Ticino 7

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08 VIII

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08 L’appuntamento del venerdì

33 numero YouTube p. 4 Scene di guerra nella Terra fra i due fiumi Musica italiana p. 6 Sono solo canzonette…

del Cipresso kashmiriano

morte e resurrezione

Geronimo Stilton p. 46 Un topo da record

p. 39 Corriere del Ticino • laRegioneTicino • Giornale del Popolo • Tessiner Zeitung • CHF. 2.90 • con Teleradio dal 10 al 16 agosto


Entrate nel mondo della solidarietà: il nostro è il vostro mondo

Lo sapevate... che tra gli oltre 250 volontari che si mettono a disposizione dei diversi servizi di Croce Rossa del Luganese, ve ne sono di età inferiore ai 18 anni mentre i “meno giovani” superano anche le 82 primavere? che molti corsi di formazione di Croce Rossa sono rivolti ai giovani? quanti sono i campi in cui possono essere attivi i volontari di Croce Rossa?

tel. 091 973 23 23 www.crs-luganese.ch


numero 33 8 agosto 2008

Impressum Tiratura controllata 93’617 copie

Chiusura redazionale

Agorà Scene di guerra nella Terra fra i due fiumi

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Arti Musica italiana. Sono solo canzonette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Media Nel segno di Paperinik . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Società Pubblicità e percezione. Nuda Veritas

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Salute Un amore di piede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Vitae Hetty Rogantini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Direttore editoriale

Reportage Morte e resurrezione del Cipresso kashmiriano

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Capo progetto, art director, photo editor

Tendenze Geronimo Stilton. Un topo da record . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giovedì 31 luglio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano Peter Keller

Adriano Heitmann

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

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Giancarlo Fornasier

Concetto editoriale IMMAGINA Sagl, Stabio

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Fotografia di Adriano Heitmann

Dell’utilità degli alberi alti

Intorno

ai dodici anni strinsi amicizia con un compagno di classe, Riccardo. La sua passione erano gli alberi, ma non tutti gli alberi, solo quelli alti e su cui era possibile salire e costruire delle casette in legno. Io, che ero decisamente più imbranato di lui, feci un po’ fatica ad abituarmi alle arrampicate ma il desiderio di arrivare in cima mi spinse a vincere il timore dell’altezza e delle sbucciature che le ascensioni talvolta comportavano. Da quel momento si aprì una intensa stagione di lavoro che si concluse con la creazione di una bella casetta di legno, piazzata su una quercia a quasi sette metri di altezza. Nascondersi “lassù”, in quel luogo invidiato dagli altri compagni di gioco, ci faceva sentire come due coraggiosi “baroni rampanti”, in grado di dominare il mondo. Per un paio d’anni, la casetta venne dipinta e perfezionata, ma in seguito, con l’avvicinarsi dell’adolescenza e il crescente interesse per le ragazzine e i motorini, il rifugio perse la sua attrattività e venne definitivamente dimenticato. Ora al posto del bosco, al cui limite stava la quercia, sono stati costruiti degli uffici e un grande parcheggio. Del resto, mi chiedo, dove sono oggi i ragazzi che passano le estati a costruire case sugli alberi? Il fascino per i grandi alberi non mi ha mai abbandonato e ho apprezzato molto l’iniziativa avviata qualche anno fa dal-

la provincia di Lodi che ha portato alla pubblicazione di un bel libro dedicato ai grandi “monumenti” naturali presenti nel lodigiano. Del resto, l’immagine dell’albero fa parte del nostro immaginario collettivo, a partire dalla narrazione biblica e dalla mitologia classica. Compagni umili e discreti della nostra vita, essi ci accompagnano silenziosamente, pronti al sacrificio, qualora le esigenze umane lo richiedano, cosa che purtroppo avviene sempre più spesso e con conseguenze devastanti per il pianeta, come gli esperti del settore da anni ripetono. Ecco allora che il recupero di un albero come il Cipresso del Kashmir dell’Isola Madre, di cui il reportage di questa settimana offre ampia testimonianza, rappresenta una piccola ma significativa vittoria della nostra incerta alleanza con il mondo vegetale. Valgono, sopra tutto, le parole di san Giovanni Crisostomo (Antiochia, 350 – Comana, 407): “Questo legno mi appartiene per la mia salvezza eterna. Io me ne nutro, me ne cibo: mi attacco alle sue radici, mi stendo sotto i suoi rami, al suo soffio mi abbandono con delizia come al vento. Sotto la sua ombra ho piantato la mia tenda, e al riparo dal calore eccessivo, ho trovato riposo. Io fiorisco con i suoi fiori, i suoi frutti mi procurano una gioia perfetta, frutti che io colgo preparati per me fin dall’inizio del mondo”.

» di Fabio Martini

Direzione, redazione, composizione e stampa


Scene di guerra nella Terra fra i due fiumi

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Pattugliamento La strada assolata e polverosa corre in mezzo a due file di case malandate. I soldati parlano fra di loro, animatamente. Uno di loro appare deciso a tornare indietro. È terrorizzato. Gli altri lo convincono a restare. Dal modo in cui si comportano, non è facile comprendere se vi sia una reale linea di comando. Sembra più un gruppo di amici in una situazione di difficoltà. Sono tutti giovanissimi anche se i loro volti si intravedono a fatica al di sotto dei pesanti elemetti mimetici. Si avvicinano cauti a una delle case ed entrano nel cortile interno, i fucili mitragliatori spianati. La sensazione è che si tratti di una casa abbandonata da chissà quanto tempo. Su uno dei lati interni una scala scende verso il basso. Perlustrano con attenzione il cortile finché il piu coraggioso decide di provare a percorrere qualche gradino. Lo si vede scomparire e subito do-

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Agorà

po risalire di corsa, spaventato. Discutono concitati sul da farsi. Sparano qualche colpo ma poi retrocedono. L’azione si interrompe, ma non il filmato che si conclude con il cannoneggiamento della casa, trasformata in un sepolcro per i suoi abitanti. Chi fosse a viverci, non ci è dato saperlo così come non sapremo mai se effettivamente si trattasse di un covo di miliziani. Ma la verità con la guerra, e con questa in particolare, ha davvero poco a che fare.

Testimonianze Non è la scena di un film ma il resoconto di uno dei migliaia di video presenti su YouTube, realizzati dai soldati americani nel corso delle operazioni militari che ormai da più di cinque anni insanguinano l’Iraq (e gli Stati Uniti). In realtà YouTube e il suo gemello Google Video, sono stati concepiti proprio a ridosso del conflitto iracheno.

Era inevitabile che si trasformassero rapidamente in una singolare piattaforma di testimonianze di quello che oggi è considerato, per investimenti, riflessi e coinvolgimento umano, come il principale teatro di guerra sul pianeta. Le tipologie di filmato sono in realtà numerose e includono anche i video prodotti e immessi in rete dalle milizie sciite e sunnite: dai video dei pattugliamenti dei soldati nelle vie di Bagdad a quelli che hanno come oggetto il passaggio dei convogli costantemente soggetti all’attacco dei micidiali ordigni chiamati IED, dai soldati americani colpiti dai cecchini ai kamikaze islamici che si preparano al sacrificio, dagli scontri a fuoco alle immagini asettiche realizzate dai piccoli bombardieri telecomandati intenti a centrare un edificio o una macchina sospetta. I commenti musicali prediligono l’heavy metal


anche se la maggior parte dei filmati sono accompagnati, molto più drammaticamente, dal sonoro ripreso sul luogo. Una modalità del tutto nuova che ha scardinato le tradizionali forme di comunicazione (e, naturalmente, di censura) in ambito bellico. Ai filmati vanno aggiunte poi le centinaia e centinaia di blog dei soldati al fronte (denominati, appunto, miliblog) che narrano, spesso con intensità e disperazione, l’abbrutimento di una vita segnata dal costante rischio di morte in una guerra di cui è sempre più difficile comprendere il senso e la motivazione.

Censura Poco più di un anno fa, nel marzo del 2007, i vertici militari americani hanno impedito ai soldati di accedere a una serie di siti, fra cui YouTube, al fine di limitare sia la messa in rete di filmati contenenti indi-

cazioni “sensibili” utilizzabili dal nemico sia il rallentamento nel traffico dei dati (queste le giustificazioni fornite). La Multi-National Force ha, a tal fine, aperto un canale su YouTube in cui vengono immessi i filmati visionati dalle commissioni e orientati a sostenere la missione Iraqi Freedom. “L’iniziativa”, ha commentato il colonnello Gary Keck, “è quella di disporre di un vero e proprio canale su YouTube che permetta ai nostri ragazzi di far conoscere il loro punto di vista e il loro lavoro in missione”. Ma ovviamente la decisione ha il sapore di una censura, anche perché, come ha sottolineato Lewis Maltby, presidente del Workwrights Institute – un’organizzazione che opera per la difesa dei diritti dei lavoratori, militari inclusi –, la soluzione doveva essere quella di limitare gli accessi a internet e non di sospendere la possibilità di accedere a un

