Io Come Artista_07

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Fisica applicata acquacalda Designer

“Me and your project” Simone Pierfelice

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Fabrizio Pozzoli Never forget your child side 2008

Anno 1 N.7 Ottobre 2011 - Periodico quindicinale - Editore e Proprietario: eBookservice srl C.F./P.I. : 07193470965-REA: MI-1942227. Iscr. Tribunale di Milano n. 324 del 10.6.2011.

www.iocome.it

Fabrizio Pozzoli

numero 7

“Melanconia di ferro”


ilsommario

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Fabrizio Pozzoli Artista

Situazione Critica

di Igor Zanti

Domande risposte e approfondimenti su arte, artisti e mercato dell’arte

...punto G

7 8 9 10

il punto di vista della gallerista Raffaella Silbernagl

Eventi del ½ mese

- SOLO SHOW

Alessandro Bulgarini - WINTER TALES ... Amsterdam

“acquacalda”

Federica Castagno Sara Petrucci Designers

Boudoir

di Indira Fassioni

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numero

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Melanconia d’aria e di ferro

Domande alla giornalista Francesca Lovatelli Caetani

Me and your project

di Simone Pierfelice Fotografo

The Waves

di Dina Nerino Artemisia Gentileschi

Le civette

di Nadia Ginelli Bob Dylan plagiario

Nè in cielo Nè in terra

di Gabriele de Risi Storie di ordinaria follia.

e


Krum’hero Acrilico su Tavola, 77x50 www.maxferrigno.com

editoriale

giacomo momo gallina

In un periodo in cui non si fa altro che parlare di Pop Idol, Pop generation, Pop Star, Pop painter non ci resta che ammettere che siamo ricaduti e, con gran piacere, in una nuova generazione Pop. I personaggi, gli idoli, gli artisti si fanno alla portata di tutti e, quindi, popolari. Detto questo, la pecora nera del giornale, quello che scrive sempre in ritardo nonostante sia il mio blogger preferito, a volte, ci azzecca e mi ha suggerito Max Ferrigno. All’inizio pensavo fosse una parodia del mitico Hulk, l’omone verde famoso negli anni ’80 ma, andando ad approfondire, ho scoperto un pittore degno di nota, un artista che rientra perfettamente nella generazione Pop e che dipinge dolci mostruosi e cannoli cannibali…. insomma anche stavolta Gabriele de Risi, il mio blogger ha fatto il suo dovere e non ho più motivo per licenziarlo… per ora!!! GmG




Melanconia d’aria e di ferro IRON AND AIR MELANCHOLY

Fabrizio Pozzoli

1 Artista


Con una forte componente di manualità, Fabrizio Pozzoli indaga la struttura della figura umana di cui individua le portanti nervose all’interno della forma, ricostruita in tutta la sua pienezza stereometrica con l’infinito svolgere e avvolgere di una matassa di filo metallico, che cresce e si espande fino a colmarne il volume, per arrestarsi a livello di un epitelio virtuale. E’ di immediato riscontro il fatto che la costruzione della figura nasca dall’infinità variabilità d’angolazione del suo asse maggiore, dal momento che il dipanarsi del filo induce una rotazione continua in quel corpo che va colmando, e che nascendo si muove nello spazio quasi in assenza di peso, per quanto fisicamente costituito da materiali metallici. Da questa fonte di apparente contraddizione i concetti elaborati dallo scultore assumono validi principi di espressione. Nell’opera di Pozzoli si concentra infatti un dialogo tra l’uomo e lo spazio che all’uomo è concesso: dialogo che diventa presto monologo, e doloroso. Nel momento in cui l’uomo vede se stesso dibattersi all’interno dell’universo carcerario che contribuisce a edificare. Dalle figure del giovane milanese promana un senso di accettata sofferenza, di sottomissione al carico di quell’aria che sovrasta la persona, e di cui la pelle sopporta lo spessore di piombo. All’interno del corpo (un “intus” che intravediamo da spiragli tra le lastre che compongono la corazza che lo copre, o che ci è del tutto negato, quando la corazza diventa totale) il cuore non può che

Fabrizio Pozzoli Pages of life - 2011 filo di ferro


Melanconia d’aria e di ferro IRON AND AIR MELANCHOLY

Fabrizio Pozzoli

Artist


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With a strong component of manual ability, Fabrizio Pozzoli studies the human figure, identifies its main nerve endings and rebuilds it in all its stereometric fullness with the infinite winding and unwinding of a iron wire skein that grows and spreads out filling up the volume around and stops when the virtual ephitelium level is achieved. It is evident that the building of the figure develops from the infinite angle variability of its major axis, since the iron wire winding induces a continuous rotation in that body that is filling up, and this body, while bringing form, moves around the space almost in absence of weight even if it is made of metallic material. From this source of apparent contradiction, the sculptor’s elaborated concepts assume valid principles of expression. In Pozzoli’s work there is, in fact, a dialogue between man and the space that is only granted to him: a dialogue that soon turns into a monologue, a painful monologue since that man sees himself struggling inside the prison of the universe that contributes to build up. A feeling of accepted suffering exhales from the young Milanese’s statues, a feeling of submission to all that air that stands above the person whose skin endures the lead thickness. Inside the body (an’intus’ that we see indistinctly from the small openings of the plates that form the covering armour and that is denied to us once the armour is completed) so the heart turns into lead and the breath gets short and difficult.

