InFormaSalute - Ulss15 - n.06

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InFormaSalute La rivista utile per la famiglia

VENETO N. 6/ 2013

Con il Patrocinio di:

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Mal di testa Gli occhi dei bambini Le vertigini Gioco patologico Cuore e sport Lo scheletro “fragile” Attacchi di panico

AIDS FINE DELLA TRASMISSIONE RAOUL BOVA


InFormaSalute Periodico di informazione sanitaria, distribuzione gratuita www.informasalute.net Registrazione: Tribunale di Bassano del Grappa N°. 714 del 10.07.2007 Direttore responsabile: Alessandro Tich

da’ energia

Direttore Editoriale: Roberto Cristiano Baggio Coordinatore editoriale: Romano Clemente Ledy Clemente

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soddisfa il palato

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Comitato Scientifico: Dr. Riccardo Artico Primario Otorino Laringoiatra - Presidio Ospe- daliero di Cittadella Dr. Giugliano Berton Dirigente Veterinario Dr. Fabio Brunato Primario Chirurgia della mano - Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Antonella Brunello Ricercatrice Oncologa Dr. Roberto Busetto Direttore Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie Dr. Marzio Chizzolini Primario Oculistica - Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Giorgio Cuccia Responsabile Servizio Dipendenze Dr. Giuseppe Didonè Direttore Neurologia - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Carlo Doroldi Direttore Medicina - Presidio Ospedaliero di Campo San Piero Dr. Stefano Duodeci Direttore FF Unità Patologia della Mammella Dr.ssa Laura Favretti Direttore Ostreticia e Ginecologia - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Roberto Ferro Primario Odontoiatra - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Valentino Fiscon Direttore Chirurgia Generale - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Stefano Formentini Direttore Medico - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Diego Fregonese Direttore Gastroenterologia - Presidi Ospedalieri di Cittadella e Camposampiero Dr. Fernando Gaion Direttore Unità Operativa di Oncologia di Cittadella e Camposampiero Dr. Giovanni Grano Direttore Unità Ortopedia e Traumatologia Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Carlo Gobbo Direttore Sanitario Clinica Odontoiatrica Hospitadella Dr. Giuseppe Idotta Direttore Pneumologia - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Lucio Laurini Primario Urologia - Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Giuseppe Marinaro Responsabile Unità Semplice di Osservazione breve-intensiva del Pronto Soccorso - Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Domenico Miccolis Chirurgo Plastico Hospitadella Dr. Emilio Morpungo Primario Chirurgia Generale - Presidio Ospe daliero di Camposampiero Dr. Maurizio Nordio Direttore Nefrologia e Dialisi- Presidi Ospedalieri di Cittadella e Camposampiero Dr. Luigi Pedon F.F. UOC Cardiologia e Responsabile Servizio Emodinamica Dr. Aristide Prevedello Farmacista Dr.ssa Anna Puppo Dir. Servizio di Igene e Sanità Pubblica Dr. Salvatore Ronsivalle Direttore Unità Operativa Dipartimento di

InFormaSalute VENETO

La rivista utile per la famiglia

N. 6, Aprile 2013

ULSS 15 Alta Padovana

Sommario Editoriale

p. 5

Linee guida dell’Azienda Socio Sanitaria

p. 6

Emicrania e Cefalee

p. 8

Gli occhi dei bambini Le vertigini

p. 10 p. 14

Gioco Patologico

p. 18

Cuore e sport

p. 24

Lo scheletro “fragile”

p. 26

Psico-oncologia

p. 30

Raoul Bova

p. 34

Attacchi di panico

p. 38

In copertina: L’attore Raoul Bova, testimonial della campagna del Ministero della Salute per la prevenzione dell’Aids

Dr.

Chiururgia Vascolare - Ospedale Camposampiero e Cittadella Natalino Simioni Direttore Medicina Generale - Presidio Ospedaliero di Cittadella Dr. Ernesto Vendemiati Primario Ortopedia e Traumatologia Presidio Ospedaliero di Camposampiero Dr. Roberto Verlato Direttore Cardiologia Presidio di Camposampiero Dr. Mario Zanchetta Direttore Cardiologia - Presidio Ospedaliero di Cittadella

Direttore Marketing: Pierpaolo Campagnolo Progetto grafico: Fernanda Pandiscia E-mail: fernanda.pandiscia@gmail.com Hanno collaborato: Barbara Carlesso - Mariarosa Lupato Rodolfo Morello Stampa: Laboratorio Grafico BST Romano d’Ezzelino (VI) bst@graficabst.com Tel. 0424 573 198

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Con il Patrocinio e il sostegno: COMUNE DI SAN GIORGIO IN BOSCO

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Editoriale Alessandro Tich - Direttore Responsabile di “InFormaSalute Veneto”.

È QUESTIONE DI BATTICUORE

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S tu di o Pav i n. Go d it i il b at t ic uo re

La guardia abbassata “L’Aids è una malattia contagiosa che sta in Africa”. E’ una delle disarmanti risposte dei ragazzi di una scuola romana, intervistati a margine di un sondaggio promosso dal portale web Studenti. it in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids, celebratasi come ogni anno lo scorso 1 dicembre. Un’inchiesta che ha rilevato un’unica cosa certa: per molti giovani le informazioni sul contagio da virus Hiv sono poche e confuse. Si sa in generale che si tratta di una malattia, ma non sempre se ne conoscono i dettagli e le modalità di trasmissione. Secondo i dati del sondaggio di cui sopra - che ha chiesto ai giovani che cosa sapessero sull’Aids e chi li avesse informati sull’argomento - il 31% degli intervistati, e cioè un ragazzo su tre, ha dichiarato “di saperne poco o nulla”. Il 10% degli utenti che hanno partecipato all’indagine ha dichiarato di essere stato informato in famiglia, mentre il 29% ha affrontato questo tema a scuola. Un altro 27% è stato invece più intraprendente e le informazioni le ha cercate per conto proprio, nel “mare magnum” di internet. “Su un argomento tanto importante - ha commentato Marta

Ferrucci, responsabile di Studenti.it - una corretta informazione tra i più giovani può fare la differenza tra la salute e una malattia devastante da cui non si guarisce mai. Non preoccupa solo il 31% di utenti che ne sa poco o nulla: lascia perplessi anche quel 27% che si informa da solo e di cui non si sanno le reali conoscenze sull’argomento. L’informazione sull’Aids non può essere affidata alla sola iniziativa dei singoli.” Intanto i numeri dell’Aids parlano chiaro: più di 60mila malati in Italia e contagi in aumento. Eppure, rispetto agli anni in cui la pubblica attenzione sul rischio di contagio era molto più alta, la situazione è cambiata. Nessun canale di comunicazione di massa sembra parlarne adeguatamente e nonostante la gravità della malattia la sensazione è che su questo argomento si sia abbassata la guardia. Ma il messaggio delle istituzioni sanitarie, anche a livello locale, parla chiaro: l’apprendimento e lo sviluppo delle capacità e dei corretti stili di vita per la prevenzione dell’Aids e delle altre malattie sessualmente trasmesse è una questione che necessita anche e soprattutto oggi - di una sempre maggiore e responsabile attenzione. Riguardo all’Aids non bisogna insomma prenderla alla leggera, e su questo tema è importante che i nostri ragazzi crescano in

piena consapevolezza. Il colore rosso della nostra immagine di copertina è il colore del manifesto - che richiama il nastro rosso, simbolo internazionale della lotta contro la malattia - della campagna nazionale promossa dal Ministero della Salute in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids. Con il celebre attore Raoul Bova nella doppia veste di testimonial e di regista dello spot video nel quale viene lanciato il messaggio: “La trasmissione sarà interrotta il prima possibile. Uniti contro l’Aids si vince”. Ed è lo stesso Ministro della Salute, prof. Renato Balduzzi, ad affermare che “il contrasto all’Aids è una sfida globale davanti alla quale non ci si può tirare indietro”. “Per fare questo - dichiara ancora il Ministro - è necessario continuare e intensificare il lavoro di informazione e prevenzione, e sensibilizzare a un comportamento sessuale responsabile, all’utilizzo del preservativo e al test anti-Hiv.” Informare per prevenire: una regola d’oro che per la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita diventa un’assoluta necessità. E anche noi di InFormaSalute, la rivista che fa della prevenzione la sua ragione di esistere, vogliamo dare il nostro contributo.

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ULSS 15

Le linee guida dell’Azienda Socio Sanitaria

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“Continuare a dare un’assistenza di qualità” Parla il Direttore Generale dell’Ulss n.15, dott. Francesco Benazzi Alessandro Tich

Lo avevamo intervistato, verso la fine dello scorso anno, in prossimità della scadenza del suo mandato alla guida dell’Ulss n.15 Alta Padovana. Diversi gli elementi degni di nota che erano emersi nel suo bilancio conclusivo: la riorganizzazione dei due Presidi Ospedalieri di Cittadella e Camposampiero, la riorganizzazione dei servizi sul territorio con l’obiettivo di favorire la medicina di gruppo, l’inaugurazione della nuova piastra chirurgica di Camposampiero, la nuova Piastra Servizi in fase di realizzazione a Cittadella, il “bollino blu” dell’Inail per la qualità del lavoro, il progetto G.I.S. (Geographic Information System) che consente di mappare tutto il territorio in particolare integrando informazioni sanitarie e informazioni ambientali - le diverse patologie e l’inquinamento dell’aria e della falda. Tutti temi e progetti operativi che continuerà a seguire anche nei

prossimi tre anni. Il dott. Francesco Benazzi è stato infatti riconfermato nell’incarico di Direttore Generale dell’Ulss 15. Lavorano al suo fianco, nella nuova Direzione Aziendale, i tre direttori d’area: il Direttore Sanitario dott. Sandro Artusi (riconfermato); il Direttore dei Servizi Sociali dott. Gianfranco Pozzobon (riconfermato, su indicazione dei 28 Comuni della Conferenza dei Sindaci dell’Ulss n.15) e il Direttore Amministrativo dott.ssa Annamaria Tomasella, proveniente dall’Ulss n. 4 Alto Vicentino di Thiene. Ma quali sono, superati i primi tre mesi di rinnovato mandato al vertice dell’Ulss 15, le linee guida della nuova programmazione e della gestione organizzativa dell’Azienda Socio Sanitaria? “La prima linea guida - dichiara il Direttore Generale Benazzi a Informasalute Veneto - è continuare a dare un’assistenza di qualità, mantenendo nei nostri ambulatori servizi eccellenti con