Reazioni All’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il regista americano Brian De Palma ha presentato Redacted, il suo ultimo film dedicato al coinvolgimento americano in Iraq. La pellicola, girata dopo una lunga e attenta analisi dei filmati messi in rete dai soldati americani al fronte, polemizza in modo evidente con le scelte di censura del Pentagono, a partire proprio dal titolo. Redacted significa appunto “ripulito”, “espunto”, “pronto per essere diffuso”. Nei mesi di preparazione, il regista di Omicidio a lui rosse e Scarface ha scandagliato le testimonianze dei soldati da cui emerge il profondo senso di disagio che contrassegna quotidianamente il loro impegno nel conflitto. L’obiettivo è quello di sollevare il velo su di una situazione rispetto alla quale gli stessi media sembrano disinteressati, quasi a voler coprire l’imbarazzo e la vergogna di un’iniziativa militare scellerata e inutile e i cui risvolti piu drammatici (pensiamo, per esempio, allo stupro e all’uccisione di una ragazzina di 14 anni avvenuta in una cittadina vicino a Bagdad e messa in atto da un gruppo di cinque soldati statunitensi) restano spesso avvolti nel silenzio e nell’indifferenza. Del resto pare che anche i film prodotti recentemente negli Stati Uniti con lo scopo di denunciare l’assurdità del conflitto non ricevano particolare attenzione da parte del pubblico. I motivi possono essere diversi: rimozione del senso di colpa collettiva (il presidente americano viene democraticamente eletto dai cittadini), orgoglio nazionale, vergogna, paura di un nuovo attacco…

Regole e fantasie Molti anni fa, un generale e stratega dell’esercito americano, Fox Conner (1874-1951), definì le tre regole necessarie al coinvolgimento di un paese democratico in guerra: a) attaccare solo dopo essere stati attaccati; b) contare sempre sull’appoggio di solide alleanze militari; c) mai protrarre a lungo il conflitto. Nel caso dell’Iraq, non una di queste condizioni è stata soddisfatta, ma si è andati a colpire uno dei pochi paesi laici del mediooriente, del tutto estraneo ai fatti dell’11 settembre. Una dittatura odiosa, senza dubbio, ma il cui sfaldamento, mal condotto dagli invasori, ha dato il via a una guerra civile che non potrà che concludersi con la divisione interna e con la probabile affermazione di un sistema teocratico sciita, sul modello iraniano. A conclusione del suo libro (Il grande fiasco, Longanesi, 2006), Thomas E. Ricks, corrispondente di punta del Washington Post al Pentagono, riporta la dichiarazione di alcuni anni fa di un perspicace alto ufficiale americano: “Nel 2009, una volta che ce ne saremo andati, e che il sud sarà divenuto il regno degli sciiti, i curdi si dichiareranno indipendenti e la Turchia li invaderà; il Sunnistan porterà alla caduta della casa saudita, l’Arabia diverrà il primo passo verso la creazione di un califfato, il petrolio toccherà i 200 dollari al barile: dovremo invadere l’Arabia con un esercito stremato, e quella sarà la nostra Algeria”. Fantasie? Ad oggi, restano il triste elenco, quotidianamente aggiornato e pubblicato dal “New York Times” su internet (www.nytimes.com/ ref/us/20061228_3000FACES_ TAB1.html) dei soldati morti nel corso dei cinque anni di guerra e lo studio di un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins University, pubblicato di recente dalla prestigiosa rivista scientifica “Lancet”, secondo cui i decessi dovuti alla guerra fra la popolazione civile ammonterebbero alla spaventosa cifra di 655.000 persone.

Agorà

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» di Fabio Martini; illustrazione di Ulrico Gonzato

Piattaforma basata sulla filosofia democratica dell’autoproduzione, YouTube è divenuto uno dei media privilegiati nella comunicazione concernente il conflitto in corso in Iraq. Fino alle recenti censure che hanno provocato critiche e condanne unanimi, incluso il contributo del regista americano Brian De Palma. Una riflessione sulla percezione di una guerra “sbagliata” nel metodo e negli obiettivi

servizio essenziale ai soldati. Attraverso i blog personali e gli inserti su YouTube, questi ultimi mantengono infatti un contatto costante con le famiglie e gli amici, limitando il senso di frustrazione e di paura che la loro situazione inevitabilmente genera.


P. Casamassima et al. Il dizionario della musica leggera italiana Le Lettere, 2005 Oltre 600 voci, con schede riguardanti rassegne quali il Festival di Sanremo e il Premio Tenco, passando per curiosità di vario genere: le influenze della musica straniera, le etichette musicali eccetera.

nerazionale”, una sensazione accentuata dal fatto che il mercato discografico fa sempre più ricorso al revival, al recupero del passato, probabilmente per riempire i “buchi” del presente. Si sfrutta fino in fondo il catalogo, in Italia le composizioni originali sono sempre di meno, mentre proliferano le raccolte – magari con uno o due soli brani inediti –, i concerti dal vivo, gli omaggi a epoche passate o “indimenticabili” artisti (come il beat e i ritriti anni Settanta). Al di là del fattore commerciale, quindi, la crisi della musica italiana pare più legata alla qualità e alla varietà del prodotto. Ha motivazioni soprattutto culturali e sociali come se la canzone avesse perso la capacità di raccogliere le istanze e le peculiarità di un momento storico, di una stagione della vita, di un’emozione e di un sentimento, e di sublimarle nella manciata di minuti (meno di quattro, per favore…) di un brano musicale. È quello che accadeva con brani classici come Sapore di sale e Il cielo in una stanza, che ancora oggi hanno la capacità di “sommuovere l’anima” anche a coloro che non li hanno vissuti. E lo stesso vale per Piccolo grande amore o per Emozioni e potrei – anzi potremmo tutti, La crisi del mercato musicale italiano si ne sono sicuro – prospiega solo con il tracollo delle vendite dei seguire a lungo. Ma a quale conclusione arcd? Forse il problema è da ricercare più nel riveremmo? Si ha l’impressione (o qualcosa contenuto che nel contenitore… in più…) che l’attuale canzone italiana non rappresenti più la vanotti, Vasco Rossi, i Pooh o colonna sonora che accompagna e segna le Gianna Nannini, artisti che tappe della nostra vita, accontentandosi di hanno alle spalle decenni di fare solamente da sottofondo, quando non successi e una interminabibanalizzarsi in brevissimi jingle per gli spot le carriera. Manca, quindi, pubblicitari. E allora i minuti diventano quello che in ambito sportivo secondi, pochi secondi. viene chiamato “ricambio gespetto al 2006, confermando un trend negativo in atto da molti anni a questa parte. Per avere un’idea dei cambiamenti rispetto al passato prendiamo l’esempio di Bobby Solo, che nel 1964 vendette oltre due milioni di copie con il brano Da una lacrima sul viso. Oggi bastano “solamente” 35 mila copie vendute per assegnare a un album il Disco d’oro; addirittura per i singoli – gli storici 45 giri, elemento portate dei juke-box – ne servono solo diecimila. A superare la fatidica soglia dei centomila sono solo pochissimi artisti: Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Ligabue e pochi altri. Pochi, certo, e soprattutto sempre gli stessi: scorrendo le classifiche dei dischi più venduti delle ultime settimane vediamo che si ricade sui “soliti noti”, cantautori e gruppi come Jo-

» di Roberto Roveda

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Edmondo Berselli Canzoni Il Mulino, 1999 Il sottotitolo recita “Storia dell’Italia leggera”. L’Italia e la canzone italiana dalla fine degli anni Cinquanta ai giorni nostri, da Celentano e Mina attraverso l’epoca beat, i cantautori e la musica elettronica.

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Arti

La musica italiana oggi è ovunque. Viene trasmessa da decine di stazioni radio a tutte le ore del giorno e della notte ed è protagonista di molte trasmissioni televisive seguite da milioni di persone. Canzoni di successo forniscono titolo e ispirazione a film altrettanto di successo: l’esempio più recente è Notte prima degli esami, originariamente un brano di Antonello Venditti. La canzone della vicina penisola domina negli spot pubblicitari, puntando sulla nostalgia per spingere all’acquisto. Eppure la musica italiana, le canzoni (le famose “canzonette”) sembrano aver perso la loro centralità nella cultura e nella società. Paiono sempre di più un elemento collaterale, quasi un pretesto per catturare semplicemente l’attenzione. Si ha l’impressione che la musica non costituisca più quell’elemento trainante, aggregante e coinvolgente che è stato fino agli inizi degli anni Novanta. Per le case discografiche il problema non è secondario e ha dei pesanti risvolti soprattutto da un punto di vista commerciale: i dati della FIMI (l’organo che tutela e promuove le attività connesse all’industria discografica) sono sufficientemente esaustivi: nel 2007 il mercato discografico italiano ha avuto un calo del 17% ri-

Sono solo canzonette…

Lucio Battisti negli anni Sessanta. Altri tempi, altri contenuti… (Immagine tratta da Battisti-Mogol. Il nostro canto libero, Sony/RAI Trade, 2007)

