Ticino7

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№ 14 del 1. aprile 2016 · con Teleradio dal 3 al 9 aprile

INDACO

Alla scoperta di uno degli ultimi laboratori artigianali che in Giappone producono la storica tintura

Corriere del Ticino · laRegione · Tessiner Zeitung · chf 3.–


oekom Rating 2015: La Migros: il commerciante al dettaglio più sostenibile del mondo.

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Una promessa è una promessa.

La nostra carne di pollo dall’estero soddisfa gli standard svizzeri sulla protezione degli animali. Da subito la nostra carne fresca di pollo proviene da allevamenti conformi alla specie. Ed entro il 2020 i severi standard svizzeri saranno applicati anche alla carne di tutti gli altri animali.

Di più su generazione-m.ch


Ticinosette allegato settimanale N° 14 del 01.04.2015

MARCO JEITZINER .................................................

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MARCO ALLONI ..................................................................

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Agorà Migrazioni. L’affare eritreo Media Libri. La rilettura

DI

DI

Letture Giovanni Fontana. Nella mente Società Rina Faccio. Sibilla sul Verbano

Impressum Tiratura controllata

63’212 copie

Chiusura redazionale

Venerdì 25 marzo

DI

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ROBERTO FESTORAZZI....................................

8

NICO TANZI; FOTOGRAFIA DI FLAVIA LEUENBERGER .....................

10

MATTEO AROLDI E ASAO SARUKAWA; FOTOGRAFIE DI M. AROLDI ...........

35

Vitae Delta Geiler Caroli Reportage Indaco

GAIA GRIMANI ..........................................

DI

DI

LAURA DI CORCIA .................................

40

Svaghi ....................................................................................................................

42

Tendenze Tessuti e ferri. Lavoro a maglia

DI

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 29 88 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

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In copertina

Antica giara interrata contenente il liquido di tintura dei tessuti Fotografia ©Matteo Aroldi

Teste da proteggere Immancabile con l’inizio della primavera torna d’attualità il tema della sicurezza di chi viaggia sulle due ruote, motociclisti e scooteristi su tutti. Una recente informativa del TCS Sezione Ticino del 24 marzo – che ogni anno promuove corsi teorici e pratici, con informazioni su mezzi, rischi e prevenzione – evidenzia che in Ticino (nel 2014) state oltre 320 le vittime di incidenti con ferimenti gravi e leggeri. I dati resi disponibili dall’Ufficio federale di statistica testimoniano come chi conduce un veicolo a due ruote, motorizzato o meno, sia assai esposto e altamente a rischio. Le cifre parlano da sole: in Ticino delle 1087 vittime di incidenti stradali (sempre nel 2014), 169 erano alla guida di motociclette con cilindrata superiore ai 125 ccm, due di questi utenti sono purtroppo deceduti e ben 69 hanno riportato conseguenze definite “gravi”. A titolo di paragone, delle 526 vittime di incidenti che invece hanno visto protagonisti degli automobilisti, i decessi sono stati tre. Sempre troppi, ma se raffron-

tati con quelli in moto chiariscono quanto percentualmente sia più rischioso viaggiare su due ruote (in particolare se queste sono di media e grossa cilindrata). Nello stesso periodo in Svizzera, su un totale di 10.253 automobilisti vittime di incidenti, quelli feritisi gravemente sono stati 1056 (uno su dieci). I motociclisti alla guida di mezzi di oltre 125 ccm vittime di incidenti invece sono stati 2268. Per 814 di questi le conseguenze si sono rivelate “gravi”; ovvero per oltre il 30% di loro lo scontro non si è concluso con la classica escoriazione e ben 43 sono poi deceduti. Inutile ribadire che il tema della sicurezza di moto e biciclette coinvolga tutti gli utenti della strada. Nel tardo pomeriggio sempre del 24 marzo scorso, in due incidenti della circolazione avvenuti sulle strade cantonali (a Osogna e Cadenazzo) ad avere la peggio sono stati naturalmente coloro che di ruote ne avevano solo due. E in almeno un caso la responsabilità è stata di chi era al volante di una vettura. Buona lettura, Giancarlo Fornasier

Nel prossimo numero Anticipando di qualche giorno l’inaugurazione di Autonassa 2016 – nel centro di Lugano dal 14 al 17 aprile – Ticinosette sarà in edicola con un’edizione speciale tutta dedicata al mondo dell’auto e alla mobilità. Fra i temi non mancheranno approfondimenti sulla sicurezza stradale, un’interessante iniziative promossa da un privato cittadino, curiosità legate ai marchi automobilistici come pure riflessioni sulla formazione dei meccanici e sugli aggiornamenti professionali, oltre a un reportage fotografico dedicato alla passione per le auto da corsa.


L’affare eritreo Migrazioni. Gli eritrei rappresentano la maggior parte dei rifugiati presenti oggi in Svizzera. Si tratta di persone fuggite da un paese corrotto, dilaniato dai conflitti e dominato da un regime militare. Ma cosa si sta realmente facendo in Svizzera a riguardo? di Marco Jeitziner

D

al 2007 l’Eritrea è il principale paese di provenienza dei profughi in Svizzera. Nel 2015 ne sono arrivati quasi 10mila, oltre 3mila in più dell’anno precedente, scrive la Segreteria di stato della migrazione (SEM)1. Seguono gli afgani (7831 domande d’asilo), i siriani (4745) e gli iracheni (2388). Come mai è proprio l’Eritrea in testa alle richieste di asilo e non altri paesi dilaniati dalla guerra civile e dai bombardamenti stranieri?

