Ticino7

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№ 34 del 19 agosto 2016 · con Teleradio dal 21 al 27 agosto

DOLCE COME...

Meraviglia della natura e alimento dalle proprietà sorprendenti, la produzione di miele è molto diffusa nel nostro cantone Corriere del Ticino · laRegione · chf 3.–


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Ticinosette allegato settimanale N° 34 del 19.08.2016

Impressum Tiratura controllata

63’212 copie

Chiusura redazionale

Venerdì 12 agosto

4 Società Fascismo. Spie a Poschiavo di roberto Festorazzi ......................................... 6 Mundus Brexit. La Scozia al bivio di Farian sabahi .................................................... 8 Letture Salute. Oligoelementi e piante officinali a Cura deLLa redazione .................... 9 Vitae Rute Isabel Botica Guerreiro Stelitano di demis Quadri; Foto di reza Khatir ...... 10 Reportage Miele di marCo Jeitziner; Foto di matteo aroLdi ..................................... 35 Concorso fotografico di anna PiCCaLuga-Piatti .................................................... 40 Tendenze Bellezza. Un pugno nell’occhio di marisa gorza.................................... 41 Svaghi .................................................................................................................... 42 Agorà Televisione. Di serie in serie

di

Laura di CorCia...............................................

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 29 88 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Api: un lavoro di gruppo Fotografia ©Matteo Aroldi

Non solo miele L’ape è sinonimo di laboriosità e, vista la struttura e il rigore che regna nell’alveare, è citata quando vogliamo evidenziare organizzazioni esemplari. Ma come in tutti i meccanismi complessi e che funzionano per automatismi e coordinazione, anche nelle arnie piccoli cambiamenti posso diventare grandi problemi. E se api e alveari non stanno bene, pare assodato che a livello globale la carenza di miele sugli scaffali dei negozi è (forse) il minore dei mali. Lo racconta bene il regista svizzero Markus Imhoof nel suo More than Honey - Un mondo in pericolo (2012), opera che venne presentata proprio al Festival di Locarno e affronta il tema della sopravvivenza di questo prezioso insetto. Ma, soprattutto, “il difficile rapporto tra le api e gli esseri umani e, più in generale, il rapporto tra l’uomo e natura”, come si leggeva nelle note di presentazione. La sindrome dello spopolamento degli alveari (SSA o in inglese CCD, ovvero Colony Collapse Disorder) è tra le conseguenze più evidenti che qualcosa si è “inceppato”, un fenomeno che è noto da un decennio e che oggi colpisce mezzo

mondo: le colonie di api (Apis mellifera) periscono bruscamente e le conseguenze per flora, riproduzione delle piante e biodiversità sono naturalmente catastrofiche. Lo scorso anno la Bee Informed Partnership ha condotto il suo decimo sondaggio sulle perdite di api, un progetto finanziato dal Dipartimento per l’agricoltura americana, tra i paesi più colpiti. Delle quasi 390mila colonie di api prese in considerazione a ottobre 2015 (su un totale di 2,66 milioni gestite negli USA), si stima che nel solo inverno 2015-16 oltre il 28% siano andate perse. Questo rappresenta un incremento del 5,8% rispetto alle perdite dell’inverno precedente. Una moria che gli apicoltori osservano anche nel corso dell’estate e un fenomeno che non fa che aggravarsi: fra l’aprile 2015 e il marzo 2016 sono andate perdute oltre il 44% delle colonie, “si tratta della percentuale più alta di perdite degli ultimi 6 anni in cui sono stati raccolti questi dati”, si legge nella Rivista nazionale di apicoltura italiana (apinsieme.it). Che sia il caso di preoccuparsi? Buona lettura, Giancarlo Fornasier

Tra 7 giorni... La prossima settimana Ticinosette sarà in edicola con una rinnovata veste grafica e un deciso cambiamento anche dei contenuti giornalistici e dei programmi radio-TV. Alla guida del settimanale vi sarà un nuovo direttore, sono state introdotte nuove rubriche con contributi e idee di giornalisti e collaboratori che si affiancheranno in parte alle firme che già sono presenti su queste pagine.

La Redazione coglie l’occasione per ringraziare di cuore tutti coloro che – sia per la parte scritta sia per quelle grafica e fotografica – negli ultimi otto anni hanno portato con passione i loro contributi, esperienze e preziose riflessioni, dedicando alla rivista tempo ed energie. Tra questi vogliamo ricordare i direttori Peter Keller e Stefano Soldati, oltre al nostro photo editor Reza Khatir.


Di serie in serie Televisione. Come sta cambiando il piccolo schermo? E come si trasformerà la fruizione della televisione nei prossimi anni, alla luce delle nuove produzione, serie televisive in testa? Ne abbiamo discusso con il giornalista del “Corriere della Sera” e saggista Aldo Grasso, uno dei massimi esperti del settore di Laura Di Corcia

U Agorà 4

n tempo le signore della borghesia attendevano con trepidazione la nuova puntata del feuilleton sul giornale, per sapere quali intrighi avrebbero ribaltato la trama, se i sospiri d’amore dell’eroina avrebbero trovato pace o incontrato nuovi, imprevedibili ostacoli... Quello che oggi chiamiamo romanzo (esiste ancora? non esiste più?) è il risultato del romanzo d’appendice ottocentesco che usciva di settimana in settimana pubblicato su riviste o quotidiani. La produzione televisivocinematografica pare invece aver compiuto il percorso inverso, se è vero che le serie TV stanno convogliando energie e mezzi (vi lavorano i migliori registi) fino a qualche anno fa appannaggio esclusivo del grande cinema. Ne abbiamo parlato con Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera e autore del saggio scritto a quattro mani con Cecilia Penati La nuova fabbrica dei sogni. Miti e riti delle serie tv americane (pubblicato dalla casa editrice Il Saggiatore), nel quale vengono affrontati questi temi e si analizza l’impatto di queste produzioni sull’immaginario collettivo e la società.