Libri


Abbiamo ascoltato per voi Il rock: puro intrattenimento

Il Teatro degli Orrori Dell’Impero delle Tenebre La Tempesta Venus Dischi, 2007 www.ilteatrodegliorrori.it “Tu così vicino a Dio ma tanto lontano che io non ti riconosco più / non sei forse tu Gesù conosciuto anni or sono dentro al cuore di una femmina / che con quel suo sorriso triste ancora mi parla di te, ma non è che un ricordo / e un ricordo, che cosa vuoi che sia” (da “Maria Maddalena”)

con note di sottofondo. Di questi tempi, meglio evitare progetti troppo “impegnativi”, da quando l’inimmaginabile è stato superato dalla realtà. Immancabilmente più cruda, sorprendentemente più ricca e poetica. Ma a volte il miracolo si materializza… Dell’Impero delle Tenebre, il primo lavoro del Teatro degli Orrori è uscito ben oltre un anno fa… vecchio di questi tempi. Nati dall’unione delle forze dei ben più noti e sorprendenti One Dimensional Man e Super Elastic Bubble Plastic, il lavoro si sviluppa su undici tracce. Il gruppo e tutto il lavoro si ispirano dichiaratamente al Teatro della Crudeltà di Antonin Artaud (1932) e l’album si profila sin

dalle prime note come una feroce parodia della vita quotidiana, impietosa critica al teatrino nel quale recitiamo. Lavoro di “contenuto”, ne Dell’Impero delle Tenebre poesia, politica, santi e prostitute, dolore, sconfitta, immagini e persone lontane, infanzia perduta, l’inferno degli altri, amicizie strumentalizzate, follia, rivincita e memoria perduta si fondono. Qui nessuno è innocente. Perché lì fuori c’è la guerra… quella degli altri e la nostra, malgrado ci dicano che “è tutto ok”. In “Dio mio” si avvisa i passanti che sono andati oltre, e che ora serve il coraggio per continuare. Tanto odio, ma tanto amore, quello in “Maria Maddalena” per un Gesù fuggito, quello che ti porta lontano, da tut-

ti, da te, “dal mondo intorno sordomuto” che “và per la sua strada buia e senza uscita”, l’amore del bambino da proteggere raccontato in “Lezione di musica”. “Amami, vienimi a cercare…” è l’implorazione che si dissolve tra chitarre e sussulti ruvidi, rumorosi, sporchi. Dell’Impero delle Tenebre diventa inaspettatamente una piccola opera rock, lucida analisi, critica matura, uso della lingua, segnata dalla “ingombrante” presenza di Dio e della fede. Una collezione di citazioni musicali raccolte dalle oblique produzioni americane degli Scratch Acid, Jesus Lizard, Melvins e Shellac. Roba vecchia? Forse, ma sono tempi nei quali bisogna accontentarsi. Nonostante le infinite promesse…

» di Giancarlo Fornasier

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Internet, ovunque vi serve.


Internet

www.paperinikcontrotutti.it Un sito dedicato al papero che non ha nulla da invidiare a Batman. Una miniserie interattiva in quattro episodi e in ognuno un nuovo supernemico per il papero mascherato.

che lo scrupolo di scartarli dal loro involucro? Ecco dove si può “andare a parare” parlando di Paperino. Un papero che poi non deve essere davvero uno scansafatiche se si dà poi tanto da fare per punire zio e cugino ultrafortunato, un Gastone come tanti ce ne sono in giro. Noi un’idea ce la siamo fatta: evidentemente la sua è una risposta attiva, passionale, militante, alla nevrosi della ricchezza, dell’accumulo a tutti i costi, del successo che comunque non dà la felicità. Tempi di veline e di tronisti i nostri, tempi in cui si coniamo parole nuove per nuovi mestieri, dove il mestiere prevede il non saper fare niente e nonostante questo si è pagati. Insomma a quarant’anni dalla sua nascita, grazie alla penna del grande fumettista Giovan Battista Carpi, le storie di Guido Martina, inventore delle grandi parodie disneyane, Paperinik ci è ancora d’insegnamento. A questo punto che ne pensate se vi si proponesse di rileggerle e vi si stimolasse a convertire l’interesse dei vostri figli per i Manga di turno, nella voglia di rispogliare quel classico Disney che ora ritorna ogni mese in edicola con altre stimolanti avventure? Noi siamo convinti che Paperino non è come l’abbiamo Quando i mezzi eroi del nuovo secolo non sempre immaginato e bastano, arriva da Paperopoli la risposta alle siamo noi ad averlo asnostre domande sociato a un’idea. Un po’ come a volte s’imdifferenza c’è tra Paperone e prigionano amici, colleghi, passanti, etichetle multinazionali alimentari tandoli per comodità, trasformandoli in tipi che – è storia di questi giorni umani piuttosto che in persone. Paperinik di nefasti – si prendono gioco questo meccanismo psicologico, di cui siamo dei consumatori riciclando e allo stesso tempo vittime e responsabili, è il rifilandogli come prodotti doc, diabolico vendicatore. Per ricordarci che, davformaggi ammuffiti e scaduti vero, siamo mutevoli e imprevedibili: almeno da anni senza prendersi neanquanto i personaggi di Disney.

» di Paola Tripoli

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diera della speranza per tutti quelli che hanno voglia di riscatto. Paperinik è un supereroe morale: vuole innanzitutto salvaguardare la reputazione di Paperino, che forse, anzi probabilmente non è affatto uno scansafatiche e un fannullone. Che non è come ci appare per mancanza di personalità. Paperinik dimostra che Paperino è tale per scelta, perché deve concretamente opporsi ai modelli vincenti di un mondo che, evidentemente anche a Paperopoli, non funziona come dovrebbe. Ora voi vi chiederete, ma dove sta in nocciolo della questione? La risposta sta in queste domande: cosa fareste voi a uno zio ultrafantastimiliardario che vi chiedesse di fargli aria col ventaglio un paio di ore a notte perché l’elettricità costa? A dei nipotini che neanche lo difendono di fronte a una proposta tanto sconcertante? E cosa dire di quello zio che non trova nulla di strano nel seppellire in un terreno improduttivo alcune pepite per venderlo come miniera d’oro a qualche credulone? Che

In occasione degli ottanta anni di Topolino è al via la ristampa integrale della produzione di Mickey Mouse. Una collezione fantastica ma per ora solo in inglese. Si comincia con gli esordi, editi dalla Gladstone (www. gemstonepub.com). A lato: il n. 1 della serie Donald Duck Adventures.

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Media

Se Topolino compie quest’anno ottanta anni, Paperinik ne compie la metà l’anno prossimo. Perché allora anticipare i tempi del suo compleanno decidendo di parlare di lui con un anno di anticipo? Perché, e siamo sicuri di ottenere il vostro consenso, questi sono tempi in cui la presenza di supereroi sarebbe molto utile. Non dei supereroi qualsiasi, non quelli che grazie a una nocciolina assumono superpoteri, oppure quelli che dopo una scatola di spinaci raggiungono la forza di cento cavalli. No, non questi, che hanno anche un superproblema: finito l’effetto magico capitolano come pere mature. Sono tempi in cui si ha bisogno di credere che a nessuno possa essere negata la possibilità del riscatto. Di credere che non siano tempi in cui si imprigionano persone e personaggi con preconcetti e pregiudizi. Se siete d’accordo ecco allora il vostro supereroe: Paperinik versus Paperino. Paperino non è Paperino o meglio non è solo Paperino. Non è uno scansafatiche, non è un fannullone, non è un papero nervoso e irrequieto. Paperinik non è solo una variazione sul tema, è un insegnamento, un monito e anche una speranza. Chi l’avrebbe mai detto che leggendo le gesta del fantomatico papero con la mascherina ci sarebbe tornato il buon umore? E invece è così se solo si riescono a rileggere le avventure di Paperinik come quelle dell’impossibile che diventa possibile. Insomma è la ban-

Nel segno di Paperinik

Paperino alle prese con Qui, Quo e Qua (immagine tratta dal sito www.ehapa.de)

Fumetti


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Disegnare la vita

Design

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Che cosa sarebbero i nostri risvegli senza la tazzina di caffè e il rituale costruito sui gesti e i tempi che l’accompagnano… meglio non pensarci. L’invenzione della Moka Express risale al 1933, anno in cui Alfonso Bialetti creò un nuovo strumento per la produzione casalinga del caffè. L’idea della caffettiera nasce da un’osservazione casuale di Bialetti mentre la moglie “faceva” in casa il bucato. Negli anni Trenta, per lavare i panni, si usava la “lisciveuse”, una grossa pentola munita di un tubo cavo con la parte superiore forata; l’acqua, messa nel recipiente insieme alla biancheria e al sapone, bollendo, saliva per il tubo e ridiscendeva sul bucato distribuendo sui panni la lisciva, il detersivo di

allora. Un meccanismo ripreso nella caldaia della Moka. La caffettiera, dalla particolare forma ottagonale, ha portato a un cambiamento radicale nelle abitudini di consumo di caffè tra le mura domestiche. Grazie all’uso dell’alluminio e ai suoi componenti innovativi (come il blocco unico della caldaia, il filtro e il recipiente-contenitore) è riuscita, infatti, a proporre un bevanda dal gusto nuovo e originale, completamente diverso da quello a cui tutti erano abituati sino ad allora. Fino al secondo dopoguerra, la Moka rimase un prodotto prettamente artigianale: venivano fabbricati pochi pezzi, con manodopera artigianale e una distribuzione limitata all’ambito locale. Di Alfonso Bialetti si racconta, infatti,

che “era un artista; lavorava per la gloria e non per il guadagno; la sua soddisfazione, la sera, andandosene a letto, era di addormentarsi con il sigaro in bocca, stringendo in mano uno dei pezzi più difficili usciti dalla fonderia”. Il 1946 è però l’anno della svolta: ad Alfonso subentra il figlio Renato che, dotato di un forte spirito imprenditoriale, modificò la filosofia aziendale passando da una logica artigianale a una produzione di carattere industriale. Oggi, dopo 75 anni, la Moka è un’icona della tradizione non solo italiana, un oggetto capace di raccontare valori di una cultura attraverso un percorso emozionale che coinvolge la casa, la famiglia, l’affetto e, naturalmente, il buon caffè.


