Io come Artista 11

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numero 11

www.iocome.it

Maria Pia Luly Jones L’arte precisa dei fiori dall’anima romantica

Mario Chiarella

Gusto e sensibilità Haute Couture

Carlo Ciraudo & Max Majola Incontro tra due creativi

Galaxy Science-Fiction

In copertina foto di Carlo Ciraudo & Max Majola Anno 1 N.11 Dicembre 2011 - Periodico quindicinale - Editore e Proprietario: eBookservice srl C.F./P.I. : 07193470965-REA: MI-1942227. Iscr. Tribunale di Milano n. 324 del 10.6.2011.


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sommario numero

Maria Pia Luly Jones

L’arte precisa dei fiori dall’anima romantica Artista pag. 10

MARCH DIVISION Intervistando

pag. 26

Carlo Ciraudo & Max Majola

Museo archeologico (Mi)

Mutrire il corpo e lo spirito. Il significato simbolico del cibo nel mondo antico

pag. 42

Galaxy Science-Fiction

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Gusto e sensibilità Haute Couture Designer

pag. 48

The Waves

Incontro tra due creativi Fotografi pag. 30

Season’s Greetings to our Readers di Giorgio Ginelli

foto di Carlo Ciraudo & Max Majola

Mario Chiarella

Boudoir

di Indira Fassioni

in copertina

pag. 44

Rapporto di un nottambulo milanese. di Dina Nerino

pag. 60

Le civette

Artemisia di Nadia Ginelli

pag. 64

Nè in cielo Nè in terra di Gabriele de Risi Conosce David MacDowell?

pag. 68


Questo editoriale lo voglio dedicare interamente alla mia amica Elisabetta e al padre di Federico, entrambi assolutamente galvanizzati da un oggetto che trovo davvero... terribile: le boule de neige o meglio quegli oggetti che devo portare da ogni viaggio e che vengono comunemente descritte come sfere di vetro con all’interno un monumento, un personaggio e, addirittura storie, acqua e brillantini o finta neve. Dopo aver conseguito un esame di semiotica sul concetti di trash, pulp e kitsch descritti da Umberto Eco, ne ho capito la collocazione ma non il significato e perché alcune persone ne vanno matte. Per Umberto Eco, il concetto di kitsch consiste proprio nel collocare, al di fuori dell’ambito semantico, una parola, una cosa, un’immagine: per esempio le donne di Campigli stampate su un copridivano o una riproduzione di un quadro del Louvre nella mia camera da letto. Così il duomo di Milano eternamente esposto alle intemperie invernali e collocato sul tavolino di qualche famiglia borghese o sulla faccia di qualche politico è sicuramente Kitsch!!! Come l’espressione di meraviglia di Elisabetta nello scoprire la Moschea Blu di Istanbul o le piramidi d’Egitto, l’espressione di meraviglia è venuta a me nello scoprire che il padre di Federico ha speso più di due milioni del vecchio conio da Sotheby’s per aggiudicarsene una. Che un oggetto trash possa diventare oggetto da collezione o di studio ne ero certo, visto i vari cimeli di personaggi famosi sparsi per il mondo, ma che si arrivasse a tanto, davvero no. Che sia il desiderio di possedere in eterno un pezzo di mondo? Di immortalare una storia e tenersela solo per sé? O semplicemente la necessità di legare un ricordo a un oggetto buffo per sentirsi meno soli…? A voi l’ardua sentenza. GmG

giacomo momo gallina

editoriale

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Maria Pia Luly Jones al lavoro


Artista

Maria Pia Luly Jones

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Bryonia cretica, 2001

Sono nata il mattino del 24 dicembre 1954. La sera prima che io nascessi, mia madre a cena esagerò un po’ con la polenta e non disse di no a qualche bicchierino di buon lambrusco. Così, appena arrivarono le prime doglie, pensò: «Devo aver esagerato con la polenta e la prossima volta non mi rifarò più tentare dal lambrusco.» Soleva raccontarmi spesso questa storia quando ero piccola. Mi diceva che ero stata il più bel regalo di natale della sua vita. Io fui l’ultima nata, i miei due fratelli erano molto più grandi di me. Insomma, avrete capito: sono il risultato di un piccolo “errore” di mio padre! Sono stata comunque una bimba molto coccolata. Mia madre e gli stessi miei due fratelli mi vezzeggiavano dal mattino alla sera. Ero molto vivace e l’unico modo per farmi stare un po’ tranquilla era quello di darmi matite, carta e pennello. Dal momento che avevo tutto ciò potevano rilassassi e continuare le loro attività. Credo di aver passato pomeriggi interi a disegnare, inven12


Muscari e primule, 2011 ... piantine tenere. mi danno subito allegria ... sweet little plants, they make me immediately cheerful