Agorà 4

Una rotta lucrosissima Rispetto alla “rotta balcanica” (Turchia, Grecia, Bulgaria, Serbia ecc.) gli eritrei seguono la “rotta libica” che porta dritto verso il Ticino. Il viaggio, che può durare da uno a più mesi, inizia con l’attraversamento della frontiera col Sudan, corrompendo certi alti funzionari eritrei con “3000 franchi”2. A bordo dei fuoristrada dei trafficanti alcuni raggiungono poi l’Egitto, afferma la Polizia federale elvetica (FedPol)3. Da qui accedono alle coste della Libia, dove attendono di potersi imbarcare per l’Italia, direzione Lampedusa. Secondo la FedPol il viaggio in mare costa “dai 500 ai 1500 dollari americani”. Quelli che ce la fanno vengono poi “smistati” a Milano e “dal Ticino vengono fatti entrare illegalmente” in Svizzera. Si stima che ogni mese 5mila eritrei tentino così la fortuna4. A guadagnarci sono soprattutto le reti di trafficanti. Lo scorso aprile la polizia italiana ne ha sgominata una5, ma uno dei capi, un eritreo, agirebbe tuttora indisturbato in Libia6. Se soltanto la metà dei profughi giunti in Svizzera l’anno scorso si fosse rivolta a questo criminale, i suoi guadagni sarebbero milionari. Ma dove finiscono i soldi? Secondo le indagini italiane anche nelle banche svizzere. Inchieste giornalistiche sullo scandalo “SwissLeaks”7 affermano che altri importanti flussi di capitali avrebbero origine eritrea: nel 2015 “una parte dei guadagni di Asmara (la capitale eritrea, ndr.) provenienti da attività illegali del regime è transitata tramite conti a Ginevra e a Zurigo”8. La Svizzera non ha del resto mai concluso un accordo con l’Eritrea nell’ambito della “strategia del denaro pulito”. Le condizioni di accoglienza Nell’era dei cellulari le informazioni circolano velocemente tra i migranti. Sanno benissimo a quali politiche di asilo vanno incontro e come vengono alloggiati. La Svizzera, distinguendo tra lo statuto di “rifugiato” (permesso N) e quello di “ammissione provvisoria” (permesso F), è meno

gettonata di altri paesi. “Un siriano che chiama dalla Turchia un suo cugino, che vive in Svizzera e che gli racconta di essere da più di tre anni in attesa di una risposta, mentre un altro cugino in Germania gli dice di aver appena ottenuto l’asilo, fa presto a scegliere” ha dichiarato un funzionario del servizio per i migranti del canton Vaud in un reportage9. Anche le condizioni di alloggio possono essere un incentivo o un deterrente. In Svizzera si tratta soprattutto di bunker sotterranei della Protezione civile oppure di strutture di montagna. “Ero sorpreso quando ho scoperto che ci avrebbero messi sotto terra. Non ho fatto tutta questa strada per vivere sotto terra” ha affermato nel reportage un somalo di 19 anni da un bunker di Montreux. Si parla anche di malattie, depressioni, perdita della nozione del tempo. In Ticino un gruppo di eritrei è stato alloggiato a oltre mille metri d’altitudine in un’ex scuola a Peccia, in Val Lavizzara. Hanno contestato l’isolamento rispetto al centro per asilanti di Losone. Il sindaco della località montana ha riconosciuto che “psicologicamente può non essere facile”10. Ma c’è un altro motivo ben più importante: i connazionali già espatriati. L’importanza della diaspora “Nel percorso dei migranti la diaspora gioca un ruolo molto importante”, dichiara nel citato reportage Stefan Frey, portavoce dell’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati. Si parla così la stessa lingua, si coltiva la stessa cultura. Di dati precisi non si dispone, così come non è neppure sempre certa la nazionalità dei profughi, ma è proprio la diaspora eritrea la più numerosa in Svizzera: conterebbe 20-25mila cittadini11. Quella siriana (nel 2012) contava appena 500 persone12, quella afgana quasi 360013. Da chi è composta quella eritrea? Da disertori, uomini e donne tra i 15 e i 30 anni, che fuggono dall’obbligo del servizio militare che dura diversi anni, dalla povertà e da una dittatura ultra ventennale guidata da Isaias Afewerki, leader dell’indipendenza (mai risolta) dall’Etiopia nonché del Fronte popolare per la democrazia e la giustizia. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha già inflitto una serie di sanzioni all’Eritrea, l’ultima nell’ottobre 2015, ma stranamente non ancora stata stilata una lista di nomi, enti o organizzazioni da sanzionare14. Il Consiglio federale sostiene che è “uno stato mono-partitico autocratico con libertà di opinione e di stampa molto limitata”15. Tutti i rapporti indipendenti sull’Eritrea, eccetto uno danese, concordano con questa versione. Sul web c’è chi tuttavia denuncia una


Giovani eritrei dopo lo sbarco a Lampedusa (da ilgiornale.it)

diffamazione sistematica del paese in occidente, orchestrata dal nemico governo etiope. Alcuni politici svizzeri, recatisi di recente in loco, hanno smentito la gravità della situazione16, ma non hanno visitato le prigioni che sono inaccessibili persino alla Croce Rossa. Afewerki starebbe soltanto conducendo una campagna di marketing proprio in un periodo in cui l’ONU sospetta il regime di aver commesso crimini contro l’umanità17. Finanziamenti controversi La politica di destra contesta il fatto che i profughi eritrei intascano la gran fetta degli aiuti sociali pur avendo il diritto di lavorare. Ma chi li assumerebbe? Inoltre, fa tuttora discutere quanto ammesso già nel 2013 dal Consiglio federale: il regime di Afewerki incassa, legalmente, una tassa del 2% sugli introiti della diaspora, quindi anche sui sussidi sociali. Non è chiaro se è obbligatoria o volontaria, ma è il Consolato di Eritrea a Ginevra – il cui console è il controverso ginecologo argoviese Toni Locher –, che la riscuote, fornendo persino cedole di versamento e l’apertura di conti bancari. Ma perché versare soldi al regime da cui si fugge? Il Consiglio federale sostiene che la tassa “è utilizzata per la ricostruzione del paese”, ma si tratta di una affermazione non verficabile18. Per l’antropologo David Bozzini, esperto di Eritrea, servirebbee in realtà per “corrompere i funzionari al fine di lasciare il paese”: il regime ha infatti “l’interesse a lasciar partire un certo numero di coscritti che, in seguito, sono spinti a pagare”19. Per l’ONU è “probabilmente la più significativa fonte di guadagno” del partito di Afewerki20. La FedPol segnala inoltre un nuovo fenomeno: gruppi della diaspora “sarebbero coinvolti nel traffico di cittadini eritrei dall’Italia verso la Scandinavia passando dalla Svizzera”21. Qualunque sia la verità, il flusso di denaro tra i due paesi è probabilmente considerevole. Dal 2009 la Svizzera, firmataria

della Convenzione ONU contro la corruzione, ha l’obbligo di identificare fondi illeciti come potrebbero essere quelli eritrei: è stato fatto? Dal 2010 può sanzionare22 l’Eritrea per esempio bloccando fondi in giacenza: è stato fatto? Siccome il problema è il regime, allora perché la Svizzera “non è attiva in Eritrea” e “non svolge alcun programma di sviluppo”23, mentre l’Unione Europea ha di recente stanziato 200 milioni di euro per combattere la povertà nel paese24? Insomma, la Svizzera sta facendo abbastanza?

