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Inscenalarte
IMPAGINAZIONE E PROGETTO GRAFICO EDITORIALE
Riccardo Bartoletti (Inscenalarte, Brescia) www.inscenalarte.it - info@inscenalarte.it 2011
TESTI, FOTOGRAFIE E DOCUMENTAZIONE A CURA DI: RICCARDO BARTOLETTI, GIANFILIPPO BETTONI, GIULIANO FILIPPINI, MASSIMO MANETTI, ANDREA MAROCCHI, ANNALISA PERANI, PAOLO TERRAMOCCIA, OLIVIERO TOGNAZZI ARCHIVIO FOTOGRAFICO: FOTO SCHENA, BAMSphoto SI RINGRAZIANO PER LA CORTESE DISPONIBILITÀ I PROPRIETARI DEI PALAZZI: FAMIGLIA BETTONI, FAMIGLIA CAVALLINI, FAMIGLIA CAVAGNINI, FAMIGLIA GEROLDI, FAMIGLIA LOMBARDI, FAMIGLIA STANGA
LA PRESENTE PUBBLICAZIONE È STATA REALIZZATA CON IL CONTRIBUTO DI:
Associazione Culturale Carmagnola di Castenedolo tel. 3345339353 www.associazionecarmagnola.org
CON IL PATROCINIO DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI CASTENEDOLO
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Indice
INDICE Presentazione Assessore alla Cultura dott.ssa Nadia Taglietti Saudou
p. 9
Presentazione arch. Giuliano Filippini
p. 10
Presentazione prof. Riccardo Bartoletti
p. 12
Premessa
p. 13
Introduzione dell’autore
p. 11
PALAZZO BETTONI
p. 21
PALAZZO GEROLDI
p. 27
PALAZZO STANGA
p. 39
PALAZZO CAVALLINI
p. 51
PALAZZO LOMBARDI
p. 57
DIMORA CAVAGNINI
p. 65
Bibliografia
p. 70 7
Presentazione
Il presente volume è il primo di una serie di “quaderni”, dedicati ai palazzi di Castenedolo. Chi conosce il nostro paese sa benissimo che il suo territorio è costellato di numerose e antiche dimore, qui edificate per l’amenità e l’importanza del luogo. È innegabile che la costruzione di un palazzo oppure di una villa in campagna erano il segno tangibile della promozione sociale e del successo raggiunto dalla famiglia, che vi viveva. L’edificio rappresentava le reali ambizioni di promozione sociale ed economica, che il casato aveva acquisito. Tutti i notabili, per essere tali, possedevano abitazioni importanti e anche Castenedolo non fa eccezione. Senza soffermarmi troppo sulla valenza dei palazzi, che è ben studiata e documentata nel presente lavoro, desidero sottolineare la lodevole iniziativa dell’associazione culturale “Carmagnola”, poichè ci permette di conoscere e approfondire un tassello fondamentale della nostra storia locale. Inoltre è mio intento esprimere gratitudine all’associazione per le molteplici iniziative formative organizzate. Esse animano ed arricchiscono la vita culturale della nostra comunità e anche questo ennesimo studio ne è la dimostrazione. dott.ssa Nadia Taglietti Saudou Assessore alla Cultura del Comune di Castenedolo 9
Presentazione Questa terza opera editoriale, a cura dell’Associazione Culturale “Carmagnola”, intende proporre alla cittadinanza, attraverso la conoscenza delle strutture architettoniche e artistiche dei palazzi e delle dimore di Castenedololo, una parte importante della storia e della cultura del paese che si è arricchita nel corso dei secoli di importanti residenze estive - signorili, le cui bellezze e peculiarità sono in gran parte sconosciute o passano inosservate. Questa è solo una fase del lavoro più ampio che ha lo scopo di valorizzare il notevole patrimonio architettonico ancora presente nel centro storico e nelle frazioni e di sensibilizzare le persone a prendersi cura, scoprire ed amare le opere realizzate con tanta fatica e ingegno da valenti costruttori o ignoti “artigiani” che nei secoli passati hanno “costruito” il nostro primo nucleo abitativo. Questa è la prima di una serie di Quaderni sui palazzi di Castenedolo che si occuperà ogni anno di una specifica via e che prevede, con l’assenso dei proprietari, anche la visita guidata agli stessi per conoscerne e capirne la vera storia “vissuta” dietro le quinte di impenetrabili cortine murarie. L’idea è scaturita per coinvolgere la nutrita schiera di soci Architetti e non, che hanno aderito con entusiasmo alla inizia-
tiva proposta e con passione ed efficacia, hanno affrontato la non facile reperibilità di informazioni e di studi considerando che a monte non vi sono notizie bibliografiche o studi specifici, in quanto non risultano esserci molti documenti né opere di approfondimento. Mi è sembrato opportuno, vista la ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, cominciare la ricerca e la visita guidata dei palazzi di via XV GIUGNO in quanto tale attribuzione della via è stata assegnata dopo l’Unità d’Italia a ricordo dell’eroica battaglia di Treponti combattuta dai Cacciatori delle Alpi di Garibaldi proprio il 15 Giugno 1859 in cui cadde il “prode dei Prodi” il Narciso Bronzetti ricordato dall’Associazione Carmagnola durante i festeggiamenti del 2009 in occasione del 150° anniversario della Battaglia combattuta nei pressi del Ponte della Lupa alle pendici della collina. Pertanto ringrazio sentitamente tutti coloro che hanno reso possibile la presente pubblicazione, in primis i proprietari che hanno gentilmente fornito materiali ed informazioni e che hanno con grande generosità e spirito culturale aperto i loro preziosi scrigni e gioielli architettonici gelosamente conservati e restaurati ed i soci che hanno elaborato le schede dei singoli palazzi. Tutto questo ha potuto offrire al pubblico 10
Presentazione
alcune ore di immersione nell’architettura locale, al fine di effettuare un salto nella storia per capire come si viveva a Castenedolo nel 600 o nell’800 o più recentemente nel secolo passato e di godere degli ampi spazi esterni adibiti a parchi e giardini. L’Associazione “Carmagnola” ha l’onore, l’onere e l’orgoglio di aver realizzato questo ennesimo ambizioso progetto. Speriamo con l’aiuto di tutti quelli a cui sta a cuore la salvaguardia del raro e prezioso patrimonio storico-artistico e culturale irripetibile di Castenedolo, si possa custodire, valorizzare e rispettare quanto prodotto dai nostri avi, affinchè ne possano godere anche le generazioni successive.