Artista

Maria Pia Luly Jones tavo storie. Su quei fogli di carta disegnavo intere famiglie e vestivo e rivestivo quei personaggi a cominciare dal mattino. Così creavo famiglie in pigiama, poi con abiti da passeggio, da sera e nuovamente pronti per andare a fare la nanna. Arrivarono gli anni delle elementari, quando ebbi il primo grande shock della mia vita: me ne ricordo benissimo, avevo visto il disegno del cielo che aveva fatto la mia compagna di banco, una bellissima bambina dai capelli lunghi e, beata lei, lisci come fili di seta nera. Per dare a questo cielo un effetto etero passò l’indice sul colore azzurro steso a matita. Non l’avevo mai visto fare prima di lei! Così il mattino dopo tornai a scuola con un mio disegno fatto provando quella tecnica. Lo mostrai con orgoglio alla maestra, la quale osservandolo mi disse con aria schifata: «Ehh Luly, si vede proprio che sei negata per il disegno!» Non vi dico con quale spirito ritornai al mio banco! Raccontai poi l’accaduto a mia madre, troppo occupata per dar retta al mio disappunto. Ricordo che mi consolai con un bel pezzo di pane e cioccolato, un rime-

dio infallibile ancora adesso! Passarono tutti gli anni delle medie, dove in educazione artistica ero la migliore e al momento della valutazione dei professori tutti concordarono di consigliare il proseguimento alle superiori, al liceo artistico. Ebbi un momento di puro panico quando mio fratello Claudio, più grande di me di dieci anni disse: «Assolutamente no! Lei farà ragioneria, come me.» Mentre l’altro fratello, il più grande, detto “fratellone” non si occupava di queste cose, troppo preso dal gentil sesso. Ero veramente molto preoccupata e dissi a mia madre: «Ti prego mamma, ragioneria no. Andrei subito in prigione. Come ragioniere sarei una frana. Non so fare due più due.» Così fu che mia madre prese la benedetta decisione di mandarmi al liceo artistico. Decisione coraggiosa per quei tempi. Verso la fine degli anni sessanta, infatti, l’artistico era un po’, come dire, “eccentrico”. Mia madre si fece promettere da me un comportamento ineccepibile; a me non costo nulla, felice com ero dello scampato pericolo! Fu l’inizio di una bellissima avventura che continua ancora oggi! • 13


Ipomea, 2010 ... fra i miei fiori preferiti ... .they are amongst my favourite flowers

I was born on 24 december 1954, in the morning. The evening before, at dinner, my mother had a bit too much “polenta” and she didn’t say no to a few glasses of good lambrusco wine. So, once the first labour pains arrived, she thought: «I must have been eating too much polenta last night, and next time i won’t get myself tempted by the wine.» She used to tell me this story often, when i was a little girl. She would add that i had been the most beautiful Christmas present in her life! I was the youngest of three children. My two brothers were much older than me. Anyway, as you can immagine, i am the result of a “little mistake” done by my father! Nevertheless, i have been a very much loved baby. My parents and my two brothers were cuddling me all the while. I was very lively and the only way to keep me quiet was to give me pencils, paper and brush to paint. As soon as i had all these things they could finally relax or carry on with what they were doing. I believe i have spent entire afterno-


Myrtus communis, 2001 ... fiore gentile ...romantico ... a kind,romantic flower

Artista

Maria Pia Luly Jones ons painting, making up stories… on those sheets of paper i was drawing entire families in different clothes, so i used to draw people in their pyjama, then in afternoon clothes, in beautiful evening wear and, once again, back in their bed time things. Then primary school time arrived. This is when i had the first shock of my life: i still remember it very well. I had seen the drawing of the sky done by my schoolmate, a beautiful girl with long and, lucky for her, hair as straight as black silk thread . To give her sky an ethereal effect, she had rubbed with her fingertip the blue ocular previously laid with the pencil. I had never seen this “technique” before! So, the morning after, i went to school with a drawing i made in the same technique. I showed it very proudly to my teacher who, looking at it in a disgusted way, told me: «Ehh Luly, it’s so obvious that you Are hopeless in art! » I can’t tell you how sad i was going back to my desk! Afterward i told everything to my mum who was too busy to listen to my sorrow. I remember i comforted myself with a big piece of bread and chocolate… an infallible remedy even now. All the secondary school years went by seeing me as the best in art so, when the

teachers had to give my mum an evaluation, they all advise her to make me carry on my study doing the” liceo artistico”. I had a moment of total panic when my brother Claudio, ten years older than me, said: «No way! She is going to do accountancy, like me.» The other brother, the eldest, called “fratellone”, couldn’t care less, being too busy thinking about the gentle sex! I was really very worried so i told my mum: «Please mum, don’t make me do accountancy! I would go directly to prison! As an accountant i would be a disaster… I can’t make two plus two!» It was then that my mother took the wise decision to send me to the art school. A very brave decision for those days i must say! Infact, towards the end of the sixties, that kind of school was a little how to say “eccentric”. My mum made me promise a perfect behavior. I didn’t mind at all, being so relieved at the thought of the escaped danger! It was the beginning of a very beautiful adventure which is still going on even today! •


Tulipano Stresa, 2011 ... le sue foglie mi piacciono tantissimo ... i like the leaf of this tulip

Tulipano Sylvestris, 2009

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Artista

Maria Pia Luly Jones

Tulipano Johann Strauss, 2002 ... anche in questo caso sono state le sue foglie ad attrarmi. ... even here i Have been actracted by it’s leaf.