Società

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opinione ormai diffusa che la stagione estiva, con le sue temperature elevate e la conseguente, impellente, necessità di liberarsi di quel sovrappiù di abiti che ci accompagna durante la maggior parte dell’anno, rappresenti presso molte, e molti, il momento della verità. Ci riferiamo alla famigerata “prova costume”, quando, seguendo l’ideale suggerimento della leggiadra fanciulla di Klimt, ci poniamo nudi davanti allo specchio. E se è vero che l’opera citata ci sostiene moralmente in questa difficile operazione – “Se non puoi piacere a tutti con le tue azioni e la tua arte, piaci a pochi. Piacere a molti è male”, il monito di Schiller che campeggia sopra la testa della Verità – si può senz’altro affermare che il contesto sociale e culturale in cui siamo inseriti tende a non favorire una valutazione serena e oggettiva della nostra immagine corporea. Basta una breve passeggiata attraverso le nostre vie per averne conferma. In questa stagione (ma, in realtà, anche in tutte le altre) lo spazio urbano è segmentato da giganteschi esempi di un unico standard estetico, sotto forma di modelle magrissime, ma al contempo ultraprovocanti e sostanzialmente ignude, che reclamizzano diverse tipologie di prodotti. Ora, non ci soffermeremo sui potenziali diseducativi insiti in

tale genere di comunicazione visiva, nonché sull’utilizzo compulsivo dell’immagine di un modello di corpo femminile - sempre lo stesso, se ci pensiamo bene - che vuole imporsi, attraverso milioni di scatti, come l’unico possibile. A interessarci è piuttosto il secondo termine dell’equazione contenuta nell’opera citata: non “Nuda” bensì “Veritas”, e ciò che la istituisce come tale. Negli anni Cinquanta del secolo scorso, uno psicologo sperimentale di nome Solomon Asch (Varsavia, 1907 Pennsylvania, 1996) condusse una serie di esperimenti volti a stabilire come, e in quale misura, l’essere parte di un gruppo – e ciascuno di noi, in quanto animale sociale, lo è – rappresenti una condizione in grado di modificare le azioni, ma anche le percezioni e il giudizio di un individuo.

http://en.wikipedia.org/wiki/Asch_conformity_experiments Una descrizione dettagliata, ma solo in inglese, dell’esperimento di Solomon Asch è riportata sull’enciclopedia online Wikipedia.

www.brynmawr.edu/aschcenter Per chi fosse interessato all’evoluzione della ricerca di Asch, segnaliamo il sito internet del The Solomon Asch Center for Study of Ethnopolitical Conflict in Pennsylvania (USA).

gran parte la conoscenza diretta del mondo” (si veda Valentina D’Urso e Fiorella Giusberti, Esperimenti di psicologia, Zanichelli, 1991). Gli esperimenti di Asch (1956) ci dimostrano quanto ciò sia vero. La situazione sperimentale, formalmente definita come una “prova di discriminazione visiva”, prevedeva la presenza di un individuo ignaro, che era il vero soggetto di studio, e di un gruppo di sette/nove persone istruite dallo sperimentatore a comportarsi in un modo prefissato. La “prova” consisteva nel confrontare una linea verticale nera, incollata su un cartoncino bianco, con tre linee di diversa lunghezza, riportate su un secondo cartoncino, e decidere a quale, fra queste, corrispondesse alla prima. I soggetti potevano guardare contemporaneamente entrambi i cartoncini, e il compito percettivo era della massima facilità, poiché le differenze da valutare erano molto accentuate. Ciascun soggetto doveva poi comunicare il proprio giudizio ad alta voce, a turno, di fronte agli altri, e il soggetto speLa famigerata prova costume. Quando, se- rimentale, che veniva guendo l’ideale suggerimento della leggiadra fatto sedere al termine fanciulla di Klimt, ci poniamo nudi davanti della fila, era l’ultimo a esprimersi. allo specchio. Lei mostra il proprio corpo sen- Dopo le prime due proza artifici, esortandoci, specchio alla mano, ve, in cui tutti i soggetti, “veri” e “finti”, a fare altrettanto concordavano sulla va“L’uomo sociale è un sonnamlutazione, i “confederati”, istruiti dallo speribulo”, scriveva il sociologo mentatore, cominciavano a fornire risposte Tarde, intendendo con tale evidentemente errate, ma univoche. Questo espressione che “vivere imsi ripeté per sette volte e, sul totale delle mersi in un tessuto continuo risposte date dai soggetti “veri”, il 33,2% si di stimoli e suggerimenti di allineò con quella sbagliata data dal gruppo. natura sociale sostituisse in Sei soggetti non cedettero mai alla pressione,

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È

Nuda Veritas

Uno degli esempi di copie di carte usate nell’esperimento di Solomon Asch

Internet


Società

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Gustav Klimt, Nuda Veritas (1899), Vienna

» di Mariella Dal Farra

mentre altri diedero la risposta errata sette volte su sette. Nel complesso, venticinque persone su trentuno cedettero almeno una volta al desiderio di uniformarsi, squalificando la validità della propria percezione a favore del giudizio condiviso. Perché i soggetti si allinearono così prontamente? Quando, dopo l’esperimento, vennero intervistati, la maggior parte di loro disse di sapere che le risposte non erano corrette, ma di essersi adeguati al resto del gruppo per timore di essere giudicati “strani” o di venire ridicolizzati. Apparentemente, quindi, le persone si conformano principalmente per due ordini di motivi: per piacere al gruppo e perché ritengono che il gruppo sia più competente di loro. Alcuni, invece, affermarono con convinzione di avere dato la risposta giusta, indicando come la pressione sociale possa facilmente determinare fenomeni di dispercezione, anche piuttosto rilevanti. Asch trovò che una delle variabili situazionali in grado di favorire la “risposta di conformismo” era costituita dalla dimensione del gruppo di maggioranza. In una serie d’esperimenti complementari, egli variò il numero dei “confederati” da uno a quindici. I risultati dimostrarono che l’influenza di uno è nulla e quella di due trascurabile, ma quando sono tre le persone che esprimono un giudizio univoco, allora la tendenza al conformismo tende già a stabilizzarsi. Tuttavia, se nel gruppo è presente un “alleato”, la situazione cambia in maniera significativa. Un’altra serie di esperimenti dimostrò che, se il giudizio non è unanime, e vi è anche una sola voce discordante, l’urgenza a conformarsi risulta drasticamente ridotta. Le risposte “sbagliate”, in questo caso, scesero a un quarto rispetto all’esperimento originale, e ciò avvenne sia che l”alleato” fornisse la risposta giusta che una sbagliata: l’elemento decisivo era l’effetto di rottura rispetto all’isolamento psicologico del soggetto. A livello personale, le motivazioni addotte furono diverse. In primo luogo, i soggetti ebbero modo di verificare che il “dissidente” non veniva ridicolizzato a causa della sua risposta; secondariamente, la risposta del “non conformista” rafforzava il soggetto nel suo convincimento che la maggioranza stesse sbagliando; infine, date le condizioni sperimentali, il soggetto subiva pressione sociale tanto dalla maggioranza, quanto dal “dissidente”, che dalla sua parte aveva l’esattezza della risposta. Ora, se immaginiamo di sostituire la lunghezza delle linee di Asch con le proporzioni fisiche che occhieggiano dai manifesti pubblicitari, e lo moltiplichiamo per l’infinito numero di riproduzioni e variazioni che popolano l’orizzonte urbano, forse diventa più comprensibile perché sia diventato così difficile riconoscere la “validità” della propria immagine riflessa.


Durante

Un amore di piede

Gene Hughes, Feet, 2006 (immagine tratta da www.mekhaskhen.com)

Libri

J. Bénichou et al. Piedi sani Red edizioni, 2005 Gli autori, ortopedici specializzati nella chirurgia del piede, descrivono e spiegano le complesse funzioni del piede. I piedi sani assicurano il benessere generale e un portamento sicuro ed elegante.