tecnologie avanzate. Il secondo punto è il pareggio di bilancio. E’ sostanziale per un’Azienda come la nostra puntare al pareggio di bilancio, in linea con i parametri stabiliti dalla Regione Veneto. Un altro obiettivo è l’appropriatezza delle prestazioni, lavorando con i medici di famiglia e puntando sulla medicina di gruppo integrata, in cui i medici si confrontano tra pari per concordare la prestazione più adeguata per il paziente. Tra le priorità c’è anche il governo dei tempi di attesa, ovvero la massima efficienza delle specialità ambulatoriali, per arrivare ai parametri previsti dalla Regione e cioè il 100% di risposta per singola specialità.” Tra i punti prioritari nell’agenda del DG, c’è ovviamente anche il tema della prevenzione. “Dobbiamo aumentare la copertura degli screening oncologici - del colon retto, della mammella, della cervice uterina - per dare una sempre maggiore risposta alla prevenzione delle patologie

tumorali - conferma e sottolinea il Direttore Generale -. Dobbiamo inoltre sviluppare il controllo del dolore negli ospedali. Occorre ridurre la sofferenza in ospedale formando gli operatori alla cultura del controllo del dolore, attraverso apposite schede, scale di valutazione e utilizzo di oppioidi quando è necessario. Puntiamo anche sullo sviluppo dell’informatizzazione. La cartella clinica informatizzata, che il paziente può portare con sé in tutto il Veneto e in tutto il mondo, è uno degli obiettivi del 2013. Ogni utente avrà la sua

cartella informatizzata, con una penna Usb, che contiene la sua storia. Ci proponiamo inoltre di aumentare l’integrazione socio-sanitaria. Abbiamo le deleghe di 28 Comuni, è un rapporto forte e costruttivo con gli enti locali del territorio per dare risposta a tutti i bisogni della nostra comunità. Un altro tema attuale è la riorganizzazione dei due poli ospedalieri di Camposampiero e Cittadella: stiamo attendendo, al riguardo, le schede della Regione.” E non manca, da parte del Direttore Generale, un riconoscimento

ad alcuni dei fiori all’occhiello dell’assistenza sanitaria aziendale. “L’impegno - conclude il dott. Benazzi - è quello di garantire la qualità dei nostri Servizi - attraverso un continuo e costante aggiornamento tecnologico, a partire dalle nostre eccellenze: vedi chirurgia robotica, vedi Centro Regionale di riferimento per la retinite pigmentosa, vedi Centro regionale di riferimento per la protesi d’anca. Sono queste, assieme alle priorità elencate prima, le principali cose su cui lavorare nel 2013 assieme alla mia squadra.”

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EMICRANIA Emicrania e cefalee

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Riflettori sul mal di testa A colloquio coi referenti dell’Unità Operativa di Neurologia di Cittadella Chiara Bonan

Al mal di testa non ci si abitua. Arriva in sordina e, nella sua forma più temuta, l’emicrania, impedisce il normale svolgimento delle attività quotidiane ed è tra le cause più importanti di astensione dal lavoro. Quando la testa duole, è impossibile affrontare la luce, il movimento e qualsiasi impegno che richieda uno spostamento dalla posizione supina, preferibilmente al buio e in silenzio. I dati scientifici parlano di un’incidenza pari al 1012% degli italiani, e a soffrirne di più sono le donne: il 17% della popolazione femminile lamenta attacchi di emicrania, contro il 6% dei maschi. A Cittadella è disponibile un ambulatorio dedicato al trattamento della cefalea in tutte le sue manifestazioni, coordinato dalla neurologa dott.ssa Cristina Vilotti, che insieme al primario di neurologia dell’Ussl 15, Giuseppe Didonè ci ha aiutato a capire cause, cure e comportamenti che possono aiutare a prevenire questo fastidiosissimo quanto comune disturbo. - Dottor Didonè, possiamo distinguere tra un semplice “mal di testa” e una vera e propria “emicrania”? - “Innanzitutto è importante evitare

di considerare “emicrania” e “mal di testa” (vale a dire “cefalea”) come sinonimi. L’emicrania costituisce uno dei vari tipi di cefalea, in particolare rappresenta il principale tipo di cefalea primitiva, cioè senza causa nota. Va distinta dal gruppo delle cefalee secondarie, che sono quei “mal di testa” che hanno una causa scatenante nota (patologie oculari come il glaucoma, patologie dell’articolazione temporo-mandibolare, patologie dentarie,

sinusiti, patologie cerebrali come meningiti, tumori, emorragie, ischemie, ecc). L’emicrania è un tipo di cefalea da causa sconosciuta e tipicamente il dolore interessa un lato della testa (da qui il termine di EMIcrania), è un dolore pulsante, intenso, si associa a fastidio alla luce e ai suoni, a nausea e vomito.” - Spesso l’emicrania si presenta in

più individui della stessa famiglia: è possibile individuare un fattore scatenante o una predisposizione? - “L’emicrania è un tipo di cefalea di cui non è nota la causa. Vi è comunque una predisposizione genetica, nel senso che spesso chi soffre di emicrania segnala un familiare, generalmente la madre, affetto dalla stessa patologia. Vi sono poi delle condizioni che possono scatenare l’attacco di emicrania in soggetti che ne soffrono, come ad esempio stress fisici, psichici, ciclo mestruale, digiuno, alimenti particolari (alcolici, frutta secca, formaggi stagionati…).” - L’emicrania può essere spia di malattie sistemiche gravi o comunque di altre patologie importanti? - “L’emicrania in sé non costituisce una patologia grave. Al contrario, il generico “mal di testa” può essere spia di problematiche anche gravi, proprio perché è un fenomeno doloroso insolito possibile espressione di altre malattie.” - C’è una categoria particolarmente colpita? - “L’emicrania colpisce più frequentemente la popolazione femminile. L’età classica di esordio dei primi attacchi di emicrania è l’età adolescenziale-giovanile. Non vi è invece alcuna relazione con particolari categorie professionali.” - Ci sono dei rimedi farmacologici che possono risolvere il problema o è solo possibile arginare la sofferenza di chi ne è affetto? - “Non esiste una terapia farmacologica curativa dell’emicrania: trattandosi di un tipo di cefalea da causa sconosciuta, non è al momento possibile agire alla radice del problema con farmaci che permettano di guarire dall’emicrania. Esiste però la possibilità di trattare il singolo attacco di emicrania con farmaci che hanno lo scopo, una volta scatenatosi l’attacco emicranico, di

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attenuare (e spesso risolvere completamente) il dolore. Si tratta di analgesici come il paracetamolo, i farmaci antinfiammatori della famiglia dell’aspirina (ibuprofene, naprossene…), e i farmaci della famiglia dei triptani, per pazienti che non presentino particolari controindicazioni. E’ fondamentale sottolineare l’importanza, qualsiasi sia il farmaco impiegato, di evitare l’abuso del farmaco stesso, che potrebbe portare ad una cronicizzazione del problema. Esiste infatti la possibilità, nei pazienti che presentino almeno 4 attacchi emicranici al mese, di seguire una cosiddetta terapia di profilassi per la durata di circa 3 mesi, allo scopo di ridurre la frequenza degli attacchi. Alcuni pazienti possono inoltre giovarsi di misure alternative (massaggi, agopuntura, ecc), la cui efficacia resta comunque dubbia.” - Spesso si dice che il caffè può aiutare a risolvere una crisi di “mal di testa”: è solo un detto o c’è qualche evidenza scientifica a proposito? - “I dati scientifici indicano che la caffeina in molti pazienti consente di alleviare sensibilmente il dolore dell’attacco emicranico, probabilmente grazie alla sua attività di vasocostrizione. Per questo motivo esistono alcuni farmaci per il trattamento

dell’emicrania che ne contengono un discreto quantitativo, in associazione ad altri analgesici. Anche la sospensione della caffeina in soggetti emicranici che ne facciano abitualmente uso può scatenare un attacco di cefalea emicranica.” - C’è qualche norma che riguardi il comportamento o lo stile di vita che lei consiglia ai suoi pazienti che lamentano emicranie ricorrenti? - “In generale nei pazienti emicranici consigliamo di seguire uno stile di vita regolare, cercando di evitare tutte quelle condizioni che possono scatenare un attacco di emicrania in un soggetto predisposto ad averne. Quindi raccomandiamo di evitare (o quanto meno contenere) stress fisici, consigliando ad esempio una adeguata igiene del sonno; oppure evitare alimenti particolari, soprattutto le bevande alcoliche. E’ molto importante, anche per guidare la migliore strategia terapeutica, la compilazione del diario della cefalea, in cui il paziente annota i giorni degli attacchi emicranici, la durata, i sintomi associati, l’eventuale assunzione di farmaci e l’efficacia degli stessi.”


OCULISTICA PEDIATRICA Le patologie oculistiche in età pediatrica

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si, migliore il risultato funzionale! Se il problema “occhio pigro” è superato, si procede alla chirurgia dello strabismo che in alcuni casi va fatta precocemente.: aspettare troppo significa abituare il cervello ad una visione scorretta, che con il passare degli anni diventa irrecuperabile.”