Signor Grasso, quando ha capito che le serie TV possedevano, oltre alla capacità di raggiungere un ampio pubblico, anche una specifica qualità televisiva? Il punto di svolta, non solo per me, ma anche per altri critici, coincide con Twin Peaks di David Lynch. Le serie americane sono sempre esistite, ma noi le vedevamo nel disordine della programmazione, dove venivano utilizzate come dei riempitivi; quando c’era un buco nel palinsesto, ecco che si infilava una puntata, magari tagliandola se non ci stava tutta. Con Twin Peaks, appunto, ci siamo accorti che queste serie avevano una timbratura d’autore e che il meccanismo della serialità portava con sé delle soluzioni linguistiche, degli artifici retorici che con il cinema non erano possibili. Passare da una puntata all’altra tenendo l’alta l’attenzione voleva dire mettere in atto i meccanismi del feuilleton in modo del tutto originale. Come mai in ambito letterario siamo passati dal feuilleton al romanzo, mentre a livello di produzione cine-

televisiva il percorso è stato inverso, ovvero prima il film e poi la narrazione a puntate? In realtà la serialità nella TV americana è sempre esistita. Da noi la scoperta è avvenuta tardivamente e ha coinciso con l’avvento delle televisioni a pagamento; a partire da quel momento le serie TV non sono più state soggette al palinsesto e mentre facevamo discorsi su quanto fosse brutta, inguardabile e degradata la televisione non ci siamo accorti che proprio lì stava nascendo qualcosa di importante, di molto profondo e linguisticamente raffinato. A proposito di palinsesto, ci stiamo via via affrancando dalla sua “dittatura” e con abbonamenti specifici possiamo decidere che cosa guardare e quando. A questo punto la serie non rischia di diventare semplicemente un film molto lungo da vedere in tempi ristretti, e quindi di perdere la sua valenza di appuntamento a cadenza regolare, per esempio settimanale? In effetti gli autori delle serie classiche, come I Soprano, tenevano conto nella scrittura della scansione settimanale; ora alcune piattaforme, come Netflix, permettono di vedere le puntate quando meglio si crede, creando fenomeni di fruizione continua, l’abbuffata che fa sì che si guardi una stagione nello spazio di pochi giorni. Questo incide molto solo sulla percezione: se guardiamo una puntata a settimana avremo una visione di insieme diversa da quella che ricaviamo nel guardare tutte le puntate di seguito. Non solo: anche la scrittura cambia, e infatti le ultime serie tengono conto di questa possibilità del rilascio in contemporanea. La puntata classica termina come un capitolo del romanzo d’appendice ottocentesco, creando quel meccanismo di attesa da “cosa succederà ai nostri eroi?”, per intenderci. Adesso quella strategia è saltata. Ma che cosa raccontano della nostra società le serie TV e perché raggiungono un pubblico così eterogeneo? La mia tesi è che raccontano la contemporaneità molto meglio dei film e dei romanzi. Perché pongono al centro la contemporaneità, sono molto ansiogene, centrate su temi che non hanno nulla di gratificante e rassicurante. Narrano le paure dei nostri


Il punto di svolta: Michael Anderson nei panni del Nano nella serie TV americana Twin Peaks (1990-’91), ideata da David Lynch e Mark Frost

Agorà 5 giorni e sono in fondo dei cantieri aperti: una produzione classica di una serie può durare 12-13 puntate, questo vuol dire che per un anno intero si lavora… ecco, durante quel periodo di cose ne succedono. Spesso molto meglio che al cinema e che nella stesura di un romanzo, le serie riescono a cogliere qualcosa che sta accadendo lì, proprio in quel momento. Cosa pensa degli attacchi a Gomorra? Ritiene che siano pertinenti le critiche di chi ritiene che la serie faccia l’apologia della camorra, spingendo addirittura i giovani a seguire modelli deviati? Mi sembrano attacchi ridicoli, compiuti da gente che non conosce il mezzo e come funziona la fiction. Accuse simili sono state rivolte anche al già citato I Soprano, ai tempi, senza capire che la parte più bella della fiction risiedeva nel fatto che un delinquente possa andare anche in analisi. Uno dei pregi che ho riscontrato in Gomorra è la sua de-savianizzazione, nel senso che se il romanzo di Saviano è appesantito dall’ossessione di denuncia, la serie è più agile, più concentrata sul racconto. Il napoletano, poi, diventa una sorta di lingua artificiale e avviene una delocalizzazione: siamo a Napoli e lo sappiamo, ma potremmo essere in qualunque posto del mondo. Secondo lei quali storie ci sarebbero da raccontare ma che nessuno racconta? Per quanto concerne l’Italia, la fiction dovrebbe smetterla di narrare la vita dei santi, che poi possono essere eroi sportivi o politici, poco importa: sempre di agiografia si tratta. Bisogna inoltre imparare a pensare in grande, ovvero programmare qual-