note 1 Statistica dell’asilo 2015 (28.1.2016). 2 L’Hebdo (20.8.2015). 3 Dal rapporto “Traffico di migranti a scopo di lucro e sue implicazioni per la Svizzera” (FedPol 2014). 4 Le Temps (2.2.2016). 5 Comunicato stampa Polizia di Stato (21.4.2015). 6 Il Tempo (20.4.2015). 7 icij.org/project/swiss-leaks/explore-swiss-leaks-data 8 Ibid 2 9 Internazionale (11.10.2015). 10 tio.ch (9.2.2016). 11 Le Temps (6.8.2015). 12 Le Matin (12.8.2012). 13 24 Heures (21.9.2015). 14 Si veda “Sanzoni della Svizzera”, Segreteria di Stato dell’economia. 15 Dalla risposta del CF all’interpellanza 13.3789 (20.11.2013). 16 laRegione (8.2.2016). 17 Internazionale (8.6.2015). 18 Ibid. 15 19 Tribune de Génève (28.10.2015). 20 Dalla risoluzione ONU S/2011/433 (18.7.2011). 21 Dal rapporto “Traffico di migranti a scopo di lucro e sue implicazioni per la Svizzera” (2014). 22 Ibid. 14 23 Ibid. 14 24 Comunicato stampa UE (11.12.2015).

Agorà 5


La rilettura

Riprendere tra le mani un volume significa riscoprirlo e non di rado andare incontro a esperienze straordinarie e impreviste. E non solo a causa della memoria fallace… di Marco Alloni

Media 6

Per ragioni che al lettore non dovrebbero interessare, mi zione dei fatti di John Banville, ci era apparsa atona e proritrovo da diversi anni diviso dalla mia libreria. Solo 200- tocollare? E l’elenco degli esempi potrebbe naturalmente 300 volumi compongono oggi quella che un tempo era la estendersi, non solo per le opere considerate in se stesse collezione integrale dei miei libri: quindi solo un decimo di ma anche per le singole pagine. Ogni rilettura rappresenta quanti ne ho potuti sfogliare fino a una decina di anni fa. una lettura ex novo, così come ogni riscoperta formale e Ma se devo essere franco questa mutilazione ha avuto i contenutistica una scoperta ex novo. Al punto che persino suoi benefici: in un certo senso simili a quelli di cui ci ac- il più ovvio manualetto di orientalistica torna a sprigiocorgiamo quando la televisione nare, nostro e suo malgrado, le si rompe e le serate tornano a primizie della novità. essere dominate dalla lettura e dalla conversazione. Una grande lezione Perdere gran parte della propria Ma perché questo accade? Non libreria, infatti, se da una parte solo perché la memoria è lasignifica smarrire una fetta concunosa e necessariamente sesiderevole del proprio passato, lettiva. Non solo perché noi comporta anche una straorcresciamo e muta con noi il dinaria scoperta: la riscoperta nostro sguardo, dunque la nodei libri già letti. Non potenstra sensibilità. E non solo perdo avvalersi di nuovi titoli né ché anni di letture, esperienze andare a spulciare tra gli scaffali e vicissitudini esistenziali ci quelli mai cominciati o mai hanno fornito gli strumenti per terminati, o semplicemente cogliere ciò che un tempo non leggiucchiati qua e là, diventa sapevamo cogliere. Ma perché inevitabile riprendere in maè la parola in sé, la scrittura no volumi che conosciamo fin in sé a essere per sua natura troppo bene e osservare come – parafrasando Eco – parola e The reading girl, Theodore Roussel (1866-’67) risuonano a una seconda, terza scrittura “aperta”. Da cui quelo ennesima lettura. lo che potremmo chiamare il miracolo della irriducibilità della letteratura a qualsivoglia Mutamenti non previsti interpretazione definitiva. Esperienza straordinaria e per certi versi imbarazzante: Constatazione forse fin troppo banale? Certamente, ma non solo perché ci mette di fronte all’evidenza di aver di- non se la leggiamo in una chiave filosofico-morale. Cosa menticato quasi tutto, ma perché ci informa che ogni libro indica infatti questa esperienza dell’irriducibilità della – anche il più banale – è in definitiva inesauribile. E che parola a una unica interpretazione se non che la letteratura laddove pensavamo di aver colto l’essenziale abbiamo forse ci insegna a coltivare il dubbio e non la certezza? E cosa più spesso ritenuto solo una patina o una spolverata di ve- procede da una simile conclusione se non che nessuna verità. Cosa dire quando, riletto alla luce dei decenni trascorsi rità è altro dall’esperienza estemporanea della verità? Karl sull’Europa comunitaria, Danubio di Claudio Magris non è Popper aveva definito questo principio, laddove applicato più solo il florilegio di riflessioni dotte intorno alla Storia e alla scienza, il teorema della “falsificabilità”. Ebbene, nella alle storie della Mitteleuropa ma un essenziale strumento vita esso vale con ancor maggiore perentorietà: rileggere per capire le contraddizioni di un continente mai unitario gli stessi testi già letti in passato, ripercorrere le stesse e mai del tutto frammentato nelle sue identità regionali? opere che si credevano assimilate una volta per tutte nella O cosa pensare di quella Lolita di Nabokov che, un tempo loro essenza, equivale a far propria la convinzione che la gustato con il piacere peccaminoso dell’adolescente restio cosiddetta epoché dei Greci – ovvero la “sospensione del alla morigeratezza, si fa oggi riflesso dei tormenti dell’età giudizio” – è forse l’unica forma moralmente accettabile matura e delle tentazioni tardive dell’edonismo? O come di giudizio sulle cose. Se dunque la rilettura dei testi ci ininterpretare l’imprevedibile e imprevisto innamoramento segna qualcosa è l’infinità della comprensione del mondo di quella stessa prosa che anni prima, leggendo La spiega- o l’infinita incomprensibilità del mondo.