Internet

www.orthoswiss.net Il sito dell’Ortopedia Tulipani pubblica consigli per una corretta cura del piede. Rispondendo ad alcune domande, il check up online permette di valutare se esiste un problema orto-statico o dinamico del piede.

l’inverno si trascu- comode e adatte a loro”. Le rano un po’. È con i primi calzature non vanno quincaldi che ci si ricorda di loro: di scelte con superficialità e dentro sandali, ciabatte e in- seguendo soltanto i dettami fradito non possono certo della moda, come fanno sosfigurare. Inizia così in tutta prattutto le donne: “Il tacinfradito: se portate come scarpe abituali fretta la “remise en forme” dei co non dovrebbe superare i possono causare, a volte, infiammazioni tra piedi, con massaggi e pedicu- cinque centimetri”, consiglia il primo e il secondo dito e dolori all’arco re fai da te o, se necessario, la podologa Michela Ceppi. plantare. Inoltre, non proteggono e quindi è più facile lussarsi un dito. Secondo Salute una capatina dal podologo, “Quello più alto va bene per dal dermatologo o dall’este- una serata, quindi per un un recente studio della Auburn Universitista. Non è detto, però, che breve periodo di tempo”. Il ty dell’Alabama agirebbero negativamente i risultati siano soddisfacenti: tacco alto, infatti, sposta il baanche sull’andatura: la lunghezza del passo secondo un recente sondag- ricentro in avanti: il peso del sarebbe più corta e il tallone toccherebbe gio dell’Associazione dei po- corpo finisce sull’avampiede, terra con meno spinta verticale. dologi statunitensi sei donne causando alla lunga danni Ma esistono le scarpe ideali per salvaguardasu dieci si vergognano dei alle articolazioni, alle gambe re la salute del piede? “Sì, quelle da tennis”, loro piedi. e alla schiena. “Si rischiano risponde Ceppi. “Non bisogna comunque Molte altre, invece, vere e anche infiammazioni della abusarne, altrimenti il piede non respira”. proprie feticiste, vedono nei pianta del piede, l’alluce valAltre buone abitudini possono tenere lontani piedi un’arma di seduzione go e la formazione di calli e i guai, come la rimozione di sassolini e altri quasi infallibile e sono di- duroni”, aggiunge Ceppi. corpi che si insinuano nelle scarpe. Inoltre, sposte a tutto pur di averli Ma non è solo l’altezza a quando si fa la pedicure, è consigliabile non perfetti. Addirittura darli in mettere a dura prova i piedi. tagliare le unghie con le forbici, ma limarle. pasto ai pesci: la pedicure Anche tenendoli ben piantati I duroni vanno tolti con la pietra pomice e “made in Japan”, da poco ap- a terra si può andare incontro mai con strumenti che possono provocare prodata a Washington, affida a problemi. Le scarpe basse delle ferite. È meglio non andare in giro a l’ingrato compito di togliere piedi scalzi e non usapellicine e calletti a piccole Tacchi non troppo alti, scarpe da tennis, re borse d’acqua calda carpe che sguazzano in appo- un’attenta pedicure e una pulizia giornalie- o cuscini riscaldanti. site vasche. I piedi vanno lavati ra: ecco alcune buone abitudini per tenere ogni giorno, asciugati Pesci a parte, il benessere dei piedi, e di riflesso del cor- lontani infiammazioni, verruche, calli, dolori bene e ammorbiditi po, si raggiunge con piccoli alla schiena e alle gambe con una buona crema ma essenziali accorgimenti. idratante. E i pediluvi “Innanzitutto occorre con- come le ballerine, infatti, non vanno fatti con il contagocce. “In generale trollare i piedi ogni giorno, sono un loro alleato: “Questo consiglio di farne uno alla settimana”, preper vedere se ci sono duroni, tipo di calzature può causare cisa Ceppi. “Rendono troppo morbida la screpolature nella pelle o cal- tendiniti e a volte infiammapelle e da piccole lesioni della pelle si posli”, spiega Massimo Tulipani, zioni al tendine d’Achille”, sono formare delle verruche. La frequenza è tecnico ortopedico. “Bisogna spiega la podologa. Sono stacomunque legata ai bisogni e alle patologie poi calzare scarpe morbide, ti messi al bando anche gli del paziente”.

» di Antonella Sicurello

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Fotografia

citaria ma anche specializzato in quella speleologica. La fotografia è stata scattata nel febbraio del 2008, durante uno dei numerosi viaggi a Cuba intrapresi dal fotografo, nell’ambito di un progetto editoriale che lo vede impegnato da anni nella realizzazione di un libro sul mondo sotterraneo dell’isola caraibica. Copyright www.robertobuzzini.com

Questa rara immagine di una nidiata di civette ci viene presentata da Roberto Buzzini, fotografo professionista locarnese, solitamente impegnato nella fotografia pubbli-

Nidiata di civette

» Il Ticino e i suoi fotografi Roberto Buzzini


» testo di Samantha Dresti; fotografia di Adriano Heitmann

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che Ascona diventasse il luogo per il “subproletariato” e il rifugio per tutti quelli che dovevano abbandonare il loro paese per politica o per religione. Se vedesse Ascona oggi si metterebbe le mani nei capelli... Si è iniziato a parlare di energia positiva del Monte Verità quando l’artista Ernst Frick, che diceva di essere geologo per hobby, iniziò a fare degli scavi e a studiare il Balla Drume celtico, un particolare punto di forza. Qui al museo abbiamo una sala dedicata a questo, vi è anche una cartina della Svizzera che segna i punti di energia positiva e negativa. Io, senza saperlo, mi Libera pensatrice e amante della natura, recavo presso il Balla Drume Hetty Rogantini racconta della filosofia a fare le passeggiate e anche ispirata ai principi di teosofia, vegetaria- in Engadina… proprio punti dove c’è l’energia posivita... nesimo e nudismo che segnò la stagione Sì, son finita in Engadina pendel Monte Verità di Ascona sando di fare solo una stagione come segretaria d’albergo rista del Monte Verità, ndr.) e invece ci sono rimasta sedici anni, perché si sviluppò in Germania per lì ho poi conosciuto Rogantini e abbiamo promuovere la libertà indiavuto una fattoria a duemila metri, era un viduale. Poi sono venuti qua po’ come il Monte Verità, ma solo noi altri, e hanno ideato questo grupcol nostro bestiame. po che hanno poi chiamato Vogliono tutti che io racconti degli artisti “cooperativa teosofica, vegeincontrati quassù… sì è vero che in casa mia tabiliana, neocomunista, indi gente ne ho vista molta... anche perché dividualista”. L’artista Gusto mio padre era uno, diciamo, dei fondatori Gräser si separò presto dal del “Südschweiz” adesso “Tessiner Zeitung” e gruppo (lui voleva abbanscriveva sempre la cronaca della regione e in donare ogni forma di civilizcasa veniva tanta gente… Ho conosciuto la zazione) e andò a vivere in baronessa Saint Léger (un tempo proprietaria una grotta ad Arcegno. Herdelle Isole di Brissago, ndr.) quando però era mann Hesse lo raggiunse nel già impoverita e stava a Moscia. Ricordo la 1907 e poi scrisse quel libro, Werefkin com’era, sempre col suo turbante “Demian”. Nel 1904-5 hanno colorato in testa, la si chiamava la “nonna costruito questa casa, con fidi Ascona”, l’ho conosciuta passando in nestre ad archi, soffitti a volta paese. E poi altri artisti come Helbig, Kohler, e porte scorrevoli, appunto McCouch e Frick… (gli artisti che nel 1924 nello stile teosofico, senza insieme a Marianne Werefkin fondarono il angoli (possibilmente). E le gruppo “L’orsa Maggiore”, ndr.). Eravamo coppie qui, a parte mio papà quasi vicini di casa… ma i particolari non li che si era sposato, convivesaprei raccontare, da bambini spesso stavavano, oggi è normale ma… mo fuori casa a giocare e non partecipavamo in quei tempi lì… le donne certo alle riunioni! venivano maltrattate dalle Della cultura del Monte Verità i figli mi didonne in paese, le trattavano cono “per fortuna ci hai allevati così”. Loro come sgualdrine, le pizzicavasono stati educati come sono stata educata no con le ortiche, altre sono io, con una certa apertura mentale… le restate buttate nella fontana ligioni, per esempio, mi interessano un po’ ecc… Insomma hanno avuto tutte, mi affascinano… ma non ne seguirò le loro difficoltà. Poi sono mai una in particolare applicandone le regoarrivati gli anarchici tedeschi le. E poi la natura, il rapporto armonico tra e svizzeri, il più famoso era uomo e natura è un’eredità fondamentale Erich Mühsam. Lui sperava del Monte Verità.

Hetty Rogantini

Vitae

a mattina mi alzo presto, comincio a dare il pane agli uccelli, il cibo ai gatti… di solito ho visite… ho sempre gente in casa. Poi, bon, dopo alcuni lavoretti vengo su qui al Museo Casa Anatta che custodisce la storia del Monte Verità e la illustra attraverso la mostra ideata da Harald Szeemann. Sono nata qui, sulla collina ma abito un po’ più in giù, perché la prima casa di mio padre (l’artista Alessandro Guglielmo De Beauclair, ndr.) l’aveva venduta nel 1928 al barone Von der Heydt e avevamo già una casa di vacanza dei nonni, che anche loro erano venuti giù dal Nord Europa nel 1906. Siamo cresciuti con l’idea di questa prima comunità perché mio padre non sarebbe venuto ad Ascona se non fosse stato interessato a tutta ‘sta cosa’, lui era pittore d’arte e scrittore. Siamo cresciuti naturalmente vegetariani, liberi pensatori, anche da parte di mia mamma, però se si dice che qui si praticava tutti il nudismo… io i miei genitori non li ho mai visti nudi… secondo me, un po’ esagerano con quella storia dei “balabiott”. Era come vivere un’esistenza di fiaba e non di paese, perché eravamo sempre più o meno soli in quei tempi là. In seguito, andando a scuola ci siamo accorti che eravamo stati allevati un po’diversamente dagli altri bambini, però non ci sono mai stati grossi problemi e abbiamo imparato subito l’italiano… a casa si parlava il tedesco buono e l’olandese. La cosa che ci separava di più era l’esperienza religiosa, che noi non conoscevamo. Per me era una cosa interessantissima, un soggetto nuovo. Sentivamo parlare di processioni e di messe alle quali non partecipavamo… una volta però siamo andate, mia sorella e io a una processione… ci eravamo messe d’accordo con delle amiche di scuola… poi, col tempo, ci siamo fatte la nostra idea sulla religione. Il gruppo (la comunità natu-

