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l’analisi LAVORI IN CORSO PER IL METAVERSO Possiamo scommettere che una delle parole chiave del 2022 sarà metaverso. Non soltanto perché questo termine l’ha usato recentemente Mark Zuckerberg per descrivere la propria idea del futuro dei social network (per poi annunciare, a fine ottobre, il cambio di ragione sociale della sua azienda da Facebook a Meta). Ma anche perché altri colossi tecnologici, come Microsoft e Nvidia, stanno lavorando per costruire un’offerta di software e servizi di realtà aumentata e virtuale. Dove sta la novità, se queste tecnologie sono disponibili sul mercato da anni? In effetti la novità è soprattutto concettuale, sebbene nella costruzione del metaverso siano fondamentali anche tecnologie come i processori grafici, i visori, la computer vision, i sistemi di comprensione del linguaggio naturale e in generale il machine learning. Le società digitali oggi spingono per allargare i confini della realtà aumentata e virtuale, per farla uscire dalla nicchia dei videogiocatori altospendenti e delle applicazioni verticali (ingegneria, edilizia, logistica, chirurgia e altri settori che impiegano gli smart glasses). Nelle intenzioni di Zuckerberg, il metaverso toccherà ogni prodotto realizzato dalla sua azienda, dunque non solo di Facebook, e potrà essere fruito attraverso telefoni e Pc ma anche occhiali di realtà aumentata e visori di realtà virtuale. Il Ceo si dice convinto che in futuro potremo “trasportarci istantaneamente, in forma di ologrammi” in ufficio, a un concerto
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DICEMBRE 2021
o a casa dei nostri genitori. All’interno di questa dimensione sarà possibile fare di tutto, incontrarsi con gli amici o lavorare, studiare o giocare, fare acquisti o realizzare progetti creativi. Sarà un modo diverso di fare cose già note (come guardare la Tv online, videogiocare o trovarsi con i colleghi in videoconferenza) ma anche per vivere esperienze totalmente nuove. A tal fine non basterà aggiungere la terza dimensione, creando scenari immersivi fruibili con la vista e con l’udito: servirà anche il tatto. I laboratori di ricerca e sviluppo di Facebook stanno mettendo a punto un prototipo di guanto robotico con tecnologia aptica, che associato a visori potrà consentirci di “manipolare” il mondo digitale. Con elevato realismo potremo giocare una partita a scacchi con un avversario che sta dall’altra parte del mondo, o semplicemente scrivere su una tastiera virtuale sentendo il peso e il “click” di pulsanti immateriali. Per Meta, queste e altre possibilità aprono infiniti scenari di monetizzazione tramite pubblicità. Per Microsoft, invece, il metaverso sarà “una nuova versione o una nuova visione di Internet, nella quale le persone si trovano per comunicare, collaborare e condividere attraverso una presenza personale virtuale su qualsiasi dispositivo”, ha spiegato John Roach, Cto Digital Advisory Services dell’azienda di Redmond. Il primo passo sarà l’esordio di nuove funzionalità all’interno di Microsoft Teams: sarà possibile, per esem-
pio, partecipare a una videoconferenza attraverso un avatar e si potranno creare degli spazi virtuali per gli incontri di lavoro. Microsoft è convinta che queste modalità possano servire a rendere più coinvolgente, empatica e produttiva la comunicazione. Altra declinazione del metaverso è quella di Nvidia, che sta portando nuove funzioni di realtà virtuale e simulazione in Omniverse, una piattaforma di digital twin per grafici, creativi, architetti, ingegneri, progettisti e sviluppatori software. Una delle nuove applicazioni introdotte permette di creare avatar tridimensionali interattivi, che oltre a muoversi nello spazio digitale possono anche vedere, ascoltare e parlare. Forse però non abbiamo ancora visto nulla e fra qualche mese o anno, quando anche Apple sarà scesa in campo con i suoi (chiacchierati e attesi) visori di realtà aumentata, le frontiere tecnologiche si sposteranno ancora. Le ultime indiscrezioni suggeriscono che arriveranno a fine 2022. Intanto resta un dubbio: abbiamo veramente bisogno del metaverso? Quanto è desiderabile rendere ancora più digitali le nostre vite, già provate dalle ripetute esperienze di isolamento dei lockdown? Forse la prospettiva di una dimensione digitale immersiva, parallela a quella tradizionale di Internet, è desiderabile se questo luogo sapremo frequentarlo a piccole dosi, per attività specifiche e circoscritte. Anche a costo di deludere Mark Zuckerberg. Valentina Bernocco