Tulipano Esperanto, 2002

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Artista

Maria Pia Luly Jones

Tulipano Attila, 2011 ... colore stupendo! ... beautiful colour!

Tulipano Happy Family, 2010

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Tulipano Showinner, 2002

Tulipano Humilis, 2009 ... mi piaceva il suo bulbo ... i found its bulb very interesting

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Artista

Maria Pia Luly Jones Dracunculus Vulgaris, 2001 ... colore cosĂŹ ricco e drammatico! ... such a drammatic rich colour!

English Elegance, 2001 ... rosa stupenda! ... wonderful rose!

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Amarilli s, 2010 ... adoro i fiori rossi! ... i do adore red flowers!

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Artista

Maria Pia Luly Jones

Scutellaria Sieberi, 2001 ... le foglie mi avevano tanto colpito per colore e forma ... i got fashinatedby the colour and the shape of this plant

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Artista

Maria Pia Luly Jones 24


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Boudoir

Indira Fassioni


intervistando MARCH DIVISION

MARCH DIVISION è una rock band fondata nel tardo 2010 da Andy Vitali (voci, chitarre, synths) ed Emanuele Platania (batteria e percussioni), Garry Maruti (basso). Andy ed Ema dopo aver condiviso una precedente esperienza musicale, dopo aver suonato in giro per l’Italia, dopo aver coronato il sogno di suonare al Cavern Club di Liverpool e dopo aver registrato vari dischi autoprodotti, decidono di dare vita alla loro propria band, fedele alla tradizione brit rock con influenze psichedeliche, synth pop e folk. È prevista per il 20 gennaio 2012 l’uscita del primo album della band MARCH DIVISION, per l’etichetta My Place Records. 27


Parliamo con Andy Vitali… March Division: da dove nasce il nome e quando vi siete formati? Io ed Ema abbiamo suonato per anni insieme in una band. Nell’estete del 2010 abbiamo fatto un week end a Londra a trovare il nostro bassista e abbiamo deciso di formare una nuova band. In quel periodo passavo giorno e notte a scervellarmi per trovare un nome, volevamo un nome che nessun’altra band al mondo l’avesse. E March Division è venuto fuori completamente a caso, ci piaceva come suonava. Ognuno gli può dare il significato che crede, a noi ora piace vederci come una “divisione”, perché vogliamo andare avanti senza guardarci indietro. Come definireste il vostro sound? Facciamo un bit pop che si incontra con rock psichedelico. La matrice di molte canzoni a volte è più tendente al folk, ma con ritornelli molto più grossi quasi da arena rock. Per noi sono importanti le immagini che le canzoni possono evocare, il nostro disco 28

deve essere una sorta di pausa dal mondo reale, utile ascoltarlo quando si vuole staccare un attimo la spina ed alienarsi un poco. Il bit pop è morto? Perché portate avanti un sound di questo tipo pur essendo italiani? E chi lo ha detto che è morto? Anche il rock secondo molti doveva essere morto... Ok, non siamo più negli anni ‘90, difatti il nostro sound prende un po da tutti gli anni passati a partire dai ‘60 fino ai giorni nostri. Però ovvio: gli anni ‘90 si sentono maggiormente perché in quel periodo eravamo ragazzini e siamo stati influenzati parecchio. Fatto sta che c’è stato il revival anni ‘60 poi ‘70… poi c’è stata poco tempo fa tutta una corrente di band che riprendevano in mano gli anni ‘80, arriverà anche il revival anni ‘90… il rock è ciclico come la storia. Com’’è secondo voi il panorama italiano? Mah, ci sono molte realtà valide, soprattutto a livello indipendente però non c’è tanto spazio. Da un lato le discografiche più grosse rimangono troppo attaccate ai dinosauri e dall’altro


