Ticino7

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PROFILI

Alain De Botton: «L’arte è vivere»

NUMERO 48 / 25 NOVEMBRE 2016 / CON PROGRAMMI RADIO 8 TV DAL 27 NOVEMBRE AL 3 DICEMBRE

LA VITA IN UNA VALIGIA Molti ticinesi hanno deciso di vivere in un altro Paese

CORRIERE DEL TICINO / LA REGIONE  CHF 3.6

39


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Sommario

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STORIA DI COPERTINA

04

04 ARRIVEDERCI O ADDIO? di Mattia Bertoldi

COME DOVE QUANDO

08

08 SPIRITI LIBERI C’ERA UNA VODKA di Tommy Cappellini 10 CONCORSO FOTOGRAFICO di Gianclaudio Lanini 11 ALIMENTAZIONE UN KIWI PER AMICO a cura della Redazione

PROTAGONISTI

12

12 SETTE DOMANDE EMILIO RISSONE di Laura di Corcia 14 ORE SETTE BELLINZONA, CIRCO KNIE di Mélanie Türkyilmaz

TV E RADIO

15 DA DOMENICA 27 NOVEMBRE A SABATO 3 DICEMBRE

Scopri la programmazione settimanale completa in Ticino e in Europa di tv e radio per rimanere sempre informato.

IL PENSIERO DELLA SETTIMANA

Ci sono due specie di uomini nel mondo: quelli che restano a casa loro e gli altri. (Rudyard Kipling)

TICINO E NON SOLO

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39 PROFILI ALAIN DE BOTTON di Fabiana Testori 42 SETTE CONTINENTI TEHERAN NEL CUORE di Farian Sabahi

TENDENZE

44

44 STILE IL RICHIAMO DELLA FORESTA di Marisa Gorza 46 PICCOLO SCHERMO URLA CHE TI PASSA di Roberto Roveda 47 SETTE INGREDIENTI MILANESE, MA NON TROPPO di Eleonora Postizzi 48 TECNOLOGIA APPLE WATCH 2 a cura della Redazione 49 SPORT IL FANTACALCIO di Paolo Galli

RELAX

50

50 STELLE [ CURIOSITÀ ASTROPARADE di Betty L’OGGETTO a cura della Redazione ISTRUZIONI PER L’USO di Walter Mariotti 51 GIOCA UE VINCIV CON TICINO7 IL CRUCIVERBA

CONCORSO DI NATALE

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Il concorso è promosso in collaborazione con

ticino7

DIRETTO DA Paride Pelli CONLACONSULENZADI WalterMariotti REDATTORE RESPONSABILE Fabio Martini COREDATTORE GiancarloFornasier PROGETTO GRAFICO Elena MontobbioperWMWorkshop GRAFICA RobertoDresti e Deborah Vaccaro SITO WEB www.ticino7.ch

PARLIAMONE Partire: ci vuole anche coraggio di Paride Pelli «Partire è un po’ morire rispetto a ciò che si ama poiché lasciamo un po’ di noi stessi in ogni luogo ad ogni istante. È un dolore sottile e definitivo come l’ultimo verso di un poema… Partire è un po’ morire rispetto a ciò che si ama. Si parte come per gioco prima del viaggio estremo e in ogni addio seminiamo un po’ della nostra anima». In questi versi di Edmond Haraucourt c’è l’essenza del partire, del lasciare le proprie radici verso terre sconosciute. Se la drammatica attualità ci ricorda quotidianamente i casi di migranti costretti, dalla necessità, a salpare verso la presunta salvezza, il viaggio rimane fortunatamente ancora legato alla libertà e alla volontà di scoprire nuovi orizzonti, di arricchire gli occhi e la mente. Ma un conto è partire per un breve periodo, un altro è dire addio e trasferirsi altrove, per sempre. Le statistiche testimoniano di quanti siano i ticinesi che hanno deciso, negli ultimi anni, di lasciare il nostro cantone per svariati motivi, dalle più interessanti opportunità professionali fino all’amore. Scelte che hanno un denominatore comune: il coraggio. Perché vivere lontano dal proprio centro degli affetti, imparare una lingua straniera, ambientarsi in una città in cui non si conosce praticamente nessuno, abituarsi a una nuova cultura non è sempre facile e, nella maggioranza dei casi, richiede notevoli sacrifici. Spesso, ampiamente ripagati.

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Storia di copertina

Arrivederci o addio? Sono migliaia i ticinesi che hanno lasciato il nostro cantone per andare a vivere in un altro Paese. Quando torneranno? Forse mai. Scrive Mattia Bertoldi

C

’è una domanda che non manca mai nelle interviste agli emigranti ticinesi presenti su OltreconfiniTi, la piattaforma dedicata all’emigrazione ticinese nata nel 2013 (ti. ch/oltreconfiniti): «Pensi di tornare in Ticino, un giorno?». E la risposta è ogni volta la stessa: «Mi piacerebbe tornarci, sì. Ma non so se capiterà presto». Senza altre opzioni Gli emigranti ticinesi tendono a conservare un forte legame con il luogo di origine: leggono i quotidiani del cantone su Internet, parlano coi parenti su Skype, si aggiornano sul campionato di hockey con un’app. Sanno tutto dell’attualità ticinese, e forse è proprio per questo che non progettano un ritorno a casa. «In Ticino avrei finito per fare sempre i soliti dessert», mi ha raccontato una volta Kira Ghidoni, 28 anni di Gordola, pastry chef in Australia dopo cinque anni a Londra: «Per imparare e sperimentare dovevo allontanarmi da casa». A volte si tratta di persone che hanno sviluppato interessi talmente specializzati da essere obbligati a lasciare la Svizzera. Il compositore Giona Ostinelli, 30 anni, di Vacallo, è per esempio partito nel 2007 per frequentare una scuola di composizione a Boston, poi a Los Angeles si è avvicinato al mondo delle colonne sonore cinematografiche: un lavoro che lo obbliga a orbitare attorno a Hollywood. Stesso discorso per il compaesano 27enne Simone Giampaolo, che dal 2009 lavora nell’ambito dell’animazione digita-

4

Una lUnga storia

A partire dalla metà dell’Ottocento, moltissimi sono stati i ticinesi che, in cerca di migliori condizioni di vita, hanno lasciato il cantone per trasferirsi negli Stati Uniti, soprattutto in California (nella foto, Celeste Vosti di Gerra Verzasca, con il suo carro per il trasporto del latte, fotografato a San Francisco nel 1896). L’apertura dei grandi spazi americani ha attirato a partire dall’Ottocento oltre 400.000 svizzeri che hanno trovato nel Nuovo Mondo lavoro e opportunità.

6.000

il numero degli svizzeri che hanno partecipato come soldati alla Guerra di Secessione nel 1860-61.

19.645

il numero dei ticinesi (nati sia nel cantone sia in terra americana da genitori giunti dal cantone) presenti su tutto il territorio della California nel 1930.

le al di fuori della Svizzera: «Il settore è troppo poco sviluppato dalle nostre parti. Tornerei volentieri in Ticino, ma non esiste un posto di lavoro che mi permetterebbe di fare ciò che amo, quindi devo rinunciare e guardare oltre». tutta colpa di cupido A volte, è invece l’amore a impedire il ritorno nella Svizzera italiana: ci si innamora di qualcuno all’estero e il progetto di tornare a casa sul breve-medio termine inizia a sfumare, giorno dopo giorno. Tiziano Bianchi di Novazzano, classe 1957, aveva trovato un posto in una grossa banca di Zurigo come primo lavoro. Gli hanno proposto uno stage di dodici mesi in Nord America, ha accettato: «Ai tempi ero giovane, non me la sentivo di lavorare in banca per il resto della vita e volevo tentare la sorte». Durante quel periodo ha conosciuto la sua futura moglie; così, dopo essere tornato per qualche tempo in Svizzera, ha fatto definitivamente i bagagli e ora vive in Texas. Da allora sono passati oltre 30 anni. Un caso più recente (ma simile) è quello di Michele Mazzoleni, 32 anni di Bigorio: «Ho lasciato il Ticino nell’estate del 2007 e mi sono trasferito a Londra per un Master in economia, poi ho iniziato il dottorato negli Stati Uniti. Qui ho conosciuto quella che è poi diventata mia moglie, originaria della Corea del Sud. Mi sembra alquanto improbabile che un giorno possa tornare in Ticino: in questi anni gli interessi, gli obiettivi e le mie priorità sono semplicemente cambiati».


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«Il punto è crescere, mettersi alla prova, imparare a conoscere i propri limiti e ampliare gli orizzonti allargando il bagaglio personale»

Oltre i cOnfini Ma perché oggi il ticinese medio decide di emigrare? Rispetto al passato, la complessa situazione economica della nostra terra non costituisce più la motivazione principale della diaspora. Le ragioni sono più articolate, ma in generale siamo di fronte a persone che in un certo momento della loro esistenza hanno scoperto una dimensione più grande, al cospetto della quale tornare in Ticino equivarrebbe a fare un passo indietro e accontentarsi. Leda Curti, trent’anni di Lugano, vive a New York dal 2013 e spiega così il motivo che probabilmente la terrà lontana dal nostro cantone per ancora un po’ di tempo: «Ho un’indole cosmopolita: mi piace l’anonimato e mi piace avere la libertà di fare la spesa alle due di notte, se ne ho voglia. Una volta abituata a una grande realtà come questa è quasi impensabile tornare indietro». A volte è la voglia di mettersi alla prova che spinge verso un’altra realtà. Filippo Viel, 29 anni di Bellinzona, ha studiato economia e lavorato tra Zurigo, Berlino e Copenhagen: «Ogni soggiorno mi ha permesso di comprendere meglio la nostra realtà e me stesso. Il punto è crescere, mettersi alla prova, imparare a conoscere i propri limiti e (soprattutto) ampliare gli orizzonti allargando il bagaglio personale. Addirittura ricominciare a vivere da zero, in un luogo dove nessuno ti conosce, dove magari non parlare la lingua in cui pensi. Lo puoi fare una, due, tre, quante volte vuoi: è sempre un’esperienza arricchente». A mAi più rivederci? Si tratta di addii o di arrivederci? Difficile a dirsi, certo è che tra ambizioni e sentimenti, progetti professionali e incontri casuali, linee aeree low cost e un mercato del lavoro sempre più internazionale, il Ticino rischia di perdere un numero crescente di profili professionali altamente specializzati. Anche per questo motivo l’Ufficio per lo sviluppo economico (del Dipartimento delle finanze e dell’economia) ha investito in OltreconfiniTi, introducendo una vetrina bilingue (italiano

diamo i numeri

760.000

Gli svizzeri attualmente residenti all’estero, sono più del doppio della popolazione del Ticino. Purtroppo non esistono statistiche precise legate ai cantoni di provenienza, ma attualmente si stima che all’estero vi siano circa 100mila persone di origine ticinese.