Gli occhi dei bambini Parla la dr.ssa Elisabeth Milan, responsabile di Oculistica Pediatrica dell’Ospedale di Camposampiero Chiara Bonan L’occhio pigro? Va allenato. E se lo sguardo non è centrato, o altre gravi patologie impediscono una vista chiara, la chirurgia è d’aiuto. Anche a pochi mesi di vita. L’ambulatorio di oftalmologia pediatrica e strabismo dell’ospedale di Camposampiero spicca in Veneto per la capacità di trattare patologie oculistiche in età pediatrica sin dai primissimi giorni di vita. Molto spesso più precoce è l’intervento, e maggiori sono le possibilità di un ottimale recupero funzionale dell’occhio. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Elisabeth Milan, responsabile dell’ambulatorio specializzato nel reparto di oculistica diretto dal dottor Marzio Chizzolini, che può vantare un considerevole numero di interventi di strabismo eseguiti su adulti e bambino, con oltre 100 bambini operati in un anno. - Quali sono le principali patologie oculistiche in età pediatrica trattate presso la struttura di Camposampiero? - “Da anni ci occupiamo delle principali patologie pediatriche, sia dal punto di vista chirurgico

che riabilitativo, grazie ad un’eccellente equipe di ortottiste. Trattiamo l’ambliopia, lo strabismo, la cataratta congenita, le retinopatie del prematuro, i problemi delle vie lacrimali. Possiamo intervenire anche su neonati prematuri, grazie al prezioso supporto del reparto di neonatologia diretto dal dott. Filippone, che è in grado di seguire bambini nati a partire dalla 24esima settimana di gestazione, di soli 500 grammi di peso.” - Quando è possibile intervenire con la riabilitazione e quando è invece necessario un intervento vero e proprio? - “Nel caso dello strabismo vanno seguite entrambe le strade: dapprima si insegna all’occhio a vedere con un bendaggio occlusivo che stimola alla visione, solo in seguito si interviene chirurgicamente sui muscoli per “raddrizzarli”. La retinopatia del prematuro, nei casi a rischio, viene trattata con una tecnica laser, indolore per il neonato e con semplice sedazione, che consente di evitare la più invasiva chirurgia vitreo-retinica, riservata ai casi in cui la retina è già marcatamente compromessa. La cataratta congenita va operata, mentre la

stenosi delle vie lacrimali, una situazione in cui i canalini lacrimali non si aprono, può essere monitorata e trattata con massaggi locali che spesso (ma non sempre) risolvono la situazione. Per l’ambliopia, il cosiddetto “occhio pigro”, invece, la riabilitazione rappresenta una cura di per sé.” - Quanto conta la precocità della diagnosi delle patologie oculistiche pediatriche? - “In alcune patologie è fondamentale. La cataratta congenita va operata precocemente, intorno ai 2-3 mesi di vita. Per i problemi delle vie lacrimali in età pediatrica, si aspetta intorno all’anno di età per eventuali scelte chirurgiche. Nel frattempo si consigliano massaggi locali e terapia antibiotica a cicli. In caso di mancata risoluzione del problema, che di solito si verifica spontaneamente intorno all’anno di età, si ricorre alla chirurgia. Va diagnosticato precocemente anche lo strabismo: in questo caso l’occhio “che va per conto suo” non ha un’esperienza visiva normale. Per garantirla, è necessario diagnosticare il difetto il prima possibile e cominciare con la riabilitazione fin da subito: più precoce è la diagno-

- I genitori riescono ad accorgersi quando un figlio ha problemi alla vista? - “Non sempre i genitori possono accorgersi di un difetto visivo o di una malattia dell’occhio, specialmente se il problema riguarda solo uno dei due occhi e l’altro compensa.” - Quali sono i segnali che devono far scattare l’allarme? - “In età pre-verbale (prima dei due anni) sicuramente ogni volta che si verifica, anche in modo sporadico, che uno degli occhi “vada per conto suo”. Oppure se è evidente un riflesso di colore “strano” (di solito biancastro) nella pupilla. In quest’ultimo caso ci possono essere d’aiuto i colleghi pediatri, nell’ambito dei loro bilanci di salute periodici. Quando il bambino parla si possono notare altri segnali: il bambino strizza gli occhi, si avvicina per vedere meglio, lamenta mal di testa, cefalea, bruciore degli

occhi dopo un impegno visivo. In tutti questi casi è necessaria una visita oculistica. E’ anche vero, però, che talvolta cioè che si nota può essere una manifestazione tardiva di un difetto visivo, per cui noi, in via preventiva, consigliamo ai genitori di sottoporre i figli ad un consulto oculistico a 3 e a 6 anni. A 3 anni, perché a quest’età siamo ancora in tempo per ottenere un risultato funzionale con la riabilitazione in caso di strabismi o ambliopie non notate dai genitori. A 6 anni perché, in coincidenza con l’inizio della scuola, è importante mettere il bambino nella condizione di avere una visione normale in presenza di difetti visivi.” - Prima dei 3 anni è possibile sottoporre il bambino ad una visita oculistica? - “Assolutamente sì: non è vero che non è possibile visitare gli occhi di bambini non collaboranti. Esistono delle tecniche rivolte proprio ai bambini in età pre-verbale, che permettono di stabilire con certezza eventuali difetti visivi. In alcuni casi è addirittura necessario che il bimbo venga visto prima dei 3 anni, specie se c’è familiarità per difetti visivi importanti, strabismo, ambliopia o altre patologie oculari.”

- E per i bambini più grandi, è vero che guardare troppo la tv o stare davanti al computer fa male? - “In termini assoluti no: diciamo che mantenere la focale continuativamente a distanza ravvicinata stanca gli occhi. Non è vero che una miopia o un’astigmatismo peggiorino guardando troppa tv, leggendo troppo o rimanendo per ore davanti allo schermo del computer. L’evoluzione di questi difetti deriva da una predisposizione della persona. Di certo, però, vale sempre la pena di mettere gli occhi in condizioni di vedere meglio, anche durante lo studio, con una buona illuminazione e una postura corretta.” - Tempo fa si consigliava l’estratto di mirtillo per migliorare la vista: è un’indicazione corretta? - “Sicuramente le vitamine A e B12 sono indispensabili per il corretto funzionamento degli occhi. Anche la luteina sotto forma di integratore, ma comunque presente nella frutta e verdura, può favorire una buona condizione retinica. Non sono rimedi miracolosi, ma sicuramente un’alimentazione sana e variata aiuta anche la salute della vista.”

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Tornare a sorridere in una sola seduta con l’implantologia a carico immediato

ALLE 7:00 ERO COSI’....

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...ALLE 18:00 ECCO IL MIO NUOVO SORRISO

Ritrovare il sorriso in meno di 12 ore

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Intervista al dottor Carlo Gobbo, Odontoiatria e Protesista dentale, Direttore sanitario della clinica Hospitadella Stefano Sicura Gli ottimi risultati ottenuti negli ultimi anni mediante l’implantologia hanno portato a un notevole aumento della richiesta di questo particolare trattamento da parte dei pazienti. A ricorrere alle riabilitazioni implantoprotesiche sono soprattutto gli anziani, che per il severo grado di riassorbimento delle ossa mascellari non riescono più a stabilizzare le protesi mobili, e i giovani/adulti, che non vogliono compromettere la dentatura residua con la realizzazione di ponti fissi tradizionali. - Come si è evoluto il protocollo chirurgico classico? - “Il costante sviluppo delle tecniche chirurgiche ha ridotto enormemente il disagio post-operatorio dei pazienti. In quasi tutti i casi si è passati dal protocollo chirurgico classico che prevedeva due fasi chirurgiche, eseguite a distanza di alcuni mesi l’una dall’altra, a una tecnica estremamente raffinata, che consente in un’unica seduta, eseguita in ambulatorio, di estrarre i denti, inserire gli impianti e posizionare la protesi fissa. Esistono anche tecniche computer-guidate, ma il grado di rispetto sia dell’osso che della gengiva sono nettamente inferiori. In mani esperte, inserire gli impianti a lembo aperto permette di rispettare maggiormente la gengiva residua e consente una correzione ossea per far guarire definitivamente dalla malattia parodontale, che ha fatto perdere i denti. Non bisogna dimenticare che i pazienti che fanno gli impianti hanno perduto i denti per piorrea che deve essere

assolutamente curata. Dato che l’Arte Medica non può ancora essere superata da nessuna macchina, la tecnica computer-guidata può essere applicata con buoni risultati solo in un numero limitato di casi.” - In che cosa consiste la tecnica di implantologia a carico immediato? - “Da oltre 15 anni la mia attenzione si è concentrata sulla procedura chirurgica definita a carico immediato, che permette il posizionamento dei denti fissi subito dopo l’inserzione degli impianti. Abbiamo sviluppato tecniche chirurgiche estremamente sofisticate che rispondono alle richieste dei pazienti e permettono di tornare immediatamente alla propria quotidianità. Queste nuove tecniche (come ad esempio l’All-on-4) consentono il posizionamento di impianti particolarmente lunghi e quindi molto stabili, anche in pazienti con gravi perdite di osso, in cui è generalmente sconsigliata l’implantologia tradizionale. In questo modo è possibile fissare una protesi a carico immediato nella stessa seduta.” - Quali sono i vantaggi che scaturiscono dall’utilizzo degli impianti a carico immediato? - “Indubbiamente l’accorciamento dei tempi terapeutici è un vantaggio sia per il paziente, che può recuperare rapidamente sia la funzionalità che l’estetica, sia per il clinico. Un altro aspetto positivo di questa tecnica è rappresentato dal minor numero di sedute chirurgiche necessarie, la cui diretta conseguenza è un maggior rispetto dei tessuti duri e molli del cavo orale. Quindi posizio-

nando la protesi a carico immediato nella stessa seduta, il risultato in termini di funzione immediata, estetica, gonfiore, masticazione e comfort per il paziente, non è neppure paragonabile a quando la protesi viene consegnata nei giorni successivi all’intervento.” - Cosa garantisce la stabilità e la durata nel tempo degli impianti? -“Con impianti di alta qualità e protesi progettate per una corretta distribuzione del carico masticatorio si possono avere percentuali di successo dei trattamenti implantoprotesici di oltre il 98% a distanza di 10 anni.” - Molti italiani, per risparmiare, si rivolgono a studi “low-cost” o all’estero per interventi di odontoiatria e implantologia. Cosa ne pensa? - “Credo sia importante sottolineare il fatto che qualsiasi riabilitazione odontoiatrica, soprattutto se complessa, necessita di essere seguita nel tempo con richiami periodici al fine di garantire un’ottima efficienza e durata della protesi. In caso di contenzioso derivante da un insuccesso del lavoro eseguito non esistono poi leggi internazionali a garanzia del paziente, e inoltre alcuni materiali, quali ad esempio le leghe dentali preziose ad alto titolo di oro, hanno un costo fisso a livello mondiale. Altra considerazione importante riguarda le normative molto severe che in Italia regolano i protocolli di igiene e sterilità per evitare il rischio di contrarre infezioni. Molto spesso, quindi, il risparmio reale che il paziente crede di ottenere va ad incidere sulla qualità dei manufatti eseguiti.”


