Ticino7

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№ 4 del 23 gennaio 2015 · con Teleradio dal 25 al 31 gen.

Gli invisibili

i giovani rappresentano il futuro ma la politica continua a ignorarli, provocando sfiducia e astensionismo

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–


Jonas Straumann, 20, Gerlafingen <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2NzQzswQAmEZ4nw8AAAA=</wm>

Sono quasi non udente, ma faccio il musicista. <wm>10CFWLMQqAMBAEX3RhN8nlPFNKOrEQ-zRi7f8ro52wA1PMrmvVgI-lbUfbK8GcJRlL8aquIZpaqVMqIUYMA-ER1JkZHM7p95G3AtDfRkCBdyZRH-s0C_d5Pc6ZhP92AAAA</wm>

E il giornalista. «Infallibili» test mi consigliavano di diventare falegname o giardiniere a causa della mia disabilità. Stupidaggini. Ho imparato molto presto che molte barriere in realtà non esistono, sono solo nella testa. Anche nella mia, ma le combatto giorno dopo giorno. L’intera storia di Jonas su generali.ch/ascoltare

Per capire bisogna saper ascoltare. Le situazioni della vita sono molteplici, come le nostre soluzioni.

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Ticinosette allegato settimanale N° 4 del 23.01.2015

Arti André Robillard. Macchine da guerra

Tiratura controllata 66’475 copie

Chiusura redazionale Venerdì 16 gennaio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

4

Vitae Umberto Gamba

di

di

daniele Bernardi ...................................

8

di

SiMon MaJek ......................................................

10

Stefania Briccola ............................................................

12

Media Televisione. Sport crime

Impressum

Marco Jeitziner .........................

Agorà Giovani e società. La politica e gli invisibili

di

Reportage Street art e spazio urbano

di

keri Gonzato; opere di nevercrew ..............

37

MariSa Gorza.........................

42

nataScha fioretti; illuStrazioni di SiMona GiacoMini................

44

Svaghi ....................................................................................................................

46

Tendenze Moda inverno. Con la neve alta così... Fiaba Il re dei boschi

di

di

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Il miraggio della politica Illustrazione ©Stefania Barbarotto

Il solito film I fatti di Parigi sono dietro l’angolo. Eventi tragici che hanno provocato dolore e commozione ma anche fiumi di considerazioni: c’è chi, a seguito della oceanica manifestazione parigina di solidarietà alle vittime, ha parlato di “nuova unità europea”, chi di una risposta senza precedenti della società libera, chi di un rifiuto dei rigurgiti demagogici stimolati quotidianamente dalle destre xenofobe. Senza contare le innumerevoli riflessioni sui limiti della satira, sul concetto di libertà, sull’operato dei media ecc. Un dibattito che ha coinvolto e sta coinvolgendo un po’ tutti, dalle grandi firme del giornalismo al pontefice, dai filosofi agli scienziati. Ma la celebrazione parigina ha visto anche un grande assente: gli Stati Uniti. Al posto di Barack Obama (nell’immagine mentre riceve il Nobel per la pace, 2009) o dei suoi possibili vicari – il vicepresidente Joe Biden o il segretario di stato John Kerry –, ha presenziato l’ambasciatrice a Parigi, Jane Hartley. Un’assenza ovviamente rimarcata dai media che hanno parlato di “occasione mancata”, di “delusione”, di “errore” tanto che, solo pochi giorni dopo, Obama si è visto costretto a recitare una sorta di pubblico mea culpa. I motivi, al di là di quelli riconducibili al dispositivo di sicurezza e alla difficoltà di organizzare in breve tempo il trasferimento in Europa del presidente americano (ma sarebbe stata sufficiente la presenza di uno dei due sopracitati collaboratori), sono molteplici. Se, da un lato, la compresenza del premier israeliano Benjamin Netanyahu e del presidente dell’Autorità nazionale

palestinese, Abu Mazen (che si sono ostentatamente ignorati), era lì a rammentare a tutto il mondo il totale e imbarazzante fallimento dell’amministrazione Obama nell’opera di pacificazione del conflitto israelo-palestinese, dall’altro, l’assenza americana confermava l’attuale strategia di basso profilo adottata dagli USA nel quadro mediorientale. Dopo il disastro iracheno, il fallimento delle primavere arabe e gli eventi siriani, la Casa Bianca ha perseguito una strada contrassegnata da cautela e interventi mirati, evitando coinvolgimenti a largo raggio. Ma c’è un altro aspetto ben più imbarazzante da cui la maggior parte dei commentatori occidentali si tiene accuratamente alla larga: le responsabilità americane nel sostegno alle forze anti-Assad nella prima fase della guerra civile siriana, forze che apparivano apparentemente divise in una sorta di galassia di piccoli gruppi poi coesi sotto il cappello dell’ISIS e di altre organizzazioni principali (il Fronte al-Nusra e al Qaeda). Ex analisti della CIA come Graham Fuller e Paul Pillar si sono espressi chiaramente a riguardo affermando che “gli Stati Uniti sono stati i principali responsabili della nascita dello stato islamico”. Un film già visto (dall’Angola, alla fine degli anni ottanta, all’Afghanistan, all’Iraq, per citare i casi più recenti) di cui vorremmo vedere al più presto la fine. Affinché le parole pace e libertà, ripetute all’infinito in questi giorni, riacquistino il loro reale significato e non siano il segno di un’ipocrisia senza limiti. Cordialmente, Fabio Martini


La politica e gli invisibili Società. L’astensionismo tra i giovani riguarda profondamente la nostra democrazia e la qualità della politica. Ma tocca ai giovani avvicinarsi o è piuttosto il contrario? E perché le loro richieste di semplificazione dei temi non vengono soddisfatte? di Marco Jeitziner; illustrazione ©Lucia Marchetti

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Agorà 4

a tempo il fenomeno dell’astensionismo dei giovani rimbalza sui media ogni qualvolta si è chiamati a votare su questo o quell’altro tema comunale, cantonale o federale. Come di consueto si lancia l’allarme e si tenta in tutti i modi di invertire questa tendenza che stride proprio perché si verifica nella “più antica democrazia del mondo”. Sembra paradossale, e infatti lo è. La maggior parte degli attori auspica che siano i giovani, tendenzialmente dai 15 ai 25 anni, ad avvicinarsi di più alla cosa pubblica, al senso di cittadinanza. Ma è davvero colpa loro o è la politica degli adulti che li snobba e li allontana? Già, perché i tentativi non mancano: consigli cantonali dei giovani, sessioni dei giovani a Berna, incontri tra giovani votanti ed elettori svizzeri (Polittour), didattica e nuovi media (Easyvote), le proposte (sempre bocciate a livello nazionale) di abbassare a 16 anni il diritto di voto ecc. Eppure...