198.647

Gli svizzeri residenti in Francia, il paese che al mondo ospita il maggior numero di nostri

connazionali. Secondo i dati raccolti nel 2015 dal Dipartimento federale degli affari esteri, in questa classifica seguono Germania, Stati Uniti, Italia, Canada, Gran Bretagna e Australia.

1.978

Cittadini rossocrociati che nel 2014 sono emigrati negli Stati Uniti. Il paese nordamericano accoglie complessivamente oltre 80mila svizzeri ed è la destinazione extraeuropea più scelta. Paesi come Palau, Turkmenistan e Kiribati condividono invece un altro primato: ognuno di loro accoglie un solo cittadino svizzero 5


Storia di copertina

Soledad, California, 2015: Mary Ann e Catherine, figlie di John Grisetti, nato in Valle Morobbia nel 1909. (©Flavia Leuenberger)

e inglese) che presenta le novità introdotte sul suolo ticinese dal 1990 a oggi. Dall’Università della Svizzera italiana al Tecnopolo di Manno e alle sue start up, il concetto è chiaro: comunicare ai ticinesi lontani da casa quanto l’economia cantonale si stia aprendo a una dimensione internazionale. Proprio in questa sezione del sito internet ti.ch/ oltreconfiniti trovano spazio le interviste ai ticinesi che, dopo un’esperienza al di fuori dei confini cantonali, hanno deciso di tornare a casa. Tra differenze salariali, condizioni di lavoro e prospettive di crescita, sono già numerosi i professionisti che hanno trovato nel nostro cantone opportunità inaspettate, offerte da aziende riconosciute a livello mondiale. Nella primavera del 2017, inoltre, OltreconfiniTi lancerà una piattaforma in cui le aziende ticinesi potranno offrire degli stage intrasemestrali agli studenti universitari d’Oltralpe. L’idea è di sfruttare le vacanze estive per avvicinarli alla realtà economica ticinese e contribuire alle loro prime esperienze professionali. In economia si parla di brain gain, ovvero di un processo che riavvicina questi «cervelli» al loro luogo di provenienza. Ma è giusto investire in iniziative che contrastano con la predisposizione dei ticinesi a studia6

La soluzione? Far conoscere l’offerta ticinese, senza tarpare le ali a chi desidera ampliare la propria esperienza in un altro paese

SOGNO AUSTRALIANO Sono partiti alla fine dello scorso settembre da Zurigo e insieme si godono il sogno di una vita: l’Australia. Diego Colombo e la sua compagna Lidija, poco più di 60 anni in due, si sono trasferiti nel Paese che ha rubato loro il cuore. «Tutto è partito da Lidija», ci racconta Diego, assunto come attuario per una compagnia di assicurazioni, «che nel 2010 ha trascorso tre mesi in Australia per un soggiorno linguistico. Alla fine di quel periodo l’ho raggiunta e abbiamo visitato insieme il paese, rimanendone stregati». Dalla frenesia che ogni tanto si respira alle nostre latitudini alla proverbiale rilassatezza australiana, il passo (non) è stato breve: «È ammirevole la pazienza e la calma con cui la gente vive ogni giornata. Se, per esempio, devi aspettare 30 minuti per un traghetto, la gente attende tranquilla in fila, senza superare. Inoltre, ho notato che qui i discorsi coi colleghi sono centrati principalmente sulla vita privata, sugli hobby e i viaggi, e non sul lavoro, come accade in Svizzera». Ma l’Australia rappresenterà per Diego e Lidija una parentesi o un nuovo inizio? «Al momento ho un contratto temporaneo di 18 mesi, durante i quali cercheremo di goderci quest’esperienza. Siamo qui da poco e non abbiamo ancora fatto i conti con la quotidianità, la possibilità di comprare casa e la distanza dalle nostre famiglie. In Ticino, tuttavia, non vedo un grande futuro. È anche vero però che con il tempo e l’avanzare dell’età le priorità cambiano: quindi attendiamo, sicuri che col tempo ci faremo un’idea più chiara della situazione».


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Fatti, non parole n. 188

Il nostro cioccolato è equo dalla piantagione allo scaffale. Siamo il maggior distributore di prodotti Fairtrade a livello nazionale e non solo per quanto riguarda il caffè e la frutta. Fatta eccezione per i prodotti Prix Garantie, tutti gli articoli Coop Chocolats Halba vengono prodotti con cacao coltivato da cooperative certificate Fairtrade. In questo modo i coltivatori possono vendere una maggiore quantità di cacao a condizioni più vantaggiose. Ed è tutto fair! <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2NDQzMwYA5xGdwA8AAAA=</wm>

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Novato, California, 2015: Carla Twitchell, figlia di Alberto Pincini, emigrato nel 1949. (©Flavia Leuenberger)

disposizione dei ticinesi a studiare in un’altra lingua e a lavorare in realtà differenti dalle loro? Probabilmente la soluzione al problema sta nel mezzo e consiste nella ricerca di un equilibrio: far conoscere il più possibile l’offerta ticinese, senza tarpare le ali a chi desidera ampliare la propria esperienza professionale e di vita in un altro paese. A volte ritornAno Perché, in fondo, la verità è che ogni storia di emigrazione è diversa dall’altra, proprio come le esigenze di ogni emigrante: c’è chi si sente pronto a tornare prima, chi dopo e chi mai. Un caso esemplare è quello di Diego Ricco, 40 anni di Lugano, che dal 1995 in poi ha vissuto a Zurigo, Milano, Barcellona e Boston prima di tornare in Ticino: «È stata una questione di

opportunità: ho sempre cercato di raggiungere all’estero obiettivi ai quali non avrei potuto aspirare rimanendo in Ticino. Insomma, trovavo là delle cose che qui non ci sono». Nel 2009, infine, il ritorno a casa: «Sì, ma sono stato io a scegliere in modo consapevole il Ticino, e non semplicemente perché è il posto in cui sono nato. Una volta vissute diverse realtà in giro per il mondo, è più facile rendersi conto delle potenzialità e dei difetti del luogo da cui si è partiti. E ad accettarlo per quello che è». Partire per poi essere in grado di scegliere con consapevolezza, senza l’impressione che qualcuno ce l’abbia imposto: forse l’idea di un ritorno passa anche da qui.

fatti-non-parole.ch

Ti piacerebbe vivere in un altro Paese? Dì la tua sulla pagina Facebook di Ticino7 7


Spiriti liberi

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C’era una Vodka Torniamo alle origini, ai cosiddetti fondamentali: bianca e intorno ai 40 gradi per rispondere a quelle aromatizzate tanto in voga oggi. Scrive Tommy Cappellini «Perché non scrivi un articolo sulla vodka?» – «Ma è autunno! La vodka è roba da spiaggia! Lasciamola ai rich kids della Florida e dedichiamoci al calvados!» – «E allora i russi? Hanno torto a trincarsela sotto la neve?». Touché. Di fatto, la gioventù d’oggi («che beve come un lavandino» notava Paul Morand già nei roaring Twenties) ha corrotto questo leggendario distillato: ora si vedono in giro solo vodke alla menta, vaniglia, melone, fragola, una ventina di gradi, tanto zucchero e zero fascino. Occorre tornare alla tradizione, ai cosiddetti fondamentali, che son questi: la vodka è bianca e intorno ai 40 gradi. E possiamo discutere sullo stile occidentale (produzione scandinava e americana, vodka raffinata, neutra, morbida, trasparente, da benessere) o su quello russo (acre, secca, pungente, di gran personalità) ma alla fine vince sempre lei: la vodka polacca, limpidissima, lievemente oleosa, forte e delicata, dai sentori ancestrali, evocativa. Persino la Zubrowka aromatizzata con

l’eccentrica «erba del bisonte» è notevolissima (chi è stato «sul posto», al confine con la Bielorussia, non ha bisogno di spiegazioni). Restano, tutte, da bere nell’unico modo possibile: lisce e gelate, colbacco in testa o quantomeno nell’anima. Ora vediamo le novità per Natale. Come ogni anno, la svedese Absolut propone una limited edition, la «Facet». Una classica Absolut (pungente, dolciastra, vellutata) racchiusa nell’ennesima, iconica bottiglia creata ad hoc, questa volta incisa e intagliata come una gemma blu

CHAMPAGNE, PER BRINDARE A UN INCONTRO A fianco della vodka (non solo in casa di Donald Trump, un coriaceo fan del Bloody Mary) troviamo lo champagne. Insieme, i due fanno una speciale oligarchia, sfavillante e dorata. Per Natale, Moët & Chandon propone una collezione limited edition, «Bursting Bubbles». A scelta, una bottiglia con decorazioni a dir poco frizzanti (è tutta bollicine e c’è pure la gift bag per ammirarla meglio) e «Crackers», con mini bottiglia di Impérial o Rosé più coriandoli e nientemeno che una corona. Per chi cerca il lusso puro, ci sono poi i coffret vintage (annate 2004-‘06-‘08) e grand vintage (annate 1988-’98-’08). 8

dalle centinaia di sfaccettature. Lo slogan parla chiaro: «Best nights happen out of the blue». Sarebbe d’accordo Leonard Cohen? Gli giriamo idealmente la domanda. Anche la polacca Belvedere, distribuita dal gruppo del lusso LVMH, ha la sua notizia dicembrina: una limited edition con John Legend campaign ambassador e l’artista Esther Mahlangu artefice della bottiglia. Tutto in partnership, per il quinto anno, con (RED). In sostanza, acquistando questa particolare bottiglia, intarsiata di colori e firme, farete un bel gesto: il 50% del ricavato dalla vendita sarà devoluto al Fondo globale per la lotta all’Aids, la tubercolosi e la malaria. Ma vi sono gesti più privati, altrettanto necessari. Per esempio, concedersi un cocktail. Quelli a base di vodka non brillano per charme. Lo Screwdriver (3/10 di vodka, 7/10 di succo d’arancia, mescolare nel doppio tumbler) è roba per teenager californiani bisognosi di vitamine e forse anche i classici Black Russian (3/10 di liquore al caffè, 7/10 di vodka in un old fashioned con ghiaccio) e White Russian (lo stesso, con un po’ di crema di latte fatta scivolare sul dorso di un cucchiaio, stile «cappuccino») cominciano a scricchiolare sotto il peso degli anni. E non sempre si ha voglia di caffè. Dunque sediamoci al banco con Ellen: è il seducente nome di un cocktail che pare andasse di moda ai tempi della Guerra Fredda. Nello shaker, 5/10 di vodka, 3/10 di spremuta di pompelmo, 2/10 di crema di menta. Vigoroso ed equilibrato, ci regalerà una buona conversazione vis-à-vis.