VERTIGINI Le vertigini: cosa sono sono e perché accadono

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rata alcune ore, ma non era legata al movimento, allora ci si orienta per un disturbo del labirinto di altra natura. Può essere labirintite o malattia di Ménière, ma a questo punto si rendono necessari degli esami strumentali. La cura è quasi sempre, prevalentemente, di tipo riabilitativo, per aiutare il cervello a compensare le mancanze e riacquistare una cognizione corretta dell’equilibrio.

Quando la testa sale in giostra

Intervista al dr. Riccardo Artico, primario di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale di Cittadella Chiara Bonan

Se la sensazione è quella di stare in “giostra” o se il mondo improvvisamente inizia a vorticare intorno a noi, probabilmente siamo nel bel mezzo di una crisi di vertigini. Un disturbo estremamente fastidioso e assai diffuso, anche se per fortuna molte volte semplice da risolvere affidandosi a medici esperti. L’ospedale di Cittadella ha un laboratorio che si occupa proprio di diagnosticare i disturbi da vertigine o disequilibrio: si chiama “audiovestibologia” e lavora nell’ambito del reparto di Otorinolaringoiatria diretto dal dottor Riccardo Artico. Qui si svolge anche la riabilitazione, che rappresenta il rimedio d’elezione per la maggior parte dei disturbi dell’equilibrio. - Dottor Artico, le vertigini si presentano allo stesso modo per tutti? - “Ci sono due tipi di vertigini: la più importante è quella violenta, in cui il paziente si sente girare o

vede girare il mondo intorno a sé; si accompagna a nausea e vomito, e costringe chi ne è colpito a rimanere sdraiato. La seconda categoria sono i disequilibri: sensazioni costanti o transitorie di instabilità, di incertezza nei movimenti, che a differenza delle vertigini vere e proprie in qualche modo consentono di espletare le attività quotidiane, pur se con fastidio.” - Come si originano le vertigini? “Le vertigini periferiche originano dall’orecchio, quelle centrali hanno una causa neurologica. Nel caso della vertigine violenta l’origine è da cercare quasi sempre nell’orecchio in una delle diverse patologie che possono causarla; se il sintomo è il disequilibrio, invece, le cause possono essere tante e diverse.” - Quali sono le principali patologie che causano vertigine? - “Quando un paziente lamenta un problema legato all’equilibrio, il primo passo è distinguere se si

tratta davvero di una vertigine. Se è una vertigine importante, al paziente viene chiesto se il disturbo arriva quando vuole o solo in seguito a movimenti o posizioni precise. Se è vera la seconda ipotesi, la diagnosi è di canalolitiasi.” - Di cosa si tratta? - “Succede che alcuni cristalli, normalmente posizionati dentro il labirinto, si spostano e vanno ad infilarsi nella posizione sbagliata. Succede in genere di notte o al risveglio, dando origine ad una vertigine violenta che è in assoluto la più frequente (il 70% della popolazione la sperimenta), è di breve durata ed è legata al movimento. Questo disturbo, che è molto fastidioso ma non è di nessuna gravità, si tratta in ambulatorio: dopo aver verificato con un’apposita manovra la diagnosi, con altre manovre, dette liberatorie, si riposizionano gli otoliti nel posto giusto risolvendo il problema.” “Se invece il paziente risponde che la vertigine è stata violenta, è du-

- Spesso si attribuisce alla cervicale o a disturbi circolatori la comparsa di vertigini: quanto c’è di vero in questo? - “Sono miti da sfatare. E’ davvero raro che le cervicali siano causa di vertigine violenta. E’ invece vero il contrario: qualunque persona che abbia una qualunque forma di vertigine tende ad irrigidire il collo per difesa. Un altro problema diagnostico riguarda le cosiddette “equivalenze emicraniche” nella donna, che spesso non vengono riconosciute come tali, ma sono al terzo posto tra le cause di vertigine. Le donne che in età fertile hanno patito emicranie importanti vedono sparire il dolore al capo con la menopausa. Contemporaneamente iniziano le crisi di vertigine, che sono strane e diverse tra di loro e rappresentano semplicemente una forma diversa dell’emicrania precedente. Una volta riconosciuto il problema, si ricorre ad un protocollo farmacologico che consente un buon controllo delle ricadute. Questo, insieme alla malattia di Ménière, è uno dei pochi casi in cui il trattamento farmacologico risulta risolutivo.” - E le vertigini da “altitudine”?

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- “Il sistema dell’equilibrio funziona attraverso una centralina cerebrale e una serie di strumenti: vista, labirinto (orecchio), sensibilità, muscoli. Ognuno di questi manda dei segnali al cervello, che li confronta, li valuta per congruenza e si comporta di conseguenza. I guai cominciano quando, per esempio in una labirintite, un labirinto si spegne, l’altro dà un segnale diverso, e al cervello arrivano informazioni incongruenti. Anche nel caso della vertigine da altezza c’è una discrepanza di segnali: i due labirinti segnalano posizione statica, i piedi danno un’informazione di solidità, i muscoli tengono in piedi il corpo, ma la vista vede un burrone e dà incongruenza. In questo caso, come nel mal d’auto, tutto dipende dalla nostra “centralina cerebrale”: in base ad un meccanismo neurologico proprio di ciascuno, la prevalenza di uno dei segnali può dare vertigine da altitudine o nausea da movimento.” - Ci sono altre tipologie di “giramento di testa”?

- “Ci sono i cosiddetti deficit multisensoriali dell’anziano, che sono un disequilibrio, più che una vertigine. In questi casi il problema deriva dal fatto che tutti gli strumenti di cui parlavamo prima funzionano in maniera non ottimale. L’anziano patisce allora di un’instabilità molto diffusa e grave. Ciò che aiuta in questi casi è la terapia fisica riabilitativa. Bisogna in pratica insegnare al pilota (il cervello) a pilotare l’aereo (il corpo) con strumenti “scassati”: si adottano piccole strategie e si migliora di molto la qualità della vita.” - Abbiamo parlato finora di vertigini definite “periferiche”. Cosa sono le vertigini “centrali”? - “Le vertigini centrali sono legate ad un problema neurologico. Non si presentano quasi mai da sole, bensì insieme ad altri sintomi, non sono quasi mai violente e assomigliano più ad un’incertezza, ad un’instabilità. Anche in questi casi, la terapia riabilitativa è in grado di restituire una funzionalità migliore.”


TURNI DI GUARDIA FARMACEUTICA NOTTURNA E FESTIVA AZIENDA ULSS N째 15

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GIOCO D’AZZARDO Ludopatia, un fenomeno in crescita

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Quando il gioco si fa duro Attivato dal Dipartimento Dipendenze dell’Ulss 15 un servizio di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico Alessandro Tich

E’ la nuova droga del Terzo Millennio. Parliamo di gioco d’azzardo patologico: coinvolge sempre più persone, e le rispettive famiglie, costituendo una nuova ed emergente forma di allarme sociale. Che provoca, in chi ne soffre, pericolosi meccanismi di dipendenza istigati dall’illusione psicologica del “ritenta, sarai più fortunato”. Il soggetto dipendente dalla “ludopatia” è incapace a resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante sia consapevole che tale comportamento può portare a gravi conseguenze. E’ continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di gioco, a pianificare le successive imprese di gioco, a escogitare modi per procurarsi il denaro con cui giocare. Una disposizione mentale che genera un’incessante alternanza di stati di eccitazione e di delusione, per le vincite mancate che lo porteranno, per “rifarsi”, a ritentare la fortuna alla prima occasione. Con preoccupanti e fuorvianti effetti collaterali: chi ricorre al gioco, spesso lo fa come

fuga dai problemi quotidiani o come compensazione all’umore negativo causato dal senso di ansia o di colpa che a sua volta è generato - per un subdolo circolo vizioso - dalla stessa pulsione a giocare. Come per il fumo, sopraggiungono irritabilità e irrequietezza quando di tenta di giocare meno o di smettere. E soprattutto, nella consapevolezza della propria dipendenza, il soggetto mente in famiglia e con gli altri per nascondere il suo incontrollato e dispendioso vizio arrivando anche - nei casi più gravi - a compromettere le proprie relazioni, lo studio, il lavoro o la carriera. Fino ad arrivare, in taluni casi, a compiere persino furti o frodi per procurarsi il denaro necessario a finanziare la sua ossessione. Il gioco compulsivo non guarda in faccia a nessuno: tra i maschi - come informa il Ministero della Salute - in genere il disturbo inizia negli anni dell’adolescenza, mentre nelle donne inizia all’età di 20-40 anni. Lo stato di isolamento in cui il giocatore patologico si trincera per sua stessa scelta lo rende così

più vulnerabile rispetto al proliferare delle occasioni da azzardo: poker-machines, superenalotto, lotto istantaneo, gratta e vinci, giochi e scommesse online. E più si allarga il dibattito su come contrastare il fenomeno, più aumenta l’offerta dell’azzardo legalizzato. L’argomento trova spazio nelle pagine dei giornali, ma quasi sempre solo per fatti di cronaca. Uno dei più recenti è accaduto nel vicentino: un 44enne è stato salvato in extremis da un tentativo di suicidio, grazie al tempestivo intervento dei Carabinieri. I Militari dell’Arma avevano ricevuto una telefonata al 112 che segnalava la presenza di un uomo all’interno di una Fiat Punto che stava per uccidersi convogliando dentro l’auto i fumi di scarico della marmitta mediante un tubo di gomma. Raggiunto dai Carabinieri, l’aspirante suicida è fuggito per i campi: raggiunto e bloccato, è stato ricoverato all’Ospedale al reparto di Psichiatria. Dai primi accertamenti, è emersa la verità: l’uomo voleva togliersi la vita perché aveva perso forti somme di denaro alle macchinet-

te da gioco. Si tratta, ovviamente, delle conseguenze estreme - e per questo, fortunatamente, numericamente limitate - della perdita del controllo su sé stessi provocata dalla patologia. Ma la diffusa e crescente casistica “sommersa” dei gioco-dipendenti, che non affiora alla luce del sole, rende necessaria una effettiva presa in carico del problema da parte delle istituzioni del territorio. I numeri, del resto, parlano chiaro: secondo alcune stime americane la ludopatia può interessare il 2-4% della popolazione, rappresentando dunque anche un importante problema di salute pubblica. Secondo alcuni autori, la ludopatia è la patologia da dipendenza a più rapida crescita tra i giovani e gli adulti. La risposta dell’Azienda Ulss 15 Da tempo, l’Ulss 15 Alta Pa-

