Ticino7

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№ 22 del 27 maggio 2016 · con Teleradio dal 29 mag. al 4 giu.

L’arTe deLLa pieTra

in un settore profondamente cambiato anche le cave si propongono quali luoghi di ricerca e di cultura

Corriere del Ticino · laRegione · Tessiner Zeitung · chf 3.–


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Ticinosette allegato settimanale N° 22 del 27.5.2016

Agorà Territorio. Un piano per il cantone

di

63’212 copie

Chiusura redazionale

Venerdì 20 maggio

Editore

Vitae Marco Toniolo

di

4

alessandro tabacchi .....................

7

Francesca rigotti ......................................................

8

Visioni John Le Carrè- L’arte di tradire

Tiratura controllata

Marco Jeitziner .....................................

Arti Maurizio Cattelan. L’arte di giocare sporco Kronos Lessico. Della grazia

Impressum

di

di

di

giulio carretti ..........................................

roberto roveda; FotograFia di giovanni PiraJno ......................

9

10

Reportage L’arte della pietra

di

giancarlo Fornasier; Foto di siMone Mengani ..........

35

Graphic Novel Baselworld

Keri gonzato e Felicia bürgin ....................................

38

di

Marisa gorza ................................

40

Svaghi ....................................................................................................................

42

Tendenze Accessori. Un bijou ricco di storia

di

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile

Tutti in carrozza...

Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 29 88 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

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In copertina

Cave Giannini a Lodrino Fotografia ©Simone Mengani

Con l’imminente inaugurazione della galleria di base del San Gottardo (Nuova trasversale ferroviaria alpina) sorgono alcuni interrogativi sia sul futuro della storica linea Bellinzona–Airolo sia, in particolare, sull’effettivo trasferimento delle merci dalla gomma ai binari. Su quest’ultimo – forse il più atteso dalla popolazione, non solo ticinese – anche il recente studio elaborato dal Credit Suisse a cui è stato dato ampio risalto non permette di essere troppo ottimisti: “il traffico su strada non sarà sgravato nella misura originariamente auspicata”. Almeno a breve termine, di grosse rivoluzioni sulle strade non ne vedremo: chi per ragioni di lavoro da Locarno, le Tre Valli e Bellinzona si deve spostare in auto verso il Sottoceneri continuerà a trovarsi, per esempio, grossi TIR sulle rampe del Ceneri che procedono a passo d’uomo, così come avviene in Leventina o salendo verso il San Bernardino. Sugli evidenti vantaggi che AlpTransit porterà ai viaggiatori, invece, in pochi dubitano e gli importanti tagli sui tempi di percorrenza verso il centro economico di Zurigo e altre città come Lucerna e Basilea dovrebbero essere sufficientemente attrattivi, in particolare per chi oggi si sposta in auto (leggasi code al Gottardo e lungo l’intera autostrada A2). Ma ne approfitteremo veramente? Come sanno bene i pubblicitari e chi si occupa di marketing, le Sem Genini, abitudini sono una “brutta beUnione Contadini stia”: il turista che negli ultimi Ticinesi Lega, decenni è sceso in Ticino con la TI sua famiglia utilizzando l’auto-

mobile – magari solo di passaggio o per brevi soggiorni – temo, ahimé, continuerà a farlo. Lo farà per comodità e perché, per scoprire il nostro territorio, i mezzi pubblici forse non mancheranno (a costi competitivi?) ma spesso non garantiscono spostamenti capillari ed elastici nell’arco della giornata. Aumenterà il “turismo di giornata” e il pendolarismo quotidiano: anche su questo tutti concordano e ad approfittarne maggiormente saranno Bellinzona, Locarno e Lugano: ma da questi centri poi che si fa? Ci si sposterà con i mezzi pubblici? Oppure in bicicletta, dove e se possibile... Per trent’anni la sfida è stata realizzare la prima grande porzione di AlpTransit, in attesa del Ceneri: da giugno inevitabilmente tutti cercheremo di cogliere i primi segni di un mutamento, tangibile e concreto. Ma per “cambiare il mondo”, si dice, è necessario partire dal basso: che dite, siamo disposti a rivoluzionare abitudini e stili di vita? Buona lettura, Giancarlo Fornasier

L’iniziativa minaccia i posti di lavoro nelle « regioni periferiche e nelle aree alpine. I lavoratori <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2tDAzNgQABMvsLg8AAAA=</wm>

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interessati saranno costretti a spostarsi dai loro domicili, con un conseguente spopolamento di quelle regioni. Per questo, il 5 giugno, dite

www.servicepublic.ch

»

NO

alla dannosa iniziativa «servizio pubblico»


Un piano per il cantone Territorio. Il Ticino vanta un tasso di consumo del suolo tra i più elevati in Svizzera. Ma in un cantone dove le aree pianeggianti e collinari sono già sotto forte pressione, quali le prospettive future per le zone abitate, industriali e agricole? E con quale grado di preparazione e pianificazione ci stiamo presentando all’apertura sotto il Gottardo della Nuova trasversale ferroviaria alpina? di Marco Jeitziner

Il

Agorà 4

territorio svizzero, come quello ticinese, è prezioso non solo perché è “piccolo”, lo è soprattutto perché è sempre meno quello su cui è possibile costruire. Nelle zone di pianura ogni secondo scompaiono 2,2 metri quadri di terreno coltivo, mentre in 24 anni “l’area residenziale da sola è aumentata del 44%, con un ritmo doppio rispetto alla popolazione”1. Quindi, che fare del suolo ancora edificabile? Come usarlo? Sono un po’ le domande di fondo dell’iniziativa “per il paesaggio” lanciata nel 2008, che mirava alla “protezione delle terre coltive, alla separazione tra aree edificabili e non edificabili, allo sviluppo degli insediamenti (…) nelle zone già costruite”2. Il governo federale condivise le preoccupazioni ma propose nel 2010 un contro-progetto tramite la revisione parziale della Legge federale sulla pianificazione del territorio (Lpt). Scopo, “arginare l’espansione disordinata degli insediamenti nel territorio e (…) migliorare la protezione delle superfici coltive”3. Nel marzo del 2013 il 46% dei cittadini – e quasi tutti i cantoni – accolse la proposta governativa a schiacciante maggioranza (63%), segno di una crescente sensibilità nella società rispetto allo sperpero (o alla conservazione) del territorio. Dal maggio 2014 la nuova Lpt è nelle mani dei cantoni i quali, entro il 2019, dovranno adattare i cosiddetti “Piani direttori”. Ma se il Ticino è già un cantone con un “consumo di terreno superiore alla media” nazionale4 e ha subito “trasformazioni molto profonde” nell’utilizzo del suolo5, come intende affrontare la sfida alla luce di rivoluzioni concrete come AlpTransit o più concettuali come la visione di “Città Ticino”? Ne parliamo con due tecnici, l’architetto e docente all’Accademia di architettura di Mendrisio Michele Arnaboldi e Stefano Wagner, ingegnere agronomo e pianificatore6. Il Ticino pianifica e come il suo futuro? MA: Attualmente in Ticino si continua a pianificare con strumenti che si rivelano sempre meno adeguati per rispondere alle continue nuove esigenze. Bisognerebbe trovarne di nuovi e più efficaci che riescano a promuovere la qualità del progetto. Solo attraverso un processo di progetto si può capire quali soluzioni

