Ticino7

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№ 33 del 12 agosto 2016 · con Teleradio dal 14 al 20 agosto

Corriere del Ticino · laRegione · chf 3.–

ALCHIMIE DELLA NOTTE La professione del bartender: dall,accoglienza del cliente alla creazione di drink innovativi


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Ticinosette allegato settimanale N° 33 del 12.08.2016

DI

Arti Italo Rota. Un’altra architettura

Tiratura controllata

63’212 copie

Chiusura redazionale

Venerdì 5 agosto

4

ELENA BOROMEO ..........................................

6

ALESSANDRO TABACCHI ..........................................

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NICOLETTA BARAZZONI .......................................

8

Mundus Astronomia. Polvere di stelle Kronos Società. Trincea d’asfalto

Impressum

ROBERTO ROVEDA ............................

Agorà Plurilinguismo. L’italiano per la Svizzera

Vitae Andrea Pedroncelli

DI

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DI

ELISABETTA BACCHETTA; FOTOGRAFIA DI DAVIDE STALLONE ...........

Reportage Bartender. On the rocks

DI

KERI GONZATO; FOTOGRAFIE DI REZA KHATIR .........

10 35

GIANCARLO FORNASIER ...........

40

Svaghi ....................................................................................................................

42

Tendenze K-Way. Non solo in caso di pioggia

A CURA DI

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile

La natura costa meno

Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 29 88 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Valeria (Seven Lounge, Lugano) Fotografia ©Reza Khatir

Buongiorno. Nelle scorse settimane ho letto un basta la riva di un fiume, tre sassi oppure una vostro articolo che parlava dei prezzi nei lidi piccola spiaggetta per costruire i propri sogni e e nelle piscine in Ticino (“Costi d’estate” di dare sfogo alla loro manualità. Se poi ti orgaAmanda Pfändler, in Ticinosette n. 29 del nizzi con un’altra mamma e i suoi bimbi ecco 15 luglio, ndr.). Concordo con quanto la gior- che anche il rischio della noia per mancanza di nalista testimonia anche se, essendo anch’io compagnia sparisce. Io ho la fortuna di vivere mamma di due bambini, ormai da anni ho in una valle del locarnese e dunque da noi il rinunciato a servirmi dei bar e dei ristoranti verde non manca e nemmeno le passeggiate, per nelle strutture a pagamento. Il problema non questo anche in caso di pioggia noi usciamo lo è solo legato ai prezzi: visto che le piscine stesso: bastano un paio di stivali e, come dice offrono buoni servizi e pulizia è chiaro che i Peppa Pig, “a tutti piace saltare nelle pozzancosti qualcuno li deve pagare e dunque se una ghere di fango!”. Un caro saluto, S. B. (email) struttura offre qualità è giusto che questa venga riconosciuta. Però una volta entrati nessuno può obbligarti a consumare quello che viene offerto, che guarda caso comprende più o meno le solite cose, in particolare per i bambini (patatine, fritture varie, gelati). Basta un po’ di esperienza e nell’errore non ci ricaschi due volte: alla seconda uscita ti organizzi e da casa porti anche l’acqua, per non sbagliare. Ma in un cantone con un paesaggio così variato 6 come il nostro, è rno 201 tra le pagine a c o L possibile trovare m nti k prese l del fil soluzioni molto Festiva scovato i 5 piccolisocniao state estratte: economiche senza osette, hanno chetti di Ticin ro che 1 lo 3 o o c r es Bos e a v m i Tr rinunciare al diveru N n l de g Agno a Klan timento. Ai bambini atarin arno K eri Loc non servono ingegnosi ornali eibel etti gi stival. i l Dina W rno g i b e ai “toboga”, spruzzi d’acLoca ni del F erali e ti gen e alle proiezio n e m a qua colorati e onde da assister abbon ! zie agli hanno potuto surfisti per passare una ettrici che gra o pali nate l in u i t s r s o e f m giornata divertendosi, ti alle limen Comp

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I CI I R P O SC


L’italiano per la Svizzera Plurilinguismo. Grazie al progetto “Italiando”, centinaia di ragazzi svizzero tedeschi, romandi e romanci hanno la possibilità di trascorrere una settimana delle loro vacanze nella Svizzera italiana per entrare in contatto con la lingua, la nostra cultura e scoprire il nostro territorio di Roberto Roveda

L Agorà 4

a lingua italiana, non è storia di oggi, è scarsamente parlata nella Confederazione. La si studia poco e sta progressivamente diminuendo la sua presenza nelle scuole e anche nelle università oltre Gottardo e nella Svizzera romanda. E non si tratta solo di un problema linguistico: buona parte degli svizzeri, infatti, ha pochi contatti con il territorio del Ticino, se non per le vacanze, e più in generale con la Svizzera italiana. Non ne conosce i luoghi, le tradizioni, la cultura, che sempre va a braccetto con la lingua. Insomma, per usare un gioco di parole, troppa Svizzera rimane estranea alla Svizzera italiana e questo toglie chance al nostro territorio e coesione all’intera Confederazione. Per promuovere la lingua e anche la cultura della Svizzera italiana è stato ideato il progetto “Italiando”, progetto che proprio in questa primavera-estate 2016 sta entrando nella sua fase esecutiva. “Italiando”, infatti, punta per il triennio 2016-2018 a far arrivare nella Svizzera italiana 1500 giovani romandi, romanci e svizzero tedeschi per trascorrere una settimana di “italiano&sport”. Ragazzi tra i 14 e i 17 anni verranno quindi nel nostro cantone per imparare la lingua, fare sport e nello stesso tempo conoscere e frequentare il territorio della nostra regione linguistica. Si tratta di uno scambio culturale 100% svizzero in cui le mattinate saranno occupate da lezioni di italiano con insegnanti qualificati e i pomeriggi saranno destinati ad attività sportive. Campi base dell’iniziativa sono il Centro Sportivo nazionale di Tenero e il Centro Gioventù+Sport di Bellinzona. Il progetto ha suscitato un grande interesse nella Confederazione tanto che ai 500 ragazzi iscritti per il 2016 si è già aggiunta una folta lista d’attesa per il 2017. Un successo che è stato il frutto anche delle tante realtà che hanno contribuito a “Italiando” a partire dai partner organizzatori: RSI, DECS (Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport del cantone Ticino) e Percento culturale Migros Ticino. Il sostegno di questi partner ha garantito visibilità al progetto, ma ha consentito anche di abbassare da 500 a 250 franchi a partecipante il costo dei corsi. Inoltre “Italiando” ha potuto contare su due testimonial forti: Christa Rigozzi per la Svizzera tedesca e Massimo Lorenzi (giornalista RTS/SSR) per la Svizzera francese.