Letture Nella mente di Gaia Grimani

Giovanni Fontana, insegnante liceale, nato a Mendrisio nel 1959, si cimenta per la prima volta con un libro di racconti intitolato (Breve pazienza di ritrovarti) dal verso di una poesia inedita del padre, il critico letterario Pio Fontana. Già con questa scelta mi sembra che l’autore esprima un intento autobiografico, esplicito quanto coraggioso. E in realtà il libro ondeggia sempre tra l’autobiografia e il tentativo di celarla scegliendo, per esempio, come modulo espressivo preferenziale la terza persona e come interpreti personaggi dal nome diverso, ma sempre uguali. Incontriamo così un io narrante che si chiama di volta in volta Carlo o Pietro o Attilio o una protagonista femminile che si chiama Anna o Virginia, una madre, un padre, un fratello, qualche sorella. La storia che si dipana attraverso questi otto racconti è sempre la stessa, percepita in innumerevoli sfumature: quella della sofferenza di una famiglia di fronte alla malattia psichiatrica di uno dei figli, che contamina tutti i personaggi: dall’assenza-

morte della madre, alla presenza fredda del padre, incapace del gesto affettuoso, censore delle letture del figlio sano, per il quale attende un futuro “normale” che possa riscattare quello di cui il figlio malato lo ha defraudato; al figlio sano che condivide quasi ossessivamente la malattia del fratello, venendone devastato, a una delle sorelle che non riesce a vivere se non fuggendo dall’orrida realtà. Dentro l’incubo si muovono i luoghi angoscianti dell’ospedale psichiatrico, dei suoi giardini popolati da fantasmi, della mensa domestica carica di tensione, dell’appartamento carcere in cui si svolge la vita familiare. Lo stile dell’autore è teso e lirico, più d’un poeta che d’un narratore, moderno nella modalità assunta per far esprimere i personaggi e ricco di fascino. Questo piccolo libro sulle prime inorridisce, poi conquista e obbliga a rileggere di continuo dei testi in sé misteriosi e angoscianti, ma capaci di penetrare nell’anima. Nel gorgo di salute e malattia non si salva nessuno.

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Chi sceglie un nuovo riscaldamento a gas naturale, riceve un grazie dalla natura.

Breve pazienza di ritrovarti di Giovanni Fontana Interlinea, 2015


Sibilla sul Verbano Scrittrice e poetessa, femminista, personalità sofferta e tra le fondatrici della letteratura “di genere”, Sibilla Aleramo soggiornò più volte ad Ascona ospite del critico Giacomo Antonini

di Roberto Festorazzi

Personalità sofferta e provata dalla vita, Sibilla Aleramo

(all’anagrafe Marta Felicina “Rina” Faccio; 1876–1960) fu una figura nota e centrale della cultura e del mondo intellettuale italiano della prima metà del novecento. A partire dalla fine degli anni venti soggiornò spesso ad Ascona, sulla collina degli intellettuali, una sorta di terrazza naturale in cui il fior fiore della Mitteleuropa veniva ad affacciarsi, acclimatandosi alle latitudini mediterranee. Vi giunse, per la prima volta, nell’estate del 1928, trattenendosi fino all’autunno inoltrato, ospite di una coppia

Società 8

La scrittrice ad Ascona (per gentile concessione di Marco Antonini)

di amici: il critico letterario (e conte) Giacomo Antonini e sua moglie, l’olandese Hetty Marx, che vivevano a Villa Sole, sul Monte Verità. Una fotografia ritrae la scrittrice, assorta, fasciata da una morbida veste che pare un abito di scena, e immersa nella lussureggiante vegetazione del paradiso asconese. La figura di Antonini, nato a Venezia nel 1901, è di grande rilievo, tanto per il suo coinvolgimento attivo nelle vicende del panorama letterario italiano, quanto per la sua collaborazione, nella seconda metà degli anni trenta, con la Polizia politica fascista. Si può affermare, senza tema di smentite, che gli apparati informativi e repressivi del regime di Mussolini gli affidassero il compito di monitorare l’inquieto ambiente degli scrittori vicini al movimento antifascista di Giustizia e Libertà, per censire le posizioni di tutti e di ciascuno. La polizia politica lo incaricò di sorvegliare, a Parigi, il leader dei fuorusciti Carlo Rosselli e, a Londra, don Luigi Sturzo, fondatore del Partito popolare. Antonini conobbe Sibilla Aleramo a Firenze nel settembre del 1925, per il tramite di Adolfo Franci, critico letterario e sceneggiatore cinematografico. Ne divenne in poco tempo amico, forse spingendosi in direzione di una relazione sentimentale, anche se al riguardo non vi sono certezze. Se, infatti, in una sua lettera del 1978 a Maria Luisa Belleli, docente di letteratura francese all’università di Torino, egli smentisce di essere stato amante dell’Aleramo, nel suo memoriale autobiografico oggi conservato al Gabinetto Vieusseux di Firenze, la include invece tra le sue esperienze amorose. Dediche e amicizia In quei caldi mesi del 1928, Giacomo compì gite spensierate con Sibilla, che a quel tempo aveva già superato l’età di cinquant’anni: insieme si recarono a Fusio, in Val Lavizzara, e poi a Crans sur Sierre, località sciistica della Svizzera francese frequentata dal jet set internazionale. Nell’ottobre di quell’anno, Antonini accompagnò la scrittrice a Gardone, per incontrare Gabriele D’Annunzio. Ma il Vate, stretto d’assedio per diverse settimane dalla visitatrice,