Fabrizio Pozzoli My world - 2011 filo ferro, piombo


essere diventato, a sua volta, di piombo, il respiro corto, faticoso. Sede per l’uomo è allora, inevitabilmente, quella gabbia ritmata da lucchetti cui il prigioniero tenta invano di sfuggire obliquando; dove si costringe alfine a trovare il passo dell’animale o, ferito, può solo percepire il flusso di energia che lo abbandona, fino alla trasformazione del tutto in sola massa, in una quiete che non dà tregua. La scultura di Pozzoli, invero, non conosce tregua nel proprio declinare il dato ponderale che a ogni uomo, come a ogni oggetto, è strettamente connesso. Le figure di dimensioni reali, soprattutto, supportano fisicamente, incarnano, si potrebbe dire, tali assunti, nella loro accurata strutturazione anatomica: nel loro proporsi monumentalmente inermi, ma non prive di un disincanto sfiorato di preoccupata ironia, si costituiscono come esatto opposto dell’idea di leggerezza, anche nel momento in cui vediamo l’aria passare attraverso la struttura dei corpi di filo. Anche quando gli specchi (che le figure reggono o che annettono ai propri tessuti) moltiplicano riflessi di luce, si tratta di un’ingannevole parvenza di libertà. La frammentazione dello specchio denuncia del resto l’insita difficoltà di percepire la propria identità, se non l’impossibilità di definirla, a causa dell’ulteriore incremento di dati che quotidianamente impende sulla persona. L’unico esempio di scultura a specchio intero è quello che divide una testa con un piano longitudinale, e che non consentirà mai di conoscere l’altra metà, quindi di ricostruire la fisionomia dell’uomo che vi si propone, nella sua interezza. Un falso tutto tondo dunque, un assieme virtuale cui non è consentito girare attorno, privo di prospettiva. Una coincidenza, allora, che sfuggano i punti cardinali? Solo una

Man’s site is then that inevitable locked rhythmic cage where the zigzagging prisoner tries to escape from; where he compels himself to find the animal’s pace or, injured, he can only perceive the energy flux that is leaving him until the transformation of the whole in a unique mass, in a restless quiet. Pozzoli’s sculpture, indeed, does not know any stops in stimulating the ponderal side that is in every man and every object as well. Above all, his statues of natural dimensions support physically, and embody ,if I can say that, this assumption in their accurate anatomic structure: in showing themselves monumentally motionless and with a disenchantment lightly touched of worried irony, they are the exact opposite of the idea of lightness, even when we see the air passing through the structure of their iron-wired bodies. It is a deceitful appearance of freedom, even if when the mirrors- that the figures support or annex to their own texturemultiply the reflexes of light. The mirror fragmentation denounces everybody’s identity perception innate difficulty and the impossibility to define it for the large quantity of data that hangs on every single man every day. The only example of whole-mirrored sculpture is the one with a head divided by a longitudinal plane that will never allow us to know its own half and rebuild the man’s physiognomy again as a whole. A false full relief, a virtual entity, you cannot see it all around, with no prospective. So, is it a coincidence that the cardinal points cannot be caught there? A coincidence, that the usual observation parameters are not stated there? Or, that is, rather, due to the clear consciousness that the manipulating data are subject to


Fabrizio Pozzoli Mother & son - 2003 filo ferro, filo


Fabrizio Pozzoli

Artista


Fabrizio Pozzoli In fieri - 2010 filo di ferro nich


Fabrizio Pozzoli Fenarete - 2003, filo di ferro, filo di rame

Fabrizio Pozzoli

Artista


coincidenza, che decadano i parametri abituali d’osservazione? O piuttosto la coscienza precisa che i dati che manipoliamo sono passibili di blackout? Che il peso che ci sovrasta può divenire tale da impedire all’uomo di volgere il capo? La coscienza di una situazione si sorregge solo con la volontà, unico accesso ai dati sperimentali per la costruzione della conoscenza. Questo le figure di Pozzoli documentano, con la responsabile presa di possesso dello spazio, con l’obbedienza a regole costruttive che precisano entità volumetriche, col sottoporsi al giogo di materiali che dichiarano pesi specifici, col sottolineare l’intenzionalità dei gesti, senza dilazioni, senza disertare da un proprio convincimento sul valore della meditazione. Anche se nelle figure umane il volto si presenta indifferenziato, la sua iterazione offre una sequenza gestuale: considera l’esito di un’azione. Sotto la pelle, il vettore filiforme spira un flusso di energia nelle forme, percorse da una sorta d’arco voltaico, da una scossa elettrica. Ed è l’impiego di materiali a fine ciclo della tecnologia elettronica, microchips e diodi, a innescare quel circuito d’ironia sottile di cui si diceva, in questa figura che appare in perenne attesa, sorta di turbata ma provvida “melancholia” del nostro tempo.

blackouts. Can the weight over us becomes so heavy to prevent a man from turning his head?

In occasione della mostra personale “F.Pozzoli, Il tempo sospeso” presso la Saletta Reale Stazione di Monza, 2004.

Personal Exhibition “F.Pozzoli Il Tempo Sospeso” at the Royal Waiting Room, Monza Train Station, 2004.

Alberto Crespi

Alberto Crespi

www.pozzoart.it

The consciousness of a situation is only supported by the will, the only way to experimental data for the formation of our knowledge. All that is testified by Pozzoli’s sculptures in their responsible consciousness of the space, in their obedience to constructive rules specifying the volumetric entities, in their subordination to the specific weight of materials, in their intention to underline the gesture, without delay, without neglecting their own conviction on the meditation value. Even if the human face appears undifferentiated, its iteration offers a gestural sequence: the result of an action is considered. Under the skin, the filiform vector blows a flux of energy in the shapes, which are run by a sort of voltaic arch, by an electrical shock. It is the use of material of electronic technology, like microchips and diod, to trigger that circuit of subtle irony, we spoke about before, in this figure that appears in an everlasting waiting, a sort of troubled but provided melancholie of our time.




situazione

critica

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Igor Zanti

Do you speak english? Già da tempo è nota la predilezione dei sudditi di Sua Maestà per il Bel Paese. Intere zone d’Italia si sono trasformate, da nord a sud, dal Chiantishire al Salentoshire, in territori d’oltremanica colonizzati da ricchi inglesi in cerca di bel clima, buon cibo, arte e natura. Ultimamente però gli inglesi scendono verso sud, non solo per trascorrere piacevoli periodi di vacanza, ma anche per fare business e in particolare per fare business artistico. A Milano, in occasione di Start, si è inaugurata la fantastica sede

IGOR ZANTI


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della Lisson Gallery, vera e propria istituzione londinese che ha scelto il quadrilatero meneghino alle spalle di corso Magenta per aprire la sua prima filiale all’estero. Si specchia, invece, nelle non sempre cristalline acque del veneziano Canal Grande l’elegante spazio espositivo della Workshop Arte Contemporanea (di proprietà di un eccentrico inglese amante del’hip hop) che ha aperto, proprio in concomitanza con la Biennale, presentando per la prima volta in Italia il lavoro della sorprendente Polly Morgan. D’ora in poi quando entreremo in un galleria italiana ci sentiremo domandare, sempre più di frequente: “Do you speak english?”

