e vidi un coyote trotterellare calmo calmo attraverso la radura; era vicino al punto in cui pensavo di aver visto I'uomo. Avahzd per circa cinquanta metri in direzione sud e poi si fermd, si voltb e incomincid ad avanzareverso di me. Urlai un paio di volte per spaventarloe farlo fuggire, ma continud a venire verso di me. Provai un momento di apprensione,pensai che potesse avere la nbbia e pensai anche di raccogliere qualche sassoper difendermi nel caso di un attacco. Ma quando I'animale fu a una quindicina di passi notai che non era afr.atto agitato; al contrario, sembrava calmo e per nulla spave::itato.Rallentb la sua andatura fermandosi appena a quattro o cinque passi da me. Ci guardammo, poi il coyote si awicinb ancora; i suoi occhi marruli erano amichevoli e limpidi. Mi sedetti sulle rocce e il coyote si avvicinb fin quasi a toccarmi. Ero stupefatto, non avevo mai visto un coyote selvatico cosl da vicino, e la sola cosa che mi venne in mente in quel momento fu di parlargli. Incominciai a parlare come si parla a


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un cane, e quindi mi parve che il coyote avesse'parlato' .in risposta; .bbi l'"rrol.riu ,rrt rri che avessedetto qualcosa' Mi sentivo confuso' no" ebbi il tempo di considerarei miei sentimenti perch6 il coyote ;;;.i;;'-";;;;u. Nt" che l'animale pronunciassele parole nel modo in -" piuttosto Jui ,or,o abituato a udirle pronuhciare dagli esseri umani, era .h. stesse^parlando.Ma no.t era nemmeno.quella. sen;;;G;r;;i.".; si ha quando sembra che un cagnolino comunichi col suo ;;;i";;;h. padrone. Il coyote-disse veramente qualcosa: formuld un pet,srero e frase. Io iu.g^.orn.rnicazione usci in qualcosa-di molto simile a una I'aniudito di aver pensai e coyote?", stai, piccoio ;;.;; J.;.,;Co^. ,{Io sto Lene, e tu?.". Quindi il coyote ripetd la frase ,."t.-rirponaere: e io balzai in piedi. L'animale non lece un solo movimento, non susp.. il mio balzo improvviso, i suoi occhi rimasero ami,"iia *,,'*."o ;tt*pidi. Si distesesulla pancia,piegb la. testa.e chiese: "Per;;;ii ch6 hai panra?". Mi misi seduto davanti a lui e incomtnctarla converpiJ .,.r'u della mia vita. Alla fine il coyote mi chiese cosa ;;ri;;; iri quella zona e io risposi che ero..venuto lassil per 'fermare il f;;;;; Ii coyot. esclami "'Que b)e-uo!", e allora capii che. era un -"tatl bilineue. I nomi e i verbi delle sue frasi erano in inglese, ma in spagnolo' Mi venne in mente che -uo,. rJ..ltu-azioni i."'.;;sil;;i;i'. Cblcano, Scoppiai a ridere.dell'ascoyote un di presenza aila .; i;r;; surditlL di tutto quello che mi succedevae risi cosi torte da dtventare poi fui colpito da tutto il peso dell'impossibiliti della ;;;ril.;;ri.". mente'vacillb. Il coyote si alzb e il nostro sguardo lir""ritr.-.-lu fissai intensamente negli occhi, sentii che mi .tiravano ti-i".ont.a, lo -i" ,.^rio I'animale diventb iridescinte, incomincid a splendere.Era . u acca"" come se la mia mente riproiettasse il ricordo di un- altro episodio assiavevo del-peyote Juto dieci anni prima, qurndo sotto I'influenza essere indimenticabile un in cane ;;;; ;il, r,,;tamirfosi'di un comune e il i.id.r...r,.. Era come se il coyote avessecausato la rievocazione, formo alla sovrapposto rl.".al J"ntpisodio precedenie fu e-vocato-.e [a sua del covote; il coyote et, ,rn esserefluido, liquido. e luminoso' manr per Ie con gli occhi coprirmiVolli abbagliante. era luminosit) toccd Drotesserli,ma non riuscii a muovermi. L'essere luminoso mi provb senso un mio.cotpo e il stesso ir qr7T.n.'parte indefinita di me che era di ialore . .b"n.*er. cosl meravigliosamente indescrivtbtle non ;.- quel tocco mi avesse fatio esplodere. Ero paralizzato, ;;*; corpo' parte del nâ‚Ź alcuna gambi, a'sentirmi i piedi, nd le ii"r.i". qualcosami sosteneva' eppure -'' Nel Non'ho idea di q,rrnio a lungo sia rimasto in quella posizione. pensieri avevo Non svanirono. f.",i"rrp" if .oyote l.rminoso e licollina nt ,"n,irn.r,ti. Tutto si era spento e io galleggiavo liberamente.

