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Il valore delle bioplastiche nell’agricoltura circolare
Per raggiungere l’obiettivo di un’agricoltura circolare le bioplastiche sono fondamentali. A ricordarcelo è Assobioplastiche, insieme a molte altre associazioni, che spiega l’importanza di attivare soluzioni concrete insieme a un corretto utilizzo dei termini.
L’agricoltura rappresenta uno dei campi di innovazione per l’applicazione delle bioplastiche. I potenziali vantaggi per il settore sono molteplici, sia in termini ambientali che economici. Assobioplastiche, in collaborazione con Umbria Spring – Cluster Umbro Chimica Verde, ha organizzato un incontro per illustrare il contributo che queste nuove soluzioni possono offrire per attivare percorsi di bioeconomia circolare in agricoltura. L’appuntamento, dal titolo “Il valore delle bioplastiche per un’agricoltura circolare. Prospettive di applicazione e casi di successo” si è svolto a Roma presso le sedi delle
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Regioni Em ilia-Romagna e Umbria. L’intento di Assobioplastiche è quello di mettere al centro collaborazioni e progetti innovativi per il presidio del tema dell’illegalità, per questo il 29 marzo 2022 ha firmato un Accordo di collaborazione con Biorepack per promuovere iniziative di contrasto dei fenomeni illeciti riguardanti gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile e le frazioni similari. L’associazione ha anche creato una piattaforma per il contrasto dell’illegalità sui prodotti in bioplastica compostabile: strumento rivolto a cittadini e alle pubbliche amministrazioni per la segnalazione di potenziali ille- citi nel settore degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile e delle frazioni similari.
Il protocollo d’intesa
Insieme a FederBio, Assobioplastiche si è data l’obiettivo di razionalizzare l’uso dei materiali plastici e contenere la produzione di rifiuto plastico in agricoltura biologica. Per questo, nel 2019, le due associazioni hanno sottoscritto un protocollo di intesa per favorire l’impiego di teli pacciamanti biodegradabili in agricoltura biologica, che ha previsto una sperimentazione triennale in campo per l’utilizzo di teli di pacciamatura «biodegradabili in suolo» nelle coltivazioni biologiche. Tra gli obiettivi del protocollo FederBio e Assobioplastiche c’è anche quello di condividere requisiti minimi e miglioramento continuo dei materiali impiegati per le pacciamature biodegradabili. Il protocollo ha previsto poi una sperimentazione triennale in campo per l’utilizzo di teli di pacciamatura «biodegradabili in suolo» nelle coltivazioni biologiche. Obiettivi della sperimentazione affidata a FederBio Servizi, Azienda Sperimentale Stuarde supervisionati dal Professor Ronga (UNISA), sono stati:
- qualificazione dei teli di pacciamatura biodegradabile in suolo ad aumentata quota di rinnovabilità per uso in agricoltura biologica arrivando a quote di «rinnovabilità» pari o superiore al 60%
- qualificazione di una pratica agronomica sostenibile per pomodoro da industria in biologico che includa i teli biodegradabili;
- qerifica del comportamento dei teli biodegradabili durante un periodo di prova di 3 anni andando a monitorare sia i parametri quali-quantitativi (rese,brix…), ma anche i benefici dell’impiego di tali materiali nei confronti del risparmio idrico, della meccanizzazione, del controllo malerbe.
Le bioplastiche biodegradabili nel sistema suolo-pianta
“Sono felice di poter rappresentare l’università di Bologna e felice di incontrare colleghi dell’Università di Perugia”, spiega nel suo intervento Claudio Ciavatta, docente di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari all’Alma Mater Studiorum Università di Bologna. “Sono anche contento di portare il punto di vista dell’attore principale, il suolo, e dei materiali che devono tornare ad esso e, come chimico e biochimico del sistema del suolo, cercherò di focalizzarmi su alcuni aspetti secondo me più importanti e sui quali c’è bisogno di fare un po’ di chiarezza, su alcuni termini mal utilizzati da alcuni esperti e anche dai media”.