UN’EDUCAZIONE SPIRITUALE TUTTA DA RIDERE Leggere di alcol fa sempre bene e raramente provoca mal di testa. C’era una vodka. Un’educazione spirituale da 0° a 60° di Sapo Matteucci (editori Laterza) è quasi un Bildungsroman a incastro. I titoli dei capitoli la dicono lunga: «5,5 gradi separazione», «Il gusto dell’angostura», «Avabar», «Io Tarzan, tu Gin», «Martin Lover», «Stinger in the night», «Siamo tutti Marlon Brandy», «Vita da single (malt)», «Il mio fegato messo a nudo». Sembra di essere dalle parti di Paolo Conte, ma col pianoforte ubriaco di Tom Waits in sottofondo. E alla fine, c’è pure l’elenco dei bar da ricordare, tra cui il Kronenhalle di Zurigo, il Loos American Bar di Vienna e il Baccarat di Mosca. Un libro che è diventato, nel tempo, una delle tante (ma non troppe) piccole bibbie di coloro per i quali il bere miscelato è innanzitutto una faccenda di cultura.


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Come dove quando

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concorso

La foto del mese

Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso del 2016 i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. come funziona Abbiamo definito alcuni temi con i quali potete sbizzarrirvi: l’avventura, il ritratto, le stagioni, la leggerezza e l’equilibrio. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’ndirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la dodicesima immagine selezionata e all’inizio del 2017 le migliori saranno raccolte in un reportage. Premio finale Il vincitore finale, selezionato sempre dalla redazione, riceverà un premio in contanti di 400 franchi.

vi aspettiamo

l’equilibrio 10

Foto di ©Gianclaudio Lanini

Pubblichiamo l’undicesima immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso lanciato da Ticino7 ai lettori per il 2016. Il prossimo e ultimo appuntamento è tra quattro settimane. A presto!


Come dove quando

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alimentazione

Un kiwi per amico

Acqua, vitamine e tanti minerali Questo frutto verde è originario della Cina meridionale, dove si coltiva dal Trecento. All’inizio dell’Ottocento arrivò in Inghilterra e, nel Novecento, si diffuse in modo intensivo in Nuova Zelanda; da qui il nome oggi utilizzato, che deriva proprio dall’uccello simbolo dell’isola. Solo in seguito si diffuse in Europa, Italia in testa, che è oggi dopo la Cina (con circa 1,8 milioni di tonnellate l’anno) il secondo produttore al mondo (circa 500mila tonnellate). Unici nei: per coltivarlo necessita di molta acqua ed è considerata una pianta infestante. Sono due le varietà di kiwi solitamente disponibili nei banchi della frutta: quello verde e il gold. Il primo ha la buccia marrone scuro con pilucchi, la polpa è verde brillante e all’interno ha semi

piccoli e neri. Il gold ha una forma più allungata, la polpa è gialla ed è senza pilucchi. Questo frutto è ricco di vitamina C (85 mg/100 g), potassio, vitamina E, rame, ferro e fibre. La povertà di sodio e la forte presenza di potassio lo rendono il frutto ideale per gli sportivi, poiché diminuisce il rischio di crampi. Inoltre, rende la pelle più elastica e riduce le rughe, grazie alle vitamine antiossidanti che contrastano i radicali liberi. Consigliato a chi ha problemi di digestione, è in grado di favorire l’attività intestinale (al pari di verdure o prugne). L’apporto calorico è assai ridotto: con 44 kcal per 100 grammi di frutta fresca, il kiwi è costituito per oltre l’80% da acqua, il 9% sono carboidrati e sono presenti solo alcune tracce di grassi e proteine. t7

Vaud

20 ettari

sono i terreni dedicati alla coltivazione di kiwi in Svizzera, produzione che si concentra nel canton Vaud. L’azienda Domaine de la Pêcherie et de la Frésaire ad Allaman (sul Lago Lemano) da sola mette sul mercato annualmente circa 400 tonnellate di kiwi bio, ovvero l’80% dell’intera produzione elvetica.

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Protagonisti

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sette domande

Emilio Rissone L’allegria mi accompagna sempre, nella professione e nella vita 1 Rissone, partiamo dagli inizi: per svolgere la carriera d’artista bisogna prima convincere i propri genitori. Nel suo caso, come aveva preso suo padre la decisione? Mi ha detto: prima porta a casa un diploma in tedesco di commercio, poi fai quello che vuoi. Mentre aspettavo la primavera – in Svizzera interna le scuole iniziano a Pasqua – ho iniziato una sorta di apprendistato con Carlo Cotti, che era un suo caro amico. Lui mi ha dato veramente le basi, presentandomi tanti artisti (casa sua era un salotto) e soprattutto facendomi conoscere Filippini, che mi ha avviato alla grafica. Volevo iscrivermi a Brera, ma me l’hanno sconsigliato, indirizzandomi piuttosto verso la Svizzera interna. Mi sono presentato quindi alla Kunstgewerbeschule di Lucerna, ma c’era un intoppo: potevano essere ammessi solo i residenti almeno da tre anni. Ma avendo fatto lì la scuola di commercio, sono riuscito a iscrivermi, anche se c’era il numero chiuso. L’ho frequentata per cinque anni. 2 Qual è la persona più straordinaria che ha conosciuto nella sua vita? Pietro Salati, un intellettuale che faceva il pittore, lo scrittore e il poeta e purtroppo è venuto a mancare a 50 anni. Io lui e Taddeo Carloni abbiamo studiato un sistema per poter dare continuità alla scuola dei pittori, dove i giovani imparavano a pitturare i muri, sconfinando anche in attività più artistiche, per esempio, realizzare il finto marmo. Io ci sono arrivato per una supplenza. 3 E in che modo è nato il CSIA? Pietro Salati ha avuto l’idea di chiedere a Berna se potevamo partire dalla scuola dei pittori e realizzare un istituto di grafica: ci hanno dato l’OK ma a patto che vi fossero almeno otto iscrizioni.

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il personaggio

Emilio Rissone è nato a Viganello il 29 maggio 1933. Si è formato alla Kunstgewerbeschule di Lucerna, a Londra e a Milano. Insieme a Pietro Salati ha fondato il Centro sScolastico per le industrie artistiche di Lugano (CSIA), è stato professore d’arte per 40 anni. La sua attività si è esplicata lungo tre direttrici: la grafica, il disegno e la pittura e la poesia dialettale. Alcuni suoi manifesti, per esempio quello sulla prevenzione degli incidenti causati dall’alcol, sono rimasti impressi nella memoria dei ticinesi. Oggi vive e lavora fra Viganello e Davos.

Era fine agosto, a settembre iniziava la scuola. Salati si è veramente adoperato, facendo mille telefonate, chiamando amici e conoscenti, ed è riuscito a riunire sette allievi. Ne mancava uno: abbiamo messo un nome X. La scuola è partita, e da lì è nato il Centro per le industrie artistiche. Insegnavo tutte le materie, praticamente. Salati e Taddeo Carloni, il direttore della scuola, mi hanno chiesto di fare un giro fra gli istituti d’arte applicata di tutta la Svizzera e raccogliere i vari programmi: ci ho messo quasi un mese a intervistare tutti, avvicinando i direttori ma anche gli allievi. Cinque anni dopo, quando si è presentata la Commissione federale, mancava un allievo. Come fare? Ancora una volta Salati ha avuto l’idea per aggirare questo ostacolo: abbiamo utilizzato alcuni miei vecchi disegni spacciandoli per quelli di uno studente… 4 Com’è cambiata questa importante scuola negli anni? Basta pensare che siamo partiti con sette allievi e adesso ci sono 128 insegnanti! La grafica e il design ai tempi erano una professione quasi sconosciuta, mentre oggi tutti vogliono fare i grafici, e questo a volte non favorisce la qualità. Pensi

che ai tempi, sul passaporto mi avevano messo sotto la voce professione «tipografo», perché il mestiere di grafico non esisteva proprio! Per non parlare della resistenza che abbiamo incontrato sul territorio; ci chiamavano i capelloni. Poi si sono ricreduti perché abbiamo vinto quasi tutti i concorsi a livello nazionale. Il PC in grafica non ha aiutato granché, ma il mio è un punto di vista particolare, perché sono sempre stato contro l’eccesso di rigore. Una grafica troppo precisa, con gli angoli e le linee perfette, sembra quasi finta e fa un po’ l’effetto delle pettinature appena uscite dalle mani del parrucchiere: per evitare di sembrare dei bambocci meglio spettinarsi un po’. Ho sempre cercato l’anarchia nella grafica, di tradurre con poche righe un mondo. 5 E cosa comunica nei suoi lavori? Nei miei lavori c’è un po’ la mia biografia. Perchéipesci,peresempio?Perchéimiei avi lavoravano nel mercato del pesce a Milano e mio padre aveva una pescheria in via Nassa. Le bocce? Mi ricordano mio nonno, che mi ci portava sempre. Per quanto riguarda la pittura, mi piace realizzare da solo i colori, lavorando con le sabbie e stando attento a razionalizzare l’acqua, che è un bene in estinzione. 6 Questa anarchia la porta anche nella sua vita quotidiana? Credo di sì, almeno a giudicare da quello che dicono di me i miei amici. Mi ritengo una persona allegra: anche se mi succedono cose non sempre belle, non riesco a uscire dai binari dell’allegria. 7 Qualche rimpianto? No, nessuno. Da ragazzo volevo fare architettura. Ma direi che è andata bene anche così, no?