IL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “CARMAGNOLA” Arch. Giuliano Filippini
Uno scorcio in cartolina di via XV Giugno 11
Presentazione La metodica esplorazione del Comune di Castenedolo al fine di una completa rilevazione delle testimonianze architettoniche ed artistiche del suo vasto territorio è sempre in fieri ed aperta a nuove ricerche. Ho quindi partecipato con piacere a questa nuova iniziativa di valorizzazione del patrimonio locale che, a partire dalla presente pubblicazione, intenderà condurre una mappatura topografica delle diverse unità abitative1. Il territorio rivela un’eterogenea presenza di architetture residenziali nella tipologia di dimore, ville o palazzi, grazie anche alla presenza di importanti famiglie signorili, che favorirono l’arrivo in questo paese di illustri architetti ed artisti, gli stessi già impegnati a Brescia. La nuova pubblicazione Palazzi, ville e dimore di Castenedolo, costituirà una collana di quaderni, iniziando con la schedatura degli edifici della storica via XV Giugno. Attraverso testi, numerose immagini ed elaborati planimetrici, si intendono appunto illustrare le eterogenee perspicuità architettoniche ed artistiche di tali costruzioni. La via si presenta percorsa da un’interrotta cortina di edifici, la cui tessitura muraria denota in alcuni casi, una costruzione molto antica, come la porzione colonica di Palazzo Geroldi, connotata dalle belle
finestre trilobate. Cinque dei sei edifici considerati nel presente libro sono classificati come palazzi. Il ‘rango’ architettonico è evidenziato, nel caso di Palazzo Geroldi e Bettoni, dall’imponenza costruttiva; negli altri, da alcuni sintomatici indizi. Importanti portali con arco a tutto sesto introducono in bassi ma ampi atrii voltati a botte, con una vista cosiddetta ‘a cannocchiale’ sulle magnifiche fughe prospettiche delle corti interne. Spiccano sulle sobrie facciate e negli androni elementi di richiamo estetico come le mostre di porta o di finestre di Palazzo Cavallini e Stanga. Si aggiungano all’interno interventi pittorici setteottocenteschi, specie eseguiti nei locali di rappresentanza. Sorprende poi l’ampiezza dei parchi e dei broli di questi edifici, connotati da numerose varietà botaniche e, in alcuni casi, da testimonianze scultoree. Quanti leggeranno la presente pubblicazione potranno così ‘sbirciare’ dalle serrature di dimore private che, a dispetto della severità architettonica esterna, svelano impensati scorci naturalistici e rarità decorative. Personalmente avevo già avviato una catalogazione dei principali palazzi, poi confluita nel cd rom Storia di Castenedolo 1979-2009. A trent’anni dal libro di Ida Zanolini. 1
prof. Riccardo Bartoletti 12
Premessa La via XV Giugno, su cui si affacciano i palazzi monumentali e altre dimore con caratteristici portoni d’ingresso, è la via trasversale che partendo dalla via Matteotti (la strada Maestra Principale di attraversamento del paese con direzione est ovest) conduce sul versante nord est della collina in direzione Rezzato e verso la parte est della Provincia di Brescia. Ville e dimore artistiche di notevole bellezza si possono notare nel fitto tessuto urbano del centro storico anche attraversando rapidamente la via in automobile. Ma come è nata questa via e perchè lungo il suo affaccio sono nati questi palazzi? I testi del Geroldi e della Zanolini narrano che le prime abitazioni a Castenedolo risalgono al XII secolo con la costruzione del Castelvecchio e che in quegli anni veniva fondato l’ospedale di San Giacomo in “Vico Castaneto”. Nel XIII secolo la comunicazione con Brescia avviene attraverso la nuova strada mantovana e comincia l’insediamento di nuovi coloni alle dipendenze feudali del Comune di Brescia. Al principio del XV secolo il piccolo castello di Castenedolo è insufficiente a far fronte alle nuove ondate di contadini e commercianti emigrati dalle valli bresciane e bergamasche e pertanto la necessità di nuove abitazioni spinge il paese ad
espandersi lungo la strada mantovana e lungo la strada mediana che la taglia al centro della attuale piazza. Si pensa, pertanto, per la difesa cittadina di edificare un nuovo Castello intorno alla Chiesa e alla Piazza attuale che viene indicato come Castello Ridotto (dal 1450 al 1453). Tale postazione non ha funzione strettamente militare in quanto serve da rifugio e da segnalazione durante le scorrerie delle truppe di passaggio. Dal 1512 perde ogni funzione e viene abbandonato. Il Comune facente parte della quadra di Rezzato dal 1426 al 1796 diventa sottomesso al governo veneto e in questo lasso di tempo lo sviluppo economico e sociale è importante per capire la realizzazione di splendide dimore abitative. Il catastico del 1641 ci rivela che esistevano 67 famiglie appartenenti alla categoria dei cittadini quelli che avevano ottenuto da Brescia una nobiltà di secondo grado definiti cives Brixiae tra questi i Coradelli, Chizzola, Cacciamali, Duranti,Rodengo, Longhena, Roberti, Zaniboni, Zambelli avevano i loro magnifici palazzi fatti costruire in campagna ed in paese in particolare nel cosiddetto “Borgo di Sopra” così come era chiamata la via XV Giugno circondata da giardini e parchi di piante ombrose con ornamenti e statue. Alcuni palazzi erano dotati anche di chie13
Premessa
se e altari eretti nonchè muniti di legati pii e gli stessi nobili a memoria della loro permanenza a Castenedolo, fecero molte opere di carità e di pubblica beneficenza. Come si può documentare dal Catasto Napoleonico l’intera via fino al palazzo Bettoni è stata occupata da nuove abitazioni che sono andate a sostituire gli spazi destinati ad orti e zone agricole. Si possono notare nelle aree retrostanti ampie zone coltivate a vite ed a cereali e le entrate caratterizzate da portali in pietra con i coni ottici che guardano verso le entrate dei palazzi e verso la campagna bucolica. I giardini e parchi piantumati con essenze esotiche o autoctone sono realizzati per soddisfare gli ozi e i passatempi onirici e di caccia dei signori che vi dimoravano d’estate per sfuggire alla calura di Brescia e per controllare i propri interessi fondiari. Accanto ai palazzi padronali e signorili sorsero edifici destinati allo sfruttamento agricolo e zootecnico della campagna circostante come è evidenziato dalla presenza di fattorie agricole accanto alle ville e che potevano disporre di fienili e di ampie cantine interrate o seminterrate oltre alle case dei contadini che erano addetti alla coltivazione e alla produzione agricola dell’azienda. Sorsero tra un palazzo e l’altro lungo la
via case a schiera abitate da commercianti e da ex contadini che si dedicavano ad altre attività alternative, di commercio o attività artigianali, come è documentato nel secolo scorso dal censimento industriale e commerciale effettuato dallo Stato nel triennio 1937 – 40 per conoscere da parte del regime lo stato economico e militare dell’Italia prima dell’entrata in guerra:
presenti in via XV GIUGNO dal n° civico 123 al 289/A n° 1 forno per panificazione n° 9 Osterie Vino al minuto n° 2 produttori di latte uso familiare n° 1 magliaia n° 1 mercerie e calzature n° 1 trebbiatore di grano e granaglie n° 1 officina riparazione macchine agricole n° 1 generi alimentari n° 1 commercio stoffe e tele n° 1 fruttivendolo n° 1 zoccolai n° 1 calzolai n° 1 lavandaie n° 1 meccanico n° 1 sarta da donna n° 1 fabbro ferraio n° 1 costruzioni edili I numeri indicano un’intensa vita economica e sociale che si svolgeva lungo la via e che dava lavoro a molte persone, creava 14
Premessa
rapporti sociali e di comunità molto stretti. Sostanzialmente l’espansione urbanistica della via fino al primo novecento è rimasta immutata se si esclude la costruzione di alcune ville liberty sul lato sinistro verso Rezzato. La vera espansione edilizia è avvenuta negli anni 60 / 70 con la lottizzazione del Villaggio Geroldi (ex Breda Geroldi) e la costruzione di case unifamiliari nella via fino alla discesa della collina lungo la ex SP N. 67 “Treponti Rezzato”. Con l’attuale espansione degli anni 90 (PEEP e nuove lottizzazioni sul pianoro) la strada ha subito un incremento notevole del traffico di attraversamento verso il centro e la zona ad di là dell’ex SP N. 236 Goitese, che ha determinato pur con la riduzione del traffico pesante a seguito della costruzione delle due tangenziali esterne, condizioni negative per la conservazione delle facciate dei palazzi. Una finestra trilobata della porzione colonica di Palazzo Geroldi
arch. Giuliano Filippini
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Premessa
FOTOGRAFIA DEGLI ANNI 70 CHE DOCUMENTA UNO DEI TANTI LOCALI SITI AL PIANO TERRA DESTINATI ALLE PIU’ VARIE ATTIVITA’ COMMERCIALI E ARTIGIANALI, PRESENTI SULLA VIA XV GIUGNO, ALL’ANGOLO CON VIA DANTE (EX MESCITA VINO, EX LICENSI’, EX BAR)
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Premessa
CENSIMENTO ECONOMICO ANNI 1937/1940 QUADRO DI VIA XV GIUGNO
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Premessa
PROPRIETA’ NOBILIARI A CASTENEDOLO, tratto da Castenedolo. Una comunità e la sua identità storica (secc. XI-XIX), Roccafranca 2000
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Premessa