Eccone alcuni:
- Bioeconomia (Commissione Europea): economia che usa le risorse biologiche rinnovabili come materiali per la produzione energetica, industriale, alimentare e mangimistica.
- Bioeconomiacircolare: l’economia in cui tutto è risorsa, inclusi gli scarti. Noi siamo grandi produttori di rifiuti ed è giusto che questi rifiuti tornino ad essere risorsa.
- Bioeconomia: deve aiutare a recuperare tutto ciò che è recuperabile. Quindi è un’opportunità per rispondere alle sfide ambientali, come la scarsità delle risorse, il cambiamento climatico, la desertificazione e la degradazione dei suoli, consentendo allo stesso tempo sviluppo economico e creazione di posti di lavoro, anche in aree marginali e/o a rischio abbandono, mettendo al centro la salute e il benessere dei cittadini.
Bioplastica (EuropeanBioplastics) :tipo di plastica prodotta con materie prime a base biologica (bio-based)
Ci sono poi tre i gruppi di prodotti riconducibili alle bioplastiche: le bioplastiche bio-basednon biodegradabili, le bioplastiche bio-based biodegradabili e le bioplastiche biodegradabili a base fossile. Pertanto,le bioplastiche sono o bio-basedo biodegradabili, o entrambe le cose insieme.
“I materiali biodegradabili, ci tengo a sottolinearlo – aggiunge Claudio Ciavatta – non possono essere biodegradabili “ma”, un materiale biodegradabile deve esserlo e basta, non ci sono vie di mezzo o alternative. Inoltre questi materiali devono avere determinate caratteristiche: si degradano completamente nel tempo grazie all’azione dei microrganismi (nel suolo biomassa microbica); si trasformano, durante la mineralizzazione, in acqua, biossido di carbonio (CO2) e una quota in biomassa microbica; non è cogente che siano prodotti con risorse rinnovabili o non rinnovabili, ovvero con risorse fossili, ma oggi è quanto mai opportuno impiegare nella produzione principalmente prodotti da risorse rinnovabili”.
Per quanto riguarda le Bioplastiche biodegradabili (BBD), queste invece:
- Devono essere prodotte a partire da biomassa rinnovabile, bio-based, e deve essere biodegradabile.

- La biodegradazione descrive un processo naturale in cui un materiale viene scomposto, degradato, mineralizzato dai microrganismi del suolo nei suoi componenti originari, senza lasciare residui.
- Devono avere il tempo necessario. Un parametro che non è avulso dal contesto: il suolo ha una capacità digestiva che è diversa da suolo a suolo, proprio come noi. E, proprio come noi, se la quantità è eccessiva le conseguenze sono evidenti. Se il sistema è sovraccaricato non può funzionare, ogni approccio sperimentale deve tararsi sui parametri del sistema suolo-pianta.
“Parliamo poi di un’altra differenza, quella tra le bioplastiche compostabili e biodegradabili”, aggiunge Ciavatta. “Le bioplastiche sono compostabili se soddisfano tutti i criteri per dimostrarne la compostabilità conformemente alle norme EN 13432 e UNI EN 14995 (equivalente inglese ASTM D 6400 ), a prescindere dalla loro materia prima di base (rinnovabile o a base petrolchimica). Le plastiche biodegradabili sono considerate compostabili se hanno una degradabilità pari ad almeno il 90% entro 6 mesi (valore deve essere verificato in base al metodo ISO 14855)”.
Qualsiasi sostanza organica, in idonee condizioni di temperatura, umidità e di ossigeno molecolare (aria) è soggetta a biodegradazione. Negli impianti di compostaggio, si fa riferimento alla compostabilità delle plastiche con un processo di biodegradazione “fuori suolo” che deve rispettare tempistiche precise, in condizioni controllate. Il processo di biodegradazione delle bioplastiche nel suolo non può garantire un ambiente controllato perché i parametri di processo variano in relazione, ad esempio, al tipo di suolo e al clima. Questo implica che il tempo necessario alla completa degradazione nel suolo verosimilmente sarà maggiore.