cosa che possa durare due o tre anni. A dire il vero, qualcuno ci sta provando, per esempio Sky e Mediaset, con le produzioni della Taodue diretta da Pietro Valsecchi (una società di produzione televisiva e cinematografica italiana, specializzata nella fiction televisiva, che ha prodotto, fra le altre cose, R.I.S. e Distretto di polizia, ndr). I dirigenti RAI, invece, non fanno mai progetti a lungo termine: per loro le elezioni sono una spada di Damocle... Al di là delle serie, che cosa vede per il futuro della televisione italiana? Su cosa sarebbe meglio concentrarsi? La televisione – lo dicevamo prima – sta lentamente abbandonando la sua impostazione tradizionale, basata appunto solo sul palinsesto. È importante produrre materiale di qualità, che duri nel tempo, in modo che la televisione diventi sempre più simile a una casa editrice. Cambiando il racconto televisivo, secondo lei, è possibile incidere sulla realtà di un paese? Sempre in maniera indiretta. Quando le storie entrano nell’immaginario comune fanno un loro percorso, esattamente come i libri e come i film. È difficile dire se un romanzo ha cambiato la storia di un paese; ci sono persone cresciute con un libro che hanno sviluppato un particolare senso critico nei confronti della realtà o una particolare etica e magari hanno agito sulla stessa basandosi su quei criteri interpretativi. Stessa cosa avviene con le serie: in altre parole, non è che Gomorra fa aumentare la criminalità o il numero di poliziotti, lavora sottotraccia e nel tempo. Se è fatta bene, lascerà un segno.


Spie a Poschiavo

Si stenterebbe a credere che l’amena località grigionese sia stata durante il fascismo tra i capisaldi della rete spionistica del regime di Benito Mussolini... di Roberto Festorazzi

Società 6

Il borgo di Poschiavo è ancora oggi amministrato da un “podestà”, termine che in epoca fascista, in Italia, riprendeva le antiche denominazioni delle supreme cariche civili d’epoca comunale. Si stenterebbe a credere che questo tranquillo villaggio, percorso dal trenino rosso delle linee retiche che conduce al passo del Bernina inoltrandosi fino a Sankt Moritz, sia stato, durante il Ventennio mussoliniano, un potente centro di irradiazione dei Fasci all’estero, e tra i capisaldi della rete spionistica che il regime del Duce riuscì a impiantare in Svizzera. Sotto l’impulso delle autorità consolari italiane presenti nei Grigioni, fin dal 1925 vennero infatti costituiti, nei principali centri della regione, Fasci locali: a Coira, Davos, Poschiavo, Samedan, Sankt Moritz, Schuls, Val Bregaglia e Roveredo. Di grande interesse, sono le vicende del Fascio poschiavino, che nacque come Società di mutuo soccorso, sotto il nome di “Fratellanza italica”. Bisogna del resto ricordare che, nel 1926, risultavano presenti, nel canton Grigioni, 8010 italiani, occupati soprattutto come lavoratori domestici, agricoltori e personale d’albergo, e probabilmente soltanto in minima parte residenti stabili. A Poschiavo, in particolare, vivevano molti italiani, impiegati in maggioranza nella Società Anonima “Forze Motrici Brusio”. Logico, dunque, che il governo di Mussolini cercasse di utilizzare questa colonia di connazionali come “testa di ponte” per la penetrazione delle idee fasciste in terra elvetica.

La piazza del municipio di Poschiavo (da wikipedia.com)

Uno strano connubio Grande promotore, e socio onorario, a Poschiavo, della “Fratellanza italica” che diede origine al locale Fascio, fu il pastore protestante Giovanni Luzzi: uno dei più importanti teologi riformati di lingua italiana del Ventesimo secolo, nato nel 1856 nel villaggio di Tschlin, oggi frazione del Comune di Valsot, nella Bassa Engadina. L’impegno “littorio” di Luzzi, autore della revisione della traduzione italiana della Bibbia, ancora imbarazza la comunità evangelica-valdese che servì per tutta la vita. Tornato nei suoi Grigioni, nel 1923, da Firenze, Luzzi rimase pastore, a Poschiavo, fino al 1930. E, lì, le sue vicende si incrociarono con quelle della tentata “fascistizzazione” della Valle, e dell’intero territorio grigionese, a cominciare dalle zone italofone. Per prima cosa, occorre spiegare che il teologo protestante agiva in forti legami ecumenici con l’ambiente dei cattolici “modernisti”, precursori del vento innovatore del Concilio Vaticano II, e proprio per questo violentemente osteggiati ai loro tempi dalla Santa Sede. Ci riferiamo a Ernesto Buonaiuti, don Brizio Casciola, Romolo Murri, Giovanni Semeria, Umberto Fracassini e tanti altri laici e religiosi in odore di “eresia”. Non è un caso che il pastore Luzzi, in occasione del battesimo del “suo” Fascio, all’albergo Le Prese di Poschiavo, invitasse proprio, quale “padrino” cattolico della manifestazione, don Brizio Casciola. Questi era un personaggio che operava in strette connessioni con il regime del Duce, anche per via della sua amicizia con Margherita Sarfatti, intellettuale di origini ebraiche, amante del dittatore e sua consigliera politica. Anzi, vi è chi ha affacciato l’ipotesi che, a guidare la Sarfatti verso la conversione al cristianesimo, sia stato proprio don Brizio. La rete Si deve a questo punto introdurre la delicata questione della presenza, discreta ma agguerrita, della rete di intelligence che il fascismo infiltrò nei Grigioni, proprio a partire da Poschiavo. Il controllo dell’attività di spionaggio, in terra elvetica, in seno alla Po-