Intervista e foto di Laura Di Corcia



Protagonisti

ticino7

ore sette

Bellinzona, circo Knie, ore 7 e ore 19 di domenica 13 novemBre 2016.

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Foto di ŠMĂŠlanie TuĚˆrkyilmaz


Profili

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Alain De Botton: A «L’arte è vivere» Cultura, empatia, emotività, tecnologia: per il pensatore zurighese sono le chiavi per superare i limiti che condizionano l’esistenza. Scrive Fabiana Testori

lain De Botton, filosofo e autore di origini svizzere, ma residente a Londra, ha scritto il suo primo romanzo, Esercizi d’amore, a poco più di vent’anni. Il successo del libro gli ha dato immediatamente grande visibilità con due milioni di copie vendute. Da quel momento la sua produzione letteraria e filosofica non si è più arrestata, con titoli che hanno riscosso altrettanti riconoscimenti, tanto da annoverarlo fra i pensatori contemporanei più popolari. Amato dal pubblico per il suo modo semplice e genuino di affrontare discussioni sul vivere e sul sentire quotidiano, meno dalla critica e dagli ambienti intellettuali che nella sua ascesa letteraria vedono solo il discendente fortunato di una ricca famiglia di finanzieri e nella fondazione della School of Life (2008) una mera operazione di marketing, De Botton sembra non curarsene affatto. Le vendite dei suoi libri, l’espansione della School of Life in più paesi (a fine anno verrà aperta anche una sede di Zurigo) e il successo delle sue idee si commentano da soli. La sua ultima fatica, Il corso dell’amore, pubblicata nel 2016, 23 anni dopo il suo esordio, torna ad approfondire l’ampio e complesso tema amoroso, asserendo che questo sentimento non è entusiasmo e ardore, ma una capacità da apprendere, proprio come qualsiasi materia che si studia abitualmente a scuola. De Botton considera appunto auspicabile, se non addirittura necessario, che le persone vengano formate al loro funzionamento emotivo, analogamente all’apprendimento delle lingue, delle scienze, della storia, della cultura e dell’economia. Figlia di una visione romantica delle emozioni, propria del Romanticismo, la nostra società ha preferito abbandonarsi all’amore con fiducia, piuttosto che sfumare o formare le proprie emozioni come le teorie classiche raccomandavano. A questa impostazione, e De Botton lo spiega bene, sono riconducibili i tanti problemi che emergono nelle relazioni fra gli individui e che inducono a situazioni profondamente contro produttive riguardo alle nostre scelte sentimentali, relazionali e professionali. Solo l’intelligenza emotiva, addirittura artificiale, formata e incanalata, potrà permetterci di negoziare con pazienza, discernimento e misura i problemi centrali nei nostri rapporti con gli altri e con noi stessi. A riguardo gli abbiamo posto una serie di domande alle quali ha risposto con la sua proverbiale disponibilità e passione. In un mondo che trascura le materie umanistiche e provenendo da una famiglia attiva nella finanza, il fatto di dedicarsi alla filosofia pare una scelta insolita. 39


Profili

«Il filosofo è colui che, in maniera insolita, si dedica alla ricerca della saggezza, e cioè al tentativo di trovare una soluzione ragionevole alle difficoltà della vita»

nale da avere, anche se nessuno riesce davvero a soddisfarla costantemente. Nei suoi libri lei cita i grandi filosofi dell’antichità e anche autori del recente passato. In che modo il loro pensiero può stimolare soluzioni riguardo i problemi della società attuale? Mi piace pensare a quello che faccio con i filosofi antichi e con gli scrittori come a un cultural mining (estrazione culturale). Si tratta del processo per cui la parte migliore della cultura, come l’arte, le materie umanistiche e la filosofia, viene recuperata e resa utile al nostro tempo. Tutto ciò deve avvenire con rigore, deve essere attentamente estratto, pulito, rimodellato e quindi utilizzato per concepire strumenti e risorse mentali che potranno aiutarci nella vita contemporanea. La cultura, per essere davvero benefica, deve passare attraverso un processo di rifinitura che può comprendere adattamenti drastici e radicali. Le conoscenze, il discernimento, devono essere tradotti da un linguaggio misterioso che giace in profondità a una lingua parlata che emerge in superficie. Infine, come nell’estrazione dell’oro, solo una piccola parte di quello che inizialmente è stato fatto affiorare verrà utilizzato per ottenere qualcosa di prezioso: una buona idea. E attorno a questo processo di rifinitura che si evidenzia la differenza fra noi e il mondo accademico. L’idea dell’ «estrazione della cultura» è nuova e strana, ma ha un ruolo cruciale da giocare nel nostro mondo, dato che ancora oggi molte persone pensano che la cultura non abbia da offrire loro un granché.

Nonèstataunaliberascelta.Ho deciso di dedicarmi alla scrittura e di concentrarmi sulla filosofia, sull’arte, sulla psicologia e sulla psicoanalisi perché sono una persona piuttosto ansiosa che non si dà pace fino a quando non viene lasciata sola in una stanza con della carta e un computer per molte ore a districare i propri pensieri. Per me, la scrittura è una sorta di terapia e ne ho bisogno, cosi come un drogato ha bisogno delle sue sostanze. Mi sarebbe piaciuto essere un cittadino «normale», recarmi in ufficio tutti i giorni e svolgere attività come la vendita o la distribuzione, preparare presentazioni, ma a causa di alcuni blocchi psicologici mi sono ritrovato condannato alla scrittura. La mia carriera non è dunque il frutto di una scelta, si è trattato piuttosto di una necessità psicologica. Come è giunto a scrivere il suo primo best seller, Esercizi d’amore? In quanto giovane adulto consideravo l’amore qualcosa di estremamente confuso. Anche oggi, ormai uomo di mezza età, rimane per me una questione poco chiara, ma all’epoca si trattava di un tema forte e misterioso. Scrivere Esercizi d’amore è stato un’ottima maniera per dare un senso alle emozioni suscitate dall’amore. E meglio ancora, una volta pubblicato è diventato un best-seller a livello mondiale, dandomi la possibilità di considerare un’opzione che fino a quel momento consideravo remota: l’attività di scrittore a tempo pieno. Quale spazio ha la filosofia nella nostra società e come può contribuire a migliorare la condizione dell’uomo moderno? La filosofia offre una possibilità stupenda, contenuta nella sua stessa parola. In greco antico, filo significa «amore», sofia «saggezza». Il filosofo è colui che, in maniera insolita, si dedica alla ricerca della saggezza e cioè al tentativo di trovare una soluzione ragionevole alle difficoltà della vita, fra cui le disgrazie, la malattia, la morte e la tristezza in tutte le sue forme. Essere filosofico significa essere determinato ad affrontare questi ostacoli con la massima serenità e il massimo humor. Si tratta di un’ambizione eccezio40

School of life Organizzazione educativa fondata nel 2008 da De Botton, School of Life aspira con le sue attività a migliorare la qualità della vita delle persone (vedi «Ascuola di vita» in Ticino7 n. 40/2016 del 30 settembre). La scuola offre una serie di programmi miranti allo sviluppo della persona sia in ambito professionale sia in quello personale e relazionale (inclusi servizi di psicoterapia e biblioterapia). Ogni domenica mattina, presso la Conway Hall di Londra, personalità della cultura sono invitate a esprimere le loro idee ed esperienze su temi disparati ma sempre indirizzati al miglioramento della qualità della vita. Il successo ottenuto dall’iniziativa ha avuto una eco globale con la conseguente apertura di nuove sedi in tutto il mondo: oltre alla sede centrale di Londra, School of Life è oggi presente ad Anversa, Amsterdam, Berlino, Istanbul, Melbourne, Parigi, San Paolo, Sydney, Seul, Tel Aviv e prossimamente anche a Zurigo.

Complici la globalizzazione, le nuove tecnologie e i nuovi media, le ultime generazioni sembrano approcciarsi a grandi temi come l’amore, le relazioni, il lavoro, il tempo e il futuro in modo diverso rispetto al passato. Lei crede che la società occidentale sia a una svolta nella sua storia? Vedo il futuro dominato dall’Intelligenza emotiva artificiale (IEA). Mi spiego. L’Intelligenza artificiale (IA) è la scienza che crea macchine intelligenti. In questo senso si sta progredendo molto bene. Esistono già alcune «scatole» fenomenali, come il bancomat, il cellulare e ancora il sistema di atterraggio automatico dell’Airbus A380. È dunque possibile immaginare uno scenario dove il potere computazionale vada al di là dei campi scientifici e logistici e possa farsi spazio anche negli ambiti emotivi e psicologici. È il momento di andare oltre l’intelligenza artificiale e prendere in considerazione l’IEA: Intelligenza emotiva artificiale. Credo che la società ne abbia bisogno poiché prendiamo spesso delle decisioni sbagliate, nelle relazioni,


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sette passi di conoscenza 1. Se stessi

L’Intelligenza emotiva artificiale ci permetterà di capire meglio ciò che accade nel nostro cervello e ci dirà chi siamo, come ci sentiamo e di cosa è meglio andare alla ricerca. Troppo spesso ignoriamo i nostri veri talenti, i nostri difetti e i nostri reali interessi.