L’importanza delle bioeconomie
“SPRING Cluster italiano della bioeconomia circolare raduna moltissime aziende di tante regioni diverse, proprio perché la bioeconomia è qualcosa sulla quale sé importante lavorare insieme insieme”, spiega Mariagiovanna Vetere, rappresentante del Cluster. “I 141 Soci del Cluster Italiano della Bioeconomia Circolare (SPRING) sono realtà che a diverso titolo operano nel campo: grandi player industriali, PMI, università, e tutte le principali organizzazioni di ricerca pubbliche italiane operanti nel settore della trasformazione e della raccolta della biomassa”, spiega Vetere. “Ad essi si aggiungono numerosi soggetti attivi nel campo del trasferimento tecnologico e della comunicazione ambientale.
Attualmente le Regioni sostenitrici sono attualmente 14, più la Provincia Autonoma di Trento”.
“Il settore dei biomateriali sta cercando di crescere sebbene in circostanze molto complesse, poiché ci sono aziende, come quelle che arrivano dal fossile, le quali difficilmente sono disposte a cedere terreno. Per questo lavoriamo molto anche con l’estero, in Germania, in Francia e in Belgio dove ci sono dei buoni cluster sulla bioeconomia”.
Ma lasciamo parlare i dati. SPRING, infatti, collabora alla redazione del Rapporto sulla Bioeconomia in Europa a cura della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo che ha raggiunto la VIII edizione.
“I dati del rapporto ci aiutano a capire quanto conta per la ricchezza di un paese investire sulla bioeconomia. A quanto pare molto, perché non solo fa bene all’ambiente ma si tratta anche di nuovi posti di lavoro e di valorizzazione dei prodotti agricoli, perché è un modo per gli agricoltori di diversificare. La bioeconomia, quindi, crea ricchezza a livello locale ed è un tipo di economia che si oppone alla globalizzazione”.
Si legge in una nota stampa di intesa San Paolo in merito al VIII rapporto sulla Bioeconomia in Europa che “La pandemia causata dal Covid-19 e lo scoppio del confitto in Ucraina hanno reso ancora più evidente la necessità di ripensare il modello di sviluppo economico in una logica di maggiore attenzione alla sostenibilità e al rispetto ambientale. In questo contesto il ruolo della Bioeconomia, ovvero il sistema che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, per la produzione di beni ed energia, è molto rilevante: la sua natura fortemente connessa al territorio, la sua capacità di creare filiere multidisciplinari integrate nelle aree locali e di restituire, grazie a un approccio circolare, importanti nutrienti al terreno la pongono come uno dei pilastri del Green New Deal lanciato dall’Unione europea, al centro anche di molti progetti del PNRR italiano. In questo scenario la quantificazione e l’analisi approfondita delle filiere della Bioeconomia diventano elementi importanti per scelte di politica economica mirate e consapevoli dei cambiamenti in atto”.
Nel 2021, la Bioeconomia ha raggiunto 1.500 miliardi di valore della produzione e oltre 7 milioni di occupati nel complesso di Francia, Germania, Italia e Spagna.
In termini assoluti, la Germania si conferma leader, con un valore della produzione della Bioeconomia stimato pari a 463,6 miliardi di euro, seguita dalla Francia con un valore di 379,4 miliardi. L’Italia si posiziona al terzo posto, con un output pari a 364,3 miliardi di euro, prima di Spagna (251,5 miliardi). In termini occupazionali la Bioeconomia registra valori compresi tra gli 1,5 milioni di addetti della Spagna e i 2,3 milioni di occupati tedeschi. L’Italia, con poco più di 2 milioni di addetti, si posiziona al secondo posto subito dopo la Germania, prima di Francia (1,8 milioni) e Spagna (1,5 milioni).
“Dopo un primo trimestre 2022 – si legge nella nota – ancora caratterizzato da una buona evoluzione, lo scoppio della guerra in Ucraina ha reso lo scenario in cui si muovono le imprese della Bioeconomia ben più complesso I rincari dei costi e le difficoltà di approvvigionamento degli input, in particolare quelli energetici ma anche quelli agricoli, avranno un impatto significativo per alcuni comparti della Bioeconomia (agricoltura, pesca, carta e prodotti in carta in particolare)”.