siano necessarie per risolvere tutte le contraddizioni attuali del nostro territorio. SW: In questo momento vedo una crescente pressione, contraria a un sano principio di sussidiarietà, di imposizione dall’alto per soluzioni a problemi locali (secondo un meccanismo detto “top-down”): dalla Confederazione sul Cantone e da quest’ultimo a cascata sui Comuni. È una grossa difficoltà, non da ultimo anche politico-istituzionale. Se tutti facessero solo quello che devono realmente (legalmente) fare e si immischiassero meno in quello che pensano che debbano fare gli altri, secondo me andrebbe melio. L’autorità cantonale, avendo visibilmente poca fiducia negli attori locali, si occupa sempre più di pianificazione locale, dimenticando che questo non è, per diritti costituzionali, il suo dominio. E mi lasci pure dire: “salendo” nella gerarchia istituzionale non aumenta giocoforza la competenza, ma sicuramente la dimensione degli errori e diminuisce la responsabilità! Quali sono allora le priorità? MA: Sono convinto che la priorità sia la ridefinizione e la ri-

qualifica dello spazio pubblico attraverso la lettura del nostro paesaggio, quale matrice per il disegno della futura urbanizzazione. SW: Faccio un esempio. Se la Città di Lugano volesse, nel contesto di una fermata del nuovo Tram, realizzare un edificio “alto”, diciamo di 45 metri, non vedo cosa abbia da eccepire il cantone nel merito. Sembrerebbe invece che qualcuno debba prima fare il “grande progetto regionale”, cioè il solito studio che non porterà a nessuna decisione in tempi utili. Intanto però non si riesce a procedere con la realizzazione delle infrastrutture promesse ormai da decenni, quello che sicuramente sarebbe oggi il compito prioritario del Cantone. Cosa differenzia la cultura della pianificazione ticinese da quella svizzera tedesca e francese? MA: Le città della Svizzera tedesca e francese nei recenti importanti sviluppi hanno avuto sicuri riferimenti di cultura urbanistica e paesaggistica presente da più decenni. In Ticino non


Airolo e l’Alta Leventina visti dalla pendici del San Gottardo (da wikimedia.org)

abbiamo ancora questa cultura perché siamo passati da un territorio prevalentemente agricolo a un territorio costruito di città diffusa, priva di concetti di urbanismo e di paesaggio. SW: Non mi piace quando si usano termini come “cultura della pianificazione” senza spiegarmi cosa esattamente sarebbe, cosa caratterizzerebbe (come sottintende evidentemente la domanda) gli altri in positivo. Da noi è comunque evidente soprattutto un’incapacità di agire, di ragionare e di impostare i discorsi in termini interdisciplinari. Su certi temi, per esempi,o io ritengo prioritario lavorare con un ecologo, un agronomo e un forestale, piuttosto che solo con un architetto. È forse vero, come sostengono gli architetti, che il Ticino non ha una cultura urbana, ma la domanda chiave è perché e se debba giocoforza averla. La maggior parte del territorio di questo cantone non è una città e forse è anche meglio che nemmeno lo diventi! Veniamo ad AlpTransit. Il Ticino è pronto per i cambiamenti che porterà? MA: Non credo che il Ticino sia pronto in modo sufficiente ai cambiamenti che AlpTransit porterà. Purtroppo non si è ritenuto necessario cercare di proporre modelli di sviluppo possibile, non

solo dal lato urbanistico ma anche dal lato economico. Mi sembra che il Ticino sia semplicemente sulla porta di un cambiamento epocale senza avere in mano chiari strumenti di sviluppo territoriale. È necessario porre maggiore attenzione sulla necessità di sviluppare progetti urbanistici e di paesaggio innovativi. SW: La prima esperienza negativa il Ticino l’ha già fatta con il cosiddetto “cantiere del secolo”. A Pollegio agli operai non interessava un gran che integrarsi, si tenevano i soldi per portarli a casa: sono stati affittati, nonostante gli sforzi del Comune, solo pochi appartamenti, perché si prediligeva stare in un container e spendere poco. Non penso nemmeno che avremo una situazione come l’ha avuta il Vallese, dove il Lötschberg ha portato a reali impatti socio-economici, possibili a partire da una nuova dimensione di pendolarismo tra il Vallese e Berna. In Ticino AlpTransit, se tutto va bene, ci porta ancora a essere ad almeno due ore dai centri verso nord, e in più c’è un’evidente barriera culturale. Per capirci: in Vallese la gente è andata ad abitare a Visp e a Sion perché restava vicino a Berna, ma non si andrà ad abitare a Bellinzona perché più vicina a Zurigo, ma perché gli affitti sono inferiori rispetto a Lugano. L’effetto sarà quindi notevolmente diverso.

Ma allora quali sono i cambiamenti e gli sviluppi attesi oppure auspicati? MA: Sicuramente con AlpTransit, ma soprattutto con la rete TILO, potremmo usufruire di un trasporto pubblico di qualità che cambierà le nostre abitudini di mobilità all’interno del Cantone ma anche con Zurigo e Milano. Credo che si apriranno nuove opportunità di sviluppo di lavoro per il Ticino, ma per facilitare l’accesso a queste opportunità sarà necessario definire nuovi concetti di sviluppo territoriale. SW: Mi spiace dirlo, ma sono preoccupato in questo momento per gli impatti negativi. È stato importante il salto culturale portato dal sistema transfrontaliero TILO, includendoci nel sistema di trasporto urbano con Milano, con la Lombardia, ma che è ora minato dalla mancanza del collegamento merci con i centri intermodali lombardi, che si svolgerà ancora per decenni lungo la linea storica ottocentesca che attraversa gli abitati del Sottoceneri e del Gambarogno. Finché funziona, l’aeroporto di Lugano-Agno già garantisce ottimi collegamenti e anche con AlpTransit ci metterò sempre cinque ore per Ginevra. Ma poi, chi l’ha detto che è Zurigo la destinazione o Basilea? E i turisti (...)