Improvvisamente sentii che il mio corpo er&rcolpito e ?tiili1"-*k' Mi accorsi che il iole splendeva.su di .f,. *i u...nJ*". d" ;;"i;;;^ distinguere una catena di monvagamente_ pot.uo ovest me. Lontano a dtrettamente tunn.. Il sole era quaii sull'orizzonte; lo stavo guardando straordipiil la realmente Percepii a.i mondo'. f.;fii". ;?lilr;';,dt do' intersecavano si che fluorescenti blanche llnee Ji ;"il;"i;io". rifnalla dovuto vunque intorno u ... F.. un istante pensai che fosse tra le mie ciglia. Batiei le palpebre e guardai ancora. ;iililil"I.e si sovrapponevanoo attraversavanotutto cib costanti Le linee efano Mi guandai intorno ed esaminai un mondo sffaordi.f*^.i.i...rdava. se distoglievo .,^ri"n'.nr. nuovo. Le lfiree erano visibili e costanti anche lo sguardo dal sole. , patve intermtfi.i-"tl sulla collina in estasi per un tempo che.mi qualchemlnuto' nabile, eppure tutto I'episodiopoteva.aver.duratosolo prima di illuminato aveva mi il cui p.r il ,.*p'"-i" ?;;-:;tr 'ol"parso interminabile. Sentii qualera me a ma raesiunqere l'orizzonte,

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dal mondoe dal mio corpo.seppi . |""?"ri"",e trasudare

ondata di aver scoperto ,rn t.!."ro, era cosl semplice' Sentii un'altra cosl divina, un'euforia provato avevo vita mia n.llu ai ,*,r-."ii.-iur"i non potevo tra.r.ru t"la pace, una stretta cosi awolgente' e tuttavia nemmeno potevo non scoperto: durre in parole il segreto che avevoconosceva' lo corpo mio il ma tradurlo ii pensieri, nuovo consaPoi mi addormentai o persi i sensi' Quando fui di Il mondo piedi. in Mi alzai pevole di me stesso.io-airal"ro sulle rocce. automaticae I'oscuriti calando Stava io-.u.uo r"-pre visto. !;;;;; mente mi avviai verso la macchina. gli in La mattina dopo, quando arrivai, don Ju.an era solo .casa; nel vlclnato'.a da,qualche Parte chiesi di don Genaro e risposeche era le mle fare una commissione.Incominciai immediatamentea narrargll interesse. evidente con ascoltd mi don esperienze, Juan -straordinarie ;i"i il mondo", commentb quando ebbi ,..p1i..-"nt" frr*ito finito il mio resoconto. disse che Restammo in silenzio per un momento e poi don Juan insoliSembrava uiututo. per avermi Genaro ruriu, don d.r;;;";G ridacschiena' sulla colpetti ripetuti auuu me, di loir.n,o ;;;t;" -i chiava. -^-^-;tutu E inconcepibile che un coyote possa parlare"' dissi' "Non era Parlare", risPose' "E allora cos'era?". sei riuscito "Il tuo corpo ha capito per la prima volta, ma tu non


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a riconoscereche innanzitutto non era un coyote e che ceftamente non parlava come parliamo tu e io". "Ma il coyote ha parlato dawero, don Juan!". "Chi ts che parla come un idiota ora? Dopo tutti questi anni di apprendimento dovresti saperne di pin. Ieri hai lermato il mondo e potresti ancbe aver aisto.Un esseremagico ti ha detto qualcosae il tuo corpo d stato capace di comptenderlo perchd il mondo era crollato". "Il mondo era come d oggi, don Juan?". "No. Oggi i coyote non ti dicono nulla e non puoi vedere le linee del mondo. Ieri hai fatto tutto questo semplicementeperchd qualcosa si b fermato in te". "Cosa si E fermato in me?". "Quello che si i fermato ieri in te era quello che la gente ti ha sempre detto che E il mondo. Capisci, da quando siamo nati la gente ci dice semDreche il mondo d cosi e cosl, e naturalmente non abbiamo altra sceltaihe vedere il mondo come la gente ci ha detto che i". Ci guardammo. "Ieri il mondo d diventato come gli stregoni ti dicono che E", riprese don Juan. "In quel mondo i coyote parlano, e anche i cervi, come ti ho detto una volta, e anche i serpenti a sonagli, gli alberi e tutti gli altri esseri viventi. Ma quello che voglio che tu impari b aedere.Forse ora sai che si aede solo quando ci si insinua ra i mondi, il mondo della gente comune e il mondo degli stregoni. Ora sei giusto in mezzo ai due mondi. Ieri hai creduto che il coyote ti avesseparlato; qualsiasi stregone che non uede credercbbeIa stessacosa, ma uno che aede sa che credere questo vuol dire essereinchiodati nel regno degli stregoni. Per la stessatagione, non credere che i coyote parlino significa essereinchiodati nel regno degli uomini comuni". "Don Juan, volete dire che n6 il mondo degli uomini comuni n6 quello degli stregoni b reale?". "Sono mondi reali, potrebbero agire su di te. Per esempio, avresti potuto chiedere al coyote tutto quello che volevi e lui sarebbe stato costretto a risponderti. Il solo lato negativo d che i coyote non sono attendibili, sono degli imbroglioni. E tuo destino non avere un animale compagno che sia attendibile". Don Juan spiegb che il coyote sarebbe stato mio compagno per la vita e che nel mondo degli stregoni avere per amico un coyote non era una condizione desiderabile.Disse che oer me I'ideale sarebbestato Darlare con un serpente a sonagli, perch6 quegli animali erano compagni stupendi. "Se fossi in te", aggiunse, "non mi fiderei mai di un coyote. Ma tu sei diffelente e potresti anche diventare uno stregone coyote".