lizia politica italiana, venne affidato al “capogruppo” Aldo Soncelli, che dislocò i suoi “fiduciari” e collaboratori nei vari Cantoni, distribuendoli in sotto-nuclei. Nei Grigioni operò, dal luglio del 1927 al gennaio del ’32, tale Giuseppe Faverzani (indicato anche con il nome, forse in codice, di Antonio), personaggio misterioso di cui si conosce poco. Di lui si sa soltanto che risiedette, dapprima, a Poschiavo, dove ricoprì la carica di segretario del Fascio, e che, in seguito a espulsione, si trasferì a Sankt Moritz. Nel rinomato centro turistico engadinese, prese il posto di un altro uomo degli apparati di informazione italiani, Enrico Cerabini, che a sua volta fu alla guida del Fascio locale. Cerabini era stato allontanato da Sankt Moritz, su pressioni esercitate dall’antifascismo militante presso le autorità cantonali. Il regime mussoliniano poté contare, a lungo, anche sul sostegno anche di cittadini svizzeri, i cosiddetti “irredentisti” che si raccoglievano attorno all’ambiente dell’Adula, il giornale che, in nome della promozione dell’italianità in terra elvetica, giunse a trasformarsi in organo fiancheggiatore del fascismo. Sebbene non esista ancora uno studio organico sull’attività della Polizia politica italiana nei Grigioni, si hanno elementi per ritenere che essa fosse particolarmente occhiuta ad estesa. Oltre alla già citata coppia Faverzani-Cerabini, era di estrazione engadinese uno dei fiduciari delle rete di Soncelli, Nicola Dante Venzi, che, sebbene di origini valtellinesi, si era trasferito a Same-

dan. Dalla capitale del Cantone, Coira, invece, riferivano le spie Alfredo Torrigiani e Umberto Stefani. Risultava inoltre stabilmente “coltivato” a Sankt Moritz, quale informatore, Ernesto Pomatti, indicato anche con il nome di Fausto. Miopia ideologica Probabilmente, i dossier sulla Polizia politica e sul suo “braccio armato” esecutivo, la temutissima OVRA, che si conservano all’Archivio Centrale dello Stato di Roma, sono in grado di svelare molti segreti, per esempio, sulla figura in zona d’ombra di Faverzani: anche perché, dai “fascicoli personali”, si possono ricavare miriadi di notizie. Quanto alla sorte del pastore Luzzi, questi ritornò a Firenze nel 1930. L’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, lo colse mentre si trovava in vacanza, come ogni anno, con la famiglia, a Poschiavo. Decise perciò di rimanere nell’amato borgo, dove si spense, il 25 gennaio 1948. È sepolto nel cimitero riformato del paese. Paolo Tognina, in una traccia biografica, pur riconoscendo i suoi alti meriti nel campo teologico, non ha tuttavia mancato di annotare rilievi critici severi: “Luzzi, come altre personalità dell’epoca, non fu capace di scorgere, dietro la retorica del regime, il pericolo totalitario e le profonde ingiustizie e la violenza di cui esso fu portatore. Al contrario, egli vide in Mussolini un uomo investito di un compito quasi divino, capace di rinnovare l’Italia. E da questa sua valutazione non prese mai pubblicamente le distanze”.

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La Scozia al bivio

Humza Yousaf è l’attuale ministro scozzese per i Trasporti e per le Isole. Lo abbiamo intervistato riguardo all’esito del recente referendum che ha sancito l’uscita del Regno Unito dall’UE di Farian Sabahi

“Il 62% degli scozzesi ha votato per restare nell’UE e quindi il primo ministro (scozzese, ndr.) Nicola Sturgeon ha dichiarato che faremo tutto il possibile per proteggere la posizione della Scozia nell’UE. Di conseguenza, non escludiamo un secondo referendum sull’indipendenza”. Esordisce così Humza Yousaf, 31 anni, fino al 2014 ministro per l’Europa e lo Sviluppo internazionale. Nato a Glasgow, madre keniota e padre pachistano, cittadino britannico di fede musulmana, ci eravamo conosciuti lo scorso ottobre a Pontignano, in occasione del convegno annuale del British Council. E ora lo raggiungo al telefono.

Mundus 8

Nel referendum del 23 giugno la Scozia e l’Irlanda del Nord hanno votato per restare nell’UE, mentre il Galles ha optato per andarsene. Crede che Brexit rappresenta un’opportunità per rendere la Scozia indipendente? La nostra priorità è restare nell’Unione Europea. E se questo vuol dire passare attraverso un secondo referendum per l’indipendenza della Scozia, allora andremo in questa direzione.

daria in Scozia l’ostilità nei confronti degli immigrati (europei e non) è stata in secondo piano rispetto ad altre parti del paese. Che cosa sta facendo, nella sua posizione di ministro di fede musulmana, per scongiurare che il timore dell’immigrazione dal Medio Oriente possa essere manipolato? I ministri del Governo di Scozia devono mettere l’accento – in senso positivo – sull’immigrazione, indipendentemente dalla propria identità, perché gli immigrati contribuiscono all’economia del paese dove arrivano in misura maggiore rispetto a quanto ricevono. I politici di ogni formazione hanno il dovere di far andare d’accordo le diverse comunità, senza soffiare sul fuoco dell’intolleranza razziale.