Un progetto importante e “vitale” Dulcis in fundo c’è stata anche una grande spinta dal “basso”. Il finanziamento di “Italiando” si deve alla generosità della popolazione della Svizzera italiana che ha acquistato ben 37 mila copie del DVD “Frontaliers: qui si parla itaGliano” tra dicembre 2014 e gennaio 2015. Il motore principale del progetto, quindi, sono le cittadine e i cittadini del Ticino e del Grigioni italiano che hanno creduto nel progetto e capito che anche passando per gli sketch di Bussenghi&Bernasconi si può puntare a un obiettivo condiviso e rilevante come ci raccontano i Frontaliers, Paolo Gugliemoni e Flavio Sala: Il progetto “Italiando” è importante perché restituisce un’immagine proattiva del nostro territorio. RSI, DECS e Migros Percento culturale Ticino, infatti, riuniscono le competenze per farsi ascoltare e, soprattutto, apprezzare dal resto del paese. Questo è l’obiettivo dei corsi “Italiando”: lasciare un segno positivo sui ragazzi svizzeri che li frequentano, affinché al loro ritorno a casa ne parlino in famiglia, a scuola, con gli amici. Riferiscano con gli occhi e col cuore di una Svizzera italiana viva. “Italiando” intende inoltre dare risalto non a un singolo cantone (Ticino) ma a una regione linguistica: la Svizzera italiana (Ticino & Grigioni italiano). “Italiando” si inserisce in un orizzonte più ampio di “salvaguardia” dell’italianità perché non ci sfugge che esistono anche altri attori sul territorio che portano avanti questo tema. Per esempio, il Forum per l’Italiano in Svizzera (forumperlitalianoinsvizzera. ch) e Coscienza svizzera (coscienzasvizzera.ch). Inoltre l’USI, Università della Svizzera italiana organizzerà al Campus di Lugano il prossimo 9 e 10 settembre “Italiamo 2”, (usi.ch/en/ convegno-italiamo.htm) il secondo incontro nazionale dei docenti d’italiano delle scuole medie e medio superiori. Nell’ambito di questo importante convegno, avremo l’opportunità di illustrare i primi risultati di “Italiando”. Vi aspettavate una così larga adesione da parte dei ragazzi? Fare, fare bene, fare sapere. Era questo l’obiettivo. Costruire una struttura solida per poi, attraverso una campagna di comunicazione nazionale, invitare i ragazzi svizzeri protagonisti del progetto a raggiungerci nella Svizzera italiana. La promozione


Frontaliers, ovvero Paolo Guglielmoni e Flavio Sala (da loretadaulle.com)

della lingua italiana e della nostra regione linguistica è per i partner organizzatori una missione prioritaria. C’erano garanzie sulla bontà della struttura dei corsi (sul modello rodato “Lingue & Sport” del DECS), pilastro importante per garantire ai genitori dei ragazzi la serietà sia dell’insegnamento sia della prise en charge dei loro figli durante la settimana a Bellinzona e Tenero; l’incognita era rappresentata dal “fare sapere”, su scala nazionale, dell’esistenza dei corsi “Italiando” e del loro valore cultural-federale. Attraverso i canali del DECS abbiamo potuto informare 1000 sedi scolastiche (scuole medie e licei) svizzero francesi, romance e svizzero tedesche e coinvolgere tutti i docenti di italiano attivi in Svizzera. Il Percento culturale Migros Ticino ha inoltre messo a disposizione la sua rete nazionale per favorire la diffusione dell’offerta. Infine, la RSI, attraverso le consorelle SRF, RTS e RTR, ha beneficiato dello spirito federalista che contraddistingue la SSR: “uno per tutti, tutti per uno”. Cosa vi aspettate per il futuro del progetto? Il “Fondo per la promozione dell’italiano in Svizzera”, coordinato da RSI, DECS e Percento culturale Migros Ticino, dispone di 300.000 franchi per finanziare il progetto “Italiando” su tre anni (2016, 2017 e 2018). In questo primo anno su una lista

d’attesa per l’anno prossimo che già garantisce lo svolgimento dei corsi 2017. Una domanda che per il 75% arriva da famiglie e ragazzi provenienti dalla Svizzera tedesca e per il 20 % della Svizzera francese. Siamo orgogliosi di annoverare tra gli iscritti anche due classi della Svizzera romanciofona (5%). Il futuro del progetto, e la sua crescita, stanno innanzitutto nelle nostre mani. Sta a noi dimostrare su un arco triennale la solidità di “Italiando” e la sua utilità nell’ambito della promozione del plurilinguismo in Svizzera. Se lavoreremo bene, potremo portare i risultati raggiunti all’attenzione di chi potrà, eventualmente, aiutarci a proseguire il cammino. Una domanda che la riguarda direttamente. Avete in mente altre iniziative che coinvolgeranno i Frontaliers? Saremo, con altri personaggi very local, nel film TV “Grand Hotel Stella Alpina” che andrà in onda su LA 1 il 31 dicembre di quest’anno. Inoltre, il frontaliere Bussenghi e la guardia di confine Bernasconi torneranno con la grancassa nel 2017. Di più non dico se non che anche nell’ambito di questa nuovissima avventura si prevede di donare parte del ricavato in beneficenza. Cercheremo di farvi ancora ridere e sorridere e, grazie a voi, di sostenere chi ha bisogno.