Agorà 5


“L’attuale politica di sviluppo territoriale, improntata su una limitazione dello sviluppo edificatorio, spingerà paradossalmente ancora una volta verso la periferia gli abitanti, laddove le riserve sono ancora disponibili. Un cittadino medio farà sempre più fatica ad abitare a Lugano per una questione economica e andrà così ad abitare sugli assi del trasporto pubblico, apparentemente comodi” (Stefano Wagner)

non verranno certo perché ci mettono meno tempo: lì direi che per quel settore il problema resta di tutt’altra natura. È verso sud che c’è oggi un vero e proprio “missing link europeo” non solo di trasporto pubblico. Torno al problema principale: perché le sei corsie autostradali non sono ancora realizzate? Dov’è l’AlpTransit Lugano-Milano? Forse dovevamo occuparci di quello negli scorsi decenni, piuttosto che disegnare una “nuova città” sul piano di Magadino!

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Prevede altri problemi? SW: La mancanza di un corridoio merci per i 220 treni che attraverseranno tutti i giorni la stazione di Lugano, Melide, Mendrisio e Chiasso: non vorrei che la risposta siano dei ripari fonici come quelli di Bissone, perché se c’è una mancanza di cultura urbanistica è proprio quella, cioè la negazione di una maniera intelligente di affrontare il problema, “cerottando” le ricadute negative. Nel caso specifico, mi sembra che la medicina abbia causato effetti peggiori della malattia. Arnaboldi però parla di un trasporto pubblico di qualità come un’opportunità di cambiamento. Non è d’accordo? SW: Il trasporto pubblico non è “buono” per definizione: di fatto, induce una mobilità che copre in generale i suoi costi solo al 20%. Dal punto di vista macro-economico un disastro, perché stiamo sempre e solo continuando a sussidiare la mobilità. Il successo del TILO non porterà la gente dalle strade intasate al treno. Il TILO col tunnel di base del Ceneri comporterà una forte spinta “centripeta”: il Locarnese sarà a venti minuti da Lugano, farò il pendolare con il TILO, ma la definizione ormai ideologizzata che questa mobilità pubblica vada bene e quella privata sia dannosa, mi permetto di non condividerla. Alla fine resta soltanto una maggiore mobilità, con i suoi costi non coperti. Restiamo su Lugano. Con AlpTransit si riposiziona, su quali temi si focalizza? MA: Con AlpTransit e il completamento della rete regionale TILO, il territorio del Cantone diventerà a tutti gli effetti una città, la Città Ticino. Per questa ragione tutti i centri strategici cantonali, Biasca, Bellinzona, Locarno, Lugano, MendrisioChiasso, faranno parte di un’unica città composta da quartieri con vocazioni e valori paesaggistici differenti, complementari fra di loro. Solo un Ticino unito potrà garantire uno sviluppo armonioso del nostro territorio. Pertanto Lugano diventerà una parte importante del Cantone con le sue peculiarità.

SW: L’impatto di AlpTransit saranno i citati treni merci e, come diciamo in termini tecnici, a una forte “gentrificazione”. L’attuale politica di sviluppo territoriale, improntata su una limitazione dello sviluppo edificatorio, spingerà paradossalmente ancora una volta verso la periferia gli abitanti, laddove le riserve sono ancora disponibili. Un cittadino medio farà sempre più fatica ad abitare a Lugano per una questione economica e andrà così ad abitare sugli assi del trasporto pubblico, apparentemente comodi. I luganesi abiteranno domani a Tenero-Contra, ad Arbedo-Castione, perché il TILO li porta a Lugano in venti minuti. Ma alla fine intaseranno ancora di più le strade, la sera o il weekend quando si fa la spesa, perché abiteranno comunque in una posizione sbagliata. Tenero o Arbedo avranno sì delle opportunità per costruire palazzine come si è fatto venti anni fa a Molino Nuovo. Bello, giusto o sbagliato che sia, io qualche dubbio su questo sviluppo mi permetterei di averlo.

A una “Città Ticino”, una città diffusa con dei centri, lei non ci crede? SW: L’idea guida su cui stiamo lavorando per il Luganese è molto diversa, cioè quella di “città-agglomerato”; ma questa non nasce da un progetto architettonico o urbanistico come la Città-Ticino di Aurelio Galfetti, ma bensì da una visione prima di tutto politico-istituzionale, che per me è la base di una cultura del territorio. La “città-agglomerato” non implica però che tutto il territorio debba essere trasformato in città, proprio perché è un agglomerato nel quale ci deve essere uno spazio verde gestito ancora con moderne logiche rurali. In Val Colla non voglio urbanità, vorrei che vi continuino a operare dei contadini: questa mi sembra fosse anche l’aggregazione voluta da Giorgio Giudici. Abbiamo delle componenti in questa visione che non sono esplicitate per – confermo – mancanza di cultura urbana, ma che tutto il Ticino diventi una città è terribile solo pensarlo. Anzi, se posso dire, è semmai questa la vera mancanza di cultura. note 1 Ufficio federale di statistica (9.3.2015). 2 Da iniziativa-paesaggio.ch 3 admin.ch/opc/it/federal-gazette/2010/931.pdf 4 Dalla mozione “Misure urgenti per contenere l’irrazionale e galoppante edificazione dei terreni” (30.5.2005). 5 Vedi nota 1. 6 Wagner è coinvolto nel “Nuovo Quartiere di Cornaredo”, nella pianificazione del Pian Scairolo, nella Commissione regionale dei trasporti del Luganese.


L’arte di giocare sporco Personaggio controverso e assai dibattuto, Maurizio Cattelan appare un abilissimo provocatore e un astuto organizzatore di eventi. Di certo le idee non gli mancano: una forma di libertà mentale per molti versi invidiabile di Alessandro Tabacchi

È notizia di pochi giorni fa: un’opera di Maurizio Cattelan è stata venduta al prezzo record di 17 milioni e 189 mila dollari. Si tratta di Him, una piccola statua iperrealista raffigurante Adolf Hitler inginocchiato in preghiera, stretto in abiti da impiegato anni trenta e con un corpo da bambino: per alcuni è disgustosa, per altri coraggiosa, per molti semplicemente offensiva, o assurda. Dopo il battage pubblicitario scatenato dal “dito medio” di marmo, innalzato a bella vista della finanza internazionale (di fronte alla Borsa di Milano) il nome del provocatore padovano-newyorkese è tornato a riempire le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Portandosi dietro le solite domande sulla sua arte (o non-arte, a detta di molti).

valore, non questa o quella reazione. Curiosamente queste opere, fra le più analizzate, osteggiate, venerate e criticate della storia dell’arte contemporanea, sono assolutamente chiuse in un’assoluta neutralità ideologica, che si stenta a percepire sotto l’apparenza di scandalo che producono a prima vista. Nel gorgo della provocazione ogni soggetto è valido: da Hitler che prega in un campo di concentramento, a una donna crocifissa in una chiesa, a dei bambini impiccati al ramo di un albero in centro a Milano, a un cavallo conficcato con la testa nel muro di una galleria.