Lei ha mai subito discriminazioni in quanto musulmano? Sfortunatamente, nel corso degli anni mi sono arrivati – per lo più attraverso i social media – parecchi messaggi offensivi, di intolleranza razziale e religiosa. E non sono mancate le minacce fisiche e gli abusi verbali. Non mi sono fatto intimidire e un buon numero delle perNel frattempo sarà possibile una sone che mi hanno attaccato sono state maggiore autonomia della Scozia? punite dalla legge. Nel febbraio 2015, Il fronte “Leave” ha fatto molte proper esempio, il trentenne Christopher Il ministro scozzese Humza Yousaf messe in questa direzione, faremo presChisholm si era rifiutato di comprare (per gentile concessione) sione su coloro che hanno fatto queste una copia del giornale Big Issue (per dichiarazioni. i senzatetto) fuori dalla stazione di Queen Street dove partecipavo a una campagna di lotta contro Quali saranno le conseguenze economiche di Brexit? la povertà. Mi ha guardato in faccia e detto: “Da te il giornale In scozia sono a rischio 3000 posti lavoro. Il 46% delle nostre non lo compro! Non appartieni a questo paese!”. L’ho deesportazioni – pari a 28 miliardi di sterline – vanno ai paesi nunciato e il giudice, che già aveva condannato Chisholm per dell’Unione Europea. Un buon numero dei nostri progetti nelle altri episodi di razzismo, lo ha obbligato a svolgere novanta ore infrastrutture, nei trasporti e nel terzo settore viene finanziato di lavoro non retribuito. dai fondi europei. Il 10% dei ricercatori delle nostre università proviene dalla UE e gli atenei scozzesi vincono un numero spro- Lei è stato anche vittima di critiche da parte dei gruppi porzionato di bandi europei per la ricerca. islamici fondamentalisti... Talvolta sono preso di mira da coloro che interpretano l’Islam in Ma in Scozia vi sentite “europei”? E l’immigrazione, su modo estremista, per esempio sulla questione dell’uguaglianza. cui ha insistito il fronte “Leave”, fa paura alla gente? La stragrande maggioranza ha votato per restare nella UE. Gli Secondo lei i musulmani di Scozia dovrebbero avere il scozzesi sono a proprio agio con un’identità sfaccettata: siamo diritto a scuola separate? scozzesi e al tempo stesso britannici, europei e molto altro ancora. In Scozia ci sono già scuole religiose finanziate dal contribuente. L’immigrazione invece è un problema minore rispetto a quanto Sarebbe ingiusto vietare ai musulmani, se ne fanno domanda, viene percepito in Inghilterra. Per questo nella campagna referen- di avere scuole finanziate con le stesse modalità.


Letture

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a cura della Redazione

in seguito a carenza di biotina.

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Vitae 10

ono nata a Lisbona, dove ho vissuto fino ai sette anni. Mio papà però veniva già in Svizzera come stagionale. Non avendo un bel rapporto, mia madre e mio padre si sono in seguito separati e io sono andata a vivere con mia nonna nel sud del Portogallo. Con lei non andavo molto d’accordo, era un po’ antiquata e a volte cattiva nei miei confronti. È per questo che soffrivo e che a quattordici anni ho deciso di venire in Svizzera, dove nel frattempo mia mamma si era a sua volta trasferita. Qui non avevo ancora l’età per lavorare, per cui ho cominciato a prendermi cura dei bambini, prima di mia cugina a Locarno e poi di mia nipote in Svizzera interna... fino a quando mi è stato offerto un posto di lavoro in un ristorante a Porto Covo, in Portogallo. Però non mi è andata molto bene: per tre mesi di fila ho lavorato dalle 9 del mattino alle 2 e mezza di notte, ma il mio datore di lavoro non mi pagava. Quando poi mi sono ammalata, ha minacciato di licenziarmi. Ma, visto che già non vedevo un soldo, ho preferito curarmi e lasciare quel lavoro. Mia mamma mi aveva acquistato una casa per non farmi stare con la nonna, di cui conosceva il carattere difficile: avevo solo quindici anni, ma lei si fidava perché ero una ragazza molto tranquilla. In seguito sono tornata a Milfontes, il paese dove avevo già vissuto con la nonna, e di nuovo non sono stata fortunata: fino ai diciassette anni ho abitato con mio fratello, che prima era stato con nostro padre e che aveva cominciato a consumare droghe. Mio fratello inoltre ha preso un po’ il carattere dal papà, e se beveva diventava aggressivo. Io intanto avevo cominciato a lavorare in cucina in un altro ristorante, dove finalmente ho trovato dei proprietari che devo ringraziare perché mi hanno molto aiutata. I soldi che guadagnavo, però, mio fratello me li rubava: non so se è perché ero ingenua o perché si trattava di lui, ma non me lo sarei mai aspettata… Nascondevo i guadagni in casa, non avendo ancora l’età per aprire un conto in banca da sola, ma sembrava che mio fratello avesse un fiuto per trovarli. Un giorno per uno di questi furti siamo venuti alle mani e lui mi ha picchiata sulla schiena con un ferro del camino. Allora ho detto a mia mamma