CARTINA IDENTIFICATIVA DELLA VIA E DEL BORGO SUPERIORE LUNGO L’ASSE TECTONICO - TRATTA DALLA TAV I° DEL LIBRO SCRITTO DAL PROF. G.B. CACCIAMALI DAL TITOLO “GEOLOGIA DELLA COLLINA DI CASTENEDOLO E CONNESSAVI QUESTIONE DELL’UOMO PLIOCENICO”. ED. APOLLONIO ANNO 1896
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Premessa
Visione di via XV Giugno degli anni ‘70 dal campanile della chiesa di San Bartolomeo (archivio Foto Schena)
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Rilevatore: ing. Gianfilippo Bettoni Foto: Riccardo Bartoletti, Foto Schena; documentazione: Giuliano Filippini
Intorno alla metà del 1800 la famiglia Bettoni, nella persona di Lodovico Bettoni (18331914), venne in possesso della casa di Castenedolo in via XV Giugno 110 (oggi civico 172). Si trattava di una casa di campagna con annesse aree agricole, completata da una notevole zona rustica con stalle fienili e grandi cantine. La maggior parte dei terreni era coltivata a vigneti da cui si produceva un ottimo vino che durante i tridui veniva venduto tramite la tradizione dei famosi “licinsì” (permesso di vendita dato ad un privato). Come mai nel 1868 una famiglia che per anni aveva svolto a Brescia un’attività commerciale nel ramo dei tessuti, telerie, scialli, e pizzi abbia deciso di liquidare l’attività della “Ditta Giacomo Bettoni” con negozio in via Cappellari, angolo Piazzetta Pescheria Vecchia (zona totalmente scomparsa e sostituita da Piazza Vittoria) non è dato di sapere. Forse qualcuno aveva già subito il richiamo della campagna; ma perché Castenedolo e non altro luogo nei dintorni di Brescia? Bisogna ricordare che a Castenedolo c’erano le più brave frangiaie della provincia ed i Bettoni avevano avuto rapporti di lavoro con loro nell’ambito dell’attività commerciale. Inoltre, nel 1863 Lodovico Bettoni si unì in matrimonio con donna Laura della famiglia Brivio, feudatari della frazione Macina; dal matrimonio nacquero sette figli, cinque maschi e due femmine. Quasi leggenda (nessuno ha più memoria precisa) è la presenza, attorno alla metà del secolo scorso, di un artigiano liutaio che, durante lavori di manutenzione ai tetti, fu avvertito della presenza di un trave particolarmente pregiato ed adatto al suo prezioso lavoro e l’acquistò. La casa, nei tempi successivi, è stata oggetto di varie ristrutturazioni, che l’hanno portata ad essere la bella dimora che vediamo oggi. 21
palazzo bettoni
In alto veduta del palazzo dal parco interno; in basso lacerto pittorico cinquecentesco sulla facciata del palazzo, raffigurante una Madonna che allatta il Bambino
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palazzo bettoni
Mastro Nicola da Castelbolognese e le sue peripezie per un trave di legno per violini (tratto dal Corriere Padano del 24 gennaio 1936) Di Mastro Nicola da Castelbolognese, riesumatore delle classiche vernici cremonesi e delle classiche voci, l’unico che si serva di apparecchi fisici, pure da lui inventati, per applicare in modo positivo la sua teoria della “stabilità armonica” è notissimo il fatto che qui descriviamo. Nell’agosto del 1915, mastro Nicola venne richiamato alle armi ed inviato per le grosse manovre nei pressi di Castenedolo, piccolo paese dell’alto Bresciano. Fu così che, capitato in un vasto cortile ove erasi accampato con altri militari, notò subito un grosso trave che reggeva la volta di una gran porticato. Attirato dalla qualità del legno avanzò subito richiesta per ottenerlo a qualsiasi condizione, ma date le requisizioni militari, non fu possibile sostituirlo. Di questo trave però gliene venne concesso uno scampolo di 80 centimetri. Passata la grande guerra, col campione di quel pezzo di trave, ne cercò degli altri nei vari mercati di legname dell’Italia e dell’estero, ma non gli riuscì trovare del legno uguale per proprietà acustica. Vistosi così venir meno un elemento capitale per le sue teorie avanzate, con le quali apprendeva che senza quel legno non avrebbe mai raggiunto le voci classiche attestategli un po’ da tutte le parti del mondo dai più illustri maestri ed insigni concertisti, decise di entrarne in possesso a qualunque costo. A questo scopo, nell’aprile del 1926, si recò a Castenedolo e sotto un’acqua torrenziale cominciò le ricerche, non ricordando più il luogo esatto. Dopo due ore di ansiose indagini, finalmente potè ritrovare la casa del tanto sospirato trave. Fattane richiesta al proprietario è da immaginarsi come fosse giudicato per un pazzo e naturalmente dovette venirsene via deluso e mortificato. Mastro Nicola, preso dall’angoscia, si ritirò lentamente in un caffè a meditare e quivi ebbe occasione di raccontare l’accaduto ad un signore che conobbe poi per il medico veterinario del paese. Questo signore, interessatosi al racconto, molto gentilmente gli consigliò di recarsi dal segretario del Fascio, essendo questi intimo amico del proprietario del trave. Erano le dieci di sera, quando mastro Nicola si presentò al Fascio e fattosi riconoscere e spiegate le ragioni della sua presenza colà ottenne la promessa dell’interessamento di quel Segretario. Lasciò quindi incaricato certo signor Zola di Castenedolo di riferirgli l’esito 23
palazzo bettoni
all’indirizzo provvisorio di un suo amico di Milano, presso il quale egli era diretto, il prof. Biagini, professore di viola del Quartetto Poltronieri, ed all’uopo lasciò scritto tale indirizzo nel retro di un suo biglietto da visita. Il giorno successivo ricevette un telegramma a Milano col quale gli si annunciava che il trave gli veniva ceduto e mastro Nicola, senza nemmeno far parola del legno al prof. Biagini, si precipitò di nuovo a Castenedolo dove intesosi subito col proprietario, acquistò un trave di quercia molto più grosso di quello da sostituire per il prezzo di lire 1000, ma non gli fu possibile farne subito la sostituzione trovandosi impegnati altrove i muratori di fiducia del proprietario, e così venne rimandato il tutto alla settimana seguente. Mastro Nicola lasciò l’incarico di spedizione al predetto signor Zola avvertendolo di spedirlo a grande velocità al semplice indirizzo: Nicola da Castelbolognese - Romagna, dandogli un nuovo biglietto da visita e se ne tornò a casa spiacente di non averlo potuto portare con se. Il 3 maggio 1926 ricevette una lettera dal proprietario, signor Bettoni, concepita in questi termini: “Castenedolo (Brescia) 2-5-1926. Preg.mo signor Nicola da Castelbolognese. - Ricevo la sua gentile lettera con l’unito assegno bancario come da nostra intelligenza. Domani il carpentiere eseguirà il lavoro di squadratura del nuovo trave ed il puntellamento del loggiato. Martedì verrà calato il suo trave con ogni diligenza e con tutte le precauzioni del caso e consegnato al signor Zola, secondo le istruzioni da lei impartite. A lui consegnerò subito lire 80 da lei segnate a suo favore. Mentre le assicuro che tutto sarà eseguito con ogni possibile riguardo, mi è gradita l’occasione per salutarla distintamente. - Dev.mo dott. Bettoni”. Da un’altra lettera sempre dello stesso, ricevette avviso che il giorno 6 era stato consegnato il trave al signor Zola, il quale caricatolo su di un carro, lo aveva portato per la spedizione alla stazione di Rezzato, non essendovi stazione ferroviaria a Castenedolo. Finalmente mastro Nicola vedeva in tal modo realizzato il suo sogno ed attendeva con spasimo, di minuto in minuto, l’arrivo a Castelbolognese. Passarono le ore ed i giorni inutilmente e, solo in seguito a vari telegrammi potè spiegare l’equivoco. Il trave era stato spedito all’indirizzo segnato a retro del biglietto di Nicola e cioè al professore di viola Biagini, che abitava a Milano in via Panfilo Castaldi 20, e semplicemente al... 5° piano. Costui si vede arrivare per l’Agenzia trasporti, consegna a domicilio, un trave della lunghezza di metri 6,80 e del peso di kg. 360! 24
palazzo bettoni
E’ facile immaginare la sorpresa del prof. Biagini che a tutta prima non voleva assolutamente riceverlo poi fra il sì ed il no, si acconciò, per un riguardo a mastro Nicola a prenderlo in consegna e collocarlo nel suo studio in attesa di ulteriori schiarimenti. E’ da notarsi che date le dimensioni, fu costretto a farlo passare per il vano della finestra e lasciarne... fuori circa tre metri (fortunatamente non si era d’inverno). Solo dopo 4 o 5 giorni, messo al corrente dell’equivoco, potè curarne la rispedizione da Milano (Stazione Porta Vittoria) il 14 maggio, e sempre a grande velocità. Questa volta l’attesa di giorno in giorno era sempre più penosa dato che non si aveva risposta nemmeno ai telegrammi e solo il 20 maggio, riattivata la linea ferroviaria di Il maestro liutaio Nicola Utili (1888-1962) Piacenza, stazione che era stata invasa dalle acque per la piena del fiume Po, potè finalmente giungere nella bottega del mago della liuteria (così definito da illustri maestri) per essere trasformato nelle più dolci armonie spirituali. Questo legno, a parità di spessore, lunghezza e grossezza con gli altri miglior legni, li supera di circa 44 vibrazioni, e con tal legno ha già fatto un centinaio di violini, mentre ne tiene ancora per altri 60 piani armonici da violino, i quali saranno altre 60 opere d’arte inconfondibili che passeranno alla storia della più elevata liuteria italiana.