Invito (senza mostra) Lo scandalo che queste opere producono non è tanto dovuto al soggetto rappresentato (abnorme o disgustoso che sia) quanto al fatto che queste mostruosità danno l’impresDire o non dire sione di essere state scelte a caso, Maurizio Cattelan, padovano, classe e di essere intercambiabili con un 1960, è uno dei più indefinibili, qualsiasi altro soggetto, purché insfuggenti, e alla fin dei conti indecisolito, raccapricciante o ridicolo. Ci frabili, artisti della sua generazione. sconvolgono, ma non ci parlano. Un maestro della manipolazione Semplicemente stanno. Cattelan, delle immagini, un organizzatore di Immagine tratta da ildiavolocompramaver.wordpress.com con il cinismo del giocatore d’azeventi degno della stagione d’oro del zardo, si prende gioco di noi, di se primo dadaismo, un architetto della provocazione, che a volte lambisce i confini della Grande stesso, dell’universo dei media senza far capire che la sua è Arte, a volte si crogiola in una retorica dello sconvolgente, o solamente una finzione. A volte la sua fantasia sfrenata ha dell’insolito, che suscita più di un dubbio sulla sua effettiva raggiunto esiti surreali, come quando organizzò una mostra efficacia. Cattelan ha capito benissimo che nell’era postmo- d’arte fittizia ai Caraibi la cui unica prova d’esistenza era derna dell’incertezza culturale e della globalizzazione del data dagli inviti spediti. Nel suo incedere senza intoppi banale, l’unica via per mantenere lo status di demiurgo – verso la distruzione della sacralità dell’arte, a un’analisi affibbiato dal novecento all’artista controcorrente, un po’ più profonda Cattelan appare sinceramente idealista, quasi eroe, un po’ sex symbol, un po’ mistificatore – consiste nel platonico. Il suo disinteresse per qualsiasi “fare” artistico plasmare, irridere e confondere i meccanismi di fruizione (le sue opere sono sempre progetti lasciati all’esecuzione di delle immagini, e del loro senso, presso il grande pubblico. altri) e il suo essere un brillante organizzatore di eventi, dei La sua prassi è nota. Dire e non dire. Celebrare e al contem- quali le opere prodotte sono solo l’ultima manifestazione, po sbeffeggiare. Mischiare le carte come un baro. Creare fanno di Cattelan un devoto cultore del mondo delle idee, orrore attraverso una risata, oppure far scaturire l’allegria di quell’iperuranio in cui le forme vivono nella loro essenza, dall’orrore. Fingere di criticare quando invece non si ha po- e poco importa se prendano o meno vita nella realtà. sizione critica alcuna su quel che si rappresenta. Si pensi alla Solo se affrontata da questa prospettiva l’arte di Maurizio scultura La Nona Ora, ovvero Giovanni Paolo II abbattuto Cattelan apparirà come un’affermazione di libertà intelda un meteorite, che fece tanto scandalo nel 1999: un’opera lettuale assoluta. Una libertà figlia di una fuga dal reale, nata col solo fine di catturare le reazioni del pubblico. Disap- nascosta sotto le apparenze di una sua mitizzazione. Ovvero, punto o sghignazzi, poco conta. Nel cinismo documentale e mi viene in mente Giorgio Gaber, una libertà che non è di Cattelan, tutto va bene: sono le reazioni in sé ad avere partecipazione.

Arti 7


Della grazia

La parola “grazia” offre una sconcertante varietà di significati. Ma cosa accomuna tutti questi sensi così diversi della medesima parola? Forse proprio la sua natura sociale e collettiva fondata sullo scambio del piacere e sulla reciprocità di Francesca Rigotti

Le persone religiose parlano di grazia di Dio e rendono

Kronos 8

portarmi gioia, io ti ringrazierò (se non sarò ingrata). Rengrazie ai pasti, sperando di rimanere in uno stato di grazia. dere grazie, o semplicemente dire grazie, ringraziare, è un Il linguaggio secolare trova graziose e aggraziate ballerine e gesto di risposta che esprime sentimenti di riconoscenza gazzelle. Le tre Grazie sono antiche divinità che conoscia- per un piacere o favore ricevuto. La grazia tiene insieme le mo dai dipinti rinascimentali, i cui scopi e funzioni sono persone attraverso l’esperienza del piacere e dello scambio sorprendenti. In ogni caso sono decorative, mentre meno di piacere. decorativi sono duchi e arcivescovi, La Grazia cristiana interpellati in inglese come “Vostra Le tre Grazie non danzano sempliceGrazia” mentre al sovrano ci si rivolge mente insieme: graziosamente danappellandolo “Vostra Graziosa Maestà”. zando si passano doni, gratuitamente, Cerchiamo di rimanere nelle grazie gratis, in cambio di nulla se non di dei nostri superiori o, se necessario, una parola di ringraziamento. Il vero di ingraziarceli. Abbiamo poi crudeltà dono, lo sappiamo tutti, è gratuito, gratuite, gratificazioni soddisfacenti non richiede pagamento né un altro nonché vive congratulazioni; e persone dono equivalente: soltanto un poco di grate e ingrate, forse perché disgraziate, gratitudine. Nemmeno il regalarsi doni forse perché non hanno ottenuto la e favori basta però per comprendere il grazia, cioè il condono della pena. La senso (antico e forse anche moderno) di preghiera cristiana invoca la Vergine grazia in tutte le sue valenze estetiche, Maria con l’appellativo “piena di grasociali e teologiche. Insomma, la “forzia”, la parola chiave dell’annuncio mula” della grazia, volendo inventarne dell’angelo, ma che cosa significa? E una, presenta parecchie componenti: alla fine, potremmo legittimamente grazia = piacere + dono + bellezza + chiederci, che cosa accomuna tutti movimento + splendore. questi significati così diversi di grazia? “Le tre Grazie”, particolare dalla Primavera (1477–1482) di Sandro Splendore, sì, certo, lo splendore che sta Botticelli, Galleria degli Uffizi, Firenze nel nome di una delle Grazie (Aglaia, la Grazia, nobiltà e splendore La parola greca antica che traduciamo con grazia è charis splendente). Le tre Grazie si muovono in una danza circolare, (da cui derivano carisma ed eucaristia, come pure carità). scambiandosi doni che danno piacere. Questa è l’immagine La riconosciamo nel moderno efharistò (“grazie”), una delle delle Grazie della pittura ellenistica e romana, copiata dagli parole più note della lingua greca. Ora, anche charis si trova artisti del Rinascimento: tre figure femminili che si muovoin una varietà impressionante di contesti, soprattutto in no in cerchio con le braccia intrecciate e doni nelle mani. letteratura, dove è presente nello splendore delle giovani Fanciulle vergini, perché pure e non corrotte dal dono. donne o nella gloria che i soldati valorosi in battaglia Non stupisce che tutti questi significati, confluendo nel conferivano al loro comandante; charis era un marchio di cristianesimo, abbiano dato luogo a una grazia che è la benenobiltà e di splendore e coronava il momento della gloria volenza manifestata gratuitamente da Dio verso la creatura suprema nella vittoria olimpica, ricordiamocene questa umana; come un sovrano che fa dei doni a un suddito non estate. Insomma la charis/grazia compariva nei momenti perché vi sia tenuto ma perché gli fa piacere. In san Paolo elevati della vita dell’antica Grecia, momenti che davano e sant’Agostino, i due massimi teorici della grazia cristiana, cui si ispirerà Lutero, la grazia diventa la salvezza donata piacere. Sia il dono sia il piacere concorrono alla formazione di da Dio agli uomini – senza che essi abbiano fatto nulla per quel concetto di grazia il cui senso si protrae fino ai nostri meritarla – tramite il dono, libero e amorevole, del proprio giorni. La grazia è piacere e gioia, anzi, meglio, qualcosa figlio. Agostino in particolare coniuga la grazia, che discende che porta gioia e piacere, una sorta di forza attiva che da Dio, con la carità che viene dall’uomo e lo fa ascendere: produce letizia. Non si tratta però di un piacere solitario e e noi ora sappiamo che in entrambi i casi, grazia e carità, si individuale in quanto la grazia è un piacere sociale, mutuo, tratta di doni, belli e splendenti, in movimento, che recano reciproco. Se tu mi fai un piacere, cioè agisci in modo da piacere.