Polvere di stelle

“L’astronomo deve diventare anche un po’ filosofo. Perché se una notte una nuvola oscura l’evento che aspettavi da una vita, magari l’hai perso per sempre. E certe cose le devi accettare, non c’è niente da fare”. Parola di Fausto Delucchi di Elena Boromeo

Mundus 6

Da cinquant’anni scruta il cielo per passione e divulga le sue conoscenze – telescopio alla mano – ai nuovi appassionati. Fausto Delucchi è uno dei tanti astrofili che animano e tengono in vita gli osservatori (spesso poco conosciuti) del Ticino. Il nostro cantone, complice anche la sua geografia, conta infatti diversi “occhi” specializzati nell’osservazione della volta celeste. Si va dalla Specola solare ticinese nel locarnese al Monte Lema, passando per l’osservatorio Calina di Carona o la Capanna Gorda in Valle di Blenio, il centro di Biologia alpina di Cadagno (già location dello “Star Party” del 5 e 6 agosto scorsi) e per finire il Monte Generoso (chiuso per i noti lavori fino a primavera 2017). Si tratta di strutture spesso dotate di attrezzature molto sofisticate, dove la Società astronomica ticinese organizza diversi eventi aperti al pubblico (per informazioni e contatti su astroticino.ch).

Perché si esprimono i desideri? Il legame tra astri e la sorte degli uomini si perde nella notte dei tempi tra la leggenda delle lacrime di San Lorenzo (il martirio avvenne il 10 agosto) e le antiche credenze popolari. Ma forse per cercare la spiegazione non bisogna andare così lontano: basta analizzare la parola “desiderio”, che etimologicamente deriva dal latino “de-sidera”, dove “sidera” sono le stelle e “de” un complemento di allontanamento e separazione. Desiderio significa dunque mancanza di stelle? Se così fosse, la parola porterebbe con sé lo stesso concetto di irrealizzabilità. Giulio Cesare d’altronde racconta che i desiderantes erano le sentinelle che aspettavano sotto le stelle i soldati non tornati dalla battaglia. Un’attesa il più delle volte vana.

I segreti dell’universo Ma se non possiamo raggiungere le stelle e i pianeti, posIl cielo in una notte siamo tuttavia studiarli più di mezza estate da vicino. A fine estate in L’estate è il periodo ideale per Ticino sono diverse le serate le osservazioni astronomiche. organizzate per osservare con Non soltanto per una quetelescopi professionali pianeti stione climatica, che favorisce quali Venere, Marte e Saturno Il Monte Lema, tra i punto di osservazione privilegiati l’accesso alle vette montagnocon i suoi anelli (l’8 settembre della volta celeste in Ticino (da nidel4u.ch) se, ma anche per la ricchezza alle 20 presso la Specola solare dei fenomeni a cui assistere. A ticinese, per esempio) ma ancominciare dalle famose stelle cadenti di San Lorenzo, la che la Luna e il Sole (l’11 settembre presso l’osservatorio di cui denominazione scientifica è Perseidi – il nome deriva Calina). I più fortunati hanno potuto addirittura osservare dal punto immaginario da cui sembrano provenire, cioè da vicino un campione di roccia lunare ospitato negli studi la costellazione di Perseo – e che non sono propriamente radiofonici di ReteUno lo scorso giugno. Si è trattato di un stelle, bensì frammenti di polvere e ghiaccio lasciati dalla frammento raccolto dalla missione Apollo 14 nel 1971 e cometa Swift-Tuttle. portato appositamente da Houston a Lugano, dove anche Ma la prima regola per osservare le stelle cadenti è allonta- chi non ha mai messo piede sulla Luna ha potuto farsi narsi dall’inquinamento luminoso. Per chi volesse apprez- un’idea di come è fatto il nostro satellite: una pietruzza zare la volta in tutta la sua bellezza, tra gli altri luoghi può scura, che potrebbe assomigliare al nostro granito, ma che recarsi, per esempio, alla Capanna Gorda, rifugio alpino testimonia di quanto possa spingersi lontano l’ingegno situato a 1800 metri di altitudine e immerso nel buio più umano. E di quanto possa essere grandiosa un’impresa assoluto; in buone condizioni atmosferiche è possibile quando a guidarla è un sogno, come quello (forse il più contare anche 40 o 50 stelle l’ora: abbastanza per dare grande di tutti) di toccare con mano un po’ dell’infinito fondo a tutta la propria scorta di desideri. universo.


Trincea d’asfalto

Ho cominciato questo articolo mille volte e altre mille l’ho cancellato, corretto e rimaneggiato. Lo spunto fornito dalla Redazione era la stesura di un contributo estivo, leggero e soprattutto massima libertà sull’argomento… di Alessandro Tabacchi