dovana ha avviato un’attività di consulenza nel campo della prevenzione e del contrasto al gioco d’azzardo patologico, come parte della rete regionale e nazionale dei Servizi che si occupano di questo problema. Ne abbiamo già parlato nelle pagine di Informasalute, ma l’incremento del fenomeno ci impone di ribadire l’informazione a beneficio di tutti i nostri lettori. Si tratta infatti di una malattia che richiede una appropriata valutazione e un adeguato trattamento: di recente, il DDL (disegno di legge) 13/9/2012 n. 158 (art. 5), ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia. Chi soffre di dipendenza dal gioco, o chi è un familiare di un soggetto ludopatico, può chiede-

re aiuto rivolgendosi al Dipartimento Dipendenze, alle sedi del Ser.T di Camposampiero (via Cosma, 1 tel. 049 9324967) o di Cittadella (via Pilastroni, tel. 049 9424452). Il Ser.T, a seconda del caso, può avviare un percorso educativo-motivazionale, un supporto psicologico, una terapia farmacologia, un sostegno familiare, un intervento sociale o un invio a una struttura adeguata. Grazie al progetto “Due di Picche”, attivato nel 2012, l’Ulss 15 opera localmente la presa in carico dei pazienti anche attraverso un trattamento di gruppo di psicoterapia e di auto-mutuo-aiuto per giocatori d’azzardo patologici. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare: per uscire dal tunnel della dipendenza da azzardo e riconquistare la propria qualità della vita.

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I disturbi del sonno, roncopatia e apnea ostruttiva (osa)

Publiredazionale a cura dell’Agenzia “Europa ‘92”

Centro Medico Odontoiatrico Dott. Aldo Amato

La diagnosi precoce consente di mettere in atto delle terapie idonee che, oltre ad elevare la qualità della vita, consentono di scongiurare conseguenze gravi come l’ipertensione, le patologie cardiache , il decadimento cognitivo, l’ictus , i rischi derivanti dalla sonnolenza diurna oltre che la diminuzione della libido e la nicturia (bisogno di urinare di notte).

più efficiente possibile. Trattamento Talvolta lo specialista riesce a eliminare o ridurre forme lievi di russamento suggerendo semplici accorgimenti o cambiamenti nello stile di vita. L’OSAS medio grave può essere controllata con i CPAP (Continuos Positive Airway Pressure). L’efficacia è ottima, ma la scomodità è massima, tanto che molti pazienti non vogliono sottoporsi

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a questa terapia che purtroppo deve essere protratta per sempre. Il sonno è essenziale per ottenere il recupero delle energie spese dal nostro cervello durante la giornata. I disturbi del sonno portano a conseguenze fisiche e psicologiche anche molto gravi. La diminuzione della qualità della vita non è, infatti, il solo aspetto da tenere in considerazione; i soggetti affetti da disturbi del sonno, ed in particolare da roncopatia (il russare) con apnee hanno un elevato rischio di contrarre malattie cardiovascolari e di essere colpiti da morte improvvisa. Non è tutto: possono sviluppare malattie metaboliche e contrarre infezioni dovute alla diminuzione di efficienza del sistema immunitario, sono soggetti ad una diminuzione della libido e hanno un maggior rischio di incidenti sul lavoro e di incidenti stradali, oltre ad essere meno produttivi durante le ore diurne. Nuove acquisizioni dalla ricerca La ricerca ci ha fornito nuove tecniche per il monitoraggio e per il trattamento di disturbi del sonno, e ha permesso di delineare un prospetto dell’interazione tra i ritmi circadiani ed il sistema immunitario.

Tra i disturbi del sonno più frequenti ricordiamo: - l’insonnia e la sonnolenza diurna - la roncopatia o russamento - la sindrome dei movimenti periodici delle gambe (nel sonno) - la sindrome delle gambe senza riposo - la narcolessia - disturbi del ritmo circadiano - il bruxismo (digrignamento dei denti) - il reflusso gastro-esofageo I nuovi orientamenti scientifici pongono l’odontoiatra in prima linea nell’intercettare e diagnosticare queste patologie e dare l’avvio all’iter per la diagnosi e la cura, in collaborazione con altri specialisti medici. Il centro medico odontoiatrico del dott. Aldo Amato, attraverso un iter anamnestico e diagnostico che segue un protocollo internazionale accreditato dalla “American Academy of Sleep Medicine,” esegue una selezione dei pazienti per valutare e coordinare l’opportuno trattamento, avvalendosi della collaborazione di un team di specialisti di altre branche medi-

che competenti nella medicina del sonno come il neurologo, l’otorinolaringoiatra esperto in videorinoscopia e sleep endoscopy, il pneumologo, il chirurgo maxillo facciale. La cura dei pazienti e un attento follow up delle risposte al trattamento sono al centro della missione dello studio. Il dottor Aldo Amato, medico chirurgo e odontoiatra è socio della “ società italiana di medicina del sonno in odontoiatria”. Il russamento (roncopatia) avviene a causa del passaggio difficoltoso dell’ aria attraverso le prime vie aeree. Tale situazione causa la vibrazione dei tessuti molli compresi tra il palato, la lingua e la faringe. Il caratteristico rumore che ne deriva crea spesso serie difficoltà nelle relazioni sociali e nella convivenza familiare. Se assieme al russamento sono presenti anche delle apnee (interruzioni del respiro) significative per frequenza e durata, la patologia va curata. E’ dimostrato che chi è affetto da OSAS (sindrome dell’apnea cronica ostruttiva) medio grave da almeno nove anni ha un rischio di morte aumentato del 40%

La diagnosi ed il trattamento non vanno improvvisati, ma devono seguire dei moderni protocolli internazionali validati scientificamente (American Academy of Sleep Medicine) ed attuati in strutture adeguate nelle quali sono coinvolti vari specialisti. E’ fondamentale, inoltre, che il team abbia un coordinatore competente unico, che sia in grado di condurre il paziente lungo il percorso di diagnosi e trattamento nel modo

La ricerca si è prodigata per trovare delle alternative che risolvano il problema radicalmente. Oggi più del 50 % delle roncopatie associate ad OSAS può essere eliminata usando di notte un semplice apparecchio odontoiatrico notturno, il cosiddetto MAD (mandibular advancement device), che si applica ai denti per avanzare la mandibola. L’apparecchio assomiglia al più noto “Bite” ma sfrutta meccanismi diversi: la realizzazione, l’applicazione ed i

Centro Medico Odontoiatrico

Dott. Aldo Amato Medico Chirurgo Odontoiatra Via Roma, 73 - 35010 Borgoricco (PD) Tel. 049 5798452 - Fax 049 5798080 info@studiodentisticoamato.it www.studiodentisticoamato.it

controlli sono di esclusiva competenza odontoiatrica specialistica. In una percentuale dei casi di roncopatie e OSAS, a seguito di precise indagini diagnostiche, il problema può essere radicalmente risolto con sofisticati trattamenti di “somnoplasty” (sonnoplastica), come la riduzione con l’uso di radiofrequenza o altre tecniche della base della lingua, la UVPP (uvulo faringo palato plastica), la chirurgia con radiofrequenza dei turbinati del naso, l’avanzamento chirurgico combinato maxillo facciale. La struttura del dott. Amato mette a disposizione dei propri pazienti sia la parte diagnostica sia quella dedicata alla cura delle patologie del sonno, sfruttando le tecniche più moderne ed innovative. A tal fine si avvale della collaborazione di altri specialisti interni ed esterni altamente qualificati nella materia. I pazienti dello studio hanno la possibilità di eseguire la “POLISONNOGRAFIA” (monitoraggio cardio respiratorio completo durante il sonno) a casa loro, con registrazione dei dati con standard AIMS. L’apparecchio necessario a registrare i dati viene applicato la sera e rimosso il mattino seguente da un tecnico specializzato presso lo studio di Borgoricco.

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CARDIOLOGIA Allenare il cuore: perché è importante per la prevenzione

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Cuore e sport Le indicazioni del dr. Luigi Pedon, primario di Cardiologia dell’Ospedale di Cittadella Chiara Bonan

Che debba partecipare ad un’olimpiade o semplicemente andare a prendere il pane dietro l’angolo, che sia giovane o anziano, c’è una cosa di cui non può fare a meno: dell’allenamento. Stiamo parlando del cuore, che lavora 24 ore su 24 per pompare il sangue nelle arterie distribuendolo a tutto il corpo. Per sopportare un simile sforzo, l’allenamento è fondamentale, e prima s’inizia, meglio è. Ce lo spiega il dottor Luigi Pedon, alla direzione del reparto di cardiologia dell’ospedale di Cittadella, che sottolinea la necessità dell’attività fisica sia nella prevenzione dei disturbi che possono colpire il cuore e l’apparato cardiocircolatorio, sia nella riabilitazione post operatoria. - Dottor Pedon, per fare sport è necessario avere una condizione fisica perfetta o per avere una forma fisica ottimale è necessario fare sport? Ossia... viene prima l’uovo o la gallina? -“Direi senza dubbio che per avere una ottimale forma fisica è necessario fare sport. Esercitare un’attività fisica regolare rappre-

senta uno dei comportamenti da adottare per mantenere uno stato di benessere. L’attività fisica costituisce un momento fondamentale nella vita d’ogni persona sana, ma anche dei soggetti cardiopatici, purché praticata nei modi e nei tempi giusti.” - Per praticare sport spesso viene chiesto un certificato medico. Quali sono patologie, a livello cardiaco, che possono impedire o limitare l’attività sportiva? -“Esistono diverse patologie sia congenite, sia acquisite, che condizionano lo svolgimento di attività fisiche o addirittura la controindicano a causa dell’elevato rischio di morte improvvisa da sforzo. Le prime sono più frequenti nei soggetti giovani (sotto i 35 anni) e sono rappresentate dalle cardiomiopatie (cardiomiopatia ipertrofica, displasia aritmogena del ventricolo destro, etc), dalle anomalie coronariche, dalle malattie delle valvole cardiache e dell’aorta, dalle malattie del tessuto di conduzione elettrico cardiaco e da forme più rare, come le malattie dei canali ionici. La patologia acquisita che più frequentemente rappresenta