intervistando MARCH DIVISION

e perché così facendo ci abbiamo dedicato tutto il tempo che volevamo fino ad ottenere ciò che volevamo. Dato che non siamo gli U2 non potevamo permetterci di stare in studio tutto si è un po’ appiattito e spesso la gente per un anno intero. vuole solo il trash. In Italia mi piacerebbe se si arrivasse ad avere Il disco dove si potrà trovare e sentire? una cultura musicale come esiste in USA e UK Ci sono delle preview sul nostro sito www. dove la musica è vissuta in maniera diversa da marchdivision.com o su SoundCloud. noi. Qui troppo spesso la gente ascolta solo Il 20 gennaio il disco uscirà nei negozi in Italia quei quattro gruppi e le migliaia di cover band e in tutto il mondo su iTunes e altri stores didi quei quattro gruppi. C’è poca attenzione gitali. Il disco lo potete anche trovare ai nostri verso il nuovo. concerti, ed è già da ora acquistabile su richiesta direttamente dalla band in anteprima. Quali gruppi Italiani vi piacciono di più al Il 20 Gennaio ci sarà uno shoccasse di premomento? sentazione del disco al Barrio’s Cafè a Milano. Guarda secondo me un paio di gruppi major con le palle sono i Verdena e i Ministri. Avete fatto uscire da poco un video? Sì, il 21 Novembre è uscito il singolo promoAvete un disco in uscita per la My Place re- zionale “Another Story” supportato da un vicords. Come ci siete arrivati? deo clip girato da Ludovica De Feo, Riccardo Esatto, il 20 gennaio uscirà il nostro primo al- Casiccia e Tommaso Gialli e interpretato da bum “Radio Daydream”. L’album è prodotto Alberto Baraghini. Tra l’altro su SoundCloud il da noi stessi. brano è scaricabarile gratuitamente. Lo scorso marzo dopo i primi mesi di prove, dopo aver messo su il web site fatto da Quali sono i vostri progetti futuri? Emanuele, abbiamo stampato poche copie in Attualmente siamo impegnati nella promozioversione più o meno definitiva del disco con ne del disco, con il nuovo anno contiamo di una diversa copertina e abbiamo cominciato suonare un po in giro per la penisola e cerchea spedirlo per l’Italia intera. remo di evadere i confini nazionali. Dopo aver valutato diverse proposte abbia- Nel mentre stiamo già lavorando su diversi mo deciso di collaborare con la My Place nuovi brani. Records che ci supporta e ci pubblicherà il disco, distribuito da Venus e Toogeniusfreaks come ufficio stampa. Il disco dove è stato registrato? Il disco l’ho prodotto registrato e mixato io. A parte alcune batterie fatte in studio tutto il resto è stato fatto in diverse case con della strumentazione mobile. Abbiamo scelto di fare così perché mi piace registrare potendo vedere fuori dalla finestra 29


Carlo Ciraudo & Max Majola www.ciraudoandmajola.com

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L’incontro creativo di Carlo Ciraudo e Max Majola nasce a Milano nel 2005. Conducono da allora, con passione costante e attenta, parallelamente all’attività commerciale ed editoriale la loro personale ricerca sul rapporto che lega lo specifico fotografico alle forme di espressione visiva di più antica tradizione. Uno sguardo intenso e diretto verso le cose colte nella loro semplicità, lontano da una dimensione esclusivamente estetica. “Still Alive” è una galleria di immagini che racconta luoghi ed oggetti, nella loro semplicità attraverso la sospensione temporale. Tutte le fotografie sono realizzate con tecnica Polaroid Transfer: immagini trasferite manualmente su carta uso a mano, torchiate artigianalmente a rullo, e rifinite con interventi pittorici a mano libera.

The creative partnership between Carlo Ciraudo and Max Maiola took place in Milan in 2005. From then on they conducted, with constant and meticulous passion, and parallel with editorial and commercial activity, their personal research on the connection between the specific photographic and more traditional visual arts. An intense and direct look to simple things, far from a mere aesthetic dimension. “Still Alive” is a gallery of images that tells of places and objects, in their simplicity by temporal suspension. All the photographs are realized with Polaroid Transfer technique: images transferred by hand to handuse paper, handmade drum pressed, and finished off with free-hand pictorial touches. 31