Cartolina a colori del centro storico di Castelbolognese (RA) dove nacque il liutaio Mastro Nicola Utili 25
Rilevatore: arch. Giuliano Filippini Foto: Riccardo Bartoletti; documentazione: Giuliano Filippini, Famiglia Geroldi
Il palazzo denominato “Geroldi” è sito in via XV Giugno n. 72 (ex n.70) per la sua importanza artistica è stato vincolato dal Ministero della Pubblica Istruzione - Soprintendenza ai Monumenti della Lombardia Milano con Decreto n. 18950 in data 11/10/1958 ai sensi della Legge 1° Giugno 1939 n. 1089. Il complesso monumentale è costituito da un casa signorile del tardo cinquecento appartenuta al cardinale Durante Duranti (1492 – 1558), un Oratorio privato dedicato a S. Agata oggi sconsacrato e da un adiacente edificio rustico (fattoria) di epoca medioevale. Verso la strada il palazzo di mole considerevole presenta una semplice facciata con un accesso costituito da un portale in pietra con decorazioni e conci; all’interno verso il prospetto che guarda il giardino si apre al piano terra leggermente rialzato, una loggia a sette archi a tutto sesto sostenuti da pilastri in muratura e al primo piano vi si trova isolato un balcone sostenuto da due mensole in pietra con ringhiera bombata in ferro battuto. All’interno del palazzo sono presenti dei locali a volta con decorazioni a stucco e altri affreschi d’epoca più tarda e uno scalone per accedere al piano nobile costituito da due rampe con ringhiera di pilastrini in pietra di Botticino. Il giardino interno è chiuso da murature in pietra e da una bella cancellata in ferro battuto sostenuta da eleganti pilastri bugnati in pietra ed enormi obelischi che da accesso al brolo, un tempo coltivato a vite. Al n. civico 68, annesso alla proprietà è presente il piccolo Oratorio dedicato a S. Agata, comunicante tramite un porticato con la casa padronale e con annessa piccola sagrestia. La pianta è ottagonale con copertura a cupola sostenuta da quattro pennacchi con medaglioni decorati da buoni affreschi. La chiesa nei secoli passati è stata privata di tutti gli arredi e sono rimasti soltanto gli stucchi che ornano la pala dell’altare e un’acquasantiera a forma di conchiglia in marmo rosso di Verona. 27
palazzo geroldi
Della proprietĂ fa parte anche il complesso sito in via XV Giugno n. 76 che probabilmente fu dimora signorile del XV secolo o precedente, ridotto successivamente a casa colonica. Le tracce piĂš importanti si vedono sulla facciata verso la strada che presenta n 2 finestre ad archi trilobati al primo piano e n 2 finestre strombate al piano terreno, cappe di camini pensili e negli ingressi al piano primo archi ribassati. La facciata denota una tipologia di costruzione assai rustica con sassi e ciotoli disposti in modo irregolare. Nella porzione di casa vicina le finestre uguali alle precedenti sono state manomesse e rifatte. Fausto Lechi ne Le dimore bresciane attribuisce probabilmente alla Famiglia Rodengo la proprietĂ della casa in quanto ben quattro rami di essi dichiarano di possedere nel 1517 una Casa in “Castelloâ€? di Castenedolo. A nord Est della Casa padronale, esisteva un grande porticato, di altezza corrispondente 28
Palazzo geroldi
alla casa padronale stessa, destinato, al piano terra, a stalla e, al piano primo, a fienile. Il porticato è stato demolito nel 1961 poiché pericolante. Il 31 Luglio 1947, a seguito dello scoppio della Vulcania, andarono distrutti i pregevoli stucchi raffiguranti la colomba e Fotografia del 1889 : Domenico Geroldi , Pisa Teresa e i due putti che reggevano i tre figli Vincenzo, Drusilla e Giuseppina lo stemma araldico e le due figure allegoriche sul camino della sala d’onore al primo piano. Nel 1968 vengono rinforzate le fondazioni e rifatto il tetto dell’Oratorio privato. Alcune strutture danneggiate anche durante l’ultimo terremoto del 2004, sono state adeguatamente rinforzate. Il palazzo inoltre è stato oggetto di interventi di restauro conservativo manutentivo e di consolidamento dei solai negli anni 90. Tutta la proprietà originariamente appartenne secondo fonti storiche al Cardinal Durante come desunto dallo stemma esistente tuttora sulla cappa del camino al primo piano nel salone che si suppone, data la presenza al centro dell’alto soffitto di uno stucco rappresentante lo Spirito Santo sotto forma di Colomba, fosse destinato anche alle Cresime . Successivamente la proprietà passò alla famiglia di Pietro Pisa, nato a Castenedolo nel 1812 e morto nel 1882, da cui nacquero sette figli: Teresa (1834-1842) Giovanni (18371895) avvocato e Sindaco di Castenedolo per tre lustri, Domenica (1840-1905), Luigi (1843-1894), Teresa (1847 – 1902) che sposò Domenico Geroldi, Elisa (1853-1927) che, ereditaria di tutta la cospicua sostanza Pisa, non essendosi sposato nessun fratello, tramandò i suoi beni al nipote Vincenzo Geroldi, e infine Achille (1858-1900). Il cugino del capostipite Pietro, Andrea donò alla Chiesa di Castenedolo la celebre apparecchiatura dei Tridui. 29
palazzo geroldi
Una veduta sul parco e sul brolo
DATE SIGNIFICATIVE DEI PASSAGGI DI PROPRIETÀ -1641 proprietà di Giambattista Duranti del fu Girolamo (da estimo del 1641 del territorio bresciano) stimati alloggiamenti in contrada del Borgo di Sopra casa colonica e terreni. -Il 16/12/1818 avviene il passaggio dei beni appartenuti alla famiglia Duranti a Domenico Pisa di Giovanni. La registrazione si legge nel Catasto del 1814. -1836 Elenco dei beni di proprietà di Domenico Pisa compilato nel 1836 dal Geom. Pietro Solfrini. Non differisce molto dal censimento dei beni Duranti. -1852 I beni individuati come casa, oratorio privato, orto, prato vitato con frutti, vigna, casa colonica e orto risultano ancora intestati a Pietro Pisa. -Pietro Pisa amministrò i beni della famiglia dal 1839 al 1879, quando gli subentrò il figlio Avvocato Giovanni. -1890 Rendiconto dell’amministrazione tenuta da Giovanni Pisa fu Pietro. Dal 1894 al 1902 proprietaria Teresa Pisa moglie di Domenico Geroldi. 30
Palazzo geroldi
Una veduta del prospetto sul parco
-1898 Divisione della casa domenicale di ragione degli eredi fu Andrea Pisa. -Dal 1904 subentrano Domenico ed Elisa Pisa e Vincenzo Geroldi figlio di Domenico e di Teresa Pisa, Drusilla, Giuseppina e Pierina sorelle di Vincenzo Geroldi. -Dal 1941 alla morte di Vincenzo Geroldi (noto storico locale, antesignano degli studi su Castenedolo) eredita la nuda proprietà il nipote Adalberto, che si interessò delle vicende storiche del palazzo (1908 -1999) figlio del cugino Alfredo (1877-1944).