2. La formazione

Il musicista inglese Peter Gabriel è una delle tante personalità invitate alla School of Life di Alain De Botton

nel lavoro, nell’utilizzo dei soldi, nel dove andare in vacanza. Non abbiamo idea di come recuperare un’amicizia o come gestire i nostri impiegati e nemmeno di come riconciliarci con i nostri genitori. L’intelligenza emotiva richiesta per questo genere di faccende è, al momento, scarsa. Esiste, ma è isolata e prerogativa di pochi. Le decisioni sensate non dipendono dalla sorte, sono il risultato dei nostri cervelli, che a loro volta funzionano in base a una complicata rete di sinapsi. Esistono quindi forme di intelligenza che possono essere replicate e migliorate artificialmente, con l’aiuto di codici e microchip. Attualmente ci troviamo a un momento di svolta nella storia ed è addirittura percepibile quello che accadrà: un certo tipo di penuria creerà i presupposti per una nuova via dell’abbondanza. Una sorta di trasformazione che già si è verificata in più settori (come in quello dell’agricoltura, dei trasporti e dell’energia) si sta per attuare anche nel campo dell’Intelligenza emotiva. Quest’ultima si trasformerà in qualcosa di comune e conveniente come l’elettricità o le matite. Ovviamente esistono perplessità e ansie attorno al tema dell’Intelligenza artificiale: cosa succederebbe se le macchine prendessero il sopravvento sull’uomo? Mi rendo conto che la razionalità portata all’estremo è una prospettiva che spaventa. Per stroncare queste paure sul nascere credo sia importante concentrarsi su quale tipo di Intelligenza artificiale vogliamo davvero emulare e accrescere. Aumentare l’Intelligenza emotiva artificiale non deve però essere motivo di paura, poiché rappresenta la chiave di tutto ciò che ha più valore: l’empatia, la creatività, la gentilezza, la generosità. Sono fortemente convinto che oggi, come mai prima nella storia, i maggiori impedi-

menti al progresso economico e politico siano essenzialmente psicologici. Sono infatti le mancanze a livello emotivo che rovinano l’esistenza, l’immaturità, il caso, l’azzardo. Perché ha fondato la School of Life? La School of Life è un’organizzazione globale con un obiettivo semplice: accrescere l’Intelligenza emotiva in circolazione. Per raggiungere il nostro scopo proponiamo svariate attività: conferenze, presentazioni, lezioni, consulenze alle imprese, scrittura e pubblicazioni, film, vendita di prodotti e presenza digitale. Alla base di tutto ciò c’è un pensiero comune nel guardare il mondo. Siamo concordi con l’idea (sviluppata per primo da Freud) che una vita gratificante sia essenzialmente composta da due ingredienti: l’amore e il lavoro. Allo stesso tempo però siamo anche consci del fatto che la delusione, la frustrazione e il senso di sconfitta siano spesso la norma in queste aree. L’unico modo per sfuggire a queste conseguenze è esserne più coscienti e disporre di una profonda conoscenza di sé. L’essere umano non è naturalmente preparato alle richieste che nascono dalle relazioni. Per questo motivo sono necessarie assistenza e formazione. Abbiamo bisogno di una cultura che ci aiuti a conoscere noi stessi e a formare delle aspettative realistiche, di essere sollecitati continuamente allo scopo di diventare più pazienti, indulgenti, comprensivi e riconoscenti. Lei ha origini svizzere, qual è il suo rapporto con il nostro paese? Ho molti contatti con la Svizzera e ci vengo regolarmente. Amo il paese, i suoi valori e il suo ruolo nel mondo. Sono un patriota orgoglioso.

Il sistema di formazione attuale non è assolutamente soddisfacente, perché non siamo capaci di selezionare le persone, cosa realmente hanno bisogno di sapere, cosa sia meglio insegnare loro e quale tipo di istruzione potrebbe corrispondere ai loro caratteri. L’IEA ci aiuterà ad evolvere e a creare la miglior versione di noi stessi e, idealmente, a morire con molti meno rimpianti.

3. I media

I media nutrono i nostri cervelli in maniera inadeguata, sporadica e spesso maniacale. Essi sono fondamentali poiché costituiscono lo scenario dove si muovono i politici, stabilendo un quadro generale della vita nella nostra società e definendo i parametri di comunicazione della classe dirigente. In futuro, grazie all’IEA, sapremo come indirizzare le persone ad un’informazione genuinamente valida per loro e le loro nazioni.

4. La cultura

In questo ambito la cultura svolge una funzione essenziale. Grazie all’IEA avremo la possibilità di accedere alle lezioni che altri hanno ricevuto prima di noi, facendo capo alla saggezza di «amici ideali» a cui sarà possibile rivolgersi in caso di bisogno.

5. L’arte

Oggi giorno le opere d’arte di qualità sono estremamente rare. Cerchiamo di coltivare l’arte ma i risultati non sono soddisfacenti. Con l’IEA potremo replicare e diffondere il livello di saggezza e di talento che prima era custodito in poche menti.

6. Lo shopping

La società dei consumi gravita attorno al tema della scelta e teoricamente della scelta migliore per noi. Al momento, tendiamo ad agire in base a un misto di intuizione, speranza e abitudine, tutte attitudini modellate a loro volta dalla comunicazione pubblicitaria. L’IEA codificherà l’intelligenza del consumatore, rivelandoci quali saranno i beni e i servizi in linea con i nostri reali bisogni.

7. Le relazioni

È difficile essere accorti a riguardo e le conseguenze della nostra sconsideratezza in questo ambito sono spesso devastanti. 41


Ticino e non solo

sette continenti

Teheran nel cuore

Una capitale, mille sensazioni

T

eheran è la capitale dell’Iran. In tutti i sensi, per tutti i sensi. Qui si decide la politica, qui si fa l’economia, qui vivono gli intellettuali. Sorge ai piedi dei monti Elburz, a un’altitudine che va dai 1.200 ai 1.700 metri. Geograficamente Teheran è una città divisa, in molti sensi: a nord le montagne, a sud il deserto. Sui pendii settentrionali abitano i ricchi, con le auto di lusso e le ragazze con il nasino rifatto. A sud c’è il bazar, le signore avvolte nel ciador. Tanti la amano. Altri la detestano. Ci passano tutti, per un motivo o per l’altro. Numerose le delegazioni di imprenditori europei che a Teheran pensano di fare affari dopo l’accordo sul nucleare del 14 luglio 2015 e l’implementation day del 16 gennaio scorso. Ma Teheran è anche molto cambiata. A colpire è og-

42

gi un consumismo sconosciuto fino a non molto tempo fa, quando nei centri commerciali gli abitanti della capitale curiosavano, per poi fare compere nel bazar. La globalizzazione è invece arrivata anche a Teheran, con l’unica eccezione che qui i McDonald’s non hanno fatto, per ora, la loro comparsa. Teheran non è una bella città. E come una donna che sa di non essere attraente, ma fa buon uso delle sue armi di seduzione. Oltre ai musei, consigliamo un percorso che tocca i luoghi di culto dei monoteismi che qui coesistono e sono visibili anche da lontano. Come le guglie della cattedrale gregoriana costruita all’intersezione di boulevard Karim Khan Zan con via Nejatollahi, nota a tutti con il nome di Villa, il cognome del possidente italiano che vi risiedeva.

percorso mistico Si parte dall’incrocio tra le vie Si-e Tir – equivale al 21 luglio, ricorda le dimostrazioni in sostegno al premier Mossadeq nel 1952 – e Imam Khomeini, dove sono situati il museo archeologico Iran-e Bastan e la Biblioteca nazionale. Si-e Tir è una delle strade più antiche e popolari. Vi si trovano moschee sciite, sinagoghe, chiese e templi zoroastriani. Proseguendo su Si-e Tir in direzione nord, sulla sinistra c’è il primo ospedale della città. Prende il nome da Avicenna (in persiano Sina) ed era stato voluto da Naser al-Din Shah della dinastia cagiara. Più avanti, la chiesa protestante, anch’essa all’epoca cagiara. Semplice dal punto di vista architettonico, è situata in un ampio cortile e nel 2000, durante la presidenza del riformatore


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Paese che vai... / FotograFare persone in uniForme, veicoli militari e della polizia nonché ediFici pubblici come aeroporti, porti, ponti, ambasciate in iran è vietato. anche se non è sempre chiaro cosa rientri in queste categorie, per non correre rischi, meglio evitare.

la città in sette mosse 1. Un giro in metropolitana

Ci sono quattro linee. Prendete la linea uno (rossa) partendo dalla stazione centrale di Meydan-e Khomeini in direzione nord per arrivare a Tajrish, un tempo villaggio e ora parte integrante della metropoli. Tajrish racchiude diverse anime della capitale: religiosa con l’Imamzadeh (mausoleo dedicato all’Imam, il discendente legittimo del Profeta Maometto), commerciale (il bazar è di quelli veri, dove la gente fa compere regolarmente), moderna (anche qui c’è un centro commerciale). A una decina di minuti a piedi da piazza Tajrish, il Museo del cinema è situato in un edificio aristocratico dell’epoca cagiara.

2. Alzate lo sguardo

I muri di molti palazzi sono decorati con curiosi murales di martiri (ma non solo).

3. In pasticceria

Da assaggiare i pistacchi e i dolci: haji badomi (palline di mandorle zuccherate) tipiche di Yazd e kolompeh (biscotti farciti con i datteri) di Kerman.

4. Nido di spie

Passate davanti alla ex sede diplomatica statunitense, presa d’assalto dagli studenti della Linea dell’Imam il 4 novembre 1979. Nell’Iran dopo-embargo l’accesso agli stranieri è vietato, ma vale comunque la pena girovagare nei dintorni. Una lettura: Massoumeh Ebtekar, Takeover in Tehran: The Inside Story of the 1979 U.S. Embassy Capture.

5. Pol-e tabiat, il ponte sospeso

Khatami, era stata registrata tra i monumenti storici. Sempre in Si-e Tir, la sinagoga Hayyam costruita nel 1913 e, sulla destra vicino al museo del vetro Abgineh (da non perdere!), la moschea Hazrat Ibrahim dedicata ad Abramo, il profeta condiviso da islam, cristianesimo ed ebraismo. In corrispondenza con via Mirza Kouchak Khan, il tempio zoroastriano costruito nel 1917 e la scuola Firouz Bahram (zoroastriana). Di fronte, la chiesa Hazrat Maryam – datata 1945 e monumento storico dal 2002 – dovesiraccolgonoinpreghieragliarmeni, e un loro museo d’arte. Nel percorso mistico, ulteriori tre tappe andando a sud della città. Nella località di Shahre Rey il santuario di Seyyedeh Shirin Khatoon, la regina persiana che – in epoca islamica, fu reggente al posto del

figlio troppo giovane per diventare re. Il cimitero Behesht Zahra può sembrare una destinazione lugubre ma è fondamentale per comprendere l’Iran di oggi: qui sono sepolti i martiri della guerra «imposta», il conflitto scatenato dall’invasione delle truppe irachene di Saddam Hussein il 22 settembre 1980, all’indomani della Rivoluzione iraniana. Sulle lapidi di marmo o granito lunghe epigrafi con i versi di antichi poeti. Infine, il mausoleo dell’Imam Khomeini, da molti paragonato – ironicamente – all’autostrada Salerno-Reggio Calabria per gli infiniti lavori in corso. A colpire i visitatori sarà soprattutto l’atmosfera di festa: in uno spazio loro dedicato, decorato in alabastro, i bambini giocano tranquilli. Un viaggio di Farian Sabahi

Lungo 270 metri e sospeso su viale Shahid Modarres nel nord della capitale, collega il parco Taleghani e il parco Ab-o-Atash. Opera della giovane architetta Leila Araghian, ha vinto il premio internazionale Architizer A+.