Gentile Igor Zanti, secondo lei, allo stato attuale delle cose, qual’è il ruolo che devono avere le gallerie nel panorama del contemporaneo? Francesco Artacci. Roma Credo che il ruolo che le gallerie ricopriranno in futuro sia profondamente differente rispetto al passato, anche sulla scorta della diffusione di internet e del web. A mio parere, infatti, il gallerista e la galleria non saranno più l’unico elemento di congiunzione tra il grande pubblico e l’artista, ma dovranno impegnarsi nel fornire sempre di più una forma di consulenza altamente professionale al collezionista, indirizzandolo e consigliandolo nelle scelte, e dovranno porsi, specialmente per quanto riguarda la realtà italiana, come promotori e sostenitori del lavoro degli artisti, cercando di colmare le evidenti lacune che si registrano in ambito istituzionale.

Caro Dott. Zanti, come amante dell’arte contemporanea mi sembra di percepire una provinciale esterofilia negli ambienti artistici italiani, Lei cosa ne pensa? Roberta Varin, Vicenza Gentile Roberta, francamente a me sembra che gli ambienti artistici italiani pecchino di un provincialismo più locale che esterofilo. è vero che noi italiani siamo affascinati da tutto quello che è straniero, è una delle caratteristiche (positive) del nostro paese, però esterofilia non coincide molto spesso con il concetto di internazionalità. L’ambiente del contemporaneo italiano è, infatti, martoriato da guerre intestine, sgarbi fisici e metaforici, che risentono di inutili ed infruttuosi campanilismi e che pongono il nostro paese e la nostra produzione artistica ai margini dell’impero. Fino a quando non si capirà che fare sistema e collaborare, mettendo da parte i mille personalismi, è l’unico modo per risorgere dall’anonimato in cui ci troviamo, non si andrà da nessuna parte, tantomeno all’estero.


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...Punto G il punto di vista della gallerista Dove si comprano le opere te, presenti ormai anche sui quotidiani d’arte? di finanza, di acquistare ciò che più vi aggrada nelle grandi case d’asta interM come mercato dell’arte come fiera nazionali. Lì potrete trovare freschissime opere Una domanda che spesso mi vie- provenenti per la maggior parte da merne proposta da clienti e collezionisti, canti e galleristi, che, per “sostenere” il soprattutto se neofiti è “aumenterà mercato di artisti di cui hanno magazzidi valore?” rispondo a mia volta con ni stracolmi, si servono senza scrupolo una domanda “perché se comprate alcuno, del supporto mediatico fornito una macchina, un divano, una cucina, dalle aste soprattutto in termini di quoun cane bouledogue non vi aspettate tazioni. che aumenti di valore, mentre quando Non sta a me giudicare questa prassi, comprate un’opera d’arte vi aspettate ma almeno segnalare il fatto che spesche questo accada?” so e volentieri il mercato internazionale dell’arte assomiglia sempre di più a quelInnanzi tutto più che di mercato, biso- lo dell’alta finanza… detto questo direi gnerebbe parlare di mercati dell’arte. che ognuno è libero di farsi una propria Quello di cui ho parlato diffusamente personale idea sulla questione. nelle precedenti edizioni lo definirei sin- La mia? I pesci grandi mangiano, i picteticamente: Tristology… pochi artisti, coli finiscono nella rete, sempre. pochi galleristi, pochi collezionisti, lavoro Se invece l’ambizione di diventare radimolto autoreferenziale anche se, è inutile calshic è quella di una neonata galleria, nasconderlo, per coloro che ambiscono in questo caso, “Cara figlia di papà un allo snobismo radicalschic è l’unico che po’ estrosa, o moglie annoiata di manapossa essere davvero interessante. ger extrafigo, se vuoi qualche dritta te la Quindi, miei cari collezionisti “sine nobi- fornirò, ma in separata sede”. litate” mi sento senza ombra di dubbio Fortunatamente il tristologico mercato di di consigliarvi, dopo aver dato una scor- signorine in pessima ligerie fotografate sa ai listini di mercato delle opere d’ar- come se fossero manichini, di piccoli im-


piccati, di igloo pizzeria e di squali affettati, non è l’unico esistente e nemmeno, diciamolo, il più interessante. Per fortuna vi è anche quello che io chiamo “l’onesto commercio dell’ arte”. Normalmente è abbastanza lontano dalle speculazioni, ovvero dal mettere all’asta un quadro e ricomprarselo per farlo aumentare di valore, dal prezzolare riviste, critici e premi artistici per ottenere più copertine possibili, dal vendersi l’anima e soprattutto le scelte artistiche al gallerista potente per entrare in questa o quella fiera. L’ambizione altro non è se non una onesta analisi della situazione artistica, con annesse proposte per collezionisti seri, appassionati, curiosi e un po’ anticonformisti ma anche per chi, considerando un po’ dozzinale il poster di Ikea o la tela stampata di LeRoy Merlin, desideri avvicinarsi ad un mondo vero e vivacissimo, fatto di tantissimi artisti, galleristi, critici e giovani collezionisti che amano il mondo e vogliono darne la loro personale happilogica interpretazione Tutto questo ha poco a che fare con i grandi movimenti speculativi e quindi, diciamolo onestamente, anche con le rivalutazione a 10 zeri che certi artisti han-

no avuto in questi ultimi anni. Si tratta di qualcosa di molto più vicino alla realtà e soprattutto di molto più simile a quanto accadeva nel 900 fino agli anni ‘60 e ‘70, prima che una mania speculativa simile nelle regole e negli intenti a quella della borsa valori, prendesse piede inficiando, forse per sempre, il mercato dell’arte radicalshic. A quei tempi un artista era grande perché aveva fatto la storia dell’arte, come Picasso, aveva fornito una nuova lettura della realtà che, da quel momento in poi non sarebbe più stata guardata nella stessa maniera. A quei tempi l’ambizione di un artista ma anche di un mercante e di un collezionista non era né diventare ricchi, né famosi, ma di “passare alla storia”. E ai nostri tempi… la domanda che vorrei sentirmi fare è “passerà alla storia?” Raffaella Silbernagl

www.undergallery.it


...Evento

Silbernagl & Undergallery presentano, a cura di Mario Manduzio:

Davide Mancosu

For the love of spinach dal 29 settembre al 22 ottobre

Via Borgospesso 4 Milano Orari: da martedĂŹ a sabato dalle ore 11 alle ore 19 Per informazioni 0276014944 - 3482202587 www.undergallery.it



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5 – 27 novembre 2011 Ingresso: libero Informazioni:

Spazio Orlandi Via Vespri Siciliani, 16/4 – 20123 Milano Tel. 02 473046 info@spaziorlandi.com www.spaziorlandi.com

A cura di:

Pietro Di Lecce e Alessandro Bulgarini


evento del ½ mese

nazionale

Pictor Maleficus

Alessandro Bulgarini solo show Vernissage: sabato 5 novembre - h 18,00

Milano Un’indagine pittorica visivamente difficile e tecnicamente ricercata, che scandaglia il terreno della significanza rapportata al contesto delle immagini, nell’era della morte della realtà. Crudeli ed emblematiche provocazioni retiniche costruite al tavolino del ragionamento, danno vita ad un’enigmatica galleria dell’inquietudine che si risolve essenzialmente nell’esigenza di restituire all’immagine quel suo intrinseco potere evocativo perduto. Quasi a seguire la profetica lezione Calviniana di un’Arte futura fondata sull’esattezza, l’incisività e l’assoluta efficacia comunicativa, il pittore è mosso da una necessità icastica quale sistematica ribellione e contraltare intellettivo all’imposto predominio simulacrale del vuoto apparente. Imposizione di vacuità che si manifesta essenzialmente nell’assenza di contenuti di cui si caratterizza il contesto mediatico e visuale contemporaneo. Così, accanto all’esplicita salma del contemporaneo tiranno (Gheddafi) intento a liquefarsi su di un metallico lettino chirurgico, giace un’insolitamente addormentato Sgarbi, galleggiante in una vasca di Hirstiana fattezza, a celebrazione dell’immortalità della sua amata pittura, in esplicita controffensiva ideologica alle effimere apoteosi mediatiche di quello. E ancora, pupazzi impiccati ed assassinati; bambini senza volto dalle identità colanti testimoni di un futuro tristemente incerto; cloni seriali di donne dagli enormi seni.


BRUEGHEL, Pieter the Elder Hunters in the Snow (Winter) 1565

eventiinternazionale del ½ mese


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Winter Tales 18 October 2011 to 8 January 2012 (Amsterdam) Depictions of Winter in European Art from Bruegel to Beuys An exhibition organized by the Kunsthistorisches Museum in collaboration with the Kunsthaus Zurich. Guest curator: Ronald de Leeuw, Amsterdam The creation myths of most great civilizations agree that winter came into the world to punish man, or as a plague. Boreas, the Greek god of the cold north wind, personified winter. In northern mythology three years of frost herald the end of the world. Large-scale depictions of how Napoleon’s Grande Armée was defeated by the Russian winter are a modern equivalent of these ancient scenarios of the end of the world. The contrary vision comprises serenity and joyous cheer: we gaze at views of a snow-covered countryside with skaters enjoying themselves on frozen ponds and rivers in the distance. The late 18th century sees a revival of long-unfashionable winter landscapes: at first romanticized, they evolve to reflect the palette of winter. Impressionism, Dutch art and a wealth of landscapes – these were the ingredients of earlier winter exhibitions. The Kunsthistorisches Museum and the Kunsthaus Zurich have expanded this successful trio. Broadening the selection to include many different genres and schools, the two museums present a comprehensive survey comprising over 180 works in Vienna (120 in Zurich) by west-European artists. Four galleries and nine small rooms of the KHM’s Picture Gallery form the show’s spectacular setting: white floors and golden walls set the scene for the cold season. The works on show date from 1450 to the present. In addition to the subjects mentioned above there are Dutch allegories of the months, depictions of winter festivities and folk customs, and still lifes; even portraits join in and present changing winter fashions. The paintings are arranged more or less in chronological order; the show’s guest curator, Ronald de Leeuw, was able to augment the selection by including large-scale tapestries and an imperial sleigh as well as cups and goblets, fragile porcelain figures and vessels cut from semi-precious stones. Three years in the making, the exhibition brings together important loans from Amsterdam, Munich, London, Cambridge, Paris, Strasbourg, Rotterdam, Dresden, Zurich, Philadelphia, Darmstadt, Edinburgh, Cologne, The Hague, New York, Gent, Weimar and Boston, to name but a few. However, the unique focal point of any winter exhibition is in the Picture Gallery of the Kunsthistorisches Museum: Pieter Bruegel the elder’s painting “Hunters in the Snow”, perhaps the most famous depiction of winter in European art. The large panel cannot be loaned and will only be on show in Vienna.

Kunsthistorisches Museum Maria-Theresien-Platz, 1010 Wien Opening hours: Tuesday - Sunday 10 a.m. to 6 p.m. Thursday 10 a.m. to 9 p.m. (Coin cabinet closes at 6 p.m.)