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"Cos'B uno stregonecoyote?'. "Uno che ottiene un saccodi cose dai suoi fratelli coyote". Volevo continuare a far domande ma don Juan mi interruppe con un gesto. "Hai visto le linee del mondo", disse. "Hai visto un essere luminoso. Ormai sei quasi pronto per incontrare I'alleato. Naturalmente sai che I'uomo che hai visto nei cespugli era I'alleato, hai sentito il suo rombo come quello di un aeroplano a reazione. Ti aspettera al margine di una pianura, una pianura dove ti condurrd io stesso". Rimanemmo a lungo in silenzio. Don Juan teneva le mani incrociate sullo stomaco, muovendo i pollici quasi impercettibilmente. "Anche Genaro dovri venire con noi in quella valle", disse a un tratto. "E lui che ti ha aiutato a fermare il tnondo". Mi guardb con occhi penetranti. "Voglio dirti ancora una cosa", disse scoppiandoa ridere. "Ora non importa veramente. L'altro giorno Genaro non ha mai spostato la tua macchinadal mondo degli uomini comuni, ti ha semplicementecostretto a guardare il mondo come lo guardano gli stregoni e la tua macchina non era in quel mondo. Genaro ha voluto ammorbidire 7a tua certezza. Il suo comportamento grottesco ha detto al tuo corpo che cercare di capire tutto B assurdo.E quando ha fatto volare il suo aquilone tu hai quasi visto. Hai trovato la macchina ed eri in tutti e due i mondi. La ragione per cui ci siamo fatti quasi scoppiare le budella dalle risate b che tu credevi veramente di riportarci indiero in macchina dal posto in cui pensavi di averla trovata". "Ma come ha fatto don Genaro a costringermi a vedere il mondo come 1o vedono gli stregoni?". " Io ero con lui, tutti e due conosciamo quel mondo. Quando si conosce quel mondo, per evocarlo basta usare quel secondo anello di potere che hanno gli sregoni, come ti ho detto. Genaro lo pud fare con la stessa faciliti con cui schiocca le dita. Ti ha tenuto occupato rivoltando sassi per distrarre i tuoi pensieri e permettere al tuo corpo di oedere". Dissi che gli awenimenti degli ultimi tre giorni avevano arrecato un danno ineparabile alla mia idea del mondo. Dissi che nei dieci anni in cui ero stato con lui non mi ero mai sentito cosi agitato, nemmeno quando avevo ingerito le piante psicotrope. "Le piante di potere sono solo un aiuto", disse don Juan. "L'importante B quando il corpo si re_ndeconto di poter uedere. Solo allora si pub sapere che il mondo che guardiamo tutti i giorni b solo una descrizione.Era mia intenzione mostrartelo, purtroppo ti resta pochissimo tempo prima che I'alleato ti affronti".


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"L'alleato mi deve afirontare?". "Non c'd modo di evitarlo. Pet t',ederebisogna imparate a guardare il mondo come lo guardano gli stregoni e percib si deve evocare I'alleato, e quando lo si b evocato I'alleato affiva" . ,,i\on'avreste potuto insegnarmi a uedere senza evocare l'alleato?". a guardare il mondo in un altro "No. Peruedire bisognai-p^t"t. modo. e il solo alro modo che conosco d quello dello stregone"'

20 Viaggio a Ixtlan Don Genaro ritornd verso mezzogiorno e per suggerimento di don Juan ce ne andammo tutti e tre in macchina alla catena di montagne dove ero stato il giorno prima. Facemmo a piedi lo stesso sentiero che avevo preso io, ma invece di fermarci sull'altipiano raggiungemmo la cima della bassa catena di montagne, poi incominciammo a scenderein una valle pianeggiante. Ci fermammo a tiposare su un'alta collina. Don Genaro scelse il posto. Mi misi a sedere automaticamente, come avevo sempre fatto in loro compagnia, con don Juan a destra e don Genaro a sinistra, formando un triangolo. La boscaglia del deserto aveva acquistato una meravigliosa lucentezza umida. Era diventata di un verde brillante dopo un breve acquazzone primaverile. "Adesso Genaro ti insegner) qualcosa", mi disse tutto a un tratto don Juan. "Ti racconterd la storia del suo primo inconfto col suo alleato. Non ts vero, Genaro?". Nella voce di don Tuan c'era un tono di esortazione.Don Genaro -le labbra fino a far prendere alla sua bocca la mi guardb e conrasse forma di un buco rotondo, arrotold la lingua contro il palato e aprl e chiuse spasmodicamenteIa bocca. Don Juan lo guardd e'scoppib a ridere rumorosamente.fo non sapevo cosa pensare, "Che fa?", chiesi a don Juan. "E una gallina", rispose. "Una gallina?". "Guarda, guardagli la bocca, b il culo della gallina e sta per fare I'uovo". Gli spasmi della bocca di don Genaro sembrarono aumentare, negli occhi aveva uno sguardo strano, folle. La bocca gli si apriva come se gli spasmi dilatasseroil buco rotondo. Emise un suono gracchiantecon