causa di problemi sopra i 35-40 anni è la malattia aterosclerotica coronarica, ovvero la presenza di placche aterosclerotiche a livello delle coronarie.” - Perché è utile allenare il cuore allo sforzo? -“Il cuore è una pompa costituita per la maggior parte da fibre muscolari, che ha il compito di inviare sangue a tutto il corpo tramite dei tubi che si chiamano arterie. Come per qualsiasi altro muscolo il cuore può essere “allenato” per funzionare meglio, perché si adatta e subisce delle modificazioni in base all’attività fisica. Un cuore allenato, oltre ad avere un rischio minore di malattia, è in grado di aumentare la sua funzione di “pompa” proporzionalmente alle esigenze metaboliche dell’organismo, ed è anche più resistente a situazioni di stress psico-fisico.” - Quali sono le attività più consigliate? “Vanno preferite le attività aerobiche o dinamiche. Il cuore trae maggior giovamento da attività come il nuoto, la camminata, la

corsa di fondo, la bicicletta, che permettono all’organo di allenarsi gradualmente, senza sforzi improvvisi in assenza d’ossigeno. Queste attività vanno bene per tutti, sia in prevenzione primaria (cioè prima che si manifesti una malattia) sia nei soggetti con cardiopatia ischemica nota. Il beneficio massimo si ottiene se l’attività viene svolta 3-4 volte alla settimana per una durata di 30-45 minuti a seduta. Ogni seduta deve iniziare con un periodo di riscaldamento (cioè con un basso livello di sforzo) e terminare con un periodo di defatigamento. Io consiglio l’utilizzo di un cardiofrequenzimetro che misuri le pulsazioni durante l’esercizio: nel soggetto sano va mantenuta una frequenza tra il 60 ed il 75% della frequenza massimale (data dalla formula 220-età). Un’attività di tipo saltuario, praticata in maniera intensiva e magari poche volte al mese può non essere particolarmente benefica o, addirittura, può rivelarsi dannosa per il cuore. Un’attività fisica regolare produce effetti benefici sui grassi del sangue; riduce il colesterolo LDL (cattivo) ed aumenta il colesterolo HDL (buono), riduce i trigliceridi,favorisce il calo del peso corporeo, della pressione arteriosa e dello stress; migliora il controllo del diabete. Riduce del 10% il rischio di mortalità per qualsiasi causa e del 20% il rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare. Va ricordato che la partecipazione ad un programma di attività fisica regolare promuove lo sviluppo fisico dei ragazzi e migliora la qualità di vita e di salute nell’età adulta e nella terza età.” - Prima di iniziare a fare sport è necessaria una visita specialistica? -“Si. Come abbiamo visto in precedenza esistono delle patologie cardiache che possono essere pe-

ricolose se non diagnosticate. Un adeguato screening cardiologico (visita cardiologica con ECG, eventualmente ecocardiogramma, test da sforzo, ecg dinamico, Holter) con esami ematochimici rappresenta, soprattutto nel soggetto di età adulta od avanzata, il miglior modo di ridurre la probabilità che l’attività sportiva possa provocare eventi cardiovascolari avversi. Scopo dello screening preventivo è quello di evidenziare l’esistenza di cardiopatie clinicamente silenti in soggetti apparentemente sani, come pure, in soggetti già riconosciuti portatori di cardiopatia, di quantificare il rischio associato alla pratica sportiva, attivando gli interventi diagnostici e terapeutici del caso, in modo da indirizzare il soggetto verso il tipo di attività fisica per lui più idonea e meno pericolosa.” - Dopo un intervento al cuore si può fare sport? -“Il paziente “operato al cuore” deve svolgere attività fisica. Tutti i pazienti che sono stati sottoposti a rivascolarizzazione miocardica (con angioplastica o bypass aorto-coronarico) a intervento di sostituzione valvolare o che hanno avuto un infarto miocardico vanno indirizzati presso centri di riabilitazione cardiologica. In questi centri viene condotto un programma di ricondizionamento fisico personalizzato ed un programma di educazione sanitaria e dove necessario un trattamento da parte dello psicologo, in modo tale che la persona possa riprendere il proprio ruolo nella società. L’attività fisica, insieme alla correzione dei fattori di rischio, ha come obiettivo la riduzione del rischio di nuovi eventi cardiovascolari e migliorare la qualità della vita.” - Quanto conta l’attività fisica nella cura di patologie come

l’obesità, che hanno grande impatto sull’apparato cardiocircolatorio? -“L’attività fisica assieme ad un corretto regime dietetico sono gli elementi chiave nella lotta contro l’obesità. La promozione di regimi alimentari sani e dell’attività fisica offre la possibilità non soltanto di ridurre l’obesità, ma anche di ridurre i rischi connessi all’ipertensione, alle malattie cardiache, al diabete e ad alcune forme di tumore. L’attività fisica fa parte integrante di un modo di vivere sano. Per tale motivo è essenziale insegnare ai bambini e agli adolescenti ad apprezzare la pratica sportiva e l’attività fisica negli istituti scolastici e durante il tempo libero. La necessità di educare ad uno stile di vita sano deve iniziare in età precoce. Va ricordato che senza attività fisica è molto difficile mantenere il peso che si conquista con la dieta.” - E’ corretto sottoporre “grandi obesi” a intense attività sportive con l’obiettivo di dimagrire il più possibile nel minor tempo possibile? IL cuore non è a rischio? -“Vi sono due errori in questo modo di conseguire il calo di peso: l’intensa attività sportiva ed il far dimagrire in poco tempo. Bisogna ricordare che nel paziente obeso il cuore “lavora” in misura superiore rispetto al soggetto normopeso; pertanto l’esercizio fisico deve essere moderato. Un allenamento anaerobico moderato a lungo termine può normalizzare il profilo metabolico (colesterolo, trigliceridi) dei pazienti obesi e anche se questi rimangono obesi nonostante l’attività si avrà una riduzione dei fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari.”

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MEDICINA INTERNA Le malattie del metabolismo osseo

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poi un’ampia gamma di patologie più rare, di interesse eminentemente specialistico, tra cui la malattia di Paget dell’osso, l’iperparatiroidismo e le sindromi algodistrofiche.

Lo scheletro fragile Ne parliamo col dr. Carlo Doroldi, primario di Medicina Interna dell’Ospedale di Camposampiero Chiara Bonan L’osso è una componente viva e vegeta del nostro corpo: per questo può rompersi ma anche aggiustarsi, rafforzarsi e indebolirsi. E se è vero che sono gli anziani i soggetti più a rischio per le fratture e la debilitazione delle ossa, è altrettanto vero che la prevenzione più importante si fa sui bambini e sugli adolescenti. Mangiar sano, fare esercizio fisico e vivere all’aria aperta: uno stile di vita corretto nell’età giovanile permette di “costruire” una solida struttura ossea, più resistente agli attacchi del tempo e delle malattie nell’età anziana. Ne abbiamo parlato con il dottor Carlo Doroldi, esperto di malattie del metabolismo osseo, che da circa un anno è direttore dell’U.O.A. di medicina interna dell’ospedale di Camposampiero. - Cosa significa metabolismo osseo? - “Siamo abituati a considerare il nostro scheletro solo come una sorta di impalcatura inerte, che sostiene l’edificio del corpo. Parlare di metabolismo osseo significa considerare lo scheletro come un tessuto attivo, costituito da popola-

zioni cellulari attive ed organizzate, in continua interrelazione reciproca e con gli altri apparati corporei, che non cessa mai, nell’intero arco della vita, di evolvere, rimodellarsi, auto-ripararsi.” - Quali sono le malattie del metabolismo osseo più diffuse? - “Oggi preferiamo utilizzare il termine “malattie fragilizzanti dello scheletro”. La più importante è l’osteoporosi, una malattia che interessa diffusamente tutto lo scheletro ed è caratterizzata da un progressivo impoverimento della struttura ossea, che predispone all’insorgenza di frattu-

re non traumatiche, le cosiddette frattura da fragilità ossea.” Meno conosciute, ma egualmente importanti, sono le malattie da carente apporto di calcio e/o vitamina D, il rachitismo nel bambino e l’osteomalacia nell’adulto. Segue

- La fragilità ossea presenta dei sintomi? Come può una persona accorgersi in tempo di soffrire di “fragilità ossea” per iniziare per tempo a curarla? - “La storia naturale dell’osteoporosi è quella tipica di tutte le malattie cronico-degenerative. Innanzitutto ci sono importanti fattori di rischio, che, insieme alla predisposizione genetica, determinano lo sviluppo della patologia; segue una fase silente, priva di sintomi, che dura alcuni decenni, durante la quale si determina la progressiva fragilità dell’osso, evidenziabile solo

con un apposito esame, la densitometria ossea - DXA. Infine, generalmente dopo i 60 anni, la patologia si manifesta drammaticamente con le fratture da fragilità. Giunti a questa fase di malattia conclamata occorre porre rimedio alle fratture, correggere al meglio i fattori di ri-

schio (al fine di limitare l’ulteriore progressione della malattia) ed, infine, utilizzare farmaci in grado di prevenire ulteriori complicanze.” Questo schema rende ragione del ruolo fondamentale della cosiddetta prevenzione primaria, quella cioè

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che va attuata sin dalle prime epoche della vita ed è centrata su adeguati stili di vita, al fine di prevenire o rallentare l’insorgere stesso della malattia.