Uno approccio sbagliato? Il problema pare più filosofico. Platone sosteneva che: “I giovani di buona qualità vanno educati alla filosofia, e non alla carriera politica”, altrimenti impareranno solo “la scienza di adulare il padrone con le parole e di guadagnarsene la benevolenza con i fatti”, quindi “non devono conoscere la strada che porta alla piazza, né dove si trovi il tribunale o il palazzo del consiglio, o qualche altra sede di riunioni pubbliche della città. (...) Intrighi di eterie per cariche pubbliche, e convegni e pranzi e festini (...) neppure per sogno deve venire loro in mente di fare”1. Evidentemente oggi accade esattamente il contrario. Spesso è la politica che cerca (per non dire “manipola” o “strumentalizza”) l’elettorato giovanile quasi esclusivamente per interessi di parte (partitici, personalismi, scopi elettorali, ecc.). Lo slogan di questa politica è che tocca ai giovani avvicinarsi, interessarsi, farsi avanti, candidarsi, recarsi al voto, e così si lascia intendere che la cosa pubblica sia lontana, astratta, altera, oscura, roba “per vecchi” ecc., come se i giovani (e le tematiche giovanili) non facessero già parte della società che la politica deve gestire. Questo approccio ha qualcosa di irritante perché denota un atteggiamento che definirei “caritatevole” e di “sudditanza”. Prendiamo l’esempio del Consiglio cantonale dei giovani, iniziativa legittima e giusta ma che, appunto, conferma l’errore di fondo. Venne proposto nel 1996 da un politico (un avvocato che pochi anni dopo cadde in disgrazia per certi suoi affari) al governo a mo’ di spazio di confronto

per i giovani, come se non esistessero già vari consessi, istituzionali o spontanei. Come se i 15-25enni non siano da sempre oggetto del governare, anche solo per il fatto che possono essere figli degli stessi governanti. Parlamento e governo ovviamente approvarono, ma mossi più dall’etica o dall’interesse? Probabilmente da entrambe le cose. Nel 2001 si tenne il primo forum dei giovani e da allora è un susseguirsi di richieste di attenzioni indirizzate ai politici adulti (peraltro non sempre esaudite, come vedremo). Ma chiediamoci: se la classe politica fosse davvero interessata ai giovani – proposito riguardo al quale avanzo parecchi dubbi – perché è nell’interesse della politica stessa farlo, allora tutte le iniziative citate all’inizio, così come le sezioni giovanili dei partiti, non dovrebbero nemmeno esistere. Detto altrimenti, se i politici scendessero dal loro piedistallo e andassero verso i giovani, come accade con tutti gli elettori, forse verrebbe davvero riconosciuto il loro ruolo di cittadini di fatto e non “di opportunità”. Non è forse una mera pretesa, retorica e un po’ ipocrita, continuare a battere lo slogan (tanto abusato che è, appunto, ormai privo di significato) secondo cui i giovani devono avvicinarsi alla politica, quando sono gli stessi politici che non fanno (quasi) mai un passo verso di loro? Parecchie analisi, checché se ne dica, affermano che la politica è più esclusiva e classista di quanto si pensi. Quindi, se “i giovani sono il nostro futuro” quale futuro si potrà mai progettare se si parla più di loro che non con e, come vedremo, per loro? Trent’anni di crisi L’astensionismo giovanile è vecchio di almeno trent’anni e mi limito a citare il passaggio di uno studio dell’università La Sapienza di Roma2: “Se negli anni sessanta e settanta molti giovani erano impegnati nel tentativo di trasformare complessivamente la società ed erano molto interessati ad ottenere sicurezza sociale ed economica, a partire dagli anni ottanta si sono spostati su nuove forme di partecipazione politica, focalizzate su temi più circoscritti e di breve termine”, si legge. “Di fronte all’assenza di una risposta concreta da parte delle istituzioni politiche, i giovani non hanno risposto né con l’apatia, né – tranne rari casi – con la ribellione, bensì con un cambiamento della forma di impegno attraverso la molteplice vita associativa. Hanno cioè cercato di ottenere spazi di autonomia dallo stato invece di invocare da quest’ultimo risposte, soprattutto laddove si tratta di investire capitale culturale e sociale. Oggi, per riuscire a ritrovare gran parte del consenso perduto dei giovani, i partiti (...)


Circa 10’000 articoli di nostra produzione.

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e le istituzioni repubblicane devono considerare come risorsa le diverse forme di impegno civile e sociale, aiutandole a crescere, fornendo spazi, strutture e riconoscimento, anche quando esse si pongono in termini critici e conflittuali nei confronti delle pratiche istituzionalizzate”. È quello che sta forse accadendo, per esempio, in Ticino? Al lettore darsi una risposta.

Agorà 6

Una tendenza europea Rispetto al nostro paese “molto democratico”, nel resto dell’Europa le cose vanno un po’ meglio. Se guardiamo tutti gli elettori, nel 2006 l’85% dei francesi partecipò alle presidenziali, così come gli italiani alle legislative, un po’ meno gli austriaci (sempre nel 2006) e i tedeschi (nel 2005). Nel 2003 solo il 45% degli svizzeri andò a votare per le federali!3 Certo il tema della votazione ha la sua importanza, ma non sembra modificare di molto la tendenza. Uno studio4 su oltre 8mila 15-25enni di otto paesi (Austria, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Slovacchia e Regno Unito) voluto qualche anno fa dalla Commissione Europea, non lascia scampo. Il calo motivazionale è generale: il 63% dei giovani si dice “non interessato alle vicende politiche nazionali e non per mancanza di idealismo, ma piuttosto per disillusione, scarsa fiducia nei partiti politici, scarso credito alle istituzioni”. A loro non è tuttora chiaro il significato della politica: serve a “risolvere i problemi internazionali”, ad “affrontare i problemi sociali”, sono “vuote promesse”, “corruzione”, un “gioco per gente di una certa età”. Se poi è un politologo svizzero come Markus Freitag (ma non è il solo) a sostenere che i giovani svizzeri “considerano l’attività politica tradizionale troppo dispendiosa e personalmente poco proficua, ma guai a limitare la loro libertà di espressione”5, evidentemente c’è un problema. I grandi cambiamenti sociali, dalla globalizzazione (le questioni politiche travalicano le frontiere) alla digitalizzazione (i giovani preferiscono il voto elettronico), spiegano solo in parte il problema. Il “caso svizzero” Cosa vorrà mai dire che è proprio il nostro paese ad avere il maggior tasso di astensionismo (in generale) rispetto agli altri paesi europei? Tra le cause ipotetiche, spiega il politologo Werner Seitz 6, ci sarebbe lo “stress da voto” che “contribuisce a stancare un po’ l’elettorato” (ogni anno si vota cinque, sei volte, quattro al massimo in ambito federale, più i temi comunali o cantonali7) e il sistema della “concordanza”, per cui “le elezioni non hanno lo stesso valore di quello che caratterizza le altre democrazie parlamentari” (dove si può radicalmente cambiare il governo). Spiegare a un cittadino europeo perché il Consiglio federale rimane al suo posto anche quando si vede bocciata una proposta di legge dal parlamento o dal popolo, non è facile. Quando lo scrittore svizzero Denis de Rougemont tentò di farlo con un francese, quest’ultimo rispose: “ma allora non c’è più politica!”8. La “concordanza”, che è poi un compromesso (e che, come tutti i compromessi, non soddisfa mai tutti e, cosa più grave, fatica a risolvere i problemi in modo definitivo), fa sì che i quattro maggiori partiti svizzeri (UDC, PLR, PPD, PS) si spartiscano le stesse poltrone ormai da quasi mezzo secolo. Sicché votare troppo spesso disaffeziona al voto? Può darsi. Un sistema di maggioranza potrebbe stimolare di più i giovani? Non è da escludere. Ma se il sistema attuale (record mondiale di votazioni e sistema politico di compromesso) non li attrae

più di tanto, come potrà farlo in futuro? Secondo la collega romanda Catherine Bellini, ai politici sembra non interessi risolvere questo dilemma: “i commenti nati dalla mancanza di impegno istituzionale dei giovani e la leggerezza dei ricercatori (dei sondaggi, ndr.) mascherano, però, un problema reale che la classe politica rifiuta di affrontare di petto: l’astensionismo generalizzato”9. E se ai politici va bene così, allora di quale democrazia e politica stiamo parlando? Di sicuro non di qualcosa di comprensibile e intelligibile per tutti. Il tentativo della semplicità Anche alcuni giovani ticinesi hanno evidenziato uno dei problemi principali: la complessità dei temi e il linguaggio oscuro dei testi in votazione10. Credo abbiano ragione, perché oggettivamente non è sempre facile coglierne il senso. Siccome il problema riguarda tutta la fascia della società con un basso livello di formazione11, che senso ha “una democrazia