All’inizio parto di slancio. Prendo la palla al balzo e co-

influenzato dalla cultura americana, ma con sufficiente mincio a buttare giù alcune righe di argomento automo- spirito critico per non aggrapparsi ad alcun dogma e cerbilistico: più o meno una variazione sul tema “sole sulla care, anche nelle passioni ludiche, di coltivare una persopelle, rombo nelle orecchie e libertà nel cuore”. Ci metto nale visione del mondo e un certo gusto per la vita. anche un tocco personale, avendo da qualche tempo co- Eppure, più lo rileggevo, più avvertivo in me un senso ronato il sogno di acquistare usata una gloriosa muscle car d’inquietudine. americana, quelle con i motori “V8” da migliaia e migliaia di centimetri cubici di cilindrata, il sound possente, e quel Fuga perenne senso indefinito di nostalgia storica che inevitabilmente Alla fine mi divenne chiaro quel che mi tormentava. Avevo questi mezzi portano con sé. Ne viene fuori un bel pezzo, fornito il ritratto di un animale minacciato di estinzione, fra citazioni di cult movies anni che fugge dagli orrori del monsettanta, serie TV amate in giodo aggrappandosi alle sue persoventù e non solo, meditazioni nali convinzioni e ai suoi beni, sul senso profondo della libertà e che, alla fine, da viaggiatore nella “Me” decade, una digresè divenuto suo malgrado un sione artistica sull’iperrealismo fuggitivo. Un borghese liberal e la pop art, movimenti che a minacciato da un mondo fatpartire dai mitici sixties hanno tosi giorno dopo giorno, mese amato rappresentare le auto dopo mese, anno dopo anno, come nuova pelle dell’uomo più minaccioso, oscuro e impeoccidentale. Cerco di parlare il netrabile. Una persona, dai più meno possibile di me, di lasciare considerata colta e cosmopolita, in ombra l’appassionato di vecche non riesce più a comprenchie corazzate cromate e lasciare dere quel che vede muoversi Kowalski e la sua Dodge Challenger R/T andare il discorso sulle ali della attorno a lui. Perché in questa (dal film Vanishing Point, 1971) fantasia e della passione. Epestate non gioiosa avverto come pure, andando avanti a limare mai prima d’ora forze oscure l’articolo, sento progressivamente che qualcosa non va. attanagliare il mondo in cui sono cresciuto, in cui mi sono formato, e che amo: vedo riemergere portentoso, ovunque Un buon autoritratto e in più forme, il fanatismo, la necessità di aggrapparsi ai In qualche recesso profondo dell’anima qualcosa aveva dogmi più retrivi, il disprezzo per una visione di futuro cominciato ad agitarsi. Stavo scrivendo di libertà, indivi- condivisa, l’odio rampante in tutti gli strati sociali. Vedo dualismo, approccio alla vita on the road, con quella punta il fallimento di quell’Europa che per anni mi era parsa un di sano egoismo che è la base di ogni passione, parlavo della orizzonte sicuro e di quegli USA che, sempre più orwelliani, visione molto laica di un privilegiato che cercava la bellez- sono ormai irrimediabilmente lontani dall’amata America za dell’inseguire un orizzonte lontano, del senso estetico dei miti giovanili. Vedo grandi nazioni impazzire nel nome che ti porta a fare delle strane scelte (in barba ai principi di antichi imperi, vedo attentare alla democrazia ovunque, sacrosanti, ma spesso grigi, della razionalità). Scrivevo di nella tenaglia del populismo e dell’autocrazia, nell’esaltame, di una Trans Am lanciata sulle strade delle Alpi come zione del totem del volere della massa… Mi vedo sballottato se fossero le Montagne Rocciose, scrivevo della ricerca di da onde ostili e immani che non posso controllare. un senso profondo della vita da ricercare non nel dogma E sento che la colpa di tutto questo è anche mia. Perché, acdi una qualsiasi trascendenza, ma nell’immanente e quasi cecato e appagato da troppi privilegi e felicità, per anni ho panteistico afflato verso l’hic et nunc. dato per scontato l’esistente, dimenticando che il mondo Tutto era pronto, mancava solo il tocco finale. Avevo fatto civile in cui ho avuto la fortuna di vivere e studiare fosse un autoritratto, nonostante le buone intenzioni iniziali, e il prodotto di una tensione morale che deve essere sempre fin qui poco male. Avevo parlato delle mie passioni e for- alimentata. Pena una fuga perenne. Magari su una muscle nito un ritratto di un figlio dell’occidente liberale molto car meravigliosa, ma pur sempre fuga.

Kronos 7


Un’altra architettura Architetto e pensatore, Italo Rota ha elaborato una visione avanzata del suo lavoro e del rapporto che l’atto del costruire instaura con l’ambiente, gli esseri viventi e i fenomeni naturali di Nicoletta Barazzoni

Arti 8

Italo Rota (da viverefano.com)

L’architetto

Italo Rota, nel suo nuovo libro Una storia elettrica (Quodlibet, 2014), si definisce un essere ruderale, una persona che vive tra i ruderi. Un animale sinantropo o sinantropico “che vive negli stessi territori in cui sono insediati gli umani, senza vincoli di dipendenza diretta tra loro”. Rota ha lavorato e lavora a progetti di grande spessore internazionale, che spaziano1 dal product design a opere come la costruzione di chiese, del tempio in India dedicato al dio Hanuman, al padiglione Città d’Acqua all’Expo di Saragozza, al Museo del Novecento di Milano e molto altro ancora. Rifacendosi al concetto coniato dal poeta statunitense William Carlos Williams “no ideas, but in things” nel suo celebre poema Paterson, Rota stipula, con se stesso prima di tutto, un patto comune sociale, urbano architettonico ed emotivo. Considerando la biodiversità come un elemento imprescindibile nella costruzione dei suoi progetti, analizza

il metabolismo degli esseri viventi siano essi umani, animali o vegetali. Da questa sua osservazione coniuga energia, bellezza, creatività, scienza, e produttività, tenendo sempre in primo piano l’uomo e l’intero pianeta. Nel suo libro lei accenna a uno scritto di Filippo Marinetti apparso su Le Figaro del 1909. Mi spiega come si fa sostenere che non vi sia nulla di più bello di una grande centrale elettrica? Il discorso è quello di inizio secolo sul futurismo e Marinetti vedeva in queste grandi macchine la nuova era che arrivava e che gli uomini stavano attuando sul pianeta. Questa macchina produceva qualche cosa di invisibile che a sua volta si trasformava in energia invisibile che poteva essere trasportata, al contrario dell’energia prodotta dalle macchine a vapore. E questo creava un grande immaginario. In tutto questo Marinetti trovava