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la gola, incrocib le braccia sul petto con le mani piegate in dentro e poi sputb senza cerimonie un po' di catarro. "Porca miseria! Non era un uovo", disse con un'espressionepreoccuData sul volto. La oosizione e I'esoressionedi don Genaro erano cosl ridicole che non poiei fare a meno di ridere. "Ora che Genaro ha quasi fatto I'uovo forse ti racconteri del suo primo incontro con I'alleafo", insist6 don Juan. "Forse", rispose don Genaro senzainteresse. Lo supplicai di raccontare. Don Genaro si alzb in piedi, si stirb le braccia e la schienae le sue ossa scricchiolarono.Poi si rimise a sedere. "Ero giovane quando ho aflrontato per la prima volta il mio alleato", disse alla fine. "Ricordo che era presto nel pomeriggio. Ero nei campi dall'alba e stavo tornando a casa.A un ratto I'alleato usci da dietro un cespuglio e mi sbarrd la strada, mi era stato ad aspettare e mi invitava a lottare con lui. Mi preparai a voltargli le spalle per andarmene, ma mi venne in mente che ero abbastanzaforte per affrontado, perb avevo paura; un brivido mi corse per la spina dbrsale e il collo mi diventd rigido come vn pezzo di legno. A proposito, questo d sempre il segno che sei pronto, voglio dire, quando ti si indurisce il collo". Si sbottonb la camicia e mi mosrb la schiena.Irrigidl i muscoli del collo. del dorso e delle braccia. Notai la sua superba muscolatura. Era come se il ricordo dell'incontro avesse risvesliato tutti i muscoli del suo tofso. "In una simile situazione", continub, "devi sempre chiudere la bocca". Si volse a don Juan e disse: "Non E cosi?". "S1", rispose calmo don Juan. "La scossadello scontro con I'alleato E cosi forte che ci si porebbe staccarela lingua con un morso o farsi saltare i denti. Il corpo deve esserediritto e ben saldo e i piedi devono afierrare il terreno". Don Genaro si alzd in piedi e mi mostrb la posizione giusta: il corpo leggermente flesso alle ginocchia e le mani penzoloni ai fianchi con le dita appena ripiegate. Sembrava rilassato e tuttavia ben saldo sul terreno. Rimase in quella posizione per un istante, e quando pensai che stesseper mettersi a sedere guizzisimprowisamente in avanti con un salto stupendo, come se avesseavuto delle molle attaccateai talloni. Il suo movimento fu cosi improvviso che ricaddi sulla schiena,ma mentre cadevo ebbi la chiara impressione che don Genaro avesseafienato un uomo, o qualcosa con Ia forma di un uomo.

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Mi titirai su a sedere.Don Genaro conservavaancora una tremenda tensione in tutto il corpo, poi rilassb bruscamentei muscoli e si rimise seduto al suo posto. "Carlos ha appena uisto il tuo alleato, proprio ora", osservb don Juan in tono indifierente,'ma b ancora debole ed d caduto". "Davvero?", mi chiese don Genaro con aria insenua dilatando le narici. Don Juan lo assicurbche I'avevo visto. Don Genaro balzd ancora in avanti con una tale fotza che io caddi sul fianco. Aveva eseguito il suo salto cosl rapidamenteche non riuscivo davvero a capire come avesse fatto a balzari in piedi a quel modo da seduto per proiettarsi in avanti. _ Scoppiarono tutti e due a ridere rumorosamente e quindi don Genaro cambib la sua risata in un ululato indistinguibile da quello di un coyote. "Non pensare che per affrontare il tuo alleato dovrai balzare bene come Genaro", mi disse don Tuan in tono di avvertimento. "Genaro salta cosi bene perchd ha il sub alleato che lo aiuta. Tutto quello che devi fare b restare ben saldo sul terreno per sostenereI'urto. Devi stare in piedi proprio nella posizione in cui era Genaro prima di saltare, poi devi balzare in avanti e afierare I'alleato". "Prima deve baciare il suo medaglione", interloqul don Genaro. Don Juan, con finta severita, disse che non avevo medaglioni. "E i suoi taccuini?", insist6 don Genaro. "Deve fare qualcosa dei suoi taccuini; li deve posare da qualche parte prima di saltare, altrimenti potrebbe usarli per picchiare I'alleato". "Accidenti!", esclambdon Juan in tono di sorpresaapparentemente genuino. "Non ci avevo mai pensato. Scommetto che sarebbela prima volta che un alleato b buttato a teffa con un taccuino". Quando le risate di don Juan e I'ululato da coyote di don Genaro si placarono eravamo tutti di ottimo umore. "Che b successoquando avete afferrato il vostro alleato, don Genaro?". chiesi. "E stata una scossamolto forte", disse don Genaro dopo un momento di esitazione. Sembrava che avesse esitato per dare ordine ai suoi pensieri. "Non avevo mai immaginato che sarebbe stata una cosa simile", prosegul. "E stato qualcosa,qualcosa,qualcosa...che non riesco a dire. Dopo che l'ho afierrato abbiamo incominciato a girare. L'alleato mi ha fatto roteare, ma io non I'ho lasciato andare. Abbiamo girato per l'aria con una tale velociti efotza che non riuscivo pii a vedere niente, tutto era offuscato. Abbiamo continuato a girare ancora, ancora, an-