della loro comunicazione si starebbe abbassando13. Il secondo esempio è Easyvote, cioè la diffusione di materiale di voto semplificato assieme a quello ufficiale, promossa dalla Federazione svizzera dei parlamenti dei giovani. È una buona idea ma ha tre grossi problemi: riproduce l’approccio che critico (tocca ancora ai giovani bussare alle porte degli adulti nei comuni); è molto tardiva (in Ticino risale solo al 2011). Risultato: mentre scrivo solo 15 comuni su 135 e una sola scuola su oltre 25 con allievi aventi diritto di voto vi hanno aderito14 . Come mai, proprio in Ticino, Easyvote riscontri queste difficoltà, lo lascio volentieri dedurre al lettore. Il paradosso federale Se dunque il cantone difende la causa (ne è patrocinatore ma dice va bene così e che non gli compete), se i comuni si defilano, se le scuole hanno altro di cui occuparsi, almeno a livello federale le cose andranno meglio? Macché, rasentiamo il grottesco. Uno dei diritti politici costituzionali è la “libera formazione della volontà” che, credo di non sbagliarmi, in teoria può passare soltanto da messaggi comprensibili a prescindere da età, livelli di formazione, origine culturale, ecc. Ebbene, in pratica mi sbaglio. La scorsa primavera 44 deputati hanno chiesto al Consiglio Federale di generalizzare la diffusione del materiale Easyvote. Risposta: non si può perché questo “diritto alla comprensione” è vietato dalla stessa Legge federale sui diritti politici!15 La legge sembra fatta apposta per questo “inganno”: per il materiale di voto, gli articoli 10 e 11 parlano solo di “completezza, oggettività, trasparenza e proporzionalità”, di “breve e oggettiva spiegazione”, mai di semplicità. L’articolo 25 di quella cantonale parla di spiegazioni “in modo succinto e oggettivo”, che non significa comprensibile o semplice. I teorici del complotto direbbero che il sistema sembra fatto apposta per escludere proprio coloro che, di solito, rappresentano il cambiamento e il progresso, cioè i giovani. Direbbero anche che è proprio così che si contribuisce al mantenimento dello status quo che tanto fa comodo a gran parte della classe dirigente. Senza dubbio, se il sistema vuole che la politica resti complicata e non alla portata di tutti, mi pare che ci stia riuscendo molto bene.

dominata dalle classi sociali medio-alte” si chiede Seitz? Questo non mette seriamente in dubbio “la qualità del nostro sistema politico”? Quanto è cioè davvero democratico un paese la cui democrazia è dominata da decenni da una minoranza di votanti e dalle classi più abbienti? Possiamo legittimamente pretendere che un giovane, a un certo punto, capisca anche ciò che è complicato, ma la domanda di base rimane senza risposta: perché i politici non fanno nulla per semplificare il linguaggio? I dietrologi impazzirebbero. Porto due esempi. Nel 2009 a questa specifica richiesta del Consiglio cantonale dei giovani, il Governo ticinese rispose: “l’opuscolo informativo (ufficiale, ndr.) è già piuttosto coinciso”, le scuole e i media fanno (o dovrebbero fare) il resto12. Mi permetto di osservare che: coinciso non significa semplice; molti docenti hanno già parecchio altro da fare; sempre più giovani snobbano i media tradizionali; rendere semplice cioè che è complicato è arduo; non tutti i media brillano per chiarezza e la qualità

note 1 Da Il filosofo e la politica: i consigli di Platone, e dei classici greci, per la vita politica di L. Grecchi (Alpina, 2007). 2 “Il rapporto tra giovani e politica: elementi per un’analisi sociologica a livello europeo”, M. Falcone (2006), academia.edu. 3 Ibid. 2. 4 “Euyoupart” (2003–2005). 5 “I giovani percepiscono la concorrenza globale”, Barometro della gioventù 2013, Credit Suisse (31.10.2013; credit-suisse.com). 6 “L’astensionismo vince sempre le elezioni in Svizzera” (scuoladecs.ti.ch). 7 Dati della Cancelleria federale. 8 Da La Suisse, ou l’histoire d’un peuple heureux, D. de Rougemont (Hachette, 1965). 9 “I giovani non sono soli a disertare le votazioni”, Il Caffè (20.4.2014). 10 Vedi “Linea rossa”, RSI, La2 (2.11.2014). 11 Ibid. 2. 12 Rapporto del Consiglio di Stato (26.8.2009). 13 Si vedano i rapporti annuali “Qualità dei media” (Istituto Fög, Uni Zurigo). 14 presseportal.ch (15.1.2014). 15 Si veda la risposta del CF del 14.5.2014 al postulato di A. Céline.

Agorà 7


Macchine da guerra La Collection de l’Art Brut di Losanna dedica, sino al 19 aprile, un’importante esposizione monografica all’opera dell’83enne artista francese André Robillard di Daniele Bernardi

Quando ero piccolo mia madre, spesso, diceva che avrei

fatto il pittore. Io ribattevo che no, non sarebbe andata così: “Sommozzatore voglio diventare, sommozzatore”, rispondevo a gran voce. Intanto disegnavo abissi dove nuotavano subacquei e sfogliavo libri sulla fauna marina. Poi, un giorno, mi venne fatto un regalo: era un volumetto di storia dell’arte per ragazzi. Lo aprii e dentro, tra le immagini, trovai una frase di Pablo Picasso: “Mi fanno orrore quelli che parlano del bello. Che cos’è il bello?”. Misi le parole nella mia testa e riposi il libro.

Arti 8

proprio oggetto – la loro è una vera lezione di etica e rigore. Come probabilmente molti lettori sapranno, si tratta soprattutto di persone che non hanno avuto una formazione artistica e i cui vissuti, sovente, sono stati fortemente segnati da condizioni difficili, dolorose (tra essi vi sono sia carcerati che pazienti psichiatrici). Ognuno ha inventato un personalissimo universo creativo e una propria “grammatica”, avvalendosi di mezzi poveri o semplici. I risultati di tali ostinati percorsi non possono che lasciare stupefatti: per questi individui quella dell’arte è stata una scelta imprevedibile, che non riguardava la realizzazione sociale di sé o lo sviluppo di un eventuale talento. Si trattava piuttosto di una strada che andava percorsa perché questa, in un dato momento, era la sola che si potesse intraprendere.