anche un’energia autonoma e un’estetica. Oggi la bellezza delle centrali deve cambiare soprattutto perché sono accaduti alcuni fatti. Dagli anni quaranta in poi queste opere non sono più state realizzate da persone che avevano in mente cosa avrebbe potuto essere questa immensa massa di costrutto nel paesaggio. È seguita una lunga fase di decadenza. Attualmente le macchine si sono differenziate molto nel tipo di materia che usano per produrre, dal carbone, al petrolio all’uranio al solare e quindi abbiamo un vasto spettro di possibilità, occupano enormi superfici e possono essere costruite nel deserto. E quindi l’impatto con la natura è completamente mutato e questa è un’occasione per aggiustare il territorio con altri parametri e un’altra estetica. Perché il Kuwait, con cui lei lavora, sta investendo parecchio nell’ambito dell’energia elettrica? Perché sanno che non si può continuare a usare il petrolio e altre sostanze tossiche e perché queste sostanze si stanno esaurendo, non certo il carbone che rimane la prima sorgente. Pensiamo alla Germania che produce tutta la sua energia con il carbone, a differenza di quanto si pensa. Poi non bisogna dimenticare che chi dominerà queste tecnologie controllerà un grande business. La tecnologia del futuro sull’energia sarà quella improntata al risparmio. L’energia è frutto di un ciclo complesso che è fatto di produzione e di distribuzione con tante tariffe. Gran parte dei prezzi che oggi sono tasse diventeranno servizi. Il miglior sistema sarebbe quello di risparmiare energia: basterebbe che ogni famiglia prima di andare a dormire spegnesse tutti i led che lascia accesi così da non dover più costruire nuove centrali. Come si fa a ottenere energia a basso costo? Bisogna tenere conto di tantissimi fattori. Per quanto concerne la produzione industriale guarderei solamente al rapporto quantitàprezzo e alle sue variabili. Se sono un cittadino e una comunità tengo conto anche di come viene prodotta l’energia perché questo fa parte del giudizio generale che si ha sul mondo e di come la collettività partecipa per conservare e migliorare il pianeta. Quindi sono punti di vista molto diversi perciò è molto difficile rispondere a questa domanda. Basta pensare che oggi un utente di Lugano consuma energia che può arrivare dall’Ucraina o dalla Turchia: tutto dipende dalla rete che sta distribuendo l’energia. Il problema è globale. Magari si sta producendo energia a soli 100 chilometri dalla casa dell’utente che però sta consumando energia che giunge da tutt’altra parte. L’antropocene è l’epoca in cui gli uomini hanno avuto un ruolo decisivo sui cambiamenti climatici. Si può parlare di delirio d’onnipotenza dell’uomo sul pianeta? La definizione di antropocene è una realtà fisica, nel senso che le attività umane producono una tale energia da avere delle relazioni distruttive e di mutazioni non solo col mondo detto vivente, le piante e gli animali, ma anche con la geologia che viene anch’essa considerata un essere vivente. Quando si osserva uno tsunami non si può che dire che è un essere vivente: si sposta, si muove, crea mutamenti profondi, come anche gli effetti dei vulcani. Quindi siamo in una logica di visione del pianeta nuova. Mi sembra che gli umani, nel loro insieme, hanno intrapreso una consapevolezza, comportandosi in un certo modo e altri sanno che lo dovranno fare. E se cominciamo a parlare di queste cose positivamente acceleriamo il processo di coloro che devono decidere come comportarsi. Un altro problema è

di natura filosofica. Il mio punto di vista è che apparteniamo alla natura che non si occupa degli umani ma della vita sul pianeta, e la vita può avere benissimo milioni di forme viventi meravigliose senza per forza prevedere l’esistenza degli umani. Che valenza ha per lei l’invisibile? Il mondo invisibile per me è molto semplice. È l’estensione della nostra mente. L’architettura è diventata espressione della nostra mente. Per esempio, la nostra intelligenza è diventata molto emotiva. I nostri pensieri contengono un livello emotivo molto elevato che si traduce in azioni, nella scienza stessa. Questo è un parametro con sui si creano nuovi spazi. Negli ultimi anni ho sempre cercato di preparare una situazione prima dell’arrivo di un’idea che è un derivato di altre situazioni anche perché oggi dobbiamo risolvere problemi che necessitano di architettura per essere affrontati senza costruire. Potremmo avere molte cose riusando le situazione e cambiando l’approccio creativo per arrivare alla costruzione e soprattutto non utilizzare i terreni vuoti. Il mondo è così piccolo che dobbiamo aumentare il vuoto e non il pieno. Quindi è più propenso a valutare gli edifici esistenti piuttosto che raderli al suolo? Siamo in un momento di difficoltà che si somma alla paure nella ricerca di nuove soluzioni. C’è ancora questa idea di creare un paesaggio con l’incertezza sul passato recente, che era composto anche di un passato molto tipico, reso tale dall’architettura. Poi c’è anche una considerazione drammatica sulla natura che è molto artificiale ed è gestita dagli umani. Per mantenere un equilibrio tra natura, territorio e architettura è necessario tenere presente i fattori che sono disequilibrati nelle varie realtà, ma si può arrivare alla somma finale che è equivalente. Milano è una città ottima per 30 parametri e poi ha un parametro terribile che è l’aria. Quindi ha sistemato molte cose tranne l’aria. Per risolverlo le persone hanno modificato i loro comportamenti, introducendo modifiche significative. Milano è un esempio in cui i cittadini senza fare movimento o istituire organizzazioni hanno individualmente fornito il loro contributo al di fuori dell’amministrazione che si è vista costretta a seguire i cittadini. Conta di più il compromesso o la scelta? Per me conta di più dire tanti no che tanti sì. Altri pensano di possedere i mezzi e ritengono che, a livello architettonico, a qualunque domanda sia possibile fornire una risposta perché vivono un rapporto orgasmico con il costruire. Se la mattina non fanno un buco e ci colano del cemento e dei mattoni la loro vita è un fallimento. Dipende ancora una volta dagli individui, anche il più piccolo contributo è importante. Cerco ogni volta di sedermi attorno a un tavolo con tutti gli altri esseri viventi, i vegetali, gli animali e l’ambiente. Mettersi attorno a un tavolo significa firmare un contratto che sia a termine. Se concepisco un edifico che ha una destinazione particolare, terminato quell’uso dovrebbe già contenere le risorse per essere demolito.

note 1 Il Museo del Novecento di Milano, il Foro italico di Palermo, l’illuminazione di Notre Dame e del lungo Senna a Parigi. La centrale a carbone di ultima generazione (saline Joniche), il Parco eolico di San Giusto, il padiglione Kuwait a Expo, e alle mostre sulla costruzione di centrali elettriche.