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- L’osteoporosi riguarda soltanto le persone anziane, e in particolare le donne o può colpire anche i giovani? - “Fatta eccezione per forme molto rare di osteoporosi giovanile, si tratta di una patologia che si manifesta con le sue complicanze dopo i 60 anni, e colpisce soprattutto le donne. E’ però importante sapere che lo scheletro si sviluppa progressivamente nei primi vent’anni di vita: in questo periodo cruciale una alimentazione ed una attività fisica adeguate consentiranno il raggiungimento di un “picco di massa ossea” adeguato; così, con un adeguato patrimonio di massa ossea potremo affrontare con sicurezza il resto della vita, senza temere eccessivamente l’invecchiamento scheletrico. Per questo si può paradossalmente sostenere che la vera prevenzione delle malattie fragilizzanti dello scheletro è soprattutto importante nei ragazzi e negli adolescenti!” - Quali sono le attività dell’Ussl 15 (e in particolare del suo reparto) in questo settore? - “Le malattie fragilizzanti dello scheletro coinvolgono trasversalmente molte discipline: principalmente la Medicina interna, la

Geriatria, la Radiologia e l’Ortopedia, ma anche la Medicina riabilitativa, la Ginecologia (osteoporosi post-menopausale), l’Endocrinologia (cosiddette osteoporosi secondarie), l’Oncologia (osteoporosi secondaria a terapie oncologiche). La nostra Ulss è ben attrezzata per far fronte a queste patologie, dalla loro prevenzione, alla loro diagnosi precoce, alla corretta terapia e prevenzione delle complicanze. Recentemente la Radiologia di Cittadella si è dotata di un densitometro a doppio raggio X (detto DXA), che permette di misurare accuratamente la densità ossea al fine di stimare il rischio di fratture da fragilità a livello di vertebre lombari e di femore. Nelle Unità operative di Medicina

Interna, Geriatria e Lungodegenza, inoltre, operano specialisti qualificati in grado di fare diagnosi accurate e di prescrivere i trattamenti farmacologici più adeguati. Da ultimo mi fa piacere citare la Radiologia di Camposampiero, che ha grande esperienza nelle tecniche interventistiche di vertebroplastica e cifoplastica: mediante l’iniezione di appositi cementi, si possono conseguire grandi risultati nel trattamento delle fratture e delle neoplasie vertebrali. Il prossimo passo da compiere consiste nel coordinare al meglio queste molteplici attività e dar loro adeguata visibilità nei confronti della medicina generale ed anche direttamente della cittadinanza.”

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Psicologia e cancro: il supporto della psico-oncologia

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Quando la mente combatte il male

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Incontro con la dott.ssa Samantha Serpentini, psicologa-psicoterapeuta, specialista in psico-oncologia, del Nucleo Cure Palliative dell’ Ulss n. 3

Alessandro Tich Si chiama “psico-oncologia” e il suo scopo è quello di fornire un sostegno psicologico alle persone ammalate di tumore e alle loro famiglie. Una disciplina che offre un prezioso supporto, non solo morale, lungo tutto il percorso della malattia. Ne parliamo con la dott.ssa Samantha Serpentini, psicologa-psicoterapeuta, specialista in psico-oncologia, professore a contratto dell’Università degli Studi di Padova, autrice di numerose pubblicazioni. Dal 2002 lavora presso il Nucleo Cure Palliative dell’Azienda Ulss 3. - Dott.ssa Serpentini, che cos’è la psico-oncologia? - “La psico-oncologia è la disciplina che coniuga psicologia ed oncologia. Possiamo indicarne una data di nascita, intorno agli anni ’50, e un luogo, gli Stati Uniti, in riferimento al primo servizio autonomo di psico-oncologia aperto presso il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York con l’obiettivo di assistere psicologicamente i pazienti affetti da cancro.” - Quando è arrivata in Italia que-

sta disciplina? - “In Italia, il primo centro di psicologia orientato specificatamente all’assistenza al paziente oncologico venne costituito nel 1980 a Genova, presso l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul cancro; nello stesso anno in Veneto, presso l’Azienda Ospedaliera di Padova, mosse i primi passi l’Approccio Psico-Oncologico Integrato (API).” - Attualmente qual è il grado di diffusione e quali sono gli obiettivi principali? - “Negli ultimi vent’anni la ricerca psico-oncologica si è diffusa in un gran numero di paesi, col proposito di analizzare l’impatto psicologico e sociale del cancro su pazienti, famiglie e personale curante e di approfondire il ruolo svolto dalle variabili psicologiche e comportamentali nella prevenzione, nella diagnosi precoce e nella cura dei tumori. Il principio fondamentale della psico-oncologia è la considerazione della persona malata di cancro nella sua interezza poiché essa viene considerata nei suoi vari aspetti: fisico, psicologico e sociale. Tale approccio si propone di sviluppare una “cura globale” che tenga in considerazione

tutti i bisogni dell’individuo - non solamente quelli fisici, legati alla malattia - bensì anche quelli psicologici, spirituali e sociali.” - Cosa significa ammalarsi di cancro? - “Ogni persona attraversa la vita secondo una traiettoria che va in direzione del raggiungimento di certi obiettivi e della realizzazione di alcuni progetti. Una malattia, più o meno grave, interrompe il corso normale della nostra vita, mettendone in discussione valori, obiettivi e progetti; risulta, dunque, inevitabile che essa provochi degli effetti anche a livello psicologico. Mente e corpo non sono separati ma si influenzano reciprocamente. Infatti, l’essere umano esiste su più livelli, tutti ugualmente importanti: fisico, psicologico, sociale e spirituale. Il cancro, più di altre malattie, può distruggere seriamente il percorso di vita di una persona. Ancora oggi, si tratta di uno dei più gravi problemi per l’essere umano nonché di una delle principali cause di morte nel mondo.” - Quali sono gli aspetti psicologici più significativi da considerare nella persona che si ammala di


PSICO-ONCOLOGIA

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cancro? - “Ammalarsi di cancro rappresenta una fonte significativa di stress e può causare seri danni fisici, emotivi e psicologici. Il passaggio dall’ “essere sani” all’ “essere malati” può portare ad una situazione caratterizzata da incertezza e paura, ad una vera e propria crisi esistenziale che richiede un notevole sforzo di adattamento per far fronte allo stress che ne deriva. In questa condizione la persona si scontra con la consapevolezza della propria vulnerabilità e con la minaccia per la propria vita; deve sottoporsi a cure che portano a pesanti conseguenze (come nausea, vomito, perdita dei capelli…), vedendo così modificarsi il rapporto con il proprio corpo e con la propria immagine corporea e subendo notevoli ricadute anche a livello sociale, come i cambiamenti nell’ambiente di lavoro e del ruolo familiare e sociale. Il cancro, inoltre, non colpisce unicamente il singolo individuo, ma esso ha delle pesanti ripercussioni sull’intera famiglia.” - La psico-oncologia si occupa anche del riflesso della malattia sulle famiglie dei malati? - “Sì. Si verifica una drastica alterazione dell’equilibrio familiare a causa della necessaria mobilitazione di energie fisiche e psicologiche attorno al parente ammalato e alla gestione della nuova realtà. Diverse indagini hanno dimostrato come il 25-40% dei membri della famiglia entra in una condizione di disagio emozionale intenso. Per questo si rende necessario un supporto psicologico non solo al paziente malato di cancro, ma anche ai suoi familiari, per affrontare l’iter della malattia nelle sue diverse fasi: dal momento della diagnosi, durante tutto il percorso curativo (dall’intervento chirurgico all’eventuale trattamento radio-chemioterapico), nella fase di controllo e di remissione o, nel peggiore dei casi, fino alla terminalità. “ - Quali sono gli ambiti di intervento della psico-oncologia? - “L’obiettivo principale della psi-

PSICO-ONCOLOGIA: LA REALTA’ DELL’AZIENDA ULSS 3 A partire da Maggio 2002 l’Azienda Ulss 3 ha avviato un’attività di psico-oncologia rivolta alle persone malate di cancro (nelle diverse fasi della malattia), ai loro familiari e agli operatori sanitari; questa attività è collocata all’interno del Nucleo di Cure Palliative Aziendale e collabora con i Medici di Medicina Generale, con l’Oncologia dell’Ospedale San Bassiano e con l’Hospice Casa Gerosa. La sede è situata presso il Distretto N. 1 dell’Ulss 3 (Palazzina G, Via Cereria, 14/B), ma l’attività viene svolta anche in ospedale e in hospice, per i pazienti che sono ricoverati, e a domicilio, per i pazienti in assistenza domiciliare. Il modello proposto è finalizzato alla cura globale del paziente malato di cancro attraverso l’integrazione tra i servizi del distretto e dell’ospedale in modo tale da realizzare una buona continuità assistenziale. co-oncologia è quello di aiutare la persona malata di cancro e la sua famiglia ad adattarsi ai cambiamenti che la malattia comporta, cercando di mantenere la migliore qualità di vita possibile; gli interventi psicologici possono focalizzarsi direttamente sul paziente (interventi informativi, interventi psicologici - individuali o di gruppo), sulla famiglia o sugli operatori sanitari. Per quanto riguarda il paziente, l’intervento psico-oncologico si propone di fornire un sostegno lungo tutto il corso della malattia ed in particolare nei momenti più critici (diagnosi, terapie, recidiva, fase terminale); di contenere sintomi quali ansia e depressione; di modificare gli eventuali comportamenti a rischio che possono portare ad un peggioramento delle sue condizioni psicofisiche generali.” - Quali sono i principali interventi che vengono effettuati nell’ambito del supporto alle famiglie? - “La famiglia è per il malato di cancro la più importante fonte di sostegno psicologico ed è tanto più efficace quanto più la famiglia stessa viene supportata psicologicamente e aiutata. Gli interventi psicologici sui familiari hanno l’obiettivo di diminuire lo stato d’ansia, aiutarla ad affrontare meglio alcuni problemi specifici (di carattere psicologico ma anche organizzativo-assistenziali),

incoraggiarla a fare domande al fine di comprendere meglio la situazione e promuovere un rapporto di fiducia con i curanti. Si possono organizzare anche gruppi di familiari che, colpiti dalla malattia dei loro congiunti, stanno vivendo esperienze simili; la condivisione all’interno del gruppo può facilitare una maggiore comprensione degli eventi legati alla malattia così come una più libera espressione di sentimenti, di emozioni, preoccupazioni e paure, diminuendo il pesante carico emotivo che sempre si accompagna alla malattia di un proprio familiare. In particolare, risultano essere molto utili ed efficaci i gruppi per l’elaborazione del lutto. “ - La psico-oncologia pone attenzione anche allo stato psicologico di chi cura? - “Certo. Pone la massima attenzione anche nei riguardi di tutti gli operatori sanitari (medici, infermieri, OSS) che, ogni giorno, hanno a che fare con malati oncologici nelle diverse fasi della malattia; gli interventi, in questo caso, sono finalizzati, da una parte, a migliorare il rapporto che tali operatori intrattengono con il paziente e la sua famiglia, dall’altra al sostegno personale nella gestione dei problemi emotivi che inevitabilmente insorgono nel confronto quotidiano con la malattia.