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cora. A un tratro ho sentito che ero di nuovo coi piedi per terra. Mi -di sono guardato: I'alleato non mi aveva ucciso, ero tutto un pezzo, ero me stesso! Allora ho saputo che ero riuscito, finalmente avevo un alleato. Mi sono messo a saltare per la feliciti. Che sensazione!Che sensazione era quella! "Poi ho guardato in giro per sapere dove ero. I dintorni mi erano sconosciuti.Pensai che I'alleato mi avessetrasportato per aria e lasciato cadere moltb lontano da dove avevamo incominciito a gbare. Mi orienta_i,pensai che la mia casa dovesse esserea est, percid-mi avviai in quella direzione. Era ancora presto, I'incontro con i'alleato non era stato troppo lungo. Quasi subito trovai un sentiero e vidi un gruDoo di uomini e donne venire verso di me. Erano indiani. r,enr.i .ire fo.sero indiani mazatec. Mi circondarono e mi chieseio' dove andavo. 'Torno a casa a fxtlan', risposi. 'Ti sei perduto?', chiese uno. ,Si', risposi,'perch6?'.'Perchd Ixtlan non d da quella parte, E nella direzione opposta.ci andiamo anche noi', disse un altro.'vieni con noi!', dissero tutti. 'Abbiamo del cibo!"'. Don Genaro si interruppe e mi guardd come se aspertasseuna mia domanda. "E allor a, c he d s u c c e s s o ? "c,h i e s i .,,s i e tea n d ato con l oro?" . "No, non c i s ono a n d a to " , ri s p o s e .,,P g rc h 6n o n erano real i . L' ho saplto nell'istante in cui mi sono ventrti incontro. Nella loro voce, nel loro atteggiamentoamichevole,c'era qualcosache li tradiva, specialmente quando mi hanno offerto di andare con loro. percid sono fuggito_.Mi hanno chiamato e supplicato di tornare. Le loro invocazioni diventavano ossessionanti,ma continuai a fuggire,'. "Chi er ano?" , c hi e s i . .,Tranne che non erano ,"Gente", rispose seccamentedon Genaro. reali". "Erano come apparizioni", spiegd don Juan, ,.come fantasmi". "^Dopo aver camminatoper un po"', riprese don Genaro, .,acquistai . pii fiducia. Sapevoche Ixilan era'nella mia direzione. E quinJl vidi due uomini venire verso di me per il sentiero,anche loro sembravano indiani mazatec.Avevano un asino carico di iegna da ardere. M"nt." mi passaronoaccanto borbottarono ,Buon pomEriggio'. 'Buon pomeriggio', risposi continuando , caLminare. Non mi , " tecero caso e se ne andarono \a.loro strada. Rallentai il passo e _per_ mi girai casualmentea guardarli. si allontanavanosenzacurarsi di me, sembravanoreali. Li rincorsi urlando: 'Aspettate! Aspettatc'! '. "Trattennero I'asino e si fermarono ai due lati deli'animale,come per proteggere il carico. " 'tr{i sono perduto in qtrestemontaqne,,dissi loro. ,Da che parte