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Piantina dell'Isola Madre: al centro (in rosso) la posizione del "Vecchio Kashmiriano"

morte e resurrezione del Cipresso kashmiriano

Reportage

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La natura che combatte contro i suoi stessi elementi. Pare una contraddizione in termini, ma è quello che è avvenuto due anni or sono nella più grande delle Isole borromee: un violento nubifragio staccava da terra un grandioso Cipresso del Kashmir, il più antico e spettacolare d’Europa. Ripercorriamo la storia, unica nel suo genere, di un salvataggio estremo: quello organizzato da un gruppo di uomini che aiutano un “grande vecchio” che non ha nessuna intenzione di lasciarci.

testo di Federica Baj fotografie di Adriano Heitmann

Poco distante dal cipresso centenario un “fratello” più giovane, risparmiato dalla tempesta


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e radici affondate, salde, nel grembo della madre terra. Attraverso il tronco, i rami e le foglie che tendono al cielo, a quel Dio, a quegli Dei venerati dai popoli più antichi. L’albero, nella foresta intricata delle immagini e dei miti, dai Celti ai latini fino ai Nativi americani, è sempre stato considerato il simbolo unico e imprescindibile della vita. La storia del vecchio Cipresso del Kashmir dell’Isola Madre sul Lago Maggiore, il più antico e spettacolare d’Europa, abbattuto due anni fa da una violenta tromba d’aria e subito rimesso in piedi per mano dell’uomo, è prima di tutto una storia di vita. I nuovi germogli che oggi, dopo tanti mesi di sofferenza e dolore, ne adornano i rami di un bel verde azzurro

brillante hanno tutto il colore della vita che si rinnova. E se dietro ogni favola che si rispetti c’è un insegnamento, la favola a lieto fine del Vecchio kashmiriano cela un gesto di profonda civiltà in un’epoca, la nostra, in cui sempre più spesso balzano alle cronache storie di disboscamenti, abbattimenti, deforestazioni. Atti feroci perpetrati dall’uomo contro i polmoni delle terra. In questo caso invece va all’uomo, a tanti uomini, il merito di avere salvato un vero e proprio gioiello botanico che la forza devastante di una “natura matrigna” aveva deciso di annientare. Fra i protagonisti di questo salvataggio straordinario gli attuali proprietari delle Isole borromee, Bona Borromeo e il Principe Giberto, lo storico giardiniere

delle isole Gianfranco Giustina e tutti i tecnici, i botanici, gli operai e le decine di persone che hanno lottato fino alla fine affinché il cipresso venisse rimesso in piedi e ricominciasse a incantare con tutta la sua maestosa eleganza i visitatori delle isole. Vale la pena ripercorrere brevemente gli accadimenti degli ultimi due anni, da quella notte del 28 giugno del 2006 a oggi, per capire fino in fondo un gesto di profonda umanità e amore. Il racconto di Gianfranco Giustina, una vita di lavoro sulle “perle” del Verbano, da quando poco più che ventenne iniziò a occuparsi con una passione fuori dal comune della magica flora delle isole Madre e Bella, è il flash-back di una tragedia. A guardarlo bene ci si chiede se i suoi occhi, di un

28 giugno 2006: una tromba d'aria sradica il grande Cipresso di 70 tonnellate di peso e di 9 metri di diametro alla base


azzurro profondo, non abbiano preso in tanti anni di servizio sulle isole del Lago Maggiore il colore riflesso delle sue acque e se il suo portamento elegante, i modi raffinati e la delicatezza d’espressione non siano state un dono degli spiriti degli alberi per i suoi trenta anni di cure e attenzioni nei loro confronti. Il suo ufficio è sull’Isola Madre. Per raggiungerlo si percorrono, dall’imbarcadero, pochi metri immersi nella scomposta perfezione di uno dei più bei giardini di stampo romantico all’inglese d’Europa. Un incredibile orto botanico dove la mitezza del clima ha consentito la crescita di piante e di fiori unici, tipici dell’ambiente subtropicale. Nel breve tragitto s’incontrano cespugli di camelie e le fragili ninfee e i fior di loto. Il signor Giustina spiega che la tromba d’aria non li aveva nemmeno sfiorati i loti. Come se la furia devastante della natura volesse proprio colpire il centro pulsante dell’isola, il maestoso e apparentemente indistruttibile Cipresso del Kashmir che ancora oggi spicca fra tutti gli alberi a fianco del palazzo costruito nel XVI secolo e oggi trasformato in museo. Il giardiniere, seduto a un vecchio tavolo di legno, fra scaffali di libri di botanica e giardinaggio e bacheche sulle quali sono riposti minuscoli contenitori di semi, inizia a ripercorrere minuto dopo minuto quegli attimi terribili. Per lui ritornare a quella notte di giugno di due anni fa è ancora oggi una sofferenza. Il suo legame con il “gigante del Kashmir” è indefinibile. Un rapporto di amicizia unico, simbiotico, indecifrabile. Lo ha nutrito per tanti anni e non solo di concimi e irrigazioni ma di cure particolari che solo un animo umano nobile può dispensare con sciamanica saggezza. Sapeva esattamente quello di cui il vecchio cipresso, donato nel 1862 sotto forma di semi dall’ambasciatore inglese William Templand al principe Vitaliano Borromeo, aveva bisogno in ogni stagione, in ogni momento delle sua vita. Giustina aveva persino intuito, poco prima dell’incidente, che quella posizione, in alto al centro dell’isola, avrebbe potuto essere per l’albero, esposto ai venti e alle bizzarrie del tempo, un pericolo. L’intuizione si è rivelata fondata. Quella notte d’estate, una violenta tromba d’aria proveniente da nord ha raso al suolo, in una manciata di secondi, una lingua di terra della più grande delle borromee, puntando pro-

I lavori di rimessa a dimora dell'albero con le gru appositamente giunte dal Trentino

prio al cuore dell’isola, a quel cipresso che ne era un vanto e un orgoglio, sradicandolo completamente alla sua base di nove metri di circonferenza. E con lui, simbolo dell’inizio della cultura del giardinaggio nell’isola, sono stati colpiti centinaia di lecci e di alberi secolari e decine di piante più giovani. Nelle parole del signor Giustina si legge la disperazione di quegli attimi, la telefonata ricevuta alle due di notte, la corsa in auto dalla sua abitazione di Borgomanero. E poi il disastro, l’angoscia alla vista del grande cipresso, prima maestoso e intoccabile, allora indifeso e colpito a morte con le radici all’aria. Nel racconto i suoi occhi tradiscono l’emozione. Si alza, va alla finestra a dare indicazioni ai suoi collaboratori su alcuni lavori che si stanno eseguendo nel giardino. Si risiede e precisa che non è più il tempo di commemorazioni. Che si deve andare avanti. Che, in fondo, anche la natura si deve rinnovare in qualche modo. È la ragione che lo fa parlare così. Ma il cuore lo fa sussultare ancora al ricordo di quella notte e della giornata successiva quando, in una riunione con i proprietari dell’isola, si decide, in preda all’incoscienza e alla disperazione, di rimettere in piedi, con ogni mezzo, ad ogni costo, il Cipresso del Kashmir. E i costi non sono stati da poco per avviare la complessa macchina d’ingegneria arborea, un esperimento unico al mondo, che ha permesso al gigante di ritornare a vivere. La pianta è stata coperta imme-

diatamente con sacchi di iuta per evitare che le radici, tenute costantemente umide, si seccassero e la chioma è stata trattata con antitraspiranti per impedirne la disidratazione. Nei giorni successivi alcuni elicotteri hanno sorvolato l’isola decine di volte per portare i tralicci che hanno permesso di rialzare l’albero, ancorato successivamente al suolo con venti tiranti d’acciaio. I tralicci sono stati fatti arrivare dal Trentino dove vengono solitamente impiegati per la costruzione delle funivie. Ci sono voluti giorni per organizzare, in ogni minimo dettaglio, la complessa opera di salvataggio. Basti pensare che ben due giorni sono stati impiegati solo per avvitare i bulloni delle due gru usate per le operazioni di rimessa a dimora dell’albero. Un’impresa straordinaria, una vera e propria lotta contro il tempo per dare anche solo una speranza di vita al vecchio albero. A breve la metà dei cavi d’acciaio dovrebbe essere eliminata. È un buon segno. Il cipresso si è ripreso, ce la può fare da solo. Ci sono voluti mesi di terapie intensive, di sostanze stimolanti e cicatrizzanti, di annaffiature della chioma. Il signor Giustina spiega che l’intenzione di piantare un altro piccolo albero della stessa specie lì, a fianco, per colmare il vuoto lasciato da una parte del tronco che non si è rigenerata. È una buona idea. Forse è ancora quel suo particolare intuito che lo fa parlare, la sua saggezza, il suo sesto senso. O forse il suo albero glielo ha chiesto in uno di quei tanti momenti