La profonda ghiacciaia voltata a botte costruita sotto il fianco sinistro del porticato 31
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Note artistiche: prof. Riccardo Bartoletti Il complesso appartenne in origine alla famiglia Duranti, anzi, sembra che qui avesse proprietà l’esponente più celebre di quella, il cardinale Durante (1492-1558), vescovo di Brescia dal 1550 al 1558, successivamente passò ai Pisa, amministratori delle proprietà dei nobili Duranti, poi agli attuali Geroldi. Considerata la sua alta valenza artistica, fu sottoposto a vincolo con decreto ministeriale dell’ottobre 1958. Al piano terreno, a destra della galleria d’ingresso, segnalo per pregio architettonico due stanze: la prima con bassa volta raccordata alle pareti da possenti mensoloni, presenta le dimensioni di una sala di rappresentanza, mentre il secondo di ridotta metratura è voltato a botte. Entrambi hanno decori tardo ottocenteschi, eseguiti dal medesimo artista attivo in Palazzo Boschi, Villa Fanti e nella Sala del Consiglio Pastorale della Casa Canonica. Alla sinistra della galleria si trova lo scalone d’accesso al piano nobile e, adiacente ad esso, l’ampia cucina con l’antico strumento usato per lo spiedo: un insieme di pulegge, fatte scorrere ad arte da pesi in pietra, permetteva la perfetta cottura del prelibato piatto bresciano. Lo stesso artigianale meccanismo si trova anche nella sala da pranzo di Villa Carini Luzzago ed è tuttora funzionante. Fulcro degli ambienti del piano primo è il salone di rappresentanza con volta a carena e un camino con decorazione eseguita in stucco sulla cappa raffigurante lo stemma cardinalizio Duranti a ricordo del religioso che qui, come accennato, aveva probabilmente possedimenti terrieri: in questo ambiente la tradizione vuole che il cardinale Durante impartisse le cresime durante i suoi soggiorni a Castenedolo, ipotesi del tutto anacronistica, considerato che l’attuale edificio fu costruito in epoca postuma. Un agile portichetto conduce dal fianco destro della villa padronale all’oratorio di Sant’Agata, la cui costruzione viene approvata il 2 maggio 1699 dall’arciprete di Castenedolo Giorgio Lombardo. L’edificio presenta una pianta centrale con cupola sostenuta da quattro pennacchi. Degna di attenzione è la sua decorazione plastico-pittorica: una ricca cornice in stucco campeggia sulla parete absidale, mostrando un’esuberanza di volute e ammiccanti teste di cherubini. Sui pennacchi, anch’essi incorniciati da motivi in stucco, sono affrescati i Santi Francesco d’Assisi, Antonio da Padova, Pietro e Paolo opera di scuola bresciana ascrivibile al primo decennio del XVIII secolo. 32
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Il soffitto di una sala a piano terra con decorazioni architettoniche e paesaggistiche ottocentesche
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Ritratto del cardinal Giovanni Alberto Badoer (Venezia 1649 - Brescia 1714) con zucchetto rosso, mozzetta rossa e rocchetto bianco, dipinto di proprietĂ Geroldi, inizio del XVIII secolo, ambito bresciano. Si conserva un identico ritratto del cardinale alla Fondazione Ugo da Como di Lonato 34
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La decorazione plastico pittorica eseguita sui pennacchi della cupola dell’oratorio di Sant’Agata; a fianco San Francesco d’Assisi.
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Disegno a penna della pianta dell’oratorio di Sant’Agata, datato 4 luglio 1699. Tratto da S. Guerrini, Chiese bresciane dei secoli XVII-XVIII, Brescia 1980 36
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La vasta proprietà di Palazzo Geroldi con annesso rustico e oratorio, come indicato nel catasto napoleonico del 1810
Stemma Duranti eseguito in stucco sul camino del salone di Palazzo Geroldi. Descrizione araldica: inquartato nel 1° e 4° a sei gigli, ordinati 3, 2, 1; nel 2° e 3° carico di un’aquila, coronata del campo. Lo stemma è sormontato dal galero cardinalizio (cappello con nappe) 37
Rilevatori: arch. Andrea Marocchi, arch. Annalisa Perani Foto: Riccardo Bartoletti, Andrea Marocchi, Annalisa Perani, BAMSphoto, Foto Schena
Palazzo Stanga si trova a Castenedolo in via XV Giugno n° 59 ed attualmente è di proprietà della famiglia Stanga. Precedentemente l’edificio è appartenuto dal 1910 al primo notaio di Castenedolo, il Dottor Vincenzo Alberini, che alla sua morte (avvenuta intorno agli anni Cinquanta) lo lasciò in eredità alla famiglia materna Bettoni, poiché senza eredi. Intorno al 1957 il palazzo fu acquistato dalla famiglia Bettini (che si adoperò probabilmente a dotare l’edificio stesso dell’impianto di riscaldamento sino ad allora inesistente) fino al 1965, anno in cui venne comprato dalla famiglia Stanga. Come si evince sia dalla mappa appartenente al Catasto Napoleonico (1810) sia da quella successiva del Catasto austriaco (1842), il Palazzo aveva una connotazione tipologica a L, con il corpo di fabbrica più lungo che si sviluppava lungo la via storica detta Borgo di Sopra in direzione nord-est / sud-ovest mentre l’altra porzione di edificio si spingeva in direzione perpendicolare rispetto alla strada. Quest’ultima – che probabilmente era destinata alla residenza della servitù, al ricovero di animali e attrezzi da lavoro – non è più rilevata nel Catasto unitario (1898) offrendo così la connotazione tipologica attuale a cortina. Da via XV Giugno si accede al palazzo tramite l’ampio androne voltato a botte e decorato con un inserto posto sul soffitto su cui si aprono due porte a doppio battente in legno, definite da cornici modanate in pietra e disposte sui due lati opposti dell’androne stesso. La pavimentazione, caratterizzata da una fascia centrale in selciato delimitata da due corselli paralleli lastricati, affiancati a latere da marmette di pietra grigia, interessa oltre che l’androne anche il portico interno sino a spingersi in prossimità del giardino. Procedendo in direzione nord-ovest, troviamo un cancello in ferro battuto sostenuto da due colonne in pietra modanate con base e capitello leggermente staccate dalle pareti laterali dell’androne su cui si imposta un arco ribassato. Da alcune immagini recuperate 39
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dall’archivio storico si osserva come la precedente impostazione del giardino originava dalla vista prospettica dall’androne d’ingresso così da incorniciare, attraverso le colonne e il filare di cipressi, la fontana posta sullo sfondo, offrendo una suggestiva visione a cannocchiale. Tale impoVista dall’alto dell’edificio (fotografia BAMSphoto) stazione si è persa in favore di un giardino più contemporaneo, ove notiamo la presenza di numerose varietà di alberi e arbusti – tra cui il cedro dell’Atlante, il lauro, il cipresso dell’Arizona, la magnolia, ecc.. – e impreziosito da colonne e statue storiche in pietra; sul lato opposto all’androne d’ingresso si trova una fontana in pietra decorata con tre gigli fiorentini posti ad arco, posizionata in adiacenza al muro di confine e privata dell’ornamento sopraelevato, costituito da due boccioni in pietra che sono stati rubati alcuni anni fa. Lo stemma raffigurato sulla fontana fa presumere un legame con la città di Firenze, o forse semplicemente era stata acquistata nel capoluogo toscano – come sembra far pensare una fotografia trovata dalla proprietà nella soffitta del palazzo e rappresentante un uomo a Firenze. Un elemento significativo che rende riconoscibile il palazzo è la loggetta che si sviluppa nella parte nord-est del primo piano e che si affaccia sia su via XV Giugno sia sul cortile interno. Il loggiato è caratterizzato da sei colonne intere e quattro semi-colonne in marmo di Botticino poste lungo i lati longitudinali, sono a sezione circolare, con basamento e capitello dalle significative dimensioni, e sorreggono la copertura attraverso capriate e travi in legno. Secondo alcune fonti non ufficiali sembra che questo loggiato aperto fosse un collegamento di epoche storiche passate. Il piano terra conserva un impianto seicentesco con basse volte e mensoloni di raccordo alle pareti laterali. Nel corso del Settecento non subì trasformazioni degne di nota, se non un parziale arricchimento decorativo (Bartoletti, 2008). Proprio all’ottavo decennio del secolo risale l’affresco eseguito sulla volta a schifo – con la parte centrale dritta e costoloni 40