Visioni L’arte di tradire di Giulio Carretti Uscito nelle sale all’inizio di maggio, Il traditore tipo è l’ennesima trasposizione cinematografica tratta da un romanzo dello scrittore britannico John Le Carrè, uno dei maggiori autori di spies stories ed egli stesso ex agente segreto nelle file dell’MI6 durante gli anni sessanta. La sua produzione letteraria è stata letteralmente presa d’assalto dal cinema e dalla televisione con esiti altalenanti e con il vertice rappresentato dalla serie televisiva diretta negli anni settanta da John Irvin e ispirata fedelmente a quello che è certamente il capolavoro di Le Carrè, La talpa (Tinker, Taylor, Soldier, Spy, 1974). Anche in quest’ultimo film, come spesso accade nei suoi racconti, la vicenda pone al centro un tradimento anche se stavolta a tradire non è un pezzo grosso di qualche servizio segreto ma un esponente della temibile mafia russa dei vory, interpretato egregiamente da Stellan Skarsgård. Dima, questo è il suo nome, all’interno dell’organizzazione criminale svolge il ruolo di principale riciclatore del denaro sporco che proviene dalle diverse attività

illecite. Ma ai vertici dell’organizzazione egli appare ormai come un personaggio scomodo, legato a una concezione superata del crimine, un uomo da eliminare. Temendo per sé e per la sua famiglia, Dima prende contatto con una giovane coppia di turisti inglesi in vacanza a Marrakech, l’idealista e sprovveduto professore di letteratura Perry Makepeace (interpretato da Ewan McGregor) e sua moglie, la bella avvocatessa Gail Perkins (Naomie Harris). La vicenda, per certi versi, richiama quella del wendersiano, L’amico americano, tratto da un romanzo di Patricia Highsmith, in cui un uomo qualunque si trova di colpo proiettato in un mondo in cui dietro a qualsiasi scelta può celarsi un pericolo mortale. Nonostante la buona interpretazione di Damien Lewis, nei panni dell’agente Hector che cercherà in tutti i modi di trarre in salvo Dima e i suoi, la disposizione di mezzi e location, la fotografia curata, il film non esalta e al contempo non delude del tutto, restando confinato in una mediocrità comune oggi a molte pellicole.

Il traditore tipo di Susanna White Gran Bretagna, 2016

Infilzati e appagati! Nuovo

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www.bell.ch


S

ono nato nel 1972 a Monza e ricordo che da bambino volevo fare il calciatore. Poi la mia grande passione è stata la musica, suonavo la chitarra elettrica e ho fatto parte di diversi gruppi. Come scuole, dopo quelle obbligatorie, ho frequentato il liceo classico e mi sono poi laureato in economia e commercio all’università Bocconi di Milano nel 1996. Tre settimane dopo la laurea mi sono trasferito all’estero, a Monaco di Baviera, e sono entrato in una società di consulenza/revisione contabile. Quando ho cominciato a lavorare la mia passione per la musica è stata progressivamente sostituita da altri interessi come la montagna. Ho scoperto la mountain bike e, in inverno, lo snowboard. Intanto, avevo cominciato a lavorare, sempre a Monaco, per la Constantin Film, la più grande casa di produzione cinematografica tedesca. È l’azienda che ha prodotto Il nome della rosa e La storia infinita e lì mi occupavo di finanza perché era una società quotata in Borsa. Il lavoro mi piaceva, però la montagna, lo stare all’aria aperta mi attiravano sempre di più. Appena vedevo della neve fresca mi veniva voglia di sciare con lo snowboard e se c’era bel tempo volevo saltare in sella alla mia mountain bike. Mi ero anche appassionato alla fotografia, forse perché lavorando in una casa di produzione legata al cinema mi recavo spesso sui set e vedevo come venivano girate le scene. All’epoca realizzavo foto legate allo snowboard e allo sci e non solo alla mountain bike, come faccio ora. Avevo già alcuni clienti, come alberghi o catene di alberghi, per cui producevo cataloghi. Così, nel 2002, ho deciso di compiere il grande salto, mi sono licenziato e mi sono messo in proprio come fotografo. Avevo trent’anni e mi sono detto: “O provo adesso o mai più”. Quindi mi sono dedicato totalmente al mondo delle fotografia e ho fondato la rivista online “MTB Mag”. Fare il fotografo mi ha portato a viaggiare molto in tutto il mondo, in Sudamerica, in Asia sull’Himalaya, a fare servizi in luoghi spettacolari con tanti rider professionisti. La mia passione si è quindi trasformata in un lavoro a tutti gli effetti che mi ha permesso di guadagnare. Anche mia moglie l’ho conosciuta in mountain bike durante uno di questi viaggi!