Carlo Ciraudo & Max Majola


Carlo Ciraudo & Max Majola



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Carlo Ciraudo & Max Majola

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evento del ½ mese nazionale Nutrire il corpo e lo spirito Il significato simbolico del cibo nel mondo antico Dal 20 aprile 2011 il Museo Archeologico di Milano presenta un nuovo percorso espositivo dedicato al significato simbolico del cibo nel mondo antico, dal titolo Nutrire il corpo e lo spirito. L’evento è promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, dal Civico Museo Archeologico, in collaborazione con Palazzo Reale, ed è organizzato da Civita. Realizzato grazie ai generosi prestiti del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, di Metaponto e del Museo Archeologico Regionale di Siracusa, il percorso tematico è allestito nella cripta cinquecentesca della Chiesa di S. Maurizio Maggiore, all’interno degli spazi espositivi del Museo Archeologico. Se cibarsi è l’atto primario legato alla sopravvivenza, ed è segno tangibile per l’uomo della sua condizione mortale, non c’è da stupirsi che la scelta degli alimenti e le modalità del loro consumo rivestano in tutte le culture una forte valenza simbolica. Nell’antichità la consapevolezza della totale dipendenza della sopravvivenza umana dalla natura, madre e dispensatrice di ogni cibo, è alla base di un incredibile numero di riti sacri e cerimonie propiziatorie, tramite le quali evocare a sé il favore della natura “madre” di ogni alimento e contemporaneamente “lavare” la colpa per aver sottratto, falciato, raccolto i frutti della terra. Per l’uomo che anticamente osservava con estrema attenzione la natura e i suoi fenomeni, i cicli vitali delle piante e dei raccolti erano specchio e metafora della vita umana; il loro annuale rigenerarsi rappresentava il mistero e la speranza al tempo stesso di rinascita dopo la morte anche per l’uomo.

Data Inizio: 20 aprile 2011 Data Fine: 31 dicembre 2011 Costo: 5,00 euro Luogo: Milano, Museo Archeologico Orario: da martedì a domenica dalle ore 9.00 alle 17.30 | lunedì chiuso Telefono: 02 884.45208

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Galaxy Science-Fiction Season’s Greetings to our Readers Può essere la parodia un valore aggiunto al Natale? La sci-fi con i simboli del Natale poco ci azzecca. Le cover di magazine dagli anni trenta a oggi ritraggono di tutto: anzitutto mostri su mostri (squamosi, bavosi, lobati, sempre abominevoli…), ma anche vestigia di improbabili architetture, veicoli anacronistici e surreali, donne in pericolo. Tutto ciò che serve per generare angoscia. I magazine tradizionali legati a questo genere, non hanno mai riservato se non in rare accezioni, delle cover particolari in occasioni dell’uscita natalizia. Quando il Natale compare è sempre per parodia, come nel caso di Ed Emshwiller, uno degli illustratori americani più famosi che per quasi un decennio è stato l’appuntamento puntuale dei lettori americani di Galaxy Science Fiction, una delle riviste storicamente più legate al genere che dal 1950 al 1995 ha pubblicato romanzi e racconti delle firme più famose del panorama internazionale. Proprio Ed Emshwiller ha firmato – caso quasi unico nel panorama delle riviste di fantascienza – delle originali e irriverenti copertine dei numeri natalizi, accanto a quelle più “tradizionali” del resto degli altri mesi dell’anno. Cosa non usuale per la rivista fondata da 44



HL Gold, che forse più di ogni altra ha seguito i cambiamenti del genere sci-fi dalla fine della guerra, molto attenta a corredare con copertine tecnologiche e affascinanti. Unico altro esempio nel panorama Galaxy sarà solo un’altra cover firmata Frank Kelly Freas per il numero 259 del novembre/dicembre del 1994. Ma lì siamo quasi alla fine della parabola Galaxy e proprio in quegli anni la sci-fi si sta trasformando in un altra cosa…

Giorgio Ginelli

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Galaxy


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Designer

Mario Chiarella

Mario Chiarella è un giovane stilista di alta moda originario di Giovinazzo (classe 1980), un diploma con lode come Stilista di Moda presso l’Istituto Callegari di Bari e un curriculum di tutto rispetto. La sua prima esperienza lavorativa è presso l’azienda Bianco Sposa Vogue By Francesca Forni a Trani e dopo premi e riconoscimenti (come Riccione Moda Italia dove si classifica al primo posto nel settore abbigliamento e il concorso “The New Italian Fashion Designer” organizzato da Vogue e AIP, Associazione Italiana Pellicceria )passa direttamente a lavorare alla Maison Gattinoni come primo assistente di Guillermo Mariotto. Sebbene giovane non ha paura di buttarsi con indipendenza nel mondo della moda debuttando quest’anno per la prima volta a Milano con una collezione tutta sua di ispirazione cinematografica . I dieci capi oltre a essere disegnati sono stati anche realizzati dal giovane designer con la tecnica del moulage tutti rigorosamente a mano. Infatti, si ispirano a “”Il cigno nero”, il film diretto da Darren Aronofsky con protagonista Natalie Portman. Con il suo stile inequivocabilmente sartoriale riesce a rendere le donne incantevoli, avvolte da un’aurea quasi divina. È riuscito a riprodurre e ad applicare in questa collezione tutto il suo gusto e la sua sensibilità Haute Couture.