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Giornata Mondiale contro l’AIDS: è partita la campagna del Ministero della Salute

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“AIDS, la trasmissione sarà interrotta prima possibile” Testimonial della campagna e regista dello spot, l’attore Raoul Bova A cura della redazione

“La trasmissione sarà interrotta il prima possibile. Uniti contro l’Aids si vince”. E’ questo lo slogan della campagna di comunicazione del Ministero della Salute per la lotta contro l’Aids 20122013, partita sabato 1 dicembre in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids. Per il Ministro della Salute, prof. Renato Balduzzi, “il contrasto all’Aids è una sfida globale davanti alla quale non ci si può tirare indietro. E’ importante aumentare la sensibilità di tutti su questo tema e non abbassare la guardia, e per fare questo è necessario continuare e intensificare il lavoro di informazione e prevenzione, e sensibilizzare a un comportamento sessuale responsabile, all’utilizzo del preservativo e al test anti-Hiv. ‘Interrompere la trasmissione il prima possibile’ si può.” In linea con le indicazioni della Commissione Nazionale Aids, la campagna istituzionale vuole rafforzare

la percezione del rischio dell’infezione da Hiv e sensibilizzare sulla modalità di trasmissione e sulle misure di prevenzione. La campagna si rivolge alla popolazione generale e in particolare alle categorie con comportamenti ritenuti a maggior rischio: adulti, migranti, MSM (uomini che fanno sesso con uomini), giovani, donne. Al progetto hanno collaborato l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Spallanzani”, le associazioni di volontariato e di pazienti e l’Università degli Studi di Bologna. Testimonial della campagna e regista dello spot è l’attore Raoul Bova, il quale ha scelto di offrire la sua collaborazione gratuitamente. Data l’ampiezza del target, il Ministero della Salute ha pianificato una campagna di comunicazione di tipo integrato: è stato realizzato uno spot televisivo, uno spot radiofonico, una creatività stampa e viene utilizzato anche il web. E’ stato inoltre prodotto e diffuso mate-

riale informativo presso gruppi specifici di popolazione. La campagna ha previsto oltre 1400 passaggi televisivi, 90 radiofonici, 1600 nelle sale cinematografiche, oltre all’apparizione del messaggio su 14 quotidiani e 20 siti web, oltre ad essere stabilmente ospitata sul portale del Ministero della Salute. In più, l’annuncio stampa è stato pubblicato su 11 testate periodiche etniche legate alle comunità maggiormente interessate alla patologia (come Africa, Sudamerica, Est Europa) in una versione tradotta nelle diverse lingue: le minoranze straniere sono un target a rischio e la stampa in lingua consentirà di raggiungere in modo efficace e mirato questa popolazione. La campagna si è protratta per tutto il mese di dicembre ed è ripresa nel corso del 2013. Accanto alla campagna di comunicazione, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità garantiscono un servizio personalizzato di informazione e consulenza attraver-

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so il numero verde 800.861.061 dedicato all’Aids e alle infezioni sessualmente trasmesse (Ist), attivo dalle ore 10 alle ore 18. In particolare, in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids gli esperti del telefono sono stati a disposizione degli utenti per rispondere a quesiti, chiarire dubbi e fornire indicazioni in merito ai centri diagnostico-clinici e alle organizzazioni non governative che si occupano di Hiv, Aids e Ist presenti sul territorio nazionale. Il Telefono verde ha svolto, come di consueto, un’attività di counselling telefonico relativamente alle infezione da Hiv/Aids e alle infezioni sessualmente trasmesse in quattro lingue (italiano, inglese, francese e portoghese). È stata inoltre prevista la consulenza legale nel corso dell’intera giornata.

Si ringrazia per la collaborazione la Direzione Generale della Comunicazione del Ministero della Salute

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Gli attacchi di panico: quando l’ansia è senza motivo

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La paura “a ciel sereno”

A colloquio con la dottoressa Giulia Bresolin, psicologa

Alessandro Tich La sua durata è variabile, di solito cessa dopo mezz’ora e arriva al suo “apice” in 10-15 minuti. Insomma: il classico brutto quarto d’ora. Quando accade - all’improvviso, e il più delle volte senza un’apparente ragione - l’attacco di panico è una spiacevole esperienza per chiunque. E molto più diffusa di quanto non si pensi. “L’attacco di panico può capitare a tutti. E’ un sintomo molto comune, di cui non bisogna vergognarsi” spiega la dott.ssa Giulia Bresolin, psicologa. “Non si tratta di un disturbo - continua la nostra interlocutrice - ma di un sintomo che rientra nella grande famiglia dei disturbi d’ansia. Talvolta può accadere anche in altre situazioni: come l’abuso di sostanze stupefacenti (ad esempio la cocaina), la schizofrenia o condizioni mediche generali come l’ipertiroidismo o nei soggetti cardiopatici. E’ fondamentale fare una buona diagnosi per capire il motivo per cui l’attacco di panico è comparso.” - Dottoressa Bresolin, come si manifesta l’attacco di panico? - “E’ un periodo di tempo circo-

scritto in cui la persona sperimenta una paura e un disagio improvvisi di intensità estremamente elevata, col desiderio molto forte di “scappare” dalla situazione in cui si trova. Il disagio è accompagnato da più sintomi, che vanno dalla tachicardia alla sudorazione, al senso di soffocamento, ai tremori, alla sensazione di svenimento. Questi sono sintomi neurovegetativi, riguardano cioè il sistema nervoso autonomo. Ci sono inoltre dei sintomi cognitivi: come la “de-realizzazione” e la “de-personalizzazione”. Nel primo caso si ha la sensazione di un non-contatto e un non-controllo sulla realtà. Nel secondo, quella di non essere in contatto col proprio corpo. Si aggiunge inoltre la paura di morire o di stare impazzendo. Diversi tra questi sintomi compaiono in contemporanea. L’attacco di panico coglie la persona alla sprovvista e spaventa terribilmente.” - Cosa bisogna fare dopo un attacco di panico? - “Di solito dopo il primo attacco di panico si va al Pronto Soccorso, dove vengono prescritti degli ansiolitici. Ma l’attacco per definizione cessa, è un episodio. Vanno però considerate

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le sue conseguenze: nel soggetto può insorgere la “paura della paura”, e cioè che l’attacco ritorni nella medesima situazione. La persona “evita” le situazioni che lo hanno portato all’attacco di panico e i luoghi come i centri commerciali, i mezzi di trasporto pubblico, gli aerei - da cui sarebbe difficile scappare in caso di attacco ulteriore. Si sviluppa così una forma di “ansia anticipatoria” che spesso è un fattore che contribuisce all’insorgenza dell’attacco di panico successivo.” - L’attacco di panico è sempre senza un apparente motivo? - “Lo è nel caso dei cosiddetti attacchi di panico “a ciel sereno”, che la persona sperimenta improvvisamente e senza una ragione, reagendo ad una minaccia che di fatto non c’è. Ci sono poi gli attacchi causati da un’oggettiva situazione di pericolo: ad esempio, quando veniamo attaccati all’improvviso da un animale. Ci sono infine attacchi di panico sensibili a certe situazioni ricorrenti: ad esempio per una persona potrebbe essere sensibile la situazione di guida, così potrebbe più facilmente sperimentare attacchi quando siede al volante di un auto.

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Anni fa questi problemi venivano trattati solo dal punto di vista medico. Oggi invece si curano a livello farmacologico, abbinato alla psicoterapia.”

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- Quali sono le cause degli attacchi di panico? - “Si è scoperto che in una minima parte della popolazione esiste una componente genetica che predispone al problema. Ma nella maggior parte dei casi è una conseguenza del nostro apprendimento dei comportamenti e dei modelli di reazione alle situazioni di pericolo. I soggetti con attacchi o più in generale con disturbi d’ansia molto frequentemente hanno avuto genitori con una visione del mondo orientata ai pericoli. Ci sono bambini che, di conseguenza, sviluppano una modalità di approccio al mondo col “sistema di allerta” sempre attivato. La psicoterapia spesso punta su questi fattori e va a correggere alcune interpretazioni irrazionali della sensazione di pericolo in questi soggetti.”

- Quindi i comportamenti famigliari possono costruire una predisposizione agli attacchi di ansia... - “E’ un dato di fatto. Si tratta appunto di una risposta complessa a un certo modello di apprendimento rispetto al pericolo. E’ provato che, vicino alle persone con attacchi di panico, c’è molto spesso un parente che ha già avuto lo stesso problema.” - Che cosa scatta, in particolare, a livello nervoso? - “Negli attacchi di panico entrano in gioco sostanzialmente due neurotrasmettitori, la “serotonina” e la “noradrenalina”, che agiscono sulle zone del cervello e scatenano nel corpo le reazioni associate alla paura. I farmaci prescritti hanno un’azione su questi due neurotrasmettitori.” - La psicoterapia come interviene? - “Il lavoro della psicoterapia è comportamentale. Si interviene cioè sui comportamenti da regolare e da correggere, come ad esempio la respira-

zione. Quando una persona ha un attacco di panico aumenta infatti il ritmo respiratorio, soprattutto nella fase di inspirazione. Questo fenomeno è chiamato “iperventilazione”: si introduce più ossigeno rispetto alle esigenze metaboliche dell’organismo e non si espira sufficientemente anidride carbonica. E’ un circolo vizioso che produce vasocostrizione, e cioè la costrizione dei vasi sanguigni e quindi tachicardia. L’anidride carbonica è uno dei fattori importanti nel meccanismo degli attacchi di panico.” - C’è una fascia di età maggiormente a rischio? - “Secondo le statistiche, il periodo di esordio degli attacchi di panico è compreso tra la tarda adolescenza e i 35 anni di età. Il problema è più raro nei bambini, e ancora più raro sopra i 45 anni. Gli attacchi di panico tendono a ripetersi, ma se trattati all’inizio si possono risolvere benissimo. L’importante è non averne vergogna e chiedere aiuto subito.”

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