Le profondità dell’Art Brut Devono essere passati almeno vent’anni dal giorno in cui lessi quell’affermazione decisa e ora, che torno nuovamente a visitare la Collection de l’Art Brut di Lausanne in occasione della mostra dedicata al lavoro André Robillard Chiamata alle armi di André Robillard, sento che questa appartiene a un modo di intendere e pensare. E André Robillard è uno degli artisti storici della Collection a essa potrei affiancarne altre, trafugate dalle pagine di de l’Art Brut. Il museo omaggia oggi il suo lungo lavoro con Asphiyxiante culture di Jean Dubuffet (1901–1985), il grande una notevole esposizione monografica che rimarrà aperta artista francese che nel 1945 ideò il concetto stesso di Art fino al prossimo 19 aprile. Contemporaneamente, presso Brut: “«Bello» vuole introdurre qualcosa di completamente il Théâtre de Vidy, è andato in scena lo spettacolo Changer altro. «Bello» vuole istituire una modalità che divenga legge del la vie (su e con Robillard) e nel foyer sono state esposte le gruppo; «bello» vuole statuire e vuole escludere. «Bello» porta opere della collezione Tuer la misère. con sé una implicazione comunitaria; «bello» è un ordine che Il cammino creativo dell’artista cominciò nel 1964, nella mi viene dato. (…) Dove «bello» appare prendete gli occhiali e discarica dell’ospedale psichiatrico che lo ospitava. Racguardate oltre. Dietro c’è il magister con la sua ferula, e dietro cattando e assemblando i materiali di scarto più disparati, Robillard – figlio di un guardiacaccia – decise che di lui il gendarme”. Esplorare quell’insieme di ombrose concavità che è il era tempo “di fare qualcosa della propria vita” e coi resti noto museo losannese è un buon modo, a mio avviso, di raccolti costruì due bizzarri fucili. Il suo medico, il dottor scrollarsi di dosso i tristi valori di una contemporaneità Paul Renard, incuriosito da questi oggetti, ne parlò a Jean culturale che sembra ormai essere più preoccupata dell’ec- Dubuffet. Le opere vennero quindi trasportate a Parigi e il cellenza effimera di un curriculum che di reali necessità pittore, in cambio, fece pervenire del denaro a Robillard. I espressive. Infatti, gli artisti che vedono esposte le loro due pezzi non lo avevano lasciato indifferente: egli trovava opere tra queste pareti, con il loro implacabile gesto crea- “questa produzione molto divertente, gustosa, interessante”. tore, si svincolano proprio da quelli che sono considerati Allora, durante la loro corrispondenza, Robillard propose alcuni degli aspetti fondanti della nostra era mediatica. di “fabbricare per la sua collezione «dei fucili, dei mitragliaEssi hanno lavorato (o lavorano) “soprattutto per loro tori, degli aerei a reazione US, dei bombardieri US a reazione stessi” e nell’ombra, indifferenti al consenso dell’altro. supersonica»”. Al contrario della maggioranza degli individui (e non Ma sarà solo a partire dal 1977, l’anno seguente all’inausolo degli artisti), non sono interessati alle superfici della gurazione del museo che, grazie all’intervento del suo visibilità, ma unicamente alla meticolosa costruzione del primo direttore, Michel Thevoz, André Robillard si metterà


all’opera definitivamente e senza sosta: tuttora, nonostante la miopia e coi suoi ottantaquattro anni, è costantemente in attività e si dedica al disegno, alla scultura, alla musica e al teatro. In questo senso, rispetto ad altri autori dell’Art Brut, egli si discosta un poco dal principio di creazione solitaria, che ignora lo “sguardo altrui”. Come spiega bene Sarah Lombardi, attuale responsabile della collezione, “ha un approccio molto arcaico all’arte, che rimanda al Medioevo: a quell’epoca gli artisti avevano sempre un destinatario accreditato, come una comunità principesca o religiosa. Qui, la comunità per la quale crea è la Collezione dell’Art Brut”. Il tiranno strozzato Robillard, rapportandosi a un eventuale spettatore, schiera la vasta batteria dei suoi armamenti. Questi, fatti di grumi di carcasse che portano i segni delle guerre mondiali, appaiono al contempo letali e inoffensivi. A vederli potrebbero essere usciti da un folle cartone animato che ha come protagonisti dei guerriglieri del dopo bomba. Ma affinando la vista e leggendo, tra le svastiche e le stelle rosse, le sigle sul calcio di ogni fucile (Fusil russe C.C.C.P. T.K.R. 66 rapide, Fusil allemand Germany atomique lunaire, ecc.), non si può non scorgere anche la profonda ironia che emanano questi pseudo-strumenti di morte. Tutta la tracotante arroganza delle tirannie, coi suoi sfarzi e i suoi addobbi (pensiamo, per esempio, alla comicità involontaria delle bislacche divise di Mu’ammar Gheddafi, o a quelle del giovane Kim Jong-un, con le sue accentuate capigliature da teenager), traveste lo scheletro di un’arma-

giocattolo sterile, che non sparerà mai un solo colpo. L’aspetto più geniale di questa critica, forse involontaria, è che ciascuna delle “caricature” è stata forgiata con l’immondizia, cioè con quello che il potere si rifiuta di assumere perché non può che rimandare alla fallibilità umana, alla sua stortura e a una inevitabile disfatta di qualsivoglia deificazione del soggetto (il dittatore può alzare la voce e uccidere quanto gli pare: è con se stesso che ce l’ha e non sfuggirà alla realtà della propria rovina). Alcune delle creazioni di Robillard sono così sovraccariche di ammennicoli che, anche se fossero in grado di fare fuoco, al momento fatidico esploderebbero nelle mani dell’assassino. Ma il carnefice non può comprendere o assimilare questo tipo di discorso, per questo, compulsivamente, continua a mascherarsi gonfiando i propri totem, in attesa dell’autosoffocamento. Come ci ricorda sempre Sarah Lombardi, André Robillard non è soltanto un “armaiolo”, ma da oltre cinquant’anni amplia “un’opera ricca e complessa, che non si limita ai soli fucili”. Infatti, l’esposizione in questione non si limita a questi ma si estende anche all’opera illustrativa dell’artista (molti suoi disegni sono dedicati alla guerra, alla conquista dello spazio, allo sport e alle bestie) e alle statuette che raffigurano il mondo animale. Queste ultime sembrano una voce fuori dal coro nel suo universo perennemente governato dalla macchine da guerra. Cani, uccelli e scoiattoli sono ritagliati nel legno con semplicità infantile. Essi sono leggeri e sfuggenti, forse perché, come lo stesso Robillard, non sono utili al potere.

IL RISULTATO : SI COMMENTA DA SÉ

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onnect» lo conferma: La rivista specializzata «c rete di telefonia Sunrise ha ora la migliore e ltimo test la rete mobil mobile in Svizzera. Nell’u . O» IM TT il voto «O di Sunrise ha ottenuto r, passate anche voi ere Fed r ge Fate come Ro /RF a Sunrise. sunrise.ch


Sport crime

Il grande schermo è morto, dicono gli esperti. Quello piccolo invece continua a crescere, non solo in pollici e in risoluzione, ma anche in contenuti e produzioni, con investimenti importanti. Ecco un esempio “tutto ticinese” di Simon Majek