Designers

Federica Castagno Sara Petrucci

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acquacalda



Federica Castagno e Sara Petrucci frequentano per tre anni l’Istituo Europeo di Design di Torino e si diplomano nel 2007 con un progetto di allestimento fieristico modulare vincitore del concorso Next-International car design Expoforum indetto dalla Promotor International Spa. Nel Settembre del 2007 nasce un percorso di cooperazione che conduce alla progettazione dello spazio espositivo per la partecipazione della Mondo Spa al FSB di Colonia.

Federica Castagno and Sara Petrucci graduated in 2007 at the European Design Institute in Turin, after a 3 year’s design course. Their graduation project, a modular exhibition equipment, won the Next-International car design Expoforum held by Promotor International spa. In September 2007 they started a co-operation process which led to the design of the exhibition show-room for Mondo Spa on the occasion of FSB Cologne.

acquacalda


Designers

Federica Castagno Sara Petrucci

Verso la fine del 2007 hanno inizio una serie di rapporti di collaborazione del nascente gruppo con alcune realtà del panorama del design torinese, tra queste Torino Lab, un laboratorio di idee per cui progettano alcuni degli oggetti della collezione “prodotti tipici industriali”. Nel 2008 partecipano all’ideazione della prima edizione della Torino Design Week, il lavoro continua per l’edizione 2009 con la proposta del concept creativo per la comunicazione “Cogli la prima mela”.

At the end 2007 the newly-born duo started a series of co-operations with some activities of Turin’s design scenario, among them Torino Lab, a creative laboratory for whom they developed some of the objects of the “typical industrial products” collection. In 2008 they took part in the making of Torino Design Week’s first edition, and this project continued in the 2009 edition, with the idea of the creative concept for “Cogli la prima mela” communication.


acquacalda Il gruppo si identifica con il nome acquacalda dall’Agosto del 2009 e come tale partecipa all’edizione 2010 della Design Week milanese presentando il progetto Fisica Applicata presso il Temporary Museum for New Design al Superstudiogroup. Nell’estate 2010 il gruppo viene invitato ad esporre in rappresentanza della categoria designers all‘interno della Whiteclinic contestualmente al festival della arti performative Drodesera 2010, Centrale Fies. Il progetto Fisica Applicata viene selezionato da L’officiel per la sua pubblicazione dedicata ai mille migliori progetti di design, 2010/2011. Uno dei progetti della collezione “la bilancia di Archimede” viene presentato nella pubblicazione patrocinata dal Ministero degli Affari Esteri, Christmust, come uno dei cento migliori prodotti del design made in Italy.

The design duo decided to use Acquacalda as their name in August 2009, and this is how they took part in Milano’s 2010 Design Week, presenting their Applied Physics projects at the Temporaty Museum for New Design at Superstudiogroup. In the summer 2010 the group was invited to exhibit in representation of the designers category in the Whiteclinic, same time as the performing arts festival Drodesera 2010, Centrale Fies. The project Applied Physics is selected by L’officiel for publication dedicated to the thousands of best design projects, 2010/2011. One of the projects of the collection “Archimede’s scale” is presented in the publication sponsored by the Ministry of Foreign Affairs, Christmust, as one of the hundred best design products made in Italy 2010/2011.


Nel Luglio del 2011 acquacalda viene selezionato da Open Design Italia ed invitato a Open Design Italia Selected come uno degli studi più pubblicati e premiati nell’anno 2010. Acquacalda è un gruppo di progettazione che opera nell’ambito del design sperimentale e di rottura. L’impegno è quello di avvalersi del design come arte applicata con l’intento di comunicare e sviluppare tematiche, di raccogliere e mostrare connessioni.

In July 2011 acquacalda is selected by Open Design Italia and invited to Open Design Italia Selected as one of the most published and most awarded studies during the year 2010 Acquacalda is a group of designers working in experimental and vanguardist design. The commitment is to make use of design as applied art with the intent to communicate and develop themes, to gather and show connections.


Designers

Federica Castagno Sara Petrucci

acquacalda




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Indira Fassioni

Boudoir

Indira

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Francesca Lovatelli Caetani, discendente di due nobili storiche famiglie dell’aristocrazia romana, è un’esperta di tendenze, costume, società, design, locali e divertimento della vita milanese. Trend setter tra le più conosciute, rintraccia a livello internazionale le tendenze del divertimento, della moda e del wellness per proporle a Milano e in Italia. Giornalista, vincitrice di diversi premi giornalistici, anticipa, crea e lancia gli stili più cool attraverso le sue rubriche ed articoli sulle numerose testate giornalistiche con cui collabora, radio e portali web, tra cui Libero news. è una blogger del tgcom con movida.tgcom.it ed è Direttore Editoriale di Web-spot.it.

Photo by: A. Capirani

intervistando Francesca Lovatelli Caetani


intervistando Francesca Lovatelli Caetani Dati i suoi studi in scienze politiche con specializzazione in politica internazionale, cosa le sarebbe piaciuto fare come lavoro? Ho scelto questo indirizzo di studi per iniziare l’attività diplomatica, ma la passione per la scrittura era insita in me sin dall’adolescenza. Il mio bisnoono Witold era un giornalista, la mia trisnonna Ersilia era Accademica dei Lincei, solo per citare qualche esempio, quindi credo che anche per questa inclinazione il DNA abbia contribuito parecchio.

Tra i vari ambiti di cui si occupa, quale preferisce? Giornalista, blogger, trend setter… Sono sempre Francesca e me stessa in tutti e tre i ruoli, caratterizzati dalla passione e dall’entusiasmo per il mio lavoro. E’ difficile tenersi aggiornata sulla nuove mode? Come ci riesce? Alla base bisogna essere dotati di grande curiosità, leggere, parlare, osservare, avere intuito.