che non potevamo vivere entrambi sotto lo stesso tetto; ma siccome lei non osava allontanare nessuno dei due, me ne sono andata io grazie anche ai miei datori di lavoro, che mi hanno aiutata a prendere una casetta in affitto. Tre mesi dopo, i miei zii mi hanno detto che in un ristorante in Valle Verzasca cercavano una cameriera e che mi avrebbero accettata anche se non parlavo la lingua. Così, visto che in Portogallo guadagnando circa 700 franchi al mese e non riuscivo a mettere da parte granché, sono tornata in Svizzera. In Verzasca sono rimasta tre anni e ho conosciuto un ragazzo italiano con il quale ho convissuto. Ma poi ci siamo lasciati perché aveva, purtroppo, il vizio dell’alcol e mi sembrava di tornare al passato… Più tardi ho lavorato in una pizzeria in città vecchia a Locarno e poi nel bar di un centro commerciale a Tenero. Lì stavo bene con la prima gerente, ma quando questa è partita mi sono trovata con una nuova responsabile che, se non uscivo la sera con lei, non mi faceva lavorare il giorno dopo! Per questo dovevo lavorare anche in un ristorante a Gerra Piano e in un locale notturno a Losone. Poi, finalmente, ho trovato un posto nella stazione di servizio a Minusio dove ancora oggi lavoro. Nel frattempo, quattro anni fa mi sono sposata con un ragazzo che fa il giardiniere. In seguito si è messo in proprio e, anche se all’inizio non è stato facile, adesso la ditta grazie a Dio funziona bene. Con lui abbiamo comprato una casa in Portogallo, che mio marito adora, e un’altra a Magadino. Io però oggi non tornerei a vivere nel mio paese: sono contentissima della Svizzera, con la sua pulizia e le sue regole. Adesso vorrei frequentare la scuola di gerente per aprire un bar o un ristorante. A volte nel mio lavoro è quasi come essere in un confessionale: entri in contatto con tantissima gente di cui magari non sai il nome, ma di cui alla fine vieni a conoscere i problemi. Il contatto con le persone mi piace molto, mi piace parlare, mi piace ascoltare… Ma quello che però desidero ora è un locale che sia proprio tutto mio!

RUTE ISABEL BOTICA GUERREIRO STELITANO

Malgrado un vissuto tutt’altro che facile, ha mantenuto un amore per il contatto con la gente, che ora coltiva nel suo lavoro

testimonianza raccolta da Demis Quadri fotografia ©Reza Khatir


di ???; fotografie ©???

Miele

“dorato tesoro della Terra” testo di Marco Jeitziner; fotografie ©Matteo Aroldi


“F

rutto dell’anima dei fiori e del lavoro delle api, era servito per addolcire la vita molto prima che venisse scoperto lo zucchero”, scrive bene la scrittrice peruviana Isabel Allende nel suo Afrodita (1998). E il canton Ticino non è da meno, sin da quando fu terra di conquista romana, c’insegna la Società ticinese di apicoltura. Le terre di Locarno nel Medioevo erano già ricchissime di alcuni prodotti di altissima qualità, proprio come il miele; nel 18esimo secolo i contadini di Pollegio pagavano l’affitto dei terreni col miele; mentre nelle valli erano numerosi i

vani nei muri delle case rivolti a mezzogiorno, riparati dal vento e dalla pioggia, dove questi ripetitivi insetti operai costruivano casa. L’esercito dei 500 Il Mendrisiotto e il Luganese sono tra le poche regioni del cantone dove è diffusa la pianta della robinia che, da maggio, fiorisce colorando i boschi di bianco. Oggi quasi mezzo migliaio di apicoltori ticinesi (in gran parte amatoriali) si prendono cura di oltre 8000 famiglie di api che producono


in apertura Tra gli strumenti dell’apicoltore non può mancare l’affumicatore. Costituito da un mantice e da un cilindro metallico con beccuccio (e nel quale avviene la combustione di tela di juta, legno essiccato o altre sostanze appositamente prodotte), esso permette di introdurre nell’alveare del fumo che rendende più mansuete e “manipolabili” le api (e poter così lavorare nell’apiario)

in queste pagine Le arnie di Marino Buetti a Losone

ottimo miele da due fioriture principali: quella di robiniaacacia in maggio, quella di castagno e tiglio a fine giugnometà luglio. Il ciclo della natura è un capolavoro immutato, dai fiori (melliferi) al loro polline, dalle api ad altri fiori e così via, proprio come si tramanda questa passione da padre in padre (e moglie, sempre più), preparando arnie, smielando, degustando. C’è un enorme rispetto per questo insetto stacanovista tanto quanto lo sono, proverbialmente, gli svizzeri. “Mio padre aveva già degli alveari. Andavo spesso con lui ad accudirli e così è nato il piacere e la passione. Poi sono

andato avanti io, ho ingrandito sempre di più l’attività finché è diventata una professione” ci racconta Alberto Bianchi di Arogno, produttore di nettare biologico. Un mestiere mai noioso: “Ormai vengo punto tutti i giorni! Una volta mi sono persino rovesciato con la Jeep e sono andate api e arnie dappertutto!” scherza Bianchi. Tra natura e commercio Ma è più l’amore per la natura che spinge l’uomo verso l’ape e il suo mondo. Così Bianchi, a cui chiediamo le ragioni (...)