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L’altra faccia dello sport L’interazione tra i personaggi sarà molto intensa e ad alto tasso umoristico, soprattutto tra la componente sportiva e quella più riflessiva si producono situazioni piuttosto curiose. Ogni episodio si svolgerà in una nazione diversa e riguarderà uno sport specifico, quindi oltre a immagini adrenaliniche e allo svolgimento dell’indagine, ci saranno anche lunghi piani sequenza di paesaggi mozzafiato e probabilmente sconosciuti Serial “made in Ticino” al grande pubblico. Nuovi orizzonti e mille posL’identificazione da parte sibilità in più, dunque, ma degli spettatori è garantita anche maggiore concorrenanche dallo sviluppo delle za. Nella mischia ci si è apvicende umane dei singoli pena buttata la Blullow, un personaggi e dal fatto che giovanissimo marchio telequesta nuova serie si basa visivo di Bellinzona che fa sullo sport, quello vero, che capo a Daniela Scalia e Luca gli appassionati e gli attori Tramontin, due giornalisti e delle singole discipline popresentatori sportivi che da tranno riconoscere come anni calcano il panorama realistico. Insomma, non radiofonico e televisivo navedremo mai un giocatore zionale e internazionale. La Daniela Scalia (fotografia ©Gaia Menchicchi) di hockey che non piega le loro idea: Sport Crime, una fiction televisiva dove lo sport non è solo strumentale, ginocchia all’ingaggio e neppure un cestista che non sa fungendo da semplice contorno, ma diventa protagonista. difendere la palla. L’elemento realistico riguarda anche i Interamente scritta dai suoi ideatori, la serie tratta della contenuti dei casi, come ci spiega la giornalista e coautrice di Sport Crime, Daniela Scalia: “Spesso si tratta di casi realmenSEAM, un’agenzia con sede a Lugano che viene interpellata per indagare su svariati casi legati allo sport, che possono te accaduti che non abbiamo potuto verificare fino in fondo o di spaziare dal rapimento di un atleta, al doping, passando cui non abbiamo potuto o voluto riferire”. Ogni puntata durerà dalla sofisticazione di sostanze chimiche ai sabotaggi. La un’ora e avrà un inizio e una fine, così che sarà possibile godersi appieno ogni episodio anche senza aver per forza SEAM – la cui denominazione deriva dalla cucitura della palla da cricket – può contare su una squadra decisamente visto quelli precedenti. La prima stagione avrà nel mirino affiatata a partire da Dani, un’ex giornalista sportiva che, la pallanuoto, l’hockey su ghiaccio, il cricket, il basket e dopo aver seguito un addestramento nelle forze dell’ordi- il rugby, mentre una puntata riguarderà la preparazione ne, ha fondato l’agenzia di cui coordina tutte le attività. A atletica delle rockstar, un mondo finora poco conosciuto completare la coppia di agenti principali, troviamo Dabs, e incredibilmente interessante. l’analista sportivo ed ex professionista dal passato oscuro e La puntata dedicata all’hockey su ghiaccio sarà interamente dai metodi quantomeno anti-convenzionali, ma in fondo girata in Svizzera, e ci sono già spunti a sufficienza per una buono e con un gran senso di protezione per i più deboli ventina di puntate, di cui otto pensate per un’emittente e i compagni di squadra. Ci sono poi Techno, il giovane francese e dodici studiate appositamente per il mercato hacker esperto di materiali e software sportivi, Legal Lady, USA, a dimostrazione che i creatori della serie TV vogliono l’algida e snob avvocatessa dell’agenzia, Physio, l’elegante fare le cose in grande. Nonostante la parola “crime”, cioè e silenziosa fisioterapista indiana. E infine Him, il vero crimine in inglese, contenuta nel titolo, la fiction non sarà boss dell’agenzia che è anche il proprietario di una grande né pulp né splatter, come capita spesso di vedere in TV, e compagnia telefonica. non ci saranno pistole o inseguimenti. ufficiale: stiamo vivendo l’età d’oro delle serie TV, proprio come negli anni cinquanta capitava per il cinema. Un’evoluzione rapida e spettacolare quella dei telefilm, tanto che ogni paragone con il passato è già anacronistico di suo, visto l’abisso venutosi a creare tra i vari format televisivi… Oppure qualcuno di voi riesce a intravvedere nel detective Gil Grissom di CSI Scena del crimine un riesumato Magnum PI?

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anche il regista sarà probabilmente francese e la direzione dei lavori sarà in mano al produttore e all’emittente maggioritaria, ma Scalia assicura “abbiamo trovato grande rispetto e considerazione del lavoro fatto dapprima dalla Blullow e in seguito dall’associazione con Polivideo. Siamo sicuri che la genesi svizzera non perderà di identità e di valore”. Dallo sport al… rock? Il casting di Sport Crime sarà molto diverso da quello delle altre serie. Ci sarà uno staff tecnico per la parte attoriale, mentre per quella sportiva l’asticella sarà posta molto in alto, come conferma Scalia “quando serviranno pallanuotisti, hockeisti o... rocker, ci rivolgeremo al mondo reale chiedendo anche un buon senso della recitazione”. Secondo indiscrezioni i nomi famosi, anzi planetari, potrebbero esserci, anche se per il momento Luca Tramontin nega tutto... Nell’attesa non ci resta che consolarci con un’accattivante anteprima della fiction sul sito blullow.ch dove, oltre ai creatori che spiegano la serie TV, appare anche Ian Paice, storico batterista dei Deep Purple (e padre di un giocatore di rugby) intervistato a suo tempo dai creatori della fiction. Se già parliamo di musica, impossibile non citare Walter Dal Farra, che ha curato le sigle e arrangiato i temi portanti della colonna sonora composta dall’eclettico Tramontin. “Da cosa nasce cosa” e così, proprio dal pentagramma di Sport Crime, è nato uno spin off, Rock Crime, una serie dedicata alla musica, finalmente protagonista e non più semplice accompagnamento da sottofondo. Ma questa è, appunto, musica del futuro.

Un credito di CHF 10’000.– a un tasso annuo effettivo tra il 9.9 % e il 13.9 % (fascia di oscillazione dei tassi) rimborsabile in 12 rate mensili comporta un costo complessivo compreso tra CHF 521.– e CHF 723.20. Il tasso d’interesse dipende dalla solvibilità del cliente. Avviso secondo la legge: la concessione di crediti è vietata se conduce a un indebitamento eccessivo (art. 3 LCSI). CREDIT-now è un marchio di prodotto di BANK-now SA, Horgen.

Segnali promettenti Fin qui tutto bene, ma in pratica quando potremo rilassarci sul divano e goderci Sport Crime in televisione? Difficile rispondere, ma proprio per “evitare che la birra si sgasi”, come direbbe Luca Tramontin, la Blullow ha scelto di associarsi a Polivideo, un’azienda grande ma al contempo molto elastica, con la quale si è presentata lo scorso ottobre al MIP, il Mercato internazionale dei programmi televisivi del Festival di Cannes, per promuovere Sport Crime. “La ricezione è stata ottima” esclama Scalia, “sui contenuti sono stati tutti unanimi: è un prodotto che funziona e che non esisteva prima!”. Grazie a una documentazione ampia e accurata, volta a presentare l’idea non solo dal punto di vista creativo, ma anche da quello della produzione e dei possibili sviluppi multimediali (un tema molto sentito in questa epoca di dispositivi mobili e internet), dal Canada alla Nuova Zelanda, sono in molti ad aver espresso il proprio entusiasmo. A livello internazionale vigono dei paletti legati alle direttive delle commissioni dei film dei singoli paesi e solitamente ci si lega a un produttore maggioritario e a un’emittente. Per Sport Crime, dopo l’esperienza di Cannes, il panorama che si sta consolidando è prettamente europeo, con la partecipazione maggioritaria di un grosso produttore francese che sta lavorando con Polivideo per unirsi a due delle più grandi emittenti francesi. Dal punto di vista della scrittura questo significa che ci saranno dei piccoli adattamenti da fare per ambientare qualche caso in più in Francia e avvicinarsi allo stile narrativo e registico francese, che è già quello che più affascina i creatori di Sport Crime. Gioco forza, a questo punto

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N

on ho mai invidiato chi lavora in ufficio, magari al caldo e al sicuro tra i muri di una banca. La vita vera è sulla strada. Ogni settimana macino qualche migliaio di chilometri girando in camion tra la Svizzera e l’Europa. Da trentacinque anni guido un autoarticolato e non posso immaginare di fare altro. La passione per il camion nasce da lontano. Probabilmente la devo ai racconti di mio padre che ha lavorato in Francia come boscaiolo e ha guidato degli automezzi. A catturare però la mia attenzione è stato un signore che ci portava le granaglie per le galline e i conigli e arrivava a Mendrisio con un vecchio Saurer. Il momento più atteso era quello in cui mi attaccavo a uno specchietto laterale del camion e percorrevo, appostato sul predellino, il tratto che separava il cortile dal cancello. Ebbene sì. Lì mi sentivo un re e chissà cosa avrei dato per guidare un mezzo del genere. La mia è stata un’infanzia felice trascorsa fra i campi e i prati di Mendrisio. Giocavamo a nascondino sugli alberi, nella vigna e sul fieno. Ci si divertiva con poco. Allora si viveva meglio. Si usciva di casa e si lasciava la porta aperta. Oggi tutto questo è impensabile. Ho visto Mendrisio trasformarsi nel tempo: della sua identità rurale ora rimane solo la fiera di San Martino. Anche qui è cambiato tutto e i pesciolini secchi, che ho tanto amato da bambino, hanno lasciato il posto al kebab. La vita contadina con i suoi ritmi mi è rimasta dentro e mi ha trasmesso l’attaccamento al lavoro e il rispetto per l’ambiente. Tuttavia il mio chiodo fisso è sempre stato il camion forse per quel senso di libertà che si prova viaggiando. Dopo la scuola per disegnatore edile ho fatto il servizio militare a Thun e la mia fortuna è stata quella di svolgerlo come autista. Lì è scattata la molla. Ho deciso che avrei fatto il camionista e che avrei guidato un autoarticolato. Avevo vent’anni quando ho iniziato a fare questo lavoro. Alla stessa età mi sono sposato con Michela che nel tempo si è dimostrata una compagna di vita e una madre eccezionale. Ha dovuto spostarsi da Lugano a Stabio e le mancava la sua città. Ci sono stati momenti duri. Una volta l’ho chiamata da Monaco, lei era triste e