le si negò, lasciandola al Grand Hotel. Il Comandante, quasi quotidianamente, le inviava dal Vittoriale messaggi dal sapore beffardo. Si diceva occupato con una “meravigliosa creatura di Cornovaglia”, poi le mandò un libro con dedica in cui l’invitava a contentarsi del riposo del lago. A un certo punto, Sibilla levò le tende. Più tardi, a Roma, nella sua casa-atelier al numero 42 di via Margutta, lesse a Giacomo le lettere di D’Annunzio. Dopo la separazione della coppia Antonini, la scrittrice mantenne il forte legame di amicizia con entrambi gli ex coniugi, recandosi spesso a visitare Hetty al Monte Verità. Marco Antonini, figlio di Hetty e Giacomo, conserva ancora gelosamente i libri con dedica che Sibilla regalò ai suoi genitori. Abbiamo potuto visionare in anteprima quei testi, che testimoniano l’intensità della frequentazione. Il primo volume dedicato è la novella Trasfigurazione, che contiene queste parole all’amico, da poco incontrato: “A Giacomo Antonini, molti buoni auguri dall’errabunda Sibilla Aleramo”. La data è quella del gennaio 1926, il luogo Roma. Segue questo curioso poscritto: “Consegnato dopo 13 mesi nella soffitta di via Margutta. S.A.”. Il libro di prose Andando e stando, offerto all’amico, è invece così dedicato: “A Giacomo Antonini, intelletto luminoso e cuore fervido, l’amica grata Sibilla Aleramo”. La datazione è “Ascona, settembre 1931”. Il declino romano Dell’anno successivo è la formula gratulatoria con cui la protofemminista omaggia l’amico in occasione di una sua nuova prova letteraria: “A Gino Antonini, questo libro che gli lessi manoscritto nella dolce ospitalità di Ascona, offro in ricordo, con sempre grata amicizia”. Si tratta del romanzo Il frustino, che fu all’origine di un duetto che Sibilla ebbe con il Duce. L’episodio ebbe luogo ai Mercati Traianei di Roma, dove nel giugno del 1932 si tenne la fiera del libro. La scrittrice, come i suoi colleghi, era in attesa di ricevere le attenzioni del dittatore, che quel giorno passava tra i banchi che esponevano i testi, scambiando qualche parola con gli autori. Quando giunse al cospetto dell’Aleramo, Mussolini prese in mano una copia del volume e, letto il titolo, disse tra il serio e il faceto: “Il frustino… È per me?”. Sibilla, stando al gioco, rispose, in romanesco: : “Come vóle…”. Era l’attrezzo giusto per il domatore degl’italiani. L’Aleramo mantenne per tutta la vita l’intesa affettiva con Antonini, documentata da un epistolario che si conserva sempre al Vieusseux. L’8 febbraio 1946, per esempio, scriveva all’amico lamentandosi del disagio finanziario che l’affliggeva: “La mia situazione economica è sempre gravissima, vivo si può dire giorno per giorno, fra privazioni inenarrabili. Da che ci vedemmo l’ultima volta sono dimagrita di venti chili! Non mi sono più mossa da Roma. Da un mese – non so se la notizia è giunta costì – ho data la mia adesione al Partito comunista, ho incominciato a collaborare all’Unità, ma le collaborazioni non sono sufficienti”. Giacomo fu dapprima designato dalla scrittrice tra gli esecutori testamentari del suo lascito letterario: bauli colmi di lettere e di manoscritti delle sue opere. Ma, in seguito, Sibilla revocò quella decisione, consegnando la sua monumentale eredità letteraria al Partito comunista. Gran parte delle sue carte e la sua biblioteca sono oggi depositati all’Istituto Gramsci di Roma.

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100% naturale

Stanchezza cronica?


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ono cresciuta come una monella, a Bellinzona, sempre in giro in bicicletta a far scoperte e birichinate. Già da adolescente mi piaceva essere impegnata e anticonformista. Le marce svizzere per la pace sono state il mio primo impegno effettivo. Per la mia formazione sono saltata di palo in frasca… Dopo un anno di commercio ho frequentato il CSIA (Centro Scolastico per le Industrie Artistiche, nda.), ai suoi esordi. Presto l’interesse per le arti visive si è esteso al cinema: nel 1964 proposi a Vinicio Beretta, direttore del festival di Locarno, di creare la giuria internazionale dei giovani. A rappresentare la Svizzera invitai anche Renato Berta, Luc Yersin e Gilberto Isella; per l’Italia c’era Bianca Pitzorno. Avevamo tutti meno di vent’anni… Lavoravo come grafica, ma non mi piaceva usare la mia “creatività” per persuadere le persone all’acquisto di prodotti commerciali. Quindi ho dirottato i miei interessi verso l’economia e il sociale. Mi sono rimessa a studiare per la maturità, poi mi sono iscritta alla facoltà di scienze economiche dell’università di Losanna. Erano gli anni caldi del ’68, il movimento studentesco e politico ispirato agli eventi in corso a Parigi, mi coinvolgeva: speranza, entusiasmo e creatività… Un’esperienza indimenticabile, soprattutto per la grande energia che sprigionava in ognuno di noi. Poi il lento ritorno alla normalità di un mondo che resisteva al cambiamento, ha accresciuto in me il tarlo della curiosità. Perché, mi chiedevo, la lotta per gli ideali di giustizia, solidarietà e libertà non bastava per migliorare davvero il mondo? Era un problema di comunicazione? Il giornalismo televisivo alla RSI mi ha offerto la grande opportunità di provare a rispondere a questi interrogativi, mettendo a frutto i miei vari interessi. La consapevolezza della necessità per la società di riconoscere le competenze delle donne e il valore della maternità vista non come ostacolo per la carriera, ma come opportunità e ricchezza, mi ha spinta a partecipare attivamente alle lotte per il congedo maternità, per la parità salariale e per eliminare gli stereotipi dall’immagine femminile nei media. Poi finalmente la maternità: l’esperienza che ha dato una svolta decisiva alla mia vita. Mi ha fatto esplorare