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della Sala della Caccia raffigurante Zefiro e Flora inserito entro uno sfondato inquadrato da una balaustra. Allo stesso periodo è riferibile il monocromo posto sopra il camino in marmo veneto, raffigurante la Fucina di Vulcano con dei putti (Bartoletti, 2008). La pavimentazione è realizzata con pianelle in cotto disposte a spina di pesce che conservano ancora il colore e la resa originaria, aggraziata dalla patina creata dal trattamento con cere e lino, mentre le cornici in legno delle porte sono un’imitazione del marmo giallo. Sempre al piano terra si apre un altro salone caratterizzato da un grande camino in marmo ampiamente modanato, che eccede rispetto alla dimensione della stanza e probabilmente è frutto del recupero dell’altare di una chiesa e rimontato nel corso dell’Ottocento. Prima di giungere al piano interrato osserviamo un pozzo antico, ancora funzionante, che consente di recuperare l’acqua da una falda superficiale profonda circa 6/7 metri e, alzando lo sguardo verso il piano superiore, possiamo notare una bellissima balaustra in ferro battuto a mano decorata con una bandella martellata e unita con fascette e saldature. Scendendo una rampa di scale realizzata con blocchi interi di marmo – che fanno presupporre ad una costruzione importante poiché il trasporto di pezzi di tali dimensioni era molto oneroso – si giunge nella zona sotterranea. Qui si osserva una sequenza di archi e volte a crociera in mattoni, databili intorno al XV-XVI secolo, che immettono in una sala divisa in due campate, anch’essa chiusa da basse crociere (Bartoletti, 2008), e dove si trova una piccola apertura per l’ispezione del pozzo (che secondo alcuni racconti si trattava di un antico passaggio segreto che metteva in comunicazione l’edificio con l’attuale Palazzo Geroldi). L’organizzazione di questi ambienti fa ipotizzare la presenza di un’antica struttura conventuale, testimoniata anche da fonti non ufficiali. Da annoverare è certamente la Camera degli Sposi che si trova al primo piano dell’altra abitazione situata nella parte sud del Palazzo. Questa presenta un soffitto in arelle appeso, voltato agli spigoli e graziosamente decorato con un bellissimo rosone centrale, e un caminetto in pietra rossa metamorfosata di forma canonica.
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Note artistiche: prof. Riccardo Bartoletti Casa Stanga nel corso dell’ultimo quarto del Settecento venne interessato ad un significativo rinnovamento decorativo che interessò il cosiddetto Salone della Caccia e una sala del piano primo. In un mio precedente intervento (2008) avevo segnalato l’affresco sul soffitto del primo ambiente identificandolo con Venere e Vulcano. In realtà la rilettura iconografica dei soggetti raffigurati e dei loro attributi induce a pensare che sia più corretto identificare nei due personaggi Zefiro e Flora. Il primo è la personificazione del vento di ponente, annunciatore della primavera e favorevole all’agricoltura. Zefiro, o Favonio, viene descritto nell’Iconologia di Cesare Ripa come giovane di bell’aspetto, con le ali e le gote gonfiate. Nell’affresco di Casa Stanga il giovane soffia sulla fiaccola tenuta in mano da Flora, spegnendola. Flora era una divinità italica a cui era attribuita la fioritura, la coltura delle api e la protezione delle partorienti. Ovidio nei Fasti narra la storia di Zefiro che, dopo avere rapito l’avvenente fanciulla, se ne innamorò e riparò alla sua impulsiva e violenta azione sposandola. Nell’affresco figura anche Apollo sul carro del Sole, forse perché la leggenda di Zefiro si incrocia con quella del figlio di Giove e Latona, perché entrambi si contendevano l’appassionata amicizia del giovane Giacinto. Proprio Zefiro, geloso di Apollo, fece deviare il disco laciato dal Dio, in modo che colpisse al capo Giacinto, che ne rimase ucciso. Il tema amoroso sottolineato dall’affresco del soffitto è ulteriormente ripreso dal coevo monocromo eseguito sulla cappa del camino della parete di fondo. Qui sono ritratti eroti, più comunemente noti come amorini, intenti a forgiare frecce per l’arco di Cupido nella fucina di Vulcano. Entrambi gli interventi pittorici, di buona qualità, sono ascrivibili alla mano del medesimo artista (da alcuni identificato con il bresciano Pietro Scalvini), vicino, per esiti figurativi e linguaggio stilistico, all’intelvese Carlo Innocenzo Carloni (Scaria 1686- Scaria 1775), importante decoratore di chiese e palazzi dell’area austriaca e tedesca, attivo nel quinto - sesto decennio del Settecento in alcune dimore e chiese di Brescia e provincia. Cronologicamente le opere sono inquadrabili negli anni Settanta del XVIII secolo. Allo stesso arco temporale appartiene la bella quadratura (affresco di carattere decorativo42
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Particolare del settecentesco affresco a monocromo eseguito sul camino del Salone della Caccia
architettonico) eseguito in un ambiente del piano primo, chiamato Camera degli Sposi. Vero e proprio genere pittorico, la quadratura veniva eseguita da artisti specializzati che collaboravano con i pittori di figure alle campagne decorative di palazzi o chiese. Quella di Casa Stanga presenta al centro un illusionistico cupolino di forma ellittica rivestita di cassettoni ad alveare che vanno rimpicciolendosi verso la sommità con un abile inganno ottico. Quattro raggi raccordano la struttura centrale al perimetro del soffitto dal profilo mistilineo. Cartouches e bouquet floreali completano la capricciosa decorazione. In Palazzo Stanga è quindi possibile indicare la presenza di due distinte personalità artistiche: la prima, di ambito carloniano, parzialmente assimilabile nei modi allo Scalvini, realizza le figure del Salone della Caccia; la seconda esegue la quadratura del locale al piano primo e, probabilmente, lo sfondato dell’episodio mitologico Zefiro e Flora. 43
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Vista di Palazzo Stanga da via XV Giugno verso nord (fotografia arch. A. Perani-marzo 2011)
Vista della loggetta da via XV Giugno (fotografia arch. A. Perani-marzo 2011) 44
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Vista del giardino interno di Palazzo Stanga (fotografia storica- Fam. Stanga)
Il prospetto interno e il parco dell’edificio in un quadro dipinto nel secolo XX 45
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Vista del giardino interno e particolare delle colonne (fotografia arch. A. Perani- marzo 2011)
Il notaio Alberini, primo notaio a Castenedolo, fotografato nel suo studio (primi del Novecento) 46
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In alto: particolare dell’affresco settecentesco raffigurante Zefiro e Flora eseguito sul soffitto del Salone della Caccia a piano terra. A destra: il camino sulla parete di fondo del salone. In basso: veduta del salone (fotografie R. Bartoletti)
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A fianco: la quadratura settecentesca dipinta sul soffitto della Camera degli Sposi al piano primo In basso: il caratteristico camino della sala chiamata Caminada (fotografia R. Bartoletti)
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Estratto dalla mappa napoleonica, 1810
Estratto dal catasto austriaco, 1842 49
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Estratto dal catasto unitario, 1898
Pozzo antico (fotografia Schena) 50
Rilevatore: arch. Massimo Manetti Foto: Massimo Manetti