mi chiedeva di tornare presto. Le nostre due figlie da piccole mi hanno visto poco. In certi momenti hanno rischiato di chiamarmi zio. Ero tutto per loro solo nei weekend. A un certo punto ho cercato di cambiare lavoro e di dedicarmi ai trasporti giornalieri magari con il camion da cava. È stata mia moglie a dirmi: “Lascia stare! Questo non è il tuo lavoro. Tu sei abituato a macinare chilometri”. I cantoni li conosco come le mie tasche. Amo la Svizzera da cartolina del Grigioni per non parlare del romantico Appenzello, tra colline e declivi con fattorie sparse nel verde. Non si contano i viaggi in Italia dove ci sono paradisi come il Trentino e la Toscana, ma altre regioni fanno riflettere sulla cultura del menefreghismo dilagante. Al confine con l’Ungheria ho visto le cose più strane: un autista aveva in cabina un orsacchiotto vero, e non di peluche, mentre un altro teneva con sé un pitone. Io ho avuto per compagno di viaggio un cucciolo di dobermann che ho salvato da morte sicura: l’ho trovato attaccato a un guardrail con un collare a strozzo. In Spagna mi fa impazzire la voglia di lavorare dei miei colleghi. I francesi non sono male, tuttavia hanno un po’ la puzza sotto il naso. Lavorare con i tedeschi è l’ideale: puntualità e correttezza sono nel loro DNA . Gli automezzi rispetto a trent’anni sono evoluti in meglio... al contrario sono peggiorate le autostrade per via del traffico. Credo che AlpTransit sia un buco nella montagna che non porterà i vantaggi sperati, mentre il secondo tubo della galleria autostradale del San Gottardo, che consentirebbe un flusso di traffico bidirezionale, è una reale necessità. Mi rilasso andando a pescare nei laghetti alpini in alta Leventina. Quello che catturo lo regalo agli amici dato che in famiglia nessuno mangia pesce. Il momento peggiore della mia vita è stato quando un incidente mi ha costretto all’immobilità per mesi. Ho subito dieci interventi; ero arrabbiato con il mondo. Michela è stata fondamentale. Lei è paziente, tenace e rispetta il mio lavoro.

UMbErTO GAMbA

Vitae 12

Spirito libero, nel corso della sua carriera ha percorso con il camion milioni di chilometri tra la Svizzera e l’Europa. Perché la sua passione è la strada, lungo la quale ha conosciuto luoghi e persone, popoli e paesaggi

testimonianza raccolta da Stefania Briccola fotografia ©Flavia Leuenberger


Street art

Disegnare lo spazio urbano di Keri Gonzato; opere ŠNevercrew

Imitation of Life n. 8, 2013


Due artisti hanno deciso di utilizzare il mondo e gli spazi urbani come luogo per le loro realizzazioni. Una scelta che li ha portati a leggere la realtà di oggi come un complesso sistema vivente attraverso l’utilizzo di simboli e allegorie Nevercrew: un nome intrigante sotto cui operano dal 1996 due artisti visivi ticinesi. Nello spazio tra Pablo e Christian transitano sogni che prendono forma sui muri del mondo trasformati in superfici capaci di offrire domande, risposte, riflessioni, bellezza, paure, ansie contemporanee, speranze e contrasti. “La discussione è alla base del nostro modus operandi”, affermano i due street artist, “al centro del nostro


dialogo affiorano concetti chiave come il meccanismo e la composizione, parti, memoria, scelta, relazioni, conflitti, esplorazione, empatia e surrealtà”. La discussione, nasce dalla loro relazione artistica per poi espandersi verso i luoghi aperti. Pablo e Christian, formatisi come artisti di strada, per la natura della loro arte conservano un rapporto particolare con lo spazio… È sulle pareti del mondo che la loro arte passa dalla dimensione impalpabile dell’idea immaginata a quella di opera d’arte fruibile dal pubblico. Le loro visioni grafiche nascono e si sviluppano su superfici di ogni genere. Finestre dicotomiche in bilico tra reale e surreale, sogno e incubo. Balene giganti sommerse dalla macchina tecnologica che tutto fagocita, ingranaggi enormi che in una tempesta di interazioni danno vita a cubetti colorati di idee, astronauti alla ricerca di risposte cosmiche. I loro murales parlano di vita, di contemporaneità, del dialogo infinito che l’uomo ha instaurato con la natura nel momento in cui si è separato da essa. Una conversazione in cui oggi la tecnologia riveste un ruolo molto complesso per la sua capacità di analizzare, controllare, separare, collegare, estrapolare, ma anche creare e distruggere. In orbIta Pablo e Christian riflettono su queste dinamiche in modo elastico e aperto. Osservando le loro opere si percepisce la sensibilità ambientale sottostante che si manifesta in un senso di allarme e di rischio incombente… Ciò nonostante, il loro approccio non giunge a conclusioni e non si limita a giudizi riduttivi. Il duo spazia dal bianco e nero, mettendo in scena scenari drammatici, al colore che al pubblico arriva come uno schizzo di speranza. Creano maxi allegorie della realtà in cui la natura e l’artificio si guardano dritto negli occhi. Se transitate nel sottopassaggio di Monte Carasso sarete spiazzati dall’enorme gorilla rinchiuso dal cemento: in mano tiene il telecomando di una pista di macchinine, riferimento diretto all’autostrada sovrastante. L’opera dal titolo Under Control è accompagnata da una frase: “Ognuno si muove, sin dalla nascita, su strade, mezzi, pensieri e pianeti Lenzburg Prison, 2013; in basso: Facebook Dublin, 2014


Lenzburg Prison, 2013

che percepisce come se fossero sempre stati lì così come sono adesso e come se gli fossero sempre appartenuti”. E a riguardo, hanno idee piuttosto chiare: “Il nostro interesse primario attualmente è quello di portare avanti, in modo dinamico e aperto, la ricerca di un linguaggio capace di rappresentare la realtà come un complesso sistema vivente, formato da un insieme di parti distinte”. Dalle pool dello skatepark di Lugano alla Stroke Urban Art Fair di Monaco, Nevercrew è una realtà creativa mobile e in continuo sviluppo. Il duo di artisti alimenta sinergie

geografiche, dialoghi spaziali e rimane sempre aperto a nuove possibilità. Oltre a ricoprire i muri di immagini sorprendenti Christian e Pablo hanno creato copertine per album musicali, scenari per produzioni cinematografiche e installazioni tridimensionali. Nel 2014 hanno partecipato al progetto “On identity and fingerprints”, promosso dall’Ambasciata Svizzera al Cairo e sostenuto da Pro Helvetia, creando un murales nella capitale egiziana. Hanno realizzato un dipinto a Belgrado per il Mikser Festival e uno per l’Urban Art Festival di Winterthur. Una


Pablo Togni (a sin.) nato a Bellinzona nel 1979 e Christian Rebecchi, luganese, classe 1980, hanno frequentato lo CSIA (Lugano) e nel 2005 si sono diplomati in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Da allora con la denominazione di Nevercrew si sono distinti sia come street artist sia come pittori, partecipando a numerose mostre e manifestazioni di livello nazionale e internazionale. tra l’altro, hanno collaborato come art director nel film “Tutti giù” (2012) di Niccolò Castelli.

delle ultime scintille scaturite da questo brillante duetto è finita sulle pareti dei nuovi spazi Facebook a Milano e a Dublino, suddivisa in una serie di murales dedicati ai processi legati alla nascita delle idee. Il giovane duo è in orbita: preparatevi a sentire parlare di loro… Mentre scrivo queste righe sorrido con piacere nel vedere che un amico condivide in Facebook un articolo di Matadornetwork che li inserisce tra i trenta grandi nomi della street art a livello mondiale. In questi primi mesi dell’anno li aspettano due mostre personali, una a Basilea e l’altra a

Torino, e in marzo, mi dicono con soddisfazione, parteciperanno al festival berlinese promosso da Urban Nation Berlin, uno dei progetti europei più importanti attivi nella promozione della street art. Si muovono con naturalezza dal locale al globale e viceversa. La dicotomia è del resto l’elemento incendiario che attiva la loro creatività. Dalla polarità tra due sezioni diverse scaturisce l’energia delle loro immagini. In questa tensione, che alterna incontro e separazione, si libera l’energia che alimenta gli ingranaggi della Nevercrew.