6. Due torri, due simboli

La torre Milad: in cemento, risale al 2007, ha base ottagonale per rendere omaggio all’architettura tradizionale persiana, 435 metri di altezza, una struttura di dodici piani, tra Shahrak-e Gharb e il quartiere Gisha. La torre Azadì («libertà») costruita nel 1971 dall’architetto bahai Hossein Amanat.

7. Darband, sentieri in salita

Dopo una camminata sui sentieri in salita (per i pigri c’è la seggiovia) rifocillatevi di kebab in uno dei numerosi locali nell’estremità settentrionale della città. 43


Tendenze

stile

Il richiamo della foresta Con l’arrivo del freddo, si riaccende il dibattito: è più ecologica la pelliccia ricavata dal vello dell’animale o quella sintetica? La risposta va ricondotta alla sensibilità e coscienza di ciascuno, anche se qualche informazione su ciò che la moda propone risulta sempre indispensabile. Scrive Marisa Gorza setteconsigliperriconoscerla Vera o finta, a voi la scelta. Comunque è bene saperle distinguere, il che non è sempre scontato. Ecco alcune dritte e consigli molto pratici.

1. Materiali

Controllate l’etichetta che, presumendo sia autentica, riporta il materiale di cui è fatto l’articolo.

2. Costo

Guardate il prezzo. La pelliccia vera, ancora oggi, è più costosa di quella finta.

3. Tatto

Toccate la pelliccia. La vera è più liscia al tatto e passa attraverso le dita, mentre la finta ha una texture tipo peluche.

4. Odore

Fate la prova del fuoco. Strappate due o tre peli, metteteli su una superficie non infiammabile e bruciateli. Se è pelliccia vera si strinerà ed emetterà un odore simile a quello di capelli bruciati. Se è ecologica odorerà di plastica bruciata.

5. Punture

Infilate un ago nell’indumento, se passa facilmente attraverso il materiale si tratta di pelliccia sintetica.

6. Rovescio

Controllate l’interno. La vera pelliccia al rovescio presenta il suo proprio pellame, la falsa invece è intessuta su trama a maglia.

7. Cura

La pelliccia eco ha una manutenzione semplice, come un qualsiasi capo, mentre quella vera esige cure costanti. Va spesso spazzolata delicatamente nel verso del pelo, ma per la pulitura annuale è bene rivolgersi a degli specialisti. 44

L

a pelliccia naturale è sempre stata considerata espressione di lusso e ricchezza ostentati. Un tempo era elemento base delle vesti dei regnanti e dell’alta nobiltà ed era frutto di una caccia cruenta agli animali allo stato brado o selvaggio. Oggi la pelliccia natu-

rale proviene da allevamenti dove sono vigenti legge rigorose riguardo il benessere dei piccoli ospiti pelosi. Ma va detto che queste norme in molti paesi sono talmente severe da rendere pressoché inesistente la presenza di allevamenti. Altrettanto rigorose sono le norme


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sette soffici parafrasi 1. Ravizza

Svelto e spiritoso il bomber che Simonetta Ravizza dedica a una dinamica biker giocando su un mix di peli e sui contrasti dei piping e dei polsi.

2. Dellera

La maison si lascia intrigare dalla spigliata idea della cappa mignon, del bolero, del gilet, del manicotto, del paraorecchie e del poncho nel pelo di rex di un intenso color porpora e contornato da fitte frange di code pseudo hippy.

3. Fendi

Colore e movimento. Lunghi, importanti mantelli oversize, privi di pomposità e ricchi di brio artistico. La base di shearling, o di visone, è intarsiata con ciuffi di volpe e interventi di velluto bombato.

4. Pecoraro

Rieccolo l’inserto che diventa tridimensionale, il fiore intarsiato che prende il volo come una farfalla esotica. L’estro di Maurizio Pecoraro regala una nuova vivacità alle giacchine squadrate e ai cappottini lineari in volpe o in xiangao.

5. Casadei

Sbuffi di volpe iper colorata occhieggiano dallo stivaletto in camoscio caratterizzato dal tacco alto e solido e dagli occhielli giganti in metallo scintillante. Un plus di glamour per riscaldare i piedini di una creatura romantica, chic e ricercata!

6. Baldinini

L’accessorio fashion è protagonista anche per Gimmy Baldinini. Ed è un patchwork di visone e volpe dalle sfumature dal beige dorato al miele, all’arancio che compone il bauletto costruito rigorosamente a mano. Una comoda tracolla in catena rende pratica e disinvolta la preziosa borsetta.

7. Armani riguardanti l’importazione delle pelli: niente cani, niente gatti, niente animali esotici e rari. Una meticolosa attenzione che fa onore al nostro paese. Il trucco c’è È bizzarro constatare che mentre il pelo sintetico è sempre più simile a quello vero, quest’ultimo viene rasato, colorato truccato in modo da sembrare finto. C’è anche da aggiungere che spesso il confortevole manto non è usato prettamente per un plus di calore, bensì come ornamento. Inserti, bordi, colletti,

accessori, guanti, sciarpette si trovano ovunque: dalle sofisticate boutique ai grandi magazzini, alle bancarelle del mercato. Comunque l’intero capo in pelliccia, oggi, con la democratizzazione del lusso, è diventato molto più accessibile. Nulla a che vedere con l’eleganza sontuosa alla Liz Taylor di Venere in visone (film del 1960) o con la datata affettazione delle «sciure». Ma pur non alludendo più ad amanti o mariti generosi, a carriere «fortunate», a grandi famiglie e a grandi ricchezze, continua a regalare quell’invidiata allure sexy e ferina.

Giorgio Armani è convinto che per chi ama il caldo allure ecologico ci sia una soluzione alternativa. Prendiamo, per esempio, la cappa dell’Emporio a grandi fasce degradé ton sur ton dal verde smeraldo al foresta, al blu notte al nero, imitazione furba e perfetta del pelo di volpe.

-34%

è il calo dell’export dei prodotti in pelliccia verso la Russia, che con l’Ucraina (–30%) rappresentano due mercati chiave. Pare che la crisi del settore segnerà anche il 2016, con un calo dei ricavi stimato al 10% (fonte: Il Sole24Ore, 4 marzo 2016). 45


Tendenze

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Piccolo schermo

Urla che ti passa La televisione, a partire dall’Italia, ha trasformato la politica in una forma di spettacolo, rendendo il pubblico meno sensibile e attento ai temi trattati. Scrive Roberto Roveda

G

li ultimi duelli televisivi tra Hillary Clinton e Donald Trump lo hanno dimostrato al più alto livello: il dibattito e il confronto di idee in TV ha lasciato il campo ai duelli rusticani, alle liti condominiali, agli slogan recitati da copione. I politici, a partire dalla vicina Italia, si muovono come attori consumati e così, settimanalmente, sfilano su palcoscenici dei talk show televisivi, veri luoghi di finzione, sorridenti e compiaciuti di poter mettere in scena la loro ennesima rappresentazione.

Il polItaInment Conta far spettacolo, mettere in difficoltà l’avversario con la propria dialettica. Polemizzare e accusare perché l’«inquisizione» è mille volte più televisiva della «riflessione». Il politico fa così spettacolo e la politica diventa un nuovo genere di intrattenimento televisivo, il politainment. Come scrivono Gianpietro Mazzoleni e Anna Sfardini nel loro Politica pop (Il Mulino, 2009), «L’attenzione per la rappresentazione di sé accomuna tutti i personaggi che entrano a fare parte dello spettacolo televisivo, dal calciatore alla velina, dal politico all’attore. Il passaggio del medesimo personaggio dal mondo dell’entertainment a quello politico, e viceversa, si svolge senza soluzione di continuità, producendo la ridefinizione della politica come mestiere, non certo vocazione, alternativo ad altri ugualmente intrec46

MEssaggi & linguaggi La parole della politica sono oggi anche molto influenzate dai social e dai nuovi media. I politici, però, faticano a gestire siti, blog mentre prediligono l’immediatezza di Twitter. I «cinguettii» consentono, infatti, di «sloganeggiare» senza troppi ragionamenti. I tweet sono in fondo battute e ben si addicono alla politica spettacolo perché danno l’impressione che il mittente «ci metta la faccia» in prima persona e sia sempre sicuro di quello che afferma nei suoi 140 caratteri. Il legame tra politica e Twitter è ben analizzato da Sara Bentivegna, docente di Comunicazione Politica presso l’Università La Sapienza di Roma, nel libro A colpi di tweet. La politica in prima persona (Il Mulino, 2015)

64%

sono i giovani europei che, secondo una ricerca Eurostat, non ripongono alcuna fiducia nei politici.

sEttE rEgolE pEr la tV

ciati con la dimensione della celebrità. Il politainment, in questo caso, diviene più che una chiave interpretativa della realtà politica, una vera e propria strategia». Il troppo però stroppIa Peccato per i politici di professione che alla lunga il meccanismo sia diventato troppo scoperto e che come si dice «il troppo stroppia», anzi, annoia anche perché l’intrattenimento non è nelle corde di tutti. Così, annoiano trasmissioni tanto lunghe – occupano militarmente la serata intera – con i soliti noti a dire le solite cose note. Annoia il proliferare eccessivo di queste trasmissioni che continuano a essere tante

anche perché costano poco. I politici e le meteorine della TV che li circondano fanno la fila per presenziare a costo zero e il programma lo si fa con i fichi secchi a differenza delle famose nozze. Alla lunga, soprattutto, ha stancato una politica tanto chiacchierata e priva di contenuti, in cui i punti di vista e le opinioni si riducono a giudizi in pillole che non vanno mai oltre il risaputo. Perché alla fine in questi programmi non si vuole scontentare in nessun modo l’utente consumatore e così facendo tutto si annacqua, diventando imbevibile. E si spinge lo spettatore alla meglio a cambiare canale o, purtroppo, a disinteressarsi del tutto della politica.