“Dimora Cavallini”, già di proprietà della nobile Teresa Galanti e poi, per successione ereditaria, di proprietà della nobile Barbara Brunelli, patrizia bresciana nonna dell’attuale proprietario avv. Marco Cavallini Francolini, è situata nel centro storico di Castenedolo sulla via che collega il paese ai comuni di Ciliverghe, Mazzano e Rezzato. Attualmente la strada è conosciuta con il nome XV Giugno, data storica del risorgimento, per una battaglia svoltasi tra i Piemontesi e gli Austriaci. Anticamente la strada era denominata e conosciuta come Borgo di Sopra, e tuttora alcuni vecchi del paese la ricordano con tale nome in dialetto locale “Bordésurò”. Il palazzo riporta sulla chiave di volta del portone principale lo stemma della Famiglia Brunelli. La destinazione d’uso è rimasta invariata nel tempo, come abitazione signorile nell’edificio principale ed alcuni piccoli fabbricati accessori nel contorno dell’area di proprietà. Nelle mappe storiche, da quella napoleonica, a quella del catasto austriaco, a quella del catasto unitario ed a quella attuale, si nota che l’impianto planimetrico del fabbricato non è mutato nelle varie epoche storiche e si può affermare che quello attuale è pressoché identico all’originario. Il palazzo ha una pianta sostanzialmente quadrata ed è riportato nella mappa napoleonica dei primi dell’ottocento, con piccole aggiunte laterali, non significative, e così è arrivato ai nostri giorni. Da ciò, si presume, che l’impianto originale dell’edificio si possa far risalire al Settecento. Il fabbricato è di tipo in linea con affaccio diretto sulla strada e si sviluppa su due piani fuori terra, senza piani interrati. La facciata su via XV Giugno con una scansione regolare delle aperture al piano primo, sormontate da trabeazioni e le banchine collegate da un significativo marcapiano in rilie51
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vo ed uno sporto di gronda sagomato, la grande apertura pedonale e carraia sono da assegnare ad uno stile rinascimentale. Sul fronte strada al piano terra si trovano tre aperture, due a sinistra ed una a destra del portone; quest’ultima è una doppia finestra (bifora). Tutte queste aperture sono contornate da cornici in rilievo, tali da farle risalire probabilmente a rimaneggiamenti eseguiti in tempi più recenti e databili al primo periodo del Novecento. Sopra le aperture del primo piano si trovano delle finestre ovali con riferimenti barocchi e sicuramente di epoca successiva all’impianto originale. Merita una particolare menzione il portale che contorna l’ingresso dell’edificio, in materiale lapideo con arco a tutto sesto formato da quattro elementi principali due verticali e due ad arco, oltre a cinque elementi di raccordo, di cui la chiave di volta che riporta lo stemma della famiglia Brunelli; il portone in legno è di pregevole fattura e per le parti originali di sicuro valore storico. La facciata interna prospetta sul giardino ed è caratterizzata da un ampio porticato e soprastante loggiato a tre campate con colonne in materiale lapideo ed archi a sesto ribassato, il resto della facciata rimaneggiata con un fine graffito decorativo. Il porticato al piano terra è aperto sul giardino, mentre il loggiato al piano primo è chiuso con una vetrata in ferro con parti fisse ed altre apribili. Il porticato e l’andito d’ingresso presentano una pavimentazione storicamente interessante, uno dei primi esempi di pavimento in calcestruzzo di cemento lisciato e decorato con motivi a losanga. L’andito, sul 52
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quale si aprono le porte delle sale, è chiuso dal portone in legno sulla via XV Giugno e da una duplice vetrata: l’una con elementi portanti in legno, l’altra in ferro e vetri. Entrambi i manufatti possono farsi risalire al periodo floreale (liberty). Le stanze al piano terra ed al piano primo sono ampie e luminose decorate a soffitto anche con stucchi di pregevole fattura e di antica realizzazione. Il parco privato è proporzionato dimensionalmente al fabbricato; la pavimentazione è costituita da ghiaia fine in spaccatello di marmo di colore chiaro per la parte adiacente al fabbricato e da un manto erboso per il resto. Il parco, impreziosito da una divisoria in materiale lapideo e cancellate in ferro battuto di epoca cinquecentesca, si presenta con caratteristiche di pregio come luogo raccolto e familiare. Probabilmente in origine era più esteso, poi, nel tempo, lo sviluppo urbano del paese ne ha modificato la superficie snaturando la concezione originale seicentesca. Vista panoramica del giardino e della facciata interna
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Bambino assetato, bronzo dello scultore Adriano Graziotti (1964)
Balaustra cinquecentesca
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Catasto napoleonico (1810)
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Catasto austriaco (1842)
Catasto unitario (1898) 56
Rilevatore: arch. Oliviero Tognazzi Foto: Riccardo Bartoletti, Giuliano Filippini, Oliviero Tognazzi
Mancano tracce documentali circa l’originaria epoca di costruzione dell’edificio, mentre sono evidenti i segni delle trasformazioni ottocentesche. Tali interventi sono rilevabili anche dal confronto tra la mappa del catasto napoleonico, redatta nel 1810, del catasto austriaco (1842) e poi del regno italico redatto nel 1898. Nella mappa napoleonica risulta indicata una porzione di fabbricato posta nel cortile interno poi demolita (nelle mappe catastali indicata in giallo). L’edificio è collocato tra le vie XV Giugno e Fenaroli; nella facciata su via XV Giugno, ascrivibile al secolo XIX°, sono identificabili due distinti corpi di fabbrica: - quello meridionale in cui è inserito l’androne segnalato da un portale marmoreo a sesto ribassato e portone ligneo cieco; ai lati una doppia coppia di finestre con contorno in pietra sbozzata e inferriata a disegno romboidale. Soprastante, separata da un marcapiano appena segnato, pentafila di finestre rettangolari. - il corpo nord (a destra guardando la facciata di via XV Giugno), prevista una tripla fila di finestre allineate, con la posizione dei solai interni segnalata da una vistosa fascia marcapiano. La gronda allinea entrambi le porzioni di facciata con un cornicione intonacato. Si accede al cortile interno tramite l’androne pavimentato in pietra con corsie carraie a correre e lastrame di riempimento. All’interno troviamo un ampio giardino cintato, attraversato da un viale che in testa è delimitato da due colonne marmoree e termina con un fondo prospettico. La visione della zona agreste viene prolungata mediante una decorazione ottocentesca a “trompe l’oeil”, simulante una porta aperta su una verde campagna. “Questa tecnica consiste nel dipingere uno sfondo apparentemente reale su di una parete per farla sparire alla vista”. 57
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Ancora, nel giardino, già sistemato a vigneto, troviamo una fontana marmorea a parete e due colonne in pietra. Alcuni piccoli fabbricati tuttora esistenti erano stati adibiti in passato a canili. Sul lato interno l’edificio presenta un portico a tre luci con copertura a falda realizzata in tempi recenti a protezione di una preesistente terrazza. Dall’androne e dal portico si accede ai locali del piano terra, qui, in una saletta, è stato riportato alla luce un affresco parietale di gusto ottocentesco raffigurante paesaggi lacustri del territorio bresciano. In un altro salone prospiciente il giardino interno è collocato un pregevole caminetto in marmo i cui elementi decorativi richiamano caratteri tipici del tardo ‘500. L’accesso alle sale del primo piano avviene tramite uno scalone in pietra con ringhiera metallica. I proprietari della casa Lombardi svolgono da quattro generazioni la professione di notaio. I componenti della famiglia hanno da sempre amato la caccia, ne sono prova gli innumerevoli trofei, esposti nella villa, di mammiferi di piccola e media taglia e di volatili.