Un altro momento importante è stato quando ho sviluppato il mio sito dedicato alla mountain bike (mtb-mag.com), che è diventato rapidamente il più grande sito in lingua italiana dedicato all’argomento. Sull’onda del successo ho creato anche un sito dedicato alle bici da strada (bdc-mag.com). Internet mi ha conquistato perché lascia molto spazio alla creatività, è un grande foglio bianco senza i limiti della rivista cartacea. Inoltre, consente di lavorare da casa, senza dover per forza prendere aerei e stare sempre in giro. Col tempo, infatti, il lavoro di mantenimento e di sviluppo dei due siti, che sono diventati sempre più articolati e ricchi, ha preso a occuparmi più tempo e ho smesso di viaggiare, anche se non ho abbandonato la fotografia. Un altro grande cambiamento è avvenuto nel 2010: con mia moglie e i miei tre figli ho lasciato la Germania per trasferirci a Lugano. Mia moglie è svedese, io italiano e volevamo che i nostri figli crescessero dove si parla una lingua che almeno per uno di noi è la lingua madre. Alla fine la scelta è caduta sul Ticino. Oggi i siti sono la mia attività a tempo pieno, abbiamo anche un’edizione in inglese e una in spagnolo e una persona che lavora a Santa Cruz in California, una a Barcellona, una in Italia, oltre a Lugano dove a lavorare siamo in due. Per i contenuti dei siti, infatti, abbiamo bisogno di persone presenti sul territorio così da seguire da vicino le realtà e gli eventi locali. La pubblicità ci consente di andare avanti anche perché abbiamo più di 20 milioni di pagine lette ogni mese. Per il futuro stiamo investendo all’estero, partendo dalle persone che creano contenuti in Sudamerica e Stati Uniti, che sono sempre di più. Vogliamo rafforzare la nostra presenza in lingua inglese e in quella spagnola in modo da accedere a una platea enorme. Ho però conservato le mie passioni e vado in bicicletta tutti i giorni anche perché il Ticino è il luogo ideale per testare i nuovi materiali, cosa che mi capita di fare spesso per il sito. La rete di sentieri è fenomenale, esco di casa e in pochi minuti sono immerso nella natura, proprio come piace a me.

MArCO TOnIOLO

Vitae 10

Una laurea in economia e commercio e il lavoro nel mondo della contabilità e della finanza. Poi la scoperta della fotografia e l’amore per lo sport e la montagna. Oggi gestisce il più noto sito in italiano dedicato al mondo della mountain bike

testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Giovanni Pirajno


L’arte deLLa pietra di Giancarlo Fornasier; fotografie ©Simone Mengani

Settore che ha pesantemente risentito della concorrenza straniera, della globalizzazione e del franco forte, l’estrazione della pietra naturale nel nostro cantone cerca di reinventarsi. Tra tecnologie innovative, prodotti originali, nuovi mercati, un occhio attento alla qualità e proposte culturali sorprendenti


L’

estrazione della pietra naturale ha profonde radici nella storia economica e sociale del nostro cantone; lo ricordavano oltre un secolo fa Giulio Barni e Guglielmo Canevascini nel classico L’industria del granito e lo sviluppo economico del Cantone Ticino (1913). Da allora le cose sono naturalmente molto cambiate, in positivo (si pensi alla sicurezza di chi lavora nelle cave) ma anche in negativo vista la continua erosione di posti di lavoro, la concorrenza estera e quella di altri materiali. Con una certezza, “lo gneiss che estraiamo è unico e molto apprezzato, in particolare per la sua compattezza e brillantezza”. Lo conferma Flavio Giannini, a capo di una delle aziende leader nel cantone. “Da sempre il nostro materiale, noto per la sua bellezza e resistenza, è ottimo per il rivestimento di facciate e le pavimentazioni: mi riferisco in particolare agli attacchi atmosferici ma anche allo stress meccanico... Pensate ai ponti della ferrovia, costruzioni che hanno oltre 130 anni ma che sono rimasti quasi intatti, malgrado le enormi pressioni in gioco e le condizioni climatiche-ambientali a volte molto proibitive”. Qualità della pietra ma anche di tutto il settore: “noi come altri puntiamo su qualità, puntualità e serietà, oltre che sulla velocità di esecuzione: in questo senso il fatto di essere un’azienda che produce in Svizzera permette di posizionarsi positivamente sui mercati mondiali”. Inoltre, oggi con la pietra naturale si può fare di tutto, sottolinea Giannini, “l’importante è investire in nuove idee e tecnologie, anche di lavorazione, e cercare nicchie e mercati nei quali lo gneiss non è ancora impiegato e sfruttato”. Ma le cave che sono spesso considerate delle ferite nella montagna... Flavio Giannini non ci sta: “La nostra azienda ha ottenuto marchi come l’ISO 14001, il che significa che garantiamo il massimo rispetto dell’ambiente, per esempio, nelle fasi di estrazione e di sfruttamento della cava. Con i suoi 120 metri di altezza, consideriamo la nostra parete una vera scultura nella montagna e in questo senso cerchiamo di operare tutti i giorni...”. Un’enorme scultura a cielo aperto che il prossimo 9 luglio diventerà arte, musica e spettacolo con la messa in scena, grazie al Lions Club Alto Ticino, della Turandot di Giacomo Puccini. Un appuntamento da non perdere.

in queste pagine Le fotografie sono state scattate presso le cave Giannini Graniti SA di Lodrino, tra le maggiori aziende del cantone impegnate nel settore dell’estrazione e nella lavorazione della pietra naturale. Fondata nel 1961 da Bruno Giannini, oggi l’azienda è diretta dal figlio Flavio ed estrae annualmente circa 50mila m3 di materiale (di cui 20mila lavorato) destinato sia al mercato interno svizzero (la maggior parte) sia ai paesi asiatici e africani. Negli ultimi anni l’azienda ha differenziato la sua produzione, proponendo non solo materiale per l’edilizia privata e civile, ma anche oggetti artistici, di design e per il mondo della gastronomia. Per informazioni: giannini-graniti.ch


Simone Mengani Nato a Perugia, classe 1978, si trasferisce all’età di cinque anni a Vacallo, dove inizia a coltivare la passione per il territorio. Dopo gli studi liceali si iscrive all’Accademia di Architettura di Mendrisio, dove si diploma nel 2004. Dopo alcune esperienze di lavoro, nel 2006 inizia l’attività come fotografo indipendente, prediligendo la fotografia di architettura. Collabora con diverse riviste e settimanali, operando anche nell’ambito della fotografia panoramica. fotomengani.ch



The World Watch and Jewellery Show

Baselworld, 23-30 marzo 2 2016,

Tic, tac, tic, tac, tic... Mentre il tempo passa, i soldi del mondo colano in un'imbuto d'oro. Cola, si dissolve il secondo, il minuto, l'ora. Scende come polvere silenziosa, felpata e soave. Nel passo spedito e compito degli uomini grigi si scandisce il tempo, tic, tac, tic, tac... È grigio, un grigio di ogni colore, antracite, quarzo, topo e marmo. In completo, sfilano uomini e donne di ogni paese ma di un solo mondo: quello della schiuma, la crema, la superficie glassata. Eleganti, pacati, a strette di mano e protocolli firmano carte, sotto gli occhi impassibili di mille quadranti d'orologio. Il mondo in una stanza, la stanza di un mondo. Il tutto è niente, il niente è tutto. Tic, tac, passi e lancette. In vetrina, sfilano, grigi e sofisticati... Girano tra di loro come danzano i meccanismi dell'orologio. Nel mentre, scendono, nella clessidra ad imbuto, secondi dorati. E la vita continua. Là fuori, da qualche parte, è primavera.