I politici sono sempre più attenti alle loro performance televisive. Come le recenti elezioni americane hanno confermato, ecco cosa fare (e non fare) per portare a casa qualche voto in più dell’avversario. 1. Mostrarsi sempre sicuri di sé e cercare di intimidire l’avversario. Chi urla per primo e più forte spesso vince in TV. 2. Evitare incertezze e nascondere le emozioni negative. Nel 1960 Nixon perse le elezioni contro Kennedy perché sudava durante il duello TV. 3. Sorridere spesso e volentieri. L’ottimismo è un elemento vincente. 4. Quando parla l’avversario esprimere la propria disapprovazione con il linguaggio del corpo e con le espressioni del volto. 5. Fare molta attenzione al look. La politica è anche un prodotto da vendere e l’occhio vuole la sua parte. 6. Evitare i ragionamenti e le spiegazioni troppo complesse. Il pubblico televisivo si annoia facilmente. 7. Sviluppare un legame emotivo. Quando è possibile, è bene conoscere il proprio pubblico prima di cercare di convincerlo di qualcosa.


Tendenze

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sette ingredienti

Milanese, ma non troppo Una fettina di carne che ha un’aria morbida e allo stesso tempo croccante e profuma di formaggio senza infastidire. Malgrado l’impanatura, potremmo persino definirla «leggera». Cucina Eleonora Postizzi

ingredienti 8 fette di fesa di tacchino q.b. farina per infarinare 3 uova 4-5 cucchiai di parmigiano grattugiato (o sbrinz) 30 g burro q.b. olio extra vergine sale e pepe

preparazione 1. rompere le uova in una ciotola e sbatterle velocemente con una forchetta. aggiungere il parmigiano e una macinata di pepe. versare il composto in un piatto. 2. dividere le fette di tacchino in 2 parti o in 3 se molto grandi. infarinarle e passarle poi nel composto di uova e formaggio. 3. in una padella antiaderente scaldare il burro con un goccio di olio, adagiare le fettine e lasciarle cuocere a fuoco moderato per 2-3 minuti prima di girarle sull’altro lato e continuare la cottura per altri 2-3 minuti. 4. servire le fettine con delle verdure e delle patate, oppure con delle tagliatelle come farebbero oltre san gottardo.

N

on ditemi che non vi capita mai. Felici come bambini il giorno di Natale, vi apprestate a preparare il piatto che sognate da tutto il giorno ma proprio sul più bello vi accorgete che manca un ingrediente! Quante volte ho pensato di preparare una torta ma mancava un uovo, oppure distrattamente avevo dimenticato di leggere quella noticina «lasciar riposare 24 ore in frigorifero»? Già, ma gli ospiti a cena arrivano tra due ore, cosa posso inventarmi? Con le fettine pronte, avevo voglia del classico «Schniposa», come lo definiscono i tedeschi: acronimo di «Schnitzel mit Pommes und Salat». Una bella impanata con patatine fritte, insomma. Ma dopo aver versato la farina sul piano di lavoro, rotto le uova in un piatto e tolto appunto le fettine di tacchino dalla confezione, mi sono accorta che del pan grattato – ebbene sì - nemmeno l’ombra in dispensa. Ora, non sarebbe un problema se uno

non fosse celiaco; o se avesse in casa del pane, dei crackers, persino degli zwieback, qualsiasi cosa da poter tritare. Vero, avrei potuto optare per un’impanatura diversa, magari con delle nocciole oppure con dei cornflakes. Magari anche con un mix dei due. Ma non sarebbe stata, comunque, la stessa cosa. Così arriva l’illuminazione: ma perché non lanciarsi sulla piccata alla milanese? E così è stato. Un po’ di parmigiano nelle uova e il gioco è fatto. In un attimo sono stata trasportata fino ai ricordi infantili dell’asilo, di quella fetta di carne che aveva un’aria morbida ma croccante, che profumava di formaggio ma non troppo. In fin dei conti potremmo anche definirla leggera. Sì, concordo, non è proprio come mangiare del pollo bollito o un pesce al vapore, ma ci siamo capiti, no? Ed è così che da una dimenticanza ho riscoperto un piatto che avevo scordato. Come si suol dire, non tutto il male vien per nuocere, siete d’accordo?

Note È possibile sostituire la carne di tacchino con del vitello o del pollo.

CUrioSitÀ

il tema andrebbe approfondito, ma non ho trovato conferme a quello che sto per dirvi: pare che la piccata alla milanese non trovi origine a milano bensì sia un’invenzione piuttosto tedesca e più in specifico, svizzero-tedesca. tradizionalmente viene servita con spaghetti o tagliatelle e con una salsa al pomodoro, abbinamento assai «di moda», soprattutto nel centro e nord europa. 47


Tendenze

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tecnologia

novità & genialità

Apple Watch 2: sempre in forma

sopra e sotto l’acqua

Il nuovo Apple Watch è resistente all’acqua e adatto ad attività di superficie in piscina o al mare. Grazie a un sistema che lascia entrare l’acqua e poi usa le vibrazioni sonore per espellerla, anche se impermeabile l’apparecchio ha le normali funzioni di altoparlante e dunque emette suoni e musica. Non resiste invece alle immersioni.

Nike+: Nato per lo sport

Aggiornamento dei primi Apple Watch (2014), con il «Series 2» e in particolare con la versione «Nike+» è possibile scegliere fra 12 attività sportive, dalla bici al nuoto, dalla corsa allo yoga. Durante ogni allenamento lo smartwatch misura con precisione i tuoi movimenti: puoi vedere fino a cinque parametri alla volta, interrompere automaticamente una corsa e segnare i parziali.

ascoltare senza fili

Con i nuovi AirPods (già presentati con l’ultimo iPhone) è possibile ascoltare la musica in wireless, direttamente dall’Apple Watch. L’abbinamento con l’orologio è automatico, e quando si pratica un’attività fisica non è più necessario portare con sé il telefonino. La batteria dura tutto il giorno, così la vostra «playlist» preferita vi potrà accompagnare senza interruzione.

Dove,come,quaNDo

Quando cammini, corri o vai in bicicletta, il GPS integrato di Apple Watch rileva con precisione distanza, velocità e ritmo dei tuoi spostamenti. Quando hai finito la tua attività fisica, che sia una passeggiata in montagna o una corsa al parco, puoi controllare sul tuo iPhone le caratteristiche del percorso e dove hai prodotto il maggiore sforzo.

tutto sotto coNtrollo

Con watchOS 3 puoi controllare il tuo cuore ogni volta che vuoi utilizzando l’app «Battito cardiaco»: basta aprire l’applicazione e attendere che il braccialetto compia la misurazione. Se invece si utilizza l’app «Allenamento», Apple Watch raccoglie costantemente i dati della frequenza cardiaca durante il periodo di attività fisica. L’insieme delle informazioni monitorate consente poi di calcolare la quantità delle calorie effettivamente bruciate. Ma con il Watch 2 è possibile misurare il battito anche durante una normale giornata di lavoro, tutte informazioni che possono essere controllate in background nell’app «Salute» direttamente sul tuo iPhone. 48

grafica accattivante

Gli anelli «Movimento», «Esercizio» e «In piedi» mostrano quanto ti muovi ogni giorno. Puoi vedere se sei seduto da troppo tempo, quanti passi hai fatto e quante calorie hai bruciato. Non ti muovi abbastanza? Delle notifiche smart ti aiutano a completare gli anelli e ti aggiornano regolarmente sui progressi e gli obiettivi raggiunti, motivandoti (come un vero coach).


Tendenze

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sport

Fantasia al potere Origine e virtù del fantacalcio, fenomeno sociale che piace anche a chi, come sportivo, è una schiappa. Scrive Paolo Galli

«Quella strada del passato si srotolava confusamente di fianco a noi come se la tazza della vita si fosse rovesciata e ogni cosa fosse impazzita». (Sulla strada)

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allora, lì, prendevano vita anche Wino Love e Zagg Parker, Phegus Cody e Warby Pepper. Si incontravano sui campi da baseball di una lega immaginaria – quanto loro stessi –, quella disegnata dalla fantasia di Jack Kerouac. Quando allora i New York Chevvies affrontavano i Boston Fords (squadre mai realmente esistite, se non nei taccuini di Kerouac), il mondo più intimo dello scrittore si metteva in moto. E poi lui scriveva, immaginava personaggi – ognuno con le proprie caratteristiche, con le proprie personalità –, appunto squadre e campionati, e li raccontava. Erano i prodromi di quello che sarebbe diventato un talento tra i più istintivi della letteratura americana. Era anche l’alba di quello che oggi chiamiamo fantacalcio, o fantahockey, anche se la materia si è fatta nel frattempo più concreta. Lo spunto viene tratto dalla realtà, non più dall’immaginazione. Nell’aria soltanto polvere, quindi, della poesia che fu. Il fenomeno poi, da intimo che era – di questo hobby (non soltanto infantile) di Kerouac, in vita, nessuno sapeva –, è diventato sociale. Internet in questo senso ne ha favorito l’esplosione, mettendo a disposizione non soltanto il materiale tecnolo-

sette consigli 1. Un nome simpatico per la vostra squadra non vi aiuterà a vincere. 2. Inutile spendere giorni nella preparazione: la vita è bella anche al di fuori del foglio rosa. 3. Prendete i portieri di un’unica squadra, così vi risparmierete una scelta, che non azzecchereste mai. 4. La ricerca del centrocampista dal gol facile è la strategia di tutti. 5. Evitate di riempire la vostra squadra con giocatori della vostra squadra del cuore. Perché odiarli due volte? 6. Diffidate sempre di quello che non ne sa quanto voi: è probabile che sarà lui a frenare le vostre ambizioni. 7. Fate in modo di rendere flessibile il regolamento, vi potrà essere utile nei momenti più complicati.

