il ponte 1989 n. 04 maggio

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Quale Europa scegliere il18 giugno?

Mensile

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n 18 gìugno prossimo andremo a votare. Di nuovo?, si chiederanno i nostri amabUilettori. E perché? Crediamo che phi di qualcuno non sappia veramente di cosa si tratta. Quand'anche lo sapesse, ben pochi flnora pare abbiano avuto la pazienza di spiegargll il perché. Noi proveremo, con queste brevi note di edit<r riale, a tracciare per l nostri lettoiill significato (o meglio U confine) di quel voto. l manifesti del «comizi elettorall», come si di· ce ancora In linguaggio burocratico· mlnisteriale, vengono affissi in questigìorni In tutti gli albi pretori dei Comuni d'Italia e alle cantonate delle vie delle città. Eppure pili di qualcosa sfugge al cittadino e<r mune. Che ci si trovi di fronte ad una ennesima crisi di governo? Che Craxi e De Mila stiano riallenan· do i muscoli per una nuova tenzone politica? Niente di tutto questo. Fra un mese si vota per rinnovare un parla· mento che non legifera, di una nazione che non esiste. Sembrerà paradossale ma è cosi. nparlamento che non legiferaèll parlamento europeo, la nazione che non esiste è l'Europa. Una lunga storia di piccoli passi, di ripensa· menti, di <<macchina indietro» e di ((avanti tutta>> che ha piu il sapore di una scommessa che di un progetto politico. Eppure, nonostante tutto, nonostante ripen· samentl e diffidenze, questo fenomeno • Europa continua. Non fa piu notizia come 20 annifa, non determina piu le sorti di governi in carica odi par. titi dell'opposizione, come successe In alcuni Paesi dèl Nord all'atto del loro ingresso nella Comuni· tà.

Un fenomeno che ha vinto, in sede locale (e nazionale), persino le resistenze di coloro che un tempo consideravanorEuropa unita come un'alleanza di Paesi plutocratici c:oa1izzati contro i Paesi della speranza del sole nascente socialista Oggi. molto plu sommessamente, a costoro basta andare a recitare il ruolo di comparse alla corte di Sua Maestà Occhetto L per sentirsi lm· mersi nella storia. Salvo prendere atto, convinti riteniamo, una volta sopita la sbornia oratoria di autocompiacimento congressuale, del fallimento di quel tanto sospirati sistemi tilibertari>l oggi tac· ciati di antidemocraticità dagli stessi protagonisti e responsabili di un tempo. Sono oggi, questi paesi del <qJrOgreSSO>>, deten· tod di una catas1rofe economica senza preceden· ti, che non regge plu al confronto con l'Europa, quell'altra, di cui altri furono i sostenitori. Com· battuti senza mezze misure. Poi ilvento cambiò: si vede che quello proveniente dall'est è un vento piuttosto freddo, e si parlò di cdine della spinta propulslva» e della non esportabilità dei modelli. Prendiamo atto che ilmodello di riferimento, almeno, è cambiato e per ora, salvo che non v<r

glianoimporceneunanuovaedizioneancheinsede locale, la musica del coro suona sulle note di <timprenditorialltà»edi«meritocrazial>piuchesu quelledell'lntemazlonale. Forsecl vorràancoraqualcheanno,speliamo non decenni, diciamo pure dal'93 in poi, J'!}f capi· reaesempiochecrtickeb>nonsignlficapiul'effera. la gabella del feudatario imposta alle povere masse contadine ed operaie (a proposito, dove sono?), ma un nuovo concetto di compartecipazione dei cittadini ai costi reali del servizi, ad un controllo piu attivo perché piu cointeressato nella gestione dellepocoefficientiepansindacalizzatestrutture pubbliche; che economia significa costi e ricavi, cbe servizi slgnl1:ica temperare conil pubblico la libertà del privato. Questo, in Europa,lo si fa da decenni. Da noi mobilita ancora folle In cortei che sanno plu di presadellaBastigliaedirivoluzioned'ottobreche diconfrontoserioconlerealidimensionidelfen<r meno economico e soclal.e europeo; oppure si ascrivono ai tazebao infuocati l nomi dei 600 (e<r me quelli della carica di Balaclava) che hannofir· mato contro gli iniqui balzelli dei governi locali (pare quasi di essere a Codroipo!) l quali, in cambio di servizi reali, chiedono ai cittadini compor· tamenti adeguati e corretti. Evidentemente cost<r roche sobillanosonoabituatia cogliere gli zeccbi. nl d'oro dell'albero del ((campo dei miracollil di collodiana memoria, e non hanno mai saputo chlederealcunché,masolodar,aspesedeglialtri, naturalmente. Ma con questefiammate dl popullsmovetero · marxista quale Europa crediamo di costruire? Chl volete che da Bruxelles a Londra, da Parigi a Bonn ci segua su questa strada suicida? L'Europa che andiamo a votare, quella vera, si fa sulla capacità del nostro sistema, privato e pubblico, di stare sul mercato. Ma questo forse per alcuni può essere consi· derato, come un tempo era stato considerato, dal teorici delle nuove frontiere economiche, il sala· l'io, cioè come una «Variabile indipendente~~. E l'Italia che fa? Ci porta in Europa o cl vuole ancorare allaLi·

bia?

Se cosi fosse, basterebbe non fare nient'altro che auspicare D permanere di questa «immobile schizofreniaJ> del sistema: con un piede nell'Europa, con l'altro nel Terzo mondo. SI fa presto a dire Strasbw-go, ma forse, chlssà, a qualcuno suona meglio Tr!poli, non foss'al· tro perché ricorda il ccbel suoi d'amore». L'editoriale, caro amico lettore, è finito. «Tuttoqui?l>, dirai. Crediamo di averti offerto le coordinate, ora muoviti pure a tuo piac1mento in questo spazio che segna due modi oppo.;ti di essere europei: scegliciòchepiu ti aggrada, ma contempla beoeiJno. delli. Non vorremmo che, tra qualche tempo, qual· cuno venisse a chiederti, che11e so, magari difir· mare per un marciapiede rotto davanti a casa tua, mentre alle tue spalle costruiscono un'autostrada. E conl tempi che corrono, si sa,le autostrade si fanno in poco tempo.

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