Marino Buetti, produttore di miele a Losone

Mauro Nicollerat di Besazio, docente presso l’Azienda agraria cantonale di Mezzana


Alberto Bianchi, produttore di miele biologico ad Arogno

di questa sua passione. “Prima di tutto si sta nella natura, in mezzo alle radure, senza nessuno che ci mette becco. Respiro aria buona e per gestire le api devo seguire l’andamento delle stagioni, delle fioriture, per capire come mi devo spostare, dove devo portare gli alveari, che tipo di operazioni devo fare eccetera” afferma. È noto che le api stanno vivendo un periodo storico difficile: parassiti e malattie d’importazione (come l’acaro asiatico “varroa destructor” dovuto agli scambi commerciali), pesticidi (usati per la frutta e la verdura che mangiamo), riduzione del loro habitat (disboscamento, edilizia ecc.). “Quell’acaro è il nostro nemico numero uno, ci fa perdere un casino di famiglie

tutti gli anni, quindi dobbiamo contenerlo e ridurlo. Come? Prima della fioritura facciamo costruire dalle api dei favi a maschio, perché la «varroa» preferisce entrare nella cella maschile, poi una volta che le cellette dei fuchi sono chiuse, le asportiamo” spiega Bianchi. Quale futuro dunque per l’apicoltura e per le api? “Non sono tantissimi i giovani ma qualcosina c’è, il futuro è più o meno garantito. E quel giorno che non ci saranno più le api sarà grave ma non morirà nessuno” rassicura, “perché ci sono altri accorgimenti, si può farlo a mano o con altri insetti, anche se è tutto più complicato”. C’è chi la pensa diversamente, ma intanto buon miele a tutti!


Concorso La foto del mese

Pubblichiamo l’ottava immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori per il 2016. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane…

L’equilibrio di Anna Piccaluga-Piatti

Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso del 2016 i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito alcune temi con i quali potete sbizzarrirvi: l’avventura, il ritratto, le stagioni, la leg-

gerezza e l’equilibrio. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.

Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la nona fotografia selezionata e alla fine del 2016 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.


Un pugno nell’occhio Che fare contro le occhiaie? Alcuni consigli e “ricette” Tendenze p. 41 | di Marisa Gorza

Non c’è niente che illumini il volto come un paio d’occhi senza ombre e colmi di gioia di vivere, di entusiasmo, di stupore o di ardore. Al contrario, le occhiaie incupiscono lo sguardo anche se l’umore è buono, anche se l’età è verde-verde. Per lo più le occhiaie sono dovute a una fragilità capillare congenita ma, oltre alla componente ereditaria, possono essere favorite da svariati fattori come stile di vita e dieta scorretti, stress e delusioni, tabagismo ed eccessi, continuo sfregamento degli occhi ed esposizione imprudente alla luce solare, carenza di vitamine e disidratazione della cute perioculare... Anche dormire poco o male può provocare la loro antipatica comparsa, ma per fortuna esistono diverse panacee efficaci contro il paventato inestetismo.

I rimedi della nonna (che funzionano)

Cominciamo con i rimedi della nonna, del tutto naturali e a costo zero. Tra i più noti c’è quello di applicare sugli occhi due rondelle di cetriolo fresco e tenercele per almeno un quarto d’ora. Il cucumis sativus ha infatti proprietà decongestionanti e vasocostrittrici, così dicasi di impacchi di infuso freddo di camomilla o di té. Indispensabile dormire un sufficiente numero di ore (possibilmente mai meno di sette) e consumare tanta frutta e verdura in quanto ricca di antiossidanti. In particolare quella che abbonda di vitamina

C: agrumi, kiwi, frutti di bosco, uva, più alimenti contenenti ferro: cioccolato fondente, lenticchie, muesli.

Il chirurgo e le terapie soft

Anche il dottor Dario Tartaglini (noto medico estetico milanese) conviene sull’importanza di un certo stile di vita e dei semplici provvedimenti per prevenire gli odiosi aloni. Tuttavia non possiamo fare a meno di chiedergli se non esiste una terapia soft, minimamente invasiva, in grado di contrastarli, specialmente se i segnacci sono pesanti e recidivi. “Esiste in effetti un nuovissimo trattamento denominato «Fat Grifting»” risponde il dottore. “Consiste nel prelevare una piccola porzione di grasso superfluo dal paziente, dopo averlo centrifugato e purificato, se ne innesta la parte più liquida nel solco lacrimale tramite micro iniezioni. La trasparenza bianca del liquido ottenuto ha un ottimo effetto schiarente quando l’occhiaia è di colore bluastro, molto meno se l’alone scuro è dovuto a pigmentazione bruna. La terapia, in tutto, dura meno di un’ora, non è dolorosa né invasiva”. Allora vale la pena provare, chissà...

Il tocco del correttore

In ogni caso ci si può sempre affidare all’arte del maquillage, per questo ci rivolgiamo a Morena Musi, make up artist di Olfattorio, amica di Ticinosette e sempre generosa nell’elargire consigli beauté. “Come prima cosa, per scegliere la

giusta correzione, bisogna fare una attenta valutazione del proprio contorno occhi” informa Morena. “Abbiamo una zona perioculare segnata da una raggiera di piccole rughe, oppure occhiaie di un profondo blu-violaceo, tuttavia il contorno appare liscio e la nostra età non supera i trent’anni? La scelta azzeccata si basa su questa analisi obbiettiva. Per esempio, il Correttore Illuminante Anti-età (T. LeClerc) è perfetto per un’epidermide poco elastica e non più giovanissima. Particolarmente fluido e fondente è presentato in 5 colori: Clair, Moyen, Foncé, Banane, Orchidée. Idratare bene il contorno occhi con una buona crema specifica e procedere con il Correttore Illuminante, picchiettando senza stenderlo eccessivamente. È importante fissare il correttore con la cipria traslucida, la più trasparente, per evitare che si vada a depositare nelle rughe di espressione. Il colore Banane è adatto a chi ha occhiaie bluastre. Orchidée va bene per coprire le occhiaie marroncino. Usare la cipria in polvere dello stesso colore per fissare. Passiamo ora alla correzione con lo stick particolarmente coprente, ovvero L’Anticernes Professionnel (sempre di T. LeClerc). Cela in modo perfetto, ma se il contorno occhi è molto segnato, meglio optare per i fluidi illuminanti sopra indicati. I colori 01, 02, 03 vanno bene un po' per tutti i tipi di carnagione, purché compatta, e si riferiscono a beige chiaro, medio e scuro”. Dopotutto coprire certi segni ha anche l’effetto di minimizzare i cattivi pensieri, di cancellare dal volto le ferite del cuore e di alleggerire l’animo. Magari insieme all’illusione di non essere mai state colpite né dalle fatiche, né dalle pene d’amore.