La base del Cipresso

I tiranti che danno stabilità alla pianta

Venti cavi di acciaio ancorano al suolo il "Vecchio kashmiriano". Sullo sfondo il palazzo costruito nel XVI secolo e oggi trasformato in museo

di empatia. Un’empatia che ha permesso al saggio giardiniere, un anno dopo l’accaduto, di accorgersi, prima di tutti, che il Vecchio kashmiriano era tornato a germogliare. Forse una folata di vento ha portato alle orecchie del suo amato curatore un sussurro gentile per avvisarlo che tutto stava andando per il meglio. Un giorno il cipresso dell’Isola Madre tornerà, elegante, a danzare con il vento e in autunno continuerà a stregare tutto il mondo con quel suo azzurro argento che si confonde con il cielo e con le acque del lago. Prima di lasciare l’isola andiamo a salutarlo. È in compagnia di un fagiano bianco, uno dei simboli della fauna delle borromee, e sulla sua chioma lo allieta il canto dei minuscoli pappagalli che qui, in questo arcipelago meraviglioso, sospeso fra il lago e il cielo, hanno trovato il clima ideale alla loro sopravvivenza. Molti di loro erano rimasti uccisi dalla tromba d’aria. Oggi cantano felici. La tempesta, nella quieta atmosfera dell’isola, sembra essere solo un brutto ricordo lontano. Scendiamo la scalinata che ci conduce all’imbarcadero. Alle nostre spalle, pur senza guardarlo, il grande cipresso trasmette tutta la sua potente energia. Ai lati della scalinata e lungo il sentiero tanti giovani alberi piantati da poco hanno rimpiazzato le piante danneggiate dalla tromba d’aria. Si tratta dell’opera di rinnovamento



Gianfranco Giustina, il giardiniere delle isole, si protegge all'ombra del “Kashmir”

dell’isola. Tornano alla mente le parole del giardiniere. La natura, non sempre benevola, continua a mietere le sue vittime ma, allo stesso tempo, offre la possibilità di un continuo rinnovamento. Eccone l’esempio. Ripensiamo alle ninfee e ai loti risparmiati dalla tempesta e a Lao Tse che nel suo Tao te ching (par. 76) aveva scritto “quando un albero è forte è condannato il forte ed il gagliardo stanno sotto e il debole e il molle stanno sopra”. È la storia del nostro cipresso. Annientato nella sua forza ha trovato, nel momento della sua maggiore debolezza, la linfa per ricominciare a vivere. Un vecchio libro dal titolo Giardinaggio, domande e risposte, impilato con tanti altri sugli scaffali dell’ufficio del giardiniere delle isole, fa pensare. Il mondo vastissimo degli alberi ci porta a porci tanti interrogativi. Le risposte sono quelle che danno la scienza, la botanica, la chimica. Ma forse, la vera risposta, non sta scritta solo sulle pagine di un libro. La vera risposta sta nell’animo delle persone che con grande civiltà, amore, intelligenza e intuito hanno saputo salvare un albero. Il Cipresso centenario del Kashmir che sull’Isola madre è tornato a cantare.

Nel maggio del 2007 spuntano i primi nuovi germogli

Reportage

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GERONIMO STILTON

UN TOPO DA RECORD Da quasi dieci anni Geronimo Stilton è entrato a far parte del mondo dell’infanzia come personaggio arguto e dal profilo del tutto singolare. Un’invenzione editoriale unica che ha consentito di avvicinare alla lettura migliaia di bambini in tutto il mondo di Fabiana Testori

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la popolazione adulta, avvezza alle prelibatezze gastronomiche, Stilton è il nome di un famoso formaggio inglese, ricavato da latte di mucca intero, pastorizzato ed erborinato. Le varianti del celebre cacio, detto anche Gorgonzola inglese, sono due, quella blu, la più rinomata e quella bianca, meno conosciuta. Stilton è pure il nome di un paesino anglosassone, divenuto importante proprio grazie al formaggio, che nel Settecento si vendeva alla Bell Inn, una locanda dove trovavano ristoro i viaggiatori che percorrevano la Grande Strada del Nord. Ancora oggi, il vero e unico Stilton, per chiamarsi tale, deve essere prodotto solo nelle regioni del Derbyshire, del Leicestershire e del Nottinghamshire. Per i bambini e per i più grandicelli però, Stilton è il nome di un popolare personaggio di una serie di libri per l’infanzia edito da Piemme: Geronimo Stilton, topo trentaseienne giornalista e scrittore. Super impegnato, un po’ distratto, timoroso, gran collezionista di croste di formaggio del Settecento e grande appassionato di golf, il giovane Stilton dirige l’“Eco del Roditore”, il quotidiano più diffuso sull’Isola dei Topi, fondato dal nonno Torquato Travolgiretti, e racconta, per diletto suo e dei suoi giovani lettori, le avventure più incredibili che gli capitano continuamente. Lui assicura “I miei libri sono tutti bestseller!”, e come dargli torto se si considera che oggi i libri di Geronimo Stilton rappresentano il massimo fenomeno editoriale italiano degli ultimi anni. Tradotto in trentacinque lingue, dieci

Tea Stilt on milioni di copie vendute soltanto in Italia, sbarcato perfino in televisione, sulla rete satellitare Raisat Smash sul pacchetto Sky, con un programma intitolato Topo Quiz con Geronimo Stilton, Geronimo ha vinto la prima edizione del Premio Cenacolo - Editoria e Innovazione nel 2000 e il Premio Andersen come personaggio dell’anno nel 2001. Un vero e proprio caso editoriale e assolutamente non scontato se si tiene conto della pluridecennale presenza sulla scena di un altro leggendario topo ancor più famoso, Topolino, che rimane scolpito nella mente dei bimbi di ieri e di oggi. La carta vincente di Stilton sembra essere la sua estrema dinamicità, la sua naturalezza, la sua capacità di rinnovarsi e di non annoiare mai, grazie anche alla vivacità delle illustrazioni a colori nei

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testi, ai grafismi e alle parole messe in evidenza con forme particolari. Altresì fondamentali sono i valori semplici, ma importanti che il topolino desidera comunicare ai suoi giovani fan come la solidarietà, l’amicizia e il rispetto per gli altri. Inoltre, di grande impatto sembra essere il contesto che gravita attorno al personaggio di Stilton, poiché si tratta di un quadro preciso e chiaro. Infatti, Geronimo vive sull’Isola dei Topi, che ha forma di fetta di formaggio ed è situata nell’Oceano Rattico meridionale. La sua città è Topazia, capitale dell’isola. Laureato in Topologia della Letteratura rattica e in Filosofia archeotopica comparata, il simpatico roditore è circondato da una bella famiglia e dagli amici più fedeli. Il nonno Torquato, la sorella Tea,


" ozzi Pina Top

il cugino Trappola, il nipote Benjamin, l’energica governante Pina Topozzi, l’amico Ficcanaso Squitt e molti altri sono sempre presenti negli episodi narrati nelle sue opere e contribuiscono a donare a Stilton un’immagine di rassicurante normalità. Lo stesso Geronimo sostiene: “ In tutte le mie avventure ho la fortuna di non essere solo, ma di avere accanto la mia famiglia e i miei amici, che mi aiutano e sostengono! Tutti gli amici che ho incontrato sono per me preziosi e rimangono tutti nel mio cuore.” E quando gli si domanda quali siano le ragioni del suo successo editoriale, lui candidamente risponde: “I bambini mi amano perché hanno fiducia in me. E io adoro divertirli con le mie avventure. Nei miei libri spesso racconto cose che mi sono realmente accadute, divertenti, spassose! E piene d’imprevisti.” In realtà, ma è d’obbligo non rivelarlo ai piccoli sostenitori del topolino, Geronimo nasce dalla mente e dalla penna di Elisabetta Dami, autrice milanese e figlia di Pietro Dami, editore specializzato in cartonati per la prima infanzia. Figlia d’arte quindi e da sempre appassionata di libri, di viaggi e di storie per bambini. Sebbene l’idea di creare il personaggio di Geronimo Stilton abbia avuto origine dal dolore di un’amara scoperta, quella di non potere avere figli, le avventure del roditore hanno da subito riscosso un enorme successo. La Dami infatti, ha fatto volontariato negli ospedali e grazie alle sue storie, in cui il protagonista era appunto un topo, ha regalato un sorriso ai bambini

più sfortunati. Da quel momento Geronimo ha preso vita e le sue avventure sono diventate sempre di più fino a diventare il fenomeno editoriale che si conosce oggi. Per quanto concerne il nome invece, l’autrice si è ispirata al grido dei paracadutisti americani, appunto “Geronimo!” e a un’indimenticabile scorpacciata di Stilton, sommerso nel Porto, avvenuta durante un viaggio in Inghilterra. Secondo l’autrice, il piccolo roditore piace perché ricco d’umorismo, di suspence e di grande speranza finale e poi stuzzica i bambini a leggere e

Benjamin Stilton e Geronimo quest’ultimo elemento sembra essere quello più importante, in un mondo in cui i videogame, anche i più violenti spopolano in tutte le fasce d’età. Evviva Geronimo Stilton dunque e nell’attesa di vederlo sulle reti televisive di tutto il mondo a partire da settembre 2009, lo si consiglia a tutti come buona lettura.

Tendenze

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Geronimo Trappola Tea

Prof. Volt Benjamin

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Due storie diverse ma inseparabili compongono questo romanzo disincantato e dal candore solo apparente. Il punto di vista è quello dei bambini che con i loro giochi trasformano la realtà che li circonda e allo stesso tempo attuano un processo di comprensione di questa realtà. Nel primo racconto ci troviamo a Roma negli anni Ottanta con la protagonista Irene e la sua bambola. Non una bambola qualsiasi, bensì la allora popolarissima Cabbage, che arrivava dall’America in un cavolo di plastica. Irene e le sue compagne del Sacro Cuore di Gesù sanno che per le loro bambole devono essere, rispettando le ferree regole imposte dalla fabbrica, delle vere madri.