Come seleziona gli argomenti di cui parlare nei suoi blog? Sono stata guidata da Daniela di Matteo di tgcom e da Stefano Ventura sempre di tgcom, è dalla sinergia che nasce in un buon prodotto, per il resto anche sul blog sono me stessa, soprattutto da quando Cosa l’ha portata a scegliere invece mi è stata data la possibilità di commenil mondo della comunicazione e delle tare Tamarreide, da quel momento il blog è diventato piu’ pungente, ironico. tendenze? Sono per carattere portata alla socializzazione, l’incontro con il mondo del giornali- Come mai ha deciso di trasferirsi a smo è avvenuto quasi per caso, ho scritto Milano? Scelta di lavoro, amore per la un articolo per la Prealpina al posto di un città…? amico e cosi’ ho iniziato - L’esperta di ten- Ho seguito le scelte lavorative dei miei denze è nata con Il Giornale, con la rubrica genitori; Roma, Parigi, Milano, una città Milano di sera e Mario Sechi, oggi Diretto- che è il fulcro delle tendenze e che sa re de Il Tempo e all’epoca mio caporedat- dare molto a coloro che hanno voglia di lavorare. tore al Giornale.


Le sue origini aristocratiche l’hanno aiutata all’inizio della carriera o a volte si sono rivelate “ingombranti”? Le mie origini aristocratiche incuriosiscono la gente, a volte mi scontro, come accade a tutti, con l’ignoranza e l’invidia delle persone che, invece di guardare se stessi, sono concentrati a occuparsi degli altri. Sicuramente il mio passato è fatto di nomi importanti dal punto di vista della storia e della cultura, ma resto dell’idea che la vera nobiltà sia quella dell’anima, la nascita è un caso e io resto comunque una self made woman. Qual è il suo sogno nel cassetto lavorativamente parlando? Finire il mio libro, scriverne altri, partecipare a qualche programma tv in modo più frequente, far diventare la Webspot una delle più importanti società di comunicazione.

Come nasce Webspot? L’idea è il frutto di un brevetto di totem interattivo -brevetto ancora in essere- di proprietà del fondatore della web spot, il conte Enzo De Feo, mio marito. In un ampliamento della società, poi, abbiamo diversificato i fini, occupandoci di ufficio stampa, placement ed eventi, poi è diventata anche una casa editrice.

Photo by: Max Procopio

E come donna? Posso ritenermi fortunata, ho un marito stupendo, non avrei mai pensato di innamorarmi. Ho incontrato mio marito 4 mesi dopo la morte di mia madre, avevo in programma di trasferirmi all’estero, ma eccomi qui. Se il destino vorrà, coroneremo il nostro amore con una nascita, vedremo.


Photos by: A.Capirani

intervistando Francesca Lovatelli Caetani


Per lavoro viaggia molto e incontra molte persone, ma cosa le piace fare nella sua vita privata? Occuparmi della casa e di mio marito e dei nostri due fantastici gatti, viaggiare, leggere, invitare gli amici a casa per cenette esclusive preparate da uno chef d’eccezione Enzo de Feo. A quale oggetto non potrebbe mai rinunciare nella vita di tutti i giorni? E a quale accessorio? Il computer e il cellulare, i miei strumenti di lavoro e di passione, ma borse e scarpe restano i miei must. Lei che è sempre così attenta alle nuove tendenze, le segue anche o preferisce avere uno stile personale che vada al di là delle mode? Da sempre ho un mio stile personale e spesso anticipo involontariamente e spontaneamente gli stili che verranno. Com’è l’arredamento della sua casa? Mi immagino una casa un po’ minimalista con diversi pezzi di design… Sbagliato! E’ un mix, come me, un po’ design, ma anche antico, un po’ glam rock, ma anche bon ton. Se non ci crede, venga a cena da noi una sera.

Photo by: P. della Bella

Com’è lavorare con il proprio partner? Essere fianco a fianco tutto il giorno? Non è facile, perchè io sono la creativa e mio marito è la parte razionale ma è un’evoluzione continua per tutti e due. Non bisogna avere paura o riserve, se sei così diventi forte il doppio. In linea generale, invece e con un sorriso sulle labbra, dico che con gli uomini ci vuole pazienza e soprattutto tanta ironia!


Simone Pierfelice

fotograf0 Simone Pierfelice


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Me and Your Project Ho iniziato a pensare ai ritratti in bianconero qualche tempo fa. Ho quindi integrato, alle tre immagini, le storie degli stessi personaggi, con colori fortemente desaturati.

I started to think about black and white portraits some time ago. I integrated to the three B&W images, the stories of the same characters, with highly desaturated colors.

La sequenza inizia con tre figure “classiche” in bianconero ad alto contrasto. Il genitore, immobile davanti all’obiettivo, esprime il suo equilibrio ritrovato.

The sequence begins with three “classic” figures in high contrast black and white. The parent, still in front of the lens, expresses his recovered poise.

Attraverso queste immagini ho voluto simboleggiare frammenti di vita quotidiana che s’intersecano con vite parallele, come in una proiezione cinematografica contemporanea. Stanley Kubrick disse che l’elemento più originale del cinema - ciò che lo distingue da tutte le altre forme d’arte - è il montaggio.

Through these images I want to symbolize fragments of daily life that intersect with parallel lives, as in a contemporary movie projection. Stanley Kubrick said that the most original element of the cinema - what sets it apart from all other forms of art - is the editing.

In alcune riprese la malinconia delle scene, ben distinta dalla tristezza e dal dramma, è ricercata e rappresenta la riflessione di un’esistenza solitaria, ma non di solitudine.

In some photographs the melancholy of the scene, distinct from sadness and drama, is sought and represents the reflection of a solitary existence, but with no loneliness.