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d Ixtlan?'. Indicarono nella loro direzione. 'Sei molto distante', disse uno di loro. 'E dall'altra parte di queste montagne. Ti ci vorranno quattro o cinque giorni per arrivarci'. Poi si voltatono e ripresero a camminare. Sentii che erano indiani veri e li pregai di lasciarmi andare con loro. "Camminammo insieme per un po' e quindi uno di loro prese il fagotto del cibo e me ne ofiri. Rimasi impietrito. Nel modo in cui mi avevano offerto il cibo c'era qualcosa di terribilmente strano. Il mio corpo si era spaventato, percib balzai indietro e incominciai a fuggire. I due mi dissero che se non andavo con loro sarei morto sulle montagne e cercarono di esoriarmi a'seguirli. Anche le loro suppliche erano molto assillanti, ma fuggii cbn tutte le mie forze. "Continuai a camminare. Sapevo di essere nella direzione giusta per Ixtlan e che quei fantasmi cercavanodi attirarmi fuori della mia strada. "Ne incontrai otto; dovevano aver saputo che la mia determinazione era incrollabile. Restavhno sul fianco della strada e mi guardavano con occhi imploranti. Molti di loro non dicevano una parola; le loro donne, invece, erano pii audaci e mi supplicavano. Alcuni mostrarono anche del cibo e altre mercanzie che presumibilmente avrebbero dovuto vendere, come innocui mercanti sul margine della strada. Non mi fermai e non li guardai. "Nel tardo pomeriggio arrivai a una valle che mi sembrd di riconoscere, aveva qualcosa di familiare. Pensai di esserci gi) stato, ma se era cosl ero davvero a sud di Ixtlan. Incominciai a cercare dei segni per orientarmi e correggerela mia direzione quando vidi un rag zzetto indiano che pascolavale capre. Aveva forse sette anni ed era vestito come me alla sua etd, anzi mi ricordava me stessoquando pascolavole due capre di mio padre. "Lo osservaiper un po'; il ragazzettoparlava da solo, proprio come facevo io, poi parld alle capre. Da quel che sapevo suile capre capivo che era veramente bravo: era preciso e attento, non viziava Ie sue capre ma non era nemmeno crudele. "Decisi di chiamarlo. Quando gli parlai a voce alta balzd in piedi, scappd su un ciglione e mi guardb da dietro alle rocce. Sembravapronto a fuggire disperatamente. Mi piacque, sembrava spaventato e tuttavia trovava ancora il tempo di radunare le sue capre lontano dalla mia vista. "Gli parlai a lungo; dissi che mi ero perduto e non sapevola strada per Ixtlan. Gli chiesi il nome di quella localiti e rispose che era quella che pensavo. Questo mi fece molto felice, capii che non eto pii per' duto e meditai strlla forza che aveva dovuto avere il mio alleato pet


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24O Viaggioa Ixtlan trasportare tutto il mio corpo cosl lontano in meno di un batter d'occhio. "Ringraziai il rugazzettoe incominciai ad allontanarmi. Il rugazzo uscl dal suo nascondiglio e radunb le capre in un sentiero quasi invisibile. Il sentiero sembravacondurre gir) nella valle. Chiamai il rugazzo che non fuggi. Mi avviai verso di lui ma quando gli arrivai molto vicino saltb nei cespugli. Lo elogiai per la sua cautela e incominciai a interrogarlo. "'Dove porta questo sentiero?',chiesi.'Giil', rispose.'Dove vivi?'. s ono mo l te c a s e l a g g i i l ? ' .' N o , s ol o una' .' D ove sono l e 'L aggii' . ' Ci 'I1 altre case?'. ragazzoindicd I'altro lato della valle con indifferenza, come fanno i rugazzi della sua eti. Poi si incamminb giil per il sentiero con le sue capre, "'Aspetta', gli dissi. 'Sono molto stanco e ho fame, portami dai tuoi'. "'Non ho nessuno', rispose, e le sue parole mi fecero sobbalzare. Non so perch6, ma la sua voce mi fece esitare. Il ragazzetto, notando la mia esitazione, si fermb e mi parld. 'In casa mia non c'b nessuno', disse. 'Mio zio E andato via e sua moglie b nei campi. C'b molto cibo, moltissimo. Vieni con me'. "Mi sentii quasi triste, anche il mgaz.zettoera un fantasma. I1 tono della voce e la sua premura l'avevano tradito. I fantasmi erano l) intorno pef prendermi ma io non avevo paura. Ero ancora intorpidito dall'incontro con I'alleato. Volevo arrabbiarmi con I'alleato o coi fantasmi, ma non so come nbn mi riusciva di andare in collera come al solito, percib rinunciai. Allora volli sentirmi triste, perchâ‚Ź il rugazzetto mi era piaciuto, ma non ci riuscii, percib rinunciai anche a quello. "fmprowisamente mi resi conto che avevo un alleato e i fantasmi non potevano farmi nulla. Seguii il ngazzetto git per il sentiero. Altri fantasmi stavano in agguato e cercarono di farmi cadere nei precipizi, ma la mia volonti era pit forte di loro. Dovevano averlo sentito, perchâ‚Ź smisero di molestarmi. Dopo un po' si limitarono a piazzarsi sul mio sentiero; di quando in quando qualcuno di loro balzava verso di me, ma lo fermavo con la mia volont). E allora smisero completamente di infastidirmi". Don Genato rimase a lungo in silenzio. Don Juan mi guardb. "Che b successopoi, don Genaro?", chiesi. "Ho continuato a camminare', dichiarb. Sembrava che avesseterminato la sua storia, che non ci fosse pit nulla da aggiungere.