Luca, invece immerso nel mondo magico delle Winx, è il protagonista del secondo racconto, ambientato ai giorni nostri sulla costa laziale. Le Winx, dell’omonimo cartone animato, sono le fate Bloom, Stella, Flora, Musa, Tecna e Aisha che vivono ad Alfea, nel mondo di Magix, luogo nel quale gli umani non possono entrare, anche se nel finale del racconto vi è un’intromissione, inaspettata per Luca e per il lettore. Da una parte Irene e le altre bambine, impegnate nel gioco serissimo del “fare la mamma” e dall’altra il mondo popolato da orchi e fate di Luca. Una riflessione sul cambiamento tra il gioco “iperrealista” di vent’anni fa o, in generale, del passato e quello di oggi immerso in un

mondo fantasy, di cui Harry Potter o il Signore degli Anelli ne sono solo alcuni esempi, ma soprattutto una riflessione più generale sul mondo dei bambini, sulla maternità, sulla femminilità. Giovane scrittrice romana “non mamma” per scelta, Letizia Muratori si divide tra la passione per la narrativa e la sua professione di giornalista. Collabora con quotidiani, mensili, riviste di cinema (“Il Riformista”, “Capital”, “Primissima”, “Close-up”). Il suo primo racconto, Saro e Sara, è stato pubblicato con molto successo nell’antologia Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi, 2004). Il celebrato Tu non c’entri (Einaudi, 2006) è il suo primo romanzo, seguito da La vita in comune (Einaudi, 2007).

» di Samantha Dresti

Letizia Muratori La casa madre Adelphi, 2008

Abbiamo letto per voi

» lettering di Flavia Leuenberger

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Il 16 agosto il vostro ambito di amicizie sarà interessato da una importante eclissi di Luna piena in Acquario. Questo aspetto potrebbe spingervi a prendere le distanze da un vecchio amico o a distaccarvi da una gruppo di persone.

La configurazione planetaria porterà a un’accentuazione dei vostri interessi esoterici. Anche gli incontri sentimentali potranno essere favoriti da affinità spirituali. Momento evolutivo estremamente importante per i nati della terza decade.

scorpione

Venere e Mercurio favoriscono un’intensificazione dei flirts estivi. Comunque sia, i nati tra la prima e la seconda decade si troveranno sotto la duplice azione di Giove e Saturno. Possibile avvio di una importante relazione sentimentale.

Mentre Venere e Mercurio favoriscono un intensificarsi dei progetti amorosi, Marte spinge i nati della terza decade verso l’adozione di misure improvvise. Forte e imprevista attrazione nei confronti di una persona anticonvenzionale.

gemelli

sagittario

Le vostre aspirazioni sono da tempo in contrasto con i desideri e le necessità della vostra famiglia di origine. Prima di accontentare gli altri cercate di comprendere le vostre reali aspirazioni. Le situazioni di compromesso non soddisfano nessuno, né voi né gli altri.

Novità professionali per i nati della prima decade (probabilmente vi saranno portate da una amica di vecchia data). Probabile incontro con un personaggio importante durante un viaggio all’estero per i nati alla fine del segno.

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Il 13 e il 14 sarete sottoposti a una forte azione lunare. Giove e Luna amplificheranno a dismisura ogni vostra emozione offuscando le vostre capacità di giudizio. Mercurio e Venere favoriranno una serie di incontri facilitati dalle affinità culturali.

Momento favorevole per i nati della prima e seconda decade. Grazie a una doppia configurazione tra Saturno, Mercurio e Venere state per rincontrare una vostra vecchia fiamma. Tra il 13 e il 14 cercate di rilassarvi con le persone giuste.

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I pianeti nella seconda casa solare vi spingono verso la realizzazione di nuove spese. Anche se ci tenete molto al vostro benessere, cercate prima di stabilire un limite al budget. Tra il 15 e il 16 ci sarà un’importante eclissi. Mantenete il controllo sulle vostre emozioni!

Settimana caratterizzata dall’ingresso di Mercurio e Venere nella vostra ottava solare. Questo aspetto da una parte porta a un aumento dei vostri guadagni, dall’altra favorisce un accrescimento dei vostri desideri sessuali. Ferragosto particolare segnato da una forte Luna Piena.

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Grazie a Venere e Mercurio durante questa settimana riuscirete ad allargare il giro delle vostre amicizie e così anche a fare un buon incontro amoroso. Avanzamenti e opportunità professionali per i nati nei primi giorni di settembre.

Marte e Urano in opposizione vi spingono verso l’adozione di soluzioni rivoluzionarie, sia per quanto riguarda la vostra vita a due sia in ambito professionale. Cercate di essere tempestivi, evitando di adottare una logica attendista.

Elemento: Fuoco - fisso Pianeta governante: Sole Relazioni con il corpo: cuore, sistema cardiocircolatorio Metallo: oro Parole chiave: potere personale, energia vitale, fierezza, forza Dopo aver trattato la settimana scorsa degli aspetti esteriori del segno del Leone, è ora di affrontare i tratti legati alla sfera sentimentale e relazionale. Come abbiamo già detto, il Leone viene simboleggiato dal Sole che con i suoi raggi estende la sua forza creativa nello spazio. La sua centralità viene ripresa da numerose simbologie fra cui i mandala (in sanscrito, cerchio) e, in ambito alchemico, il lapis philosophorum, il prodotto dell’opus alchemico (materia prima dell’opus è la sostanza capace di operare la trasmutazione dei metalli vili in oro e/o di donare incorruttibilità ai corpi viventi). Il Leone corrisponde al grado psicologico più vicino alla natura ma con una netta coscienza differenziata e un’organizzazione dell’Io raggiunta attraverso un difficile percorso interiore. Vanitoso e suscettibile all’azione degli adulatori, può del resto essere facilmente raggirato dagli astuti e dai “cortigiani” che, attraverso le lodi, riescono a circuirlo a proprio vantaggio. La sua lealtà e la tendenza a credere che gli altri approvino incondizionatamente le sue azioni, lo spinge quindi in errore o in situazioni spiacevoli. Passionale ed emotivo, si esprime eroticamente attraverso la genialità. La sua innata teatralità riesce a spiazzare la diffidenza dei partner, attratti dalla carica di energia vitale che riesce a esprimere. Di rado i nati in Leone si lasciano assorbire del tutto dalle dinamiche familiari: il loro bisogno di vita e di esperienze sempre nuove e creative li porta infatti spesso al “largo”, con il rischio di avviare crisi e incertezze nel rapporto con i partner. Ottimisti fino all’incoscienza, mostrano un certo gusto per le cose materiali, anche se il loro attaccamento al denaro non è poi così forte. La loro iperattività e una certa ghiottoneria li rende deboli sul piano del sistema cardiocircolatorio, un aspetto che deve essere monitorato attentamente, soprattutto con l’avanzare degli anni.

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Il Sole transita nel segno del Leone dal 23 luglio al 23 agosto

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» a cura di Elisabetta

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“ … il sole che sorge allegro e forte”

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Âť illustrazione di Adriano Crivelli


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1. Noto romanzo di C. Hein • 2. Est • 3. Veloce... come un topo • 4. Un ruolo del calciatore • 5. Imbarcazione da diporto • 6. Messa al bando • 7. Metallo radioattivo • 8. Carme lirico • 13. Traina la slitta di Babbo Natale • 14. Istante • 20. Studiosi del passato • 22. Connessione • 24. Uno a Zurigo • 27. Manto equino • 31. Una palla al piede! • 32. In nessun tempo • 34. Un recipiente con il filtro • 36. Bernoccolo • 39. Topo ginevrino • 41. L’antica divinità romana dei campi • 44. Dittongo in paese • 46. Le iniz. di Rascel.

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1. Ognuno fa il proprio! • 9. Epoca • 10. Precede Vegas • 11. Nodo centrale • 12. Sconfessare, rettificare • 15. La getta il pescatore • 16. Maestrie • 17. Lo mantiene chi non vuol farsi riconoscere • 18. Cons. in dieta • 19. Fu amato da Galatea • 21. La belva che ride • 23. La coppa calcistica vinta dal Brasile • 25. Ha lame affilate • 26. Lo rode il cane • 28. Norvegia e Malta • 29. Numero in breve • 30. Mezzo nastro • 31. Un obiettivo fotografico • 33. Altitudine • 35. Ha la cruna • 37. Antica città mesopotamica • 38. Leva centrale • 39. Il quadrato del pugile • 40. Un disinfettante • 42. In mezzo al coro • 43. Celestiale (f) • 45. Tirare le conclusioni • 47. Le iniz. della Fracci • 48. Andata e Ritorno • 49. Alcoolisti Anonimi • 50. Paladini.

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Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 33.

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La soluzione a Epigoni è: Burrasca nella Manica di Patrick O'Brian (Longanesi, 2008).

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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Il vincitore è: C.E., Aldesago.

Epigoni A quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 35. Al vincitore andrà in premio “A due ruote dal cielo. 26 nuovi itinerari cicloescursionistici in Ticino raccontati in un diario fotografico” di Alfio Cerini, Armando Dadò editore, 2008. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 14 agosto a ticino7@ cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano. “Aveva una rosa secca tra i capelli. Si girò per dirlo un’altra volta: «Naaley». Domani“.

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