altre dimensioni: quella psicologica e spirituale. È stato come trovare l’anello mancante per capire cosa lega i meccanismi economici e sociali ai sentimenti e alle emozioni, che a loro volta condizionano anche le nostre personali scelte politiche e culturali. Mia figlia intanto cresceva; era logico impegnarmi nelle attività dei gruppi di genitori all’interno della scuola. Investire nell’educazione per costruire un futuro migliore era – ed è – la cosa giusta da fare. Associando il mio lavoro di introspezione personale alla ricerca teorica, ho scoperto quanto contano nella nostra ontogenesi le esperienze vissute durante le prime fasi della vita, da quella prenatale alla prima infanzia, e in particolare il delicato momento della nascita. Un’esperienza che, se vissuta in modo naturale, favorisce nell’essere umano che si affaccia al mondo la fiducia nella vita e la capacità di amare e rispettare se stesso, il prossimo, e madre natura. Non mi piace lottare contro qualcosa o qualcuno, preferisco costruire delle alternative. Per esempio, per creare le condizioni che favoriscono una nascita dolce e armoniosa, per le prossime generazioni. Da qui l’ennesima sfida nella mia vita, ma anche una specie di approdo: la creazione, insieme ad alcuni giovani genitori, levatrici e doule, dell’Associazione Nascere Bene Ticino (nascerebene.ch) che fra l’altro ha sostenuto tre coraggiose levatrici nella creazione della prima Casa Maternità e Nascita in Ticino. C’è chi mi chiama “signora nascere bene”… Guardandomi indietro scopro che c’è un filo rosso che unisce tutte queste esperienze così diverse: il bisogno di capire cosa muove il mondo, e la scoperta – sembra banale, ma non lo è – che questa cosa è l’amore. Da qui la speranza di un futuro migliore per i nipotini. Ingenua? Idealista? Forse, ma mai indifferente! Progetti per il futuro: non avere progetti. Prepararmi ad affrontare serenamente la partenza da questo mondo… e nel frattempo vivere allegramente e in armonia, girare in bicicletta e cantare ancora nel bellissimo coro Goccia di Voci. Venite ad ascoltarci?

DELTA GEILER CAROLI

Vitae 10

Un’inguaribile idealista che ha compreso come le lotte davvero importanti siano quelle che rendono migliori gli esseri umani

testimonianza raccolta da Nico Tanzi fotografia ©Flavia Luenberger


MASHIKO - GIAPPONE

INDACO di Matteo Aroldi e Asao Sarukawa fotografie ŠMatteo Aroldi

A 150 chilometri a nord di Tokyo, in tranquilla cittadina adagiata fra le colline della parte meridionale della prefettura di Tochigi, si trova l’atelier di lavorazione dell’indaco della famiglia Higeta. Il maestro Tadashi, che attualmente dirige e gestisce un laboratorio fondato nel lontano 1789, rappresenta la nona generazione di tintori e tessitori


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ostruito oltre 200 anni fa, l’atelier della famiglia Higeta è ospitato in un tradizionale basso edificio sovrastato da uno spesso tetto di paglia. Attraversando il delizioso giardinetto antistante, già si ha la sensazione di accedere in un ambiente che non è dei nostri giorni. Ad attenderci nell’ampio spazio adibito a laboratorio e negozio vi è il maestro Tadashi Higeta in persona. Con un caloroso e gentilissimo benvenuto ci invita ad accomodarci nell’adiacente stanza finemente decorata con antichi pannelli dipinti con motivi tradizionali. Il tè verde e alcuni dolci sono serviti e iniziamo la nostra conversazione con il maestro Higeta, classe 1939, che ha studiato l’arte della tessitura e della tintura da un famoso artista, Yoshitaka Yanagi. Da suo padre ha invece appreso il mestiere della lavorazione dell’indaco.

La “visione” del colore “Da ragazzo”, ci confida con un gran sorriso, “non avevo nessun interesse verso l’attività di famiglia e mai avrei pensato che sarei stato io a occuparmene da grande. Ma un mattino, avevo circa 18 anni, entrando nell’atelier osservai i raggi del sole riflettersi nelle giare colme del liquido violaceo di tintura. Fui colpito nel profondo. Percepii la sacralità dell’atmosfera che vi regnava. Tutto cambiò e in quel preciso momento sentii che il mio ruolo in questo mondo sarebbe stato quello di diventare un maestro di quest’arte e di preservare l’antica attività del laboratorio di famiglia”. Durante il periodo Edo (1603–1868) circa l’80% degli indumenti comunemente utilizzati venivano colorati con l’indaco. Le famiglie usavano tessere i propri capi d’abbigliamento per poi affidarli ai laboratori di tintura. Nella prefettura di Tochigi, vi erano quindi oltre un centinaio


in apertura Il maestro Tadashi Higeta nel laboratorio di famiglia pagina sinistra Sopra, una fase della complessa preparazione del liquido di tintura. In basso, alcune antiche giare interrate pagina destra Sopra, il maestro Higeta al filatoio. Al centro, i fusi con le fibre filate a mano. In basso, alcuni attrezzi utilizzati nell’atelier nelle pagine seguenti A sinistra, sciablona di carta washi intagliata a mano. A destra, Tadashi Higeta e le numerose gradazioni di indaco



di tintorie specializzate. Attualmente non ne restano che due. “Quand’ero bambino”, racconta il maestro Higeta, “a Mashiko, che a quel tempo era un piccolo e anonimo villaggio di campagna, c’erano ancora ben sei atelier di lavorazione dell’indaco. La popolarità di quest’arte iniziò il suo declino già a partire dagli inizi del 20esimo secolo. Ma fu in particolare dalla metà degli anni sessanta che notai una fortissima accelerazione nella diffusione di tessuti industriali, in particolare sintetici, tinti chimicamente”. Sono ovvie e comprensibili le concrete difficoltà del maestro Higeta, come di molti altri artigiani giapponesi dediti alle arti tradizionali, di assicurare il mantenimento della propria attività. “Il mio impegno sta anche nel diffondere le informazioni relative a questa antica cultura per stimolare l’interesse nelle giovani generazioni”. Un procedimento complesso Le attività dell’atelier del maestro Higeta comprendono l’intero arco del processo di produzione. Nei propri campi viene coltivato il cotone e i vegetali necessari per la produzione dei colori di tintura. La fibra di cotone viene filata e tessuta manualmente. I motivi delle stoffe vengono stampinati sul tessuto tramite delle sciablone di carta washi (carta artigianale giapponese) molto spessa e resistente, successivamente intagliate a mano. La parte più complessa della lavorazione risiede nel processo di tintura vero e proprio. Il cuore del laboratorio comprende 72 giare di ceramica, interrate in cui viene posto il sukumo, ovvero le foglie di indaco fermentate con un procedimento di bagni in acqua che dura un centinaio di giorni. A questo composto vengono aggiunti cenere di legna, crusca di riso, sake (vino di riso) e acqua. Per circa due settimane il contenuto