Mario Chiarella is a young fashion designer born in Giovinazzo (1980) graduated as a fashion designer at the Callegari institute of Bari, with a rich curriculum, began his first work experience at The White Bride Company By Francesca Forni. Wins the first place at Fashion in Riccione Italy. Then he won “The New Italian Fashion Designer’’ organized by Vogue and AIP (italian association fur), takes him directly to work at the Maison Gattinoni as first assistant to Guillermo Mariotto. Although young is not afraid to throw himself into the fashion world ,with his debut this year, for the first time in Milan with a collection of movie inspiration “The Black Swan”, the film directed by Darren Aronofsky starring Natalie Portman. The teen garments are designed and created by young fashion designer with the technique of moulage, all done manually. With its pure style tailoring can make women beautiful, wrapped in a divine light. He reproduce and apply in this collection all Haute Couture sensitivity.


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Dina Nerino The Waves

Rapporto di un nottambulo milanese

Ore 4:30. La brunetta che vive al terzo piano in uno stabile di via Fiamma n.5, mi ha salutato dall’alto con aria ambigua, quasi volesse invitare me, una sconosciuta, nelle sue dimore. Del resto, pur se avesse già avuto modo di familiarizzare con la mia persona, forse in un giorno di puro vagare, non mi avrebbe potuto riconoscere coperta da un pastrano nero, qui, nelle ombre della città addormentata, sotto questo palazzo non ancora illuminato dai raggi del sole. Anche per me, che continuo ad osservarla insistentemente, risulta difficile scorgere tutta la sua sagoma. Non mi resta che accontentarmi del mezzo busto, semicoperto da una canotta merlettata e rischiarato da una flebile luce giallognola, una lampada da comodino credo.

se, forse? – sulla mano, ritorno lungo il percorso da me programmato con destinazione via lattea. In fin dei conti mi basterebbe squarciare anche solo per un attimo la volta celeste, in una direzione verticale ma pur sempre parallela e continua alla finestra da cui l’ombra di donna mi scruta. Ma le tredici introspezioni, improvvise, arrivate dal nulla, giungono furiose a distruggere le ali con cui volare oltre le nubi, planare su nuovi pianeti. Dovrò accontentarmi di attraversare, per ora, solo siepi e vetri.

Che poi a pensarci bene, la verticalità è già stata compromessa dalla linea ortogonale che mi attira costantemente in basso, giù, vicino ad un centro denso, il nucleo della Terra. Continua imperterrita a salutare e a far cenno Avrei, forse, bisogno di un sillabario espressivo con le dita. Vuole che io la raggiunga, salga per meglio definire quella noce magmatica che le scale che ci stanno separando, rendendoci pulsa, sotto di me, all’unisono col mio cuore. ambigue e sconosciute l’una all’altra. Potrei accettare il suo invito ma qualcosa mi Mi sono lasciata così tanto attrarre, nella mia trattiene qui, ancorata al marciapiede umido. vita, dalle incantevoli vocali metafisiche – Posso solo stringermi nel mantello nero e ba- “oooooooo, eeeeeeeeee” odo ancora da lonciare la mia mano, illudendomi che le falangi, tano – che ora mi manca una parola corposa per poter parlare di questo suolo dove i miei sfiorate dalla mie labbra, siano le sue. Ultimato il rito, sentite le lacrime – mie anch’es- piedi, tamburellando, emettono il rumore soli60


tario di suole consunte dal troppo camminare. Solitudine di piedi che indossano altra pelle e una mano, quella mano, dall’alto, che saluta e maledice il mio andare via. Poi l’odore della terra, quella cosa di cui non riesco a parlare, che ritorna a me filtrato prima dalla memoria , poi dalle narici, nel momento in cui, dal palazzo adiacente a quello di via Fiamma, qualcuno scuote una coperta rossa. Sa di guerra e polvere da sparo. Sa di Tripoli, bel suol d’amore, e di sangue. Di una visione che osservo senza vedere. Sa di Sarajevo e della triste solitudine dell’aviatore che in volo, innanzi a più sole e più luna, s’è scordato, come me, gli aggettivi dell’immanenza. La pesantezza. L’uniformità. Il misticismo. Da lontano, la brunetta continua ad osservare i miei passi sempre più lontani e triste intona note profumate di mirra che giungono lievemente al mio solitario timpano: «Verrò con te.» Carlo Carrà Mistress-1921 Ma con me porterò solo il suo ricordo, la partitura che trascriverò per fissare almeno su carta la voce che domani non ricorderò più, le note. ma, mentre, perdendo l’equilibrio, scivola dalla «Verrò con te.» sedia, per ritrovarsi sul pavimento freddo, solo Mi siedo su una panchina, l’unica illuminata da con le sue carni flaccide e la condensa del suo fiato. un lampione che dona luce ad intermittenza. Cerco con affanno, tra questi flash biancastri, Non so se sorridere o sghignazzare al tonfo di un pezzo di carta e qualcosa di appuntito con questo essere viscido. Non lo conosco, né mi ha rivolto parola. Nemcui scrivere. Trovo a terra solo la punta di quella che fu un meno m’ha vista, nascosta nel buio. tempo una matita. Mi basterà per tracciare cin- Eppure lo trovo irritante. que righe, una chiave di violino, tre note, sulla L’antipatia verso l’universo aumenta in questo incedere orizzontale che si trasmuta lenmia mano: «Verrai con me. Sì» rispondo. E riprendo il mio cammino, immemore delle tamente in una trascendenza contraria, un filo promesse trascendenti, delle galassie che da perpendicolare al magma della vita, al sangue della terra. millenni acclamano il mio ritorno. «Signori si chiude.» Si accavalla al mio moti- Gli inferi mi aspettano, lo so. vetto nostalgico mentre passo dinanzi ad una taverna di Milano, l’unica con quattro ubriachi Ma un attimo prima che questo continuo discendere mi porti verso percorsi tenuti sempre a chiudere alle 5. «Meeeeerdeeee», l’avventore paonazzo escla- al di fuori dei miei progetti, mi guardo intorno:


Dina Nerino The Waves 2 carabinieri 11 ruffiani 3 strozzini 14 puttane 3 imbecilli 7 buontemponi 7 giornalisti italiani + 1 inglese 1 pittore per un totale di 49 nottambuli a Milano in pieno centro. Se la brunetta mi raggiungesse, ora, così, dal nulla, i nottambuli qui sarebbero 50. 50 nottambuli a Milano. E io? E io? Non sarei pure io un nottambulo milanese? «No. Niente di tutto ciò.» Risponde una signorina dall’aria perplessa. Per ore, credo, sia stata a guardarmi in silenzio mentre in uno dei miei sogni ad occhi aperti, continuavo a biascicare frasi, forse incomprensibili, ma che per me restavano l’unico sottile legame ad un foglio ingiallito su cui Carlo Carrà aveva posato, anni prima, la sua penna. «Mi scusi se la disturbo ma gli Archivi del Novecento stanno per chiudere. La preghiamo di raggiungere l’uscita.» Ah se la brunetta avesse saputo, prima di me, che le ombre che ci definivano erano solo le macchie di inchiostro di quel foglio... Dinah Nerino

dina.nerino@gmail.com 62



le civette Artemisia “Core…. Io no mi strugo se non di non vedervi appresso che saprete puro che vi aspetto, come s’aspetta la grazia di dio, che so risoluta de no fare quel negozio se no fo co’ voi e se non vinise, mai mai non vorrei rompere la mia castità, ma te lasso considerare a te come sto, anima mia… ” (stralcio di lettera datata 26 giugno 1620 di Artemisia Gentileschi a Francesco Maria Marighi). Di Artemisia Gentileschi de Lomis si è scritto e detto di tutto. Più che per le sue memorabili opere, verrà sicuramente ricordata per la tortura della Sibilla a cui fu sottoposta durante un interrogatorio, per cercare di farle sconfessare lo stupro subito da Agostino Tassi - pittore e collaboratore del padre Orazio. La prima a scrivere di lei nel 1947 è stata sicuramente Anna Banti, moglie del critico d’arte Roberto Longhi. Dopo di lei, numerosi altri, trattandola sia come soggetto di ricerche storiche che come protagonista di una vita romanzata. L’anno della presunta data di nascita di Artemisia, il 1597, non è mai stata confermata con certezza, ma attualmente, grazie al ritrovamento dell’atto di battesimo, possiamo collocare la sua nascita con sicurezza all’8 luglio 1593. Quest’ultima data è il frutto di una nuova 64

Artemisia Gentileschi, Ritratto di monaca


introduce alle opere: un grande letto sfatto, su cui pendono stampe moderne delle sue lettere originali, le parole delle quali scorrono su uno schermo posto sulla parete-testiera del letto. È questo – in tutta la mostra - l’unico rimando alla violenza subita. Tranne, forse, quel cordolo rosso che percorre tutte le pagine interne del catalogo... La novità di questa mostra è infatti anche la raccolta epistolare: non le solite lettere di committenze private, ma lettere d’amore; lettere autografe al suo amante, Francesco Maria Maringhi. Lo incontra nel suo sog-

Artemisia Gentileschi lomi

indagine e che ha ribaltato completamente le datazioni di alcune sue opere, permettendo di attribuirne a lei di nuove. Ecco quindi nascere la mostra “Artemisia Gentileschi - storia di una passione” al Palazzo Reale di Milano fino al 29 gennaio 2012. Un’esposizione che punta tutto solo su di Lei: Artemisia. Dopo essere stata affiancata per tante volte al padre Orazio, ai caravaggeschi e allo stesso Caravaggio, finalmente una rassegna solo con sue opere. E sono circa 40. Il percorso si apre con un’installazione che