Arti 9


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in da ragazzo la bicicletta ha avuto grande importanza nella mia vita, conquistato uno spazio sempre più grande. La svolta è avvenuta nel 2000 quando a 18 anni sono andato a trovare mio cugino in Canada, il paese dove è nato il freeride. Chi lo pratica scende in bici da una montagna e non è necessario che ci sia un sentiero già tracciato… in fondo si tratta di un’attività davvero molto simile a ciò che facevo in Ticino fin da bambino. E in America ho scoperto modelli di bici che permettono di scendere più velocemente grazie a migliori sospensioni. Al rientro ho deciso di lasciare la mia professione di elettricista e a 23 anni ho fatto un salto nel vuoto, aprendo il mio negozio, dove tuttora vendo e riparo biciclette. Un gesto azzardato ma che sicuramente è stata l’intuizione della mia vita. Sono passati ormai dieci anni e con orgoglio posso ancora dire che vivo di questo. Le cose funzionano bene ma l’obiettivo mio e del mio socio Ambrogio, architetto di professione, non è crescere, ma rimanere così. Il tempo che mi rimane preferisco metterlo a disposizione dei nostri clienti più fedeli. A volte passano a salutarci anche solo per il piacere di fare due chiacchiere. Il mondo del freeride ha la sua filosofia di vita. Noi non usciamo in bici con l’ossessione della prestazione. Il nostro motore è il divertimento. Non mi interessa affatto quanto tempo ci metto per andare da A a B. Non ho neppure il contachilometri. Ciò che conta è scegliere il percorso più stimolante ed emozionante. Con il tempo si diventa drogati di queste sensazioni, perché quando trovi il sentiero, il trail giusto, ti senti come il surfista che ha trovato l’onda. Sono emozioni belle, a cui difficilmente potrei rinunciare. Non c’entra nulla con l’agonismo. In tutta la mia vita ho fatto una sola gara di downhill, la versione competitiva del freeride, che non ho vinto, ma in cui ricordo di essermi divertito tanto. Ovviamente ci sono anche le salite, ma è una fatica funzionale alle discese che così ci guadagniamo. Uno strappo alla regola ce lo concediamo se ci sono degli impianti che ci risparmiano la fatica. Insomma, non mi metto a pedalare sotto la funivia, per intenderci! Quello che non facciamo mai è andare solo in pianura. Non uso la bicicletta per i miei spostamenti di ogni giorno perché non mi va di pedalare

sull’asfalto su una bici da strada che trovo scomoda. Ho iniziato molto giovane con questo sport e non mi sono dato un limite d’età. Quando vedo il Capitano, così chiamiamo il freerider più grande del nostro gruppo che a 54 anni esce con noi, capisco che non devo farmi problemi. Non ho cambiato il mio atteggiamento nemmeno quando è nata la mia Agata. Chi inizia a porsi dei limiti mentali si espone a un rischio maggiore. Quando esco con la mia bici devo essere in forma, con la mente libera e sicuro di me: questa è la migliore assicurazione. Siamo un po’ spericolati, ma il nostro comunque è un rischio controllato. È se all’inizio cadi spesso, poi con l’esperienza ti accorgi che non capita quasi più. Una componente importante è il contatto con la natura. Quando facciamo sport siamo circondati da paesaggi bellissimi. Se esco da solo a pedalare ascolto musica, mentre in gruppo si parla. Il mondo del freeride è fatto di gente alla mano che ama ridere e scherzare. Abbiamo uno spirito avventuroso e un po’ pazzerello, accompagnato da una buona condizione fisica. Siamo un po’ diversi dal classico appassionato di ciclismo. Si vede anche da come ci vestiamo con i bermuda larghi e le t-shirt ampie, così possiamo passare con nonchalance da un giro in bici, all’aperitivo al bar. Un tempo eravamo quasi solo maschi , mentre adesso tra i più giovani arrivano tante ragazze. Lo spirito è rimasto quello di quando eravamo ragazzi e partivamo con il furgone alla scoperta di nuove discese. Le nostre giornate finivano immancabilmente con una grigliatina tra amici e tante risate. Naturalmente da quando ho messo su famiglia il tempo per la bici si è ridotto, ma una volta all’anno mi concedo una settimana alle Canarie dove testiamo i nuovi materiali. Scherzosamente posso dire che rientra in una sorta di accordo prematrimoniale stipulato con Alessia, la mia compagna. Di nuovo ci sono i miei giretti tranquilli in Valle di Muggio in compagnia di Agata che se ne sta comoda nel carrettino agganciato alla mia bici. Anche lei sembra avere nel sangue questa passione. Quando la guardo andare come una matta con la sua biciclettina di legno riconosco quella voglia di divertimento che vive in me.

ANDREA PEDRONCELLI

Vitae 10

Le biciclette sono la sua grande passione, sin da quando pedalava nei boschi attorno a Muggio in sella a mezzi tutti scassati…

testimonianza raccolta da Lisa Bacchetta fotografia ©Davide Stallone


ON THE ROCKS di Keri Gonzato; fotografie ©Reza Khatir

LA SUA PROPOSTA Scelgo il Sazerac. Rye Whiskey, zucchero, Peychaud’s Bitter e assenzio. Mi piace perché ricorda il vecchio Barman da Hotel, ha una preparazione molto elegante e un gusto deciso. In un “old fashioned glass” si spruzza l’assenzio sul ghiaccio. Nel “mixing glass” si mette una zolletta di zucchero imbevuta di Peychaud’s Bitter, si versano 5 cl di Rye Whiskey e si pesta lievemente la zolletta fino a scioglimento. Si aggiunge del ghiaccio, si “mescola” e si filtra la bevanda nel bicchiere con i cubetti di ghiaccio imbevuti. Una spruzzata di buccia d’arancio ed è pronto. LA STORIA Una ventina d’anni fa, studiavo fotografia a Milano e iniziai a lavoricchiare al Record Rock Café di mio padre a Locarno. Un paio di anni più tardi, ritrovandomi in Andalusia per una “pausa di riflessione” mi fu offerto di dare una mano per l’apertura di un locale e da li nacque una chimica che nemmeno oggi sono in grado di spiegare! Amo svegliarmi la mattina e non dover correre subito al lavoro. Mi piace il contatto con la gente e in particolare il fatto che siano loro a venire da me, e non io da loro a “chiedere qualcosa”. Ovviamente non disdegno la vita notturna…

ALAN, itinerante, Zurigo - Locarno


VALERIA Seven Lounge, Lugano

LA SUA PROPOSTA A New York, un barman di un noto locale a Soho, me l’ha servito shakerato, on the rocks, con una spruzzata di soda e delle gocce di Angostura. Semplice, perfetto, ho iniziato a chiederlo sempre così. Sto parlando del Whiskey Sour: 4.5 cl di Bourbon, 1.5 cl di zucchero liquido, 1.5 cl succo di limone fresco,1 spoon di albume. La ricetta originale dà il via a mille rivisitazioni che lo rendono sempre unico. Al momento mi piace presentarlo Shake and Strain, con qualche goccia di vino rosso finale che dona una sfumatura rosa al cocktail!