delle giare viene mantenuto a una temperatura costante di circa 25-30 °C per mezzo di piccoli fornelli posti fra le giare, in cui vengono bruciate scaglie di legno. Ciò da luogo a un'ulteriore fermentazione che produce il liquido con cui i tessuti vengono tinti tramite alcune ore di immersione prima del successivo asciugamento al sole. Per ottenere le tonalità più scure di indaco, occorrono fino a 30 bagni e successiva asciugatura. Tutto il lavoro viene effettuato manualmente, senza alcun ausilio di tecnologia moderna. Sul retro dell’antica costruzione che ospita le giare di fermentazione, si trova un cortile, dove vengono stesi ad asciugare i tessuti tinti, e un altro edificio, che funge da magazzino, abitazione e spazio per i lavori accessori. Vi incontriamo un ragazzo intento a intagliare nella carta washi i sofisticati motivi che decoreranno i tessuti. “Un mio grande desiderio è anche di trovare qualcuno che possa garantire la continuità del nostro atelier. Sono rari ma ci sono ancora alcuni giovani che sono fortemente interessati ad apprendere quest’arte. È quindi con grande piacere che li accolgo nel mio atelier come apprendisti”. Nel frattempo un gruppo di scolari accompagnati dall’insegnante giungono per un incontro col maestro Higeta. Ci congediamo con la certezza di aver avuto una rara occasione di toccare con mano un prezioso lembo di passato che fortunatamente vive ancora ai nostri giorni.

Matteo Aroldi Fotografo professionista da oltre 20 anni, opera e si muove prevalentemente fra l’Asia e la Svizzera. La città, i suoi estremi, le incongruenze, l’interazione tra le persone e lo spazio urbano rappresentano il suo contesto d’azione privilegiato, “dove l’intimità degli esseri umani è esposta e perennemente visibile”. Per ulteriori informazioni: matteoaroldi.com



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hi fatica a capire la differenza fra punto a croce e punto erba e ci mette due ore e mezza a inserire il filo nella cruna, non capirà fino in fondo la nuova mania per i lavori femminili di una volta. Eppure è così: se le nonne si illudono di essere le sole depositarie dell’arte dello sferruzzare, si sbagliano di grosso. Realizzare scialli, coperte, cappellini e ricamare la tovaglia bianca è diventato di moda

e fa breccia nel cuore delle giovanissime come di molte donne in carriera senza escludere qualche maschietto. Ok, lavorare con i ferri piace. Ma perché rimanere chiuse nel proprio guscio, con la TV accesa, quando ci si può confrontare, si possono condividere le proprie idee o semplicemente è possibile socializzare mentre si sta finendo di realizzare quella deliziosa borsetta per l’estate? A Milano i luoghi in cui ci si incontra sono disparati e non certo marginali, se uno di questi è il DesignCafè della Triennale, l’altro il bar della Mondadori di via Marghera (in pieno centro). Si chiamano knit cafè e gli incontri sono gratuiti: si arriva, ci si siede al tavolo del bar, si ordina un caffè, un cappuccino o una birra e si inizia. Non importa il livello: si può essere espertissime perché sin da bambine si apprezzavano lana e filati oppure principianti che non sanno nemmeno tenere in mano un ago. Quel che conta è mettersi in gioco. Valentina Ortu, l’ideatrice dei “Maglia-incontri” nel capoluogo lombardo, assicura che vengono frequentati da universitarie e donne in carriera, da adolescenti, quarantenni e sessantenni e persino da qualche uomo.

LA LANATERAPIA

In un’epoca in cui si spinge sempre più verso la tecnologia e la virtualità, tornano di moda i lavori a mano. Perché? Perché ci riconnettono a noi stessi donandoci pace e benessere. In particolare, lavorare a maglia fa bene perché potenzia la coordinazione cerebrale, riduce lo stress e aiuta il nostro stato d’animo. Trattasi di un’arte che, se praticata in gruppo, ci sprona a stringere nuove amicizie e a relazionarci con gli altri; se invece si preferisce approcciarvisi da soli, ha un valore terapeutico simile a quello della meditazione, come dimostrano gli studi del professor Herbert Benson della Harvard Medical School. Ripetere sempre lo stesso movimento, con il lieve rumore dello sferruzzare in sottofondo, parrebbe infatti avere un effetto sedativo simile a quello di un mantra. Obbligandoci a muovere le mani, inoltre, le rende più agili e meno soggette alle artriti e ai vari acciacchi della vecchiaia, riuscendo anche ad alleviare quei fastidiosi dolorini. Realizzare un maglioncino, una gonna o addirittura un vestito, così come ricamare un centrino per il tavolino del salotto, stimola la nostra creatività, riportando in auge qualcosa che negli ultimi anni si è perso: il valore del dono e della condivisione. Raggiungere l’obiettivo che ci si è prefissati nel lavoro a maglia, inoltre, rafforza l’autostima, perché ci insegna ad essere costanti e perseveranti. Questi lavoretti sono adatti anche ai bambini: è stato dimostrato, infatti, che lavorare a maglia potenzia la motricità fine, rendendoli più abili e migliorandone la calligrafia.

E IN TICINO?

Sferruzzate ma da sole e vi sentite tristi? Oppure vorreste riprendere ma avete bisogno di una spinta motivazionale? Nessun problema: il knit cafè esiste anche in Ticino. Lo organizza l’associazione Craft Box, nata dall’idea di alcune amiche “appassionate di maglia e uncinetto creativo, ma anche di merletto, macramè, storia del costume ed arte tessile”, come si legge sul sito craft-box.ch. “È uno scambio vicendevole di competenze”, spiega Ornella Danese, una delle ideatrici e organizzatrici. “Chi sa suggerisce a

chi non sa, chi è in difficoltà con un punto o un passaggio particolare riceve aiuto dalle altre e insieme si studiano modelli e tecniche innovative, filati particolari, si suggeriscono negozi reali o virtuali dove acquistarli ecc. Le persone che frequentano il nostro knit cafè sono quasi tutte donne sole, e questo momento è un’opportunità per loro per uscire di casa e comunicare con altre persone. Perché è bello sferruzzare a casa propria, magari davanti alla TV o ascoltando la radio, ma è altrettanto bello poter parlare con altre persone che condividono la stessa passione”. Infatti, sottolinea Ornella, “la maglia non è più il solo fare la calza, ma ha raggiunto le case di moda e i designer più affermati, che la riscoprono”. Un esempio su tutti? Missoni. Accanto agli incontri, che cadono di martedì pomeriggio dalle ore 14 al Bistrot Vecchio Torchio a Lugano-Viganello (vicino alla Manor), Craft Box organizza anche workshop e laboratori, in modo da stimolare la creatività. Per maggiori informazioni scrivere a ask@craft-box.ch.