Un bijou ricco di storia

Tendenze p. 40 – 41 | di Marisa Gorza

Il gusto di adornarsi e di decorare il corpo è certo nato con l’umanità. E se il ruolo dell’ornamento, in qualsiasi materiale, è sempre stato quello di abbellire e nobilitare chi lo sfoggia, esso è pure un riflesso dell’epoca in cui via, via è stato creato e indossato. Un recente libro e una mostra da poco conclusasi a Milano ne mostrano il grande concentrato di stile, fantasia e arte costruttiva I gioielli veri, quelli forgiati con pietre e metalli preziosi (quanto è ancestrale la loro scoperta?), si sono di continuo intersecati con i bijou così detti “falsi”. Tuttavia, se un tempo la bigiotteria era una mera imitazione della gioielleria “vera”, oggi la posizione si capovolge: tant’è che gingilli fantasiosi possono spesso ispirare costosi esemplari aurei. “Il gioiello in materiali preziosi è il risultato di una ponderata progettazione, mentre il prototipo del bijou è di solito ideato con un veloce disegno e realizzato assemblando i componenti in base alla loro reperibilità. Il basso costo della materia prima permette grande libertà di sperimentazione. Con un apporto di ironia e trasgressione...” conferma Bianca Cappello, docente, storica e critica del gioiello, tra l’altro autrice di un gustoso e recente testo di ricerca, Storia della bigiotteria italiana (ed. Skira, 2016). Volume essenziale per conoscere un affascinante comparto del “made in Italy” e non solo.

Tradizione e inventiva La nostra scrittrice, contattata nel corso dell’incontro stampa dedicato al libro, tiene a sottolineare che la speciale identità del monile italiano è senz’altro dovuta alla capacità tutta nostrana di trarre profitto dalle risorse offerte dal territorio. Dall’Unità d’Italia (1861) fino ai nostri giorni, la bigiotteria fonde moda, artigianato, tradizione, inventiva e design. Soprattutto racconta le abitudini e i costumi di un popolo che si è sempre adoperato a plasmare la creatività sotto l’egida del bello. Il viaggio tra le meraviglie, promesso dall’esperta, parte quindi dall’ottocento, quando la neonata nazione rafforza la diffusione della lingua e della cultura comuni. La moda viene influenzata da questo fervore, sostenuta pure dalla regina Margherita, mentre l’innovativa energia elettrica è usata per fabbricare beni modellati sulle nuove esigenze. La bigiotteria è tra questi e si allinea ai nascenti principi di democrazia per divulgare copie di vari gioielli, decisamente meno costose. L’ultimo ventennio del XIX secolo testimonia la produzione a Casalmaggiore di monili basati sulla lavorazione del placcato oro, decorati poi con perle di vetro veneziane... al posto di diamanti. All’inizio del novecento il gusto rimane pressoché fedele ai prototipi dell’oreficeria inglese e francese. Tuttavia un forte richiamo ai fasti rinascimentali sarà il fil rouge per lo sviluppo di un verace stile italico.


Modelli di successo si ispirano all’oreficeria popolare regionale. Richiamano la tradizione ligure le spille da balia, i ciondoli, gli spilloni per i capelli e i bracciali in filigrana di metallo vile in cui vengono incastonati cabochon simulanti il corallo. All’arte fiorentina si ispirano invece le spille in micro mosaico, mentre al folclore maschile siciliano fanno riferimento le medaglie raffiguranti San Giorgio e il Drago. Durante la Belle Epoque le signore amano le spille a cammeo, splendide in vetro murino e molto particolari quelle scolpite in pietra lavica, tipiche della Campania e della Sicilia. Sono di moda pure le lunghissime collane chiamate sautoir, terminanti con nappine in conterie veneziane. Un secolo “breve”, ma... Il XX secolo ha in serbo molte sorprese e l’autrice ci conduce per mano attraverso i vari movimenti artistici che regalano dignità agli oggetti fatti con sostanze non di pregio: dal Liberty all’Art Dèco, dal Cubismo al Futurismo. Soprattutto quest’ultimo si propone di creare un genere alla

portata di tutte le borse, realizzato con materie prime davvero povere come carta, stagnola, gomma, canapa... miscelate tra loro. Il veloce mondo moderno, viene celebrato con spille a forma d’aeroplano in lastra metallica smaltata. Poi con la nascita dell’alta moda la bigiotteria diventa un must, basti ricordare le catene dorate e i chilometri di fili di perle finte di Coco

Chanel, i collari di plastica trasparente che imprigionano insetti policromi di Elsa Schiaparelli. A metà del “secolo breve”, dopo anni di fattrici prosperose, inneggiate dal fascismo in reazione all’efebica “donna crisi”, imperversa una femminilità sexy ed esplosiva. In questi anni piacciono i monili allegri e colorati e le riviste di moda non mancano di sottolineare quanto un gingillo valorizzi l’abito. L’America, dopo aver investito sull’industria tessile tricolore, comincia a credere anche nei nostri bijou fantasia. Oltreoceano chiamati costume jewelry, molto amati dalle star hollywoodiane. “La fortuna della bigiotteria americana dell’epoca ha una matrice europea e soprattutto italiana”- ci tiene a precisare Bianca Cappello. Negli anni sessanta il prêt-à-porter si rinforza e se per gli abiti trionfano le stampe multicolor di Emilio Pucci e Ken Scott, le classiche collane di perle(rigorosamente false) si svecchiano con dimensioni esagerate e irriverenti. È pure il periodo in cui l’arte indaga la plasticità scultorea dei metalli con un chiaro riflesso sui monili, ora trattati con sabbiature e la satinature. Grovigli di collane e orecchini a cerchio, nel mood delle lunghe sottane gipsy, caratterizzano gli anni settanta e la transizione verso gli ottanta celebra un rapporto tutto nuovo fra moda e industria. La meticolosa cura del dettaglio di abiti e corollari fa nascere quella che Bianca chiama “la nuova Atene” dove una rosa di stilisti (Valentino, Lancetti, Versace, Biagiotti, Misso-

ni, Coveri, Armani) collabora con i creatori di bijoux. Intanto si consolida la customizzazione dei prodotti in cui il design/stilista crea monili coordinati al suo proprio stile. Il trend conferma il maxi bijou in vistosi materiali plastici, finché con l’ultimo decennio e l’avvento del morigerato minimalismo tutto si fa più sobrio. Ciò non impedisce un mix di tendenze multiculturali: street style, rock, vintage. Nel passaggio al nuovo millennio si definisce una creatività molto elastica e sfaccettata. Difatti l’ultima illustrazione del testo mostra un incantevole collier di Maria Pia Rossi per il produttore Unger (2009) fatto di conterie, fiori di tessuto, cristalli, perle di plastica e filo metallico...

