Impianti Clima - Numero 6 - Anno 2012

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Gli inquinanti coinvolti

I combustibili in uso e in sperimentazione

Le emissioni inquinanti prodotte comprendono principalmente l’anidride carbonica (CO2), il monossido di carbonio (CO), l’anidride solforosa o biossido di zolfo (SO2), gli ossidi di azoto (NOx), gli idrocarburi incombusti (HC) ed il particolato (PM). La quantità prodotta di ciascuno di questi inquinanti, dipende ampiamente dalla composizione del carburante utilizzato e dalla combustione caratteristica del motore installato. L’emissione di CO2 e SO2 è direttamente proporzionale alla quantità del carburante bruciato. L’emissione di SO2 non può essere comunque ridotta tramite misure di progettazione del motore, ma può essere rimossa dai gas esausti attraverso l’applicazione di una unità di desolforazione. Al contrario, la formazione di NOX, CO, idrocarburi incombusti e particolato, è direttamente collegata alle condizioni di combustione; è influenzata dalla temperatura, dal rapporto aria/carburante e dal tempo di permanenza dei gas nelle varie fasi di processo. Le emissioni di questi inquinanti possono essere ridotte attraverso un’accurata progettazione ed un controllo delle condizioni di combustione. Allo stesso tempo, il controllo delle emissioni tramite aggiustamenti delle condizioni di combustione può compromettere l’efficienza dell’impianto, perciò una delle maggiori sfide dei produttori è quella di progettare sistemi in grado di minimizzare la formazione di NOx, CO e particolato in modo da rispondere alla legislazione ambientale, senza per questo compromettere l’efficienza e i costi di gestione. Al di fuori degli interventi sul motore, le tecniche di riduzione impiegate consistono essenzialmente in interventi di “condizionamento” del carburante (ad esempio l’emulsionamento con acqua ed altri additivi) e nell’utilizzo di particolari convertitori o reattori catalitici, divenuti pressoché indispensabili visti i limiti di emissione sempre più restrittivi imposti in sede di autorizzazione.

In Italia, il parco installato delle piccole e medie centrali di cogenerazione è basato prevalentemente su motori a combustione interna alimentati a biogas se a ciclo Otto e ad olio vegetale se di tipo Diesel: mentre i motori a biogas sono indissolubilmente legati alla fonte locale di alimentazione, discarica o digestore anaerobico che sia, i motori Diesel possono essere alimentati con combustibili diversi reperibili sul mercato, purché compatibili con la tipologia di motore e di costo sostenibile dal conto economico di gestione. Il gasolio si utilizza solo in fase di avviamento e di spegnimento del motore, mentre durante il normale funzionamento l’alimentazione passa ad olio vegetale. Di norma, questo olio vegetale dovrebbe essere ad un buon livello di raffinazione, come raccomandato dai costruttori dei motori per salvaguardare la salute di iniettori, fasce di tenuta dei pistoni ecc. ed ottenere una combustione più completa possibile: in pratica, oggi nessuno utilizza oli raffinati, di costo inavvicinabile, ma solo oli grezzi, che al massimo hanno subito una grossolana filtrazione. I più delle volte, si è costretti ad immettere nel motore quello che si trova al minor prezzo possibile, con tutti i rischi del caso. Che sia olio grezzo di colza, di palma, di soia o di girasole non è importante (i Diesel moderni, almeno inizialmente, funzionano bene con una vasta gamma di oli combustibili). Quello che conta è disporre di un buon impianto di pretrattamento dell’olio: non basta più un semplice preriscaldamento, ma occorre procedere ad una accurata pulizia per centrifugazione e filtrazione, pena il rapido bloccaggio di pompe ed iniettori. Purtroppo, anche il migliore pretrattamento a bordo motore, nulla può al fine di diminuire la concentrazione di alcuni contaminanti molto dannosi per l’integrità dei motori e dei catalizzatori usati per il controllo delle emissioni. Questi contaminanti (soprattutto fosforo, calcio, zolfo) sono tipicamente presenti negli oli vegetali e possono essere

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Impianti Clima - Giugno 2012 - N. 6


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