LA STORIA Ho iniziato a lavorare nei bar per pagarmi le vacanze e ho continuato durante gli studi fino a quando ho capito che non potevo immaginarmi a fare altro. Allora ho seguito corsi, concorsi, master… Il bancone del bar sta al barista come il palcoscenico all’attore. Nella vita privata sono riservata e solitaria, al banco cambio completamente: mi piace conversare con i clienti, ascoltare le loro storie e raccontargli anche qualcosa di me. Il bancone è la barriera invalicabile tra chi sono nel privato e la Valeria bartender. Sul lavoro esprimo la mia creatività, sperimento nuovi accostamenti, nuovi sapori… mi diverto, mi piace e mi soddisfa!


NONG Urban Cocktails, Lugano

LA SUA PROPOSTA Il Tom-Yam che, nel mio paese, la Thailandia, è una zuppa a base di zenzero, lemon grass, peperoncino, zucchero, lime e foglie di lime. A seconda dei diversi gusti personali gusti vi si possono anche aggiungere crostacei, pesce, pollo o verdura. Il cocktail è nato quando un bartender tailandese, invece degli ultimi ingredienti ha provato a miscelare la base con dell’alcol. Il risultato rinfrescantedolce-speziato è davvero sbalorditivo! Del resto, un bartender è come un chimico, trasmuta, miscela, abbina gli elementi che sostengono l’invenzione del cocktail.

LA STORIA Sono nato dietro a un bancone, i miei genitori lavoravano nel campo della ristorazione e possedevano bar e ristoranti. In principio, lavorare in questo ambito non mi interessava ma il tempo mi ha fatto rivalutare la professione. Bisogna avere la mente aperta, essere curiosi, cercare innovazioni e composizioni per trasformare un banale drink in un buon cocktail. Gestire il proprio bar, oltre che miscelare cocktail, significa creare un contatto con ogni avventore, e far sentire a proprio agio ogni persona mi rende orgoglioso di quello che sto costruendo.


ALAIN Folk Bar, Bellinzona

LA SUA PROPOSTA Si chiama Lichen. È un drink anytime creato da me nell’estate del 2015 miscelando scotch single malt Oban, succo d’arancia, alcune gocce di sciroppo di menta e mezzo lime spremuto. Il tutto viene shakerato e filtrato in un bicchiere tumbler basso o in una coppetta, con del ghiaccio. Si chiude il bicchiere con un ciuffo di menta e zest d’arancia… et voilà! Il risultato è una miscela molto equilibrata e mai noiosa. Sorso dopo sorso affiorano i vari componenti che si attraggono e si respingono, come in una giornata variabile con sole e pioggia, caldo e freddo. Ricorda il lichene, organismi formati da due parti vitali che agiscono in simbiosi – nel cocktail lo scotch, simbolo di storia e saggezza, completa la menta, giovane e vivace.

LA STORIA Studiavo a Milano, all’Accademia delle belle arti di Brera e nel tempo libero andavo di bar in bar per integrarmi nella città, lì osservavo, incuriosito dalla varietà dei drinks. La curiosità aumentava sempre di più, tanto da ritrovarmi un giorno dietro a un bancone. Il bar è storicamente il primo punto di ritrovo della piazza. Qui troviamo la cultura e la memoria di una città, un’infinita mescolanza di sapori scanditi da veri e propri rituali giornalieri. A seconda dell’orario, della stagione e del momento, possiamo trovare in ordine temporale: caffè, smoothies, aperitivi e after dinner, fino ai long drinks e digestivi. È un mestiere molto creativo ma strutturato che riesce a sorprendermi ogni giorno. Salute!


LEONARDO Lungo Lago, Locarno

LA SUA PROPOSTA Il Moscow Mule. La preparazione è questa: si deve colmare di ghiaccio una tazza di rame, versare in un Tin (Shaker) del succo di lime, della vodka e dello zenzero fresco, shakerare con ghiaccio e filtrare il tutto nella tazza gelata, quindi finire con la Ginger Beer e guarnire con una fetta di lime. In Ticino è ancora poco diffuso ma il resto del mondo ne è già innamorato: è rinfrescante e strepitoso!

LA STORIA Avevo 20 anni quando ho iniziato a stare dietro a un bancone… Da quel momento è nato un amore per il mio lavoro che ancora oggi si alimenta grazie al contatto con la clientela e ai continui buoni riscontri che ricevo per i miei cocktails. Non smetto mai di fare ricerche in questo mondo fantastico ricco di gusti, sapori e colori! Un consiglio? Bevete i cocktail da chi ama farli: solo dalla passione nasce la qualità.


k-way non solo In caso dI pIoggIa Tendenze p. 40 – 41 | a cura di Giancarlo Fornasier

la comodItà

Anche se oggi la collezione si è arricchita di nuovi modelli e accessori, con mille soluzioni e materiali innovativi, lo spirito della giacca a vento più famosa del mondo è rimasto lo stesso da oltre 50 anni. Versione sportiva del classico impermeabile e antivento in nylon, K-Way è prima di tutto il nome di una piccola azienda che sfidò il mercato con questo innovativo e accessibile indumento. Che aveva una caratteristica senza precedenti: quella di stare in pochissimo spazio richiudendosi dentro una tasca e trasformandosi in un marsupio da legare alla vita. E poi la sua leggerezza e le maniche larghe e accoglienti, peculiarità che sin dalla sua creazione hanno permesso al K-Way di essere indossato, per esempio, anche sopra un’altra giacca.

peccato se non ne avete mai indossata una. dal 1965 è sinonimo di giacca a vento o per la pioggia pratica e a buon mercato. Il marchio è di recente tornato sulle pagine delle riviste di moda, proponendo nuovi modelli e materiali che hanno in parte sostituito il classico nylon impermeabile. Un “aggiornamento” che non ha sacrificato la sua classica tasca convertibile in marsupio...


le orIgInI

Parigi, 1965. Narra la leggenda che in una giornata piovosa Léon-Claude Duhamel – un produttore di pantaloni del nord della Francia – camminasse per le vie del centro. Cammina e pensa, riflette e si guarda attorno. Osserva i parigini addobati con ingombranti giacche e muniti dei soliti pesanti ombrelli, tra le poche soluzioni per ripararsi dalla pioggia... ma certo non dal vento. Per Duhamel l’illuminazione è quasi immediata. Di lì a poco la sua intuizione avrebbe cambiato abitudini e consumi di mezzo mondo: penserà e realizzerà una giacca a vento impermeabile in grado di permettere alle persone di ripararsi dalle intemperie ma, al tempo stesso, un indumento leggero e comodo da indossare. E per tutti, uomini e donne, un pratico capo di abbigliamento particolarmente utile quando la pioggia battente o il vento forte non consentivano il solo utilizzo dell’ombrello. Su indicazione di un’agenzia di comunicazione, Duhamel cambia il nome della sua giacca da “en-K” in “K-Way”, dando anche una dimensione internazionale alla sua invenzione.