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Gli chiesi perch6 il fatto che gli ofirissero cibo gli aveva fatto capire che si trattava di fantasmi. Non rispose. Lo intertogai ulteriormente chiedendo se era costume degli indiani mazatecnegare di avere cibo, o interessarsipesantemente di questioni di cibo. Disse che I'aveva capito dal tono delle voci, dalla loro premura nelI'attirarlo e dal modo in cui i fantasmi padavano del cibo; e che lo sapeva perchd il suo alleato lo aiutava. Afiermb che da solo non avrebbe mai notato quella particolariti. "Quei {antasmi erano alleati, don Genaro?", chiesi. "No. .Erano gente". "Gente? Ma se avete detto che erano fantasmi". "Ho detto che non erano piil reali. Dopo il mio incontro con I'alleato nulla era piil reale". Rimanemmo a lungo in silenzio. don Genaro?", "Qual d stato il risultato finale di quell'esperienza, domandai alla fine. " Risultato finale?". "Voglio dire, come e quando siete finalmente arrivato a Ixtlan?". Scoppiarono tutti e due a ridere contemporaneamente. "Cosl per te quello sarebbe il risultato finale", osservb don Juan. "Allora diciamo cosi: nel viaggio di Genaro non c'era nessun risultato finale, non ci sari mai nessun risultato finale, Genaro b ancora in viaggio per Ixtlan!". Don Genaro mi lancib uno sguardo penetrante e girb il capo per guardare in lontananza, verso sud. "Non arriverd mai a fxtlan", disse. La sua voce era ferma ma lieve, quasi un mormorio. "Eppure nei miei pensieri... nei miei pensieri qualche volta sento che mf manca solo un passo per arrivarci' Ma non ci arriverd mai. Nel mio viaggio non trovo nemmeno i segni familiari che sono abituato a riconoscere.Nulla b pii lo stesso". Don Juan e don Genaro si guardarono, nei loro occhi c'era qualcosa di triste. "Nel rnio viaggio a Ixtlan incontro solo fantasmi viaggiatori", disse don Genaro sottovoce. Guardai don Juan, non avevo capito quello che aveva voluto dire don Genaro. "Tutti coloro che Genaro incontra nel suo viaggio verso Ixtlan sono soltanto esseri efimeri", spiegb don Juan. "Tu, per esempio, tu sei un fantasma. I tuoi sentime;ti e la tua premura sono quelli della


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gente. Per questo Genaro dice che nel suo viaggio verso fxtlan incontra solo fantasmi viaggiatori". Improwisamente capii che il viaggio di don Genaro era una metaIora. "Allora il vostro viaggio a Ixtlan non b reale", dissi. "E reale!", interloqul don Genaro. "I viaggiatori non sono reali". Indicb don Juan con un cenno del capo e disse enfaticamente: "Lui E il solo che b reale. Il mondo b reale solo quando sono con lui". Don Juan sorrise. "Genaro ha raccontato Ia sua storia a te", disse, "perch6 ieri tu hai lernato il mondo, e perchd pensa anche che hai oisto, ma sei un tale sciocco che non lo sai nemmeno tu. Continuo a dirgli che sei strano e che presto o tardi aedrai. In ogni caso, nel tuo prossimo incontro, se per te ci sar) una secondavolta, dovrai lottare con I'alleato e domarlo. Se soprawivi alla scossa,e ne sono sicuro perchd sei forte e vivi come un guerriero, ti rittoverai vivo in un paese sconosciuto. Allora, come d naturale per tutti noi, la prima cosa che vorrai fare sar) prendere la via del ritorno a Los Angeles, ma non c'd via di ritorno a Los Angeles. Quello che hai lasciato l) E perduto pef sempre. Allora, naruralmente, sarai uno stregone, ma non avr) importanza; in un momento come quello I'importante per tutti noi E il fatto che tutto cib che amiamo, odiamo o desideriamob rimasto alle nostre spalle. Tuttavia i sentimenti di un uomo non muoiono nd cambiano, e lo stregone prende Ia via del ritorno sapendo che non arriverd mai,.sapendo che nessun potere sulla terra, nemmeno la sua morte, lo porteri al posto, alle cose, alle persone che amava. Questo ti ha detto Genaro". La spiegazione di don Juan fu come un catalizzatorc; l'intero peso della storia di don Genaro mi colpi all'improvviso quando incominciai a collegare Ia sua storia alla mia vita. "E le persone che amo?", chiesi a don Juan. "Che accadrebbedi l o ro ?" . "Saranno tutte lasciate alle tue spalle", rispose. "Ma non c'b un modo per ritrovarle? Potrei recuperarle e portarle con me?". "No. Il tuo alleato gireri con te, con te soltanto, in mondi sconosciuti". "Y" potrei tornare a Los Angeles, non B vero? Potrei prender -. l'autobus o l'aeroplano e andarci. Los Angeles sarebbe ancora ll, non b vero? ". 'Sicuro", rispose don Juan ddendo. "E anche Manteca e Temecula e Tucson". "E Tecate", aggiunse don Genaro con grande seriet).