La domanda della settimana

Informiamo i lettori che a partire dal numero 35 del 26 agosto prossimo questa rubrica non sarà più presente sulle pagine di Ticinosette. Ringraziamo tutti coloro che nel corso degli anni hanno partecipato con curiosità e interesse al nostro piccolo sondaggio.

Al quesito “La sempre più controversa Tassa di collegamento voluta dal Governo aiuterà a togliere qualche auto dalla strada?” avete risposto: SI

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Astri ariete Tra il 21 e il 22 la Luna attraverserà il segno incontrandosi con Urano. Situazioni inaspettate e incontri particolari. Momento magico le prime decadi.

toro Cogliete al volo le opportunità che il destino offre. Il momento è determinate su tutti i fronti. Alla grande tra il 23 ed il 24. Creatività, amore e figli.

gemelli La ribellione continua. Liberatevi di tutto quello che non vi appartiene. Ritornate a una corretta alimentazione. Emotività amplificata tra il 26 e il 27.

cancro Andate più a fondo nei problemi interpersonali. Tra il 23 ed il 24 la Luna transiterà nella vostra undicesima casa solare favorendo nuove collaborazioni.

leone Contatti con l’estero. Incremento delle attività intellettuali. Possibile incontro con uno straniero. Gelosie tra il 23 e il 24 risvegliate dalla Luna.

vergine Matrimoni, convivenze e incontri. Marte sollecita i nati tra la prima e la seconda decade. Siate meno irremovibili. Fatevi guidare dal cuore.

bilancia Momento adatto per dedicarsi alla reale conoscenza di se stessi. Viaggi e opportunità all’estero. Incontri con persone originali tra il 25 ed il 27.

scorpione Agosto è stato favorevole. Se volete canalizzare le energie in maniera corretta cercate di puntare ai vostri obiettivi reali. Cautela tra il 23 e il 24.

sagittario Mercurio, Giove e Venere in quadratura. Questo aspetto vi spinge verso situazioni trasgressive o ad andamenti bipolari tra l’Essere e l’Avere.

capricorno Se dovete dare vita a un progetto professionale la data giusta è il 24. Affrontate il cambiamento partendo da voi stessi. Vita sentimentale altalenante.

acquario Ottimo l’incontro con Gemelli o Leone. Opportunità nel mondo delle speculazioni portate da un forte stellium nell’ottava casa solare.

pesci Particolarmente sensibili, quasi magicamente extrasensoriali, grazie al transito di Nettuno. Suggestioni e trasgressioni per i nati nella terza decade.


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La soluzione verrà pubblicata sul numero 36

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata) entro giovedì 25 agosto e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 23 agosto a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Un efferato delitto • 10. Abitano Katmandu • 11. Agnese a Madrid • 12. I confini di Locarno • 13. Istituto Tecnico • 14. Sono ottimi anche in brodo • 16. Megera • 17. Consonanti in cuneo • 18. Idonee • 19. Svezia, Ungheria e Austria • 20. Ermanno, regista • 22. Grosso camion • 23. Rode il legno • 25. Dio greco della guerra • 26. Delfino di fiume • 27. Corrosi • 28. Pettegolezzo • 30. Nuovo Testamento • 31. L’arte nel cuore • 32. Dittongo in reato • 33. Il club dell’alpinista • 35. Il nome di Fleming • 37. Covo per animali • 40. Arrabbiarsi • 43. Malata di mente • 45. Uno a Zurigo • 46. Il re di Pilo • 48. La fine della Turandot • 49. Monti siciliani • 50. Un legno pregiato Verticali 1. NCIS... della serie televisiva • 2. Un gas nobile • 3. Una sala ospedaliera • 4. Un verbo del giardiniere • 5. Articolo maschile • 6. Benvenuto, orafo e scultore manierista • 7. Atollo • 8. Preposizione semplice • 9. Intestardirsi • 13. Indagine giudiziaria • 15. Le iniziali di Papi • 19. Recidere di netto • 21. I confini di Melano • 24. Ama Garibaldi • 25. In mezzo al mare • 27. Vocali in tresca • 29. La lingua di Cicerone • 34. Osé • 36. Ceste per aragoste • 38. Solcare il terreno • 39. Il Sodio del chimico • 41. Consegnati • 42. Città vallesana • 44. Pari in integro • 47. Pari in lembo

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Questa settimana ci sono in palio 100.– franchi in contanti!

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La soluzione del Concorso apparso il 5 agosto è: LATTOSIO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Vally Cippà 6830 Chiasso

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â„– 34 del 19 agosto 2016 ¡ con Teleradio dal 21 al 27 agosto


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