CON LA NEVE ALTA COSÌ... Tendenze p. 42 | di Marisa Gorza

Le feste natalizie con il surplus di convivialità, di tavolate, di mangiate e di brindisi programmati e non, hanno messo a dura prova la vostra silhouette? Gli impegni di lavoro vi fanno correre come pazzi a destra e a sinistra senza sosta? Datevi una pausa, regalatevi una settimana bianca o almeno un candido weekend. Direzione le alte vette, magari quelle nostrane che, come è noto, sono votate a tutti gli sport per guizzare e volteggiare su distese innevate o su piste di ghiaccio

stilistico è ispirato ai mitici anni di Zeno Colò, quando la Valanga Azzurra vinceva i mondiali di Oslo indossando una tuta aerodinamica studiata ad hoc dalla maison. Tagli ergonomici per la giacca da uomo che segue il corpo nei movimenti grazie a inserti coloratissimi (o rubino o blu prussiano o giallo senape) e bioelasticizzati, in netto contrasto cromatico con il nero profondo dei pantaloni, realizzati in poliammide imbottita con speciali microfibre e trattata con il “Trinsulate Insulation” che trattiene il calore del corpo. Addirittura il completo è caratterizzato da una tecnologia radar avanzata che permette una veloce localizzazione in caso di una malaugurata valanga. Stampa optical per la tuta al femminile, dove il tipico binomio bianco e nero crea ghirigori specchiati sulla giacca e bande laterali contrastanti, dall’effetto snellente, sul pantalone aderente (3).

Partiamo da un soffice maglione della collezione invernale Comptoir des Cotonniers (4) in calda lana melange che mescola toni di grigio, nero e panna in una infinità di punti tricottati in rilievo. L’essenza cocooning è data anche dal grande collo risvoltato che avvolge come una coccola. Si sposa con il pantalone taglio jeans, cinque

OGGI NON MIVA DI SCIARE

Neve soffice e pendii immacolati rappresentano un richiamo da brivido per sciatrici e sciatori provetti, ma come la mettiamo con le condizioni meteo? Ci pensa Colmar (1), marchio icona degli sport invernali, a proteggere i temerari dalle sferzate del vento e del nevischio con le sue tute da sci sempre al passo con le innovazioni high tech e i fashion trend. Con la linea Signature, evoluzione dell’heritage del brand, l’azienda presenta capi di tendenza realizzati con un tessuto waterproof dalle altissime performance e traspirabilità. Il mood

Tuttavia cosa succede se qualcuna sentendosi un po’ pigra decide di dedicarsi al relax, alla contemplazione dei monti, alle passeggiate in paese dove gustarsi la cioccolata calda spettegolando con le amiche, od optare per gratificanti sedute nelle confortevoli SPA che si trovano in ogni residence e hotel? Se il weekend è breve e la voglia di fare sport è scarsina… vediamo di comporre a mo’ di puzzle un guardaroba perfetto, sia come after ski che come tenuta montagnarde per chi, momentaneamente, è allergico alle fatiche di levatacce, risalite e spericolate discese dal Diavolezza. tasche, in velluto elasticizzato tinto in un malizioso color granata (2). Per riscaldare il tutto ecco un femminilissimo duvet-coat di French Connection (5) in vera piuma d’oca, dalle divertenti trapuntature arricciate e ampio collo in pelliccia, nel più autentico e disinvolto stile alla francese. Per sciare e non, per dare un tono chic alla camminata attraverso il villaggio, o semplicemente per non passare affatto inosservate.


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Per i sapori dei miei pascoli. Il latte di montagna di Bruno Ambßhl nasce sui rigogliosi pascoli attorno a Hergiswil am Napf a ben 760 metri d’altezza. Erbette aromatiche, mucche in piena salute e contadini fieri del loro mestiere danno vita a un inconfondibile prodotto Pro Montagna. Per ogni acquisto viene versato un contributo al Padrinato Coop per le regioni di montagna, in questo modo le nostre montagne continueranno a vivere. E noi potremo gustare anche in futuro prodotti di montagna autentici. www.coop.ch/promontagna

Per le nostre montagne. Per i nostri contadini.

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Il re dei boschi di Natascha Fioretti; illustrazioni ©Simona Giacomini

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er chi non lo sapesse Rovio, quello splendido paesino ai piedi del Monte Generoso che fu anche meta e ispirazione del premio Nobel Gerhart Hauptmann per la sua opera L’eretico di Soana, è il paese dei gatti. Sì proprio così. Per questo motivo sullo stemma comunale di Rovio (Röv,, in dialetto), è rappresentato un gatto nero in posizione eretta su sfondo giallo. E per questo i suoi abitanti sono soprannominati gatt. E oltre a loro, simpatici e cordiali, di gatti, quelli a quattro zampe, qui se ne incontrano parecchi, quasi sapessero che questo è il loro posto. Ce ne sono di tutti i colori, grigi, rossi, bianchi, a macchie e sono tutti belli, grossi e panciuti. Si incontrano nei vicoli, su per le vigne, a ogni angolo ce n’è uno lì che ti aspetta e ti parla. Non sono randagi ma vivono fuori, all’aria aperta in un contesto cat friendly, diremmo in inglese. Rientrano solo per mangiare o, d’inverno, quando fuori fa davvero troppo freddo. Tra loro ce n’è uno strano che canta fuori dal coro. Sarà perché non è di queste parti. Silvestrino viene infatti dalla Toscana, dalle verdi colline della provincia di Grosseto, dove la natura è meravigliosa ma dove i gatti non hanno vita facile perché sono per lo più randagi e nessuno si occupa di loro, soprattutto da un punto di vista veterinario. Ma la sua provenienza non è l’unico motivo anche se di certo sarà la ragione della sua coriacità e forza d’ani-