Simone Pierfelice

Simone Pierfelice

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Progetto: Me and Your Project

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Progetto: Me and Your Project



Progetto: Me and Your Project

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Dina Nerino The Waves Artemisia Gentileschi La prima volta che sentii parlare di una certa Artemisia, avevo subito pensato che questa, definita dal mio interlocutore un Caravaggio in gonnella fosse una donna sicuramente piÚ interessante per il vissuto che per la sua produzione artistica. Del resto chi mi aveva parlato di Artemisia Gentileschi, pittrice italiana di inizio Seicento, non aveva fatto cenno alla sua produzione artistica, ma s’era perso in un racconto lunghissimo fatto di violenze carnali, fughe amorose, matrimoni e litigi tra amanti. Sicura che questa donna non avesse potuto suscitare in me un interesse artistico, decisi di mandare nel dimenticatoio il suo nome e tutto quello che avevo, fino ad allora, udito sul suo conto. Non avrei mai immaginato che il suo nome sarebbe riemerso dal fondo oscuro della mia memoria, un po’ come una colomba bianca dal cilindro di un mago. Era capitato infatti che, un giorno, bloccata nel traffico milanese, mentre fissavo attentamente uno di quei tram anni 20, avevo scorto sulla fiancata sinistra dello stesso, qualcosa che aveva irrime-

dina.nerino@gmail.com


diabilmente attirato la mia attenzione. A caratteri cubitali c’era scritto: ARTEMISIA GENTILESCHI, in mostra al Palazzo Reale. Eccolo! Eccolo il fantasma che veniva a chiedere riscatto. In un certo qual modo pochi giorni dopo, se stavo consegnando all’entrata della mostra il biglietto d’ingresso, era proprio per poter dire a me stessa che non è vero che i fantasmi tornano per farmi notare cose che nella mia ottica umana non riesco ben a inquadrare. Insomma, se io stavo andando alla mostra della Gentileschi, lo stavo facendo per ribadire a me stessa che l’idea fattami su

questa donna aveva tutte le sue buone motivazioni per continuare a restare tale. Avevo continuato a pensare cianche innanzi all’istallazione (posta di primo impatto all’ingresso dell’esposizione) del letto che doveva simboleggiare lo stupro che la lady caravaggesca aveva subito da un suo amico, artista anche lui, molto affermato all’epoca. Ero sicura la mostra sarebbe stata tutto un continuo ritorno sulle vicende personali di Artemisia. E già stavo rimpiangendo i soldi per il biglietto; avrei potuto Photo by Dina Nerino


Dina Nerino The Waves

mi fossi ritrovata a tu per tu con le sue opere.

Emozionata e perplessa trascorsi un intero pomeriggio a dialogare con quelle donne che in se portavano l’enigmatico vedere di sicuro qualche mostra molto contrasto di vita e morte, gioia e profonda malinconia, sensazioni che del resto più stimolan...” Stavo continuando la frase quando ad non erano a me così tanto sconosciute. un certo punto mi ritrovai in un lungo corridoio, dalle pareti bordeaux, su cui Come potersi sottrarre alle abitudini lifaretti dalla luce soffusa illuminavano mitanti? All’utilizzo smodato di preconquadri così tanto intensi da parer vivi, cetti? Eppure loro mute restavano al mio doanimati. mandare. Come era possibile provare così tanta meraviglia per quelle figure femminili, Solo Cleopatra, sembrò lanciarmi uno abitanti delle tele, che sprigionavano sguardo furtivo per poi ritornare a fiseroicità al contempo una sublime deli- sare il cielo nella posa di chi si lascia morire avvolta dalla passione. catezza? Mi muovevo tra un dipinto e l’altro, sentendo nascere una commistione di sensazioni: emozione e pathos da un lato, le figure rappresentate da Artemisia, quasi tutte femminili, sembravano voler uscire da quel mondo a due dimensioni, vive, passionali, pulsanti ma al contempo con gli occhi melanconici rivolti verso l’alto; dall’altro avvertivo un forte senso di colpa, come mio solito avevo ritenuto, per giunta senza prove sufficienti, che questa Gentileschi altro non fosse che un prodotto commerciale, rivalutato negli ultimi tempi, da dare in pasto agli avidi di gossip, sottraendole così quella genialità di fondo che di sicuro non avrei mai scoperto se non

Del resto come potevo pretendere che mi rispondessero le figlie di colei che s’era visto strappare l’appellativo di genio da una ragazzina imperterrita e dal facile giudizio? Continuavo a sperare in una loro risposta. Ma il silenzio mi accompagnò lungo tutto il percorso della mostra. A quanto pare, per vendicarsi dei miei frettolosi giudizi, Artemisia, amante dei miti greci e di sicuro ben conscia della storia di Aracne, non mi aveva tramutata in un ragno. Peggio. Aveva punito la mia tracotanza, privando le sue dame di parola.


“Bubbles Universe� by Dina Nerino

Artemisia Gentileschi self portrait


le civette Bob Dylan e l’arte pittorica Bob Dylan plagiario e non a causa della musica... Il 20 settembre è stata inaugurata alla Gagosian Gallery di New York, la mostra di pittura “The Asian Series” di Bob Dylan, proprio quel Dylan che tanto ci ha incantati con numerose poesie musicate. Ma più che la sua pittura, ha fatto scalpore la polemica innescata dal NYTimes e dal Guardian: “Bob Dylan plagiario: bufera di polemiche a New York”. Dylan ha presentato una selezione di suoi dipinti e la prestigiosa Gagosian li ha trattati come un “diario visivo dei viaggi di Dylan in Giappone, Cina, Vietnam e Corea” spiegando in un comunicato stampa “con descrizioni di persone, scene di strada, architetture e paesaggi”. Se non fosse che, la maggior parte degli olii di Dylan, sono esatte riproduzioni di fotografie di altrettanti famosi fotografi: da Cartier-Bresson a Busy, passando con nonchalance in un arco temporale che va dal 1915 al 1948.