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"E Piedras Negras e Tranquitas", disse don Juan sorridendo. Genaro aggiunse altri nomi e cosl fece don Juan, e turti e due . 9or si misero a enumerare una serie di nomi di citti e cittadine tra i pii ridicoli e incredibili. "Quando girelai con l'alleato cambierai la tua idea del mondo", disse don Juan. "Quell'idea d tutto, e quando cambia,il mondo stesso cambia". Mi ricordd che una volta gli avevo letto una poesia e volle che gliela recitassi. Me ne accennb qualche parola e subito ricordai di avergli letto alcune poesie di Juan Ramon Jimenez. Quella che intendeva-in particol3re don Juan si intitolava El Viaie Definitiuo (Il viaggio de6nitivo). La recitai. ... e me ne andrb. Ma gli uccelli rimarranno, cantando: e il mio giardino rimarri, col suo albero verde, col suo pozzo d'acqua. Molti pomeriggi i cieli saranno azzurri e placidi, e le campane sul campanile rintoccheranno come rintoccano questo pomeriggio. Le persone che mi hanno amato moriranno, e ogni anno la citti si rinnover). Ma il mio spirito vagheri sempre nostalgico nello stesso recondito angolo del mio giardino fiorito. ,'per _ "E questo il sentimento di cui parla Genaro", disse don Juan. diventare uno stregone un uomo deve essere appassionato.-Un uomo appassionato ha sulla terra cose che gli appartengono e cose che gli sono care, se non altro il sentiero che percorre. "Nella sua storia Genaro ti ha detto precisamentequesto. Genaro ha lasciato la sua passionea Ixtlan: la sua casa, la sua gente, tutte le cose a cui teneva. E ora vaga nei suoi sentimenti; e qualche volta, come ha detto, quasi arriva a Ixtlan. Tutti noi l'abbiamb in comune: per Genaro E Ixtlan, per te sar) Los Angeles, per me...". Non volevo che don Juan mi dicessedi se stessoe lui si intemuppe come se mi avesseletto nel oensiero. Don Genaro singhiozzb e parafrasd i primi versi della poesia. "Sono andato via. E gli uccelli sono rimasti, cantando". Per un istante sentii un'indescrivibile ondata di agonia e solitudine awolgerci tutti e tre. Guardai don Genaro e seppi che, essendo un uomo appassionato,doveva aver avuto nel suo cuore tanti legami, tante cose a cui teneva e che aveva abbandonato. Ebbi la chian sensazione


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che in quel momento la forza della sua rievocazione stesseper franare e don Genaro fosse li li per scoppiare in lacrime. Distolsi gli occhi in fretta. La passionedi don Genaro, la sui suprema solitudine, mi facevanopiangere. Guardai don Juan, mi fissava. "si pud sopravvivere sul sentiero della conoscenzasolo vivendo g-ome.-ynguerriero", disse. "Perchâ‚Ź l'arte del guerriero consiste nel_ I'equilibrare il terrore dell'esser uomo con la" meravislia dell'esser uomo " . Li guardai fisso tutti e due, uno alla volta. I loro occhi erano limpidi e calmi. Avevano evocaro una marea di nostalgia opprimenre, e quando sembrava che fosserostrl punto di scoppiare"in laciime appassionate ne avevano rattenuto I'ondata. per un irirnt. pensai di aiiere. vidi Ia solitudine dell'uomo come un'onda gigantesca pietrificata <Ji fronte a me, trattenuta dal muro iresistibile Ji"una rn"tuforr. La mia ftistezza era cosi prepotente che mi sentii euforico, li abbracciai. Don Genaro sorrise e si alzb in piedi. Anche don Juan si alzb e mi posb delicatamentela mano sulla sp;ila. . "Ti lasciamo-qui", disse. "Fai quello che pensi sia giusto. L'alleato ti aspetter) al limite di quella pianura". Indicd una buia valle in loniananza. "Ma se non senti che b la tua ora, non andare all'appuntamento,,, continub. "Non si guadagnanulla forzando le cose. Se vuoi sopravvjvere_devi esserelimpido come il cristallo e mortalmente sicuro ii te". Don Ju_ansi allontand senzaguardarmi, ma don Genaro si voltb un paio di volte e ammiccando e riuovendo il capo mi inlita ,d und"r. avanti. Li guardai finch6 scomparveroin lontananza,poi mi awiai verso la macchina, misi in moto e me ne andai. Sapevo ih. non era ancora Ia mia ora.

INDICE

Introduzione

pag.

Pnr^aa Prnre Fermare il mondo l. Conferme dal mondo intorno a noi 2. Cancellazione della storia personale l. Perdita della presunzione 4. La morte i un consigliere 5. Assumersi la responsabiliti 6. Diventare un cacciatore 7. Essere inaccessibile : 8. Infrangere Ie abirudini della vita 9. L'ultima battaglia sulla terra 10. Diventare accessibile al potere 11. Lo stato d'animo del guerriero 12. Una battaglia di potere lJ. L'ultima danza del guerriero 14. L'andatura del potere 15. Non-fare 16. L'anello di porere 17. Un ilegno avversaflo

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t34 148 170 186 198

Spconoa PlnrE Viaggio a lxtlan 18. L'anello di porere dello stregone 19. Fermare il mondo 20. Viaggio a Ixtlan

>> 211 ,> 226 >> 235

Finito di stamparenel mesedi novembre 1973 dalla Milanostampa - Farigliano (CN) per conto della Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma


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