Il successo

In poco tempo la giacca viene lanciata sul mercato francese e nel primo anno registra già una vendita di circa 250mila pezzi. Dopo la morte del suo creatore (1968) la società nel frattempo costituita passa nella mani dei figli e del genero che, negli anni settanta, portano il marchio anche sulle piste da sci con la nazionale francese. Cresce la società e nascono anche nuovi modelli e prodotti (dai piumini ai cappotti e oggi, tra le altre cose, anche i costumi da bagno...), per adulti e per bambini, con o senza cappuccio e dai colori più diversi (inizialmente erano disponibili solo il blu, il rosso e in seguito il giallo). Accusata la pesante concorrenza dei produttori asiatici, dopo la crisi degli anni novanta, K-Way passa prima in mani italiane (acquistata dalla stessa società proprietaria del noto marchio Kappa) per poi tornare in Francia nel 2013, dove viene aperto un accattivante punto vendita a Parigi e un portale ufficiale (k-way.fr). Brand noto in tutto il mondo, K-Way è il classico esempio di un marchio diventato soprattutto un termine che identifica una tipologia di capo d’abbigliamento. E sinonimo di un’intuizione ancora oggi tanto acuta e pratica quanto disarmante.


La domanda della settimana

Informiamo i lettori che a partire dal numero 35 del 26 agosto prossimo questa rubrica non sarà più presente sulle pagine di Ticinosette. Ringraziamo tutti coloro che nel corso degli anni hanno partecipato con curiosità e interesse al nostro piccolo sondaggio.

Al quesito posto sul numero 31 (“Negli ultimi sei mesi siete stati almeno una volta al cinema?”) avete risposto:

SI

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Astri ariete Vacanze e vita amorosa all’insegna dell’edonismo. Marte e Saturno in trigono per la prima decade. Cambiamenti radicali per la terza decade.

toro Superlativo il trigono tra Plutone, Giove e Venere. Approfittate di questo transito per circondarvi di prosperità e abbondanza. Bene tra il 19 e il 20.

gemelli Possibile momento di confusione. Cercate di fare coincidere gli obiettivi della mente con quelli del cuore. E soprattutto, se siete in vacanza… rilassatevi.

cancro Avete bisogno di sentirvi impegnati in molteplici attività, ma vi sono resistenze da parte del partner. Più equilibrio nella gestione dei rapporti a due.

leone Ferragosto baciato dai colpi di fulmine e dai ritorni fiamma. Tra il 17 e il 18 la Luna si troverà in opposizione, andamento bipolare dell’emotività.

vergine Non stupitevi se avete appena incontrato una persona con cui avete stabilito una familiarità immediata. Buone opportunità per artisti e creativi.

bilancia Non fatevi influenzare dai vostri ambienti familiari. Atmosfere esotiche, insolitamente magiche per i nati nella prima decade. Incontri sentimentali.

scorpione Grazie alla Luna in Pesci passerete giornate felici. Venere e Mercurio vi rendono particolarmente brillanti. Momento economicamente propizio.

sagittario Ferragosto incandescente. Non adottate politiche attendiste perché non si risolverebbero a vostro vantaggio. Agite in sincronia con il vostro cuore.

capricorno Ottimi transiti di Mercurio, Venere e Giove. Favoriti i nati nella terza decade. Passate la settimana in compagnia delle persone che più amate.

acquario Molti di voi avvertono la sensazione che nel lavoro è arrivato il momento di cambiare aria. Vacanze all’insegna dello sport e dell’azione.

pesci Tra il 19 e il 20, la Luna si troverà nel vostro segno. Vicinanza alle persone più care. Interesse per le attività sportive. Bipolari i nati nella terza decade.


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La soluzione verrà pubblicata sul numero 35

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata) entro giovedì 18 agosto e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 16 agosto a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna! Orizzontali 1. Presta la propria voce • 10. Il primo dispari • 11. Scansar • 12. Il nome di Fieramosca • 14. Andata in poesia • 15. Villaggi • 16. Procedura burocratica • 17. Il nome della Oxa • 18. Il numero perfetto • 19. Medico • 21. I confini di Locarno • 22. Il mitico re di Egina • 23. Il Calcio del chimico • 24. Le iniziali di Montanelli • 26. Il biscotto del gelataio • 29. Il fiume dei Cosacchi • 31. Un rapace • 32. Giaggiolo • 34. Volo acrobatico • 35. Cupi, scuri • 36. Pari in forca • 37. Fusti vegetali • 39. Teatro greco-romano • 41. Le belve che ridono • 43. Portogallo e Spagna • 44. Capo etiope • 46. Associazione Sportiva • 47. Tegame • 50. Nostro in breve • 51. Uno a Londra • 52. Sarcasmo Verticali 1. Noto film del 1997 di Ivan Reitman con Billy Crystal • 2. Alno • 3. Influente, dominante • 4. Il giorno trascorso • 5. Antenate • 6. Il Ticino sulle targhe • 7. La cura l’otorino • 8. Parti di pagamento • 9. Il tesoro dello stato • 13. Azzardata • 16. Furori • 18. Tre a Losanna • 20. Casuali, fortuiti • 21. Sottraggono illegalmente • 23. Fogne • 25. I frutti dei rovi • 27. Terribili, strazianti • 28. Cantore epico • 30. Linde, terse • 33. Obbrobrio • 38. Incapaci • 40. Il noto Martin • 42. Ella • 45. Consonanti in esiliare • 48. Particella nobiliare • 49. I confini di Arogno

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La soluzione del Concorso apparso il 29 luglio è: PATATINA Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono state sorteggiate:

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Nelly Maghenzani (6962 Viganello) Leana Panscera (6634 Brione Verzasca)

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Alle vincitrici facciamo i nostri complimenti!

Questa settimana ci sono in palio 100.– franchi in contanti!

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