gico che andasse a sostituire carta e penna (e lunghe telefonate e lunghi calcoli…), ma anche un archivio pressoché infinito di informazioni e consigli per orientarsi nella scelta dei giocatori. Della serie: meglio Icardi o Higuain? Oppure quello che aveva fatto sfracelli in Serie B? E via, a cercare statistiche che facilitino le decisioni. È una tendenza, questa, che coinvolge l’analisi stessa dello sport, non soltanto in funzione del fantasport. Basti pensare alla sabermetrica, ovvero – definizione ufficiale – la ricerca per la conoscenza oggettiva di uno sport. Ecco che la conoscenza si è fatta – così dicono – per l’appunto

oggettiva, matematica. E le sensazioni, be’, che vadano al diavolo. Oppure no, perché poi lì si torna sempre. In tutti i casi, l’inventore riconosciuto di questo «gioco» – che ha infinite forme e che si basa sulle differenti discipline – non è Kerouac, bensì Daniel Okrent, un altro scrittore, benché minore. Fu lui, nel 1979, a pensare di coinvolgere alcuni suoi amici nella creazione di un campionato fittizio – anche in questo caso di baseball –, basato però sulle reali statistiche in corso d’opera dei giocatori della MLB, in modo che ognuno si sentisse un general manager vero e proprio, o quasi. «Ci pensai perché come sportivo ero una schiappa», ha dichiarato recentemente lo stesso Okrent, che anche come fantasportivo però non ha avuto un grande successo. Da quel che si sa, non è infatti mai stato in grado di vincere un titolo nella Rotisserie League Baseball, da lui plasmata a New York City, in una rosticceria, come suggerisce il nome. L’essenza sociale del gioco è diventata fondamentale per la riuscita e la durata negli anni – all’interno della stessa cerchia di amici, o di colleghi – del gioco stesso, che richiede proprio una partecipazione il più possibile attiva da parte dei giocatori. Perché il bello sta proprio lì, nella competizione e nelle successive prese in giro. Altrimenti viene a mancare il succo, lo scopo. E il gioco va ad arenarsi in un malinconico calcolo computerizzato dei risultati. L’esatto opposto di quella che era la passione di Kerouac, fatta di vera fantasia, di una visione ostinatamente romantica dello sport e di tutto quello che gli ruota attorno. Lo sport anche come mondo di fantasmi, di ricordi e di speranze, già di suo, quindi, un po’ fantastico. 49


Relax

stelle & curiosità l’oggetto La bussola

Astroparade

di Betty

I pianeti scombinano le carte rivoluzionando la situazione e introducendo nuovi protagonisti: i fantasiosi Pesci, in primis, seguiti da una Vergine innamorata e da un carismatico Capricorno

«Ho perso la bussola». Chi è che non ha mai pronunciato, magari in un momento di confusione, queste fatidiche parole? Paragonando la vita a un territorio da esplorare o a un oceano al di là del quale ci attendono nuove scoperte, la metafora regge benissimo. Del resto la relazione fra piano fisico, incluso quello geografico, e animico è tutt’altro che scontata. È consigliabile dunque dotarsi di una «bussola» virtuale viste le procelle reali e interiori che attraversano le nostre vite (il lettino dello psicanalista o la meditazione funzionano benissimo, ma fate un po’ voi). Anni fa, a scuola, ci insegnavano che a inventarla era stato un certo Flavio Gioia, navigatore amalfitano sulla cui reale esistenza sono stati avanzati parecchi dubbi. In realtà, con buona pace del neo presidente americano Donald Trump, a costruirla pare siano stati i cinesi e non è da escludere che proprio il veneziano Marco Polo abbia contribuito a diffonderla in Occidente dopo uno dei suoi leggendari viaggi in Oriente. Questo piccolo oggetto, basato su un ago magnetizzato in grado di allinearsi con il campo magnetico terrestre, ha contribuito enormemente allo sviluppo della navigazione, dei commerci e del mondo così come lo conosciamo, tant’è che per i cinesi – l’idea fu loro, del resto – va annoverata fra le cinque scoperte fondamentali del genere umano.

istruzioni per l’uso Sette suggerimenti per fare la valigia di Walter Mariotti

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PeSCI

«La fantasia è una forza della natura», ha dichiarato lo scrittore statunitense Saul Bellow, «Non basta questoariempireun uomodi estasi? Fantasia, fantasia, fantasia». Venere, in questa impresa, vi sostiene smodatamente e il transito dei Nodi su Nettuno è indice di un evento di rilevanza karmica irrepetibile.

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VerGINe

«Se dovessimo considerare l’amore tenendo conto dei nostri impegni, chi ci si arrischierebbe? Chi ha tempo di essere innamorato? eppure, si è mai vistouninnamoratononaveretempo per amare?». Dice bene Daniel Pennac, e dato che state vivendo una fase sentimentale favorevole, non createvi inutili impedimenti.

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CAPrICOrNO

È da tempo che grazie a Plutone nel segno vi state dando da fare, lavorando anche duramente, per raggiungere gli obiettivi a cui aspirate di più. Il vostro carisma negli anni è così cresciuto esponenzialmente. Con gli aspetti plutoniani posti al centro di un’importante configurazione la strada appare spianata.

4 sagittario

5 acquario

6 gemelli

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12 scorpione

Possibili acquisizioni patrimoniali grazie ai transiti di Saturno e Giove. Favoriti i progetti a lungo termine, con un piano di realizzazione entro i primi mesi dell’anno che verrà. Mercurio di transito porta notizie all’ultima decade. L’idea del successo vi ossessiona? Norman Mailer ha detto, a ragion veduta, che: «La punizione del successo consiste nel fatto di dover frequentare persone che prima si potevano evitare». Pensateci bene prima di prendere decisioni. Ansiosi e troppo ipercritici. Accettate di più i consigli altrui come suggerisconole parole diIsaacAsimov: «Sono conscio dello stato della mia ignoranza e pronto a imparare da chiunque, indipendentemente dalla sua qualifica».

1. Non calcolate quanti giorni state fuori, ma quante notti. 2. Iniziate dalla biancheria intima, è quella che si consuma di più. 3. Scegliete una 24 ore per 36 e una 48 per la settimana. Il must è lo spazzolino. Tutto il resto si trova. 4. Ricordatevi

«Quando discutete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tale che non troveranno più la strada per ricongiungersi», Mahatma Gandhi. Mentre Venere sollecita il settore astrologico delle origini e degli affetti familiari, il resto dei valori principali si trova all’interno dei segni cardinali. Grandi cambiamenti dunque per i nati in ottobre. La fortuna aiuta sempre i più audaci.

Con Marte in opposizione vi sentirete particolarmente irascibili. Momenti di alta tensione con il partner. Cercate quindi di navigare verso obiettivi comuni evitando di instaurare atmosfere competitive all’interno della coppia.

che less is more. E in aereo conviene. 5. Non delegate a vostra moglie. Le vostre agende non coincidono. 6. Mettete il nome all’esterno, ma soprattutto all’interno. 7. Usate quelle di bassa qualità, tanto 9 su 10 si smarrirà.

Andate avanti, senza ripensamenti: «Ogni giorno dovrebbe prevedere almeno un’infedeltà essenziale o un tradimento necessario. Sarebbe un atto ottimista, un atto di speranza», ha dichiarato lo scrittore britannico Hanif Kureishi.

Giove risveglia in voi il desiderio di potere. rammentate Oscar Wilde: «La nostra ambizione dovrebbe essere governata da noi stessi, il vero regno per ciascuno di noi; e il vero progresso è sapere di più, ed essere di più, e fare di più». «Oh, Dio! Quali estasi di sofferenza sopporta l’uomo che è consumato da un desiderio insoddisfatto di vendetta. egli dorme coi pugni serrati e si risveglia con le unghie infitte nella carne e sanguinanti», parole di Herman Melville.


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1. Bel paesino del mendrisiotto w 10. Donare, regalare w 11. Si gonfia con il vento w 12. Garza w 14. Trasparenti come il vetro w 16. Un graduato (abbr.) w 17. La Yoko di Lennon w 18. Piace al beone w 19. Dramma lirico di Verdi w 22. Gran Turismo w 23. La disciplina che si occupa dell’alimentazione w 26. Breve esempio w 27. I campi parigini w 28. Un combustibile w 30. Albero w 31. Allegri, felici w 32. Piccoli difetti w 33. Il nome di Fleming w 34. Congiunzione inglese w 37. Si contiene con un cinto w 39. Mezza base w 40. Sostiene lo spartito w 42. Attraversa Berna w 43. Tonta senza pari w 44. Oscuro w 45. Conferenziere w 48. Italia e Austria w 49. Un utile ripostiglio

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 50

Risolvete il cruciverba di Daniela e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata) entro il 1. dicembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro il 29 novembre a: Twister Interactive AG, «Ticino7», Altsagenstrasse 1, 6048 Horw.

1. Noto film del 2006 di F. Henckel von Donnersmarck w 2. Il rischio del giocatore w 3. Il punto debole di Achille w 4. Rimorchiate w 5. Pari in legge w 6. Alimenti w 7. Altari pagani w 8. Efelide w 9. Porto algerino w 13. Curano la carie w 15. Precede il decimo w 20. Vi lavora la mondina w 21. Ossa del bacino w 24. Lo stato con Rotterdam w 25. Cortile agreste w 29. Stato africano w 30. Un maestro dei tasti w 35. Pari in antico w 36. È sopra Pazzallo w 38. Consonanti in regia w 39. Ritrovo pubblico w 41. Il figlio di Anchise w 42. Privi di fede w 44. Era in voga la Pop w 46. Avanti Cristo w 47.

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PREMIO IN PALIO: 100 FRANChI IN CONTANTI

ticino7 TIRATuRA cONTROLLATA 63.212 copie chIusuRA RedAzIONALe Venerdì 18novembre2016 edITORe Teleradio7SA,Muzzano AmmINIsTRAzIONe viaIndustria,6933 Muzzano tel.091960 33 83 / fax.0919603155 dIRezIONe, RedAzIONe, cOmpOsIzIONe e sTAmpA CentroStampa TicinoSA viaIndustria, 6933 Muzzano tel.091960 33 83 / fax.0919682988 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticino7è su Facebook sTAmpA (cartapatinata) Salvioniartigrafiche SA Bellinzona TBS,LaBuonaStampaSA Pregassona pubbLIcITà PublicitasAG,Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse39,Postfach 8010Zürich tel.058680 95 92 / 0796357222 daniel.siegenthaler@publicitas.com dATI peR LA sTAmpA riviste@publicitas.com publicitas.ch/riviste ANNuNcI LOcALI PublicitasLugano tel.058680 91 80/ fax.0586809171 lugano@publicitas.ch IN cOpeRTINA Partire(foto ©Alexeys)

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La soluzione del Concorso apparso l’11 novembre è: ORTOLANO Sono stati sorteggiati: C. Jemmi (Giubiasco) O. Gianetta (Bellinzona) F. Algisi (Lugano) M. Balzarini (Piazzogna) D. Imhof (Origlio) Complimenti ai vincitori! 51


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