mo. È un po’ rustico proprio come si dice degli abitanti della Maremma. A renderlo strano e immediatamente riconoscibile è la sua struttura: lui non è un gatto pacioccone, è un tipo smilzo. Sì, mangia quanto e più degli altri, ma resta un gatto smilzo. Per di più piccolo. Ha già quasi due anni ma ne dimostra appena uno. Poi non è vivacissimo, non salta a destra e a sinistra, non si arrampica, gioca poco. Ma ha due occhi verdi e profondi, ciglia e baffi lunghissimi che riempiono tutto il vuoto attorno alla sua magrezza e alla testolina, sempre piccina. Ma gli occhi, quelli sono grandi e intensi. E poi le fusa, le sue fusa si sentono da lontano. Per questo gli abitanti di Rovio avvertono la sua presenza anche quando non è visibile: dalle fusa che si propagano nell’aria e all’orecchio giungono all ’orecchio come un dolce canto di sirena. E poi Silvestrino custodisce un segreto: ama i boschi. Nel nucleo ci sta poco. Chi lo cerca lo sa, lo trova sul sentiero che porta alla cascata del Botto. Da quando è arrivato dalla Toscana vive lì. Ama nascondersi tra gli gufi,, la sera mangia alberi, di notte ascolta i gufi con i camosci e le caprette selvatiche. Nessuno sa dove si trovi esattamente la sua tana. Ma chi si avventura sul sentiero, sa che lo incontrerà. Silvestrino, infatti, quando non è in altre cose affaccendato, ama accompagnare fino gli ospiti del bosco fi no alla cascata. Non va oltre. Si ferma lì. A volte si nasconde sotto il grande cespuglio prima dell’ultima roccia per ripararsi dall’acqua, che cade come pioggia, e aspetta. Aspetta che passata la meraviglia e lo stupore per quello che è uno spettacolo della natura, gli ospiti del bosco estasiati e felici si incamminino sulla via del ritorno. I più fortunati riescono a vedere anche l’arcobaleno che spesso si forma e si specchia sulla roccia. I più felici persino due arcobaleni in una volta. Ma Silvestrino, appunto, non sempre si palesa. Forse va a simpatia. Quando avverte la presenza di anime belle si unisce volentieri. Ma chiun-

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que dotato di candida sensibilità può avvertirne la presenza chiudendo gli occhi: avvolto nel fragoroso tambureggiare dell’acqua, che libera e impetuosa si lancia spavalda dalle rocce, sentirà le sue fusa come un canto di foglie tra gli alberi. In particolare, ci riescono i bambini. Silvestrino li adora. Quando li incontra racconta loro un sacco di storie. Storie del bosco, di gnomi e di fate. Storie di animali. Con loro si diverte a correre e a giocare. Lui, solitamente così zen e pacato, con i bimbi si scatena. Gli sorride. Gli racconta la sua storia e delle verdi colline della Toscana che un giorno vorrebbe tornare a visitare. Se non ci siete mai stati, venite a Rovio a conoscere i gatti. Vi auguro di incontrarlo Silvestrino, gatto smilzo, baffi,, tutcon lunghe sopracciglia e folti baffi to macchiato di nero e di bianco. O almeno di udirne la voce.


La domanda della settimana

Alcuni giorni fa il traforo autostradale del San Gottardo è stato teatro di un nuovo incidente: il raddoppio del tunnel è l’unica via per garantire la sicurezza di chi lo percorre?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 29 gennaio. I risultati appariranno sul numero 6 di Ticinosette.

Al quesito “Riterreste giusto introdurre un limite temporale per le cariche di sindaco nei comuni con più di cinquemila abitanti?” avete risposto:

SI

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NO

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Astri ariete Incanalatevi verso le frequenze più elevate e fate “tombola” con voi stessi. Successi professionali inaspettati per i nati nella seconda decade.

toro Bene dal 28 gennaio in poi. I nati nelle prime due decadi potranno con la collaborazione del partner iniziare un progetto a due di una certa importanza.

gemelli Stanchezza. Prima di puntare su un obiettivo dovete fare prima maggiore chiarezza su quello che vi sta veramente a cuore. Riposo tra il 29 e il 31.

cancro Abbandonatevi a Cupido. Momento sentimentale propizio. Tra il 25 e il 26 potreste essere colpiti da un improvviso malumore (Luna in quadratura).

leone È venuto il momento di osare. Stanchezza ancora fino al 27 per i nati nella terza decade osteggiati da Marte. Siate meno irascibili con il partner!

vergine Con Marte e Venere in opposizione la vita affettiva imbocca le strade più trasgressive. Non riuscite a resistere alle tentazioni. Instabili il 29.

bilancia È il momento buono per avviare una trattativa o per riprendere un progetto abbandonato per mancanza di iniziativa. Siate creativi e propositivi.

scorpione Con l’arrivo di Venere, dal 27 in poi, potete iniziare ad addolcire ogni vostra posizione. Periodo produttivo per i nati nel segno, spronati da Marte.

sagittario Liberatevi dallo stress altrimenti potrebbero risentirne i rapporti familiari. Atmosfere trasgressive per i nati nella prima decade.

capricorno Non rimandate le vostre scelte. Aiuti da parte del partner. Incremento della vita sociale e mondana a partire dal 27. Incontri e colpi di fulmine.

acquario Colpi di fulmine e atmosfere romantiche. Cambiamenti per quanto riguarda i nati nella prima decade pronti ad affrontare un progetto a lungo termine.

pesci L’arrivo di Venere porta una ventata di passione. Gelosia alle stelle. State attenti a non farvi un inutile film. Influenze nettuniane. Sogni premonitori.


Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 6

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 29 gennaio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 27 gen. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Ecchimosi, lividi • 10. Fiore lilla • 11. Verme solitario • 12. Vendite all’incanto • 13. Preposizione semplice • 14. Dopo Cristo • 15. Magia, incantesimo • 18. Antica città dell’isola di Creta • 19. Ginevra sulle targhe • 20. Il dio bifronte • 23. Dentro il • 25. Scoscendimenti • 26. L’amica di Braccio di Ferro • 28. Negazione bifronte • 30. È simile alla teina • 31. Né mie, né tue • 32. Assicurazione Invalidità • 33. Motoscafo armato • 34. Consonanti in ruolo • 36. Una delle tre Moire • 37. Antipatica, detestabile • 40. Nel centro di Carona • 41. Si affiancano spesso ai mari • 42. Mezza base • 44. Pesci prelibati • 45. Romania e Norvegia • 46. Preposizione semplice • 47. Guardaroba • 50. Lo spinto del sarto • 51. Abili nuotatrici. Verticali 1. Commedia di Pirandello • 2. Il noto Welles • 3. Un esplosivo • 4. Mosca soporifera • 5. Un tipo di penna • 6. Belve striate • 7. Si contrappone a off • 8. Rifugi fra i rami • 9. L’Ortis di Foscolo (J=I) • 16. La fine di Aramis • 17. L’eterno ragazzino della canzone italiana • 21. Dittongo in giada • 22. Poppante • 24. Articolo spagnolo • 25. Paura in gergo • 27. I confini di Vezia • 29. L’ha buono chi ha fiuto • 35. Combattimento • 38. La Day del cinema •39. Antidoto • 42. Il bel Pitt • 43. Paladino • 48. Consonanti in mania • 49. Pari in piano.

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Soluzioni n. 2

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Carta giornaliera. La scelta giusta per circolare liberamente tutto il giorno.

CASTELLO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono stati sorteggiati: I. Calderara, Castione O. Piatti, Locarno A. Agustoni, Bellinzona

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Premio in palio: tre carte giornaliere “Arcobaleno” Arcobaleno mette in palio una carta giornaliera di 2a classe (per tutte le zone; il valore complessivo dei premi è di CHF 160.80) a tre lettori di Ticinosette che comunicheranno correttamente la soluzione del Concorso.

La soluzione del Concorso apparso il 9 gennaio è:

Con la carta giornaliera si viaggia tutto il giorno all’interno delle zone prescelte, interrompendo e riprendendo il viaggio quante volte si desidera, fino alla fine dell’esercizio. È possibile acquistare anche la multi giornaliera, che offre 6 viaggi al prezzo di 5.

Complimenti ai vincitori!

Svaghi 47


Swisscom TV 2.0 con internet – ora 3 mesi a metà prezzo. Ad esempio

* In caso di nuova stipula di un pacchetto Vivo (escluso Vivo light) entro il 31 gennaio 2015, durante i primi 3 mesi la metà del canone mensile è regalata (esempio: Vivo XS senza telefonia di rete fissa durante 3 mesi a CHF 37.–/mese anziché CHF 74.–/mese). L’offerta non vale per gli attuali clienti Vivo. Durata minima di contratto di tutti i pacchetti Vivo: 12 mesi.

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