9 Henri Cartier-Bresson, 1948

“Trade”, Bob Dylan (Gagosian Gallery di New York)


BOB DYLAN

Non sono quindi propriamente definibili come quadri ispirati a momenti e a sensazioni di vita vissuta “dal vero” di Dylan, ma sono opere da cavalletto, che copiano nei minimi dettagli i famosi scatti di cui sopra. Eccesso di zelo da parte della Galleria ? Certo è che, il personaggio conosciuto, ha le porte spalancate ovunque, e non solo quelle delle Gallerie d’Arte. A vernissage avvenuto, la Gagosian non ha motivato la “cantonata”, mentre una spiegazione, perfettamente coerente con se stesso, viene fornita dallo stesso Dylan, nell’intervista che appare sul catalogo della mostra: “dipingo quasi solo dal vivo, perché l’arte deve partire dalla realtà da gente vera, scene di strada vere, quadri, fotogra-

fie, disegni e scenografie vere”. Una mostra di pittura che, nonostante il nome altisonante dell’artista, sarebbe di certo passata in sordina, se non fosse stata alimentata dalla polemica. “L’importante è che se ne parli” – diceva Dalì su un aforisma preso in prestito da Oscar Wilde – “nel bene, o nel male…”. In realtà Dylan, pittore, cerca di diventarlo quasi trentenne e con le stesse modalità di tutti: ricevendo in regalo una scatola di colori. Ha la fortuna di avere un vicino di casa pittore (Bruce Dorfman) al quale chiede di insegnare ad usarli. Addirittura negli anni settanta partecipa ad un corso di pittura sotto falso nome. Forse l’approccio all’arte non è dei più feli-


Bob Dylan e l’arte ... ci: Dylan infatti pretende di dipingere delle copie perfette di quadri famosi da Vermeer, Monet, Van Gogh con scarso successo. Dylan prova allora a cimentarsi copiando delle opere di Chagall, pittore forse a lui più congeniale: oggetti che volano, violini suonati da improbabili uomini blu e viola, conigli con il muso verde, volti bifronti, animali volanti... Un pittore certo a lui più affine.

Copertina della rivista “Sign Out” (1968) che riproduce un dipinto di Bob Dylan “Opium”, Bob Dylan (Gagosian Gallery di New York).

“Woman Smoking Opium, Léon Busy, 1915

Ma il vero Artista sa che, prima, deve imparare la tecnica; solo poi, tramite la copia dal vero, impara le proporzioni, le luci e le ombre. Solo successivamente, impara a “vedere” con l’Anima e non più solo con gli occhi. Picasso, non a caso, soleva dire: “dipingere è il mestiere di un cieco; egli non dipinge ciò che vede ma ciò che pensa, cosa dice a se stesso per ciò che ha visto”. Ecco: forse Bob Dylan, cieco non lo è ancora diventato. Nadia Ginelli


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Né in cielo Né in terra

Gabriele de Risi

Caro direttore mentre Le scrivo la crisi sta portando via tutto quello che ho di più caro: il lattaio sotto casa, le trasmissioni di Barbara D’Urso e persino la mia tredicesima. Siccome mi ha raccomandato di non spifferare i suoi fatti privati mi chiedo come i lettori sopravvivranno a questo post! Per noi Lei è diventato una musa, una specie di telenovela da seguire. È la nostra Veronica Castro di Voghera, la brutta copia di Ridge di Beautiful. Oggi tutti sembrano adorare la pratica dello sputtanamento: politici, vallette, intellettuali e starlette da reality… Anche Milly Carlucci, ingessata com’è, ha dato in escandescenze per denunciare la trasmissione Baila! Tutti si infiammano e io devo starmene zitto!

Gabriele de Risi “battitore libero”


E va bene, se non posso spettegolare sulla Sua attuale vita da desaparacidos, parlerò apertamente della sua infanzia. C’è un’artista che mi ha riportato indietro nel tempo. Ha un nome da cantante Anni 90 e il cognome di un attore che interpretava un ometto tutto verde. Si chiama Max Ferrigno, classe ’77 e anche lui è stato folgorato dai vecchi cartoni animati giapponesi. Caro direttore, Lei ovviamente non sa di cosa sto parlando, perchè quando era piccolo invece di guardare la televisione doveva andare a lavorare nei campi per sfamare i suoi 8 fratellini e di notte studiava per finire la scuola. A proposito l’ha presa poi la licenza media?

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Ma torniamo al nostro artista. Max è stato scelto dalla Mondo Bizzarro Gallery per esporre le sue opere nella collettiva Italian Pop Surrealism, in mostra a Roma fino al prossimo 2 novembre. Vede che le propongo gente interessante anch’io? Se solo fosse più gentile con me potrei chiedere a Max di farLe un ritratto.

Locandina: Mondo Bizzarro Gallery, Roma dal 08/10/2011 al 02/11/2011

www.maxferrigno.com


Opera di Max Ferrigno: Pollon

Magari come quello che ha fatto a Pollon – la dea dell’omonima serie a cartoni – vista come una tossicomane dipendente dallo zucchero. E per giunta raffigurata in topless! Questo dipinto vorrei averlo dietro il mio letto! Lei come vorrebbe essere reinterpreta-

to? Biondo, efebico e immortalato con colori fluo mentre fa accattonaggio davanti alla Rinascente? Oppure travestito da macchina per i biglietti della Metro. Max Ferrigno è anche un fantastico body painter. Ci pensi direttore: ogni centimetro della sua pelle potrebbe es-

Gabriele de Risi

“battitore libero”

w w w. p o r t i n a i o d a l t r i m o n d i . c o m


sere colorato e così nessuno noterebbe più le sue smagliature, la stempiatura e quei baffetti da sparviero che porta ultimamente. Max è colorato, irriverente e contro corrente ed è un vero tocca sana per questa crisi che ci sta alienando. Le sue mutandine al vento dovrebbero essere assunte a manifesto per una nuova rinascita dell’economia mondiale! I suoi dolcetti pop dovrebbero diventare elementi obbligatori per l’arredo urbano per far esplodere di colore le nostre grigie strade. Max Ferrigno è come Candy Candy: è zucchero filato e felicità. Ora, caro direttore, Le porgo cordiali saluti e spero che questo artista Le faccia ricordare i pochi momenti felici che ha passato al riformatorio. Per rivedere i cartoni animati Le consiglio Youtube. Inizi dall’ABC, ovvero: Ataru, Bun Bun e Creamy! Il suo Portinaio di fiducia.

Opera di Max Ferrigno: Trittico Dolcetti

Gabriele de Risi Opera di Max Ferrigno: Painties in the wind

Gabriele de Risi


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