La “sperada” delle donne dell’Insubria Impossibile concludere questa carrellata di bellezze senza un cenno a quanto la prof Cappello mi ha simpaticamente riferito riguardo i valori culturali e storici che legano il canton Ticino e la Lombardia occidentale, riscontrabili appunto nel modo di adornarsi: “Fin oltre metà del XIX secolo il costume popolare dei villaggi dell’Insubria prevedeva che le donne indossassero nei giorni di festa un particolare gioiello chiamato “sperada” o “raggiera”, formato da “spade” o “cucchiai” inseriti nella treccia per formare una sorta di aureola. Le raggiere più ricche erano in argento massiccio, ma chi non se lo poteva permettere si accontentava di una versione meno costosa in ottone argentato”. Proprio uguale-uguale a quella che portava Lucia Mondella?


La domanda della settimana

Ritenete corretto che la pianificazione del territorio sia in ultima analisi prerogativa dei Comuni e non del Cantone?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 2 giugno. I risultati appariranno sul numero 24 di Ticinosette.

Al quesito “Avete l’impressione che la Svizzera stia diventando un paese «statalista», con troppe regole e leggi?” avete risposto:

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Astri ariete Il trigono fra Urano e Saturno favorisce il riequilibrio fra passato e presente, vecchio e nuovo. Rappacificazioni. Umore un po’ altalenante e instabile.

toro Momento complessivamente favorevole. Avete facilità a incontrare nuove persone e a stabilire rapporti stimolanti basati sulle affinità intellettuali.

gemelli Venere, appena entrata nel vostro segno, tenderà a smorzare gli atteggiamenti più aggressivi e le tensioni con partner e familiari sostenuti da Marte.

cancro Vi fate troppo condizionare dagli altri e anche dalle vostre intime convinzioni. Apritevi e allargate l’orizzonte interiore, senza paure o ansie.

leone Saturno vi sostiene con decisione. È l’occasione per portare a termine ciò che avete iniziato, sia in ambito professionale sia nelle relazioni personali.

vergine Continua a delinearsi un periodo ricco di opportunità e occasioni grazie al trigono nei segni di terra. Novità per chi opera nella comunicazione.

bilancia Con Venere presente nel segno amico dei Gemelli è in arrivo una primavera ricca di colpi di fulmine. Una simpatia potrebbe trasformarsi in attrazione.

scorpione Siete troppo indulgenti con voi stessi, fatto che vi rende poco consapevoli dei vostri limiti. Reagite con superficialità alle critiche. Cautela alla guida.

sagittario Vi sentite coraggiosi, al limite dell’incoscienza per poi farvi prendere dalle ansie. Concentratevi su un obiettivo alla volta con maggior equilibrio.

capricorno La fase positiva prosegue e vi sentite in grado di dominare il mondo. Potranno nascere nuovi rapporti con persone che provengono da un altro paese.

acquario Attraversate una fase interlocutoria ma potete dar vita a un nuovo progetto di vita. Non frenate la creatività e la vostra voglia di esplorare.

pesci Energie in arrivo grazie al moto retrogrado di Marte in Scorpione. Favorite le attività mondane con nuovi incontri. Un po’ di dieta non guasta.


Gioca e vinci con Ticinosette

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Orizzontali 1. La scienza delle stelle • 10. La perla del collezionista • 11. Era in voga la Pop • 12. Corrono su rotaie • 13. La schiava di Abramo • 14. Congiunzione eufonica • 15. Ricavato, ottenuto • 16. Scoppiavano nel saloon • 17. Re francese • 18. Preposizione semplice • 19. La nota più lunga • 21. Velivolo • 24. Fiume egizio • 25. Sarcasmo • 27. Son ghiotte di miele • 29. Svezia e Thailandia • 30. La nota Massari • 31. Ama Tristano • 33. Razza canina • 35. Cono centrale • 36. Ungere, ingrassare • 37. Preposizione semplice • 38. Li ha tesi l’agitato • 39. Un colore del croupier • 40. Dittongo in leone • 41. Leggera imbarcazione • 42. Marina nel cuore • 44. Lieta senza pari • 46. Pena nel cuore • 47. Purificatore, riparatore Verticali 1. Vaso sanguigno che si ramifica nei bronchi • 2. Sarde • 3. Il numero perfetto • 4. Tornare in vita • 5. La cura l’otorino • 6. Il Sodio del chimico • 7. Bella pianta fiorifera • 8. Arrabbiati • 9. Oscuro • 13. Trampolieri • 20. Alpigiana • 22. Tornare a galla • 23. Due nullità • 26. Ceste per aragoste • 28. Vero, concreto • 29. Producono caviale • 31. Il giorno trascorso • 32. Il dittongo del poeta • 34. Sono anche da gioco • 37. L’inchiostro della fotocopiactrice • 38. Norvegia e Austria • 39. I confini della Norvegia • 41. Gatto inglese • 43. La fine di Aramis • 45. Vocali in steppa

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 22

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro giovedì 2 giugno e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 31 maggio a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Soluzioni n. 20

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Tra i lettori che hanno comunicato la parola chiave corretta del Concorso apparso il 13 maggio è stata sorteggiata:

Donata Chierichetti 6500 Bellinzona

Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: due carte regalo per l’ufficio Cambio FFS Le mie vacanze iniziano al Cambio FFS. 365 giorni, 90 valute, dal mattino presto alla sera tardi. ffs.ch/cambio

Le Ferrovie Federali Svizzere offrono 2 carte regalo per un valore totale di CHF 100.– a un fortunato vincitore.

Cambiare denaro al Cambio FFS. Presso i circa 180 sportelli di Cambio FFS cambiate il denaro in oltre 90 valute estere: in modo semplice e comodo. Presso i punti vendita più grandi è disponibile immediatamente un’ampia scelta di valute. Tuttavia se una valuta non dovesse essere disponibile, ve la spediamo comodamente a casa a stretto giro di posta. È possibile ricevere a casa una selezione di valute estere tramite pagamento anticipato online oppure ordinarla presso la stazione preferita. In aggiunta ai contanti, al Cambio FFS potete caricare una carta Travel Cash. Il mix ottimale tra contanti e moneta elettronica dipende dalla destinazione e dalle vostre esigenze di viaggio. I nostri collaboratori sono lieti di consigliarvi per stabilire la composizione ottimale del vostro denaro di viaggio. Ulteriori informazioni visitando il portale ffs.ch/cambio

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