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Vista sul giardino e decorazione a trompe l’oeil
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Il camino del salone a piano terra
Il caminetto della cucina a piano terra 60
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Decorazione ottocentesca con paesaggi lacustri in una saletta a piano terra.
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In alto mappa napoleonica (1810); in basso mappa del catasto austriaco (1842)
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Mappa del catasto unitario (1898)
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Rilevatore: arch. Paolo Terramoccia Foto: Riccardo Bartoletti, Paolo Terramoccia
L’edificio, denominato “Circolo” dalla famiglia Cavagnini, storica e attuale proprietaria, risultato di un’aggregazione di corpi edilizi distinti, che si sono succeduti e stratificati nel corso del tempo, si sviluppa attorno al grande cortile che si estende longitudinalmente a partire dall’androne d’ingresso da via XV Giugno. Analizzando la planimetria, che evidenzia la successione stratigrafica nel tempo degli elementi edilizi e osservando con attenzione le caratteristiche costruttive dell’edificio, si può dedurre come il complesso edilizio si sia costituito e consolidato. In origine la proprietà era costituita dalla grande cantina, caratterizzata da un’imponente volta a padiglione in mattoni, e dal corpo fronte strada confinante con il palazzo Lombardi, cui si richiama per tipologia delle aperture e dei decori delle cornici, probabilmente risalenti al ‘700. Grazie alle mappe storiche possiamo poi capire che il complesso si è modificato una prima volta a cavallo tra il 1700 e il 1800: infatti nella mappa del catasto austriaco del 1842 e in un’altra del 1811, notiamo che l’edificio venne prolungato lungo la via pubblica (l’attuale via XV Giugno) fino ad arrivare di fronte alla cantina già esistente. Nella seconda metà dell’800, come testimonia la mappa del catasto unico del 1898, il complesso si completa con la copertura della parte libera che separa l’edificato fronte strada dalla cantina, andando a costituire un grande portico d’ingresso presente tuttora. Gli anni a cavallo della seconda guerra mondiale contribuirono poi all’ultima consistente modifica del complesso edilizio vedendo la realizzazione, in particolar modo, della parte che si sviluppa sul solo piano terra sul lato nord-est del cortile, caratterizzata da campate libere coperte con una serie regolare di capriate in legno. Grazie a testimonianze e memorie storiche possiamo poi inquadrare la vita e l’uso del complesso edilizio nel periodo che va dagli anni che precedettero il secondo conflitto 65
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mondiale del secolo scorso fino ad oggi. Le stanze, poste sopra la grande cantina centrale e sui locali che si affacciano sulla via pubblica, disposte su due piani, come ad oggi, ospitavano sia le famiglie dei braccianti del proprietario Giulio Cavagnini (primo sindaco socialista del dopoguerra) sia famiglie in condizioni economiche disagiate, cui venivano concesse in uso pressoché gratuito. Si trattava di abitazioni decisamente modeste, ma assai gradite da coloro che ne beneficiavano, poiché certi di poter usufruire di un alloggio sicuro in tempi di grande carenza di abitazioni popolari. Oltre alle abitazioni domestiche è da segnalare la presenza della grande cantina (baricentro del complesso edilizio) che è sempre stata una costante della vita dell’edificio in tutta la sua storia, di cui la recente ristrutturazione non ne ha né ridimensionato né alterato la struttura e la funzionalità. Al suo interno è stato anche ricollocato il grande torchio che serviva in passato per la spremitura dell’uva e che Giulio Cavagnini metteva a disposizione di chi aveva delle viti e non aveva la possibilità di effettuare autonomamente la spremitura di quanto raccolto. Sul lato occidentale del cortile (a destra entrando dalla strada) troviamo un corpo edilizio realizzato nel periodo della seconda guerra mondiale che, nato come ricovero degli attrezzi agricoli, venne poi utilizzato, in un primo momento, come officina meccanica per la riparazione degli stessi per poi divenire un’attività privata rivolta ai veicoli in generale. Attualmente, a seguito di una ristrutturazione risalente ad una decina di anni addietro, la parte di edificio in esame è stata convertita a spazi commerciali e direzionali a carattere privato. 66
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A stretto contatto di quest’ultimo manufatto troviamo il portico che, in origine, fungeva da filtro tra l’edificato e un vigneto interno alla proprietà originaria; gli elementi che indubbiamente lo caratterizzano sono i pilastri in mattoni curvi (originali), che ne conformano la geometria circolare. Nel corso degli anni, indicativamente verso la metà del ‘900, la proprietà originaria venne poi frazionata e il vigneto che ne faceva parte venne venduto al Notaio Lombardi (confinante) e, di conseguenza, il portico aperto su tutti i lati fu chiuso per assumere la configurazione attuale di spazio aperto solo verso il cortile interno del complesso edilizio; infine, a seguito della ristrutturazione sopraccitata, il portico è stato recuperato, mantenendo inalterata la sua peculiarità di limite scenografico del cortile, al fine di ricavarne un suggestivo spazio direzionale. Sulla via XV Giugno si affacciavano due esercizi pubblici: un panificio, che permane tuttora, ed una “Cooperativa di Consumo”, ovvero un negozio di alimentari messo a disposizione ad un canone d’affitto simbolico dal proprietario Giulio Cavagnini, creato da una cooperativa per le necessità di una popolazione in serie difficoltà economiche, aggravate dalla guerra. L’estradosso della volta della grande cantina 67
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Veduta della corte interna
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Planimetria del complesso (disegno arch. Paolo Terramoccia) 69
bibliografia Documentazione inedita raccolta dal Sig. Adalberto Geroldi e gentilmente fornita dalla Famiglia Geroldi G. B. Cacciamali, Geologia della collina di Castenedolo e connessavi questione dell’uomo pliocenico, Brescia 1896
V. Geroldi, Statuti di Castenedolo del 1444, Brescia 1934 V. Geroldi (raccolte e ordinate da mons. Paolo Guerrini a cura della famiglia) Castene-
dolo : note sparse di storia e d’ arte, Brescia 1944 AA. VV., Famiglie Bresciane: Geroldi. Ricerca e note sparse di Vincenzo Geroldi, Brescia 1975 A. Fappani, Enciclopedia Bresciana, vol. II, Brescia 1975 I. Zanolini, Storia di Castenedolo, Brescia 1979 F. Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, vol. V, Brescia 1976, p. 420 S. Guerrini, Chiese bresciane dei secoli XVII e XVIII, Brescia 1981 L. Tedoldi (a cura di), Castenedolo. Una comunità bresciana e la sua identità storica
(secc. XI-XIX), Roccafranca 2000 N. Taglietti Saudou, Castenedolo la Storia e le sue immagini. Storia illustrata nelle foto-
grafie del XX secolo, Brescia 2004 R. Bartoletti, Storia di Castenedolo 1979- 2009. A trent’anni dal libro di Ida Zanolini, cd-rom multimediale, Brescia 2008 R. Bartoletti, Estratti del convegno “Giornate di studi su Pietro Scalvini: pittore del
Settecento bresciano” (26 e 29 marzo 2008 Biblioteca Comunale “Renzo Frusca” di Castenedolo), Montichiari 2008 70
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