Artemisia Gentileschi, Vouet

giorno fiorentino e le sue iniziali resistenze furono vinte dall’eleganza del giovane, dalle insistenti attenzioni e dalla sua presenza fisica. I due scivolarono presto in un’irresistibile passione amorosa, che durò per tutta la vita, oscurando l’unione riparatrice avvenu65


ta con il marito Pierantonio Stiattesi. La scenografia della mostra, peraltro molto scarna se si eccettuano alcuni prismi ricoperti di specchi antichizzati, è opera della registra e scenografa teatrale Emma Dante. Il percorso espositivo, curato da Roberto Contini e Francesco Solinas, si articola in quattro fasi cronologiche che impongono la prima chiave di lettura. Gli inizi romani in cooperazione con il padre Orazio. Il quale ben presto si rende conto che la figlia, una donna, già a sedici anni è migliore di molti altri pittori più anziani. Il periodo fiorentino (1612-1620) iniziato dopo il processo per stupro. Artemisia scappa a Firenze e decide di adottare il cognome Lomi - del prozio - proprio per cercare di staccarsi definitivamente dall’essere la figlia di Orazio; città, Firenze, in cui approda come pittrice già affermata, che la porta ad avere commissioni da parte di Cosimo II de’ Medici e che la vede a soli 22 anni accettata, unica donna, all’Accademia del Disegno di Firenze. Il breve ritorno a Roma (1620-1627), fuggita da Firenze dopo anni di difficoltà economiche, gravata dai debiti e da ben 4 gravidanze, oppressa da un contratto mal pagato con il granduca Cosimo II - già gravemente malato – datasi alla fuga a causa dei sigilli apposti dagli ufficiali della Guardaroba medicea alle “sue robe” e alla sua casa e studio. La conclusione a Napoli (dal 1630 al 1654), città in cui Artemisia muore, e in cui si rifugia nella speranza – esaudita - di poter avere delle committenze chiesastiche. In un’altra chiave di lettura, invece, la mostra si scinde in categorie specifiche di donne, che molto verosimilmente rispecchiano le varie fasi della vita della pittrice: eroine bibliche e sante (le Giuditte, le Maddalene, la Giaele), amanti storiche e sensualità mitologiche (le Cleopatre, la Danae), allegorie (la 66

Artemisia Gentileschi, Allegoria Fama

Fama, la Pittura, la Retorica), ritratti ed autoritratti della stessa Artemisia. Significativo è lo stupefacente dipinto attribuito a Simon Vouet in cui, solo recentemente, si è riconosciuto un ritratto di Artemisia Gentileschi grazie al particolare di una medaglia - appesa alla manica dell’abito che riproduce il Mausoleo, meraviglia del mondo Classico innalzato a Mausolo proprio dalla moglie-sorella Artemisia. La tavolozza ed i pennelli nelle sue mani confermano del resto l’eccezionale intuizione. Visitando le opere, non resta che aprire il “core” e leggere, come una lettera aperta, i dolci suoi incarnati, le morbidezze delle forme muliebri, la modernità di alcuni ritratti, dimenticandosi totalmente dei fatti che hanno segnato la sua travagliata esistenza e il suo essere artista in un mondo di uomini. Nadia Ginelli


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Né in cielo Né in terra

Gabriele de Risi

Caro direttore ho fatto capolino nel negozio economico di abiti sintetici svedese, un po’ per scaldarmi dal freddo milanese e un po’ per vedere se c’era qualche regalo da farle a Natale, ma mi hanno subito detto che per le taglie forti dovevo andare al Carrefour di Limbiate. Quindi si accontenterà del classico sciarpa e guanti? Non sto qui a raccontarle di cosa ho visto perché potrebbe partirle l’apparecchio acustico, ma volevo solo giustificare per il mio ritardo e fare un po’ il paraculo! Da vero ruffianello che sono ho cercato un vero talento per festeggiare il numero 11 di Io Come Artista. Conosce David MacDowell? L’artista americano che ha avuto sicuramente un incidente a Disneyland? È fantastico!

Gabriele de Risi “battitore libero”

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Mischia nei suoi colori acrilici gli eroi dei bambini come Bambi, Zio Paperone e Topolino con ritratti di attori famosi. Ci metta anche un pizzico di critica agli status symbol americani, visioni oscure e una spolverata di acidi e avrà il suo nuovo artista “Pop” di cui parlare durante il tè con le amiche. Io vorrei sui miei muri di casa tutti i dipinti con Jack Nicholson in versione “7 nani” e “Pinocchio”, il ritratto di Gregory Peck che coccola una bavosa Linda Blair e Samuel J. Jackson nei panni di Oz davanti agli increduli Judy Garland & Co. Il mio preferito è quello con Hello Kitty armata di mazza ferrata di fronte alle gambe di Gogo Yubari, la pazza giapponese di Kill Bill. In alto Kitty - Fight a fianco The Enchanted Mental - Hospital di Dave MacDowell

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