SUI SOCIAL NETWORK

Vi piace condividere le fotografie dei lavori che realizzate? Vorreste scambiarvi quanto più possibile idee, suggerimenti e spunti? Siete in difficoltà con un passaggio e non sapete più come andare avanti? La rete viene in vostro soccorso! Oltre ai knit cafè, infatti, esistono vari gruppi sui social che riuniscono le più accanite knitter, le quali postano fotografie dei loro lavori, articoli interessanti sul tema e anche lookbook che possono servire da ispirazione per nuove e sempre più difficili creazioni. Su Facebook, per esempio, segnaliamo il gruppo “In… ferri”, “Quelli che lavorano a maglia… e pensano”, “Io amo fatto a mano e i non filati”, “Uncinetto tunisino, questo sconosciuto”. Se vi sentite una minoranza incompresa perché siete uomini ma amate sferruzzare di fronte alla TV, vi consiglio di raggiungere velocemente il gruppo Facebook “Magliauomini”. Esistono anche social network interamente dedicato a questo tema, come “Crowdknitting” e numerosi tutorial su YouTube dedicati alle principianti ma anche alle più esperte. E ora: al lavoro.


La domanda della settimana

Avete visitato il centro LAC di Lugano oppure assistito a uno degli eventi proposti?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 7 aprile. I risultati appariranno sul numero 16 di Ticinosette.

Al quesito “Nevica per alcune ore e l’intera viabilità entra in crisi. Un cantone di montagna come il Ticino è preparato a eventi da considerarsi normali nella stagione invernale?” avete risposto:

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Astri ariete Il 5 Venere entra nel segno. Vita sentimentale in fermento. Incontri inaspettati e atmosfere trasgressive. Momento di grande fervore per i più creativi.

toro Opportunità. Tra il 4 e il 6 giorni ideali per un colloquio di lavoro o una sessione di esami. Avanzamenti professionali. Guadagni di una certa entità.

gemelli Venere e Giove in quadratura. Un transito importante, da canalizzare bene evitando conflitti tra le qualità dell’essere e le logiche dell’avere.

cancro Ritrovata lucidità mentale nella definizione degli obiettivi ma anche risveglio di velleità narcisistiche. Giove sostiene i nati nella seconda decade.

leone Fase creativa molto attiva e fortunata. Colpo di fulmine con uno straniero o durante un viaggio. Evitate i contrasti verbali sul lavoro a partire dal 5.

vergine Cambiamenti e metamorfosi spirituale. Irascibili i nati nella prima decade, trasgressivi i nati nella terza, fortunati (negli affari) i nati nella seconda.

bilancia Svolte sentimentali e cambiamenti improvvisi. Ogni pulsione affettiva tende a essere amplificata. Liberatevi dei rami secchi. Seguite il vostro intuito.

scorpione Fortuna sentimentale… emozioni e passioni tenderanno a nascere e a sorgere all’interno del posto di lavoro. Attenzione alle spese eccessive.

sagittario Cavalcate l’onda dei sentimenti… convogliando in quella direzione ogni azione. Scalpitanti e impazienti tra il 4 e il 6. Una cosa alla volta.

capricorno Urano esige scelte rivoluzionarie. Novità per i nati nella prima decade. Cambiamenti per quanto riguarda la gestione della vita professionale.

acquario Fase di svolta. Si apre un periodo di incontri e di opportunità. Tempismo e determinazione non mancano. Incremento della vita sociale.

pesci Fortuna sentimentale e ritrovata bellezza. Cambiamenti e metamorfosi spirituali per l’influenza del transito di Nettuno. Siate meno irascibili.


Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 16

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro giovedì 7 aprile e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 5 aprile a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Verticali 1. Evangelizzò l’India • 2. Quasi uniche • 3. Irreprensibile, impensabile • 4. Nulla • 5. Ginevra sulle targhe • 6. Spintonati • 7. Vocali in treni • 8. Caratterizza l’andatura della lumaca • 9. Ardua, difficile • 13. Dittongo in piuma • 16. Si empie di stelle • 18. Lo è Gabriele • 21. Maiali • 22. Città francese • 26. Mezza tara • 28. Volo acrobatico • 30. Annaffiare • 33. Alcoolisti Anonimi • 34. Arcipelago dell’Egeo • 36. I confini di Roveredo • 39. Altrimenti detto • 43. Lo spinto del sarto • 45. Noto stilista • 47. Il pronome che ci riguarda • 49. Dispari in senato • 52. Consonanti in ruolo

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Orizzontali 1. Uccelletto canterino • 10. Il Massimo della canzone • 11. Breve esempio • 12. Bruciate • 13. Cuor di vinto -14. Gas luminoso • 15. Appuntiti • 17. Nazioni • 19. Spagna e Cuba • 20. È la somma degli errori • 23. Che le appartengono • 24. La nota Taylor • 25. Centro urbano • 27. Il bel Sharif • 29. Alni • 31. Chiude la preghiera • 32. Obesi, adiposi • 35. È nota per la sua Accademia di Belle Arti • 37. Consonanti in podio • 38. Malattia contagiosa • 40. Negazione • 41. Bella nel cuore • 42. Il vil metallo • 44. Romania e Germania • 46. Il niente del croupier • 48. In abbondanza • 50. Dittongo in giada • 51. Più che brutto • 53. Avverso, astioso • 54. Grosso camion.

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La soluzione del Concorso apparso il 18 marzo è: TRAPPOLA Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stato sorteggiato: Pio Ferraris 6854 San Pietro Al vincitore facciamo i nostri complimenti!

Questa settimana in palio: cinque Carte Junior offerte da Arcobaleno Arcobaleno offre una Carta Junior da CHF 30.– a cinque fortunati lettori che comunicheranno la soluzione corretta del cruciverba.

Con la Carta Junior i figli di età compresa tra i 6 e i 16 anni viaggiano a 30 franchi l’anno con i trasporti pubblici in compagnia di un genitore in possesso di un titolo di trasporto valevole. arcobaleno.ch/junior

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